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Malattia di Alzheimer:

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Academic year: 2022

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30 M.D. Medicinae Doctor - Anno XXVIII numero 7 - 2021

A ggiornAmenti

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ei mesi scorsi vi sono stati numerosi commenti alla notizia che la FDA avesse deciso di dare avvio all’ap- provazione accelerata di un far- maco per la malattia di Alzheimer, un anticorpo monoclonale (aduca- numab) che ha come bersaglio la proteina beta-amiloide, che si ac- cumula nel cervello dei malati Alzheimer. L’accumulo di alcune forme di beta-amiloide dà origine alla comparsa di placche neuriti- che e senili, le quali sono a loro volta associate alla degenerazione dei neuroni cui contribuisce la fo- sforilazione della proteina Tau. La terapia anti amiloide, secondo quanto dichiarato dalla FDA, sa- rebbe in grado di contrastare l’ac- cumulo di beta-amiloide.

“Rimane da chiarire se l’azione nei confronti di questo meccani- smo sia da sola sufficiente per ral- lentare la progressione della ma- lattia oppure se un eventuale ef- fetto favorevole sia presente in tutti i pazienti e persista nel tem- po. Va segnalato che, secondo la FDA, il trattamento può avere ef- fetti collaterali e che saranno co- munque necessari ulteriori studi per documentarne il profilo di tol- lerabilità” - ha dichiarato il Prof.

Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica Università di Brescia, nel corso della presenta-

zione del congresso XXV Con- gresso mondiale di neurologia di ottobre 2021.

“In attesa di conoscere l’esito di altri studi di conferma sul ruolo degli anticorpi monoclonali con- tro l’amiloide, altri studi speri- mentali hanno documentato che anche un trattamento mirato alla proteina Tau potrebbe essere an- che efficace, eventualmente in associazione con i trattamenti antiamiloide.

Oltre a questo, diverse evidenze puntano su alcuni farmaci, recen- temente sviluppati per la cura del diabete, che sembrano interferire a vari livelli con i processi neuro- patologici associati alla malattia, mentre è recente la notizia di uno studio mediante trattamento ge- nico al fine di incrementare la espressione di fattori neurotrofi- ci. Infine, diverse evidenze origi- nate anche da studi italiani con- vergono sul ruolo terapeutico di procedure di neurostimolazione non solo per migliorare la memo- ria ma anche per rallentare il de- corso clinico.

! Percorsi diagnostici

“Potremmo essere sulla strada giusta ma non siamo ancora arri- vati al traguardo ed è doveroso essere cauti, fino a quando non vi saranno dati confermati. In at-

tesa di questi, è necessario mi- gliorare i percorsi diagnostici sia per identificare la malattia di Alzheimer in fase precoce sia per individuare eventuali altri fat- tori di rischio o condizioni che potrebbero, se corretti o trattati, contribuire a rallentare il decorso clinico.

Per quanto riguarda la diagnosi, la ricerca italiana ha contribuito all’identificazione di biomarcatori plasmatici oltre che liquorali. Il progresso tecnologico infatti ha reso possibile negli ultimi anni la ricerca di proteine nel sangue as- sociate alla malattia di Alzheimer, mentre negli USA sta crescendo l’interesse per tecniche mirate ad identificare la proteina amiloi- de mediante uno strumento per la retina. Può sembrare fanta- scienza ma presto saremo in gra- do di fare diagnosi più precoci e soprattutto più precise mediante indagini meno invasive e più so- stenibili.

Tutto questo per agire prima e meglio. Infatti, è opinione larga- mente diffusa che una gestione tempestiva dei malati con Alzhei- mer mediante strategie combina- te può indurre un significativo mi- glioramento nelle fasi lievi e ral- lentare la progressione. Stimola- zione cognitiva e motoria, alimen- tazione corretta, igiene orale, vac- cinazione, controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, un sonno regolare, devono essere parte in- tegrante di un approccio clinico al- la malattia di Alzheimer senza il quale nessuna terapia potrà esse- re realmente efficace” - conclude il Prof. Padovani.

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Malattia di Alzheimer:

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