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mi necessari altidentificazione del divino, il sacro inizia a ritirarsi per fare spazio agli umani. Ma sarebbe fatale, per noi,

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(1)

Esistere,per noi,esigequel«resistere»chee iltrovarsi di fronte

un

altro,sperimentare la tensione e

anche

il conflitto che ralterit&,a sua volta consistente e resistente,

comporta.

Giobbe,

per la filosofaspagnola,b la figuradelTesistente in

quanto

resistc a

Dio

e Io fa nel

modo

piu

umano: ponendo domande, chiedcndo

ragione.

Appunto

quello

che l’uomo contemporaneo non

fa di fronte alia storia,

che pure

tratta

come una

divinity.

Non

lo fa,

perch£

questo

implicherebbe alTuomo

stesso diconfessarsi,diricordarc,dichicdere con- toa se stesso del

suo modo

distareal

mondo.

Fincheresta in

questa

condizionc non

di resistenza,

ma

di rcticcnza,egli

non giunge

alia sua liberazione perch<$

non

ritrova il senso del proprio limitc c delproprio luogo,

non

sa abitarc lospa- zio della relazione senza distruggerlo

o

senza pretendere di

invaderloe occuparlo interamente.

Dalpuntodi vista

umano

liberarsi significa ridursi:guadagnare spazio,lo «spazio vitale»,pienoacausa dciraccrescimentodel propriocssere.

Uno

traglieffettidella«deificazione» blapresa

dipossessodiunospaziomaggiorediquellodicuipossiamoef- fettivamentc impadronirci;

debordando

dai limitidelTumano;

delquale b

norma

e modcllola limitazioneimpostaci dall'avc- reuncorpoe dallostarcidentro.LimitareI'umano

comported,

inevitabilmcnte.lasciarespazioaldivino,inquellaformaincui diventapossibilecheil divinosi introduce nell’animoc appaia

come

presenza canche

come

assenzachecidivora.

La

deilica- zionechetrascinaconforzalalimitazione

umana

- Tincapacit&

dicssere Dio -favorisce, fa in

modo

che il divinosiconfiguri

come

idolo insaziabile,attraversoil quale

Tuomo

- senza sa- perlo -

consuma

la propria vita;distrugge da sololasua esi- stenza. Dinanzi aldivino «vero»

Tuomo

si trattiene,spera,in-

daga,ragiona.Dinanzialdivinoestrattodallasua stessa sostan- za,restainerme. Perch£ b Timpotenzadi essere

Dio

chegli si

presentaerappresenta,oggettivata sottoun

nome

che designa unicamentclarealtyche

non puo

eludere

(HD,

24-25,18-19).

In queste parole

sono

riunite alcune indicazioni antropo- logiche essenziali.AlTinizio della storia gli esscri

umani

si

sentono

sotto la

potenza

di

un

sacroche b totalmcntepieno, ubiquo,

padrone

ditutto lospazioe di tutte lecose. Poi,

con

lanascita deglidei.ossia delle

prime immagini

e deiprimino-

mi

necessari alTidentificazione del divino,ilsacro iniziaari- tirarsiperfarespazioagli

umani. Ma sarebbe

fatale,per noi, lasostituzione

mimetica

che tendc a farci

occupare

il posto inizialmcnte

occupato

dal sacro.

Per

esistere

umanamentc abbiamo bisogno

di spazio,

per6

nelnostro limite,in

modo

che possiamo

respirare,muoverei,incontrare.

La

vera«ridu- zione»

non

b tantoquelladi

una

tccnicaepistemologica,co-

me

nclla

fenomenologia

di Husserl,

che

chiede al soggetto conoscitivo diridurre

o mettcrc

in parentesi il proprio giu- dizio sulTessere dei

fenomeni

c su tutti gli aspetti inessen- zialidelreale, in

modo da

coglicre ilsignificatoessenzialcdi ogni

fenomeno. La

vera riduzionc b quellapercui imparia-

mo

a stareal

mondo

evitandodi invadere,diaccumularc,di

occupare

ognialterita che la realtyci presenti.

Se

lavita del singolo c

anche

quella di un’intcra civile

inseguono

la pro- pria crcscita

o

lo «sviluppo»

come un

fine in sb si

disuma-

nizzano.

La

liberazione sta nel «ridursi»: fare spazio, aver cura dcITapertura a ci6

che

b altro,svincolarsi dalle sedu- zioni diogni

forma

di espansionismo.

Superare

il proprio limite

umano

significadelirare,con-

durre il proprio essereoltre la sua natura, attestata e costi- tuita per ciascuno anzitutto dal corpo.

Questo

senso del li-

mitee delTincarnazione

non

va inteso

come

lariconduzione della

persona

a

una dimensione

conchiusa estatica,giacche

la

persona

stessa resta

un

divenire,

un

viaggio, liberty e tra-

scendenza.

Va

inteso invece

come comprensione

di questa trascendenza nel suo essere radicata e incarnata e,nel con-

tempo.

nelTessere

sempre

inrelazione

con

Taltro

da

s£.

Do-

ve Talterita essenzialc del soggetto

umano,

sia

un

individuo

o Tumanita

intera, b ildivino.Il quale, finch6

rimane

avvolto nell’ambiguita, e insieme potenza,

fondamento,

origine, va- lore.destino,volonta, ordinc,sovrano,interlocutorc,fonte di oppressione ediliberazione.

La

filosofa

spagnola

anticipa qui la differenza di fondo,

che non dipende dalTumore

della divinita,

ma

dal fatto di essere alle prese

con

un’entit&

suprema che

e

pura

proie- zione e

invenzione

del nostro delirio,

o

al contrario b pre- senza reale del

Dio

sconosciuto. L’entita fittizia toglie spa- zioe agisce

come un

«idolo insaziabile»

che

saperseguitarc facendosi presente

o

sottraendosi anoi. II

Dio

viventeinve-

(2)

ce, quello vcro,ci lascia lo spazio grazie al quale

possiamo

stare in relazione, sperarc, ragionare,

domandare,

ricercare.

Zambrano condensa

la descrizione del

movimento

dcllalie- nazione religiosa gia diagnosticata ncllo sviluppodella filo- sofia

da Hegel

a

Feuerbach

sino a

Marx. Ma

ilprofiledcll'a- lienazione che neaffiora6 solo in parte

analogo

aquello di-

segnato

da

questi autori. II termine «alienazione»

-

che ha

origini giuridiche.e intalcaso designa lavendita di

un

bene, e teologiche, in

rapporto

al

movimento

dell’uscita

da

s6 di

Dio

perfarsi

uomo -

viene usatoinquesta tradizione,inpar- ticolare

da Feuerbach,

per

determinare

quella sorta di au- toespropriazione inconscia per cui attribuiamo a

un'imma-

ginaria identity divina cio

che

c

propriamente umano.

Tale perdita del

senso

di se a favorc della trascendenza di Dio.

credutareale,£ labaseideologica,

secondo Marx, anche

del- Falienazione economico-sociale checostringela

maggioran-

za dell'umanita a sopravvivere in

condizione

di schiavitu.

Per

uscire daH’alienazione gli

uomini dovrebbero

anzitutto riappropriarsidicidche

hanno

proiettatofuori di se stessi.

II delirio dicuiparlalafilosofa spagnola e«alienazione»

nelsenso della perdita del proprio se,

ma non

va inteso co-

me

la cessione di

una

proprieta

da

riconquistare. Anzi,nel riassorbimento del divino

nell’umano

lei

vede

quella dcifi-

cazione alienante di noi stessi che ci porta a invadere ogni spazio,

negando

la relazione

con

il

Dio

sconosciutoe sosti-

tuendovi

idoli oppressiveSi

puo

cosl

misurare

la distanza che separa l'antropologiadell'autoproduzione del soggetto

da

un’antropologia della relazione.Nella

prima

l’alicnazio- ne equivalea

produrre

1’altro

da

sesenza sapere cheprovie- ne

da

noi e

giungendo

a scambiarlo per

una potenza

estra- nea;la disalienazione sta nel riportarc questa altcrita alia nostra identity. Nella

seconda

concezione,invecc, 1'aliena- zione interviene li

dove

la relazione 6 oscurata:

o quando

il

sacro6 tutto e noine

siamo

perseguitati,

o quando l'uomo

si

deifica

annullando

I'esistenza reale dcll'Altro.

La potenza

estranea che

sentiamo

sovrastantee assoluta &,in effetti,la

rappresentazionc rovesciata della nostra

impotenza. Zam-

brano mette chiaramente

in luce,a

mio

parere,che

potenza

e

impotenza

si rincorrono in

una

stessa dialettica di neutra- lizzazione della liberty Quest’ultima, in

forma

di liberazio-

ne,

compare

nel «ridursi»,

scoprendo contemporaneamente

il limite del nostroesscre,lospazioper esistcrc e

anche un Dio

dinanzi al

quale

ci si

pu6

intrattenerc.

Quelle che

in questo stare dinanzi rcciprocosi «resistono»

non sono due

potenze,ne

due

impotenze,

ma due

liberta.

La

scoperta del limite,dellospazio cdcll’altro,

evento

di

«riduzione» liberante.divieneautocoscienza

con

la ricostru- zione dellastoria vissuta. Ripercorrere

con

coscienzacritica

il

cammino compiuto

serve a riumanizzare la storia,questa volta evitandodi dcificare

l'uomo o

la storia stessa.

Questa

da idolo

puo

tornarea essere

Tenigma

delnostrodivenireri-

schioso,segnatodalla tragedia,

ma non

necessariamentevo- tato alfallimento.

«Non

£ del tuttosventuratocolui che

puo

raccontare a se stesso la sua propriastoria»

(HD

25, 19).

Proprio il raccontare

evoca

tresuoi

compagni, nominati

nel

prologo

alia

seconda

edizionediEl

hombre y

lodivino,scrit- to nel 1973: lavisione,la scrittura e il tempo.

La

visione pie- na, partecipativa. quella tipicadelvederelecosedaldi

den-

tro in

«uno sguardo che

unifica»

(HD,

12,6) e

permette

al

soggetto e aH'«oggetto» la

conoscenza

reciproca,si

da

solo nel desiderio.Proprio ilfatto che

non

sirealizzi quasi

mai

ci lascia il

compito

di narrare, scrivendo, cio che intanto pos-

siamo

riconoscere:«bisogna scriverequello

che

per ora ve-

diamo, dove

entra inevitabilmente il

pensare» (HD,

12,6).

La

scritturat

un

darea

vedere

ci6chesie datoa vedere.

Ma

e

anche un

accettareilterzo

compagno.

Il

tempo,

infatti,

non

ci lascia. anzi ci sostiene (cfr.

HD,

13, 7). Il

tempo «media»

tranoie la

morte

nelsensospccifico che siinterpone tenen- dola a distanza e solo

quando

essosi

consuma

del tutto la

morte

si fa presente.

Lo

scrivere asua volta e

un andare

in- controa questo prezioso

mediatorc

accettando il presente,

la

forma

incui1'immensit^del

tempo

si riduce per potercs-

sere ricevutada noi.

E

I'accettazionctramite lascrittura as- somiglia a

un

rito,a un’invocazione, £ il nostro

dono:

scri-

vendo,ci

impegniamo

a «farequalcosa di vero»

(HD,

14,8).

Queste

tracce, lasciate a

segnare un cammino

ancora

da

delineare

con

chiarezza,intanto

confcrmano

che la lettura

zambraniana

della storia t tutt’uno

con

la riflessione

meta-

fisica. L'autrice sviluppa in

un grande

affresco la sua rico- struzione delle fasie dei

movimenti

essenzialidell’evoluzio- 42

(3)

ne

dell'esperienza

umana

delsacro.In principio

l’uomo

spe-

rimenta

ilsacroassoluto:un’entitacheh tutto e

ha

tutto.L’u- nica

anomalia

e proprio I’uomo,che sente,al

tempo

stesso,

di

appartcncre

al sacroe di essere estraneo.

La

percezione

della propriacstrancita lofa sentire destinatoaliapersecu- zionc,«meritevole»disventura.Inveceilsacro, l’Origine,eil

proprietario unicodella realty. II

senso

della propriety

ha

quindi

una

radice religiosae il dupliceriferimento.

da un

la-

to,alsacroe/oaldivino e,dall'altro,alproprioealpossede- re

fonda

le

coordinate

di

una

cultura. In tale

condizione l’uomo non

riconosce larealtyelaverity,

non

ragionaneve- de. Delira.

un

deliriodi persecuzione quelloche gli uo- mini patiscono»

(HD,

29, 23).IIsacroproprietario ha poten- za

ubiqua

e interviene in ogni aspetto della vita,facendoci pagareil prezzodella nostraestraneity.In

una

simile condi- zione

non abbiamo,

propriamente, alcuna visione delle cose,

vaghiamo

nellacecity.

Dell’uomo sottomesso

alsacroe det- to:

«non

& la realtyche gli

manca, ma

£ lavisione.

La

sua ne- cessity

immediata

& vedere»

(HD,

31, 25). Ci

sentiamo

guar- dati senza potervedere a nostra volta.

Lo sguardo

delsacro su di noi

non

illumina,piuttostoci

consegna

all’ombra. Fin- ch6 si trova a vivere cosi,

Luomo non

sa

neppure

se £ perse- guitato

o

se perseguita;

non

ci

sono

identity definite.

Tanto

che

anche

l’identity

umana

& oscura.

L’appariresulla scenastoricadegli d£i& il

primo

passo,la

prima

identificazione del persecutorc.

La

loroapparizione

sembra

rispondere all’esigenza

umana

di avere un’alterity che,per

quanto

assoluta,possa

anche

rappresentare un inter- locutore,

qualcuno con

cuisia possibilcvenire a patti.

Tanto

il

trovarsi presi in

una

condizione tragica insupcrabile,

quanto

latendenza asperare

dcvono

poter avere

un

terminedicon- fronto,un’entity

o una

causacui appellarsi. Intollerabile e la

solitudinecosmica.

E

infatti

«l’uomo deve

essere

molto

avan-

ti nell’etydella ragione peraccettare il

vuoto

e il silcnzio in-

tomo

a s

(HD,

35, 29). D'altro canto il desideriodi

comu-

nionee direlazione

con

ilsensodellanostracondizione

non

e privo di

una

sua intenzionalitadi verita.Gli dei

possono

essere stati inventati,

ma non

«quel

fondo

ultimo dellareal- ta»

(HD,

34,28)

che

solo a

poco

a

poco

e tramilleequivoci sarascoperto

come

l’Altroradicale dell'esistenza

umana.

Con

1'apparizione degli dei sorge

comunquc

lapossibili- ty di sperare nell’eventualita che la loro

potcnza

sia beni- gna.Il

culmine

diquesta spcranza,

come

per ogni spcranza, sta in

una

realizzazionc concreta:

Paver luogo

di

un

patto tra la divinity e noi.

Con un accadimento

del

genere una

culturapcrvicnealsuo

punto

diequilibrio e di stability.

Ep- pure

proprio qui

pu6

insinuarsi

una

ripresadel delirioe la

spcranzatrapassarein esaltazione.

L’uomo

che

conclude un

patto

con

gli d£i

o con Dio

sisente vittorioso. Scrive I’autri- cc: «nclla lotta

con

gli dei,

1'uomo

interpreta la

pace come

vittoria.

E

per questo cheglid£i

torneranno

a perseguitarIo»

(HD,

31,25).

Da quanto

leiosserva viene

da pensare come

in

questa esperienzacollettivasi radichirinclinazione,cosisto- ricamcnte ricorrente,a intendere la pace

come

fosse la pro- priavittoria:

una pace

impcrialista,dominativa,che

non

dis- inncscalaviolcnza n 6 rimargina leferite,poich6anzi prepa- ra

nuove

guerre. Infatti,

sccondo

tale mentality,

pace pud

darsisolo

con

la sconfitta dell’altro.

Se

laversione delirantc delrapporto

con

un sacro disam- biguatoe identificatoin

una

spccifica divinityi quelladichi abbraccialalogica dellavittoria (vittoriagrazie a

un Dio che

diventa Signoredeglieserciti,il

Dio

chc stadalla nostra par-

te,

ma anche

vittoria su

Dio

stesso), la versione risanata, realmente

umanizzata.d

quella del dialogo,

anche

sc percor- so dalla tensione del conflitto.

Giy Tapparizione

degli d£i schiudelapossibility,pergli

umani,

di

domandare

edi inda- gare.Facosi lasua

comparsa

quelloche

Zambrano

definisce

«ci6

che

y piu

umano

dell’uomo, il

domandare,

il divenire

problema

delle cose»

(HD,

36, 30).

La domanda

in se

non

&

l’essenziale;

semmai

lo& I’espressione della coscienza,lacui

emersione

£ intesa

da Zambrano come uno

strappo,

una

la-

cerazione dell’essere personale ancora

compatto ma

ignaro e

immediato.

Identificare I’Altrodivino significa poter en- trare in dialogo e

anche

in

un

conflitto consapevole:questa possibility e giyespressionedel fatto che e sorta lacoscien- za

umana. £

importante,ariguardo,sottolineareche il lungo processodigestazionedella coscienzastessa consistenell'e- laborazione delLangoscia.

Quesfultima

&cosiintimaalpen- siero

umano

pcrchc la

accompagna da sempre.

Riferendosi aliacoscienzaTautricescrive:

«questo

strappo [desgajamien-

(4)

to] dell’anima,

questa

perdita dell’innocenza in cui sorge

Fatteggiamento

cosciente,

non

e altro

chc

la formazione,la

concrezione di

una

lungaangoscia,di qucstodelirio di per- secuzione»

(HD,

37, 31).

Una

tcsi simile

spicgherebbe

per- ch6 il nostro pensicroe cosi portato ad alimcntarsi dell’an- goscia stcssae

ad

assumerla

come suo

orizzontestrutturale.

E anche

pcrche,se vuolefarsipensierocritico,

dcve

giunge- realdistacco

da

questa fonte

emotiva

egiungcrc a

un

altro

sguardo

sul reale. In ognicaso, a differenza di

quanto

affer-

mava

Hegel, per la filosofa

spagnola

il

primo

conflitto che

opera come paradigma

di

umanizzazione non

bquellotragli

uomini, che porterbalia dicotomia traservoepadrone, ben-

siquello tragli

uomini

cgli dbi. Si rovesciacosll’ottica

mar-

xiana,per la

quale

la struttura

economica, con

lc sue con- traddizioni, era la sorgente diogni conflittuality; per

Zam-

brano

ogni

vero

conflitto,

anche

se si dispiega sul terreno

economico o

politico,

ha

radici spirituali

ed

b

una

rappre- sentazionestoricaconcretadelconflitto tra

l’uomo

e l'Asso- luto.

Da

questo

punto

divista lalettura della filosofia hege- liana

pu6

arrivare a riconsiderare lecoseentro

un

orizzonte diverso

da

quello tradizionale:la figura dellacoscienzainfe- lice,10in cui

l'uomo

si sente nulla di contro a

un Dio

che b tutto,

non

b soltanto

una tappa

del

cammino

dello Spirito nella storia.come

appare

dal testo della

Fenomenologia

del- lo spirito.

E

piuttostoilsortilegio

permanente da

cui

non

sic liberato

neppure

Hegel,

con

il

suo

tentativo di risolvere il

dissidio divinizzandolastoria stcssa.

L’arma

principalcdi cuigli

umani imparano

a faruso,al-

meno

per pareggiarc

o

patteggiare

con

glidei,

o comunque

per limitarc i danni, b ilsacrificio.

Questo

siconfigura

come

la rinuncia a qualcosa perchbci sia

un

resto che toccafinal-

mente

di diritto

alTuomo.

II sacrificiob

uno scambio

utilita- rio incui il

guadagno

pernoib,anzitutto.lospazio dicsiste- re, la solitudine

non come isolamento cosmico ma come

li-

10 PerHegel lacondizionedellacoscienzainfeliee rimaneilpungolo

piiifortea«convertirePinfeliciti inunafelicitapiugrandedituttelc fclici- t&»(J.Wahl.Lamalheur delaconscience danslaphilosophiedeHegel.Puf, Paris1951. trad.it.diF.Occhetto.Lacoscienzainfelieenella filosofia diHe-

gel.Latcrza.Bari 1994,p. 25).

berty.

La

conquistadello spazio &

un

passaggio

fondamenta-

le per lacostruzionedelFidentit&

umana.

Si

rompe

per que- sta via quellapienezza

onnicomprensiva

e sacrachc lasciava la nostra

condizione

in

una

desolante e oscura estraneity.

L’uomo pub

avere

uno

spaziosuo:intal

modo

intantodiven-

ta.seppurenel

pococ

nellaprecarieta.proprietarioa suavol- ta,

capace

disostencrc rapporti contrattuali

con

il

Padrone

dell’essere.

Ma

questo.del resto,

non

b

neppure

l'aspetto pib

importante.

Mentre

nella

precomprensionc

della mentality

moderna

efacilelcggere nel sacrificio

uno scambio

ulilitario,

risolvendone l'esscnza in questo,

Zambrano

insiste sul falto che 1’attosacrificalcbsi

uno

scambio,tuttavia finalizzato

non

tanto a

un

possesso,

quanto

a un'apparizione.

La

divinity,per definizione,

non

silascia vedere. L'essere

umano,

tramite il

sacrificio,chiede einvoca

almeno un

istantedirivelazione in cui lapresenza del divinosi manifesti.

La

tensionc vitaledel desiderio

umano punta

a

una

qualchevisibility dell'invisibi- le,vuoleche cioche eancora oscuro

venga

alia luce,proprio

come

accade nella nascita biologica

con

Tuscita dal

grembo matemo. Ma

nelcaso del divino, degli dei

o

di

Dio

l'appari- zione

non

portaa

una

condivisionedellastessacondizione;b sufficiente che

conduca

a

una

rivelazione

per

cui sperare, pregare,

amare F

Altroinvisibile

possano

averesenso.

L'amo-

re chiede al divino,

temuto

e desiderato,

questo avvento

istantaneo nelFordinedi realty

che

epropriodella condizio-

nc umana. «L’amore

e sorto in tutta la sua forza di frontc a ci6che

non

si lascia

vedere» (HD,

40, 34). Per

comprenderc

questodesideriodi rivelazione per cui il divino possa entra- re nelfinitob necessarioconsidcrarc il

tempo

specifico della rivelazione:l'istante.

Questo

va inteso

non come frammento elementarc

del

tempo comunementc

conosciuloesperimen-

tato,

ma come

schiudersi di un’altra quality del tempo.

L’istante. I’unity qualitativa del

tempo

- poichtf questo b Fi- stante-,b caratterizzato dal fattodinon consumarcquasi nul-

la.osoltanto il

minimo

del

tempo

succcssivo,incui si

pub

mi- surare.

O

piuttosto,graziealiasuaqualitystraordinaria -sopra

illivellodell’umano- persfuggirealiaquantity,al

tempo

chcsi

misura.

Un

istante pubessereun secondodei nostriveloci oro- logi, e

pub

essere,deveesserestato,molteore eperfinogiomi

47

(5)

c notti del

tempo

solare.[...]Questo£1'istante:un

tempo

incui

il

tempo

sie annullato,incuisibannullatoilsuotrascorrere.il

suo passoeche pertantopossiamomisuraresoloesternamente e

quando

e giy trascorso attraverso lasua assenza. L’istante non potrebbe apparircsenon fosselamanifestazionedeldivi- no;qualcosa che cancella l'immcdiatezza, quale che sia.e fa sorgercnclsuovuolounarcaltadiversainquality

(HD,

41,35).

11

tempo non

solomedia, proteggendoci,tranoie la

mor-

te.

Paradossalmente proprio

nel

tempo divenuto

istante della rivclazione divina

possono

darsi un’intensita e

una

di- latazionc straordinaria della durata in cui fa irruzione, nel nostro prcscnte, il farsi prescnte del divino.

La

qualita del

tempo,

ncU'istante, b

generata

dall'identity divina

che

si

mostra

e si offre liberando Tessere

umano

dallasua condi- zione assurda di

abbandono senza

esperienza alcuna del- TOrigine.

Ci6

fa pensare che il

tempo

sia intessuto di

tempi

diversi,

che possono mantencrsi

separati

ma

anche, in

un

evento,confluire in

una

eccczionale unita.

Non

btanto fav- venire che si

ferma

ad aspettare il presente;piuttostob

un

altro presentc

che

dilata,senzadistruzioni (ristante sa

«non consumare

quasi nulla»), il presente che giy

conosciamo

e abitiamo.Allora il

tempo

media,oltre che

con

la morte,

con

il divino.

E

si

pub

direche 11

dove

1’angoscia,

sentendo

Pin-

combere

del sacro

teme

la morte.gra/ie all’inedita fiducia che

possiamo apprendere

nelfistante della rivelazione sco-

priamo

ildivino inluogodella

morte

stessa.Tuttavia, piuche

la fiducia in chi si rivela.qui vienesuscitata la possibility di affrontarc

con

fiducia la propria condizione terrestre.

La

ri-

velazionc del divino conferisce

indipendenza

al soggetto

umano,

per

quanto

precaria essa possaessere.

Ouesta

dialettica si sviluppa

esemplarmente

nel

mon- do

greco, in

rapporto

agli dbi e alia «luce

promettente»

(HD.

44, 39)

che

essi lascianobalenarc.

Zambrano vede

nel- lareligionegreca 1'annuncioe ilpreludiodi

una

diversacon- dizione

umana. Non

gia la

compiuta

liberazione,

ma

finizio

di

un cammino

lungoilqualegli esseri

umani sperimcntano

la loroliberta.

Se prcndiamo

inconsiderazionei tratti tipici di quest'orizzonte religioso,colpisce anzitutto la luminosi-

ty.Glidei lascianofiltraresul

mondo una

luce

che da

visibi-

lity alle cose e ai viventi. L’apparizione del divino diventa I’apparizione della luce: b la

fondazione

della possibility di

vedere

c.nel

contempo.

diesserevistisenza essere distrut-

ti. In

fondo

ilterrore del sacro

che

ci scruta senza lasciarci

scampo non

e che Taltra faccia della speranza, del desidc- rio diessere guardati

con amore,

diessere riconosciuti:«al- la fine tutloanela a essere visto»

(HD,

46,41). Nella possi- bility di

discernimcnto donata dalPapparizione

della luce questa speranza trova

un

appiglio nel fatto che la stessa so- stanza del sacro, sentita

un tempo come

assoluta e

ubiqua

picnezza.si articola csi differenziaal

suo intemo

presentan-

do una

plurality. Il politeismo

rappresenta

nel divino

una

plurality

meno

caricaditerroredi

quanto non

accadessc ncl rapporto

con

il sacro.

Al

centro delPuniversodegli dei greci e

anche

alcentrodella percezione

umana non

si

pone

piu la

potenza

in

quanto

talc,

ma

la felicita.

Una

felicita intesaco-

me

la bealitudine

delfimmunity

al dolore.

Ma

nelconfigurarsidiquestadivina bcatiludinesiriaffer-

ma

la differenza ontologica che assegna il dolore alia nostra condizione. 11 patire

umano,

universalmente portato dentro

una

condizione vitale

che

b tragedia,b legato alia distretta percui

ognuno.essendo

uno,si trova

perb

a essereenigmati- co e abitato

da una

moltcplicitydistati,di impulsi,divoci, di

movimenti

spesso contraddittori.

La

tensione

che punta

a dare

forma

alia vita risultacos!

sempre

sconlitta perchd, an- che

quando

siarriva a

una forma

precisa.essabinadeguata e lacerata

da

altre istanze.Inveccgli dbi

possiedono

laloroim-

munity

alia contraddizione, alia sofferenza c all’infelicita proprio grazie al potere della metamorfosi.

Non

c'b

forma

che possafissarli.

Questo

punto,relativo al rapporto tra vita e forma,e cruciale per

comprendere

l’intera fisionomiadel- lafilosofia

zambraniana, ma prima

diapprofondirlo&oppor-

tune

continuare aseguire lasua lettura deirespcrienzadel divino nella grecity. L'ambiguitydi taleesperienzab ricon-

fermata

dal fattoche.se

da un

latoil confronto

con

larealta degli d£iaprepergli

umani uno

spazio

autonomo

di esisten- za.dalPaltro lato tale

rapporto

ci lascia in

una condizione enigmatica anche

per

quanto

riguarda I’origine stessa del

mondo.

Quelli greci

sono

dei

che non colmano

inalcun

mo-

do

la

domanda

sull*origine.Essi

«non hanno

quasialcunare-

(6)

lazione

con

lagenerazione del

mondo» (HD,

48, 43).IIrisul- tato e che lutto losplendore delle divinity

deirOlimpo non

fache preparare pernoi Pespericnzadella solitudinc.

Nel

modo

in cui

Zambrano

nc parla si coglie, anzitutto, che lasolitudine 6,in realta,

un grembo, seppure

dolorosoe insidiatodaldelirio,grazieal quale

possiamo

giungercafon-

damentali apprendimcnti.

In effetti noi

sperimentiamo

di- versesolitudini,che rivclanola loro qualita

anche

sulla base del tipodi rispostache sorgedalsoggctto che vib

immerso.

L’autricc cvidenzia,inparticolare,tre csperienzedisolitudi- ne.

La prima

e quella

dell'uomo che

b solo,

ma

nel

contem- po

b attraversato interiormente

da molte

presenze. Egli

non

riescea unificare tutte leistanze e le vociche loabitano fa-

cendo

ricorso alia liberty. Perch<§,infatti,la libertab

ancora

in gestazione,

non

b un'energia

matura

e pronta.Cos!

Puo-

mo

giunge soloall’unit& del «posseduto»,

quando una

pre-

senza

sovrannaturale

dominante

lo guida e lospinge all’a- zione.

Questa

egia un’esperienzadilibertae tuttavia soltan- to nellacorrente trascinante di

un

delirio. Percio «il

primo momento

dellalibertye

ambiguo, perche Puomo

loraggiun-

ge da

posseduto. Liberta incontrata nello stesso delirio»

(HD,

57, 52).II cultodi

Dioniso

e

Pesempio

diquestacondi- zioneincuiperaltrosirinnovaildeliriodipersecuzione.

Oltre alia solitudine del posseduto, sequestrata e fatta agire

da

entita sovrannaturali,si

danno

altre

due

espcrienze essenziali di solitudinc: quella della poesia e quella della fi-

losofia.L'autrice interpretailsensodella nascita dellafiloso- fia nel

mondo

greco11

ponendola

sistematicamentc in rela- zionealia tradizione poetica.

Gi&

lapoesia,

con

glideiche la

popolavano, aveva

configurato

un nuovo rapporto con

il

mondo, superando

il

puro dominio

del sacro.

Ma

essa

non

compie

questo

cammino,

di cui b solo Pavvio.

La

filosofia lo

prosegue

altrimenti,conil

domandare,mentre

«lapoesiaini- zierii

sempre da una

risposta a

una domanda non

formu!ata»

(HD,

65, 60).

A suo tempo,

nel testo Filosofia

y

poesia,del

1939,Pautrice

aveva

differenziatole

due

prospettive,elesoli-

11 Su! rapportodell’autriccconI’ereditadellafilosofiagrcca cfr.O.

Ad^n.«Laentrafiayelespejo.MariaZambranoy losgriegos»,inC. Revil- la(ed.),Clavesdelarazonpoitica,op.cit..pp. 173-190.

tudinicorrispondenti,indicando nellaposizioncdichi espri-

me pocticamente

il

suo

stareal

mondo

un'adcsioncfedeleal rivelarsi dei fenomeni, della natura, della realty (cfr. FP,13- 26,29-40). 11 visibile,

dunque,

e gia ecccdcntcc

pu6 colmare

lo

sguardo

e

anche

laparoladell'essere

umano. La

poesia b latestimonianzadiquesta adesione. Invcce ilfilosofofa vio- lcnza a se stesso per

non

aderire totalmentc alle rivelazioni del visibile.

Da

queste la filosofia si distacca per cercare la

vcrarealty,lachiaveinvisibile dituttocidchesi mostra.

Non

si accontentadel

fenomeno.cerca Pidca;non

si

ferma

al

ma-

nifestarsi degli esseri,poiche cerca Pcsscre.Cosi

facendo

la filosofia vive della tensione tra

due tcndenze

opposte, che

pcr5 non

siannullano:lostupore elaviolcnza.

Di

quale violenzasi tratta?

Prima

diessere

un

costringe- re lecose

o

laveritaa parlare, e

un

costringersiapartire,blo strappo dalPestasi

che

ilvisibile ci

doncrcbbe

se soloci la-

sciassimo

comprendere

dalla sua rivelazione. Invece, senza violenza,lapoesianarraecantaquell'estasi,suscitatadall'a- desione fedele al reale.

La

solitudine poetica b

dunque

gik

colma

di presenza,e espressione di un'intimita ricevuta e

mantenuta

nella prossimita

con

il

mondo. La

solitudine filo-

sofica e invece

ancora

quella

delPabbandono,

dell’essere

umano abbandonato

a se stesso,

dove pero Pabbandono

£ assunto,questa

volta,come

posizione

autonoma da

cuivicne esercitato il potere di porre

domande, un

potere che

non

si

lasciainibire

da

alcuna autorit&

estema.

Infatti laconosccn- za filosofica,

con

lesue

domande,

b

un movimento

didistac-

co

tantodal sacro

quanto

dagli d£i.

Per portarsi oltre.piCi avanti nel sapere, il filosofo anzi- tuttoarretrae ritornaa

una

sortadi ignoranza primordiale, quella della solitudine propria dell’essere

umano

rimasto

senza immagini

e

presenze

ultraterrene.

Guadagnare

di- stanza vuol dire, per

prima

cosa, fare

un passo

indietro e ascendere significa poterrisalirc a radici piu profonde.

An-

zich6 accontentarsi di quel tantodi sapere che la religione degli d6ie lapoesia

potevano

permettcre,lafilosofiasceglie un'ignoranza che

promette

di essere piu

fcconda

eche vie-

ne

sperimentata

come

il

modo

autentico di giungere final-

mente

alPaltezza

-

quindialia profondit&

-

della verity del- Pessere e dell'origine.

Anche

se. appunto, per giungervi bi- 50

(7)

sogna

entrarc in un-oscurita

da

cui religione e poesia

sem- brano

averliberatogli umani.

Ecco

il paradossale progresso della

conoscenza

filosofica.

progresso

basasuE

H C " a fil

r

fia C

?

SU°

P

ro8resso-se c'e s.ato

-

si

isnoranzfdi

fe

0gm

,

v

1

0,laversolive »>P'uprofondidi

ignoranza, di addenirars, nel luogo delle tencbrc originarie

e

olniimm gm

immagine.

^ f

[...]3,1';

L

1;annua

COmmclando

sie svuolata.da'dimenticare ogniha persoilconlalloidea

™,' mmagm

ifar

?

,iari1-l-

R

Prima anc°ra di una qualche

manda

l'ehh?

0

H

“**•

C’* '3 rivclazioncd^'a s.essa do-

dTm,i: bb ^

qaeslasc

°P

er,a del

domandare

cilgioco

sea aSPCUare ChCaleun

°

f

°

rni-

I ineare'en

m

,

dap

* V °'ta'

Se

C*progresso dclla filosofia.

non

e lineare.cumulative),accrescitivo.II

movimeniodel

saperedc-

ve

com,

nc|are

ogm

vol.a e riuscire a

por.arsi sino a quella

i

P

suo?nJmi

CU1 Saperegia acq u'S'to.conle sue immagini.

i

suo norm

e.suo.concetti,

non pud

resistere.

Che

Pignoran-

de’lla

non

8UenZa,SI a

PP

rofondisca 'ndica

non una

perdita

della conoscenza.

una

ricaduta nel primitivo e nel sacro

m

un camm.no

d. prossimitU

con

I’invisibile.

La

distanza dalle

mitt

con

rid

iT n

a'

PCr a filosofia

>'entativodi prossi-

n

.

cl6chc fonda11

m °ndo

stesso.

E

proprio I’animadi-

drM,

rn“

8n °

ranle,>-nd0tta3scstcssa-Uberatasidel fardello

delE conoscenze

notee

immaginate. scopre cheil suo notere di

o^rd

dare

6

|

!'a

,

CCeSS

°

31

teredi rispondersi.

La

pretesa

*

Po^edere-nella logicalachiave dellontologia.nelconcet- tolachiave dell

ongme, deve

essere

stata suscitata dal piace- Cnmi’

S 3 f

C0P t

rta,’dal

Senlimento

di

potenza

che suscita.

rnmnn

I

UtC

h

?

3 sua

ombra

e

un P

asso verso laverity

comport

3

sempre

ilnschio

dellasua ricadutanel delirio cos',

una

scoperta simile implica, insieme,ilpericolo

dellautismo oppure

laposs.bilc luce del risveglio.

Ma

correre questoti schio enecessario per lanostra umanizzazione. Percio

/am

?ro°67 de

r

f

0 uomo.

esnosfeal dri?rt,

re 813 ia f,losofia che la

P

ocsiarestano

laSscita

del

S r

r‘

3 VIVere

mancando

-a

tempo

stesso.

la nascita del se e I

mcontro con

la verita.

La

parola poeti-

ca e quella filosofica

sono comunque

portate a svilupparsi

con

un’assunzione diresponsability,

ma secondo due manie-

rediverse. 11

poeia

rivela

una

direzione;lasuae un’allusione ontologica che

non ha bisogno

della chiarezza e degli argo- menti.Il filosofosiincaricadidclineare

un metodo,

ossia

una

via visibile.riconoscibile,sino a ritenere che chi sa indicare questo

metodo

abbiadi diritto Tautoritaper

comandarc.

L’autrice ricorda

che

poesia e filosofia,

un tempo, sono

state insieme,ad

esempio

in Eraclito,

Parmenide ed Empe-

docle,

ma

la rottura della loro armonia, il crescere della po- lemica e inline la vittoria della filosofia,culminata nella cri- tica platonica della poesia,

hanno avuto come

teatroc sfon-

do

il rapporto

con

il sacro,

con

gli ddi,con lapieta religiosa.

Mentrc

religione e poesia rcstavano entro 1’orizzontc del politeismo, la

conoscenza

filosofica

approda

all'Uno, colto intanto

come

il

«fondo

oscuro del

Yapeiron» (HD,

71,66) e poi,tramite

un

processodichiarificazione rigorosa,

come

«il

divinoUnitario»

(HD,

72, 67).

E

cosi la filosofiaperviene al- l'idea di Dio. L’unitydiventail sigilloelanatura stessadella verity,deU'origine.deiressere, delbene.

A

bilanciodiquesto

movimento

che portb la filosofianascente aliasua maturity,

almeno

quella relaliva al

mondo

grcco,

Zambrano

scrive:

«tra tutte l’azione vera e propria della filosofia fulatrasfor-

mazione

del sacro nel divino, nella

pura

unity del divino»

(HD,

73, 68).

La

divinity bunita,identity assoluta.

In

quanto

tale,cssa resta pensabile e conoscibile

come

TOrigine ditutto,ora

perd

senzapiualcuna

ombra

nb

ambi-

guitye

neppure

mistcro.L’Originee conoscibile dalla scien- za delle cause

prime

e, soprattutto,

pud

valere

come

garan- ziaontologicadellecose, degli

umani

e del

mondo. Zambra- no vede

nella metafisica greca

delPUno

I'intento di salvare

almeno un

relativo

grado

diconsistenzadell'esscre degli en-

tidi questo

mondo. Una

salvezzapensatalungo

un

lilosotti- le.giacch6

non possono

essere

chiamate

ingiocola relazio-

ne

tra divino e

umano,

la volonty e la

benevolenza

del Dio, lasua libera concessione

o anche

lasua eventuale donazio-

ne

dell'esistenza agli

umani

e a tutti gli enti

con

cui noi ab-

biamo

a che fare.

Nell'Uno

la filosofia ravvisa l'essere che necessariamente faessere l'altro

da

s 6.

La

necessity ontolo- gica diquestoche,a

mio awiso. pud

esseredetto

un

rappor- 52

(8)

I

to

senza

relazioneb irriconducibile a

un

dono.a

un permes-

so,a

una qualche

deliberazionedivina.

Allora, a

ben

vedere,in

una

necessita

che

sispiegasoloin basea se stessa,in

una

necessity

che

nel

punto massimo

di luce,

secondo

Fintenzionegreca,

mantiene

di fatto Foscurita del mistero,

Zambrano

coglie ilpcrsistcre delsacro.

NelFU- no

della metafisicaclassicaviene pensatae insicme

non

rico- nosciuta

una

«irrivelatadivinita»

(HD,

74, 69).L'aporiadella sua naturadi origine b gia la traccia del confondersitra sa- cro, divino c idea,

nonche

tra delirio e ragionc.

£

l’aporia per cui I Origine

da

si origine,facssere,

ma

lo fa

come una potendo

darePesscre,

non pu6

permctterlo»

(HD

74, 69). Priva di liberty c di scelta,I’Origine cosi intesa

non

ecapace di

donazione n

6dialcuna intenziona!it&genera-

liva,

dunque neppure

di legittimarc la vita.L’esistenza del fi- mto,

non donata nd

concessa

o

voluta,

rimane

ingiustificabilc.

Pnma

di seguire le implicazioni di questa soluzione filo- solica,

mi

sernbra

importantc

sostare

un poco

su

una que-

slione cruciale gi& sollcvata nel

rapporto

che la stessa reli-

gione greca istituisce tra gli dbie gli umani. rapporto ridefi-

mto

dall autrice ncll'altcrnativa tra la

metamorfosi

divina e

il nostro

enigma

quotidiano: la questione deldare

forma

al- ia vita.Nell’avvio dellariflessione sulladifferenza trapoesia e

nlosona Zambrano

ci lascia

un accenno

che

pub

a

mio

av- visovalere

come

il

punto

d’accesso per entrare

con

pihat-

tenzione in

una

questione cosi essenziale. Lei scrive

chc

la storiadella speranza

umana

«sarebbe la verastoria dell’uo-

mo» (HD,

64, 59).

Quindi

la speranza

non

b

semplicemente

un auspicio,

un

anelito sconfitto e illusorio,

un dinamismo

psicologico; essa riguardalagestazionedi

una

storia

umaniz-

zata e ospitale

con

laverity.

Ma

diquale speranza parlaFau-

trice.

E

in

che senso

si riferisce alia«vera»storia

umana?

La

vita

e

le

forme

Sindall’iniziolavitagiungealPessere

prendendo forma

e

si evolve trasmutandosi inconfigurazioni diverse:«ognivita

umana comporta una

forma,

uno

stile» (

AE,

37, 43).

E una

speciedisponsalit&

che

legalavitaeleforme:«tuttocio

che

nascceil

non

ancora

nato sono promessi

a

una

forma.

E

ilsi-

gnificato

primordialmente

nuziale della vita»

(LB,

14, 12).

Ma

per lopiu le

forme

si rivelanoinadeguate e

non

di

rado

soffocanti,per

quanto

siano

puramentc immaginate oppure

vissute.Sipensialia

forma

visibiledeglidbi in

quanto imma-

ginee alialorocontinua metamorfosi; alia sofferenza e alia mortalita

come forme

cui

I’uomo

e costretto; alia

forma

del- lapoesiae a quclla della lilosofia;alia

forma come

ideaccr- cata oltre le rivclazioni del

mondo

visibile.Tutto ruota fati-

cosamente

attornoalleforme,possibili

o

necessarie, dellavi- ta.

Questo

fatto suggerisce che.diconseguenza, la speranza

umana -

quellache

lentamente

sorgedall’angoscia delsacro eche

deve

districarsidaldeliriopertentaredigiungere inline alia suaverita

-

b propriamente,in realty,lasperanzadi

una forma

adeguata. Il

punto non

e libcrarsi

da

tutte le forme, percheintalcasol’esistenzasarebbe amorfa,insensata,inso- stenibile.

ma

conseguire,e insiemericcvere,quellache sipo- trebbe dire

una forma

compiuta,chc con la vita sia

una

stes- saarmonia.

Essendo

noi

un

diveniree,

almeno come impulso

ontologico,

una

nascita, I’esserecompiuti

non pub

equivalere a

un

arresto. a

una

cristaIlizzazionee

neppure

a

una

fine.Cer-

to,nella nostra condizione

abbiamo

dolorosa esperienza di quel compiersi che b

un

linire,

un

declino,

una

morte.

Ma

la

stessacoscienzadell'csistenza

come

viaggioversolapossib-

le nascita radicale della persona,e

anchc dcH'umanita

nel

suo

insieme,

accompagna

il pensieroa

vedere un

altrocorn- pimento:quellopercuisigiungea

una forma

chebnucleo ed espressione di

una

vita trasfigurata.

Se

I'csistenza

umana

cerca

una

forma, cerca

un compimento

di

questo

tipo,per

quanto inimmaginabile

epersinoincredibileessoappaia.

In

una

simile ricerca

sono

implicati tuttigli

dementi

costi- tutivi

non

solo dell'esperienza

umana, ma anche

del nostro stesso essere. II corpo,lo spazio,il

tempo,

la parola, la co- scienza.Funiversointeriore,ildesiderio,laliberta,Fazione,le relazioni,Fespressione dise.ilriceveree il dare,la singolari- t^e la comunit^: tutte queste forze e dimensioni

sono

coin- voltenella paradossale,rischiosa,dolorosaricercadi

una

for-

ma

che sia

compimento.

Ricerca,percosi dire, suscettibile di felicita,esposta al dolore e alia bellezza.

Anche

la relazione

con

il bene,

chiunque

sia

o comunque

siascoperta,e implica-

54

(9)

ta in

modo

determinante.

E

loe

pure

la relazione

con

FOrigi- nedellavilauniversale,poiche questa relazione

non

bfattadi

pura

passivity e richiede

sempre -

meglio sarebbe dire:

sem-

prepiu,

man mano

checiinoltriamonel

tempo - da

parteno-

stra,

una

risposta.

E

«risposta» egia il

nomc

di

una

forma,del configurarsi dcll’csistenza

secondo una

direzione e

un

signifi- catoradicale.Infatti,dire

forma

significa

anche

diresenso.

II

confronto con

gli dbi grcci fa balenare si

una

felicity, quclla della

metamorfosi

incessanteche

rendc immuni

aldo- loree aliamorte.

Ma.

a

ben

vcdere,questotipodi felicity as- somiglia piu a

una

proiezione gcneratadall’interno dellano- stra infelicityche a

una

reale felicita

umanamentc

ricevibile e stimabile

come

tale.

Dunque

lasperanza

umana,

nella sua facolty di desiderare

secondo

verita,

non punta

alia

meta-

morfosi infinita.

Sperando,

quindi coltivando

un

sentire che

sidistanzia dalla

pura

angoscia,

impariamo

invece

ad

aspira- re a

una forma

chesia

compimento

in

quanto

pienezza.vita

nuova

perche liberata e trasfigurata.

Se provassimo

a espli- care gli

dementi

del

campo semantico

di

questo compiere

tantodisatteso

ed

eluso

da

noi cosi abbagliati dal

compiere

mortale,

troveremmo,

a

mio

awiso, queste tracce:liberazio- ne,inizio,trasfigurazione,incontro tra volti,pace,

inveramen-

todi

una

promessa. Liberazionedal delirio,daltragicoedal-

le sue sofferenze, dal

male

e dalle sue distruzioni.Inizio di

una

vitache

conoscc un

sensoe

una

duratasalvatidalla

mor-

te. Trasfigurazione

come avvento

di

una forma

che e larive- lazionc ultima dell’originalitydell’esseredi

ognuno

e del

suo

volto.

Ed

e insiemc incontro dclle altre vite nel loro voltoal- trettanto unicoe incomparabilc,

dunque un

incontro

che non degencra

inguerra,

ma

e anzi

armonia

dclle vite, /race.Tutto questo

non pub

darsinb manifestarsi a caso.

Non pub

risalire a

un Esgibt anonimo

e neutro.

E

invece I’inverarsi di

una

se- greta

promessa

scaturitadal

sogno

deH'Origine. Nasccrc,al- lora,b esistereneldesiderio, nel

«sogno

di

Dio» (DD.

16,17).

Nel divenirc che questa provenienza suscita c'b la «vera»

storia

deH'umanita

nelsensoche il desiderio,oltre l'angoscia e il delirio,

guarda secondo

verity alia sua meta.

Ci6

e possi- bilc

non

giyinvirtu di

un

qualche posscssoconoscitivo, bensi grazieaquel nucleodi fiducia,vero cuoredellasperanza. per cuisidesidera l'Altro radicale elarelazione

con

il

suo

miste-

ro viventesenzalasciarsi sviare

da

illusioniottimiste

o

nega- tive nc

da

proiezioni di potenza. Pcrtantoc’b «vera» storia ognivoltache si realizza

un movimento

di

maggiore

apertu- ra,

un

divenire che,togliendoci dal delirio,ci riporta alia re- lazione.

Al

contrario. finche

cludiamo

questa relazione la storiasicristallizzae ildivenirc

umano

si avvitasu sestesso.

Nel richiamare la speranza b d’altra parte esclusa

una

posi- tivity scontata e

automatica

della destinazione del nostro viaggio.

Sperare

implica

sempre

rischiare, poter fallire

o mancare

l'incontro

con

la meta.

£ un

rischio tutt’altroche ipotetico, vistochele condizioni concretedel

cammino

della

persona

edellastoria

deH’umanity pongono sempre

laliber- tyallimitedella suacapacitydiorientareilcorsodeglieven-

ti.Nel tentaredielaboraree diottenere

una forma

per lavi- ta,noi

non partiamo da una

condizione dineutrality e tanto

meno

di

immunity o

di privilegio.

Partiamo

dal

confronto con

Teccesso, anzi

con

diverse

eccedenze

che

non possiamo nb

ridurre

ne

controllare.Ildolore,lamorte,ilsacro

o

il divi- no,lerivelazioni del

mondo,

labellezza,la verita,gli altri.la vitastessache diviene in noi:

anche

sesidifferenzianotralo- ro

come

negative

o

positive,queste

sono

tutte

eccedenze

che

ci

portano

a viverelanostrasproporzionenei loro confronti

come

vulnerability,inadeguatezza,dipendenza,

impondera-

bilitydei

modi

e degli esitidel

cammino.

E, indefinitiva,co-

me

impossibility di dare

forma

alia vita.

Perchb

l'eccessoci trascina,cisovrasta,ci

colma o

cisvuota.

Eppure,

propriota- leimpossibility

pub

lasciarsiavvicinaresino a schiudere

una

viaconcreta lungolaqualela

forma comincia

a delinearsi.

Che

tipodicsperienza

ha luogo

allora?Tutteleforze.gli elementie le

dimensioni nominati poco

fa- dal

corpo

alio spazioe al

tempo,

dallaparola aliacoscienza, dall'universo interiore aU'azione.dalle relazioni vissute all’csprcssione disb,dalla condizione della singolarita alia partecipazione a

una comunity - entrano

in

una dinamica

di unificazione.

Inessa latensione dellaliberty stessa,senzainvasionc

o ma-

nipolazione

da

partedi

potenze dominative

interiori

o

cster- ne.confluisceneirattrazione escrcitata sudinoidalFOrigine, dallaverityvivente cheb ineffettila ragion d'esseredella vi- ta,dal

Dio

sconosciuto.Aprirsialiarelazione

con

questa real- ty ci

permette

di

amare

attingendoa

un Amore

checiprece-

Riferimenti

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