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OSSO. 58. Descrivere almeno due funzioni dell sistema scheletrico e due funzioni delle ossa (2)

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(1)

OSSO

Risposte suddivise per categorie:

 Struttura dell’osso

 Osteoni

 Caratteristiche osso spongioso e corticale

 Caratteristiche osso primario e secondario

 Componente cellulare dell’osso

 Proprietà meccaniche dell’osso

 Rimodellamento osseo e meccanotrasduzione

STRUTTURA DELL’OSSO

58. Descrivere almeno due funzioni dell’sistema scheletrico e due funzioni delle ossa (2) Lo scheletro permette il movimento e protegge gli organi vitali; le ossa svolgono la funzione emopoietica e quella di deposito di calcio, oltre a quelle di supporto e protezione. Tutte le cellule del sangue sono infatti prodotte dal midollo rosso che si trova all’interno dell’osso fino al

raggiungimento della maturità scheletrica, quando si trasforma in midollo giallo e la funzione emopoietica permane nelle ossa piatte e nelle ossa corte. Le ossa regolano inoltre la produzione e il riassorbimento di calcio, fondamentale per le cellule e la contrazione dei muscoli.

86. L’osso: (1)

1. E’ scarsamente irrorato dal sistema vascolare 2. È sprovvisto di sistema linfatico

3. È anisotropo

59. Descrivere (anche quantitativamente) il sistema delle lacune e dei canalicoli nell’osso compatto (3)

Lungo il contorno delle lamelle concentriche degli osteoni (di ampiezza 300nm) sono presenti delle piccole cavità chiamate lacune, ognuna contenente un osteocita (cellule di forma lenticolare di diametro 20μm). Lacune concentriche adiacenti sono connesse tramite canalicoli (di diametro 200nm), che si diramano radialmente andando a creare una sorta di network. L’osteone è delimitato da una linea di cementazione dove i canalicoli si interrompono; essa è costituita prevalentemente da proteoglicani e rappresenta la zona più debole dell’osso compatto.

39. Le fibre di Sharpey (1) a. escono dalle lacune di Conan Doyle b. sono fibre amiloidi

c. sono fibre di collagene

76. Le fibre di Sharpey (1) 1. sono fibre amiloidi

2. originano dallo strato di Holden 3. sono fibre di collagene

(2)

82. Le fibre di Sharpey: (1) 1. Si trovano nel tendine

2. Si trovano nel muscolo 3. Si trovano nell’osso

44. I canali di Volkmann (1) 1. uniscono due o più canali di Havers 2 si trovano nell’osso spongioso 3 non sono vascolarizzati

4 non sono presenti nell’osso lamellare 46. La diafisi si trova (1) 1. tra due epifisi

2. nelle ossa lunghe 3. nella tibia

4. tutte le precedenti

62. La dimensione del canale di Havers è circa (1) 1. 10 nm

2. 30 nm 3. 50 μm

91. Le ossa piatte sono composte da solo osso corticale (1) 1. sì

2. no

3. non sempre

OSTEONI

5. Descrivere sinteticamente la struttura dell’osteone (3)

Gli osteoni rappresentano l’entità strutturale dell’osso corticale: sono strutture circolari costituite da lamelle concentriche formate da fibrille di collagene sulle quali è depositata idrossiapatite; al centro degli osteoni scorrono dei vasi contenuti nei canali di Havers, i quali sono connessi tra loro tramite canali trasversali chiamati canali di Volkmann. Lungo i contorni delle lamelle che delimitano gli osteoni sono presenti delle piccole cavità chiamate lacune, ognuna contenente un osteocita.

Lacune concentriche adiacenti sono connesse tramite canalicoli, che si diramano radialmente andando a creare una sorta di network. L’osteone è delimitato da una linea di cementazione dove i canalicoli si interrompono; essa è costituita prevalentemente da proteoglicani e rappresenta la zona più debole dell’osso compatto.

21. Illustrare le caratteristiche salienti dimensionali e morfologiche degli osteoni (3) Gli osteoni rappresentano l’entità strutturale dell’osso: sono strutture circolari costituite da lamelle concentriche formate da fibrille di collagene sulle quali è depositata idrossiapatite; al centro degli osteoni scorrono dei vasi contenuti nei canali di Havers (con un diametro pari a ≈50μm), connessi tra loro tramite canali trasversali chiamati canali di Volkmann.

Un osteone è costituito da circa 8-15 lamelle concentriche di spessore pari a 15-20μm ciascuna: il diametro totale della struttura dell’osteone è dunque circa pari a 150-400μm (≈0,2mm).

92. Il diametro di un osteone è circa (1) 1. 30 nm

(3)

2. 300 nm

3. 300 μm (tra 150-400μm; 0,2mm)

6. Illustrare almeno due possibili spiegazioni della birifrangenza degli osteoni (3)

Caratteristica dell’osso lamellare è la sua birifrangenza: quando è osservato al microscopio a luce polarizzata si notano infatti lamelle luminose alternate a lamelle oscure. L’ipotesi più accreditata spiega l’origine di tale fenomeno con l’orientamento delle fibrille di lamelle contigue: le lamelle luminose contengono fibrille disposte parallelamente al piano della sezione (e dunque ortogonali al fascio di luce polarizzata), mentre le lamelle scure contengono fibrille disposte perpendicolarmente al piano della sezione (e quindi parallele al fascio di luce polarizzata).

CARATTERISTICHE OSSO SPONGIOSO E CORTICALE

43. Descrivere analogie e differenze tra osso spongioso e osso corticale/trabecolare, distinguendo gli aspetti microstrutturali e meccanici (3)

Microscopicamente osso corticale e osso spongioso sono costituiti dello stesso materiale; ciò che cambia è la struttura interna. Nel primo le lamelle sono organizzate a formare strutture

concentriche ordinate (gli osteoni); nel secondo sono orientate a formare una struttura reticolare a trabecole, che ottimizza il rapporto tra il peso e la capacità di sopportare carichi (la sua morfologia dipende dal carico con cui viene sollecitato e dalla sua entità e direzione). L’osso spongioso non presenta però canali di Havers: il nutrimento proviene tramite i canalicoli dai vasi che si trovano nel midollo contenuto nelle cavità tra le trabecole.

Inoltre, nell’osso spongioso, a differenza di quello lamellare, le proprietà meccaniche dipendono dal sito anatomico da cui viene estratto il provino.

Per quanto riguarda la densità, per l’osso lamellare essa è circa uguale a quella apparente, mentre per l’osso spongioso risulta essere maggiore.

I moduli elastici di osso lamellare (10-20GPa) e osso spongioso (E ∞ pa2) sono pressoché confrontabili: ciò a dimostrazione del fatto che sono costituiti dello stesso materiale.

Lo sforzo a rottura per l’osso compatto è minore di circa 2 o.g. rispetto al modulo elastico (σr = 150-200MPa) mentre per l’osso spongioso risulta essere proporzionale al quadrato della densità apparente.

La deformazione a rottura per l’osso compatto è molto bassa (εr = 0,5-3%); più elevata è quella dell’osso spongioso (1-10%) ed è legata al carico di punta.

66. Osso corticale e osso spongioso (1) 1. hanno caratteristiche meccaniche similari 2. sono costituite dallo stesso “materiale”

3. sono entrambe osso “primario”

34. Descrivere i tre livelli di porosità dell’osso corticale fornendo dati quantitativi (4) L’osso spongioso, essendo caratterizzato da una struttura trabecolare dotata di travate ossee delimitanti cavità midollari, ha una porosità elevata, che varia tra 45-95%. L’osso corticale è invece, essendo una massa solida e compatta, con una densità elevata, è caratterizzata da una minore porosità che oscilla tra 5-10%. Nelle ossa lunghe si possono perciò individuare diversi livelli di porosità: presso le epifisi, dove si trova il tessuto spongioso, la porosità è compresa tra il 30% e il 60%, mentre nella cavità centrale della diafisi si abbassa a livelli inferiori al 30%.

12. Spiegare la differenza tra densità reale e densità apparente e riportare valori ragionevoli delle due grandezze relativamente all’osso spongioso (3)

(4)

La densità del materiale che compone osso corticale e osso spongioso è la stessa (1,8-2 g/cm3);

ciò che si differenzia è la densità apparente che, nell’osso corticale è pressoché uguale alla

densità reale, mentre nell’osso spongioso è minore. La densità reale prende in considerazione solo il volume della frazione solida; la densità apparente, invece, viene calcolata prendendo in

considerazione il volume totale occupato dal solido ovvero il suo ingombro esterno, compresi quindi gli spazi vuoti. Dunque, nell’osso spongioso, rappresenta la media pesata delle due densità che lo compongono: quella dell’osso pieno e quella dell’osso vuoto, delle trabecole, cioè del midollo.

Per l’osso spongioso:

densità reale  1,8 g/cm3 per 90% porosità e 2 g/cm3 per 30% porosità

densità apparente  0,18 g/cm3 per 90% porosità e 1,4 g/cm3 per 30% porosità 56. Il modulo elastico dell’osso corticale è circa (1)

a. 17MPa

b. 17 Gpa (tra 10-20 Gpa) c. 1700 Pa

CARATTERISTICHE OSSO PRIMARIO E SECONDARIO

10. Illustrare le caratteristiche dell’osso fibroso / primario (2)

L’osso primario o fibroso è il primo ad essere deposto sia durante lo sviluppo fisiologico che nella riparazione di fratture; viene successivamente riassorbito e rimpiazzato con tessuto osseo

lamellare o secondario. L’osso primario è costituito da fibre di collagene di notevoli dimensioni (5- 10μm) che si intrecciano in modo disorganizzato (non formano osteoni).

16. Descrivere sinteticamente la differenza tra osso primario e osso secondario (2) L’osso primario è costituito da fibre di collagene che si intrecciano in modo disorganizzato (non formano osteoni): è il primo ad essere deposto sia durante lo sviluppo fisiologico che nella riparazione di fratture; viene successivamente riassorbito e rimpiazzato con tessuto osseo lamellare o secondario. In quest’ultimo le fibre di collagene sono disposte in modo ordinato, in strati sovrapposti a costituire lamelle ossee e hanno un diametro minore (<60nm). L’osso secondario si distingue successivamente in osso lamellare semplice (numero limitato di lamelle con andamento parallelo) e osso lamellare osteonico (numero variabile di lamelle 8-15 disposte concentricamente attorno al canale di Havers).

L’osso lamellare inoltre si caratterizza per la sua rifrangenza rispetto alla luce polarizzata.

29. L’osso primario (1)

1. è l’osso più comune presente nel corpo umano 2. è un osso immaturo

3. è più resistente dell’osso secondario 54. L’osso secondario (1) a. è un osso poco usato

b. è un osso da riporto c. è lamellare

(5)

COMPONENTE CELLULARE DELL’OSSO 45. Gli osteoclasti (1)

1 presentano un orletto striato 2 possono ritrovarsi in tutti i tessuti 3 derivano dalle cellule osteoprogenitrici 4 producono matrice ossea demineralizzata 55. Gli osteoclasti (1)

1 sono di origine stromali 2 sono di origine pancreatica 3 sono di origine ematopoietica 50. Gli osteociti (1) 1 agiscono come sensori 2 sono osteoblasti “dormienti”

3 entrambe le precedenti 4 nessuna delle prime due

65. L'acqua ECM nell'osso è circa (1) a. 0.1%

b. 1%

c. 10%

85. L’orletto di Howship : (1) 1. È una scoperta di M. Quant 2. È una struttura articolare 3. E’ una struttura dell’osteoclasta

20. Descrivere le differenti tipologie cellulari nell’osso (2)

Nell’osso si distinguono: prosteoblasti, osteoblasti, osteociti (di origine mesenchimale) e osteoclasti (di origine ematopoietica).

- I prosteoblasti o cellule osteoprogenitrici sono cellule di forma cubica, presenti sul livello più interno del periostio e sull’endostio; hanno capacità proliferativa e si trasformano in osteoblasti.

- Gli osteoblasti sono cellule di forma sferoidale responsabili della sintesi dell’osso e della sua mineralizzazione (creano cioè materiale biologico osseo). Sono collegati tra loro e con gli osteociti da gap junctions, tramite le quali le cellule si scambiano molecole segnale per la coordinazione dell’attività metabolica e di deposizione della matrice ossea. Durante la produzione di matrice ossea si trasformano in osteoclasti e quando il processo di formazione è terminato gli osteoblasti che rimangono a ridosso della superficie ossea si trasformano in cellule di rivestimento.

- Gli osteociti sono le cellule dell’osso maturo e si trovano all’interno delle lacune per cui hanno forma lenticolare; presentano dei processi che si collegano tramite gap junctions a quelli degli osteociti adiacenti. Si genera così una rete che connette il centro dell’osteone alla periferia verso cui viene trasportato il nutrimento.

- Gli osteoclasti sono le cellule preposte al riassorbimento osseo (fagocitano cioè materiale

biologico osseo). Si tratta di cellule giganti plurinucleate; quando sono attivi aderiscono alla matrice mineralizzata in via di riassorbimento tramite la lacuna di Howship. Tale attività di riassorbimento è regolata a livello ormonale.

31. Descrivere la natura e la composizione della componente minerale presente nell’osso (3)

La componente minerale dell’osso costituisce il 65-70% del peso ed è costituita da idrossiapatite per l’85%, che può essere sostituita da: carbonatoapatite per il 10% e fluoroapatite per il 5%.

(6)

PROPRIETA’ MECCANICHE DELL’OSSO

4. Elencare i fattori che influenzano le proprietà meccaniche dell’osso: (3) Le proprietà meccaniche dell’osso dipendono da:

- età - sesso

- localizzazione del sito di estrazione del campione osseo in analisi - composizione del tessuto

- direzione di applicazione del carico in quanto l’osso è un materiale anisotropo - velocità di deformazione in quanto l’osso ha comportamento viscoelastico - condizioni di umidità e temperatura

40. Descrivere l’influenza della umidità sul comportamento meccanico dell’osso (2) In condizioni disseccate l’osso presenta un modulo elastico più elevato ed assume un

comportamento pressoché elastico lineare; in condizioni fisiologiche l’osso è inibito di acqua e sali che facilitano gli adattamenti della struttura interna e lo rendono più cedevole nei confronti degli sforzi applicati.

L’osso idrato in condizioni fisiologiche è più in grado di sostenere eccessi di sollecitazione senza giungere a rottura in quanto l’energia assorbibile è almeno pari a 5 volte quella assorbibile da un osso secco. La presenza di umidità altera oltre il valore assoluto dello sforzo anche e soprattutto l’intero regime di deformazione che passa da un comportamento elastico lineare per l’osso secco a uno stato di deformazione plastica non reversibile per l’osso idrato, generata appunto dalla

presenza di molecole di acqua che rende possibili scorrimenti viscosi nella rigida struttura dell’osso.

100. Descrivere il comportamento meccanico dell’osso corticale (3)

L’osso ha un comportamento meccanico anisotropo: le proprietà meccaniche cioè risentono della direzione di applicazione del carico. Tale anisotropia nell’osso corticale è data dall’orientamento e dell’architettura degli osteoni.

Con gli esperimenti compiuti da Reilly&Burstein nel 1975 è possibile analizzare il comportamento a trazione e a compressione di provini cilindrici di osso corticale modellizzati come materiali

trasversalmente isotropi. Tramite queste prove a fatica si è riscontrato un diverso comportamento dell’osso in base alla direzione di applicazione del carico.

Per quanto riguarda sforzi longitudinali, a compressione il comportamento è pressoché lineare e fragile, mentre a trazione risulta esserci un maggior grado di plasticizzazione ed il comportamento è duttile. Dal punto di vista energetico l’osso assorbe più energia quando è sottoposto a trazione.

Viceversa, con sforzi trasversali si ha una maggiore deformazione a rottura nella compressione e dunque la capacità di assorbire energia è maggiore nel caso di compressione.

Per quanto riguarda il modulo elastico invece non risultano esserci significative differenze per le due diverse direzioni di sollecitazione e risulta esser circa 10-20GPa.

La densità dell’osso corticale è confrontabile con la densità apparente; lo sforzo a rottura è minore del modulo elastico di circa 2 o.g. (pari a 150-200 MPa) mentre la deformazione a rottura si aggira intorno al 0,5-3%, nettamente inferiore a quella dell’osso spongioso.

17. Descrivere le proprietà meccaniche dell’osso spongioso (3)

L’osso spongioso è costituito dello stesso materiale dell’osso corticale e presenta anch’esso comportamento anisotropo; tale anisotropia è data dall’orientamento e dalla disposizione delle trabecole.

Le proprietà meccaniche dell’osso spongioso dipendono dalla densità apparente, dall’architettura delle trabecole e, a differenza di quello corticale, dal sito anatomico da cui viene estratto il provino.

Nella tibia ad esempio le trabecole sono orientate tutte nella stessa direzione; nel grande

(7)

trocantere invece la disposizione è casuale in quanto i muscoli devono far fronte a carichi di sollecitazione provenienti da diverse direzioni.

Nell’osso spongioso la densità apparente è minore della densità (a fronte del fatto che tiene conto anche degli spazi vuoti, delle trabecole) ed un suo aumento provoca un aumento di modulo elastico.

Inoltre, tramite prove meccaniche acustiche e di nanoidentazione si è reso evidente come il modulo elastico dell’osso spongioso sia paragonabile al comportamento dell’osso corticale in direzione longitudinale ma superiore al comportamento in direzione trasversale. La deformazione a rottura dell’osso spongioso è legata al carico di punta ed è circa pari al 1-10%, nettamente

maggiore a quella dell’osso corticale che si arresta attorno al 0,5-3%.

48. L'osso è un materiale (1) 1. elastico lineare

2. elastico non lineare 3. viscoelastico

30. Descrivere le caratteristiche principali del comportamento anisotropico del tessuto osseo (2)

L’osso presenta un comportamento meccanico anisotropico: le proprietà meccaniche dell’osso sono funzione della direzione di applicazione del carico. L’anisotropia è data dalla disposizione e dall’orientamento delle trabecole nell’osso spongioso e dall’architettura e dall’orientamento degli osteoni nell’osso corticale.

Nel caso di tessuto osseo corticale il modello utilizzato è quello di un materiale trasversalmente isotropo (con 5 parametri costitutivi indipendenti – contro i 36 di quello anisotropico) mentre per il tessuto spongioso ci si avvale del modello di materiale ortotropo (con 9 parametri costitutivi indipendenti).

Nell’osso corticale tale comportamento risulta evidente nelle prove di trazione e compressione dove si ha una diversa risposta meccanica a seconda della direzione dello sforzo; nell’osso spongioso si nota nella diversa orientazione delle trabecole in base al sito di localizzazione del provino analizzato.

94. Si descrivano sinteticamente i possibili approcci sperimentali per la determinazione delle caratteristiche meccaniche dell’osso (2)

Per analizzare le proprietà meccaniche dell’osso è possibile compiere prove di trazione e compressione o utilizzare tecniche acustiche o di nanoidentazione. Tramite prove statiche di trazione e compressione, che vanno a modificare il volume dei materiali, è possibile valutare il comportamento anisotropico delle ossa e ottenere informazioni su sforzi e deformazioni.

Prove acustiche (misura globale) e di nanoidentazione (misura puntuale) forniscono invece informazioni sul modulo elastico e rappresentano misure non distruttive: è possibile cioè ripetere esperimenti più volte sullo stesso provino senza però ottenere informazioni su sforzi e

deformazioni.

60. Descrivere vantaggi e svantaggi delle diverse tipologie di prove meccaniche per la caratterizzazione del tessuto osseo (4)

Prove a trazione e compressione  forniscono informazioni su modulo elastico, sforzi e deformazioni ma non permettono di compiere esperimenti ripetitivi sullo stesso campione.

Prove acustiche o di nanoidentazione  rappresentano misure non distruttive: è possibile ripetere gli esperimenti sullo stesso provino; non forniscono però informazioni su sforzi e deformazioni, solo sul modulo elastico.

(8)

98. Si descrivano vantaggi e svantaggi del metodo acustico per la stima del modulo elastico del tessuto osseo (2)

La prova acustica consiste nell’analizzare come risponde il materiale osseo ad ultrasuoni e

fornisce una misura globale della stima del modulo elastico osseo. Rappresenta inoltre una misura non distruttiva: è possibile cioè ripetere l’esperimento sullo stesso provino senza però ottenere informazioni su sforzi e deformazioni.

15. Illustrare il differente comportamento a trazione e compressione dell’osso corticale e le implicazioni connesse a questo comportamento, corredando la descrizione con dati

quantitativi: (2)

L’osso ha un comportamento meccanico anisotropo: le proprietà meccaniche cioè risentono della direzione di applicazione del carico. Tale anisotropia nell’osso corticale è data dall’orientamento e dell’architettura degli osteoni.

Con gli esperimenti compiuti da Reilly&Burstein nel 1975 è possibile analizzare il comportamento a trazione e a compressione di provini cilindrici di osso corticale modellizzati come materiali

trasversalmente isotropi. Tramite queste prove a fatica si è riscontrato un diverso comportamento dell’osso in base alla direzione di applicazione del carico.

Per quanto riguarda sforzi longitudinali, a compressione il comportamento è pressoché lineare e fragile, mentre a trazione risulta esserci un maggior grado di plasticizzazione ed il comportamento è duttile. Dal punto di vista energetico l’osso assorbe più energia quando è sottoposto a trazione.

Viceversa, con sforzi trasversali si ha una maggiore deformazione a rottura nella compressione e dunque la capacità di assorbire energia è maggiore nel caso di compressione.

Per quanto riguarda il modulo elastico invece non risultano esserci significative differenze per le due diverse direzioni di sollecitazione; il valore nella direzione dei sistemi haversiani (longitudinale) è di circa 17GPa (nel range 10-20GPa).

28. Valore plausibile dello sforzo a rottura di un osso corticale avente modulo elastico pari a 10 GPa è: (1)

a. 0.1 GPa (tra 0,15-0,2GPa = tra 150-200MPa) b. 1 GPa

c. 0.01 GPa

67. Lo sforzo di rottura dell’osso corticale in direzione trasversale. (1) 1. è maggiore a compressione che a trazione

2. è maggiore a trazione che a compressione 3. è paragonabile tra la trazione e la compressione

63. Descrivere, con esempi, il differente contributo di idrossiapatite e collagene al

comportamento meccanico delle ossa, con particolare riferimento al modulo elastico (3) L’idrossiapatite costituisce la parte minerale delle ossa e il 65-70% del peso totale ed ha un

modulo elastico pari a 170GPa: è presente nelle ossa sottoforma di cristalli che si depositano sulle fibrille di collagene.

Il collagene di tipo 1 è un materiale viscoelastico con modulo elastico pari a 1GPa e l’allungamento a rottura del 10%, e rappresenta il 90-96% della matrice extracellulare.

Il comportamento del tessuto osseo è assimilabile a quello di un materiale composito di origine non biologica: si distinguono infatti inclusioni di idrossiapatite all’interno di una matrice di collagene (la disposizione delle inclusioni differisce poi in base al tipo di tessuto – corticale o spongioso – e a seconda del sito analizzato).

La teoria dei materiali compositi è utile per cogliere il contributo meccanico di collagene e parte minerale; modellizzando un campione di osso di femore tramite modello di Voigt fibroso e assumendo come modulo elastico della matrice un valore di 2GPa e per le inclusioni 140GPa, si evidenzia come l’idrossiapatite sia deputata alla sopportazione del 98,7% del carico totale. (con

(9)

Em = 1GPa ed Ei = 10GPa si riscontra che il collagene è sopporta solo 1/171 del carico totale: è tutto a carico dell’idrossiapatite). Le fibre di collagene, pur non essendo coinvolte in tal senso, risultano altrettanto importanti in quanto conferiscono all’osso flessibilità ed elasticità e consentono di aumentarne la sua capacità di assorbire gli urti senza giungere a rottura. L’idrossiapatite, grazie al suo elevato modulo elastico, va invece a conferire rigidezza all’osso.

57. Descrivere la risposta adattativa dell’osso in funzione della deformazione subita (3) Le leggi evolutive di Wolff e i principi del rimodellamento osseo di Roux spiegano bene il fenomeno del rimodellamento osseo: sono proprio tali continui meccanismi di riassorbimento e deposizione di matrice ossea che, facendo variare opportunamente geometria e architettura dell’osso, ne

permettono l’adattamento a sollecitazioni esterne e quindi alle deformazioni imposte. La risposta adattiva dell’osso è sempre conseguenza della funzione che esso è chiamato ad eseguire e la struttura che lo modella dipende sempre dalla tipologia di carico esterno.

72. Si disegni un diagramma sforzo deformazione per un l’osso corticale riportando i dati di sforzo a rottura e deformazione a rottura. Si dia una stima dell’energia necessaria a

rompere l’osso (3)

L’osso corticale, essendo anisotropo, reagisce meccanicamente in modo diverso a sollecitazioni esterne, in base alla direzione di applicazione del carico. Dunque, occorre distinguere l’energia necessaria a rompere l’osso per sforzi trasversali e per sforzi longitudinali: in entrambi i casi è data dall’area sottesa al grafico sforzo-deformazione.

11. Illustrare le proprietà viscoelastiche delle ossa (1)

L’osso è un materiale viscoelastico: sforzo e deformazione non sono legati da una relazione biunivoca in quanto dipendono anche dalla variabile tempo.

Un materiale viscoelastico, una volta terminata la sollecitazione, torna alle condizioni di partenza, ma linea di carico e linea di scarico non coincidono: nel grafico sforzo-deformazione si genera un’area di isteresi, per cui per un determinato valore di deformazione si rilevano diversi valori di sforzo.

Si distinguono perciò un’energia di carico Ec (per arrivare a deformazione) e un’energia di scarico Es (rilasciata quando si toglie il carico), tali per cui: εc > εs e σc > σs.

Anche la velocità di deformazione influisce sul comportamento meccanico dell’osso: all’aumentare della velocità il materiale diventa più rigido, si individua una zona di linearità e c’è una ridotta tendenza allo snervamento; con velocità più basse si ha deformazione plastica ed il

comportamento si fa più duttile.

37. Un osso più rigido di norma è: (1) 1. meno resiliente

2. più solido 3. più smorzante

(10)

RIMODELLAMENTO OSSEO E MECCANOTRASDUZIONE

1. Il range di deformazione all’interno del quale esiste equilibrio tra deposizione e riassorbimento dell’osso è (1)

a. 0.02-0.25 μstrain b. 0.02-0.25% μstrain c. 200-2500% μstrain

2. Il range di deformazione per le quali le cellule aumentano la loro attività metabolica è:

a. 100-2400 μstrain b. 200-2500% μstrain c. 1-24% μstrain

14. Il range di deformazione per le quali le cellule rispondono a stimoli meccanici è: (1) a. 100-2400 μstrain

b. 200-2500% μstrain c. 1-24%

23. Lo sforzo di taglio nel rimodellamento osseo agisce (1) a. sui processi degli osteociti

b. sugli osteoblasti c. nei canali di Volkman

25. La produzione di ossido nitrico degli osteociti è univocamente determinata da: (1) a. valore della velocità di deformazione

b. valore della viscosità dell’acqua ECM c. valore dello sforzo di taglio

35. L’osso si riassorbe quando la deformazione indotta dalla sollecitazione è inferiore a: (1) a. 200 strain

b. 200 mstrain c. 200 μstrain

74. L’osso si accresce quando la deformazione indotta dalla sollecitazione è superiore a:

1. 2500 strain 2. 2500-1 strain 3. 2500 μstrain

78. La deformazione che, applicata ad una cellula ne determina una risposta, è pari a: (1) 1.

1-24%

2. 1-24 microstrain 3. 1-24 Pa

3. Descrivere l’esperimento che ha permesso di identificare quale meccanismo di meccanotrasduzione è responsabile del rimodellamento osseo tra i tre meccanismi di

flusso di metaboliti, SGP e sforzo tangenziale sui processi osteocitari inizialmente proposti Mc-Allister&Frangos nel 1999 hanno compiuto una serie di esperimenti per determinare quale tra lo sforzo di taglio, il trasporto di metaboliti e la generazione di SGP fosse il meccanismo più preminente nella stimolazione degli osteociti.

Attraverso la realizzazione di 3 esperimenti si è riscontrato che è lo sforzo di taglio l’effettore della meccanotrasduzione: tale conclusione è stata tratta in seguito all’osservazione del fatto che

l’ossido nitrico fosse prodotto solo in seguito a sforzi di taglio elevati, e non a trasporto di metaboliti o alla generazione di SGP’s.

Nel primo esperimento T=2,4Pa, μ=1mPa*s, grad.vel=2500s-1

Nel secondo esperimento T=2,4Pa, μ=4mPa*s, grad.vel=600s-1  abbassando il gradiente di

(11)

velocità diminuisce anche la velocità: in seguito a tale decremento si ha diminuzione di trasporto di metaboliti e di SGP, dunque non si dovrebbe avere risposta cellulare; eppure lo sforzo di taglio rimane invariato.

Nel terzo esperimento T=0,6Pa, μ=1mPa*s, grad.vel=600s-1  abbassando lo sforzo di taglio si registra una diminuzione di ossido nitrico.

Risulta perciò evidente come sia lo sforzo di taglio il meccanismo determinante per l’attivazione degli osteociti.

18. Illustrare i range di deformazione caratteristici del fenomeno di meccanotrasduzione nell’osso secondo il modello di Frost (3)

61. Riportare i valori di deformazione che, secondo Frost, garantiscono la omeostasi della struttura ossea (equilibrio tra deposizione e riassorbimento osseo) (2)

79. Con riferimento agli studi di Forst si descriva il legame tra deformazione dell’osso e rimodellamento (2)

Il modello di Frost (1983) prevede che il meccanismo alla base del rimodellamento osseo sia la deformazione meccanica a compressione e a trazione di tipo statico agente sulle cellule; il range entro cui si ha equilibrio tra deposizione e riassorbimento di matrice ossea è pari a 200-

2500μstrain (0.02-0.025%). Per deformazioni inferiori a 200μstrain si ha riassorbimento osseo; per deformazioni superiori a 2500μstrain si ha riaccrescimento osseo.

24. Illustrare il ruolo dello sforzo di taglio nel rimodellamento osseo (3)

La scoperta della presenza della rete di proteoglicani all’interno dei canalicoli del 1994 ha portato nello stesso anno all’intuizione di un nuovo modello capace di spiegare la meccanotrasduzione basato sugli sforzi di taglio. Il ruolo che essi giocano in tale meccanismo è reso evidente dagli esperimenti condotti dal gruppo Weinbaum, Cowing & Zeng: i valori degli sforzi di taglio agenti sui processi cellulari misurati in vivo (1.5-2Pa) – dovuti al flusso di metaboliti all’interno dei canalicoli – risultano rientrare nel range che innesca la risposta cellulare di osteoblasti e osteociti (0.6-6Pa), che consiste nell’aumento di ioni calcio e nella produzione di ossido nitrico.

L’aspetto più rilevante del modello consiste nel fatto che si registrano sforzi di taglio elevati sia per alti carichi e basse frequenze (1Hz), sia per bassi carichi ed alte frequenze (100Hz).

41. A quali frequenze il fenomeno di meccanotrasduzione delle ossa è massimizzato e perché? (3)

L’effetto di meccanotrasduzione risulta essere massimizzato quando si ha elevata produzione di ossido nitrico – indicatore dell’attività degli osteociti – e dunque per elevati sforzi di taglio; tale aumento si registra sia per basse frequenze (1Hz) ed alti carichi sia per alte frequenze (100Hz) e bassi carichi.

64. Perché la deformazione delle ossa non è di per sé sufficiente a stimolare le cellule ossee rendendo possibile il rimodellamento? (3)

Il modello presentato da Frost nel 1983 che spiega l’attivazione della meccanotrasduzione con il solo effetto delle deformazioni meccaniche non risulta soddisfacente da diversi punti di vista; la finestra di deformazione media considerata fisiologica all’interno della quale si ha equilibrio tra deposizione e riassorbimento di matrice ossea individuata da Frost (0.02%-0.025%) non corrisponde infatti con il range entro cui si ha attivazione delle cellule misurato in vitro, pari a 1- 24%, che risulta essere circa maggiore di 1/2 o.g. rispetto a quello cui le cellule sono sottoposte normalmente.

(12)

70. E’ stato osservato che nel canalicolo non penetrano molecole di dimensioni maggiori ai 10 micron. Se ne illustri il motivo corredando la spiegazione con dati quantitativi relativi alla microarchitettura delle strutture presenti all’interno del canalicolo (4)

75. Si descriva la microarchitettura del canalicolo e si illustri quale è il meccanismo per cui molecole di dimensioni maggiori ai 10 micron non riescono a penetrarvi. (4)

I canalicoli rappresentano all’interno dell’osteone i mezzi di connessione tra le lacune concentriche che contengono gli osteociti; il gruppo Weinbaum, Cowing & Zeng nel 1994 ipotizzò che il fluido ionico scorresse all’interno dei canalicoli e non nelle microporosità tra i cristalli di idrossiapatite, come era invece sostenuto da Salzein&Pollack.

Per spiegare la congruenza con i valori di microporosità (20-60nm) compatibili con la velocità del fluido registrata, Zeng ipotizzò che lo spazio pericellulare del canalicolo (di diametro pari a 100nm) fosse pervaso da una maglia tridimensionale di proteoglicani ordinata dall’albumina, che ha

dimensione pari a 7nm. Si spiega in questo modo come molecole di 10nm vedano il loro passaggio impossibilitato, in quanto la rete presenta dei setti porosi di dimensione più ristretta.

I particolari proteoglicani presenti nella maglia si sono ipotizzati essere degli ialuronani con attaccati non covalentemente dei versicani.

49. Il callo osseo (1) 1 è un osso secondario 2 è scarsamente organizzato 3 non è calcifico (è cartilagine)

33. Descrivere il possibile ruolo degli osteociti nel processo di rimodellamento (3) Il processo di rimodellamento si realizza mediante l’equilibrio dinamico di deposizione e

riassorbimento della matrice ossea: si tratta di un fenomeno che opera per tutto il corso della vita e che comporta il ricambio e il mantenimento della massa ossea al fine di ottimizzare forma e

funzione dell’osso. L’attività degli osteociti è quella responsabile del meccanismo di deposizione del tessuto osseo; tale risposta adattiva viene innescata tramite meccanotrasduzione e si manifesta con un notevole aumento di calcio intracellulare e la produzione di ossido nitrico. Tali fenomeni si registrano per sforzi di taglio e forze di trascinamento elevati.

7. Relativamente ai fenomeni di meccanotrasduzione nell’osso, illustrare i vantaggi dell’ipotesi della forza di trascinamento rispetto alla ipotesi relativa agli sforzi di taglio:

(3)

26. Descrivere almeno tre aspetti a favore della teoria del rimodellamento osseo che ritiene che la trasduzione sia effettuata dalle forze di trascinamento (3)

La teoria del rimodellamento osseo, che ritrova nelle forze di trascinamento l’origine del

meccanismo di trasduzione, identifica nel canalicolo le fibrille trasversali della matrice pericellulare come elementi di tensione, che ancorano e posizionano i processi; il fluido interstiziale scorrendo all’interno, indurrebbe quindi una forza di trascinamento sulle fibre della matrice e quindi una deformazione della membrana cellulare. L’esperimento compiuto in seguito per verificarne l’esattezza, dimostra che tale modello è sperimentalmente più adatto a spiegare la

meccanotrasduzione rispetto a quello degli sforzi di taglio.

Le forze di trascinamento sulle fibrille producono uno sforzo di trazione che si traduce in una deformazione radiale della membrana e quindi del citoscheletro, che è formato da filamenti longitudinali di actina e fimbrina. A partire da questa configurazione si sono calcolate la forza di trascinamento e la forza di taglio sull’intero processo e infine il loro rapporto (che dipende solo dalle caratteristiche geometriche del canalicolo e della maglia di proteoglicani) riscontrando che le forze di trascinamento sono maggiori delle forze di taglio.

Ciò che di più interessante presenta questo modello è il fatto che riesce a spiegare la risposta

(13)

cellulare osservata in vitro: le deformazioni fisiologicamente sopportate dall’osso vengono infatti amplificate secondo il meccanismo descritto dal modello, raggiungendo valori > 10000μstrain.

68. Durante l’accrescimento delle ossa lunghe (1) 1. la corticale mantiene circa costante il suo spessore 2. la corticale cresce proporzionalmente alla lunghezza 3. la corticale non subisce nessun tipo di adattamento

52. La deformazione elastica dell'osso corticale è circa (1) a. 0.01%

b. 1% (deformazione a rottura 0,5-3%) c. 0.1 microstrain

53. La deformazione “sentita” dalle cellule è (1) a. 0.1

b. 10 ( deformazioni che attivano le cellule misurate in vitro 1-24 %) c. 24 microstrain

96. La deformazione per cui si genera una ipertrofia dell’osso è: (1) 1. 1-24% microstrain

2. 200-2500 microstrain

3. 2,5-5 millistrain (zona di sovraccarico patologica con rischio di frattura)

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