Linee guida
GESTIONE DELLA TOSSICITA' EMATOPOIETICA IN ONCOLOGIA
Edizione 2013
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Coordinatore: Marco Danova
Segretario Scientifico: Antonella Brunello
Estensori: Referee AIOM Lucia Del Mastro
Alexia Bertuzzi, Zaira Coccorullo Diego Cortinovis, Teresa Gamucci
Referee SIGG Antonio Gambardella Referee SIGOT Walter Gianni Referee SIE Adriano Venditti
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Indice
1. Uso dei fattori di crescita mieloidi nella neutropenia indotta da trattamenti antiblastici ... 6
1.1 Premessa ... 6
1.2 Generalità ... 6
1.3 Effetti collaterali del G-CSF ... 6
2. Uso profilattico del G-CSF ... 6
2.1. Profilassi primaria ... 7
2.2 Profilassi secondaria ... 7
3. Uso terapeutico del G-CSF ... 8
4. Uso del G-CSF nel trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (CSP) ... 9
5. Timing e schedula di somministrazione del G-CSF ... 10
6. Bibliografia ... 13
7. Algoritmi ... 17
8. L’anemia nel paziente neoplastico ... 20
9. Trattamento dell’anemia nei pazienti con neoplasia ... 23
10. Modalità di somministrazione degli agenti eritropoietici ... 25
11. Bibliografia ... 27
12. Algoritmi ... 30
13. Addendum ... 37
14. Raccomandazioni prodotte con metodologia GRADE ... 38
Allegato: Tabelle GRADE evidence profile
I fattori di crescita ematopoietici e la terapia trasfusionale costituiscono un supporto fondamentale per l’oncologo medico nel trattamento della citopenia da chemioterapia.
Il corretto utilizzo di questi presidi terapeutici sia a scopo profilattico che terapeutico riveste un ruolo di primaria importanza in termini di riduzione di morbidità, mortalità e costi. Sulla base di queste considerazioni è nata nel 2003 l’esigenza di stilare delle linee-guida da parte dell’ Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), di cui la presente versione rappresenta l’aggiornamento.
La stesura delle presenti raccomandazioni, riguardanti la neutropenia e l’anemia, è stata basata principalmente sulle raccomandazioni già pubblicate da parte di altre organizzazioni scientifiche (American Society of Clinical Oncology – ASCO, National Comprensive Cancer Network – NCCN, European Organization for Research and Treatment of Cancer – EORTC, European Society for Medical Oncology - ESMO)
Le presenti linee guida non prendono in considerazione la piastrinopenia, chemio indotta, per la quale non esistono a tutt’oggi farmaci/fattori di crescita di provata efficacia. Mentre per quanto riguarda altre forme di piastrinopenia, in particolare quelle autoimmuni, recentemente sono stati resi disponibili nuovi farmaci, la trasfusione di piastrine eterologhe resta l’unico presidio terapeutico per la piastrinopenia indotta da trattamenti antiblastici.
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Come leggere le raccomandazioni *
Le raccomandazioni vengono presentate in tabelle.
La riga d’intestazione è verde se sono state prodotte con metodologia SIGN** oppure arancione se sono state prodotte con il metodo GRADE*** (se presenti).
Grado di raccomandazione
SIGN (1) Raccomandazione clinica (2) Forza della
raccomandazione clinica (3) B
Nel paziente oncologico in fase avanzata di malattia, con dolore di diversa etiologia, la somministrazione di FANS e paracetamolo dovrebbe essere effettuata per periodi limitati e con attenzione ai possibili effetti collaterali.
Positiva debole
(1) IL GRADO DI RACCOMANDAZIONE SIGN: PRECEDE LA RACCOMANDAZIONE
Nell’approccio SIGN,il grado di raccomandazione viene indicato con lettere (A;B;C;D). che sintetizzano i livelli di evidenza dei singoli studi****. Ogni lettera indica la “fiducia” nell’intero corpo delle evidenze valutate che sostengono la raccomandazione; NON riflettono sempre l’importanza clinica della raccomandazione e NON sono sinonimo della forza della raccomandazione clinica
Grado di raccomandazione SIGN A
Almeno una meta-analisi o revisione sistematica o RCT valutato 1++ e direttamente applicabile alla popolazione target oppure.
Il corpo delle evidenze disponibili consiste principalmente in studi valutati 1+ direttamente applicabili alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto
B
Il corpo delle evidenze include studi valutati 2++ con risultati applicabili direttamente alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.
Evidenze estrapolate da studi valutati 1++ o 1+
C
Il corpo delle evidenze include studi valutati 2+ con risultati applicabili direttamente alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.
Evidenze estrapolate da studi valutati 2++
D
Evidenze di livello 3 o 4
Evidenze estrapolate da studi valutati 2+
(2) LA RACCOMANDAZIONE CLINICA
Quando possibile, riprende il PICO del quesito (popolazione, intervento, confronto, outcome); in alcuni casi può contenere delle specifiche per i sottogruppi indicate con il simbolo √. La raccomandazione clinica deve esprimere l’importanza clinica di un intervento/procedura.
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(3) LA FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE Viene graduata , in base all’importanza clinica, su 4 livelli:
Forza della raccomandazione
clinica Terminologia Significato
Positiva Forte Tutti i pazienti devono ricevere l’intervento/procedura in oggetto.
Alla maggioranza dei pz. con le caratteristiche definite nella raccomandazione deve essere offerto l’intervento a meno che vi siano controindicazioni specifiche.
Positiva Debole I pazienti dovrebbero ricevere l’intervento/procedura in oggetto.
Trend positivo del risultato ma con possibilità di
incertezza nel bilancio tra beneficio e danno. Implica una discussione approfondita con il pz. In modo che egli possa scegliere se sottoporsi o meno
all’intervento/procedura tenendo conto dei propri valori/preferenze.
Negativa Debole I pazienti non dovrebbero ricevere l’intervento/procedura in oggetto.
Trend negativo del risultato ma con possibilità di incertezza nel bilancio tra beneficio e danno.
Negativa Forte Tutti i pazienti non devono ricevere l’intervento/procedura in oggetto.
Alla maggioranza dei pz con le caratteristiche definite nella raccomandazione NON deve essere offerto l’intervento.
****LIVELLI DI EVIDENZA dei singoli studi/opinioni:
La qualità delle evidenze tiene conto sia del disegno di studio sia di come lo studio è stato condotto: viene riportata nel testo a lato della descrizione degli studi ritenuti rilevanti a sostegno o contro uno specifico intervento. Sono presenti solo per le evidenze che sostengono la raccomandazione clinica, contribuiscono a generare il grado di raccomandazione SIGN
1 - > Revisioni sistematiche e meta analisi di RCT o singoli RCT 1 ++ Rischio di bias molto basso.
1 + Rischio di bias basso.
1 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili.
2 - > Revisioni sistematiche e meta-analisi di studi caso/controllo o di coorte o singoli studi caso/controllo o di coorte.
2 ++ Rischio di bias molto basso, probabilità molto bassa di fattori confondenti, elevata probabilità di relazione causale tra intervento e effetto.
2 + Rischio di bias basso, bassa probabilità presenza fattori di confondimento, moderata probabilità di relazione causale tra intervento e effetto.
2 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili, esiste un elevato rischio che la relazione intervento/effetto non sia causale.
3 - > Disegni di studio non analitici come report di casi e serie di casi.
4 - > Expert opinion.
Note:
* La descrizione complete delle metodologie applicate alle LG AIOM è reperibile sul sito www.aiom.it
** SIGN= Scottish Intercollagiate Guidelines Network
*** GRADE= Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation
(Le informazioni complete relative al processo GRADE sono riportate nel capitolo successivo a quello degli algoritmi).
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1. Uso dei fattori di crescita mieloidi nella neutropenia indotta da trattamenti antiblastici
1.1 Premessa
Le presenti linee guida non includono raccomandazioni per alcune condizioni specifiche in ambito ematologico (mielodisplasie, leucemie acute, trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche) e per pazienti pediatrici.
1.2 Generalità
La terapia citotossica antitumorale sopprime il sistema ematopoietico alterando i meccanismi di difesa dell’ospite e limitando la dose di chemioterapia che può essere tollerata. La neutropenia è una complicanza grave e frequente nei pazienti sottoposti a trattamenti antineoplastici mielosoppressivi.
Il grado e soprattutto la durata della neutropenia determinano il rischio d’infezioni e sono associate a riduzioni e/o ritardi del trattamento antiblastico che possono compromettere la prognosi del paziente.
Il paziente neoplastico in trattamento chemoterapico e/o radioterapico è esposto a un rischio infettivo per il ridotto numero di neutrofili che rappresentano la prima linea di difesa dell’organismo. Il grado di neutropenia è definito secondo i criteri di tossicità NCI (NCI-CTCAE version 4.2, Tabella 1).
1. Il fattore di crescita mieloide attualmente disponibile in Italia per uso clinico è il G-CSF (granulocyte colony stimulating factor). Esistono tre formulazioni di G-CSF ricombinante: il filgrastim, non glicosilato (di cui sono disponibili diverse molecole biosimilari) il lenograstim, glicosilato ed il pegfilgrastim, formulazione peghilata di filgrastim (1). Rispetto al filgrastim e al lenograstim, che hanno un’emivita plasmatica breve (3-4 ore), il pegfilgrastim ha un’emivita plasmatica di circa 33 ore; il suo legame competitivo con i recettori specifici sulla superficie cellulare delle cellule ematopoietiche garantisce un meccanismo di auto-regolazione in funzione della conta dei neutrofili e consente una singola somministrata del farmaco per ciclo chemioterapico (2,3).
1.3 Effetti collaterali del G-CSF
Il G-CSF è solitamente ben tollerato. L’effetto collaterale più frequente è il dolore osseo, variabile dal 15%
al 39% dei pazienti . Altri effetti collaterali includono la riacutizzazione di condizioni infiammatorie, rash occasionali e la sindrome di Sweet (4). Da un punto di vista degli esami ematici, è possibile registrare una modesta riduzione nel numero di piastrine, aumento dei livelli serici di LDH, dell’acido urico e della fosfatasi alcalina. E’ segnalato un possibile rischio di leucosi acuta mieloide o mielodisplasia in donne che ricevono G-CSF dopo chemioterapia adiuvante per carcinoma della mammella (5,6).
La tollerabilità delle varie formulazioni di G-CSF è sovrapponibile (2,3).
2. Uso profilattico del G-CSF
La neutropenia e le complicanze a essa correlate rappresentano la principale tossicità dose-limitante della chemioterapia. La neutropenia febbrile (NF), definita da rialzo termico >38.5°C per una durata superiore ad un’ora in presenza di una conta dei neutrofili <500/µL, oppure da rialzo termico pari a 38C per tre
7
misurazioni consecutive alla distanza di un’ora dall’altra, è ancora oggi associata ad importante morbilita/
mortalità e a costi elevati (7). Il rischio diretto di mortalità associato a NF è stimato essere del 9.5% (8).
Due recenti metaanalisi (9; 10) hanno confermato come l’utilizzo profilattico dei CSFs nei pazienti affetti da tumori solidi e ematologici riduca significativamente il rischio di NF, il tasso di mortalità correlato a possibili episodi infettivi, garantendo la somministrazione di una corretta intensità di dose (7; 11).
L’indicazione a tale profilassi dipende da vari fattori correlati principalmente al tipo di regime chemioterapico utilizzato e alle caratteristiche cliniche del paziente (Tabella 2 ).
2.1. Profilassi primaria
Per profilassi primaria s’intende l'utilizzo del G-CSF dal primo ciclo di chemioterapia. Questa modalità ha consentito una significativa riduzione del rischio di NF in pazienti sottoposti a chemioterapia a dosi standard (12-16).
In accordo con le recenti indicazioni dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), del National Cancer Center Network (NCCN) e dell’European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC) ( 17; 18; 19, Livello di evidenza 1++), la profilassi primaria con G-CSF è raccomandata in regimi chemioterapici in cui l’incidenza attesa di NF sia ≥ 20%. Tale valore è indicativamente stimabile in base al farmaco, all'associazione e alla dose utilizzata (20).
Nel caso in cui il rischio ipotizzato di NF sia compreso tra il 10 e il 20%, l'utilizzo del G-CSF dipende da una valutazione più complessa che considera anche le caratteristiche cliniche del paziente e della patologia, che possono predisporre ad una maggiore incidenza e gravità di complicanze.
La profilassi primaria nei pazienti con rischio ipotizzato di NF inferiore 10% non è raccomandata (Algoritmo 1).
2.2 Profilassi secondaria
Per profilassi secondaria si intende l'utilizzo del G-CSF prima del secondo ciclo o dei successivi cicli di chemioterapia. E' raccomandata per i pazienti che abbiano avuto un pregresso episodio di NF e per i pazienti per i quali il mantenimento di una corretta intensità di dose (dose dei farmaci e intervallo dei cicli) può influenzare la sopravvivenza libera da malattia o globale (7; 17-19, Livello di evidenza 1+). In caso contrario, la prima opzione terapeutica è rappresentata da una riduzione della dose o da un posticipo temporale (Algoritmo 2).
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A Il G-CSF è raccomandato in profilassi primaria in
pazienti che ricevono chemioterapia ad alto rischio di NF (>20%).
Positiva forte
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica B
L'utilizzo del G-CSF in caso di un rischio di NF compreso tra il 10 e il 20% è raccomandato in presenza di fattori di rischio paziente dipendente (età, comorbidità etc). Questi vanno riconsiderati ad ogni ciclo di trattamento.
Positiva forte
8
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica B Il G-CSF si deve utilizzare in profilassi secondaria nei
pazienti con un precedente episodio di NF, nei casi in cui non sia raccomandata una riduzione di dose.
Positiva forte
3. Uso terapeutico del G-CSF
Per uso terapeutico si intende l'utilizzo del G-CSF durante un episodio di neutropenia G4.
La somministrazione di G-CSF non è raccomandata nei pazienti neutropenici apiretici (17,18, Livello di evidenza 1+) e non è raccomandato routinariamente nei pazienti con NF in associazione alla terapia antibiotica. Tuttavia, l’uso terapeutico del G-CSF può essere considerato nei pazienti con condizioni cliniche predisponenti ad un maggior tasso di morbilità/mortalità allo scopo di ridurre la durata della neutropenia, il rischio infettivo e l'ospedalizzazione (21) (Algoritmo 3).
In pazienti che hanno eseguito profilassi con Peg G-CSF in caso di neutropenia febbrile, pur in assenza di studi clinici, non sembrerebbe utile il trattamento con G-CSF, poiché i dati di farmacocinetica di Peg G-CSF hanno dimostrato alti livelli di CSF durante la neutropenia (18).
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A L’uso terapeutico di G-CSF non è raccomandato in
pazienti con neutropenia non febbrile Negativa debole
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica B Il G-CSF non si dovrebbe utilizzare di routine in
associazione ad antibioticoterapia Negativa debole
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica B Il G-CSF può essere utilizzato per ridurre la durata della
neutropenia Positiva debole
9
4. Uso del G-CSF nel trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (CSP)
Diversi studi randomizzati hanno dimostrato la superiorita’ dell’utilizzo di cellule staminali ematopoietiche rispetto al midollo nel trapianto autologo. I benefici delle cellule staminali riguardano la minor invasivita’
nella procedura di raccolta delle stesse, una ridotta morbidita’, un piu’ rapido attecchimento, una piu’ breve ospedalizzazione e una globale riduzione dei costi (22-24, Livello di evidenzia 1+).
A. Mobilizzazione delle cellule staminali ematopoietiche Grado di
raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A
La somministrazione di G-CSF, solo o dopo chemioterapia rappresenta il trattamento standard per la mobilizzazione dei progenitori ematopoietici (25-28).
Positiva forte
B. Somministrazione dopo reinfusione di midollo autologo
Dopo trapianto di midollo autologo, il recupero ematopoietico e la durata di ospedalizzazione sono ridotti con la somministrazione di G-CSF (29-32, Livello di evidenza 1+).
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A L’utilizzo del G-CSF dopo trapianto di midollo autologo
è indicato. Positiva forte
C. Somministrazione dopo reinfusione di cellule staminali ematopoietiche autologhe periferiche
La somministrazione di G-CSF dopo reinfusione di cellule staminali periferiche è indicata allo scopo di ridurre la durata della neutropenia, il rischio di infezioni documentate e la conseguente durata di terapia antibiotica parenterale. Non è stato dimostrato un effetto statisticamente significativo sulla mortalità correlata alle infezioni (33-38, Livello di evidenza 1++). E’ possibile utilizzare la formulazione pegilata ottenendo simili risultati nella ricostituzione ematopoietica (39, Livello di evidenza 1+).
La somministrazione di G-CSF potrebbe non essere indicata in caso di reinfusione di cellule staminali in numero superiore a 5 x 106/Kg di peso corporeo (40, Livello di evidenza 2+).
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A La somministrazione di G-CSF dopo reinfusione di
cellule staminali periferiche è indicata. Positiva forte
10
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica B Il pegfilgrastim può essere utilizzato dopo re
infusione di cellule staminali periferiche . Positiva debole
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica C La somministrazione di G-CSF potrebbe non essere
indicata in caso di reinfusione di cellule staminali in numero superiore a 5 x 106/Kg di peso corporeo .
Negativa debole
5. Timing e schedula di somministrazione del G-CSF
PROFILASSI PRIMARIA E SECONDARIA
Nei casi in in cui si renda necessario l’uso profilattico del G-CSF (ved. paragrafo 2.1 e 2.2), questi devono essere iniziati tra 24 e 72 ore dopo la conclusione della chemioterapia, e la
somministrazione deve essere proseguita quotidianamente sino al raggiungimento di un numero di neutrofili superiore a 1000/mL dopo il nadir (17,19,20,41, livello di evidenza 1+ ) . Nel caso
dell’utilizzo di filgrastim pegilato, questo andrà utilizzato in monosomministrazione tra le 24 e le 72 ore dopo il termine della chemioterapia (3,15,42 livello di evidenza 1++).
L’attivazione della terapia con G-CSF dopo 72 ore dal termine del ciclo di chemioterapia, l'uso terapeutico o schedule di somministrazioni diverse da quelle raccomandate non sono efficaci nel ridurre le complicanze della neutropenia e sono associate a effetti collaterali indesiderati (10, 43,44, livello di evidenza 2+).
La somministrazione di G-CSF è controindicata nelle 48 ore precedenti e in concomitanza con la chemioterapia (43, livello di evidenza 2-)
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A
In profilassi primaria e secondaria la terapia con G-CSF (5microg/Kg/die sc ) deve essere iniziata tra 24 e 72 ore dal termine del ciclo di chemioterapia e deve essere proseguita fino al raggiungimento di un numero di neutrofili > 1000 /L dopo il nadir.
Positiva forte
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica A
La singola somministrazione di pegfilgrastim deve essere effettuata tra le 24 e le 72 ore dal termine del ciclo di chemioterapia, alla dose di 6 mg sc .
Positiva forte
11
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica C La somministrazione di G-CSF è controindicata nelle 48
ore precedenti e in concomitanza con la chemioterapia. Negativa debole
Qualora vengano utilizzati G-CSF a somministrazione giornaliera esiste una tendenza diffusa nella pratica clinica all’ utilizzo di tali fattori di crescita per un numero di giorni limitato, ritenuto altrettanto efficace in determinate situazioni cliniche rispetto a somministrazioni dello stesso G-CSF a somministrazione giornaliera per un numero giorni più elevato.
Ciò avviene a fronte di una sostanziale mancanza di studi specificamente rivolti a chiarire il problema del numero di giorni di somministrazione ritenuto più efficace per l’ottenimento del risultato clinico ricercato, in particolare, riduzione del tasso di neutropenia febbrile, riduzione delle ospedalizzazioni, mantenimento di dose-intensity prevista. Sulla base di questa considerazione proveniente dalla pratica clinica e considerando i pochi dati estrapolabili dalla letteratura che, pur se non indirizzata al quesito specifico, riporta alcuni dati relativi alla durata mediana di giorni di utilizzo del G-CSF, si può concludere che l’utilizzo di G-CSF con schedule di somministrazione che prevedano somministrazione per un numero di giorni inferiore ai 6 giorni può essere considerato, come ad esempio nel caso di schemi di chemioterapia che non consentono l’effettuazione del numero minimo di 6 giorni(45; 46 Livello di evidenza 2 +) .
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica
C
L’uso di G-CSF a somministrazione giornaliera nei pazienti adulti affetti da tumore solido può essere indicato anche secondo schedule inferiori ai 6 giorni di somministrazione. Vi è incertezza circa il bilancio rischi/benefici nell’utilizzo di una schedula con un numero inferiore di somministrazioni rispetto a schedule di almeno 6 giorni. L’incertezza è legata alla scarsità di dati.
Positiva debole
In considerazione della clearance in parte renale di filgrastim e lenograstim è consigliabile una riduzione della dose di filgrastim e lenograstim in pazienti in dialisi o con grave insufficienza renale (50% della dose di G-CSF), mentre non è necessaria con la formulazione peghilata per la clearance non renale del farmaco (endocitosi dopo il legame con lo specifico recettore cellulare (44).
MOBILIZZAZIONE:
Nellla mobilizzazione di cellule staminali il G-CSF utilizzato da solo deve essere somministrato per 5 giorni consecutivi alla dose di 10 microgrammi/Kg/die; in caso sia usato in associazione alla chemioterapia la dose è pari a 5 microgrammi/Kg/die, a partire dal giorno +4 o + 7 fino a completamento della raccolta.
L’ultima dose di G-CSF dovrebbe essere somministrata almeno 2 o 3 ore prima della conta di CD34+nel sangue periferico (47,48 Livello di evidenza 1+ ).
La formulazione pegilata non è registrata per la mobilizzazione di cellule staminali nei tumori solidi ma puo’
essere utilizzata alla dose di 6 mg sc die dopo 24-72 ore dal termine della chemioterapia (49, Livello di evidenza 2-).
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Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica
A
Nellla mobilizzazione di cellule staminali il G-CSF utilizzato da solo deve essere somministrato per 5 giorni consecutivi alla dose di 10 microgrammi/Kg/die; in caso sia usato in associazione alla chemioterapia la dose è pari a 5 microgrammi/Kg/die, a partire dal giorno +4 o + 7 fino a completamento della raccolta.
L’ultima dose di G-CSF dovrebbe essere somministrata almeno 2 o 3 ore prima della conta di CD34+nel sangue periferico.
Positiva forte
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica C La formulazione pegilata puo’ essere utilizzata per la
mobilizzazione di cellule staminali nei tumori solidi. Positiva debole
TRAPIANTO AUTOLOGO
Il giorno ottimale per l'inizio della somministrazione di G-CSF dopo trapianto autologo di cellule staminali periferiche non è definito, non essendoci concordanza negli studi pubblicati rispetto al timing del recupero ematologico, al numero di episodi di NF, alla durata della terapia antibiotica o dell' ospedalizzazione (33, 34 38, 39, 40, 51-53).
La dose ottimale di G-CSF è pari a 5 microgrammi/Kg/die e nel caso di trapianto di midollo la somministrazione deve iniziare dal giorno +1 mentre nel trapianto di cellule staminali periferiche può variare (dal giorno +1, +3, +5, +7).
Nel caso si utilizzi pegfilgrastim la dose è 6 mg sc die 24-72 ore dopo la chemioterapia.
Grado di raccomandazione
SIGN Raccomandazione clinica Forza della
raccomandazione clinica B
La dose ottimale di G-CSF è pari a 5 microgrammi/Kg/die, da iniziarsi al giorno +1 (trapianto di midollo) oppure giorno +1, +3, +5 o +7 (trapianto di cellule staminali periferiche).
Positiva debole
Tabella 1: Scale di tossicità per la neutropenia secondo i Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE) v 4.02
GRADO EVENTO
AVVERSO 1 2 3 4 5
Calo della conta dei neutrofili
<LLN- 1500/mm3;
<LLN- 1.5x10e9/L
< 1500- 1000/mm3; <
1.5-1.0x10e9/L
< 1000- 500/mm3; < 1.0-
0.5x10e9/L
< 500/mm3; <
0.5x10e9/L -
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Tabella 2: Fattori di rischio di neutropenia febbrile
TRATTAMENTO CORRELATI
• regime chemioterapico
• mantenimento di intensità di dose (RDI)
• pregressi trattamenti chemioterapici
• concomitante o pregressa radioterapia sul midollo osseo (>20%)
• neutropenia complicata nel ciclo precedente (NFprolungata, ipotensione, sepsi, polmonite o infezione fungina)
• ritardo della CT
• pregressa riduzione di dose
PAZIENTE CORRELATI
• eta’>65 anni
• sesso femminile
• basso Perfomance Status (ECOG ≥2)
• scarso livello nutrizionale
• immunodepresso (HIV)
• neutropenia o linfocitopenia pre-esistente
• ferite aperte e/o
• infezioni tissutali attive
• comorbidita’ (malattie cardiovascolari, BPCO, epatopatia, diabete, anemia PATOLOGIA
CORRELATI
• tipo di tumore (ematologico vs tumori solidi)
• metastasi al midollo osseo
• malattia avanzata/refrattaria
• livelli elevati di LDH (linfoma)
6. Bibliografia
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17
7. Algoritmi
ALTO ≥ 20% INTERMEDIO 10-20%
CSF RACCOMANDATO
A L G O R IT M O 1 : P R O F IL A S S I P R IM A R IA ( p ri m a d e l I C ic lo d i C T )
VALUTAZIONE RISCHIO NF IN BASE AL REGIME CHEMIOTERAPICO BASSO ˂ 20%Considerare uso di CSF dopo valutazione complessiva multifattoriale CSF NON INDICATO
Trattamento Pregressi trattamenti chemioterapici Pregressa radioterapia Paziente Età ˃ 65 anni Sesso femminile Basso Performance Satus (ECOG ≥ 2) Scarso livello nutrizionale Immunodepresso (HIV) Neutropenia o linfocitopenia pre-esistente Ferite aperte e/o infezioni tissutali attive Comorbilità (malattie cardiovascolari, BPCO, Epatopatie croniche, diabete, anemia, insufficienza renale). Patologia Tipo di tumore Metastasi al midollo osseo Malattia avanzata/refrattaria Livelli elevati di HDL (linfoma)
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A L G O R IT M O 2 : P R O F IL A S S I S E C O N D A R IA (v a lu ta z io n e p ri m a d e l ii c ic lo e a d o g n i s u c c e s s iv o c ic lo d i c h e m io te ra p ia )
PROFILASSI PRIMARIANo Si
Neutropenia febbrile Neutropenia febbrile
Obiettivo della terapia
Palliazione Guarigione
Riduzione di dose o aumento di intervallo Profilassi secondaria: aggiungere G-CSF Obiettivo della terapia
Palliazione Guarigione
Riduzione di dose o aumento di intervallo Proseguire secondo profilassi primaria
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Febbre
Profilassi con CSFProseguire
A L G O R IT M O 3 : U S O T E R A P E U T IC O D E L G -C S F
RISCONTRO NEUTROPENIA POST CHEMIOTERAPIA ApiressiaCSF non indicatoValutazione fattori di rischio per complicanze correlate a infezioni: •Età ˃ 65 aa •Neutropenia severa (N ˂ 100/µL) con durata attesa ˃ 10 GG •Ipotensione e MOF (Sindrome Settica), polmonite •Infezioni fungine invasive •Necessità di ospedalizzazione •Pregresso episodio di NF
Non profilassi con CSF
Non indicato G-CSF Da considerare G-CSF
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8. L’anemia nel paziente neoplastico
Premessa
In letteratura e/o su siti web di società scientifiche (1-4) sono oggi disponibili raccomandazioni sull’uso degli agenti eritropoietici (ESA, erythopoiesis stimulating agents) nell’anemia da cancro indotta da chemioterapia.
Le presenti linee guida si rifanno, come le precedenti, principalmente alle linee guida NCCN (4), ponendo l’accento in particolare su:
• aspetti legati alla sicurezza di impiego degli ESA e
• utilizzo del supporto marziale in associazione agli ESA.
Gli ESA attualmente disponibili in Italia sono: eritropoietina alfa (con 2 formulazioni biosimilari, una che mantiene il nome di EPO alfa e una denominata EPO zeta); eritropoeitina beta, eritropoietina teta e darbepoietina alfa.
Generalità
L’anemia è una condizione molto frequente nei pazienti neoplastici e la sua gravità dipende da fattori legati al paziente, al tipo di tumore e al tipo di trattamento antineoplastico. Le scale più comunemente utilizzate per graduare la severità dell’anemia sono riportate in Tabella 1.
L’eziologia dell’anemia nel paziente oncologico è multifattoriale e può comprendere: sanguinamento, emolisi, infiltrazione midollare, deficit nutrizionali, insufficienza renale, ipersplenismo (5). Tuttavia, un ruolo preminente nell’insorgenza e mantenimento di bassi valori di emoglobina (Hb) nel paziente oncologico è svolto dalla cosiddetta anemia delle malattie croniche (AMC) o dell’infiammazione, condizione mediata dalla produzione di citochine tra cui l’IL6 che inibiscono in modo diretto l’eritropoiesi e la produzione di eritropoietina (6) e dalla incrementata sintesi epatica di epcidina che inibisce il trasporto di ferro attraverso le membrane cellulari (7). I pazienti con AMC possono avere una carenza funzionale di ferro, caratterizzato dalla presenza di depositi normali o aumentati ma ridotta capacità di utilizzare il ferro stesso (8). L’anemia del paziente con neoplasia è peggiorata dall’effetto mielosoppressivo della chemioterapia.
Le possibili opzioni per trattare l’anemia in pazienti selezionati sono rappresentate dalla correzione di eventuali sindromi carenziali (sideropenia,ipo/avitaminosi B12-ac. folico), dalle trasfusioni di emazie e dalla somministrazione di ESA.
Diagnosi dell’anemia (Algoritmo 1)
L’inquadramento diagnostico dei pazienti con anemia comprende un emocromo completo e conta reticolocitaria con eventuale valutazione dello striscio di sangue periferico. Sulla base del risultato di tali esami sono indicati la valutazione di: stato del ferro corporeo (ferritinemia,saturazione transferrina TSAT), livelli sierici di B12 e folati, esame del sangue occulto nelle feci, LDH, bilirubina frazionata, creatinina, eventualmente una biopsia osteomidollare, test di Coombs, pannello legato a coagulazione intravascolare disseminata.
Indicazione alla trasfusione.
L’identificazione dei pazienti neoplastici che richiedono la trasfusione di emazie per una rapida correzione dell’anemia non può essere effettuata soltanto considerando i valori di Hb. Le manifestazioni cliniche dell’anemia dipendono dalla durata e dalla gravità dell’anemia ma anche da altri fattori che condizionano la richiesta di ossigeno a livello tissutale. Inoltre la rapidità di insorgenza dell’anemia condiziona la gravità dei sintomi, dal momento che gli adattamenti fisiologici per compensare il ridotto apporto di ossigeno si verificano quando lo sviluppo dell’anemia è graduale. Pertanto, la presenza di malattie cardiovascolari o polmonari pre-esistenti, così come la rapidità d’insorgenza dell’anemia, possono limitare la capacità del paziente di tollerare l’anemizzazione. Di conseguenza la decisione sulla necessità di una rapida correzione dell’anemia deve essere basata sulla valutazione delle caratteristiche del paziente, le morbidità e sul giudizio del medico.