• Non ci sono risultati.

Modelli di consumo sostenibili

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Modelli di consumo sostenibili"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

Documento introduttivo incontro del 12 maggio 2022 dell’Energy Academy

Modelli di consumo sostenibili

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile

La parola “sostenibilità” informa pienamente oggi le strategie di sviluppo delle Istituzioni e degli operatori privati. In maniera trasversale, ai criteri di sostenibilità si ispirano azioni e obiettivi da conseguire. Questo stato di cose è il frutto di un lungo percorso, che ha visto la sostenibilità affermarsi come esigenza e potenzialità nel campo ambientale per poi ampliare il proprio raggio di interesse. Infatti, è almeno dal rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma del 1972 che si è accesa l’attenzione sulla necessità di orientare la crescita economica in senso compatibile con limiti ecologici e naturali.

L’ampiezza e l’ambizione che l’integrazione di principi di sostenibilità nelle politiche pubbliche e i comportamenti privati implicano è testimoniata al massimo livello dall’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Essa, sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Stati membri dell’ONU, viene considerata un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità;

comprende 17 Sustainable Development Goals (SDGs), obiettivi di sviluppo sostenibile che compongono un vasto piano, per un totale di 169 target da raggiungere. Dal 2015 al 2030, pertanto, l’Agenda ONU si propone di guidare le azioni della comunità internazionali lungo 15 anni. Gli Stati si sono infatti impegnati a conseguire i traguardi previsti entro il 2030.

Gli SDGs rappresentano il seguito dei Millenium Development Goals, otto obiettivi di sviluppo del millennio, su cui i Paesi ONU si erano impegnati nel 2000 in previsione del 2015. Rispetto ai precedenti goals, il numero degli obiettivi si è ampliato da 8 a 17 e costituiscono tutti questioni dirimenti per i caratteri dello sviluppo economico e sociale: dall’eliminazione della povertà alla sconfitta della fame alla lotta contro il cambiamento climatico (Fig. 1).

(2)

Figura 1 – Gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile

Fonte: ONU

L’obiettivo 12: Consumo e produzione responsabili

Gli SDGs che presentano profili ambientali sono numerosi (Fig. 1). Tra questi si segnala l’obiettivo 12, che si propone di fare in modo che il consumo e la produzione siano responsabili. Con questa formula, si mira a “fare di più e meglio con meno”, accrescendo i benefici di benessere tratti dalle attività economiche, tramite la riduzione dell’impiego di risorse e del degrado e dell’inquinamento dei cicli produttivi. In tal modo, si ritiene di poter migliorare la qualità della vita e di diminuire i costi economici, ambientali e sociali delle attività economiche.

Si comprende come queste sfide implichino la necessità di coinvolgere stakeholder molto diversi, dai decisori politici alle imprese, dai consumatori alla comunità scientifica ai mezzi di comunicazione.

Risulta certamente fondamentale promuovere un approccio di sistema e cooperativo tra tutti i soggetti che prendono parte alle filiere economiche, dai produttori ai consumatori. A riguardo dei consumatori, si ritiene necessario porre in essere azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento in consumi e stili di vita sostenibili, fornendo informazioni adeguate su standard, etichette e soluzioni ecologiche.

Alcuni dati ONU possono essere utili a restituire l’altezza della sfida. Ad esempio, si calcola che ogni anno, circa un terzo del cibo prodotto, pari a 1,3 miliardi di tonnellate (per un valore di circa mille miliardi di dollari), finisce nella spazzatura di consumatori e commercianti o va a male a causa di

(3)

sistemi di traporto o pratiche agricole inadeguate. Se, inoltre, la popolazione mondiale raggiungesse i 9,6 miliardi entro il 2050, servirebbero tre pianti per soddisfare la domanda di risorse naturali necessarie per assicurare gli stili di vita attuali. Tuttavia, se la popolazione mondiale utilizzasse lampadine a risparmio energetico, si risparmierebbero 120 miliardi di dollari l’anno. Allo stesso tempo, si osservano diseguaglianze molto significative: quasi 1 miliardo di persone soffre di denutrizione, un altro miliardo soffre la fame e Più di un miliardo di persone non dispone ancora dell’accesso all’acqua potabile.

Al fine di promuovere consumo e produzione sostenibili, l’Agenda 2030 prevede 11 target:

1. attuare il Quadro Decennale di Programmi per il Consumo e la Produzione Sostenibili, rendendo partecipi tutti i Paesi, con i Paesi sviluppati alla guida, ma tenendo presenti anche lo sviluppo e le capacità dei paesi in via di sviluppo;

2. entro il 2030, raggiungere la gestione sostenibile e l’utilizzo efficiente delle risorse naturali;

3. entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto;

4. entro il 2020, raggiungere la gestione eco-compatibile di sostanze chimiche e di tutti i rifiuti durante il loro intero ciclo di vita, in conformità ai quadri internazionali concordati, e ridurre sensibilmente il loro rilascio in aria, acqua e suolo per minimizzare il loro impatto negativo sulla salute umana e sull’ambiente;

5. entro il 2030, ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo;

6. incoraggiare le imprese, in particolare le grandi aziende multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e ad integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali;

7. promuovere pratiche sostenibili in materia di appalti pubblici, in conformità alle politiche e priorità nazionali;

8. entro il 2030, accertarsi che tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura;

(4)

9. supportare i Paesi in via di sviluppo nel potenziamento delle loro capacità scientifiche e tecnologiche, per raggiungere modelli di consumo e produzione più sostenibili;

10. sviluppare e implementare strumenti per monitorare gli impatti dello sviluppo sostenibile per il turismo sostenibile, che crea posti di lavoro e promuove la cultura e i prodotti locali;

11. razionalizzare i sussidi inefficienti per i combustibili fossili che incoraggiano lo spreco eliminando le distorsioni del mercato in conformità alle circostanze nazionali, anche ristrutturando i sistemi di tassazione ed eliminando progressivamente quei sussidi dannosi, ove esistenti, in modo da riflettere il loro impatto ambientale, tenendo bene in considerazione i bisogni specifici e le condizioni dei Paesi in via di sviluppo e riducendo al minimo i possibili effetti negativi sul loro sviluppo, in modo da proteggere i poveri e le comunità più colpite.

I progressi dell’Italia

Al fine di monitorare i progressi per l’Italia nel raggiungimento dell’obiettivo 12, è utile verificare l’andamento degli indicatori associati ai target precedentemente esposti. Essi sono sottoposti all’attenzione dell’Istat, a cui, come agli altri Istituti nazionali di statistica, viene richiesto dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite di svolgere un ruolo di coordinamento nazionale nella produzione degli indicatori per la misurazione dello sviluppo sostenibile e il monitoraggio dei suoi obiettivi. Pertanto, periodicamente l’Istat presenta un aggiornamento e un ampliamento delle disaggregazioni delle misure statistiche utili al monitoraggio degli SDGs.

Dal Rapporto SDGs 2021, emerge come si vada affermando gradualmente un disaccoppiamento tra sviluppo dell’attività economica e pressione sulle risorse naturali. Nell’arco degli ultimi dieci anni, infatti, il rapporto tra consumo del materiale interno (CMI) e Pil si è ridotto del 33,3%, rispetto a una variazione media dei Paesi UE del 17%. Per questo indicatore di efficienza nell’utilizzo delle risorse materiali, l’Italia si posiziona al quarto posto tra i Paesi più virtuosi. Se si guarda al consumo materiale pro capite, invece, l’Italia si colloca al primo posto. Nel 2019, nel nostro Paese, sono state consumate 485 milioni di tonnellate di materiale interno, meno di 220 milioni rispetto a dieci anni anni fa. In rapporto al Pil, il CMI si è contratto da 0,42 a 0,28 tonnellate, mentre in termini di abitanti si è passati da 11,9 a 8 tonnellate (Fig. 2). Si tratta di un andamento condizionato dalla fase di crisi economica 2012-2013, ma che comunque evidenza avanzamenti consistenti nell’utilizzo efficiente delle risorse.

(5)

Figura 2 – Consumo di materiale interno

Fonte: Istat

Si segnala, altresì, un divario regionale considerevole nelle misure di uso efficiente delle risorse. Se guardiamo al consumo di materiale pro capite, si distinguono Campania e Valle d’Aosta (al di sotto delle 0,2 tonnellate per 1.000 euro). Al contrario le performance peggiori si ritrovano in Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Considerando, invece, il CMI per unità di PIL, gli standard più si riscontrano in Molise e Sardegna, mentre sono la Valle d’Aosta e il Lazio a mostrare i risultati maggiormente soddisfacenti.

Figura 3 – Consumo di materiale interno per regione (2018)

Fonte: Istat

0 2 4 6 8 10 12 14 16

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 Consumo materiale interno pro capite (asse dx)

Consumo materiale interno per unità di Pil

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Consumo materiale interno pro capite Consumo materiale interno per unità di Pil

(6)

Nel 2019, la quantità di rifiuti urbani raccolti è stata pari a 504 chilogrammi pro capite, un dato in linea con la media dell’Ue-27 (502). Ciononostante, il nostro Paese mostra progressi superiori alla media europea rispetto all’obiettivo di prevenzione della produzione di rifiuti. Infatti, negli ultimi anni, la produzione di rifiuti urbani si è ridotta per l’Italia del 7,2%, a fronte di una diminuzione dell’1,6% per l’Ue-27. L’Italia presenta altresì avanzamento verso la circolarità dell’economia. A proposito, il tasso di utilizzo circolare dei materiali (calcolato come la percentuale di materiale recuperato e reimmesso nell’economia sul totale dei materiali utilizzati) cresce dall’11,5% del 2010 al 19,3% del 2019. Nello stesso periodo, la variazione media nell’Unione europea si è limitata a un +1,2 punti percentuali. Per questo, l’Italia si posiziona al quarto posto, dopo Paesi Bassi (28,5%), Belgio (24%) e Francia (20,1%), per tasso di utilizzo circolare dei materiali.

Ciononostante, si osservano significativi divari regionali. Guardando, ad esempio, alle percentuali di raccolta differenziata, si registra come molte regioni siano lontane dall’obiettivo del 65% di raccolta differenziata, che si sarebbe dovuto conseguire entro il 2012 (Fig. 4). Anche la media nazionale (63%) si colloca sotto questo target. Nello specifico, le percentuali più elevate di raccolta differenziata al 2020 si incontrano in Veneto (76,1%), Sardegna (74,5%) e Lombardia (73,3%). Molto più indietro si posizionano il Lazio (52,5%), la Calabria (52,2%) e la Sicilia (42,3%).

Figura 4 – Raccolta differenziata nelle regioni (%, 2020)

Fonte: Ispra 42,3%

52,2%

52,5%

53,4%

53,6%

54,1%

54,5%

55,5%

56,4%

59,2%

62,2%

63%

64,5%

64,5%

65,0%

66,2%

68,0%

70,8%

71,6%

72,2%

73,1%

73,3%

74,5%

76,1%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Sicilia Calabria Lazio Liguria Sud Campania Puglia Molise Basilicata

Centro Toscana Italia Valle d'Aosta Piemonte Abruzzo Umbria Friuli Venezia Giulia Nord Marche Emilia Romagna Trentino Alto Adige Lombardia Sardegna Veneto

(7)

Nello stesso ambito, pur non rientrando tra gli indicatori dell’Agenda ONU, è utile guardare alla quota di rifiuti urbani smaltiti in discarica, che, secondo gli obiettivi europei, non dovrebbe superare il 10% entro il 2035. Al 2019, la percentuale italiana è più che doppia (Fig. 5), con picchi ben superiori in Molise (90%), Sicilia (58%), Marche (43%). È da segnalare, inoltre, che altre regioni, come la Campania, presentano ottime performance, poiché fanno ricorso a impianti di smaltimento extraregionali.

Figura 5 – Smaltimento dei rifiuti urbani in discarica per regione (%, 2019)

Fonte: Ispra

In ultimo, al fine di valutare l’integrazione dei criteri di sostenibilità all’interno delle strategie aziendali, si può verificare la diffusione dei bilanci di sostenibilità e delle rendicontazioni ambientali.

In particolare, la rendicontazione non finanziaria costituisce un appuntamento rilevante di verifica delle performance d’impresa in relazione a obiettivi di sostenibilità e tutela ambientale. Tra il 2016 e il 2018, dai dati Istat risulta che 2,5 imprese su 100, tra quelle con almeno 3 addetti, abbiano redatto bilanci e/o rendicontazioni ambientali e di sostenibilità. Si nota, inoltre, che questa percentuale sia positivamente correlata con la dimensione di impresa, fino a toccare il 34,4% tra le imprese con più di 500 addetti (Fig. 6). Su questo fenomeno incidono i vincoli normativi di rendicontazione non finanziaria previsti le grandi aziende. Le imprese più attive in questo ambito sono quelle che si occupano di fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (13,1%), fornitura di acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento (11,4%) e industria estrattiva (5,3%), cioè i settori che più operano nella gestione delle risorse naturali. Per gli altri settori di attività non emerge una variabilità significativa. In più, la redazione di bilanci e rendicontazioni ambientali e di sostenibilità nel Mezzogiorno d’Italia (3,4 imprese su 100) è più diffusa rispetto al Centro (2,3) e al Nord (2,2).

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Molise Sicilia Marche Umbria Calabria Valle d'Aosta Liguria Puglia Abruzzo Toscana Basilicata Sardegna Italia Lazio Veneto Piemonte Trentino Alto Adige Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lombardia Campania

(8)

Figura 6 – Imprese che redigono bilanci e/o rendicontazioni ambientali e di sostenibilità (%, 2016-2018)

Fonte: Istat

Se si prendono in esame le istituzioni pubbliche, si osserva che, tra il 2016 e il 2017, poco più del 16% abbia adottato forme di rendicontazione sociale e/o ambientale. Anche in questo caso si riscontrano differenze territoriali, con il Nord Ovest (13,1%) che si colloca sotto la media nazionale (Fig. 7). In particolare, sono Lombardia e Piemonte, oltre a Molise, Provincia Autonoma di Bolzano e Friuli-Venezia Giulia a mostrare i dati peggiori. Al contrario, Emilia Romagna, Umbria, Sicilia, Puglia e Liguria mostrano una diffusione superiore al 20%.

Figura 7 – Istituzioni pubbliche che adottano forme di rendicontazione sociale e/o ambientale (%, 2016-2017)

Fonte: Istat

2,7 4,5

7,3

11

19,6

34,4

0 5 10 15 20 25 30 35 40

10-19 20-49 50-99 100-249 250-499 500 e più

19,6 18,3

17,6

16,3 16,1

13,1

0 5 10 15 20 25

Isole Centro Nord Est Sud Italia Nord Ovest

(9)

Energy Academy

Un Progetto

Enel Italia Viale Regina Margherita, 125 - 00198 Roma Tel.

(+39) 06 32652240 www.enel.it

I-Com – Istituto per la Competitività Piazza dei Santi Apostoli, 66

00187 Roma Tel. (+39) 06 4740746

Square de Meeûs 37 1000 Brussels Tel. +32 (0)2 791 9870

www.i-com.it

Riferimenti

Documenti correlati

La lavorazione risulta la fase più impattante, totalizzando tra il 55 e il 60% del totale delle emissioni post-agricole, seguita dalla produzione della confezione e

La riduzione delle dispersioni di calore attraverso un accurato isolamento termico dell’involucro rappresenta una delle fonti di energia più importanti, in quanto consente una

A cura di: Adic Umbria e Federconsumatori Luogo: Sala Vittorio Arrigoni – Pad.8 EDIZIONI

An external evaluation based on 278 interviews identified 5 project’s achievements: (1) the increase in availability and accessibility of human and veterinary pharmaceutical

1994 ; Compagno 2001 ). a–d Mitsukurina lineata, a, b upper lateral tooth, Alopias exigua, c, d lower lateral teeth, e, f Araloselachus cuspidatus, g, l

Even though participants in the awareness condition reported to believe that the computer was able to understand their emotions, they displayed more facial behavior than

Dall’analisi delle buone prassi sviluppatesi a livello europeo emerge, da un lato, come le parti sociali si apprestino ad essere sempre più attori chiave nell’affrontare le

Liao: The IEEE ComSoc Asia/Pacific Board (APB) is a well-orga- nized and highly respected organization in ComSoc. The reputa- tion results from the hard work of APB officers