LA PAROLA DEL VANGELO
domenica 7 febbraio 2021
V DOMENICA TEMPO ORDINARIO (B)
Vangelo: Marco 1,29-38
I n quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di
Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di
Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si
avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed
ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano
tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla
porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti
demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo
conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito,
si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano
con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti
cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini,
perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per
tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
IL TESTO
Il brano del Vangelo di Marco che leggiamo oggi è formata da tre episodi:
la guarigione della suocera di Simone (Mc 1,29,32; cf. Mt 8,14s; Lc 4,38s);
guarigioni compiute da Gesù di sera (Mc 1.32-34; Mt 8.16s; Lc 4.40s);
partenza per un luogo solitario per pregare e nuova partenza da lì per tornare a predicare in altri villaggi (Mc 1,35-39; cf. Lc 4,42-44; Mc 1,39 cf. Mt 4,23).
Gesù, uscito dalla sinagoga, subito si recò in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La casa di Simone si può interpretare come il punto di riferimento dei discepoli in quel periodo: Gesù si comporta in modo familiare con la suocera di Simone, entra da lei, la prende per mano ed ella, appena guarita, si mette a servirli.
Pietro ha una suocera, ne deduciamo che era sposato al tempo della sua chiamata (cf. 1Cor 9,5) dove si accenna che la moglie lo seguiva nei suoi viaggi missionari.
Molto sobria la presentazione del miracolo, raccontato senza riportare nessuna parola di Gesù; è sottolineato solo il suo gesto di gentilezza e di aiuto: «la fece alzare prendendola per mano». In Matteo Gesù tocca la mano della donna che si alza da sola e in Luca comanda alla febbre di lasciarla.
La donna «li serviva» (Mc 1,31): la guarigione è stata subitanea e completa tanto che ella può tornare immediatamente ai suoi compiti di sempre. Il mettersi a servirli, (Matteo usa il singolare «servirlo» autoi, invece di autols) è un gesto di gratitudine verso Gesù e, come già accennato, un segno della familiarità goduta da Gesù e dai discepoli in quella casa.
Il secondo episodio è collegato al precedente da una annotazione temporale: venuta la sera (opsias de genomenes), quando il sole era tramontato (ote edu o ellos [Mc 1,32]), precisa Marco, vale a dire a sabato terminato, vengono portati davanti alla porta della casa dove stava Gesù
«tutti i malati e gli indemoniati».
«Tutta la città era riunita davanti alla porta» (Mc 1,33), si tratta di un'iperbole, ma che fa pensare a una folla molto numerosa.
Gesù non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano (Mc 1,34). È ricorrente in Marco l'ingiunzione di Gesù di non parlare della sua identità. Vengono tacitati i demoni (1, 25.34; 3,1 Is): viene imposto il silenzio dopo miracoli strepitosi (1, 44; 5.43; 7.36; 8.26), dopo la confessione di Pietro (8,30), dopo la trasfigurazione (9,9); Gesù da istruzioni segrete ai discepoli
sul «mistero del Regno di Dio» (4,10-12), su ciò che contamina l'uomo (7,17- 23); sulla preghiera (9.28s), sulle sofferenze messianiche (8,31, 9, 31; 10, 33s) e sulla parusia (13, 3-37). Su questi dati è stata elaborata la teoria del
«segreto messianico», vale a dire che Gesù ha tenuto segreta la sua messianità durante il periodo della vita terrena e non è stato capito dai discepoli anche quando l'ha a loro rivelata (9,9). Soltanto con la risurrezione ha inizio la percezione di ciò che egli è veramente.
Il terzo episodio inizia anch'esso, come il precedente, con una annotazione di tempo. Là si trattava della sera, subito dopo il tramonto, qui è l'inizio del giorno, al primo albeggiare. Gesù si reca in un luogo solitario (apelthen eis eremon topon) per pregare (proseucheto) (Mc 1,35). Questo episodio è narrato solo da Marco, mentre è Luca che sottolinea di più la preghiera di Gesù. Egli ci presenta come abituale il ritirarsi di Gesù dalla folla per pregare: «Egli si ritirava in luoghi solitari e pregava» (Lc 5,21).
Prima di scegliere i dodici: «egli se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte a pregare Dio» (Lc 6,12). Mentre è un'altra volta sulla montagna a pregare avviene la trasfigurazione (cf. Lc 9, 28-29). A volte Gesù se ne sta in
disparte a pregare anche quando è solo con i discepoli (Lc 9.18; 11,1; 22.41s).
Nulla ci è detto della preghiera uscita dalla bocca di Gesù all'alba di un giorno che seguiva una sera passata a guarire malati e liberare posseduti dal demonio. Possiamo pensare, sulla scia della tradizione biblica, che Gesù abbia fatto propri il grido, l'invocazione, il lamento degli afflitti che non aveva potuto raggiungere, insieme al ringraziamento per l'opera finora compiuta secondo il volere del Padre. Tale opera è predicare. I miracoli sono un segno che accompagna la predicazione che il Regno di Dio è vicino (cf.
Mc 1,15).
Gesù, infatti, ai discepoli che lo cercano in nome della folla, che probabilmente sperava in altre guarigioni, risponde: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38).
«E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni» (Mc 1,39; cf. 1,34; 7,29; 16,9). È degno di nota che Marco non dica nulla del contenuto della predicazione, ma sottolinei le opere di Gesù, in particolare la cacciata dei demoni, che è segno della vicinanza del regno di Dio (cf. Mt 12,28).
SPUNTI DI RIFLESSIONE
Attraverso la sua potente parola, che è consolazione e salvezza, Gesù sfida il male e la sofferenza in tutte le sue forme, fino a raggiungere quel male che tiene schiavo l'uomo distruggendone la relazione con Dio, il peccato. E l'uomo desidera e cerca questo volto e questa parola di salvezza.
Infatti Marco ci presenta tutta una folla di uomini e donne che si accalcano alla porta della casa di Simone, in cui Gesù si trova con i suoi discepoli. E Gesù «guarì molti che erano affetti da varie malattie e scaccio molti demoni»
(Mc 1,34). Nell'accalcarsi della folla, nel premere di questa umanità sofferente attorno a Gesù, davanti alla porta della casa di Simone, Marco ci offre così una immagine viva di questo incontro tra il volto di Dio e l'uomo che soffre. Tutti i malati, tutta la città, tutti vogliono incontrare Gesù.
Cosi l'evangelista esprime l'entusiasmo, ma anche il bisogno universale di salvezza: tutti in qualche modo si trovano in una situazione di povertà, di indigenza, di smarrimento, di sofferenza. Tutti sentono che Gesù può dire loro qualcosa, può fare qualcosa per loro. Notiamo infine, che tutta questa folla di sofferenti si trova di fronte a quella 'porta' che immette nel luogo dove Gesù si trova assieme ai suoi discepoli. L'immagine della casa di Simone può essere colta come simbolo della Chiesa: essa diventa il luogo della accoglienza, la mediazione dell'incontro con Gesù di ogni uomo che ha bisogno di essere guarito e liberato. Ma l'immagine della porta, come spazio di passaggio e di comunicazione, richiama sempre la possibilità di una chiusura: essa può diventare un ostacolo a questa incontro con il volto di Cristo.
Marco, nei versetti 30-31, riporta anche un particolare intervento di Gesù in favore dell'uomo sofferente: la guarigione della suocera di Simone. Due versetti soltanto, ma capaci di comunicare la dinamica dell'incontro dell'uomo schiavo del male con il volto di Dio. Il gesto che Gesù compie, scandito in tre verbi, è rivelativo di ciò che realmente si opera in una guarigione.
Gesù
si avvicina
(1) a quella donna sofferente, la accoglie nella sua povertà e debolezza. E il chinarsi stesso di Dio su tutte le miserie dell'umanità, è l'espressione plastica di quelle viscere di misericordia che con forza esprimono la reazione di Gesù di fronte all'umanità sofferente e sfinita. Là dove spesso l'uomo si allontana dal fratello, Dio invece si avvicina e si china su di esso (cfr. Lc 10,34: «gli si fece vicino»).Gesù
prende per mano
(2) quella donna. Il toccare di Gesù esprime certamente un contatto liberatorio. Ma sottolinea anche la necessità di un incontro personale, quasi fisico, tra l'uomo schiavo del male e la persona di Gesù. È dunque un incontro personale, irrepetibile, una comunione che apre a nuova vita.Gesù
fa alzare
(3) quella donna. È il movimento che sottolinea il passaggio da una situazione di impotenza e di immobilità, di morte, alla ripresa di una nuova vita, alla possibilità di riprendere un cammino. E Marco descrive questo gesto con un termine che evoca la resurrezione. Ciò che Gesù ha fatto è un segno: è anticipazione della vittoria sulla morte.Ciò che compie la donna guarita è profondamente significativo in quanto fa emergere l'autentico modo con cui una persona può rispondere a una liberazione donata: si mise a servirli. Essere liberati per servire: in questo si rivela la forma concreta della sequela di Cristo. Questa donna, come i discepoli, come il cieco di Gerico, è stata liberata e questa liberazione è una chiamata a seguire Gesù. “Li serviva” non significa le faccende domestiche:
è uno stile che si acquista, una situazione di vita che ha inizio: Gesù ci fa risorgere per incamminarci sulla strada del servizio. Quando, nel dolore, abbiamo la grazia di incontrare il volto di compassione di Cristo (ed è questa la vera liberazione), allora non rimaniamo più ripiegati su noi stessi, immobilizzati nella nostra sofferenza. Ci alziamo e ci mettiamo a servire l'uomo sofferente, diventando noi stessi icona del volto misericordioso di Dio.