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Danno biologico alla persona dell'anziano Dr.ssa Teodora Spagnolo Catalano

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Academic year: 2022

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Danno biologico alla persona dell'anziano

Dr.ssa Teodora Spagnolo Catalano*

La prima esigenza è quella di individuare la fascia d'età entro la quale comprendere "l'anziano".

Compito arduo, posto che, secondo uno dei possibili approcci con tale argomento, occorre individuare una condizione dell'essere umano sulla quale incidono, tra l'altro, anche i mutamenti socio-culturali, che in questi ultimi tempi avanzano a ritmo incalzante.

Non è risolutivo, al riguardo, il mero dato anagrafico.

In una nota commedia di Pirandello si indica come "vecchio" un personaggio di 45 anni; il prof. Bobbio nel "De senectute" afferma di essersi sentito vecchio a 80 anni.

E' indubbio che vi è una crescente aspettativa di vita, posto che oggi, confortati dalle statistiche, si parla di "terza" e di "quarta età".

Ciò, peraltro, non vuol dire che il trascorrere degli anni abbia perso valore;

esso continua inesorabilmente e non vi è dubbio che influenzi, solitamente, lo stato di salute dell'individuo e tutte le manifestazioni della vita quotidiana. Per entrare immediatamente ad esaminare il rilievo che il progredire degli anni assume nell'ambito giuridico, e in special modo in materia di liquidazione del danno alla persona, si può affermare in via generale che certamente l'età, ove venga ad essere oggetto di esame lo stato di salute dell'individuo, ha un peso non indifferente nella liquidazione del danno. In conseguenza di una lesione il danno primario sempre esistente è, come è noto, il danno biologico.

La nozione di danno biologico elaborata dalla giurisprudenza presuppone la nozione dell'integrità psicofisica non soltanto sotto il profilo strutturale, oserei dire quantitativo, del corpo umano, ma anche sotto il profilo funzionale dell'individuo, inteso come soggetto avente diritto al pieno sviluppo della sua persona attraverso la partecipazione alle "formazioni sociali ove si svolge la sua personalità" (art.2-3 co.2 Cost.).

Ne consegue, allora, che ha peso la variabile della durata della vita dell'individuo danneggiato, posto che l'apprezzamento del contenuto di tale diritto non può prescindere dalla esistenza del soggetto titolare, e cioè della probabile durata media della vita del danneggiato.

Per queste ragioni, il capitale risarcitorio correlato dal giudice a ciascun punto di invalidità varia in relazione non soltanto all'entità della lesione, ma anche all'età del danneggiato.

E ciò determina solitamente l'applicazione di un demoltiplicatore con l'aumentare dell'età della persona danneggiata, demoltiplicatore destinato ad incidere in maniera sempre più consistente, oltre una certa soglia.

L'esperienza mi suggerisce di indicare tale soglia tra i 60 e i 65 anni e tale valutazione è in linea con quella delle varie tabelle di liquidazione che sono state pubblicate, ove il 60° anno di età costituisce una soglia di demoltiplicazione (vedansi tabelle "pisane" e di "Milano").

Nella liquidazione del danno biologico, per "l'anziano", vi sono peraltro due aspetti peculiari che hanno un rilievo non indifferente.

* Magistrato Tribunale Sezione Civile, Torino

Tagete n. 3-1998 Ed. Acomep

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Mi riferisco alla duplice incidenza che la lesione determina nello stato di salute sia sotto il profilo fisico che sotto quello psicologico.

Ed invero è innegabile che il potere di recupero dell'organismo giovane è decisamente maggiore e che la lesione nell'uomo giovane ed adulto è destinata nel tempo ad affievolire la sua incidenza sulla efficienza fisica perché l'organismo è in grado di recuperare ove può, mediante meccanismi anche di funzionalità suppletiva.

Nel giovane, d'altro canto, vi è solitamente anche una maggiore spinta psicologica a guarire ed è noto che tale elemento è determinante in tutte le malattie, per raggiungere la guarigione nei tempi più brevi o nel miglior modo possibile.

Al contrario, nell'anziano, non solo spesso vi è una minor capacità di reagire, ma sovente si innestano situazioni depressive che peggiorano il male e rendono ancora più afflittiva la menomazione.

Sono anche queste considerazioni che hanno indotto la Corte torinese a respingere l'adozione di tabelle per la liquidazione del danno biologico.

L'affermazione che non esistono lesioni, ma persone lese, per affermare che l'adozione di barèmes non offre certezza di un'equa valutazione perché le conseguenze della medesima lesione non sono mai identiche, credo che sia verità inconfutabile anche per il profano.

Ed a maggior ragione tale considerazione vale per l'anziano il cui stato di salute è la risultante anche della condotta di vita pregressa, sicché, a parità di età angrafica, è possibile che vi siano divari anche notevoli di conseguenze.

E ciò ha rilievo non solo per il medico legale che esprimerà il suo giudizio finale in punti percentuali, ma anche per il giudice che dovrà dare a questi punti un contenuto economico.

E' vero che le tabelle offrono dei paletti fissi per pervenire alla liquidazione, ma è anche vero che esse, considerando l'età quale demoltiplicaltore, tengono conto solo della diminuita aspettativa di vita, ma non colgono l'aspetto più importante del riconoscimento e della liquidazione del danno biologico costituito, come è noto, dal valore salute quale bene che genera la qualità della vita, perché è il solo che consente all'individuo di dare ai propri giorni il contenuto e il valore raggiungibili con le capacità che possiede.

Non è dunque infrequente che la Corte riconosca ad anziani compresi nella fascia di età tra i 60 ed i 70 anni per invalidità che superino il 15% somme calcolate su un valore al punto non inferiore ai 4.000.000 e per micropermanenti somme pari o talvolta anche superiori a quella riconosciute ai giovani, per quella difficile opera di bilanciamento che il giudice deve sempre compiere, da un lato tra afflittività e qualità della vita diminuita per effetto della menomazione e dall'altro con l'aspettativa di vita che, per le ragioni che abbiamo detto, porta ad apprezzare in misura maggiore per l'anziano il primo dei fattori.

Indicativamente, dunque, potrei indicare, come valore a punto percentuale per le micropermanenti, £. 2 milioni sino al 5% e, poi, £ 3 milioni sino al 10%, e tra i 4 ed i 5 milioni sino al 20%, valutazione quest'ultima che subisce un modesto decremento oltre la soglia dei 70 anni.

Si tratta di valori indicativi suscettibili anche di ulteriori incrementi, ove il leso diligentemente fornisca idonea prova della sua qualità di vita e dell'uso che egli fa del suo bene salute. Non va infatti dimenticato che una delle componenti del danno biologico è il danno alla vita di relazione

2 Tagete n. 3-1998

Ed. Acomep

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(Cass.n.8287/1996), che ha aspetti peculiari per l'anziano e costituisce spesso il valore più importante per la qualità della vita in questa fascia di età, ove con il venir meno dell'attività lavorativa si ha la possibilità di dedicarsi maggiormente alla attività sociali e ricreative. Nella nostra epoca si assiste ad un incremento della vita sociale dell'anziano, ma è incremento non sempre diffuso e perciò non presumibile dal giudice secondo il criterio dell'"id quod plerumque accidit". E' pertanto onere della difesa curare sul piano probatorio questo aspetto del danno biologico che è di grande rilievo nella valutazione economica del punto.

Le valutazioni parametrali che ho indicato valgono naturalmente ove il giudice decida effettuando un giudizio presuntivo di durata media della vita, ma non sono più utilizzabili, ove per disavventura il leso sia deceduto per cause ovviamente non rapportabili alla lesione oggetto del giudizio. In tal caso andrà considerata la durata effettiva della vita come elemento di valutazione.

Il danno biologico per invalidità temporanea non offre peculiarità specifiche per l'anziano e dunque si adotterà l'usuale criterio liquidativo di 60.000/70.000 al dì.

Il danno per perdita reddituale non è normalmente presente, ma anche per esso non mi pare che vi siano specifici aspetti ove la persona lesa sia oltre la soglia dei 60 anni.

Quanto al danno morale esso va apprezzato con maggiore attenzione.

La sofferenza e l'afflizione conseguente alla perdita del bene salute con l'andare degli anni aumenta perché la salute diviene un bene sempre più prezioso e più apprezzato.

Per queste ragioni è da respingersi in primo luogo il metodo di liquidazione, che rapporti in qualche modo la liquidazione del danno morale a quella del danno biologico, e si può, poi, affermare che il danno morale per l'anziano, in caso di lesioni, è maggiore che nel giovane.

La scienza medica, come è noto, è impegnata anche nel tentativo di far raggiungere all'uomo traguardi di vita più lunghi e qualitativamente migliori.

Se ciò accadrà, e probabilmente avverrà prima che il legislatore si decida a legiferare sui criteri di liquidazione del danno biologico, certamente occorrerà rimeditare sulle valutazioni che vi ho illustrato.

3 Tagete n. 3-1998

Ed. Acomep

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