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La poliedrica natura della confisca* D F C

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ÉSIRÉE

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ONDAROLI La poliedrica natura della confisca*

La confisca poliedrica e camaleontica è oggetto di interventi normativi e di interpretazioni giurispruden- ziali che di volta in volta qualificano la natura dell’istituto, senza che tuttavia da ciò discenda la possibili- tà di inquadrare in modo chiaro le diverse misure e di individuare principi generali di riferimento.

Multifaceted nature of confiscation

Multifaceted and chameleon confiscation is the subject of regulatory interventions and jurisprudence interpretations that from time to time qualify the nature of the institute, without, however, deriving from this the possibility to clearly frame the different measures and to identify general principles of reference.

SOMMARIO. 1. La poliedricità della confisca. – 2. I marcatori della natura della confisca. - 3. Considera- zioni conclusive.

1. La poliedricità della confisca. La natura della confisca può essere a buon diritto definita poliedrica, e ciò con riferimento non solo alla confisca penale in senso stretto, ma anche a quella amministrativa prevista, ad esempio, nel D.Lgs. 58/1998, che consente alla Consob di applicare misure ablative parti- colarmente significative, dando luogo ad un dibattito non sopito circa il divie- to di bis in idem in materia di abusi di mercato.

Come il poliedro, limitato da un numero finito di poligoni disposti in modo tale che ciascun lato sia comune a due figure, anche le caratteristiche – i “lati”

- delle diverse figure di confisca sono comuni a più di esse.

Alla generale definizione di confisca come ablazione patrimoniale si coniuga la natura afflittiva, comune, a mero titolo esemplificativo, alla confisca per equivalente e alla confisca prevista a carico degli enti dagli artt. 9 e 19 D.Lgs 231/2001, ma a propria volta, la natura afflittiva ha talvolta valenza accessoria, come nel caso dell'articolo 240-bis c.p.

L'ablazione di tipo patrimoniale gioca anche un ruolo preventivo, comune alla confisca-misura di sicurezza e alla confisca-misura di prevenzione, la cui disciplina peraltro denuncia la propria natura anche afflittiva radicata nel pos- sesso della qualifica soggettiva di pericolosità generica o di pericolosità speci- fica, sulla quale si tornerà.

E ancora. L’effetto di azzeramento di un arricchimento non dovuto ai sensi dell’art. 6, co. 5 del D.Lgs 231 del 2001 svolge altresì funzione ripristinatoria di una situazione giuridica di vantaggio derivante da reato, anche in assenza di colpevolezza in organizzazione dell’ente.

La “misura” costituisce quindi «un istituto “neutro”, capace di assumere natu-

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della capacità della confisca di adattarsi all'ambiente normativo di riferimento e di recepire le peculiari finalità, che, per suo tramite il legislatore intenda, di volta in volta, perseguire»1.

In sintesi, i vari e molteplici profili della confisca, talvolta in conflitto l’uno con l’atro, escludono la possibilità di reductio ad unum.

La giurisprudenza da tempo ha registrato tale realtà come conferma, ad esempio, la sentenza 31989/2006 della Seconda sezione della Corte di Cassa- zione, secondo cui, ferma restando la sua natura di privazione di beni eco- nomici, le finalità cui essa può essere in diretta sono diverse e assumono di volta in volta natura e funzione di pena, ovvero di misura di sicurezza o anche di misura amministrativa: al di là quindi del profilo nominalistico, «ciò che, pertanto, spetta di considerare non è una astratta e generica figura di confisca ma in concreto la confisca così come risulta da una determinata legge».

Nello stesso senso la sentenza delle Sezioni unite penali n. 38343 del 2014 (sentenza Thyssenkrupp), che ha aderito ad un orientamento ormai consoli- dato.

È quindi la legge, il contesto normativo in cui la confisca è collocata, a deter- minarne la natura e, di conseguenza, a dettare le regole generali che presie- dono alla sua applicazione e l’estensione delle garanzie assicurate alle misure di carattere penale o parapenale.

Non è di secondario rilievo, in ogni caso, che benché la disciplina oggetto di analisi sia la misura definitiva, i casi sub iudice concernono per lo più la misu- ra cautelare del sequestro preventivo disposto a fini di confisca ex art. 321, co.

2 c.p.p. Lo si ritiene scontato, ma i presupposti di applicazione della disposi- zione hanno impegnato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale nella defini- zione dei requisiti di legittimità, enucleati, infine, in quelli specifici della ipote- si di confisca applicabile nel caso di specie, nonché nel fumus delicti, a lungo non valorizzato ai fini della disposizione della misura cautelare di tipo patri- moniale.

Il quadro è composito: confisca generale, che si riteneva abolita ma che affio- ra nelle figure della confisca per equivalente e della confisca ex articolo 240- bis c.p.; confisca speciale, sempre meno “speciale” in quanto diluita dal con- cetto in costante espansione di “profitto” del reato; confisca diretta; confisca

* Il contributo trae ispirazione dall’intervento al Convegno “Lo statuto incerto della confisca. Incontro di studiosi per l’avvio di un percorso di ricerca”, Università “La Sapienza”, Roma, 8 aprile 2019.

1 Così Cass., Sez. un., 2 febbraio 2015, n. 4880, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 922 (con nota di MAU-

GERI).

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allargata; confisca di prevenzione. Un ginepraio di ipotesi speciali che rimar- cano la pluralità delle tipologie e che ripropongono una mai del tutto sopita diatriba circa l’obbligatorietà della confisca.

In tema di confisca senza condanna la declaratoria di prescrizione ed i suoi effetti sulla confisca hanno trovato espressione nella riforma legislativa che ha inserito l'art. 578-bis nel codice di procedura penale, avendo a mente una giu- risprudenza consolidata circa il valore del fatto giudicato come illecito e anti- giuridico in concreto, sebbene non oggetto di sentenza di condanna.

Se è dunque la “legge” in cui la confisca è disciplinata a stabilirne i confini, da un lato, è necessario prendere atto che il termine risulta spogliato di ogni si- gnificato evocativo al di là di quello connesso al mero contenuto di “espro- priazione di beni” e privato di qualunque significatività dal punto di vista delle categorie interpretative; dall’altro, nel silenzio, ovvero nella ambiguità del te- sto normativo, sarà l’interprete, e solo l’interprete, maxime quindi la giuri- sprudenza, a decretare di volta in volta la natura della confisca e, conseguen- temente, a collocarla nella cornice di garanzie cui tale natura corrisponde.

2. I marcatori della natura della confisca. Alcuni indici, evincibili dal contesto normativo e/o dalla interpretazione giurisprudenziale, possono costituire elementi di valutazione ai fini della individuazione della natura della misura:

così l’intangibilità della confisca in caso patteggiamento, che dà luogo a una sentenza equiparata a quella di condanna pur non essendo tale, e l’ammissibilità della cui richiesta è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto dei reati contro la p.a. elencati dall’art. 444, co. 1-ter c.p.p.

Si pensi anche alla sopravvivenza della confisca rispetto alla estinzione del reato, cui si è accennato. Da ricordare la sentenza delle Sezioni unite n.

31617/2015, secondo cui il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare, a norma dell'art. 240, co. 2, n.

1, c.p., la confisca del prezzo del reato e, a norma dell'art. 322-ter c.p., la confisca del prezzo o del profitto del reato, «sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell'imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato»2.

La controversa giurisprudenza che si è espressa in materia di confisca urbani-

2 Cass., Sez. un., 21 luglio 2015, Lucci, in Mass. Uff., n. 31617.

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stica appare particolarmente incisiva: dalle sentenze Sud Fondi3 e Varvara4 della Corte CEDU che, in forza della acclarata natura penale della confisca in questione, ha rilevato la violazione del principio di legalità sancito dall'art. 7 Cedu in caso di applicazione della confisca urbanistica nelle ipotesi di pro- scioglimento per estinzione del reato, sino alla sentenza della Grande Came- ra del 28 giugno 20185, la quale, di contro, ha dichiarano la compatibilità con l'art. 7 della Convenzione della confisca urbanistica disposta a seguito di un accertamento che, pur non avendo le caratteristiche formali della condan- na, ne presenti i requisiti sostanziali in punto di verifica della sussistenza di tutti i requisiti, oggettivi e soggettivi, del reato (sub specie di lottizzazione abusiva).

Distinto il caso della confisca per equivalente, la cui natura afflittiva, dichiarata da tutte le Corti superiori, induce ad una rigorosa applicazione del principio di riserva di legge, come ribadito, ad es., in relazione al patteggiamento in ambito di applicazione della l. 146/2006 per i reati transnazionali, il cui art. 11 subordina la confisca alla sentenza di condanna6.

E si è già citato l’art. 578-bis c.p.p. secondo cui, quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell'art. 240-bis c.p. e da altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall'art 322-ter c.p., il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescri- zione o per amnistia, decidono sull'impugnazione e sugli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato.

Temi forse di scarsa attualità, se la cosiddetta legge “spazzacorrotti”, o “spaz- zaprescrizione”, che ha profondamente inciso sul regime estintivo, supererà il vaglio della Corte Costituzionale destinataria di numerose ordinanze di re- missione di questioni di legittimità.

b) Vi è tuttavia un altro profilo della confisca senza condanna che suscita at- tenzione, al di fuori di quanto emerge in relazione alla prescrizione. Basti pensare al contenuto della direttiva 2014/42/UE del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato, e al Regolamento 2018/1805/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018, concernente il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento di confisca

3 Corte EDU, Sez. II, 30 agosto 2007, Sud Fondi srl e altri c. Italia.

4 Corte EDU, Sez. II, 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia.

5 Corte EDU, Grande Camera, 28 giugno 2018, G.I.E.M. e altri c. Italia.

6 Cass., Sez V, 29 gennaio 2019, Proc. Gen. Corte App. Palermo, in Mass. Uff., n. 14386.

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La Direttiva mira ad agire come controspinta all’interesse principale della criminalità organizzata transfrontaliera di conseguire il massimo profitto eco- nomico e presuppone che per contrastare ogni forma di criminalità, sia dal punto di vista della prevenzione che da quello della repressione, debbano essere neutralizzati i proventi da reato ed adottate misure estese a qualsiasi bene derivante da attività di natura criminosa.

La disciplina contiene la previsione di gravi conseguenze legali incentrate so- prattutto sul congelamento e la confisca di beni strumentali e dei proventi da reato, e presuppone la condanna definitiva.

É tuttavia ammesso che la confisca possa essere estesa quando un'autorità giudiziaria sia convinta che i beni oggetto di indagine derivino da condotte criminose. In tali ipotesi il considerando n. 21 stabilisce che «sia sufficiente che l’autorità giudiziaria ritenga, in base ad una ponderazione delle probabili- tà, o possa ragionevolmente presumere, che sia molto più probabile che i be- ni in questione siano il frutto di condotte criminose piuttosto che di altre atti- vità. In tale contesto l'autorità giudiziaria deve considerare le circostanze spe- cifiche del caso, compresi i fatti e gli elementi di prova disponibili in base ai quali può essere adottata una decisione di confisca estesa. Una sproporzione tra i beni dell’interessato e il suo reddito legittimo può rientrare tra i fatti ido- nei ad indurre le autorità giudiziaria a concludere che i beni derivano da con- dotte criminose».

La Direttiva, dunque, per un verso, presuppone che la confisca sia preceduta da una sentenza di condanna definitiva, e, dall'altro, ammette la confisca allar- gata o estesa. Questa, nel nostro ordinamento, è stabilita con funzione di pe- na accessoria ai sensi dell'art. 240-bis c.p., che ha sostanzialmente sostituito l'art. 12-sexies D.L. 306/1992, e come misura di prevenzione, regolata oggi dal D.Lgs. 159/2011. Mentre l’art. 240-bis c.p. disciplina la confisca in casi particolari in cui sia stata pronunciata la sentenza di condanna o di applica- zione della pena su richiesta a norma degli artt. 444 ss c.p.p., la confisca di prevenzione poggia, come noto, sul fondamento della pericolosità generica o atipica, ovvero su quello della pericolosità specifica, come si accennerà di se- guito, e può essere disposta anche nei confronti di persona sottoposta alla mi- sura di sicurezza detentiva o alla libertà vigilata (art. 18, u.c.).

Il regolamento 2018/1805/UE, per contro, ha una portata molto più estesa, ponendo in secondo piano la relazione tra sentenza definitiva di condanna e provvedimenti di congelamento o comunque ablazione di beni.

In particolare, il considerando n. 13 stabilisce che il Regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i provvedimenti di congelamento e di confisca e messi nel

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quadro di un «procedimento in materia penale», intendendosi per tale «un concetto autonomo del diritto dell'Unione interpretato dalla Corte di Giusti- zia dell'Unione europea, ferma restando la giurisprudenza della Corte euro- pea dei diritti dell'uomo. Tale termine contempla pertanto tutti i tipi di prov- vedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi in segui- to a procedimenti connessi ad un reato, e non solo i provvedimenti che rien- trano nell'ambito di applicazione della Direttiva 2014/42/UE. Esso contempla inoltre altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definiti- va», anche quelli assunti «nell’ambito di indagini penali svolte dalla polizia e da altri servizi di contrasto». Restano esclusi dall’oggetto del Regolamento i provvedimenti di congelamento e di confisca adottati nel quadro di procedi- menti in materia civile e amministrativa.

In forza della disposizione, i citati provvedimenti, pur non essendo previsti nell'ordinamento di uno Stato membro, tuttavia debbano essere riconosciuti se emessi da altro stato dell'Unione.

Quanto all’articolato, il Regolamento fa riferimento al «procedimento in ma- teria penale» (art. 1, co. 1), escludendo i provvedimenti emessi nel quadro di un procedimento in materia civile o amministrativa (art. 1, co. 4), senza tutta- via esplicitarne il contenuto, nemmeno nel contesto dell’art. 2 contenente le

“definizioni”, il quale pure estende la nozione di «bene» a qualsiasi bene (tra l’altro) «passibile di confisca ai sensi di altre disposizioni relative ai poteri di confisca, compresa la confisca in assenza di condanna definitiva» (art. 2, n. 3, lett. d).

c) La natura della confisca può essere condizionata dal concetto di “profitto”.

Esemplare la vexata quaestio della confisca del profitto dei reati tributari, di per sé resa complessa dal tema non del tutto risolto della riconducibilità al concetto di “provento” delle somme non corrisposte in relazione all’illecito tributario: si pensi all’art. 1, co. 143 l. 244/2007, cha ha introdotto l’art. 322- ter c.p., prevedendo originariamente la confisca per equivalente rispetto al profitto, e non al prezzo. Da qui le pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che con decisioni contraddittorie, hanno optato in un primo tempo per la necessaria interpretazione estensiva, e poi per l’inammissibilità della interpretazione ritenuta analogica in malam partem in relazione ad una misura afflittiva come la confisca per equivalente7, sino all’invocato intervento legislativo, che nel contesto della l. n. 190/2012 ha espressamente inserito

7 Cass., Sez. un., 22 novembre 2005, Muci, in Riv. pen., 2006, 37 ss.; Id., Sez. un. 6 ottobre 2009, n.

38691, C.L., in DeJure.

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l’equivalenza del prezzo tra le alternative ammesse dalla norma.

La successiva riforma del D.Lgs. 74 del 2000 ha introdotto nel corpo del te- sto unico una specifica ipotesi di confisca (art. 12-bis).

L’ultimo comma di detta disposizione è sintomatico della natura, nel contesto de quo, della confisca, la quale non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, salvo poi trovare applicazione in caso di mancato versamento.

Atteso che il primo comma prevede la confisca (anche in misura equivalente) del profitto (inteso anche quale risparmio di spesa) o del prezzo del reato tri- butario (ravvisato, ad es., nel pretium sceleris corrisposto all’emittente delle fatture false da parte dell’utilizzatore), il secondo comma consacra la tutela delle pretese creditorie dell’Amministrazione finanziaria, nel senso del privi- legio accordato al recupero dei crediti erariali. E che tale tutela costituisca il nodo della riforma del d.lgs. 74 del 2000 trova riscontro nell’art. 11, che pu- nisce la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, e nell’art. 13, che contempla casi di non punibilità in caso di integrale pagamento del debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi).

Il fatto che la norma faccia riferimento ad un generico, atecnico e non meglio definito “impegno” del contribuente di restituire, cui viene attribuito valore escludente la confisca, e sul quale il dibattito degli interpreti evidenzia condi- visibili profili di criticità, sottolinea la duttilità assunta dall’istituto della confi- sca, la cui funzione, qualunque essa sia, nel contesto del d.lgs. 74 del 2000 è ancillare rispetto all’interesse prevalente cui si è accennato.

d) Ulteriori spunti con valenza ermeneutica possono trarsi dalla estensione del preteso principio di solidarietà ex art. 110 c.p. ai fini della disposizione del sequestro preventivo e della confisca per equivalente in caso di concorso tra persone fisiche, ovvero tra persona fisica ed ente.

Come in più occasioni evidenziato, in tale ipotesi non è tanto l’art. 110 c.p., che al contrario impone che ciascuno dei correi soggiaccia alla pena prevista per il reato, a dover essere evocato in forza della natura afflittiva riconosciuta alla confisca di valore, quanto piuttosto l’art. 187 c.p., che sancisce il principio della solidarietà per le obbligazioni “ex delicto”.

E del resto, questa stessa giurisprudenza consolidata8 pone a fondamento del-

8 A partire dalle sentenze Cass., Sez. V, 16 gennaio 2004, in Foro it., 2004, II, 685; Id., Sez. III, 14 apri- le 2011, M.G., in Corr. Trib., 2011, 26, 2137; Id., Sez. II, 22 febbraio 2013, n. 8740, in DeJure; Id., Sez. VI, 10 aprile 2018, n. 26621, in Mass. Uff., n. 273256; contra Id., Sez. VI, 2 agosto 2007, Giallon- go, in Riv. pen., 2008, 2, 136. In materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro

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la ablazione la natura di «forma di prelievo pubblico a compensazione di pre- lievi illeciti», sicché nell’ipotesi in commento la confisca opera al contempo in senso sia sanzionatorio che compensatorio, a significare che il polimorfismo dell’istituto si spinge sino a comprendere anche la pluralità delle funzioni del- la medesima misura nello stesso contesto normativo.

e) Infine, la già menzionata confisca di prevenzione, i cui requisiti soggettivi di pericolosità generica o atipica nonché oggettivi di applicabilità sono oggetto di specifici contributi sul tema, ai quali rinvio.

Persino la giurisprudenza C.e.d.u. ha parzialmente mutato rotta sul punto, dopo aver tradizionalmente salvaguardato la legittimità della misura in forza di esigenze di contrasto alla criminalità organizzata e di tutela dell’ordine pubblico, asserendo, in merito ai requisiti soggettivi di applicazione della mi- sura di prevenzione (personale, nel caso sub iudice, ma comuni alla misura patrimoniale), che «né la Legge né la Corte costituzionale hanno individuato chiaramente le “prove fattuali” o le specifiche tipologie di comportamento di cui si deve tener conto al fine di valutare il pericolo che la persona rappresen- ta per la società e che può dar luogo a misure di prevenzione» . La Corte ha pertanto ritenuto che «la Legge in questione non contenga disposizioni suffi- cientemente dettagliate sui tipi di comportamento che dovevano essere consi- derati costituire un pericolo per la società” 9.

La decisione ha trovato riflesso nella sentenza della Consulta n. 24 del 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti previsti dal capo II (misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudizia- ria) si applichino anche ai soggetti indicati nell’art. 1, lettera a), concernente quella fattispecie di pericolosità generica attribuita a “coloro che debbano ri- tenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi”.

La rilevanza della declaratoria in questa sede si desume dal fatto che l’art. 4 è richiamato dall’art. 16 D. Lgs. 159/2011 in punto di individuazione dei desti- natari delle misure di prevenzione patrimoniali.

preventivo funzionale alla confisca per equivalente non è stato esteso ai beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime in quanto il regime deroga- torio previsto dall'art. 9 D.Lgs. n. 74 del 2000 impedirebbe l'applicazione del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo: Cass. Sez. III, 24 agosto 2016, n. 35459, in Dir. & Giust., 2016, 25 agosto 2016.

9 Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017, de Tommaso c. Italia.

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3. Considerazioni conclusive. L’affresco che si delinea, se, per un verso, con- ferma le premesse poste, ovvero la poliedricità dell’istituto, il cui comune de- nominatore è la funzione di prelievo pubblico, per l’altro evidenzia che la vo- luntas legis e la collocazione della misura nei diversi contesti normativi di fatto non consentono di per sé di determinare “definitivamente” la natura della confisca.

Nonostante l’apporto della lettura ermeneutica, la classificazione non è diri- mente: la disciplina di ogni singola figura, infatti, è declinata secondo le pecu- liarità del contesto, determinando regimi autonomi, impermeabili alla preva- lenza di regole generali, che in forza delle molteplici figure sovente si sovrap- pongono gli uni agli altri.

Nel solco della necessità di arginare la bulimica dilatazione delle misure abla- tive in funzione sanzionatoria, a prescindere dalla loro “natura”, si può collo- care il recente intervento della Corte costituzionale in materia di abusi di mercato.

La sentenza n. 112 del 2019, infatti, dichiarando costituzionalmente illegitti- mo l’art. 187-sexies d.lgs. n. 58 del 1998, nel testo originariamente introdotto dall’art. 9, co. 2, lettera a), della legge n. 62 del 2005, nella parte in cui preve- de la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, del «prodotto»

dell’illecito e dei «beni utilizzati» per commetterlo, e non del solo «profitto», nonché nel testo riformato dal D.Lgs. n. 107 del 2018 del «prodotto»

dell’illecito, rileva che «la combinazione tra una sanzione pecuniaria di ecce- zionale severità, ma graduabile in funzione della concreta gravità dell’illecito e delle condizioni economiche dell’autore dell’infrazione, e una ulteriore san- zione anch’essa di carattere “punitivo” come quella rappresentata dalla confi- sca del prodotto e dei beni utilizzati per commettere l’illecito, che per di più non consente all’autorità amministrativa e poi al giudice alcuna modulazione quantitativa, necessariamente conduce, nella prassi applicativa, a risultati san- zionatori manifestamente sproporzionati».

La conclusione della Consulta deriva da alcune premesse: il riconoscimento, da parte della giurisprudenza costituzionale, del principio di proporzionalità ex art. 3 Cost., anche in correlazione con l’art. 27, co. 3 Cost., e l’estensione alle sanzioni amministrative di carattere sostanzialmente “punitivo” di talune garanzie riservate dalla Costituzione alla materia penale, ribadita dall’art. 49, paragrafo 3, C.d.f.u.e. e dall’interpretazione della Corte di Giustizia10.

Ma è proprio avendo riguardo alla “natura” della ablazione che si perviene

10 Corte di Giustizia, 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate SA e altri, in causa C-537/16, paragrafo 56.

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alla declaratoria di illegittimità: in tema di abusi di mercato, infatti, ad avviso della Corte, «mentre l’ablazione del “profitto” ha una mera funzione ripristi- natoria della situazione patrimoniale precedente in capo all’autore, la confi- sca del “prodotto” identificato nell’intero ammontare degli strumenti acquista- ti dall’autore, ovvero nell’intera somma ricavata dalla loro alienazione così come quella dei “beni utilizzati” per commettere l’illecito - identificati nelle somme di denaro investite nella transazione, ovvero negli strumenti fi- nanziari alienati dall’autore - hanno un effetto peggiorativo rispetto alla situazione patrimoniale del trasgressore.

Tali forme di confisca assumono pertanto una connotazione “punitiva”, in- fliggendo all’autore dell’illecito una limitazione al diritto di proprietà di porta- ta superiore (e, di regola, assai superiore) a quella che deriverebbe dalla mera ablazione dell’ingiusto vantaggio economico ricavato dall’illecito».

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