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La Nuova Destra: un capitolo controverso della storia del pensiero politico

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Academic year: 2022

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La Nuova Destra: un capitolo controverso della storia del pensiero politico

Le interviste che vengono presentate in questo numero di Diorama Letterario, sono state raccolte nella convinzione che il ricorso alla tecnica dell’interrogazione, ed al contributo «spesso prezioso», come rammentano le indicazioni sulla metodologia storiografica fornite da Roberto Chiarini, «della testimonianza orale»

e delle «fonti orali», costituiscano una fonte irrinunciabile al fine di ricostruire la storia di un ambiente e della sua auto-rappresentazione, e di comprendere che cosa, a distanza di anni, sia rimasto dell'esperienza della Nuova Destra e del suo muoversi nell’universo della cultura e nel mondo delle idee 1. Il desiderio di ripercorrere la storia della Nuova Destra, maturato in questo caso nell’ambito di una tesi di dottorato, pone immediatamente il ricercatore di fronte all’esigenza di colmare alcune spinose questioni interpretative che hanno finora lasciato scoperti parecchi punti del dibattito, con la consapevolezza che esistono ancora numerose sfaccettature, di quel particolare soggetto politico, che ancora non hanno mai destato l’interesse della ricerca scientifica propriamente detta. Nel tentativo di riportare alla luce le vicende della Nuova Destra italiana si è dovuto seguire un binario parallelo: da una parte bisognava ricostruire il percorso storico ed il profilo culturale e politico della corrente e le tappe della sua evoluzione, in particolare attraverso l’analisi comparativa con la Nouvelle Droite francese, un sentiero di ricerca tra l’altro che, nonostante la sua importanza, non è ancora stato affrontato come oggetto di uno studio specifico e sul quale molto si deve ancora scrivere; e dall’altra, dedicare ampi spazi all’analisi della dottrina politica elaborata dalla corrente stessa, dei suoi referenti culturali e dei suoi debiti dottrinali, dei suoi presupposti, delle dinamiche ideologiche e delle posizioni sostenute e rifiutate, delle nuove sintesi e delle costruzioni dialettiche espresse dai principali protagonisti, in una ricostruzione della storia del pensiero politico che potesse elaborare le trasformazioni concettuali, l’uso del linguaggio e le esplorazioni filosofiche.

1 Roberto Chiarini, Neofascismo, destra radicale, eversione terroristica: note per un approccio critico alla ricerca, in Paolo Corsini, Laura Novati (a cura di), L’eversione nera. Cronache di un decennio (1974-1984), atti del Convegno, Brescia, 25-26 maggio 1984, Franco Angeli, Milano 1985, p. 19.

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Alla fine degli anni Settanta, i mass-media francesi dedicarono improvvisamente la propria attenzione ad un movimento ideologico e culturale che da oltre un decennio aveva cominciato a diffondere le proprie idee all’interno del panorama politico nazionale e che, fino ad allora, per quanto riguarda l’impatto mediatico, non aveva mai destato alcun particolare interesse. Il gruppo che si raccoglieva attorno alla figura intellettuale ed al pensiero filosofico di Alain de Benoist, il «maître-á-penser più creativo» 2 e «l’ideologo più importante» e

«prolifico» della tendenza 3, venne designato con il termine di Nouvelle Droite. A partire da quel momento, il fenomeno divenne oggetto di una serrata polemica politica e di un fervente dibattito intellettuale che coinvolse, sulle maggiori testate giornalistiche del paese, numerosi e celebri studiosi ed editorialisti di Francia, con

«un’autentica alluvione di articoli e servizi» 4. Nel corso del tempo poi, si moltiplicarono, oltre ai saggi d’opinione, anche gli studi accademici e le indagini storiografiche e politologiche.

In Italia, dove proprio in quegli anni stava maturando un’esperienza culturale che dalla Francia aveva tratto ispirazione ed uno stimolo fondamentale per importarne metodi e contenuti, di riflesso alla campagna di stampa che oltralpe aveva improvvisamente portato alla ribalta mediatica il GRECE ed il pensiero di Alain de Benoist, cominciarono a moltiplicarsi gli interventi sulla stampa e sui mezzi di comunicazione volti ad indagare, avvicinare, criticare e spesso a demonizzare il fenomeno neodestro. Nel corso degli anni, su questa singolare scuola di pensiero sono intervenuti alcuni degli intellettuali più importanti dell’orizzonte culturale e politico italiano, dando alle stampe centinaia di saggi, articoli e dossier giornalistici di differente spessore che hanno delineato un ventaglio di opinioni sull’argomento immenso ed all’interno del quale è piuttosto facile perdersi fra la confusione generata dagli innumerevoli, e spesso contraddittori e contrastanti punti di vista. All’interno di questo vero e proprio labirinto di testi, ci si può imbattere in alcune rare monografie variamente documentate e nei più numerosi interventi critici, fino alle diverse prese di posizione prive di qualsiasi intento di comprensione storica o scientifica, ed alle invettive puramente polemiche. A questo proposito, per farsi un’idea, basta prendere in mano il numero 124 di Diorama Letterario, una sorta di Guida al pensiero non conformista, come intitolava la copertina, che nel marzo del 1989 pubblicò una voluminosa ricerca dedita ad elencare tutti gli interventi, che erano

2 Antonio Nanni, La Nuova Destra, che cos’è?, in Religione e Scuola, novembre 1983, p. 131.

3 Enrico Filippini, Camerati pagani, in La Repubblica, 15/04/1981.

4 Marco Tarchi, Vecchie manovre, nuove paure, in Diorama Letterario, n. 168, maggio 1993.

L’articolo che fece da apripista e che concentrò repentinamente l’attenzione dei mass-media francesi sul movimento della Nouvelle Droite era firmato da Thierry Pfister, ed apparve su Le Monde nel giugno del 1979 (Thierry Pfister, La Nouvelle Droite s’installe, in Le Monde, 22/06/1979).

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apparsi in Italia, incentrati sulle tematiche scatenate dalla celebrità che aveva investito la Nuova Destra fin dal decennio precedente. Scorrendo le pagine della rivista, si ritrovano praticamente tutte le maggiori testate giornalistiche nazionali, da La Repubblica a Il Corriere della Sera fino a La Nazione, L’Unità o Il Resto del Carlino; numerosissimi periodici dalle più differenti collocazioni politiche, sociali o religiose, da Lotta Continua a Pagina, da Civiltà Cattolica a Mondoperaio, senza dimenticare quelli di grande diffusione mediatica come Panorama o L’Espresso. Nello stesso senso si possono rinvenire un grandissimo numero di nomi e personaggi, più o meno celebri, appartenenti in generale al mondo della cultura o agli ambienti accademici ed intellettuali italiani, intervenuti a vario titolo nel dibattito sulle decine di problematiche sollevate dall’evento, fra cui, per citarne solo alcuni: Giampiero Mughini, Massimo Cacciari, Michela Nacci, Nicola Tranfaglia, Norberto Bobbio, Sabino Acquaviva, Ernesto Galli della Loggia, Silvio Lanaro, Omar Calabrese, Giorgio Galli, Giorgio Bocca, Paolo Mieli, Domenico Settembrini, Dino Cofrancesco, Giordano Bruno Guerri, Gianfranco Pasquino, Massimo Fini, Pietrangelo Buttafuoco e Bruno Gravagnuolo 5.

Tuttavia, una così vasta mole di articoli e di prese di posizione, non sembra aver portato dei contributi rigorosi o risolutivi sul piano della comprensione storica dell’evoluzione della Nuova Destra, sia dal punto di vista dello sviluppo del suo impianto culturale e filosofico, sia riguardo alla comprensione del movimento nei suoi aspetti più direttamente politici o ideologici, legati cioè alla trasformazione dei rapporti intrattenuti con la complessa area di origine, rintracciabile nelle formazioni giovanili del MSI e nell’alveo della destra radicale italiana. La grandissima maggioranza di questi interventi, così come anche alcuni fra gli studi più corposi realizzati in questi anni, portano con sé un necessario difetto temporale che ne limita fortemente la funzione di comprensione: vennero stilati, cioè, contemporaneamente all’apparizione ed allo sviluppo della stessa Nuova Destra, quando gli stessi suoi protagonisti erano ancora alla ricerca di una difficile identità e la cui composizione si era caratterizzata, fin dalle origini, da una costituzione fluida, in continuo divenire, in cui si faticava persino a definire precisi punti di riferimento. Proprio in questa direzione, nel 1986 Paolo Ceola notava, molto onestamente, che non si poteva stendere «un bilancio soddisfacente sulla ND; troppo recente il fenomeno, ancora troppo teoriche le sue elaborazioni»6. Tutta questa distesa di scritti è sicuramente utilissima ed estremamente interessante per ripercorrere le tappe storiche dell’atteggiamento espresso nei confronti della corrente, per inquadrare l’interpretazione che ne

5 Le coordinate del dibattito sulla ND, in Diorama Letterario, n. 124, marzo 1989.

6 Paolo Ceola, La Nuova Destra, in L’Impegno, anno VI n. 4, dicembre 1986.

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offriva il palcoscenico politico ed intellettuale italiano e per ricostruire l’atmosfera ideologica che caratterizzò il dibattito culturale che si era scatenato a proposito della sua identità. Eppure tale storiografia, che a buon titolo può venire considerata una legittima fonte documentaristica, manca della necessaria distanza temporale, e nella sua lettura si possono riscontrare di frequente spiccati condizionamenti, legati alla contesa politica, insiti nella contemporaneità dell’autore con il soggetto studiato. Spesso cioè la critica, la passione o persino la polemica politica più banale, hanno pesantemente influenzato l’avvicinamento di numerosi osservatori ad un soggetto che indubbiamente non si prestava a facili interpretazioni e la cui identità, suscettibile di trasformazioni e soggetta a sfumature ancora lontane dal compiersi pienamente, restava faticosamente afferrabile all’interno di una dimensione in continua evoluzione ideologica. Una problematica metodologica in cui si è trovato invischiato lo stesso Pierre-André Taguieff, uno dei maggiori studiosi della Nouvelle Droite francese, il quale sottolineò a più riprese le difficoltà nella quale si ritrova «un ricercatore, storico o sociologo», quando prova a lavorare su un fenomeno politico appartenente al

«“tempo presente”» 7.

Moltissimi saggi, dossier, o semplici articoli d’opinione riguardanti la Nuova Destra, difatti, si distinguono per la scarsa documentazione, per la confusione riguardo alle sue tematiche ed alla sua composizione e per la superficialità con cui le due varianti, francese ed italiana, sono appiattite o confuse in un solo e monolitico movimento. Non di rado si può annotare anche una profonda disinformazione generale del fenomeno preso in esame, dove si riscontrano, per fare solo alcuni esempi, appartenenze indebite, come quella di Marcello Veneziani, che ne fu un semplice interlocutore e in seguito un fervente critico 8; o interessi e legami mai rivendicati, come quando Nicola Tranfaglia ne denuncia la mitologia e l’esaltazione dell’Ordine dei Templari e la riproposizione, «senza tanti veli» di una «società di guerrieri, di padroni e di schiavi», semmai tipica di un certo integralismo cattolico di estrema destra o di alcune interpretazioni del pensiero evoliano appartenenti alla destra più radicale 9. Le centinaia di pagine scritte sulla Nuova Destra, sia per quel che riguarda l’originario nucleo francese che, in maniera più specifica il solo caso italiano, rappresentano, quindi, uno scenario particolarmente complesso, in cui il ricercatore deve muoversi con cautela cercando di scindere i materiali che possono essere utili sia ad una rigorosa e concreta ricostruzione storica che ad un’approfondita analisi dei

7 Pierre Andrè Taguieff, Sulla Nuova Destra. Itinerario di un intellettuale atipico. Vallecchi, Firenze 2004, p. 349, 350.

8 Michela Nacci, Ordine e Rivoluzione: le fonti della Nuova Destra, in Rivista di Filosofia, volume LXXVI, n. 2, agosto 1985.

9 Nicola Tranfaglia, Destra nuova Miti vecchi, in La Repubblica, 19/11/1982.

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dettami ideologici del pensiero politico, da ciò che, invece, può restare solamente una valida fonte per tentare di comprendere la particolare atmosfera del dibattito politico scatenatosi nei suoi riguardi.

Solamente da qualche anno, a trent’anni di distanza da quell’evento mediatico, e ad oltre quaranta dalla nascita del gruppo che diede vita alla tendenza neodestra, si può cominciare a guardare al fenomeno in maniera più distaccata e sicuramente più matura, all’interno di una ricostruzione degli avvenimenti in cui siano protagoniste le armi tipiche della ricerca storica e dell’indagine inerente la storia del pensiero politico. Alla luce di quella distanza di cui parlava Renzo De Felice nei riguardi del fascismo – grazie alla quale un soggetto storico può dirsi definitivamente concluso e proprio per questo diviene «possibile studiarlo storicamente, con un metodo ed una mentalità storici» e che 10, come ha ricordato lo stesso de Benoist, è «la sola a permettere la prospettiva e la valutazione obiettiva degli eventi» 11 – è proprio in questi anni che il fenomeno politico e culturale che venne etichettato sotto il nome di Nuova Destra, può venire studiato in maniera più completa, che su di esso si possono stendere bilanci definitivi ed offrirne giudizi o considerazioni che tengano conto del suo percorso complessivo, ed a cui, in sostanza, si possono finalmente applicare, con maggiore accuratezza, i metodi propri della disamina storica.

Un altro fattore che conferma quanto detto, è il fatto che, anche dal punto di vista scientifico ed accademico italiano, la Nuova Destra è stata, per la maggioranza, oggetto di studio da parte di politologi, o più spesso, di giovani ricercatori che comunque provenivano dagli ambienti universitari delle Facoltà di scienze politiche; pochissimi, al contrario, sono stati finora gli studi che si sono accostati a questo singolare soggetto politico con le armi proprie della ricerca storica. Inoltre, dal punto di vista della ricerca e degli studi svolti, è importante sottolineare una sostanziale differenza fra l’Italia e la Francia, dove il lavoro storiografico si è dimostrato, fin dalla fine della seconda guerra mondiale, capace di promuovere un atteggiamento molto più attento e rigoroso nei riguardi della destra in genere, delle sue propaggini più estreme e dei suoi elaborati nel campo delle dottrine politiche e dell’intervento ideologico e culturale. Fra i confini dell’esagono, in effetti, il dibattito scientifico ed accademico si è ampiamente occupato della categoria della destra politica, e del suo background storico e filosofico, avvalendosi dell’intervento e dell’interesse da parte di autorevoli ricercatori ed intellettuali; si pensi solamente ai lavori di Jean-Yves Camus, Pierre

10 Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, Laterza, Roma-Bari 1975, p. 6.

11 Alain de Benoist, Ultimo anno. Diario di fine secolo, Edizioni Settecolori, Lamezia Terme 2006, p. 149.

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Milza, Jean-François Sirinelli, o René Rémond 12. Nel complesso gli ambienti accademici d’oltralpe – anche grazie alla più ampia rilevanza, sia mediatica che intellettuale, che lì ha rivestito il movimento neodestro – hanno dedicato alle idee ed al gruppo del GRECE molte più ricerche scientifiche e studi monografici rispetto all’Italia dove, ad esempio, a fronte di un certo numero di tesi di laurea, si riscontrano ben poche tesi svolte nell’ambito dei dottorati e dell’alta formazione che, senza dubbio, avrebbero potuto dedicare maggiore e più approfondita attenzione all’oggetto preso in esame sul quale, invece, è stato prodotto un materiale spesso frammentario o lacunoso.

La possibilità di osservare la Nuova Destra alla luce della distanza storica che oggi permette di avvicinarsi ad essa con maggiore serenità, non risolve tuttavia tutti i problemi o le spinose questioni interpretative che la vicenda di questa scuola di pensiero ha sollevato lungo il suo percorso. Nel nostro caso, oltre a cercare di fornire una ricostruzione storica degli eventi, delle interazioni e delle trasformazioni che hanno caratterizzato le attività della Nuova Destra, ed oltre ad avventurarsi in un’analisi critica dei percorsi dottrinali che hanno segnato il viaggio e la storia del suo pensiero politico, si è dovuto operare un decisivo sforzo interpretativo, di confronto con diverse culture ideologiche, e di rilevazione di una sua eventuale originalità o specificità, nell’intento di fornire una definizione del fenomeno, il più possibile esaustiva, che tenesse conto del reale contesto all’interno del quale esso si è sviluppato, e delle famiglie o culture di pensiero nei confronti delle quali possa ritenersi realmente debitore. Per molti aspetti la Nuova Destra, può essere considerata come un «singolare oggetto di controversia», sia storiografica che politologica, e sul suo conto si possono trovare le più differenti interpretazioni o definizioni, le più variegate indicazioni di parentela o di filiazione, se non la negazione completa della sua stessa esistenza come soggetto politico 13.

A complicare ulteriormente la situazione, ed a trascinare lo studio dell’evento

verso il confronto con numerose «difficoltà oggettive» legate alla sua

12 Per citarne solamente alcune delle più importanti, si ricordano : Jean-Yves Camus, René Monzat, Les droites nationales et radicales en France. Répertoire critique, Presses Universitaires de Lyon, Lyon 1992; P. Milza, Europa estrema, cit.; Jean-François Sirinelli, Histoire des droites en France, 3 vol., Gallimard, Paris 1992; René Rémond, La destra in Francia dalla Restaurazione alla V Repubblica 1815-1968, Mursia, Milano 1970; René Rémond, Les droites en France, Aubier Montaigne, Paris 1982; René Rémond, Les droites aujourd’hui, Editions Louis Audibert, Paris 2005. Fra gli altri molteplici interventi pubblicati in Francia sulla vasta area della destra si ricordano: Joseph Algazy, L’extrême droite en France (de 1965 à 1984), Editions L’Harmattan, Paris 1989; Ariane Chebel d’Apollonia, L’extrême droite en France. De Maurras a Le Pen, Editions Complete, Bruxelles 1996; François Duprat, Les mouvements d’extrême droite en France depuis 1944, Editions Albatros, Paris 1972; Jean-Christian Petitfils, L’extrême droite en France, PUF, Paris, 1983; Michel Winock (sous la direction de), Histoire de l’extrême droite en France, Editions du Seuil, Paris 1993.

13 P. A. Taguieff, Sulla Nuova Destra, cit., p. 29.

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interpretazione, sopraggiunge la considerazione del fatto che una delle caratteristiche più evidenti del fenomeno, sia nella sua variante francese che in quella italiana, è stata proprio una costante, e talvolta inafferrabile, ricerca di identità, all’interno di un movimento la cui costituzione è rimasta perennemente fluida e dove le stesse ideologie portanti sono state, nel corso degli anni, sottoposte ad una continua evoluzione critica e soggette a periodiche ridefinizioni.

Le vicende della Nuova Destra italiana sono state profondamente segnate da un’indelebile «sfasatura, vera e propria divaricazione, tra l’autorappresentazione che essa dà di se stessa e la rappresentazione che invece ne danno la stampa, i mass media e non pochi di quelli che vengono accreditati come i suoi maggiori studiosi». Da una tale circostanza, percepita come fortemente discriminatoria dai protagonisti che animarono la Nuova Destra, derivò, sulle pagine delle riviste da essa prodotte, una «costante opera di autodefinizione» e di confronto critico, sia con i propri dettami ideologici che con i presunti referenti culturali o filosofici, tanto da dare l’impressione che una tale esigenza ricorra perennemente quasi come un «leitmotiv ossessivo» 14. Sia in Francia che in Italia, questa singolare corrente culturale si è costruita come un fenomeno politico mai monolitico, quindi, che, attraverso una lunga evoluzione inscritta in un preciso arco e contesto storico-cronologico, non ha mai smesso di trasformarsi e che, soprattutto, nei suoi stessi postulati di fondo, aveva la pretesa di collocarsi altrove rispetto ai tradizionali schieramenti politici di destra e di sinistra o di centro lavorando per approdare a quelle nuove sintesi il cui esperimento ha rappresentato una parola d’ordine costante nelle diverse tematiche da essa di volta in volta affrontate.

Inoltre la Nuova Destra è stata un’esperienza ideologica che, nonostante l’inevitabile influenza ereditata dagli interessi tipici della destra radicale come principale luogo di provenienza, ha sempre cercato di elaborare criticamente non solamente gli autori ritenuti “classici” della propria area d’origine, ma numerosissimi altri pensatori, politici o filosofi che fossero, genericamente classificati come appartenenti ad opposte sponde ideologiche. Nelle stesse parole di Marco Tarchi, che fu in Italia «l’intellettuale più rappresentativo della tendenza» 15, si ritrova l’impressione che l’esperienza della Nuova Destra sia sempre stata una specie di «work in progress» dove «giorno per giorno» prendeva vita un’identità politica e culturale che non è mai riuscita a fissarsi in maniera stabile, e probabilmente resta proprio questo uno degli aspetti di maggiore interesse ed originalità legati al fenomeno, ma anche una delle sue più grandi

14 John Brian, La Nuova Destra e la critica alla società di massa, Tesi di Laurea presso l’Università degli studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno Accademico 1994-1995, p. 202, 78.

15 Giorgio Galli, prefazione a Monica Zucchinali, A destra in Italia oggi, Sugarco Edizioni, Milano 1986, p. 7.

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debolezze dal punto di vista della forza organizzativa e della sua “capacità di tenuta” nel corso del tempo 16.

Come si è visto fino a questo momento, quindi, avvicinarsi con gli strumenti propri della ricerca storica ad un movimento politico, ideologico e culturale come la Nuova Destra, nelle sue due varianti francese ed italiana, solleva immediatamente alcune profonde e complicate riflessioni metodologiche che portano alla luce questioni non ancora definitivamente risolte in modo univoco dai pochi lavori storiografici che si sono occupati dell’argomento. Si devono così affrontare, tentare di chiarire e, per quanto possibile, sulle basi delle attuali conoscenze, prendere posizione su alcuni punti ritenuti fondamentali per una prima comprensione e catalogazione del fenomeno anche in rapporto al vasto panorama concettuale della storia del pensiero politico.

Bisogna stabilire, in primo luogo ed il più nettamente possibile, un arco cronologico che sia in grado di mettere in evidenza la nascita, l’evolversi e l’eventuale conclusione di questa singolare esperienza culturale e che ne sottolinei le appartenenze ed i percorsi che ne hanno determinato la presa di coscienza e l’esaurirsi. In questo senso, si è ritenuto che in Italia si possa rintracciare la genesi della Nuova Destra fin dal 1974 e, cioè, dalla nascita di quel foglio underground che fu La Voce della Fogna e, in questo senso, furono decisivi e fondanti i primi contatti avuti fra i giovani del Fronte della Gioventù di Firenze e gli intellettuali del GRECE e le idee da essi professate e particolarmente attraverso la scelta di metodo metapolitica. Mentre il momento della sua definitiva conclusione si può rinvenire nella comparsa delle cosiddette “nuove destre” nel 1994, con la presenza del Polo delle Libertà sotto la guida di Silvio Berlusconi, che aveva già sancito, per la sigla Nuova Destra, «la perdita di senso di questo tipo di catalogazione», rendendola di fatto «inservibile» 17.

Secondariamente si è voluto comprendere se la Nuova Destra abbia rappresentato o meno un movimento ideologico distinto dall’eterogenea, e spesso confusa, categoria di destra radicale, dalla cui area comunque essa proviene, e mettere in luce se e in che modo essa possa venire identificata, classificata, e quindi di conseguenza studiata e definita, come una categoria politica indipendente ed a sé stante, autentica e progressivamente resasi autonoma rispetto agli iniziali luoghi di origine. In quest’ottica, si è potuto osservare come la Nuova Destra, nel rapporto di continuità/evoluzione che ha contraddistinto la sua origine all’interno della destra radicale, nel corso di un percorso di lungo periodo, abbia

16 Marco Tarchi, Nuova Destra, addio?, in Diorama Letterario, n. 229-230, ottobre-novembre 1999.

17 Michele Angella, La Nuova Destra. Oltre il neofascismo fino alle nuove sintesi, Fersu Editrice, Firenze 2000, p. 165, 166.

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senz’altro insistito sul secondo dei due termini, affrontando un tragitto graduale, per tappe successive, ed in continua evoluzione, dove i distacchi operati nei confronti dell’area di origine, e dei suoi referenti culturali, ebbero bisogno di tempo e riflessione per maturare compiutamente.

Questo è stato sicuramente uno dei punti più dibattuti, intricati e contraddittori nelle innumerevoli interpretazioni che sono state offerte sull’identità della Nuova Destra. A rileggere oggi quella immensa mole di articoli, saggi o opuscoli che sono stati prodotti sull’analisi del fenomeno, appare piuttosto evidente come, in particolare da parte degli ambienti maggiormente legati alla cosiddetta cultura politica “di sinistra”, ma non solo, ci si sia spesso sbilanciati in talune valutazioni piuttosto fuorvianti, che tendevano a sopravvalutare ampiamente sia le capacità d’intervento e di successo della corrente sulla società civile che la sua supposta

“pericolosità” sulle menti delle giovani generazioni, in quanto forma mimetizzata delle vecchie e “nefaste” idee della destra radicale. In sostanza, un serio bilancio sulla Nuova Destra con gli occhi degli anni più recenti, non può esimersi dal notare quanto non poche valutazioni si siano spinte in previsioni alquanto avventurose ed in dichiarazioni allarmistiche che non hanno fatto altro che apporre alla corrente quello che, a suo tempo, un acuto osservatore come Franco Cardini aveva definito un vero e proprio «dispositivo di condanna» 18. Talvolta, quindi, anche taluni degli studi più approfonditi e documentati sono scivolati nello stesso difetto d’origine che Cas Mudde ha messo in evidenza in molte delle analisi sull’estrema destra europea che, non di rado, sono state oggetto di condizionamenti politici che ne hanno inficiato il reale valore specialistico, in cui

«l’enfasi è posta sul pericolo rappresentato dal fenomeno» e che, di conseguenza, risultano «deboli sia metodologicamente sia sul piano analitico» e devono perciò

«essere considerati più contributi politici al dibattito pubblico che contributi seri al dibattito scientifico» 19.

In realtà un giudizio sereno, che tenga debito della necessaria distanza temporale e che sia in grado di legare ed analizzare le tappe evolutive della corrente in funzione dei diversi contesti storici che ne plasmarono l’identità, giunge a mettere in rilievo come la Nuova Destra, attraverso le sue iniziative culturali e la scelta metapolitica, riuscì progressivamente a dotarsi di un impianto politico e dottrinale profondamente distante da ciò che si definisce con la categoria della destra radicale e dal neofascismo, emancipandosi sia dal tradizionalismo che dal legame con il pensiero filosofico di Julius Evola,

18 Franco Cardini, Nella galassia della Nuova Destra, in Il Messaggero Veneto, 07/12/1983, poi riprodotto in Diorama Letterario, n. 76, novembre 1984.

19 Cas Mudde, La guerra delle parole. Come definire la famiglia di partito dell’estrema destra, in Trasgressioni, n. 39, maggio-dicembre 2004

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strutturandosi come un movimento di pensiero autenticamente indipendente dal MSI, dotato di una sua precisa identità, se pur fluida ed in costante trasformazione, e che è riuscito infine a relazionarsi in modo dialettico e critico con la modernità e le sue implicazioni nell’epoca contemporanea, per giungere ad affrontare e dibattere alcuni dei temi e delle problematiche più scottanti e complesse che sono emerse in tutta la loro forza solamente negli ultimi decenni e con cui il pensiero umano è chiamato a fare i conti in maniera sempre più pressante, costretto ad inoltrarsi su sentieri inaspettati e, probabilmente, ad elaborare concetti e categorie politiche radicalmente nuove.

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