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Come valorizzare l arte nel contesto dell annuncio del vangelo? Esperienze pastorali e riflessione catechetica.

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Academic year: 2022

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Come valorizzare l’arte nel contesto dell’annuncio del vangelo?

Esperienze pastorali e riflessione catechetica.

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UN TRIPLICE SGUARDO: ETICO, ESTETICO, EVANGELICO

(4)

A). Uno sguardo etico: l’incontro con l’opera d’arte ci permette di rileggere la nostra vita.

STARE DAVANTI ALL’OPERA

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“Cosa vediamo? Cosa sentiamo?

L’incontro con questa opera evoca qualche nostro vissuto personale?”

(spazio personale autobiografico)

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B). Un secondo sguardo, che chiamiamo estetico, dedica attenzione alla tecnica, allo stile etc ...

PORSI DIETRO E DENTRO L’OPERA

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“Cosa possiamo comprendere?”

(approfondimento storico-artistico, iconografico ed iconologico)

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C). Un terzo sguardo è quello evangelico, e cerca di cogliere la “bella notizia”

che l’opera può rivolgerci a livello di fede PORSI OLTRE L’OPERA

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“Questa opera ci comunica

una Parola di Vangelo/Buona Notizia?”

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Può accadere così di essere raggiunti dai riflessi di quella luce evangelica che è impastata

nei colori e nelle forme di un’opera,

nei personaggi, negli ambienti, negli oggetti, nelle sue luci e nelle sue ombre …

(11)

Infine è essenziale

TORNARE DAVANTI ALL’OPERA

concludendo ogni esperienza in modo contemplativo, chiedendoci:

“Cosa resta in noi, cosa portiamo via dall’incontro con la bellezza artistica?”.

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Allenarsi all’arte della contemplazione.

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Criteri per avviare buone pratiche di annuncio «nell’arte».

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Una buona pratica di annuncio con l’arte è sempre incarnata perché intuisce e riconosce

quali opere e quali pagine di Vangelo possono diventare più eloquenti,

cioè più significative e gustose in riferimento

all’esperienza di vita delle persone coinvolte.

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Una buona pratica è sempre pasquale perché fa risorgere l’umano,

riattivando i sensi e le emozioni, contro l’anestesia e la sclerocardìa,

onorando l’unità della persona, facendo riscoprire il gusto del bello

anche a chi, forse,

non cerca più un senso.

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Una buona pratica è sempre pentecostale perché si caratterizza per un lavoro

orchestrale, mai da solisti, nella condivisione dei saperi e delle competenze umane …

aprendosi sempre ad ulteriori confronti.

(18)

Una buona pratica

ha un orientamento profetico,

cioè si lascia provocare dalla parola dell’arte per rileggere la parola della vita

e si lascia provocare dalla parola della vita

per rileggere

la parola dell’arte.

(19)

Una buona pratica ridona la parola all’opera, agli autori che stanno alla sua origine

e ai destinatari di ieri e di oggi…

per scrivere ancora nuovi commenti sulle pagine bianche

che restano disponibili per i destinatari di domani.

(20)

Una buona pratica rende le persone compagne di viaggio le une delle altre,

accettando il limite

di non sapere tutto e di non potere dire tutto, né dell’opera né di chi la guarda;

così, nell’incontro,

ci si lascia evangelizzare dall’arte e dagli altri.

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Una buona pratica non è finalizzata

a produrre qualcosa, ma ha senso in sé per celebrare la vita,

proprio come fa l’arte e come fa la liturgia.

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Una buona pratica è apocalittica, perché fa intravedere in anticipo

ciò che non è ancora compiuto, e promette qualcosa

che in modo misteriosamente consolante avverrà.

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Chi opera in questo ambito deve coltivare quattro competenze fondamentali.

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La prima è, ovviamente, la competenza umana:

un secondo annuncio richiede sempre annunciatori capaci innanzitutto

di sospendere il giudizio, perché

“il potere dell’arte è il potere della sorpresa, che disorienta…” (Simon Schama)

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Poi, certamente, è necessaria anche la competenza artistica:

chi opera in questo ambito deve essere non solo un appassionato ma anche

un conoscitore dell’arte.

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Una terza competenza è quella teologica:

per interpretare e rendere ragione del messaggio di fede racchiuso nell’arte

per gli adulti del nostro tempo, per fare memoria, per suscitare il dibattito, e per favorire una

riappropriazione delle fede intelligente e gustosa.

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Da ultimo, serve una competenza catechistica, capace di conoscere e gestire i processi

formativi degli adulti, le fasi di un incontro, l’attenzione al contenuto/procedura/clima

eccetera.

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La prima riguarda la cura nella scelta delle opere da valorizzare nel campo dell’annuncio.

(31)

La seconda nota riguarda

le rappresentazioni religiose degli adulti.

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La terza nota consiste nel suggerimento di valorizzare non solo opere che rappresentano, ma anche opere che fanno vivere un’esperienza.

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La quarta nota suggerisce un atteggiamento di sano iconoclasmo nei confronti di qualsiasi fascino idolatrico, collegato all’impiego dell’arte

nell’ambito dell’annuncio.

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Quinto: in tempi in cui si cercano spesso e volentieri visioni straordinarie, proponiamo di «accontentarci»

di visioni della bellezza rappresentata in forme e segni percepibili agli occhi.

Se è vero che l’essenziale è invisibile agli occhi, è altrettanto vero che la bellezza artistica ci aiuta

a sporgerci più in là del visibile.

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Da ultimo, ribadiamo che un annuncio con l’arte può educare davvero il nostro occhio

a diventare “chiaro/buono”! (cfr. Mt 6,22)

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Di qui, ci auguriamo che possa nascere uno sguardo nuovo non solo sulle immagini, ma soprattutto

sull’immagine di Dio per eccellenza che è l’uomo!

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Non si tratta dunque solo di un annuncio di fede, ma prima ancora di una preziosissima educazione alla meraviglia, convinti che …

“da questo scaturisce l’educazione all’ascolto, all’apertura verso una dimensione che ci supera, la dimensione dell’altro, fino all’estremo Altro”.

(P. Petraroia).

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