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C I medici di continuità assistenziale abbandonati alla loro sorte

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Academic year: 2022

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e s p e r i e n z e

M.D. Medicinae Doctor - Anno XXVII numero 5 - 2020 n 17

C

on l’arrivo dell’epidemia causata dal SARS-CoV 2 i servizi di Continuità Assi- stenziale sono stati abbandonati alla loro sorte. Siamo usciti dall’ombra solo per un attimo at- traverso la costituzione delle Usca che però in alcune zone non sono mai partite.

La ex- “Guardia Medica”, attual- mente denominata Continuità As- sistenziale, per tanti medici neo- laureati è una via lavorativa transi- toria fino all’entrata in specialità come primo lavoro remunerato, per altri già in possesso della For- mazione Specifica in Medicina Ge- nerale è un modo di entrare a far parte del territorio prima dell’otte- nimento della convenzione, men- tre per pochi è diventata una scel- ta definitiva il rimanere come

“guardiani” del territorio.

Storicamente, purtroppo, la CA è abituata a “lavorare nell’ombra”, in sedi con condizioni scadenti, isola- te e prive di protocolli di sicurezza, scarsa o nulla connessione con i singoli medici del territorio, asso- luta mancanza di dati relativi alle anamnesi cliniche e farmacologi- che dei pazienti assistiti.

Tale situazione è sensibilmente peggiorata con l’arrivo dell’epide- mia causata dal SARS-CoV 2. Con il restringimento degli accessi agli

studi dei Mmg nei mesi di marzo e aprile (e finché non sono state costituite le Usca, che in alcune zone non sono mai partite) è di- ventata la norma il ricevere chia- mate angosciate di pazienti con sintomi compatibili con la malattia Covid-19, il visitare numerosi pa- zienti in ambulatorio con sintoma- tologia suggestiva senza avere protocolli chiari e precisi ed il do- ver eseguire gli accessi a domici- lio con dispositivi Dpi insufficienti e con la propria auto in alcune re- altà territoriali. A ciò si è aggiunto un aumento del carico assisten- ziale nella presa in carico dei pa- zienti fragili in Adp le cui visite da parte dei medici curanti è drasti- camente diminuita per la mancan- za di Dpi, la totale assenza da par- te delle Ulss di dotazioni di mezzi di telemedicina da mettere a di- sposizione dei medici per ridurre gli accessi nelle sedi e l’incapacità di sapere nel proprio territorio

“quanti e dove” si trovavano i pa- zienti sospetti e positivi.

þUn servizio essenziale di cui poco importa

Tutto ciò riflette la poca importan- za e considerazione di un servizio essenziale nel territorio, che viene del tutto ignorata nella presa di decisioni/protocolli assistenziali e

che durante questa epidemia ha prestato la propria opera pur lavo- rando nel deserto normativo e strutturale. Un servizio che se si applicassero opportuni migliora- menti strutturali (informatizzazio- ne, accesso ai database dei pa- zienti del proprio territorio, comu- nicazione dei casi positivi del baci- no di riferimento, piattaforme di telemedicina…) potrebbe diventa- re una risorsa utilissima per ridur- re il carico assistenziale dei Pronti Soccorsi e fornire alla medicina generale una vera e propria conti- nuità assistenziale.

Perché ciò avvenga è necessario che la sanità del territorio venga interamente ripensata sul piano organizzativo e logistico e che ciò sia preceduto da una visione e da una volontà politica chiara e da conseguenti investimenti struttu- rali e da un rinnovo della dirigenza sanitaria che si è dimostrata ina- deguata.

Se l’aumento esponenziale delle cronicità in questi anni non è sta- ta sufficiente a comprendere ciò, la pandemica ha mostrato inequi- vocabilmente che un sistema ospedalocentrico, per quanto al- tamente specializzato e tecnolo- gico, non è all’altezza dei tempi perché la partita vera si gioca su territorio.

Abituati a lavorare nell’ombra e in presidi fatiscenti e privi di sicurezza, hanno dovuto fronteggiare l’emergenza Coronavirus, contando solo su se stessi e la propria professionalità

Octavio Jiménez Vega, Alberto Vaona Medici di Continuità Assistenziale, Verona

I medici di continuità assistenziale

abbandonati alla loro sorte

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