PORTI CAMPANI IN RETE
PERIODICO DI INFORMAZIONE DEI PORTI DI NAPOLI - SALERNO - CASTELLAMMARE DI STABIA
ANNO 2018 | N.5
maggio 2018
ZES: NASCE UN NUOVO MODELLO DI PORTO.
Deandreis: “Finalmente in linea con i porti più avanzati”
1) Massimo Deandreis, partiamo dal piano strategico sulle ZES della Campania, presentato di recente al Governo dopo l’approvazione da parte della Giunta Regionale. Cosa prevede? Quale scenario si apre per l’economia e lo sviluppo anche occupazionale della Regione?
“Iniziamo col dire che le ZES sono un intervento molto importante e, in questa fase, limitate solo all’economia del Mezzogiorno. L’aspettativa, infatti, è favorire un effetto occupazionale significativo. Il concetto stesso di ZES richiama un modello portuale innovativo, moderno, più simile ai modelli portuali efficienti di altre parti
L’INTERVISTA
ZES: NASCE UN NUOVO MODELLO DI PORTO.
Deandreis: “Finalmente in linea con i porti più avanzati”
di Emilia Leonetti
Il numero di maggio si apre con un’intervista al Direttore del centro ricerche del Banco di Napoli-Intesa Sanpaolo. A seguire due articoli sulle strategie di due importanti imprese portuali: la società Cantieri del Mediterraneo e il Gruppo Grimaldi. Nicoletta Viziano, Presidente del Mu.Ma di Genova, racconta della collaborazione con l’AdSP del Mar Tirreno Centrale in riferimento al progetto del Museo del Mare negli ex Magazzini Generali. Chiude il numero un intervento di Ennio Forte sulla ZES della Campania.
Massimo Deandreis è Direttore Generale di SRM (Studi e Ricerche del Mezzogiorno): il centro ricerche collegato al gruppo Intesa Sanpaolo. Uno dei principali think tank italiani, che ha tra i suoi ambiti di ricerca la maritime economy, con particolare attenzione allo stato ed alle prospettive di sviluppo del settore portuale.
SRM affianca e supporta sinergicamente l’Autorità Portuale di Napoli, ora AdSP del Mar Tirreno Centrale nella fondamentale attività di analisi dei mercati e dei flussi di traffico nell’area del Mediterraneo.
Le ragioni dell’intervista sono legate alla nascita della ZES, zona economica speciale, l’ultima significativa novità sul piano dell’attivazione di investimenti in attività produttive nelle aree portuali di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, cui SRM ha fornito contributi importanti nella definizione del “piano strategico” ora all’esame del Governo.
dell’Europa e del Mediterraneo. Siti in cui il porto non è solo un luogo dove le merci arrivano e partono e dove ci si deve occupare dell’efficienza del carico e scarico, ma è un polo di sviluppo e innovazione. Nei modelli portuali avanzati, il porto è un hub di sviluppo dove la funzione primaria di passaggio di merci e persone si inserisce in un territorio dove si insediano attività produttive collegate direttamente o indirettamente all’attività portuale, ma anche attività di ricerca, incubatori oppure addirittura Università. Non posso non sottolineare che un nostro partner, la Kuhne Logistics University specializzata in economia dei trasporti e della logistica della Germania, ha la sua sede in prossimità del porto di Amburgo, segno di una sinergia fondamentale che deve esserci tra mondo della ricerca e mondo dei trasporti marittimi. Siccome in Italia i porti sono stati concepiti negli anni passati come un luogo di partenza e arrivo di merci e persone, aver dato vita alle ZES significa aver affermato un cambio di paradigma.
Le ZES prevedono nell’ambito di un territorio delimitato delle agevolazioni burocratiche e fiscali per le aziende che si insediano e anche per società di servizi e del terziario, un concetto diverso e più ampio di quello delle Zone Franche. L’idea è avere un pacchetto di vantaggi che non è tutta nell’area portuale ma che si estende anche su altri spazi purché connessi al porto.
Una scelta che abbiamo condiviso perché i porti, come quelli di Napoli e Salerno, non hanno spazi enormi alle spalle e quindi comprendere nell’area ZES una pluralità di punti dà la possibilità di espandere il raggio di azione e di pianificare meglio gli interventi di sviluppo. La sfida è importante anche perché entriamo in un panorama competitivo dove già molti porti dell’area MED hanno le Zone Economiche Speciali e dobbiamo almeno essere al loro pari”.
2) La interrompo perché prima di esaminare le sfide che ci attendono, vorrei soffermarmi sulle differenze tra “Free zone” e “ ZES” a cui lei faceva riferimento e a cui vi siete in qualche modo ispirati.
“La differenza è sulla dimensione dell’area alle spalle di un porto ed anche sul piano fiscale. Le faccio un esempio: negli Emirati Arabi, la free zone di Dubai e Abu Dhabi prevedono che le imprese abbiano vantaggi fiscali e doganali. Nel senso che è possibile importare merci all’interno della free zone per sottoporle a ulteriori cicli di lavorazioni e poi riesportare le stesse merci senza applicare dazi doganali. E’ un concetto più esteso e in Europa sono tendenzialmente vietate per evitare la concorrenza sleale. In Italia qualcosa di simile c’è a Trieste ma solo perché di origine storica risalente a
prima della nascita dell’Unione Europea.”
3) Tornando allo scenario. SRM ha lavorato al piano strategico, con l’auspicio che il Governo lo approvi.
Quale scenario si apre per la Campania?
“Il nostro impegno è ora di collaborare insieme ai nostri partner bancari, nel favorire le relazioni con imprese che potrebbero essere interessate a investire. E’ un’attività di marketing territoriale che porteremo avanti insieme all’AdSP, per rendere note le opportunità di fare investimenti vantaggiosi nella ZES Campana. Come gruppo bancario noi siamo presenti di fatto in ogni parte del mondo ed in Italia con il Banco di Napoli copriamo tutto il Sud per cui ci preoccuperemo di aiutare anche le altre Autorità di Sistema delle regioni meridionali. E’ nel nostro interesse riuscire a promuovere l’utilizzo di uno strumento innovativo di politica industriale e logistica.”
4) A novembre 2017, l’AdSP ha firmato un accordo con il Banco di Napoli. L’accordo, come è precisato nel documento, “deve consentire una relazione di lungo periodo e di stretta collaborazione con le ADSP per sostenere le imprese che attorno ai sistemi portuali realizzeranno lavori di riqualificazione e potenziamento, nuovi insediamenti con nuovi posti di lavoro, crescita dei sistemi logistici a beneficio dei settori economici circostanti. L’obiettivo è sostenere la mission delle nuove ADSP del Mezzogiorno perché garantiscano al sistema manifatturiero del Meridione nuove e potenziate capacità di intercettare flussi commerciali internazionali, ampliando così i mercati di sbocco dei prodotti e delle eccellenze territoriali” Quali sono i passi da compiere per attuare quanto previsto?
“Il Banco di Napoli ha messo a disposizione un plafond di 1 miliardo e mezzo di euro per sostenere imprenditori pronti a investire nelle ZES. Ci muoveremo tenendo conto che il piano strategico prevede lo sviluppo di settori che SRM ha sempre analizzato come eccellenze come l’energy, il farmaceutico, e poi le 4A: automotive, aerospazio, agroalimentare e abbigliamento. I settori sono quelli sui quali punteremo per attrarre nuovi investimenti produttivi o per espandere realtà già esistenti che mostreranno interesse, in questa fase, a sviluppare l’attività, sfruttando vantaggi fiscali, e che siano soprattutto orientate all’export che possano quindi interagire con l’area portuale. Perché altro obiettivo del piano strategico della ZES è rafforzare la portualità come perno di un sistema logistico che faccia tutt’uno con industria e commercio. Per svolgere questa attività noi, come le dicevo, definiremo incontri con imprenditori partendo dalla nostra rete. Abbiamo
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già tenuto diversi meeting alla presenza di colleghi della nostra divisione “Corporate” che sono quelli cui fa riferimento una importante rete di imprese, nel mondo, di grandi dimensioni. Abbiamo fornito loro elementi utili perché informino i loro clienti circa l’opportunità di investire nell’area ZES.”
5) Il Banco di Napoli mette a disposizione, lo ha ribadito Lei prima, un plafond di un 1,5 miliardi di euro perché ritiene che le ZES possano diventare autentiche aree di eccellenza e motori di sviluppo sostenibile dell’economia del Mezzogiorno. Quali sono le condizioni perché ciò avvenga?
“Noi crediamo molto nel ruolo che i porti hanno come motori dello sviluppo del Mezzogiorno e del Paese.
Il plafond è la dimostrazione che puntiamo sui porti della Campania e di tutto il Mezzogiorno. L’AdSP del Mar Tirreno Centrale è stata la prima a siglare l’accordo con il Banco di Napoli e questo è motivo di grande soddisfazione.”
6) In che modo l’istituzione della ZES potrà favorire anche lo sviluppo dell’imprenditoria locale?
“Per rispondere alla sua domanda devo fare una premessa: Le ZES hanno caratteristiche non assimilabili alle free zone. Giusto per fare un esempio il porto di Tangeri, è dotato di un’area retroportuale immensa che ha consentito, grazie all’accordo con il Governo francese, di trasferire buona parte della produzione della casa automobilistica “Renault” a Tangeri che in quel sito produce le Dacia. Le ZES, invece, non sono concentrate in un’unica zona ma consentono con un’operazione a macchia di leopardo, di insediare nuove attività e/o di sviluppare quelle già esistenti. La ZES è potenzialmente conveniente anche per operatori già localizzati nell’area e che possono approfittare dei vantaggi fiscali e burocratici previsti per ampliare capannoni o attività. In teoria si delinea un quadro equilibrato tra parte dell’ economia locale e parte dell’economia estera che deve arrivare.
L’attrazione è un pezzo del lavoro, l’ altro pezzo è far capire a chi è insidiato il vantaggio di investire o espandere l’attività. Tale compito compete, principalmente, alle Istituzioni locali. Il plafond che abbiamo previsto è per chiunque faccia investimenti seri e credibili. La nostra parte l’abbiamo fatta sia come SRM, dando un sostegno in termini di definizione di scenari economici e marittimi, sia come Gruppo Bancario prevedendo un supporto economico per chi voglia investire.”
7) Quale ruolo svolgeranno gli Interporti di Nola e Marcianise? Le faccio questa domanda perché al
tema delle ZES è collegato lo sviluppo di una rete intermodale di trasporto e l’esistenza di un sistema logistico per lo stoccaggio e la movimentazione della merce. Che ruolo dunque avranno gli Interporti?
“Gli Interporti sono presenti nel piano strategico come area ZES. Il primo passo sarà migliorare le connessioni tra porti e interporti, creando i collegamenti ferroviari.
Gli interporti avranno poi un ruolo importante come aree di smistamento e di stoccaggio della merce non solo nella fase in cui le aree portuali si satureranno, ma in generale in tutte le attività di logistica di cui gli Interporti dovranno farsi carico. E dovranno anche avere un ruolo importante nella fase di marketing territoriale cercando di catalizzare investimenti. Tutti dobbiamo lavorare in tal senso.”
8) Lei è a capo di uno dei principali centri di ricerca nazionali sul settore marittimo. In base alle vostre analisi, da qui ai prossimi dieci anni, quale peso avranno i porti di Napoli e di Salerno nell’economia meridionale, a quali condizioni, alla realizzazione di quali interventi infrastrutturali? Quanto peso avrà nel successo la governance dei porti?
“La visione sul Mediterraneo ce l’abbiamo da tempo ed è stata alla base della proposta che ha portato alla nascita delle ZES. Esse sono nate perché, per tempo, si è visto cosa accadeva pensando a come attrezzarsi.
Con la Cina che cresce, con il raddoppio di Suez ed altri fenomeni come il gigantismo navale il Mediterraneo ha assunto un ruolo centrale. Punto chiave è capire in che modo l’Italia che si trova al centro del grande traffico, possa intercettare le merci e diventarne base logistica per lo smistamento in uscita e in entrata verso l’Europa.
I porti del nord già sono collegati con il cuore dell’Europa, mentre quelli del Sud possono servire tutta l’economia fino alla pianura Padana. La logica è questa e avviene se si crea massa critica. Per questo più insediamenti produttivi vi sono meglio sarà per il territorio. E’ un circolo virtuoso che si deve attivare. Le ZES sono il primo robusto mattone del processo. Le infrastrutture sono importanti soprattutto quelle ferroviarie. L’intermodalità è l’elemento che favorisce il sistema perché la connessione fornisce flessibilità, indispensabile per il successo dei sistemi portuali. Anche la governance dei porti è importante. Oggi i principali Presidenti dei porti sono persone competenti, che conoscono il sistema portuale e dei trasporti ed hanno una visione condivisa sul tipo di sviluppo. Il punto chiave però resta per me la flessibilità e la duttilità rispetto ad uno scenario in cui, l’Italia si trova in una posizione geografica favorevole anzi unica”.
È un incontro sulla strategia della società “Cantieri del Mediterraneo” quello che ho avuto alcuni giorni fa con l’ing. Luigi Salvatori, presidente della Società. A capo da circa vent’anni di una delle più antiche imprese portuali di Napoli, nata nel 1909 e ininterrottamente attiva nel settore delle riparazioni navali.
La storica impresa di riparazioni navali dello scalo occupa un’area nella zona centrale, dove sono accentrate le aziende cantieristiche del porto di Napoli tra il molo Carmine e Calata Marinella . Occupa una superfice di 102.743 mq, sviluppa attività legate alle trasformazioni e riparazioni di navi e imbarcazioni da diporto con la gestione di 3 bacini.
Di questi, oggi, è in funzione solo il bacino n. 3 in quanto gli altri due sono fermi da tempo in attesa di interventi di ristrutturazione.
In particolare il bacino n.2, i cui lavori sono in corso
da tempo per un importo di circa 20 milioni di euro ha subito ritardi, fino all’arresto nel gennaio 2018, per problemi della società assegnataria della gara. Per il bacino n.1 è in corso l’approvazione della progettazione definitiva per passare a quella esecutiva e al bando di gara per lavori di rifacimento della “barcaporta” .
“La ridotta disponibilità dell’infrastruttura ci costringe - precisa Salvatori - a programmare in modo selettivo le commesse, dovendo purtroppo spesso rinunciare ad opportunità di lavoro in quanto il bacino può essere impegnato in modo sequenziale. Soprattutto le lavorazioni devono essere organizzate utilizzando al meglio l’unico bacino in funzione e riducendo per quanto possibile i periodi di permanenza delle navi a secco, utilizzando inoltre in modo efficiente tutte le aree residue per effettuare interventi a terra con mezzi di sollevamento e movimentazione per il naviglio minore, sia commerciale che da diporto”.
ATTUALITÀ
CANTIERI DEL MEDITERRANEO: UNA STRATEGIA PER FAVORIRE L’INDOTTO CAMPANO
Dal 1909: attivi e in continua evoluzione per affermarsi nel mercato internazionale
di Emilia Leonetti
ha collaborato
Vincenzo Androne
Lo scopo è implementare le attività e adeguare la infrastruttura e le dotazioni aziendali. Negli ultimi 15 anni Cantieri del Mediterraneo ha investito oltre 41 milioni di euro in attrezzature, mezzi meccanici e ammodernamento delle officine e interventi sulla infrastruttura in concessione.
Durante la visita, infatti, oltre ai nuovi capannoni e ai mezzi meccanici, si notano nei pressi del bacino n.3, due impianti per la movimentazione e lavorazione a terra di navi sino a 55 metri. “Sono impianti – spiega Luigi Salvatori- che ci permettono di effettuare a terra, quelle parti delle lavorazioni che non devono essere compiute in acqua”.
Il punto di forza della società è, come dicevamo all’inizio, il modello organizzativo. Negli anni l’evoluzione imposta dal mercato e da un contesto economico certamente non favorevole, ha determinato la trasformazione da una struttura verticale a una struttura orizzontale, più complessa ma con maggiore efficienza, incentrata sull’
integrazione delle attività del cantiere, con un indotto specialistico, cresciuto nel tempo grazie alle attività e alle commesse acquisite dalla Camed.
È infatti obiettivo della gestione della società lo sviluppo, in via prioritaria, delle realtà imprenditoriali presenti nell’area napoletana.
“Siamo convinti – precisa il Presidente - che l’affermazione sul mercato è determinata, da un lato, dalla capacità tecnica e dalle competenze aziendali, insieme ad una gestione dell’infrastruttura efficiente e adeguata alle esigenze dell’armamento; dall’altro dalla presenza di un tessuto imprenditoriale con aziende specializzate nei diversi settori di attività – dalla carpenteria, alla meccanica, alla motoristica all’elettronica, ai trattamenti anticorrosivi – di elevata competenza ed efficienza.”
Un dato rende evidente il valore della scelta: 70 sono le persone impiegate direttamente dai Cantieri del Mediterraneo, 450 quelle delle imprese esterne qualificate come fornitori e che collaborano allo sviluppo delle attività del cantiere contribuendo ad affermarne la competitività.
“È un modello organizzativo - conclude Salvatori - oggi riscontrabile in tutte le maggiori realtà industriali del settore, che si è maggiormente affermato in ragione della elevata ciclicità e variabilità dei flussi di lavoro, tipici del mercato delle riparazioni navali e che pertanto richiede una gestione aziendale di elevata flessibilità con immutate potenzialità produttive.”
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Oltre 20 terminal tra Europa e Africa, 120 collegamenti indiretti e 90 diretti in tutto il mondo e alle spalle oltre 15 mila dipendenti. Questi i numeri di uno dei più importanti Armatori italiani: il Gruppo Grimaldi. Una strategia di costante espansione e una vocazione all’investimento hanno consentito al Gruppo partenopeo una carriera di successi che ha, nel porto di Salerno, un rilevante scalo di una rete complessa.
A Salerno il Gruppo Grimaldi ha due terminal che si sviluppano sulle aree in concessione comprese tra il molo Ponente e il molo Trapezio. L’attività è gestita da due società: la Grimaldi Terminal Euromed e la Salerno Autoterminal. La prima si occupa delle Autostrade del Mare, Short Sea Shipping (trasporto intramediterraneo), ro/ro pax (trasporto di persone e merci) e project cargo (trasporto di manufatti di grandi dimensioni). La Salerno Autoterminal, invece, si occupa principalmente di auto (al 90 per cento) e in piccola parte di camion (al 10 per cento). Per
quanto riguarda la composizione societaria, la Grimaldi Terminal è al 100 per cento del gruppo, figurando come consociata.
Il Gruppo Grimaldi si è sempre distinto per una politica di espansione. È un’impresa fortemente orientata al cambiamento e rappresenta uno dei pochi Gruppi marittimi al mondo in costante crescita.
Ma qual è il segreto del loro successo? Siamo andati a scoprirlo a Napoli, a via Marchese Campodisola, sede principale della Grimaldi. Si trova in una struttura di 12 piani che domina su un dedalo di vicoli storici. Da qui tutto ha avuto inizio.
Da qui prendono forma le strategie del Gruppo.
Perché, se Salerno rappresenta il braccio operativo, Napoli è quello decisionale. Nella sede decisionale del Gruppo abbiamo incontrato due esponenti del management: il comandante Domenico Ferraiuolo e il responsabile delle risorse e relazioni esterne Paul Kyprianou.
ESPANSIONE E CAMBIAMENTO:
LA STRATEGIA DEL GRUPPO GRIMALDI
L’incontro con il Managment a via Campodisola
ATTUALITÀ
di Anna Capasso
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Dal colloquio sono emerse le ragioni del successo.
Il Gruppo campano è uno dei pochi ad essere al contempo armatore e operatore portuale. A questo si deve aggiungere che, a Salerno, sono riusciti a definire un’organizzazione improntata all’efficienza e alla razionalizzazione degli spazi. Contribuisce all’efficienza organizzativa il fatto che le banchine, a differenza del porto di Napoli, non siano in concessione.
Ma perché investire su Salerno e non su Napoli?
Salerno è stata scelta originariamente perché il traffico dei veicoli a motore, uno dei settori di punta del Gruppo Grimaldi, aveva bisogno di spazi per la movimentazione. Il porto di Napoli, scalo storico e multifunzionale, non ha, e non ha mai avuto, spazi da dedicare al traffico di veicoli a motore. Per cui, già dagli anni ‘70, si optò per il porto di Salerno.
Altro settore significativo del Gruppo campano è quello del traffico di medio raggio, denominato anche Autostrade del Mare. Il Gruppo, già dai primi anni ’80, ha investito in questo segmento di traffico sia con politiche di ammodernamento delle navi/traghetto e sia per liberare, nel rispetto delle normative ambientali, le strade dai camion. Il porto di Salerno è così diventato uno dei poli principali per il traffico ro-ro e successivamente per il trasporto di materie prime e containers. A Salerno (dati 2017) oltre il 76% del traffico ro-ro delle Autostrade del Mare è della Grimaldi.
Il dato rende evidente il peso del Gruppo nel porto di Salerno. Ciò è dovuto anche alla capacità organizzativa e al principio di rotazione che vige sulle banchine per le navi, in arrivo e in partenza, dal porto in base alla disponibilità.
“Rischiavamo di essere vittime del nostro stesso successo – ha dichiarato il Comandante Ferraiuolo – perché negli ultimi tempi c’è stato un incremento sia di automotive che di short sea e il pericolo era di non riuscire ad accogliere le merci”. La soluzione è stata acquistare uno spazio esterno (a 15 km dal porto). Tutto ciò che sbarca, entro le 24 ore, viene trasferito nel piazzale di circa 100mila metri
quadrati. Il risultato è stato un minor ingorgo ai varchi, minor tempo di sosta dei trailer nell’area portuale, insieme a un miglioramento della mobilità cittadina.
Il successo del Gruppo Grimaldi nel porto di Salerno è anche dovuto alla ottima collaborazione instauratasi con la Compagnia Unica Lavoratori Portuali (Culp). “Assorbiamo l’80% della forza lavoro della Culp – precisa Ferraiuolo – I lavoratori sono impiegati principalmente nella movimentazione di autovetture, cosa che rappresenta un valore aggiunto per la Compagnia”. Ha contribuito al fattivo coinvolgimento della CULP la lungimiranza del suo Presidente, Antonio Autori.
Risale al 1998 la sua idea di implementare una politica imprenditoriale, come ci racconta Ferraiuolo, riuscendo a rendere la manodopera portuale produttiva ed efficiente come non lo è mai stata in nessun porto italiano. La sua abilità è stata abolire figure professionali tradizionali ma non più necessarie, prevedendo al contempo percorsi formativi in grado di assicurare lavoro alla CULP perché legati ai cambiamenti intervenuti nei processi lavorativi.
Tra le ragioni del valore del Gruppo partenopeo è, infine, da annoverare il costante impegno nell’acquisizione di navi di ultima generazione (età media della flotta è di 11 anni). “Abbiamo anche un programma di allungamento delle navi – aggiunge Kyprianou – Ordinare navi nuove comporterebbe più tempo per cui, se le condizioni della nave lo consentono, l’allunghiamo. Resta però la nostra politica di investimento orientata all’ammodernamento della flotta”.
1) Restando sul “valore aggiunto”, il Mu.Ma, con il suo Direttore, sta collaborando attivamente alla definizione del progetto del Museo del Mare negli ex Magazzini Generali. Possiamo affermare che rappresentate l’elemento di congiunzione tra i porti di Napoli e di Genova?
“Sicuramente l’inizio della collaborazione che si
è avviata con il progetto “Museo del Mare” agli ex Magazzini Generali è una sinergia importante.
Genova e Napoli sono storicamente porti di matrice complessa , turistica, di scambio delle merci e credo che oggi il tema sia costruire, all’interno di una strategia nazionale, il sistema dei porti, in grado di risollevare le sorti del settore marittimo, e non
MUSEO DEL MARE DI NAPOLI: L’ESPERIENZA DEL MU.MA PER IL PROGETTO DEL PORTO
Nicoletta Viziano:”la ricetta del successo sta nella comunicazione”
L’INTERVISTA
di Emilia Leonetti
Nel porto antico di Genova, nei pressi dell’Acquario, si trova il Galata Museo. Un edificio moderno, concepito come storia di armatori, di uomini di mare, come spazio di ricerca, di confronti, aperto nel 2004, visitato, dati 2017, da oltre 200 mila persone ( 60 mila nei primi anni). Anche gli spazi allestiti sono cresciuti nel tempo: da 5 mila mq. sono passati a 12 mila mq. .
“La nostra ricetta - dice il Presidente Nicoletta Viziano - è combinare novità di contenuti con innovazioni del contenitore.
Sono in corso i lavori di rifacimento della hall del museo che inaugureremo prima dell’estate. Mentre per quanto riguarda i contenuti, il nostro intento è offrire nuove occasioni per tornare.”
L’ufficio del neo Presidente del Mu.Ma (è stata nominata a gennaio 2018) si trova al quarto piano. Una sala con un grande tavolo al centro e grandi oblò che si affacciano su Calata De Mari. In lontananza l’Aquario, gestito dalla stessa società che ha in gestione il Galata. Si tratta della società “Costa Edutainment spa”. L’affidamento è il risultato di un bando di gara internazionale “ed è importante - precisa Nicoletta Viziano - che si occupi della gestione ordinaria dei due siti museali. Crea integrazione e valore aggiunto”.
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solo. Vi sono, oggi, diversi esempi di collaborazione:
la Shipping Week che si tiene un anno a Genova e un anno a Napoli, per restare nel campo del mare, ne è una prova. Vi sarà, poi, a giugno il Forum dell’associazione dei Musei Marittimi. Anche a livello culturale e Napoli è stata individuata come punto per la promozione e per la diffusione di ciò che i Musei del Mare possono rappresentare. Per poter guardare al futuro bisogna pensare al passato, la tradizione è fondamentale per delineare il futuro.”
2) In questo senso, entrando nel merito del Galata Museo del Mare: è un luogo che deve mettere in connessione il passato, il presente e il futuro?
Quali sono, in base alla sua esperienza, i punti che rendono fortemente attrattivo il Museo del Mare di Genova?
“Il Galata Museo del Mare di Genova, dal 2004, quando è stato aperto nell’edificio in cui ora ci troviamo, ha visto più che raddoppiare i visitatori.
Siamo oggi ad oltre 200 mila all’anno da 60 mila.
Questo sviluppo è stato reso possibile perché anche lo spazio espositivo è cresciuto: da 5 mila mq.
allestiti a 12 mila mq. . Quello che curiamo sono i contenuti. Il Museo si deve rinnovare. L’anno scorso, ad esempio, è stata aperta la sala degli armatori, dove, oltre alla storia degli armatori genovesi, si
trova un’area con un simulatore per far provare al visitatore la sensazione di “navigare”, “pilotare”, decidendo se farlo con il mare calmo o in tempesta.
La “spettacolarizzazione” del museo è servita a far tornare visitatori che già ci avevano visitato.
La mia mission è rendere interessante tornare.
Stiamo completando il restyling della hall che verrà inaugurata a breve per rinnovare il contenitore oltre che i contenuti.”
3) La capacità di essere innovativi è, dunque, uno degli aspetti che devono caratterizzare un museo del mare?
“Sì perché oggi il visitatore desidera sentirsi parte di un museo. Gli elementi attraenti sono diversi.
All’interno del Galata abbiamo la sezione MEM- Memoria e Migrazioni, inaugurata nel 2012, pensata per essere interattivo.”
4) In che modo Il Museo si inserisce nella promozione turistica della città di Genova?
“Ha un ruolo, a mio parere significativo. Contribuisce a migliorare l’offerta turistica di Genova. Dei 200 mila visitatori, la metà sono stranieri. Sono aumentati molto i numeri da quando abbiamo inserito la visita al “sommergibile”, altra nostra recente innovazione perché si può entrare e vedere come si naviga..”
5) Scusi se la interrompo ma vorrei tornare sulla domanda iniziale: la collaborazione tra il Mu.Ma e l’AdSP del Mar Tirreno Centrale. È stato importante per l’esperienza che il Direttore Pierangelo Campodonico porta nel lavoro in corso per realizzare il Museo del Mare nel porto di Napoli. La domanda è se il “modello Mu.Ma” di Genova è esportabile a Napoli?
“Ritengo di sì. La nostra esperienza è iniziata nel 1996 nei Magazzini del Cotone. Ci siamo spostati qui, al Galata, nei primi anni duemila. Il Direttore Campodonico l’ha creato, l’ha visto crescere. Devo però precisare che ogni modello è esportabile se c’è la volontà di realizzarlo. Lo stesso lavoro ci è stato chiesto per il Principato dell’Oman. Deve essere poi adattato al sito, alle condizioni del luogo. La prima condizione per avere successo è avere voglia di raccontare. Napoli, in questo senso, ha tanto da raccontare sul mare e sulla navigazione”
6) In base alla sua esperienza, per il buon esito quanto peso hanno nel successo le relazioni istituzionali, la gestione, l’attività di comunicazione?
“Far sapere ciò che si sta realizzando è, secondo me, la prima attività da pianificare: la comunicazione
è una delle prime ragioni del successo, avendo cura di creare delle aspettative. Le aspettative si creano dal primo momento, sin dall’inizio dei lavori.
L’aspetto gestionale è l’altro punto importante. Noi abbiamo individuato, con una gara internazionale, il gestore, lo stesso dell’Acquario. Esiste un contratto di gestione, perché il Direttore del Museo deve occuparsi della direzione “artistica”, non può occuparsi dell’ordinario. Il Galata è di proprietà del Comune di Genova. Dal Mu.Ma, poi, dipendono altri tre musei, dislocati in punti diversi della città, il Museo della Commedia, Il Museo Navale di Pegli e La Lanterna. Noi siamo il braccio operativo del Comune, e questa è una differenza con Napoli perché l’edificio è dell’Autorità Portuale.”
7) Presidente Nicoletta Viziano, parliamo del sistema: Lei ritiene che due Musei del Mare, uno a Genova e uno a Napoli possano integrare l’offerta turistica delle due città?
“A mio parere sì perché entrambe sono città di emigrazione e i due Musei potrebbero rappresentare una opportunità diversa e al contempo integrata di racconto della storia del mare, degli uomini di mare e dei cambiamenti legati al settore marittimo.”
Oltre al titolo, le parole chiave delle ZES da attivare sono anche semplificazione e globalizzazione per la ripresa dell’economia del Mezzogiorno attraverso nuovi investimenti attratti dalle ZES come calamite.
Nel quadro dell’economia globale assistiamo da un lato al neoprotezionismo USA attraverso l’aumento dei dazi su semilavorati e prodotti di acciaio e alluminio volti a frenare le importazioni dalla Cina, dall’altro ad una risposta delle economie orientali, guidate dalla Cina, basate sulla realizzazione congiunta di investimenti infrastrutturali e industriali per potenziare le esportazioni delle produzioni di massa orientali, oltre a materie prime da reperire alle fonti potenziando le connessioni ferroviarie ai porti, tramite il potenziamento delle reti logistiche che hanno nei porti il vero snodo strategico. E’ infatti proprio l’economia del mare, per i tipici vantaggi di scala, a dettare l’architettura delle filiere industriali sempre più frazionate
nell’acquisizione degli input, che danno luogo a reti- valore logistico dove gli input vengono assemblati e / finissati in processi in continua evoluzione. Il ruolo delle economie orientali è quindi di fornitura di input intermedi per realizzare prodotti finiti, o ancora intermedi ma di livello superiore, fino ai prodotti finiti. In tale gioco a cascata, nelle free zone l’esperienza insegna che è la lavorazione a valore aggiunto (added value) a imporre economie industriali di quasi manufacturing azzerando il vecchio modello della grande industria a concentrazione totale (Ford e Fiat ad esempio) e modelli di industrializzazione primaria. In tale scenario l’abbinamento tra investimenti in reti di trasporto e nodi logistici detta la tabella di marcia.
Oltre al tasso di cambio, ai dazi, alla liberalizzazione dei commerci, ecc., è allora la minore incidenza dei costi logistici a determinare le scelte degli investitori. Da un lato esportazioni di massa
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dall’oriente verso l’occidente, dall’altro le esportazioni di beni tecnologici e di maggiore qualità dall’occidente verso l’oriente. In tale ottica di economia globale il pianeta ha raggiunto traguardi assolutamente impensabili prima, e in così poco tempo, dove il costo del lavoro e il numero di occupati, grazie ai flussi export, hanno avvicinato diverse culture ed economie reali in un benessere diffuso proprio per le migliaia di free zone presenti in tutto il mondo che costituiscono motori dello sviluppo per i tanti paesi entrati in rete. La progettazione e realizzazione delle diverse “vie della seta” puntano al consolidamento delle economie orientali ma anche al potenziamento, ad es., delle ferrovie africane per la migliore connessione delle fonti di materie prime ed energetiche ai porti e l’economia del mare di interesse per l’economia cinese. In definitiva, è il valore logistico a determinare le scelte degli investitori, valore determinato dalle attrazioni in termini di esistenza di filiere di eccellenza, dei vantaggi di costo del lavoro e di insediamento ma, soprattutto, la presenza di attività logistiche a valore, o di magazzino, per le forniture alla grande distribuzione organizzata (GDO) e per il commercio elettronico in forte espansione. I distripark, poli, distretti o parchi logistici, nati in Olanda ma poi presenti in tutto il mondo, vedono nei retro porti, nel senso geografico della prossimità ai porti, una costante presenza di attività di quasi manufacturing , unitamente ad un diverso ruolo degli interporti e delle esistenti aree ASI dove la ZES Campania propone una ripartenza delle attività industriali, dando a ben vedere minore rilievo alle attività a valore logistico piuttosto che a modelli di sviluppo industriale che mostrano nell’attuale fase dell’economia globale minore attrattiva.
Naturalmente bisogna essere vigili sulle eventuali
“trappole” delle presunte crescite occupazionali (ad esempio i pomodori cinesi o il latte in polvere di bufala indiano nei flussi import che potrebbero danneggiare le nostre storiche eccellenze in tutto il mondo e fiore all’occhiello dei flussi export regionali). Dalle vie cinesi della seta il Mezzogiorno subisce una sorta di accerchiamento dovuto anche al nuovo ruolo dei porti del nord Italia (porti degli archi nord Adriatico e Tirreno) a discapito della portualità meridionale che mostra crisi nella chiusura di Taranto e cali di traffico a Gioia Tauro, ma nuovi successi nei flussi dei rotabili e dei
container nei porti di rilevanza regionale gateway).
Con l’approvazione del Piano di sviluppo strategico della ZES, arriva uno strumento di sviluppo economico che la Campania e il Mezzogiorno aspettavano da tempo. Finalmente, infatti, si prevedono interventi sui sistemi locali produttivi che tengano conto delle dinamiche globali dell’economia e delle opportunità di crescita derivanti dalla liberalizzazione dei commerci e dall’apertura dei mercati internazionali che hanno visto la partecipazione di “nuovi entranti” nel WTO ed il rafforzamento di paesi che hanno investito nella logistica, in primis la Germania, ma anche l’Italia che orienta le politiche di sviluppo regionale alla globalizzazione dei mercati ed alla attrazione di investimenti basate su opportunità localizzative derivanti da prossimità industriali generate dalle reti di trasporto locali e globali e soprattutto dalle vie del mare. Da qui il ruolo centrale dei porti di Napoli e Salerno e dell’AdS Autorità di Sistema) del Tirreno centrale nelle rinnovate funzioni strategiche, sue per legge. Nel caso delle ZES, come definite dal Legislatore, a differenza di altre esperienze (Polonia), l’innovazione coniuga l’attivazione di aree con funzione di insediamento produttivo agevolato e di vantaggio, che offrono “pacchetti” di incentivi, agevolazioni e semplificazioni amministrative alle imprese con attività presenti nelle cosiddette export processing zone che agevolano l’
esportazione e la ri-esportazione di beni che, in quanto lavorati in loco (container aperti), acquisiscono valore aggiunto in relazione alle attività di trasporto e logistica, che potranno a loro volta attivare altrettante relazioni con la logistica multimodale (air-cargo, intermodalità ferroviaria, interporti gomma-ferro, combinato strada-mare).
Tali ultime funzioni sono presenti nei grandi HUB del Nord Europa, dell’Asia e delle Americhe incluse nelle “zone di libero scambio” (free trade zone), che offrono esenzioni parziali o totali sui dazi, all’import o all’export, principalmente per beni che vengono riesportati dopo aver subito lavorazioni intermedie e/o finali in loco. In tali aree non si svolgono attività di “semplice” movimentazione e magazzino merci, ma piuttosto attività logistiche avanzate che si associano al trasporto o al trasbordo di merci all’interno delle “catene globali del valore”, spesso in processi produttivi integrati multi-impresa e multi-ubicazione connessi virtualmente a sistemi web (Industria 4.0) e, fisicamente, a sistemi logistici
multimodali innovativi. D’altro canto, gli stessi porti rappresentano i principali snodi di accesso alle reti globali di interscambio commerciale, superando il concetto di semplice transito in rete ma assumendo quello fondamentale di luogo customer-friedly cioè di localizzazione di imprese e facilitazioni di scambi volti sia alla riduzione dei costi di transazione, (es.
trasporti e logistiche) ma ancora di più alla creazione di valore. A tal fine, anche nel Mezzogiorno, le
“nuove” Autorità portuali, attraverso le ZES, come già visto in esperienze internazionali, potranno contribuire alla migliore integrazione delle supply- chain adottando politiche volte ad espandere il bacino di influenza economica ed estendere la gamma dei servizi offerti consentendo alle imprese più innovative di insediarsi profittevolmente. La recente integrazione della governance dei porti regionali induce verso la specializzazione dei servizi offerti dalle infrastrutture per un migliore livello di servizio, dal punto di vista economico e ambientale, a supporto di un bacino industriale e distributivo che, grazie agli incentivi ZES, potrà ricevere una forte spinta all’internazionalizzazione e innovazione.
Gli investimenti aggiuntivi sono certamente attesi nei settori caratterizzati dalle eccellenze presenti nelle filiere definite “4A+Pharma” (Aerospazio, Automotive, Alimentare, Abbigliamento, Farmaceutico), che generano oltre 4 miliardi di euro di valore aggiunto, circa 6 miliardi di euro di esportazioni e che occupano nel complesso circa 70.000 addetti (Svimez, 2017). Ma certamente sono auspicati investimenti in alta tecnologia, sistemi informativi e ICT, biotech, attività ad elevata intensità logistica (4PL), centri di distribuzione europei per l’import-export (EDC), ecc. Di estremo interesse sono inoltre i legami funzionali che possono avviarsi con università e centri di ricerca pubblici e privati per lo sviluppo di progetti di ricerca applicata ai settori a cui appartengono le imprese insediate (Industry 4.0) che potranno sfruttare economie di prossimità relazionale e cognitiva “a rete”e che più facilmente potranno diffondersi spill- over e trasferimento di conoscenze attraverso cooperazione a rete, spin-off locali, distretti tecnologici, ecc. per i quali sono previsti ulteriori incentivi europei, nazionali e regionali. In questo senso dovrebbero avere posizione prioritaria gli investimenti per l’integrazione logistica delle filiere di eccellenza nelle aree produttive del Mezzogiorno
per le proposte innovative di processo anche per le imprese di trasporti e logistiche (ma anche della cantieristica e del turismo). Accanto ai molti pregi del Piano ZES Campania, qualche dubbio emerge sul ruolo delle aree portuali necessarie a razionalizzare l’uso delle infrastrutture di trasporto a servizio dei sistemi produttivi locali (come ad esempio gli interporti), in quanto non risulta chiaro se eventuali proposte di investimento (progetti) possano ricevere agevolazioni ai sensi dei regolamenti europei in materia di aiuti di Stato alle imprese. Con l’attuazione della ZES risulteranno utili i nuovi previsti interventi avviati dall’AdS per meglio servire le diverse tipologie di traffico marittimo ed intermodale (nuovi terminal container, terminal ferroviari ad elevata capacità, accessibilità al sistema autostradale, dragaggi, ecc.). Le recenti ulteriori aperture del Governo cinese al commercio internazionale da e verso l’Europa, con massicci investimenti lungo le direttrici terrestri e marittime delle molte “vie della seta”, dove convergono investimenti ferroviari e portuali per la maggiore connettività intermodale, impongono misure di sostegno alla rete logistica del Mezzogiorno d’Italia, ferrovie e porti in primis, che nei porti di transhipment italiani risulta alquanto penalizzata, non disponendo di un sistema logistico- infrastrutturale adeguato alla localizzazione di imprese ed alla connessa attrazione di investimenti.
Si rileva piuttosto per l’economia meridionale italiana scarsa attenzione nelle politiche nazionali ed europee volte ad arginare l’emergente rischio di parziale emarginazione connessa alle scelte cinesi e, più in generale, dei flussi mediterranei rispetto alle reti TEN europee ed ai progetti prioritari. Il Mediterraneo occidentale risulta penalizzato da due lati: da un lato la via della seta terrestre, totalmente ferroviaria, che potrebbe indebolire la tradizionale via marittima Estremo Oriente-Suez-Mediterraneo- Nord Europa e dall’altro le concentrazioni oligopolistiche di compagnie di container shipping che con le mega navi da oltre 20.000 container raggiungono direttamente i porti del Northern range bypassano la portualità mediterranea e abbandonano i porti HUB del sud Italia. Il grande successo nei flussi mediterranei è l’affermazione delle “autostrade del mare” (Short Sea Shipping con navi per rotabili e/o passeggeri) che dovrebbe consolidarsi attraverso la c.d. “trasversalità”, ovvero
PORTI CAMPANI IN RETE
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il sostegno ad itinerari trasversali marittimi e terrestri per evitare il “tutto strada”su cui già si muovono alcune iniziative di integrazione plurimodale per il potenziamento delle connessioni trasversali con i terminali marittimi del Sud Mediterraneo. Ad esempio, sul potenziale “corridoio mediterraneo” Algeciras-Napoli-Bari verso la portualità del sud est europeo con proiezioni verso il Mar Nero, il Medio Oriente ed il Nord Africa.
Il Piano ZES Campania evidenzia altresì il rischio “complessità” del sistema normativo e amministrativo-burocratico a livello nazionale e regionale che può rappresentare una minaccia agli obiettivi di successo. Auspichiamo che, data la presenza di più soggetti competenti, oltre quelli deputati alla valutazione delle istruttorie per la concessione dei benefici fiscali nazionali (credito d’imposta, ecc.), la mole dei riferimenti normativi richiamati dal Piano e le procedure da attivare siano in realtà di minore peso in termini di costi e tempi per i richiedenti. Oltre al Comitato di indirizzo presieduto dal Presidente dell’AdS, l’ottimo Pietro Spirito, come previsto dalla legge istitutiva delle ZES, con funzioni di amministrazione della stessa, la Regione Campania prevede infatti la “Cabina di regia” e la “Struttura di missione”, oltre allo
“Sportello unico regionale per le attività produttive”
con competenze istruttorie alquanto parallele. In ultimo, nella proposta di Piano appare alquanto ridotta la prevista dimensione dell’impatto occupazionale che, nello scenario basso, è stimata intorno ai 16.000 addetti. Considerando l’entità delle risorse presenti ed attivabili, il numero degli agglomerati industriali “interni” coinvolti, il numero delle imprese appartenenti ai settori interessati e la complessiva inclusione di aree “agevolabili” per oltre 5.000 ettari, tale previsione, pari a circa l’uno per cento di occupazione nuova/stabilizzata rispetto ad ora nel previsto periodo di funzionamento della ZES di 14 anni, il dato occupazionale sembra sottostimato negli impatti socioeconomici, mentre la previsione dello scenario alto appare sicuramente più incoraggiante per il futuro dell’economia regionale campana (circa 30.000 occupati) anche nella considerazione delle diverse esperienze ZES mondiali dove si raggiungono livelli occupazionali spesso di centinaia di migliaia di addetti. E ciò per la nostra Campania In Felix sarebbe davvero una svolta storica.
Francesco Cannavacciuolo, a soli 25 anni, ha vinto la selezione nazionale come miglior Giovane Spedizioniere Internazionale dell’Anno 2018.
In circa 20 anni del concorso organizzato da Fedespedi, è la prima volta che viene scelto un giovane di un’impresa meridionale. “È stata una rivincita per il Sud Italia”, ha dichiarato il vincitore.
Tutto è iniziato con un’esperienza presso la Contra durante l’ultimo anno di università. Dopo due anni il giovane Cannavacciuolo ha intrapreso un training di 18 mesi all’estero, a New York presso un Custom
Broker. Esperienze che gli hanno concesso di essere selezionato dalla Fedespedi a rappresentare l’Italia al concorso mondiale “Giovane Spedizioniere”.
Cannavacciuolo non si accontenta della vittoria, si dice già pronto per il prossimo step: presentare un elaborato simulando un’operazione di import ed una di export. La valorizzazione del territorio e delle sue capacità saranno il tema del progetto che, qualora dovesse essere selezionato, verrà pubblicato sulla Gazzetta Internazionale, consentendogli ancora più visibilità.