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NOTA ILLUSTRATIVA - SECONDA PARTE

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Academic year: 2022

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ACCORDO 20 GENNAIO 2008

NOTA ILLUSTRATIVA - SECONDA PARTE Allegata alla circolare prot. n. 98/08/R/DIR/L.2.8.d.

1. RELAZIONI CONTRATTUALI E SINDACALI 1.1.ORGANISMO BILATERALE NAZIONALE

Le parti hanno concordato di istituire un gruppo di lavoro con l’obiettivo di elaborare, entro il mese di dicembre 2008, un progetto operativo per l’istituzione di un Organismo Bilaterale Nazionale che, tra l’altro, avrà il compito di interloquire attivamente con gli Osservatori e le Commissioni nazionali e territoriali previste dal Ccnl ed, in particolare, con quelle riguardanti la formazione professionale.

1.2. FORMAZIONE PROFESSIONALE

La norma contrattuale di cui all’art. 4, Disciplina generale Sezione prima, riguardante la Formazione professionale (e relati vi organismi paritetici a livello nazionale, territoriale ed aziendale), è stata integrata da una dichiarazione di principio circa l’opportunità che tutti i lavoratori possano accedere a programmi di formazione ed aggiornamento professionale su contenuti attinenti alla realtà produttiva aziendale.

Correlativamente, tra i compiti assegnati alla Commissione aziendale sulla formazione professionale1 è stata inserita la valutazione dell’effettiva realizzabilità, in funzione delle specifiche esigenze aziendali, di progetti formativi per i lavoratori che non sono stati coinvolti nei corsi realizzati negli anni precedenti.

1.3. DIRITTI DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE IN SEDE AZIENDALE

La normativa contrattuale sui diritti di informazione in sede aziendale è stata rivista ed aggiornata alla luce di quanto previsto dal recente D.lgs. 6 febbraio 2007, n. 25 che, sulla base dell’Avviso comune siglato il 27 novembre 2006 da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ha dato attuazione alla direttiva 2002/14/CE dell’11 marzo 2002 sui sistemi nazionali di informazione e consultazione dei lavoratori.

In proposito, è opportuno rilevare che con il processo di trasposizione nel nostro ordinamento della citata Direttiva comunitaria2, i diritti di informazione, rientranti tradizionalmente nella c.d. parte obbligatoria del

1 Ai sensi del Ccnl, le Commissioni aziendali per la formazione professionale possono essere costituite, su richiesta di una delle parti, nelle aziende che occupano complessivamente più di 2000 dipendenti, di cui almeno 350 occupati presso una stessa unità produttiva.

2 L’emanazione della Direttiva prende le mosse dalla constatazione che “l’esistenza di quadri giuridici a livello comunitario e nazionale, intesi a garantire il coinvolgimento dei lavoratori nell’andamento delle imprese e nelle decisioni che li riguardano, non ha sempre impedito che decisioni gravi che interessavano dei lavoratori fossero adottate e rese pubbliche senza che fossero state preventivamente osservate procedure adeguate di informazione e consultazione”(6° considerando), sottolineando la necessità di “promuovere ed intensificare il dialogo sociale nell’ambito dell’impresa per favorire l’anticipazione dei rischi, sviluppare la flessibilità dell’organizzazione del lavoro e agevolare l’accesso dei lavoratori alla formazione nell’ambito dell’impresa in un quadro di sicurezza, promuovere la

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Ccnl, trovano, per la prima volta, un riconoscimento legale che indica il modello cui deve conformarsi la contrattazione collettiva.

In particolare, nelle imprese che occupano almeno 50 lavoratori, sono definiti espressamente i contenuti dell’informazione e della consultazione che devono riguardare:

“a) l’andamento recente e quello prevedibile dell’attività dell’impresa, nonché la sua situazione economica;

b) la situazione, la struttura e l’andamento prevedibile dell’occupazione nella impresa, nonché, in caso di rischio per i livelli occupazionali, le relative misure di contrasto;

c) le decisioni dell’impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro, dei contratti di lavoro, anche nelle ipotesi di cui “ alla legge n. 223 del 1991 e n. 428 del 1990”3.

Inoltre, sul piano sanzionatorio, viene introdotto un meccanismo innovativo che comporta l’irrogazione, da parte della Direzione provinciale del lavoro, competente per territorio, di sanzioni amministrative costituite dal pagamento di una somma di denaro4.

Le Parti stipulanti, in virtù del rinvio operato dalla legge5 al Ccnl per la definizione di sedi, tempi, soggetti, modalità e contenuti dei diritti di informazione e consultazione, hanno dunque proceduto ad una attualizzazione delle norme contrattuali.

Da un lato, riguardo ai contenuti, considerata la soglia legale costituita dall’impresa con almeno 50 dipendenti, è stata prevista una differenziazione tra aziende che occupano da 50 e fino a 150 dipendenti6 e quelle di maggiori dimensioni. In particolare, nelle aziende fino a 150 dipendenti, l’obbligo dell’informazione e consultazione è riferito esclusivamente a quelle materie, ora stabilite dalla legge ma già previste dal precedente contratto, elencate al primo e secondo comma del nuovo articolo contrattuale.

Mentre, per le imprese di maggiori dimensioni, l’onere dell’informazione è esteso anche alle ulteriori materie (già disciplinate dal Ccnl ed ora specificate al sedicesimo comma) che hanno rilevanza solo sul piano dei rapporti contrattuali.

Dall’altro lato, in merito alle modalità, tempi, soggetti e sedi dell’informazione e consultazione, è stato sostanzialmente confermato l’impianto contrattuale tradizionale. In concreto, i soggetti destinatari dell’informazione sono le R.s.u e, per il tramite dell’Associazione territoriale di competenza, le Organizzazioni sindacali territoriali dei sindacati stipulanti.

Nel caso di aziende caratterizzate dalla mancanza delle R.s.u., la sede territoriale svolge una funzione suppletiva e, pertanto, le Associazioni territoriali hanno il compito di gestire, per conto delle suddette

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sensibilizzazione dei lavoratori sulle necessità di adattamento, aumentare la disponibilità dei lavoratori ad impegnarsi in misure ed azioni dirette a rafforzare la loro occupabilità, promuovere il coinvolgimento dei lavoratori nella conduzione dell’impresa e nella determinazione del suo futuro, nonché rafforzare la competitività dell’impresa (7° considerando).

3 Così l’art. 4 del D.Lgs. n. 25 del 21 marzo 2007 che precisa, inoltre, che “l’informazione deve avvenire secondo modalità di tempo e contenuto appropriate allo scopo ed in modo da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato delle informazioni fornite e preparare, se del caso, la consultazione. La consultazione avviene: a) secondo modalità di tempo e contenuto appropriate allo scopo; b) tra livelli pertinenti di direzione e rappresentanza, in funzione dell’argomento trattato; c) sulla base delle informazioni (…) fornite dal datore di lavoro e del parere che i rappresentanti dei lavoratori hanno diritto di formulare; d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di incontrare il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata all’eventuale parere espresso; e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni del datore di lavoro”.

4 Ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 25 del 21 marzo 2007, la violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di comunicare le informazioni o procedere alla consultazione, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.000,00 a euro 18.000,00 per ciascuna violazione.

5 Così, l’art. 4, primo comma, del D.Lgs. n. 25 del 21 marzo 2007.

6 Nel previgente articolo contrattuale erano previsti, con riferimento alle specifiche materie oggetto di informazione, diversi limiti dimensionali collegati all’impresa ovvero all’unità produttiva, dei quali il limite di 150 dipendenti costituiva quello minimo.

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aziende, i rapporti con le Organizzazioni sindacali territoriali ai fini dell’effettuazione dei diritti di informazione e consultazione.

In presenza, invece, di specifici modelli di relazioni sindacali già definiti in azienda, rimane salvo, naturalmente, quanto previsto circa una diversa articolazione dei soggetti sindacali e relative sedi di confronto comprese anche le diverse modalità di esecuzione degli obblighi di informazione e consultazione che siano state concordate; in tali casi le parti in sede aziendale potranno comunque valutare l’opportunità di un’eventuale armonizzazione con le nuove previsioni legali con particolare riferimento alle materie oggetto dell’informazione ed alle modalità di consultazione così come, peraltro, indicato dalla stessa norma contrattuale.

Per quanto riguarda, poi, i criteri di effettuazione dell’informazione, il nuovo articolo contrattuale distingue tra le informazioni di cui al primo comma, lettere a) e b), che continuano ad essere fornite annualmente su richiesta dei soggetti sindacali, e quelle indicate nel secondo comma, relative alle decisioni aziendali che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro e dei contratti di lavoro, per le quali l’azienda ha l’onere di convocare i soggetti sindacali e dare corso alle relative informazioni.

Le Parti stipulanti hanno stabilito che le procedure previste dalla Legge n. 223 del 1991, dalla Legge n. 428 del 1990 nonché dal D.P.R. n. 218 del 2000 nei casi, rispettivamente, di mobilità e licenziamenti collettivi, trasferimento d’azienda e cassa integrazione guadagni, assorbono e sostituiscono le procedure di informazione e consultazione in materia; in proposito, si sottolinea che, qualora nel corso della fase di informazione e consultazione di cui al primo e secondo comma del nuovo articolo contrattuale, sia previsto il ricorso a questi strumenti, l’azienda è tenuta ad anticiparne la notizia e successivamente procedere ad instaurare le suddette procedure di legge.

Riguardo, poi, alle modalità di consultazione, la norma contrattuale ricalca quanto definito dal D.lgs. 6 febbraio 2007, n. 25 salvo alcune integrazioni. In particolare la consultazione può essere avviata su richiesta scritta delle R.s.u. o, in mancanza, dalle Organizzazioni territoriali dei sindacati stipulanti, presentata entro 5 giorni dal ricevimento delle informazioni di cui al primo e secondo comma del nuovo articolo contrattuale; la consultazione, che dovrà svolgersi nel livello pertinente di direzione e rappresentanza in funzione dell’argomento trattato, si intende in ogni caso esaurita decorsi 15 giorni dalla data fissata per il primo incontro.

I rappresentanti dei lavoratori o gli altri soggetti eventualmente autorizzati a ricevere le informazioni hanno un preciso obbligo di riservatezza sulle informazioni espressamente fornite in via riservata e sono tenuti al rigoroso rispetto del segreto industriale su dati e fatti di cui vengono a conoscenza.

Eventuali contestazioni riguardo alla natura riservata delle informazioni nonché alla sussistenza di esigenze tecniche, organizzative e produttive che, potendo creare notevoli difficoltà al funzionamento dell’impresa o arrecarle danno, giustificano il rifiuto del datore di lavoro a fornire le informazioni o procedere alla consultazione, sono demandate alla Commissione di conciliazione che le parti stipulanti il Ccnl si sono impegnate a costituire entro il prossimo mese di dicembre.

1.4.“DIRIGENTI SINDACALI ESTERNI

All’art. 4, Disciplina generale Sezione seconda, riguardante i Permessi per motivi sindacali e per cariche elettive, è stata apposta in calce una Dichiarazione a verbale contenente l’impegno delle Organizzazioni sindacali affinché la nomina dei componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali sia esercitata, nei singoli territori, tenendo conto della rappresentatività di ciascuna organizzazione sindacale e delle dimensioni delle unità produttive interessate.

Di conseguenza, laddove l’azienda riscontri comportamenti non coerenti con tale “impegno”, potrà essere richiesta, in prima istanza, una verifica con le Organizzazioni sindacali territoriali per il tramite

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dell’Associazione territoriale di competenza. Nel caso in cui non si pervenga ad una soluzione condivisa, la questione è demandata alle Parti stipulanti il Ccnl.

1.5. SISTEMA DI INQUADRAMENTO PROFESSIONALE

Le parti si sono impegnate a proseguire il confronto negoziale sulla riforma dell’attuale sistema di inquadramento professionale fissando il termine dei lavori al 28 febbraio 2009 concordando, nel contempo, che se tale confronto non produrrà risultati, a decorrere dal 1° marzo 2009, si darà luogo:

- alla trasformazione dell’attuale livello superiore della 5a in una categoria a se stante ed intermedia tra la 5a e la 6a che ricomprenderà non solo gli impiegati (ora inquadrati nel livello superiore della 5a), ma anche gli intermedi (da individuare secondo una nuova declaratoria) e gli operai (in possesso dei profili professionali tassativi per i quali è ora riconosciuto l’elemento retributivo di professionalità, c.d. 5a ERP);

- al riconoscimento di un elemento retributivo di professionalità per quelle professionalità da individuare nell’ambito degli operai di 3a categoria secondo una nuova declaratoria e relativi profili professionali tassativi.

Su questa tematica, ci riserviamo di tornare con un’apposita circolare esplicativa in prossimità della scadenza del 28 febbraio 2009 per dare tutte le indicazioni che si renderanno necessarie.

2.LAVORATORIMIGRANTI

Le nuove previsioni contrattuali riguardanti specificatamente i lavoratori migranti attengono all’istituto dei Permessi annui retribuiti (PAR) di cui all’art. 5, Disciplina generale Sezione terza; in particolare, tra le motivazioni che consentono al singolo lavoratore la precedenza nella fruizione e l’effettivo accoglimento della richiesta di permesso, fino al raggiungimento delle percentuali massime di assenza contemporanea7, è ora prevista anche la necessità di svolgere le attività burocratiche legate alla condizione di migrante.

Inoltre, con riferimento all’utilizzo dell’istituto delle 250 ore di permesso retribuito per la frequenza dei corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri, disciplinato dall’art. 29, Disciplina generale Sezione terza8, le parti si sono impegnate ad attivarsi congiuntamente presso il Ministero della pubblica istruzione per predisporre un apposito modulo formativo per tale tipologia di corsi d’insegnamento da diffondere presso le strutture scolastiche pubbliche o legalmente riconosciute e promuoverne l’attivazione nell’ambito dell’autonomia scolastica loro riconosciuta (Dichiarazione a verbale n. 3). Nel contempo, è stata inserita la previsione secondo la quale le aziende favoriranno la frequenza dei corsi di lingua italiana per lavoratori

7 Ai sensi della disciplina contrattuale riguardante i Permessi annui retribuiti, la percentuale massima di assenza contemporanea – incluso il tetto del 5% previsto per l’accoglimento delle richieste con preavviso di almeno 15 giorni – è compresa tra il 9,5% e l’11,5% dei lavoratori addetti allo stesso gruppo di lavoro e, in base alle diverse riduzioni d’orario a regime, è così articolata: • turnisti e normalisti 9,5%; • turnisti (15 o più turni – notturni, sabato e domenica 10,0%; • turnisti e normalisti transazione novativa 11,0%; • turnisti transazione novativa (15 o più turni – notturno, sabato e domenica) 11,5%; • siderurgia (normalisti e turnisti) 11,5%.

8 In proposito, si ricorda che, secondo quanto previsto dalla norma contrattuale, si tratta di 250 ore di permesso retribuito pro-capite per triennio, utilizzabili anche in un solo anno, comprensivi delle prove d’esame; l’effettiva quantità di ore da riconoscere è subordinata alla durata del corso che il lavoratore intende seguire dovendo sussistere un rapporto pari a 2:3 fra le ore di permesso richieste e le ore di frequenza ai detti corsi. Le suddette facilitazioni possono essere riconosciute sempre qualora i corsi siano attivati dalle strutture scolastiche o legalmente riconosciute, così come è avvenuto per i corsi di recupero della scuola dell’obbligo e per l’alfabetizzazione degli adulti.

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stranieri senza tener conto, in questo caso, del limite costituito dalle percentuali di assenza contemporanea fissate dalla norma contrattuale9.

3. AMBIENTE E SICUREZZA

Una prima modifica da segnalare riguarda la previsione dell’informazione periodica ai lavoratori, da svolgersi di norma semestralmente da parte del datore di lavoro, sui temi della salute e sicurezza.

Tale specifico momento informativo, che, tenuto conto dello spirito di collaborazione cui sono tenute le parti su questa tematica, prevede un coinvolgimento preventivo dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) sui contenuti da diffondere, anche in raccordo con quanto emerso nelle riunioni periodiche, mira a richiamare l’attenzione dei lavoratori sugli effettivi problemi che si riscontrano in azienda, a partire dall’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, al fine di promuovere e sviluppare una cultura della sicurezza quale strumento fondamentale per prevenire gli infortuni nei luoghi di lavoro.

Le modalità con cui effettuare l’informazione sono quelle normalmente utilizzate dall’azienda per comunicare direttamente con i lavoratori (mail, comunicazioni cartacee da consegnare direttamente ai singoli lavoratori o da affiggere nei luoghi di lavoro, ecc.) da scegliere anche in base all’efficacia comunicativa del messaggio che si intende lanciare.

In merito, poi, all’obbligo di consegna della copia del documento di valutazione dei rischi e del registro degli infortuni sul lavoro agli RLS introdotto dalla Legge n. 123 del 2007, l’accordo di rinnovo ha previsto, in particolare, che ciascun RLS deve presentare specifica richiesta scritta e sottoscrivere apposito verbale di consegna; gli RLS sono tenuti ad un uso strettamente riservato ed interno dei documenti ricevuti e, dunque, esclusivamente connesso all’espletamento delle funzioni svolte all’interno dell’azienda anche ai fini del rispetto del dovere di segretezza cui sono obbligati sulle informazioni riservate su processi, sostanze e modalità organizzative presenti nel documento di valutazione dei rischi e che possono rientrare nel più ampio concetto di segreto industriale.

Con specifico riferimento al Registro degli infortuni va sottolineato che la diffusione di dati sensibili di carattere sanitario in esso contenuti, riguardanti i lavoratori interessati vittime di infortuni sul lavoro, è vietata dalla legge, a pena di reclusione (artt. 26, comma 5 e 167, D.Lgs. n. 196/2003). Della possibile consegna del registro infortuni agli RLS vanno resi edotti tutti i lavoratori, in conformità con le norme sulla privacy (art. 13, D.Lgs. 196/2003).

Infine, altra modifica da evidenziare riguarda l’incremento della quantità dei permessi retribuiti attribuiti ad ogni RLS dall’Accordo interconfederale 22 giugno 1995 (punto 1.2. Permessi)10 che ora risultano pari a 50 ore annue nelle unità produttive che occupano da 50 e fino a 100 dipendenti, e a 70 ore annue, nelle unità produttive che occupano più di 100 dipendenti.

4. MERCATO DEL LAVORO

9 Una delle condizioni per la fruizione dei permessi retribuiti di cui all’art. 29 citato, è costituita dal rispetto di una percentuale complessiva di assenza contemporanea pari al 3% della forza occupata nell’azienda o nell’unità produttiva (a seconda della scelta compiuta con riferimento alla definizione del monte ore triennale di riferimento) fermo restando che per ciascuna delle due casistiche generali, Diritto allo studio e Formazione professionale, i permessi accordati non possono comportare una percentuale di assenza contemporanea superiore al 2%.

10 L’Accordo interconfederale prevede espressamente che: “Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 dipendenti, per l’espletamento dei compiti previsti dall’art. 19 del D.Lgs. n. 626 del 1994, i rappresentanti per la sicurezza, oltre ai permessi già previsti per le RSU, utilizzano permessi retribuiti pari a 40 ore annue per ogni rappresentante. Per l’espletamento degli adempimenti previsti dai punti b), c) d), g) i), ed l) dell’art. 19 citato, non viene utilizzato il predetto monte ore”.

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Il nuovo articolo contrattuale contenente le norme di riferimento, come derivanti anche dalle integrazioni siglate in fase di stesura del testo contrattuale, è ora articolato in una premessa generale seguita da una lettera A) riferita alla “Stabilizzazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro” e da una lettera B) riguardante il “Part-time”.

In premessa, oltre alla riproposizione del principio legale11 secondo cui il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato, viene espressamente chiarito che il contratto di lavoro a tempo determinato e la somministrazione di lavoro a tempo determinato, fatto salvo quanto previsto dagli accordi aziendali in materia, sono disciplinati esclusivamente dalla legge, mentre il Ccnl definisce i soli criteri riguardanti la stabilizzazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

In proposito, si sottolinea che, ai sensi del Ccnl, sia i contratti a termine che i contratti di somministrazione a tempo determinato non sono soggetti a percentuali massime di utilizzo né ad altre limitazioni se non quelle previste direttamente dalla legge.

Nella premessa, viene inoltre richiamato l’impegno delle parti ad incontrarsi entro il prossimo mese di dicembre, per definire le norme contrattuali relative alle attività stagionali, premio di risultato ed informazioni nonché ad istituire una Commissione con poteri negoziali su: contratto di Inserimento, Part- time ed Appalti con conclusione dei lavori entro 6 mesi dall’avvio. Naturalmente, qualora tali confronti negoziali dovessero produrre dei risultati, in particolare con riferimento alla disciplina delle clausole elastiche e flessibili del lavoro a part-time, sarà nostra cura darne tempestiva informazione.

In merito alla stabilizzazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro di cui alla lettera A), è da evidenziare che la specifica fattispecie prevista, che integra quanto già definito dall’art. 5, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 368 del 200112, è riferita unicamente al caso in cui il lavoratore abbia svolto, presso la medesima azienda, sia periodi di lavoro con contratto a termine che periodi di lavoro con contratto di somministrazione; qualora la “sommatoria” dei periodi di lavoro svolti per queste due tipologie contrattuali superi i 44 mesi complessivi anche non consecutivi comprensivi dell’eventuale proroga in deroga assistita13, il lavoratore acquisisce il diritto ad essere assunto a tempo indeterminato.

Viceversa, nel caso in cui il medesimo lavoratore venga utilizzato dall’azienda, facendo ricorso unicamente al contratto di somministrazione, sia il Ccnl che la legge non prevedono alcuna limitazione temporale.

Nel caso, invece, di utilizzo del lavoratore attraverso il ricorso al solo contratto a termine, vale il limite massimo dei 36 mesi di cui all’art. 5, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 368 del 200114; in proposito, è opportuno sottolineare che le modifiche introdotte dalla Legge n. 133 del 2008 consentono, ora, ai contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di intervenire sulla materia anche derogando al limite temporale dei 36 mesi.

11 Tale principio è stato introdotto dalle legge n. 247 del 24 dicembre 2007.

12 Ai sensi del comma 4 bis, inserito nell’art. 5 dalla Legge n. 247 del 24 dicembre 2007 e successivamente modificato dalla Legge n. 133 del 6 agosto 2008 (di conversione del D.L. n. 112 del 25 giugno 2008), il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato “qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro”.

13 Si ricorda che, secondo l’Avviso comune sottoscritto da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, in attuazione del rinvio operato dall’art. 5, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 368 del 2001, come modificato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, la durata dell’ulteriore contratto a termine da stipulare, in deroga al limite dei 36 mesi, avanti la Direzione Provinciale del Lavoro, con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato, è stata fissata in 8 mesi ferma restando la possibilità che durate diverse possano essere stabilite sia dai Ccnl che da avvisi comuni stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative sul piano nazionale.

14 Vedi nota n. 11.

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Riguardo, poi, al regime transitorio previsto alla lettera A), in relazione all’applicazione del “tetto” dei 44 mesi, in caso di sommatoria di rapporti di lavoro a termine e di somministrazione a tempo determinato in capo al medesimo lavoratore, si sottolinea che:

a) i contratti a tempo determinato e i contratti di somministrazione a termine stipulati prima del 1°

gennaio 2008 ed ancora in corso a tale data continuano fino alla loro naturale scadenza senza alcuna conseguenza legata all’eventuale superamento dei 44 mesi;

b) i periodi di lavoro svolti in forza di contratti a termine e di somministrazione a tempo determinati cessati prima del 1° gennaio 2008 si sommano ai periodi di lavoro svolti successivamente a far data dal 1° aprile 2009. In sostanza, i rapporti di lavoro instaurati a partire dal 1° gennaio 2008 possono continuare a svolgersi senza alcuna conseguenza sul piano della conversione del rapporto a tempo determinato qualora cessino comunque entro il 31 marzo 2009; se, invece, proseguano oltre tale data e la sommatoria di tutti i periodi di lavoro svolti ecceda il limite dei 44 mesi, si dovrà dare luogo alla stabilizzazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

Per quanto attiene alla disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale di cui alla lettera B) del nuovo articolo contrattuale, questa è rimasta pressoché invariata salvo le norme riguardanti le clausole flessibili non più riportate in quanto decadute il 31 dicembre 2004.

In merito alle clausole flessibili ed elastiche, si ricorda che, in base alle modifiche apportate dalla legge n.

247 del 2007 all’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 61 del 25 febbraio 2000, queste possono essere stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e non più dalle parti individuali del contratto di lavoro.

Infine, riguardo al contratto di apprendistato è da segnalare l’inserimento di una Dichiarazione comune nella quale si precisa, in base ai chiarimenti forniti nella risposta ad Interpello n. 36 del 29 novembre 2007 del Ministero del lavoro, che per i contratti stipulati con i giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni, salvo il caso di possesso di qualifica professionale, in attesa dell’utilizzabilità dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione, la disciplina contrattuale applicabile è quella concordata sulla base della legge 196 del 1997 e riportata nel Ccnl 7 maggio 2003, fermo restando che le percentuali di retribuzioni ivi previste sono da calcolarsi sui minimi tabellari di volta in volta in vigore.

5. ORARIO DI LAVORO

5.1. ORARIO PLURISETTIMANALE

È stata estesa a tutte le aziende metalmeccaniche, attraverso il riferimento generale ai picchi produttivi non fronteggiabili con il ricorso ai normali assetti produttivi, la possibilità di realizzare le 40 ore settimanali di lavoro ordinario come durata media nell’arco massimo di 12 mesi, secondo le modalità e i criteri già definiti nel paragrafo Orario plurisettimanale di cui all’art. 5, Disciplina generale, Sezione terza15.

In sostanza, con tale previsione, che riprende quanto era stato già temporaneamente definito dall’Accordo sperimentale 19 gennaio 2006, le parti hanno superato il precedente ambito di applicazione circoscritto all’attività di installazione e montaggio ed alla stagionalità dei prodotti, al fine di generalizzare l’utilizzo di

15 Le clausole contrattuali consentono di gestire in regime di flessibilità 64 ore annue variando la distribuzione dell’orario di lavoro fino ad un massimo settimanale di 48 ore compensato in genere con settimane a 32 ore oppure anche con altre soluzioni che permettano in ogni caso di rispettare la media di 40 ore nell’arco dei 12 successivi all’attivazione del regime di flessibilità. La distribuzione delle ore aggiuntive in regime di flessibilità è possibile sia attraverso il prolungamento dell’orario di lavoro giornaliero che utilizzando la giornata del sabato; nel caso dei lavoratori turnisti con orario di lavoro normalmente articolato dal lunedì al venerdì, è consentita l’effettuazione al sabato di un solo turno di lavoro di 8 ore, ovvero di due turni ciascuno della durata di 6 ore.

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questo strumento di flessibilità e consentire alle aziende di far fronte alle esigenze produttive o di mercato che si presentano.

È opportuno sottolineare che l’attivazione dell’orario plurisettimanale è di competenza della Direzione aziendale che, secondo quanto previsto dalle clausole contrattuali di cui al paragrafo Orario plurisettimanale, comunicherà alla Rappresentanza sindacale aziendale tale esigenza e le ragioni produttive o di mercato che la determinano.

Il confronto negoziale dovrà riguardare invece le sole modalità di attuazione fermo restando che non possono essere opposti impedimenti alla realizzazione della flessibilità espressamente disciplinata dalle norme contrattuali nazionali che, appunto, dispongono espressamente che “Le parti si danno atto che la contrattazione aziendale non ha carattere ostativo rispetto alle norme del C.c.n.l.”.

Nel caso in cui manchino le R.s.u., il negoziato dovrà svolgersi con le Organizzazioni sindacali territoriali dei sindacati stipulanti per il tramite dell’Associazione territoriale di competenza.

Al fine di sostenere il raggiungimento dell’intesa in tempi ragionevolmente rapidi, con l’Accordo di rinnovo, le parti hanno previsto che nel caso in cui il confronto non si concluda positivamente entro il decimo giorno di calendario dalla comunicazione della Direzione alla Rappresentanza sindacale unitaria, su iniziativa di una delle parti, la questione è esaminata in sede territoriale a garanzia della continuità fra gli impegni definiti dal Ccnl ed i comportamenti in azienda.

Nel contempo, sono state elevate le maggiorazioni retributive previste per le ore lavorate in regime di flessibilità, rispettivamente, al 15 % per quelle prestate dal lunedì al venerdì oltre il normale orario giornaliero ed al 25 % per quelle del sabato16.

Ed, inoltre, è stato espressamente previsto che qualora, in casi eccezionali, non sia possibile effettuare il programmato recupero delle ore prestate in supero, la Direzione aziendale, dando adeguato preavviso alle R.s.u., potrà concordare con esse sia la riprogrammazione, anche in modo parziale, del recupero che la compensazione delle ore di maggior prestazione; in tal caso o conguagliando le maggiorazioni già erogate in regime di flessibilità alla percentuale onnicomprensiva del 50% o prevedendone la destinazione alla Banca ore.

Nel caso in cui sussistano delle difficoltà a raggiungere una soluzione condivisa, potrà essere effettuata un’ulteriore verifica in sede territoriale fermo restando che in mancanza dell’accordo rimane in vigore il precedente programma di recupero.

5.2. PERMESSI ANNUI RETRIBUITI

La novità di rilievo da segnalare attiene alle regole di utilizzazione dei PAR che, ora, consentono la possibilità di rendere non fruibile, nell’anno di maturazione, uno dei sette PAR a gestione collettiva.

In proposito, si ricorda che le norme contrattuali, con riferimento al numero complessivo dei PAR maturabili per ciascun anno di servizio17, distinguono la quota di permessi destinati alla fruizione collettiva,

16 Per le ore lavorate in regime di flessibilità devono essere riconosciute le sole maggiorazioni retributive previste, mentre sia nei periodi di supero che in quelli di minore prestazione è corrisposta la retribuzione relativa all’orario normale contrattuale; nel caso in cui la prestazione in flessibilità avvenga in ore considerate notturne la maggiorazione riconosciuta per la flessibilità si somma a quella già prevista dalle norme contrattuali per il lavoro notturno (le maggiorazioni per lavoro notturno non dovranno, viceversa, essere corrisposte al momento del pagamento delle ore di minor prestazione). Le suddette percentuali di maggiorazione si computano sugli stessi elementi utili ai fini delle maggiorazioni contrattuali per il lavoro straordinario e, poiché sono state definite in misura onnicomprensiva, non hanno incidenza sugli istituti di retribuzione indiretta.

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individuata in un massimo di sette, dalla quota a disposizione dei singoli lavoratori ricavabile in concreto sottraendo dal numero di permessi complessivamente spettanti quelli fruiti collettivamente.

A partire dal 1° gennaio 2008, dunque, dei suddetti 7 PAR, uno può essere dichiarato lavorabile nell’anno di riferimento, mentre gli altri 6 possono continuare ad essere utilizzati, ad esempio, per l’effettuazione di

“ponti”, il prolungamento della chiusura dello stabilimento oltre le ferie, ecc..

Le modalità di utilizzazione collettiva (che possono riguardare l’intero stabilimento, il reparto o gruppi di lavoratori) sono stabilite dalla Direzione aziendale, previo esame congiunto con la Rappresentanza sindacale unitaria da effettuarsi, di norma, entro il mese di maggio di ciascun anno.

Nel caso in cui l’Azienda decida di rendere non fruibile un PAR, per l’anno di riferimento, il singolo lavoratore può optare per la sua monetizzazione; in tal caso ha l’onere di chiederne il pagamento entro il mese di novembre ed il permesso dovrà essere liquidato con la retribuzione relativa al mese di dicembre (sulla base della retribuzione in quel momento in atto). Diversamente il permesso sarà accantonato nell’apposito Conto ore a disposizione del singolo lavoratore per un ulteriore periodo di 24 mesi, durante il quale i permessi accantonati potranno essere fruiti secondo i medesimi criteri stabiliti dal contratto per utilizzo dei PAR da parte del singolo lavoratore.

In merito alle modalità di utilizzo dei PAR da parte del singolo lavoratore, è da evidenziare, che con l’accordo di rinnovo il termine di preavviso per la richiesta di fruizione dei permessi è stato ridotto a 15 giorni (di calendario).

Si ricorda che il rispetto di tale termine garantisce al lavoratore l’accoglimento della domanda purché nell’ambito di un tasso di assenza contemporanea non superiore al 5% dei lavoratori addetti ai turni (inteso per tale il periodo di tempo nell’arco della giornata durante il quale il gruppo di lavoratori in cui è inserito l’interessato presta la sua attività)18.

In assenza del preavviso di 15 giorni (e comunque per le domande eccedenti il 5%) l’accoglimento delle richieste è subordinato alla verifica delle specifiche esigenze aziendali che, per il loro carattere di improrogabilità, potrebbero determinare il rinvio della fruizione ad altra data; in ogni caso la percentuale massima di assenza contemporanea, incluso il precedente tetto del 5%, deve essere compresa tra il 9,5 e l’11,5 % dei lavoratori addetti allo stesso gruppo19.

Riguardo, infine, alla modifica apportata alle motivazioni che consentono al singolo lavoratore la precedenza nella fruizione dei permessi, si rinvia all’illustrazione svolta nel precedente punto 2 della circolare relativa ai lavoratori migranti.

5.2. STRAORDINARIO

La novità di rilievo da segnalare riguarda l’incremento, pari ad 8 ore, delle prestazioni di straordinario che possono essere disposte dall’azienda, dandone notizia ai lavoratori interessati con preavviso di 24 ore, salvi casi eccezionali di urgenza e, dunque, “esenti” dalla informazione alla R.s.u., se svolte oltre l’orario giornaliero normale, ovvero dall’accordo con la R.s.u., se svolte al sabato per esigenze di produzione.

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17 I PAR complessivamente spettanti su base annua, e articolati per gruppi di 8 ore in relazione alla durata dell’orario normale contrattuale di 40 ore settimanali, sono pari a: 13 = 104 ore per i lavoratori normalisti e turnisti; 14 = 112 ore per gli addetti a 15 o più turni; 15,5 = 124 ore per i lavoratori siderurgici cui si aggiungono 8 ore monetizzate per gli addetti a 15 o più turni. Per gli addetti già interessati dalla Transazione novativa sono previste ulteriori 8 ore di riduzione d’orario.

18 Nel caso di concentrazione di richieste superiore al tetto del 5% relativamente allo stesso periodo, si fa riferimento all’ordine cronologico di prenotazione.

19 Vedi in proposito quanto riportato alla nota n. 7.

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In pratica, le suddette quote “esenti” sono ora pari alle seguenti misure:

- 40 ore per i lavoratori turnisti;

- 40 ore per i lavoratori non turnisti che lavorino in aziende con oltre 200 dipendenti;

- 48 ore per i lavoratori non turnisti che lavorino in aziende fino a 200 dipendenti.

Nel contempo, con riferimento alla Banca ore, anche considerato il marginale utilizzo di questo istituto, è stata eliminata la c.d. franchigia che limitava la possibilità di scelta del lavoratore di accantonare le ore di straordinario a quelle prestate oltre a una determinata soglia (pari a 32 ore annue per le aziende con più di 200 dipendenti ed a 80 ore per le altre). Di conseguenza, il singolo lavoratore può ora optare per l’accantonamento in Banca ore per il complesso delle ore di straordinario effettuate nel mese, a partire dal primo mese dell’anno.

5.3. LAVORATORI DISCONTINUI

Le modifiche introdotte riguardano, in primo luogo, i lavoratori assunti con un orario di lavoro normale pari a 48 ore settimanali; per questi lavoratori è ora possibile computare l’orario di lavoro come durata media in un periodo non superiore a 12 mesi.

Per il resto, e questa è una modifica definita in fase di stesura del testo del Ccnl, si è provveduto a semplificare il punto III della disciplina contrattuale di riferimento, relativa alla determinazione degli istituti contrattuali nel caso di lavoratori discontinui con orario di lavoro normale pari a 44 o a 48 ore settimanali, facendo espresso riferimento al principio di proporzionalità diretta.

5.4. DEROGA AL RIPOSO MINIMO GIORNALIERO PER I LAVORATORI TURNISTI

Tra i testi integrativi siglati successivamente all’accordo di rinnovo, è da evidenziare quello riguardante la deroga, per i lavoratori turnisti, al riposo minimo giornaliero di cui all’art. 7, D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66; in particolare si è previsto che nel caso di cambio turno, richiesto per iscritto dal lavoratore ed autorizzato dal datore di lavoro, qualora non sia possibile rispettare, tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva, il riposo minimo giornaliero di 11 ore, questo è riducibile ad 8 ore fermo restando il riconoscimento di una “protezione adeguata”.

L’art. 17 del D.Lgs. 66/2003, infatti, nell’ammettere la derogabilità al riposo minimo giornaliero di 11 ore consecutive, pone espressamente la condizione che siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo ovvero, laddove ciò non sia possibile per motivi oggettivi, misure di protezione adeguata. In merito, vale la pena sottolineare che normalmente il lavoratore, o prima o successivamente al cambio del turno di lavoro, ha la possibilità di fruire di un riposo giornaliero prolungato realizzandosi, in tal modo, la condizione richiesta.

Tale deroga al riposo giornaliero, resasi opportuna anche a seguito delle segnalazioni, pevenuteci da alcuni territori, di contestazioni amministrative circa il mancato rispetto del riposo giornaliero di 11 ore in caso di cambi turni effettuati per esigenze personali dei singoli lavoratori, è stata definita prima dell’emanazione del Decreto legge n. 112 del 25 giugno scorso (convertito successivamente nella legge n. 133 del 6 agosto 2008) che, rispetto a quanto già previsto dal D.Lgs. 66/2003, che limitava ai soli contratti collettivi nazionali di lavoro la possibilità di derogare alla disciplina del riposo giornaliero, ha esteso tale possibilità anche ai contratti collettivi aziendali subordinandola però all’assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali.

Sulla base del coordinamento temporale tra queste due diverse norme di legge, possiamo ritenere che quanto definito dal Ccnl non può essere considerata applicazione di quanto ora previsto dalla nuova disposizione di legge; di conseguenza, si può ritenere che eventuali accordi aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono intervenire sulla materia stabilendo ulteriori e diverse ipotesi derogatorie al riposo giornaliero rispetto a quanto definito dal Ccnl.

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6. REPERIBILITA’

Anche con riferimento a questo istituto, una novità introdotta dall’accordo di rinnovo attiene alla definizione della deroga al riposo minimo giornaliero; nello specifico si è stabilito che per i lavoratori che prestano la loro opera in regime di reperibilità, deve essere garantito, in ogni caso, un riposo giornaliero consecutivo di 8 ore ed una protezione appropriata20.

In proposito, occorre però sottolineare che, con la modifica introdotta dal Decreto legge n. 112 del 25 giugno scorso (convertito successivamente nella legge n. 133 del 6 agosto 2008) che ha aggiunto all’art. 7 del D.Lgs. 66/2003, quale eccezione generale al riposo consecutivo di 11 ore ogni 24 ore, i regimi di reperibilità 21, è ora prevista una fattispecie concorrente a quella definita dal Ccnl che consiste nella possibilità di computare il riposo giornaliero di 11 ore anche attraverso la sommatoria di parti di riposo tra periodi di lavoro effettuati durante la reperibilità.

In ogni caso, in virtù delle osservazioni svolte nel paragrafo precedente, gli accordi aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono ora individuare le più opportune modalità di fruizione del riposo giornaliero.

Per quanto riguarda le altre modifiche apportate dall’accordo di rinnovo all’istituto della reperibilità, si segnala la previsione di una procedura di informazione sindacale nel caso di adozione dell’istituto della reperibilità; in particolare, l’azienda dovrà informare preventivamente la R.s.u., nel corso di un apposito incontro, circa le modalità con cui intende applicare l'istituto (quale tipologia di turnazione si intende adottare, quante ore devono essere coperte dalla reperibilità, se sono coinvolti i sabati e le domeniche, ecc.), il numero dei lavoratori coinvolti e le loro professionalità.

Nell’incontro da svolgersi a consuntivo, con periodicità annuale, le parti aziendali verificheranno l'applicazione dell’istituto sulla base delle informazioni fornite dall’azienda che dovranno riguardare, tra l'altro, la quantità di interventi effettuati, la loro durata e l'eventuale concentrazione degli interventi in alcuni periodi dell'anno, del mese o della settimana, i casi che hanno dato luogo all'utilizzo della deroga al riposo minimo giornaliero.

Infine, con riferimento alla possibilità per il lavoratore di essere escluso dai turni di reperibilità in caso di giustificato motivo, il lavoratore potrà richiedere un incontro con la Direzione per spiegare le proprie ragioni (che possono essere anche di carattere temporaneo o riguardare solo particolari periodi dell'anno o alcuni giorni della settimana), anche eventualmente assistito da un componente della R.s.u..

7. ALTRI ISTITUTI

7.1. CAMPO DI APPLICAZIONE DEL CCNL

In fase di stesura del testo contrattuale, le tipologie di “attività” in base alle quali viene individuata la sfera di influenza del contratto (in particolare quelle di cui alla lettera C), sono state arricchite del riferimento a

“ricerca, progettazione e sviluppo”.

20 Sulla scorta delle esperienze già maturate, le misure di protezione appropriata possono riguardare, ad esempio, il riconoscimento di un riposo giornaliero di durata superiore al minimo di legge nei giorni o nella settimana successiva al riposo ridotto di 8 ore; lo slittamento della ripresa della normale prestazione di lavoro del giorno successivo soprattutto per le ipotesi in cui gli interventi effettuati durante la reperibilità siano stati svolti dopo le ore 24;

l'esenzione dall'inserimento in turni di reperibilità nella settimana successiva al riposo di 8 ore.

21 L’art. 7 del D.Lgs. 66/2003, risulta ora così riformulato: “Ferma restando la durata normale dell’orario di lavoro settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità”.

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7.1. CLAUSOLA DI NON ASSORBIBILITÀ

Un’apposita clausola, che in fase di stesura del testo contrattuale è stata posta in calce alla tabella dei minimi contrattuali, prevede che gli aumenti dei minimi tabellari, derivanti dall’accordo di rinnovo del Ccnl, possono assorbire i superminimi individuali o collettivi erogati in sede aziendale laddove qualificati espressamente come assorbibili ovvero riconosciuti a titolo di anticipo sui futuri aumenti contrattuali.

8. CHIARIMENTI

8.1. PREAVVISOAPPRENDISTI

In merito ai termini di preavviso da rispettare in caso di recesso dal contratto di apprendistato22, vale la pena precisare che occorre far riferimento alle nuove misure definite dal Ccnl (incrementate rispetto al passato soprattutto per quanto riguarda le professionalità operaie). I termini di preavviso applicabili devono essere individuati in base alla categoria di inquadramento in cui si trova l’apprendista al momento della comunicazione; tuttavia, nel caso di recesso al termine del periodo di apprendistato, suggeriamo in via cautelativa di far riferimento ai termini di preavviso previsti per la categoria di destinazione dell’apprendista.

8.2. FERIE AGGIUNTIVE

Riguardo alla disciplina delle ferie aggiuntive, oltre le quattro settimane (pari ad un giorno in più di ferie dopo 10 anni di anzianità di servizio e una settimana in più di ferie dopo 18 anni di servizio), è opportuno sottolineare, che, in base alla nuova formulazione adottata per individuare i giorni lavorativi corrispondenti, ora direttamente fissati in 5 o 6 giorni lavorativi, a seconda che la distribuzione del normale orario di lavoro settimanale del singolo lavoratore sia, rispettivamente, su 5 o 6 giorni, per chi ha l’orario di lavoro normale settimanale distribuito su 5 giorni, ogni giorno di ferie aggiuntive, maturabili secondo le nuove disposizioni contrattuali, è pari ad 8 ore.

22 Come è noto, il contratto di apprendistato non cessa automaticamente alla scadenza della durata fissata ma per poterlo estinguere ed evitare che si trasformi in un normale rapporto di lavoro, è necessario esercitare il diritto di recesso dando preavviso nei termini e nei modi stabiliti dalle norme contrattuali. Cfr., in proposito, il quarto comma dell’art. 49, lett. c), del D.Lgs. 276/2003, che prevede espressamente la “possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 del codice civile”. Allo stesso tempo, alla lett. e), è confermato il divieto al datore di lavoro di licenziare l’apprendista durante il periodo di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo

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