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Chapter 5 Fusione termonucleare

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Academic year: 2022

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Chapter 5

Fusione termonucleare

5.0.1 Introduzione

Si ha liberazione di energia quando due nuclei leggeri si combinano insieme in una reazione di fusione e il nucleo prodotto ha numero di massa inferiore a circa A=56. L’energia rilasciata nella fusione, per unita’ di massa di materiale e’ comparabile con quella rilasciata nella fissione (≈1 MeV u−1) ed in alcuni casi anche ben superiore. Quindi la fusione ha un grande potenziale per essere una sorgente di energia controllata, i nuclei leggeri sono piu’ abbondanti del materiale fissile e ci sarebbero meno scorie radiattive ed inoltre queste avrebbero vite medie brevi e quindi non ci sarebbe bisogno di immagazzinarle per periodi gelogici, diversamente dalle scorie da fissione.

Tuttavia realizzare la fusione, per trarne energia, e’ estremamente piu’ complicato che la fissione.

Tutti i nuclei sono carichi e quindi e’ necessario un certo ammontare iniziale di energia cinetica per aumentare la loro probabilita’ di penetrare la barriera Coulombiana, che normalmente li tiene separati ed impedisce che avvenga la fusione. In un reattore a fusione si intende generare questa energia col calore, per questo il processo e’ chiamato termonucleare. La fusione termonucleare e’

stata ottenuta in laboratorio con una temperatura di circa 100 Ml di gradi, ma con grandi difficolta’

di mantenere le condizioni stabili ed a lungo.

Nell’Universo esistono le condizioni per la fusione termonucleare, si pensi alle stelle: la fusione nucleare genera l’energia che le stelle irraggiano nello spazio e determina la loro evoluzione tem- porale, Sole compreso. Fusione nucleare si deve essere prodotta nei primi minuti dopo il BigBang.

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5.1 Reazioni termonucleari e produzione di energia

5.1.1 Reazioni base

Di seguito sono elencate le reazioni base di fusione che possono essere prese in considerazione per la produzione di energia nucleare. Naturalmente sono tutte esotermiche e l’energia rilasciata (Q

value) e’ indicata in MeV.

Reaction Q-value(MeV)

(1) p + d → 3He+γ 5.49

(2) d + d → 4He+γ 23.85

(3) d + d → 3He+n 3.27

(4) d + d → t + p 4.03

(5) d + t → 4He+n 17.59

(6) d +3He → 4He+p 18.35

(7) t + t → 4He+2n 11.33

Entrambi i nuclei interagenti, ad eccezione di uno, sono isotopi dell’idrogeno (Z=1) poiche’

questo minimizza la forza repulsiva coulombiana, che impedisce la fusione. La fusione di due protoni, pur essendo la primaria reazione astrofisica, ha tempi di occorrenza troppo lenti da essere considerata come sorgente di energia termonucleare sulla terra.

Le reazioni (1) e (2) hanno una piccola sezione d’urto, inoltre non sono l’ideale perche’ quasi tutta l’energia e’ portata via dai raggi γ che sono penetranti e quindi sfuggirebbero, deprivando la zona di reazione dell’energia necessaria per mantenere la temperatura del materiale reagente. Le reazioni (3) e (4), D-D, sono anche possibili e hanno sezioni d’urto maggiori. Queste sono piu’

adatte in quanto parte dell’energia e’ presa dalle particelle cariche che possono essere trattenute nel reattore e quindi compensare per la perdita di energia e mantenere la temperatura. Piu’

promettente ancora e’ la reazione (5), D-T, che ha una barriera di Coulomb simile alla D-D, ma ha una sezione d’urto maggiore ed il rilascio di energia e’ anche maggiore perche’ uno dei prodotti finali e’ una particella α che e’ molto legata. L’efficienza energetica della reazione e’ 17.6/5 = 3.5MeV u−1, che e’ circa 4 volte quella della fissione con Uranio. Sfortunatamente la reazione richiede tritio, come componente del materiale di fusione, che e’ radiattivo ed e’ prodotto solo nei reattori a fusione. La reazione (6) e’ pure attraente perche’ ha un alto valore di Q, ha entrambi i prodotti finali carichi e quindi facilita’ di contenere l’energia nella zona di reazione. Inoltre i reagenti non sono radiattivi e non sono prodotti neutroni, come nel D-T, e quindi non c’e’

radiattivita’ nel reattore. Lo svantaggio e’ la barriera Coulombiana e quindi la temperatura del reattore per ottenere una data rate di reazioni, che nel caso Deuterio-miscela Helio-3 sarebbe di circa 6 volte maggiore che per il caso D-T.

L’energia cinetica totale dei prodotti della reazione e’ uguale alla somma del Q-value e delle energie cinetiche iniziali delle particelle della fusione. Nelle reazionin (3) e (6), che non

producono raggi γ, questa energia e’ suddivisa tra le due particelle prodotte secondo la massa e l’angolo di emissione. Tuttavia, se l’energia cinetica iniziale e’ piccola a fronte del Q-value, come capita usualmente a temperature termonucleari, i momenti finali sono approssimativamente uguali ed opposti ed il rapporto delle energie cinetiche finali e’ inversamente proporzionale al rapporto delle masse. Nella reazione D-T, ad esempio, En/Eα ∼ mα/mn=4. Cosi’ l’energia di output di

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17.6 MeV comparira’ come un neutrone di 14.1 MeV ed una particella α di 3.5 MeV. Nella reazione D-D invece il 75% dell’energia e’ presa dal protone o dal neutrone.

La fissione di 4 protoni, alla fine, a formare4He , in diversi passi, e’ responsabile per l’energia termonucleare rilasciata nelle stelle simili al sole. Il passo successivo, bruciato l’idrogeno, e’ la fusione dell’elio. La reazione piu’ semplice4He +4He =8Be non e’ osservata perche’ il8Be si dissocia di nuovo in due4He praticamente nello stesso tempo impiegato a formarsi (10−6s. Si ha invece un processo piu’ complicato:

34He →12C

La probabilita’ di portare tre particelle a interagire in un punto e’ praticamente zero, ma il processo ( nelle stelle) avviene in due tempi: prima si forma il8Be e questo cattura una terza particella α per via di una risonanza nel12C che ha grande sezione d’urto e quindi una grande probabilita’ di catturare una α prima che il4Be si divida in due di nuovo. La grande barriera di Coulomb della reazione con elio rispetto a quella con idrogeno implica che la fusione di elio avviene solo nelle stelle piu’ calde ( e vecchie). A temperature ancora piu’ alte avvengono reazioni che bruciano il12C ed anche elementi piu’ pesanti, fino al56Fe. Ma questo e’ materia dell’astrofisica nucleare.

Rilascio di energia Il calcolo dell’energia rilasciata nella fusione e’ piu’ semplice che nella fissione. Bisogna semplicemente calcolare il Q-value della reazione. Per la maggior parte dei casi, dai reattori ai processi stellari, le particelle reagenti hanno energie comprese tra 1-10 KeV e quindi le energie cinetiche iniziali sono relativamente piccole rispetto al Q-value di qualche MeV, da essere trascurabili. L’energia rilasciata e l’energia totale dei prodotti della fissione,(b,Y) saranno uguali al Q-value:

1/2mbv2b + 1/2mYvY2 ' Q

Trascurando di nuovo i moti dei reagenti iniziali nello stato finale i momenti saranno circa uguali:

mbvb ' mYvY e cosi’ si ricava 1

2mbv2b ' Q

1 + mb/mY , 1

2mYvY2 ' Q

1 + mY/mb (5.1)

che permette di calcolare come l’energia si distribuisce tra i prodotti finali.

Appare chiaro che come conseguenza della suddivisione dell’energia la particella prodotto piu’

leggera se ne prende la parte maggiore. Il rapporto tra le energie cinetiche mostra che 1/2mbv2b

1/2mYvY2 = mY

mb (5.2)

Cosi’ nella reazione D-T il neutrone prodotto si porta via l’80% dell’energia, mentre nella D-D il protone o neutrone se ne portano via il 75%.

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Barriera Coulombiana La barriera Coulombiana che si frappone tra due particelle interagenti,(a,X), di raggio Rae RX vale

Vc= e2 4πo

ZaZX

Ra+ RX (5.3)

quando le due particelle sono a contatto superficiale. L’effetto della barriera Coulombiana nella reazione di fusione e’ simile a quello sul decadimento α. Il prodotto ZaZX apparira’ in un

termine di probabilita’ di penetrazione della barriera come esponenziale, cosicche’ la probabilita’

di fusione diminuira’ rapidamente con ZaZX. Per reazioni D-T, la Vc= 0.4MeV, che anche se e’

bassa e’ pur sempre grande per energie di particelle incidenti di 1-10 KeV.

Sezione d’urto La barriera Coulombiana tra due nuclei di idrogeno e’ di circa 200 KeV e classicamente la sezione d’urto dovrebbe tendere a zero quando l’energia del nucleo incidente e’

uguale o inferiore a questo valore. Ma a causa dell’effetto quantomeccanico di tunnelling la sezione d’urto e’ diversa da zero e la fusione avviene anche a basse energie.

La probabilita’ di tunneling attraverso la barriera decresce fortemente con il diminuire

dell’energia, ma anche ad energie ben sotto l’energia della barriera, la sezione d’urto rimane finita ancorche’ piccola.

Per particelle reagenti a energie quasi termiche, come nel caso della fusione, la reazione avviene lontano dalla zona energetica delle risonanze e cosi’ la dipendenza dall’energia della sezione d’urto deriva primariamente da due termini: il fattore k−2 ( che da’ una dipendenza da v−2e dalla probabilita’ di reazione parziale, che per due particelle cariche include un fattore di penetrazione della barriera della forma exp(−2G) come nel caso del decadimento α, con G fattore di Gamow.

σ ∝ 1

v2 exp(−2G) (5.4)

Il fattore di Gamow con buona approssimazione si puo’ scrivere come

G ' e

4πo

πZaZX

~v (5.5)

essendo v la velocita’ relativa delle due particelle interagenti; nella definizione di sezione d’urto manca un fattore di proporzionalita’ che tiene conto di diversi fattori, quali lo spin delle particelle, ma la dipendenza dall’energia e’ contenuta nell’espressione indicata. Nella Fig. 5.1 e’ mostrato il plot della Xsec per le diverse reazioni di fusione in funzione dell’energia.

5.1.2 Rate di reazione

Ad una temperatura finita, atomi e molecole sono in moto termico e si urtano continuamente tra di loro. Lo spettro delle velocita’ varia secondo la distribuzione di Maxwell-Boltzmann

p(v) ∝ v2exp(−mv2/2kT )

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Figure 5.1: Xsec per reazioni di fusione nucleare

dove p(v)dv indica la probabilita’ che la velocita’ abbia valore compreso tra v e v +dv e k e’ la costante di Botzmann e T la temperatura assoluta. L’energia cinetica corrispondente alla velocita’

piu’ probabile e’ kT ; a temperatura ambiente, kT ≈ 0.025eV, ed anche ad alte temperature non si raggiunge che qualche decimo di eV. Questa energia tuttavia e’ sufficiente a superare la barriera repulsiva di qualche eV tra due molecole e cosi’ dar luogo a reazioni chimiche, mentre e’

assolutamente inadeguata per la fusione di nuclei che come gia’ accennato richiede temperature di almeno 108K(kT ≈10 KeV). E’ il sogno di scienziati ed ingegneri essere capaci di portare la temperatura di un gas confinato a quei valori in modo da avere fusione termonucleare capace di mantenersi e produrre anche energia in eccesso. Per capire le condizioni necessarie affinche ’ la reazione di fusione abbia luogo e’ necessario esaminare i fattori che governano la rate della reazione.

Si consideri una miscela di due gas consistenti, rispettivamente, di n1e n2 particelle per unita’ di volume. Se σ e’ la sezione d’urto delle due particelle, allora la probabilita’ per una particella del gas 1 di reagire con una del gas 2, per unita’ di distanza percorsa, e’ σn2, essendo lo spazio percorso per unita’ di tempo uguale alla v della particella. La probabilita’ di reazione per unita’ di tempo e’ n2vσ e poiche’ n1e’ la densita’ delle particelle 1, la rate totale di reazione per unita’ di volume e’ R = n1n2vσ.

L’espressione cosi’ scritta assume che tutte le particelle 1 abbiano la stessa velocita’, e le particelle 2 siano stazionarie, cioe’ si muovano di moto costante. In realta’ le velocita’ di 1 e 2 sono distribuite secondo la forma della distribuzione di Maxwell-Boltzmann e quindi bisogna considerare i valori medi

< vσ >=

Z

p(v)σ(v)vdv (5.6)

e di conseguenza l’espressione diventa R = n1n2 < vσ >.

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Figure 5.2: Folding di < σv > con distribuzione energia M-B per varie Temperature L’integrando nell’equazione 5.6 e’ finito nella regione in cui entrambe le funzioni p(v) e σv sono finite, come si vede dalla Fig. 5.2. Ha un massimo per un particolare valore della velocita’ vmche corrisponde all’energia conosciuta come l’energia termica effettiva Em, dove la sezione d’urto della reazione cresce rapidamente con la velocita’ (energia) e la coda della Maxwell-Boltzmann scende velocemente. Se la temperatura cresce, il termine esponenziale in p(v) diminuisce meno rapidamente con l’energia e in questo caso c’e’ una grande probabilita’ di avere collisioni a velocita’ relative alte. Cio’ accresce Eme, se la temperatura non e’ troppo alta, crescera’ anche

< vσ >. Nel plot della Fig. 5.3 sono mostrate le variazioni del fattore della rate < vσ >. con la temperatura (in KeV) per diverse reazioni di fusione; come si vede le diverse reazioni hanno un massimo a valori diversi della temperatura. La reazione D-T ha un picco a circa 60 KeV e diventa meno favorevole rispetto ad altre reazioni per alte temperature. Tuttavia, kT in un reattore

termonucleare realistico ha valori tra 10 e 30 KeV ed in questo range la reazione D-T e’ superiore a tutte le altre di un ordine di grandezza.

5.2 Fusione solare

Il sole puo’ essere riguardato come un prototipo perfettamente funzionante di reattore

termonucleare auto generante. Da quanto si puo’ conoscere dai reperti fossili l’output del sole e’

praticamente costante su una scala temporale di 109 anni.

Il processo base nel sole e nella maggior parte delle stelle e’ la fusione di idrogeno ed elio.

L’idrogeno costituisce piu’ del 90% degli atomi nell’universo, l’elio circa 1%. Tutte le reazioni nei processi di fusione sono a due corpi, perche’ la probabilit’a di tre corpi e’ praticamente zero.

Il primo passo nel processo di fusione e’ la combinazione di due protoni a formare l’unico

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Figure 5.3: < σv > vs T per varie reazioni sistema a due corpi stabile

1H +1H →2H + e++ ν (Q = 1.44 MeV)

in cui un protone e’ convertito in neutrone via decadimento β+. La sezione d’urto per la formazione del deuterio e’ molto piccola, calcolata essere dell’ordine di 10−33b all’energie dei KeV e di 10−23a quella dei MeV. La temperatura centrale del sole e’ circa 15 × 106 K e corrispondente ad una energia media dei protoni di 1 KeV La rate di reazione e’ molto piccola anche alle alte densita’ del core del sole, ( circa 125 g/cm3 o 7.5 × 1025protoni/cm3) ed e’ di circa 5× 10−18/s per protone. Per fortuna il sole ha un grande numero di protoni interagenti, dell’ordine di 1056per cui la rate totale di reazione e’ dell’ordine di 1038/s. Questo passo nel ciclo della fusione solare e’ spesso chiamato ”bottelneck” perche’ e’ il passaggio piu’ lento e meno probabile.

Successivamente alla formazione del deuterone, il passo successivo molto probabilmente e’ la seguente reazione

2H +1H →3He + γ (Q = 5.49 MeV)

questo perche’ la reazione D-D e’ poco probabile visto il piccolo numero di deuteroni presenti.

La reazione elio-protone non e’ possibile perche’ il prodotto4Li si didintegra subilto appena formato. Quindi il passo successivo nella catena solare e’ He-He

3He +3He →4He + 21H + γ (Q = 12.86 MeV)

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Figure 5.4: Reazioni di fusione nel processo p-p

Il processo completo, vedi Fig. 5.4 e’ conosciuto come il ciclo protone-protone. La reazione netta e’ la conversione di 4 protoni in elio

41H →4He +2 e++ 2ν

La Q totale della reazione netta 41H →4He, tenendo conto delle energie di legame degli elettroni negli atomi, e’ grande, Q-value = 26.7 MeV. L’energia convertita in radiazione solare per ciclo e’

leggermente minore perche’ il neutrino sfugge e non contribuisce a scaldare la fotosfera, la regione esterna del sole dove l’energia rilasciata dalle reazioni nucleari e’ convertita in luce.

Altri tipi di reazione possono accadere all’elio-3, ad sempio interagitre con una particella α con formazione di7Be

3He +4He →7Be + γ

che a sua volta dopo cattura elettronica con formazione di Li-7 ed emissione di neutrino, il Li-7 reagendo con protone da’ luogo alla formazione di 2 He-4 oppure con un’altra sequenza il Be-7 con protone forma Be-8 piu’ γ che a sua volta decade β+e neutrino, il Be-8 si scinde poi in due He-4. Quali di queste sequenze viene attivata dipende dalla composizione delle stelle e dalla temperatura. Nel caso del sole si puo’ testare quale di queste alternative studiando lo spettro del neutrini, che arrivano direttamente dal core.

In aggiunta all’idrogeno ed elio ci sono altri elementi piu’ pesanti all’interno di una stella e si possono avere differenti altri cicli di reazione di fusione. Uno di questi e’ il ciclo del carbonio o CNO, vedi Fig. 5.5,

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12C +1H →13N + γ 13N →13C + e++ ν

13C +1H →14N + γ

14N +1H →15O + γ 15O →15N + e++ ν

15N +1H →12C +4He

Figure 5.5: Catena di reazioni del ciclo CNO

In questo caso il12C non e’ creato ne’ distrutto, ma funge da catalizzatore per aiutare il proceso di fusione. Il processo netto’ e’ uguale a quello del ciclo protone-protone cosi’ pure il Q-value. Il ciclo dl carbonio sara’ rilevante ad alte temperature, molto piu’ alte di quelle in cui si svolge il ciclo protone-protone, perche’ la barriera Coulombiana e’ piu’ alta, ma non ha il bottelneck del protone-protone.

La radiazione solare media che raggiunge la terra e’ di circa 1.4 × 103 W/m2, che se distribuita uniformemente nello spazio significa che l’output del sole e’ pari a 4 × 1026W. Ciascuna reazione di fusione, in media, produce 25 W, e cosi’ ci debbono essere in media 1038reazioni di fusione per secondo, brucianti 4 × 1038protoni per secondo. A questa rate ci si puo’ aspettare che il sole continui a bruciare il suo idrogeno per altri 1010anni.

Finito di bruciare l’idrogeno i processi di fusione continuano a temperature piu’ alte fino al56Fe, oltre il quale non c’e’ piu’ guadagno in energia nel combinare nuclei. Questo semplice

meccanismo spiega anche l’abbondanza relativa delle varie specie atomiche ( atomi leggeri con Z-pari, prodotti attraverso successive catture di α su12C sono molto piu’ abbondnti che i vicini atomi Z-dispari; praticamente ogni specie sopra il Fe e’ meno abbondante di quelle sotto il Fe.

5.2.1 Fusione controllata

Il punto cruciale per controllare le reazioni di fusione ed estrarne energia usabile sta nello

scaldare un fuel termonucleare a temperature dell’ordine di 108 K ( energie cinetiche medie di 10 KeV) e contemporanamente mantenere una densita’ sufficientemente alta per un tempo

sufficientemente lungo tale che la rate delle reazioni di fusione sia grande abbastanza da generare la potenza desiderata.

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Ci sono diversi passi che debbono essere fatti prima di arrivare ad un sistema di reattore a fusione autosostenentesi; tutti hanno a che fare con la quantita’ di energia generata confrontata all’energia richiesta in input per portare il gas alla temperatura necessaria e rimpiazzare l’energia persa per avere una reazione stazionaria. Alla temperatura di fusione gli atomi sono ionizzati ed il ”fuel”

sara’ sotto forma di plasma, costituito da una nube elettricamente neutra di ioni positivi ed elettroni. Le proprieta’ elettrostatiche di un plasma determinano una scala di lunghezza chiamata la lunghezza di Debye che permette di avere una stima del n. di particelle per unita’ di lunghezza

LD = (4πo

e2 kT 4πn)1/2 (5.7)

dove n e’ la densita’ media di elettroni e ioni. Per capire il significato di questa lunghezza si consideri un plasma con la densita’ di un solido, 1028m−3, come scala, la lunghezza di Debye per questa densita’ di un plasma a 10-KeV e’ dell’ordine di 10−8m, che significa 104particelle in un volume di plasma delle dimensioni di una lunghezza di Debye; per un plasma rarefatto, densita’

di 1022m−3, la LD= 10−5m ed il numero di particelle in un volume L3D e’ circa 107.

5.2.2 Produzione di Energia nel Plasma

Per creare un plasma, bisogna scaldare un gas, ad es. deuterio o tritio, ad alta temperatura di modo che per mezzo delle collisioni atomiche gli atomi si ionizzino completamente. Prendendo come esempio lun gas di idrogeno a temperatura T contenente rispettivamente nne ni atomi neutri e ionizzati per m3. La densita’ degli elettroni liberi nesi supponga uguale alla densita’

degli ioni ni. La densita’ totale di protoni, come ioni o atomo neutro, sara’

n = ni+ nn= ni+ ne. La frazione di ionizzazione f ≡ ni/n e’ data dall’equazione di Saha f2

1 − f = 1

n(2πmekT

h2 )3/2e−I/kT (5.8)

dove T e’ la temperatura in K, k la costante di Boltzman e I e’ l’energia di ionizzazione

necessaria per rimuovere l’elettrone piu’ esterno da un atomo neutro. 1 Nel plasma gli ioni hanno una distribuzione maxwelliana delle energie per cui quello che conta e’ il valor medio < vσ >.

Per ciascuna reazione di fusione l’energia rilasciata e’ pari al Qf us-value. La densita’ di potenza di fusione generata dal plasma e’ quindi

Pf us = n1n2 < vσ > Qf us (5.9) avendo indicato con n1,2la densita’ delle due specie di ioni.

Dalla Fig. Il plasma irraddiera’ energia, principalmente per bremsstralhung dovuto all’interazione tra elettroni e ioni, ad una rate che dipendera’ dalla sua temperatura T e questa sara’ il

meccanismo principale di perdita di energia.

1Ad es. per rimuovere un isotopo dell’idrogeno I = 13.06 eV e se si hanno n = 2 × 1021atomi, il 95% degli atomi sono ionizzati at una temperatura di T = 13.150 K, mentre alla temperatura ambiente la frazione di atomi ionizzati e’

piccolissima, f = 1.5 × 10−106.

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Il fenomeno di bremsstrahlung si manifesta quando due particelle cariche interagiscono tra di loro e subiscono accelerazione; si puo’ mostrare che la perdita di energia per bremsstrahlung per unita’

di volume in un plasma e’ proporzionale a√

T e a Z2 dove Z e’ il numero di massa dell’atomo ionizzato. La potenza per unita’ di volume irradiata per bremsstrahlung si puo’ dimostrare che e’

Pbr = 4πnneZ2e6ve 3(4πo)3mec3~

(5.10) essendo mee vela massa e velocita’ media degli elettroni, n e nela densita’ degli ioni ed elettroni e prendendo per vela velocita’ media della distribuzione di Maxwell-Boltzmann,

ve =p3kT/me.

Inserendo i coefficienti numerici si ottiene Pbr = 0.5 × 10−36Z2n ne(kT)1/2W/m3. Ad alte temperature tutte le perticelle cariche, ma sopratutto gli elettroni, irraggiano per radiazione di sincrotrone dovuto al moto nel campo magnetico di confinamento del plasma.

Al di sotto di una certa temperatura, l’energia persa per bremsstrahlung supera l’output di energia da fusione, ma la temperatura in un reattore a fusione deve essere maggiore di quanto persa per bremsstrahlung al fine di averne una quantita’ sufficiente a mantenere il plasma. Quando la perdita di potenza del plasma eguaglia la potenza generata, il plasma e’ detto essere alla critical ignition temperatureTc.

Figure 5.6: Perdita per Bremstrahlung vs potenza prodotta

Questa temperatura dipende dalla densita’ degli ioni nel plasma ed anche dalla natura dei costituenti il plasma. Ad es. , vedi Fig. 5.6, nel caso di plasma D-T per una densita’ ionica di 1021m−3, kT deve essere kT > 4KeV, ma deve essere maggiore di 40 KeV per il plasma D-D;

altra indicazione della superiorita’ del D-T rispetto al D-D. La dipendenza da Z2 significa che l’uso di nuclei con Z¿1, come He-3, per il fuel e’ meno favorita perche’ ci sara’ piu’ perdita

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dovuta a bremsstrahlung ed inoltre una barriera di Coulomb piu’ alta, condizioni tali che spingono ad una piu’ alta temperatura di fusione.

L’energia della fusione termonucleare viene fornita dall’energia dei prodotti della reazione nucleare. Il cosidetto punto di rottura, break-even, si ha quando l’energia da fusione uguaglia l’energia necessaria a mantenere la condizione di plasma. In un plasma D-T, i prodotti sono neutroni e particelle α, questo significa che i neutroni si portano via la loro energia e quindi e’

necessario in ogni caso fornire energia dall’esterno per mantenere la temperatura del plasma.

P untodiignizione e’ invece lo stadio in cui l’energia delle particelle α, mantenute nel plasma, e’

sufficiente ad autoriscaldare il plasma e compensare per tutta l’altra energia persa; a questo punto non e’ piu’ necessario fornire energia al plasma, in principio, e la reazione incomincia ad essere auto sostenentesi.

Un primo passo per arrivare allo stadio di break-even o di ignizione e’ quello di essere capaci di confinare un plasma, caldo, reagente per un tempo sufficiente perche’ l’energia nucleare prodotta ecceda l’energia necessaria a creare il plasma.

5.3 Fusione confinata magneticamente

Una utile misura applicabile ad un reattore a fusione e’ il fattore di guadagno dell’energia di fusione, indicato con Q, che e’ il rapporto tra la densita’ di potenza di fusione Pf use la potenza esterna fornita ad un’unita’ di volume del plasma per mantenere la reazione costante. Parte della potenza di riscaldamento del plasma viene direttamente dai prododdi della fusione che

trasferiscono l’energia cinetica al plasma, ma non basta per cui e’ becessario fornire una certa quantita’ Pheatdall’esterno. Quindi Q = Pf us/Pheat. Indicando con fcPf usla potenza di riscaldamento dei prodotti di fusione, con fcla frazione di energia di fusione acquistata dai prodotti di fissione, ( per la reazione D-T fc=1/5, si puo’ scrivere per la Q

Q ≡ Pf us

Pheat = Pf us

ηheatfrecircηelect(1 − fc)Pf us = 1

ηheatfrecircηelect(1 − fc) (5.11) in cui ηheatindica l’efficienza elettrica di conversione del calore recuperato dal blanket, frecirc

indica la frazione di quella potenza elettrica usata per il reattore ed infine ηelecte’ l’efficienza con cui la potenza elettrica e’ convertita in potenza per mantenere il plasma.

Poiche’ un impianto di potenza a fusione e’ costruito per produrre energia per uso esterno, e’

necessario che la frecircsia minore di uno, ad es. 0.25; se si assume che ηheat' 0.75 ,

ηelect ' 0.35 allora per un plasma D-T Q deve essere di circa 20. Chiaramente perche’ il plasma sia in grado di autoriscaldarsi in condizioni di autosostentamento il fattore Q dovrebbe essere infinito. La condizione Q = 1 indica la codizione di break even, che significa che il plasma stesso deve generare il 20% di potenza di riscaldamento del plasma dalle sole particelle alfa prodotte, poiche’ Eα/Qf us= 3.5 MeV/17.6 Mev ' 0.20.

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5.3.1 Tempo di confinamento

Un metodo per confinare il plasma e’ di usare un campi magnetici generati da correnti circolanti in spire che avvolgono la camera di ignizione. Gli elettroni e ioni spiralizzano lungo le linee di forza del campo magnetico, applicando campi magnetici di diversa forma e varianti in tempo si riesce a confinare il plasma spazialmente e costringerlo a seguire un cammino chiuso all’interno della camera di contenimento. Se venisse a contatto con le pareti della camera, ovviamente il plasma si raffredderebbe perche’ cederebbe energia alle pareti.

Il plasma confinato e’ suscettibile di varie instabilita’ e a perdita di particelle che sfuggono dalla traiettoria di confinamento. Tuttavia il tempo di confinamento deve essere tale da far si’ che venga generata una sufficiente energia di fusione e di riscaldare, con i prodotti di nuove fusioni, il nuovo carburante immesso per mantenere la necessaria densita’ del plasma, ma anche non deve essere troppo lungo da far si’ che gli elettroni non acquistino troppa energia che le perdite per radiazione di sincrotrone siano troppo grandi.

Lawson [1957] ha dedotto una semplice legge per il tempo di confinamento dall’osservazione che in un plasma acceso la densita’ di potenza che va a finire nel riscaldamento del plasma stesso, Pheat, deve eccedere la densita’ di potenza persa, Ploss, quindi la definizione di tempo di confinamento dell’energiaτE e’

τE = contenutodienergiadelplasma

Ploss = 1

Ploss(n + ne)2

3kT = 3nkT

Ploss (5.12) Qui si e’ tenuto conto che l’energia cinetica di elettroni e ioni nel plasma ha una distribuzione tipo Maxwelliana 3kT /2 e che n = ne. Ora dalla 5.9 si ricava la Pheat, maggiore di Ploss, con Qf us= all’energia cinetica Ecdi tutte le particelle cariche prodotte nella fusione, es. 3.5 MeV per la reazione D-T. Cosi’ il criterio di Lawson diventa

n1n2 < σv > Ec ≥ 3nkT /τE (5.13) Nel caso della reazione D-T n1 = n2 = n/2 per cui la relazione diventa

E ≥ F ≡ 12 Ec

kt

< σv > (5.14)

La Fig. 5.7 mostra la variazione di F per le reazioni D-D e D-T e si vede che per raggiungere il break evene’ necessario nτE > 1014s cm−3per reazioni D=T e nτE > 1016s cm−3per quella D-D.

Un parametro di merito: Il prodotto triplo

Una figura di merito utilizzata per valutare la raggiunta condizione di fusione e’ il cosidetto prodotto triplo

ET ≥ F ≡ 12 Ec

kt2

< σv > (5.15)

(14)

Figure 5.7: Variazioni di F( solida ) e kFT( tratteggiata) vs T Questa relazione mostra come la temperatura e la densita’ del plasma possano variare

grandemente. Ora la massima pressione, pmax, che il plasma puo’ esercitare verso l’esterno che deve essere bilanciata dal campo magnetico e’ limitata. Per un gas ideale p = nkT , e quindi dalla 5.9

Pf us= 1 4

p2max

k2T2 < σv > Qf us (5.16)

Da cui si vede come per un reattore la massima potenza ottenibile si ottiene alla temperatura del plasma che minimizza il rapporto T2/ < σv >.

Per i reattori di tipo Tokamak. si e’ visto empiricamente che essi sono indipendenti dalla densita’

e quasi insensibili alla temperatura, ∝ T−1/3, per cui il triplo prodotto e’ un buon criterio per la valutazione del tempo di confinamento.

Per la reazione D-T il triplo prodotto ha un valore pari a

ET ≥ ×1015keV s cm−3

questa relazione fissa dei valori ben precisi per la condizione di operativita’ di un reattore a fusione, ed e’ riferita come il Lawson’s criterion.

Se un plasma D-T ha il punto di lavoro a kT = 20 KeV, dalla Fig. precedente si ricava < vσ > = 4.5×10−22m3s−1per cui si ricava nτ >3×1019s m−3.Questo significa che se, ad esempio n=1020 m−3, il tempo di confinamento deve essere superiore a 0.3 s.

Un plasma D-D richiederebe di essere portato a temperature superiori a causa del bremsstrahlung.

Operando a 100KeV si dovrebbe arrivare a nτ ≥ 3 ×1021sm−3per soddisfare il criterio di Lawson, che e’ 100 volte maggiore del caso precedente D-T.

(15)

Temperatura, densita’ del plasma e tempo di confinamento sono punti che debbono essere

soddisfatti contemporaneamente in un reattore funzionante e la quantita’ chiamata prodotto triplo nτ T e’ spesso usata per misurare la difficolta’ di arrivare ad un particolare obiettivo. Negli esempi precedenti il prodotto triplo per arrivare a soddisfare il criterio di Lawson richiede , per D-T a 20 KeV, 6×1020s KeV m−3 mentre per il D-D a 100 KeV esso e’ 3 × 1023s KeV m−3.

5.4 Progresso nella ricerca della fusione nucleare per uso commerciale

Gli scienziati ed ingegneri sono concentrati su due differenti approcci nel cercare di sviluppare un reattore a fusione. Il primo, su cui si sono concentrati maggiormente gli sforzi, e’ la fusione a confinamento magnetico, (MCF). Esso si basa sul fatto che un plasma consiste di particelle cariche e cerca di confinarle in una regione termicamente isolata dal resto usando una speciale configurazione di campi magnetici. Il secondo approccio, chiamato fusione a confinamento inerziale, (ICF), impiega piccole sfere, pellet, di materiale fusibile che vengono fatte implodere con tale violenza che la parte interna, core, diventa surriscaldata, attiva una miniesplosione termonucleare e irraggia energia usabile.

Confinamento magnetico Una particella con carica q che si muove in un campo magnetico uniforme B e’ sottoposta alla forza di Lorentz qv×B. Se v forma un angolo retto con B, la particella si muove su un’orbita circolare con una frequenza conosciuta come frequenza di ciclotrone, f = qB/2πm. Questa frequenza dipende dalla massa della particella, ma ad energie non relativistiche, essa e’ indipendente dalla velocita’. Gli elettroni circolano ad una frequenza e gli ioni ad un’altra frequenza. Se la particella ha una componente della velocita’ V||parallela a B, non ci sono forze addizionali dovute a cio’ e v|| rimane costante. La particella si muove secondo un cammino elicoidale lungo la direzione del campo con un passo che dipende dal rapporto delle componenti della sua velocita’, parallele e ortogonali a B. Essa e’ confinata in due dimensioni in pratica. Due metodi sono stati proposti per prevenire la perdita della particella lungo la direzione del campo. Uno e’ di usare specchi magnetici per riflettere la particella e riportarla sull’orbita, l’altro e’ di usare una geometria a campo chiuso in cui la particella puo’ circolare

indefinitivamente.

In uno specchio magnetico, la forza del campo e’ arrangiata in modo tale che essa e’ maggiore agli estremi che nel mezzo del campo, in questo modo la particella quando raggiunge un estremo del campo, a causa della componente del campo non piu’ ortogonale alla direzione, la particella e’

riflessa all’indietro verso il campo piu’ debole e inizia cosi’ un palleggiamento tra i due estremi:

la particella rimane intrappolata. Lo stesso capita per le particelle risultanti dai raggi cosmici che sono intrappolate dal campo magnetico della terra; questo campo e’ molto forte ai poli e debole all’equatore, le particelle intrappolate costituiscono la cintura di radiazione di Van Allen,

pericolosa per gli astronauti. Se pur semplice il concetto di specchio magnetico difficile e’ la sua applicazione alla fusione.

(16)

Figure 5.8: Principio di funzionamento tokamak di CM

Il metodo alternativo e’ di usare dei campi magnetici a geometria chiusa, la forma piu’ semplice di campo e’ un campo toridale, che e’ prodotto facendo passare una corrente attraverso un

solenoide chiuso su se, come una ciambella. In principio, una particella intrappolata in un campo toroidale puo’ circolare indefinitivamente. Tuttavia in condizioni pratiche un campo magnetico toroidale non e’ mai uniforme e diventa sempre piu’ debole a grandi raggi. Questo comporta instabilita’ del plasma con tutti i problemi connessi. Si e’ trovata una soluzione con un secondo campo poloidale che ha il compito di correggere l’orbita.

Tokamak, che usano questa tecnica, sono stati sviluppati in Russia. I piu’ grandi tokamak correntemente in operazione sono il JET ( Europa), TFTR (USA) e JT-60 (Giappone).

Fusione a confinamento inerziale, ICF Nella fusione a confinamento inerziale per estrarre energia di fusione, una sferetta di circa 1-3 mm di diametro e contenente diversi milligrammi di miscela deuterio-trizio e’ compressa e scaldata rapidamente da brevi impulsi ( lunghi circa da 1 a 10 ns)di fasci laser molto energetici, fasci di ioni o raggi X che colpiscono simultaneamente la sferetta da diverse posizioni. Lo strato esterno incandescente della sferetta rapidamente esplode producendo una forza di reazione verso il centro della sferetta che accelera il resto della sferetta e manda onde d’urto verso il centro. Queste onde d’urto comprimono il f uel nel centro ad una densita’ elevatissima e lo scaldano ad temperatura sufficientemente alta ( circa 108K) per cui si raggiungono le condizioni per reazioni di fusione. I prodotti delle reazioni di fusione a loro volta innescano, cedendo energia, altre reazioni di fusione nel fuel circostante prima che la sferetta si disintegri, Il problema e’ che solo una piccola parte del fuel viene fusionato, vedi Fig. 5.9.

(17)

Figure 5.9: Sequenza di attivazione fusione con ICF ICF

Lo scopo della ICF e’ di avere un alto guadagno di targhetta, G definito come il rapporto dello yield di energia da fusione all’energia fornita ai fasci, quindi per ottenere un grande G e’

necessario che una larga parte del fuel fusioni durante il tempo di confinamento inerziale τE. Per ua targhetta sferica di raggio R, il tempo di confinamento puo’ essere approssimato al tempo che impiegano gli ioni a percorrere la distanza R, la loro velocita’ termica essendo uguale alla

velocita’ del suono v =√

kT /m,

τE = R/v = R

r m

kT (5.17)

con m la massa media degli ioni che fusionano. La condizione di alto guadagno, ρR, richiede che il numeri di fusioni uguagli il numero di ioni di deuterio o tritio durante il tempo di confinamento τE, cioe che tutto il fuel sia consumato. Ora per un plasma D-T, con n1 = n2 = n/2, la massima densita’ di rate della reazione e’ n2 < σv > /4. Al termine della fiammata la densita’ della rate e’

quasi zero per cui la densita’ media di rate di reazione e’ RR = n2 < σv > /8. Richiedere che tutti gli ioni fusionino significa richiedere che RRτEV ' (n/2)V , cosi’

n2

8 < σv > τE ' n

2 (5.18)

Con la densita’ del plasma e’ ρ = mn, sostituendo nelle precedenti relazioni si ricava il criterio ρR

ρR ≥ 4

√ mkT

< σv > (5.19)

(18)

Per un plasma D-T ρR ≥ 3g/cm2ad una temperatura kT = 50 keV. Il crierio di Lawson per il confinamento inerziale diventa nτE ≥ 4/ < σv > ed il prodotto triplo

eT ≥ 4T

< σv > (5.20)

La ICF ha un prodotto triplo 10-20 volte maggiore della fusione a confinamento, questo e’ dovuto al fatto che l’assemblaggio del fuel e’ meno efficiente. Nel caso di ICF il termine ”ignition” ha significato diverso da quello della fusione a confinamento magnetico, infatti riferisce alla

condizione che tutte le particelle alpha siano stoppate e quindi cedendo tutta l’energia scaldino il plasma. Percio’ e’ richiesto che il remine ρR abbia un valore di 0.2 g/cm2.

Il sistema che produce l’energia di inout compressiva e’ chiamato driver; i driver come il laser e i fasci di ioni che comprimono direttamente i pellet sono a loro volta dei direct driver, ma possono anche esserce dei indirect driver se invece vanno a scaldare una ”camera di combustione” che racchiude i pellet.

Per produrre elettricita’ col la tecnica di ICF, i pellet vengono immessi, ogni pochi secondi, in una camera di reazione e quindi accesi dalla pressione dei driver per generare plasma. La radiazione del plasma caldo viene passa attraverso la parete della camera di reazione ed assorbita da litio liquido che ha la funzione di assorbire il calore, di frenare i neutroni e di produrre reagendo con i neutroni del tritio che verra’ recuparato e rimesso in gioco. Il litio liquido caldo poi viene fatto passare in un generatore di vapore che poi sara’ utilizzato per generare, mediante un sistema turbogeneratore, elettricita’.

5.4.1 Problemi tecnici della fusione per la produzione di energia

Il cammino per arrivare alla produzione di energia elettrica mediante macchine a fusione e’ ancora lungo e richiedera’ decenni ancora. Primo problema e’ dimostrare che le macchine sono in grado di arrivare al break-even e quindi in grado di produrre piu’ energia da fusione di quanta necessaria per attivare la fusione. Sono macchine con un fattore-Q ≥ 1. Il reattore ITER dovrebbe arrivarci verso il 2020. Dopo di che si deve dimostrare di essere in grado di costruire macchine con alto guadagno G > 15 − 20 con tutte le opzioni tecniche possibili. Quindi un prototipo di impianto per la produzione di energia elettrica deve essere costruito e dimostrare che sara’ in grado di operare per diversi anni in sicurezza e con alta affidabilita’. Sebbene la potenza da fusione sia ritenuta piu’ adatta di quella da fissione, a causa delle scorie radioattive , i campi intensi di neutroni prodotti nelle reazioni D-T danneggiano rapidamente il materiale esposto per cui sara’

necessario procedere a sostituzioni, da remoto, degli elementi del reattore danneggiati dalla radiazione neutronica in modo sicuro e frequentemente e questo sara’ un passo fondamentale per l’avvio della costruzione di impianti a fusione. Ci vorranno ancora parecchie decine di anni, ma la immensa potenza ricavabile con la fusione e’ un buon motivo per continuare su questa strada.

Riferimenti

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