Cap.9. Discussione
In accordo con quanto evidenziato da numerosi autori (Thamsborg, 1999; Silvestre et al., 2000; Hoglund et al., 2001; Cabaret et al., 2002) in merito alla importanza delle endoparassitosi negli allevamenti bovini biologici, nell’azienda agro-zootecnica “la Sterpaia” è stata evidenziata la presenza di numerosi parassiti. Tra questi troviamo protozoi dei generi Eimeria, agenti eziologici della coccidiosi,
Criptosporidium sp. ed emoprotozoi del genere Babesia, nematodi responsabili
della strongilosi gastrointestinale oltre a Strongyloides papillosus, ascaridi (Neoascaris vitulorum) e tricocefali (Trichuris sp.), trematodi (Fasciola hepatica,
Dicrocoelium dendriticum, Paramphistomidi) e cestodi (Moniezia expansa e M. benedeni).
Il mancato rilievo di Dictyocaulus viviparus per l’intera durata dell’indagine sembra confermare l’assenza della strongilosi polmonare bovina in Toscana; sembra infatti che in Italia manchino le condizioni adatte alla diffusione dell’elminta suddetto, fatta eccezione per le zone a clima alpino e subalpino in cui risulta sporadicamente presente (Ambrosi, 1995).
Coccidiosi
L’indagine parassitologica svolta nel presente studio ha individuato nella coccidiosi una delle malattie parassitarie più rilevanti nell’allevamento biologico considerato; infatti si è registrata una prevalenza media del 67,4% considerando il periodo totale dello studio. Tali dati sembrano confermare che la coccidiosi rappresenta una delle principali problematiche per il settore zootecnico, infatti sono gli stessi allevatori del biologico, malgrado l’adozione dei principi del controllo integrato (Thamsborg, 1999), a riportare violenti episodi di diarrea da
coccidi nel 14 % dei casi contro il 6% stimato per l’allevamento convenzionale (Svensson et al., 2000). Figura n.1 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00% Coccidi Autunno 2004 Inverno 2005 Primavera/estate 2005 Autunno 2005 Inverno/Primavera 2006
Osservando la disritibuzione delle prevalenze tra le diverse fasce d’età (Figura n.2), è possibile notare che le maggiori positività sono state riscontrate nel gruppo dei vitelli con il 93,6%, seguiti poi dai vitelloni con l’88,8% in accordo con quanto riportato in letteratura. Infatti sono numerose le fonti che, descrivendo l’epidemiologia e la patogenesi della coccidiosi, riconoscono nei giovani animali il gruppo maggiormente colpito ed esposto al rischio di infezione (Casarosa, 1985; Puccini, 1992; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Faber et al., 2002; Svensson et al., 1994; Daugschies e Najdowski, 2005; Larsson et al. 2006; Von Samson-Himmelstjerna et al. 2006).
0 20 40 60 80 100 Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Età
Coccidi (Eimeria sp .)
Diversi autori individuano in tale malattia parassitaria una grossa fonte di danno per la produttività aziendale, in quanto, soprattutto per gli animali di primo pascolo, esposti in misura maggiore, saranno fortemente diminuiti gli accrescimenti ponderali e gli incrementi giornalieri medi (Von Samson-Himmelstjerna et al., 2006), ciò anche in relazione all’entità della sintomatologia riportata. Considerando che la patogenicità dei coccidi varia in base a molteplici elementi, quali ad esempio fattori ambientali favorevoli che consentono la sporulazione delle oocisti, la condizione di stress in cui versano gli animali e la virulenza di ciascuna specie coccidica (Grafner e Graubmann, 1979), si è ritenuto importante, laddove possibile, operarne l’identificazione a livello di specie.
Tali ricerche hanno mostrato la presenza in allevamento di diverse specie coccidiche con alcune differenze in base alla razza degli animali. I vitelli Limousine hanno mostrato la maggior variabilità, essendo risultati infetti da Eimeria bovis,
E.zuernii, E. alabamensis ed E. subspherica, mentre sia nei bovini Chianini che nei
Pisani è stata riscontrata solo l’associazione tra E.bovis ed E. zuernii. Da questi dati emerge un quadro piuttosto complesso: il gruppo dei bovini Limousine, infatti, risulta anche quello in cui sono state registate copropositività maggiori (69,9%) rispetto alle altre due razze; gli stessi valori medi di OPG emesse hanno mostrato differenze significative (p=0,0155) tra le varie razze, risultando ancora una volta la Limousine quella con valori superiori (839,3±192 OPG). Pertanto appare chiaro come tale gruppo sia quello esposto ad un rischio maggiore (Figura n.3). Tale affermazione trova inoltre conferma dall’analisi più attenta dei risultati: infatti,
l’allevamento bovino ( Pellerdy, 1974; Stockdale et al., 1981; Daugschies e Najdrowski, 2005) rendendosi responsabili di una malattia clinica caratterizzata da diarrea emorragica a volte fatale (Daugschies e Najdrowski, 2005).
A conferma di ciò in allevamento sono stati riscontrati in corrispondenza della stagione primaverile 2006 casi clinici evidenti, contrassegnati da violenti episodi diarroici, sia nei vitelli Chianini che nei Limousine. In questi ultimi la situazione è stata ulteriormente aggravata dalla contemporanea presenza di E.alabamensis che, come riportato da vari autori, è responsabile di una forma clinica molto grave, specialmente nei vitelli alla prima stagione di pascolo (Svensson, 1993; Svensson 1994; Svenson et al., 1994; Svensson, 2000, Daugschies e Najdrowski, 2005). I dati clinici sono poi stati avvalorati dai reperti di laboratorio, grazie a cui è stato evidenziato un forte aumento dell’emissione oocistica in corrispondenza del campionamento Inverno/Primavera 2006 riportando medie di 1157,1±1477,3 OPG e confermando le attese di alcuni autori (Puccini, 1992; Ambrosi, 1995), in base alle quali si avrebbero sintomi evidenti con una quantità media di oltre 1000 OPG. Quest’ultimo livello rappresenta quindi la soglia per il rischio sanitario in allevamento, che nel caso specifico dell’azienda monitorata è stata notevolmente oltrepassata. Secondo Svensson e collaboratori (2000) già con il riscontro di 730 OPG l’ambiente risulterebbe fortemente contaminato, rappresentando dunque un rischio epidemiologico elevato per tutta la mandria e rendendo possibili casi di reinfezione e potenziamento del potere patogeno del protozoo alla stagione di pascolo successiva (Svensson et al., 2000).
Coccidi (Eimeria sp.) 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71
Limousine Chianina Pisana
Razze P re va le n za ( % )
Tale situazione è ulteriormente gravata dalla positività riscontrata anche nei soggetti adulti, in quanto pur asintomatici assumono un ruolo epidemiologico fondamentale, essendo portatori che eliminano le oocisti e contribuiscono alla diffusione della malattia nell’allevamento (Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Daugschies e Najdrowski, 2005).
Dunque, la coccidiosi rappresenta un problema importante per l’allevamento biologico oggetto di studio, confermando di produrre effetti negativi sul benessere animale e sulle performances produttive, con sostanziali conseguenze a livello sanitario ed economico (Ambrosi, 1995; Daugschies e Najdrowski, 2005)
Strongilosi gastrointestinale
La strongilosi gastrointestinale rappresenta l’elmintosi più diffusa nell’allevamento dei ruminanti ed una importante fonte di forte limitazione per le rese economiche degli allevamenti bovini di tutto il mondo (Nanssen, 1988; Ambrosi, 1995; Agnessens, 2000; Mertz et al., 2005; Gasbarre et al., 2001; Loyacano et al., 2002), costituendo la problematica sanitaria di maggior peso nell’ambito della zootecnia biologica (Roderick e Hovi, 1999). Le perdite economiche ed i danni fisiopatologici causate da questi parassiti sono legati alla loro capacità di compromettere le attività digestive e di assorbimento delle sostanze nutritive determinando una alterazione del metabolismo proteico, idrico e salino (Parkins et al., 1990;
con le produzioni per le quali gli animali sono allevati e può anche essere responsabile di fenomeni di ipofertilità nelle femmine e di diminuita vitalità nei giovani animali (Ambrosi,1995; Loyacano et al., 2002; Dimander, 2003). Durante l’intero periodo osservato, le prevalenze si sono attestate su valori molto elevati (77,5%), senza riportare evidenti variazioni stagionali come descritto in letteratura (Casarosa, 1985; Puccini, 1992; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998, Almeria e Urante, 1999); ciò è indicativo di un quadro di un elevato grado di infestazione, in cui la carica parassitaria in allevamento ha ormai raggiunto un livello estremamente elevato che ha superato la soglia prevista per il mantenimento di un adeguato livello sanitario e produttivo. Infatti, per gli animali gestiti secondo il metodo biologico o comunque estensivo in cui è previsto l’utilizzo dei pascoli, sono state stimate positività medie comprese tra il 40 ed il 60% (Ambrosi, 1995), dimostrando quindi l’alto rischio zootecnico in cui si trova l’azienda in studio. Tali considerazioni sono altresì attestate dal fatto che sono state riportate percentuali (72,7%) e valori medi di UPG (720±203) molto elevati anche nei mesi invernali, in corrispondenza dei quali normalmente le larve infestanti non riescono ad espletare il loro ciclo. Una possibile giustificazione a tale situazione è da ricercare anche nell’andamento climatico; infatti, un inverno molto piovoso ed elevati tassi di umidità (ARSIA), legati ad un pascolo con un elevato grado di fecalizzazione ambientale (Stromberg, 1997) potrebbero aver contribuito al mantenimento ed al potenziamento dell’elmintosi anche nei mesi solitamente più sfavorevoli; ciò a conferma di quanto sostenuto da alcuni autori secondo cui cambiamenti climatici nelle stagioni possono indurre la comparsa della malattia (Hansen e Perry, 1994; Ambrosi, 1995) e del ruolo fondamentale di questi fattori nel determinismo dell’intensità dell’infestazione (Nansen et al., 1989; Vercruysse et al., 1994; Fisher e Jacobs, 1995; Shaw et al., 1998).
Esaminando poi l’andamento nelle varie fasi dello studio in base alla fascia d’età di appartenenza degli animali (Figura n.4), si nota che l’elevata prevalenza media riscontrata nella stagione invernale 2005 è stata fortemente influenzata dai risultati ottenuti per uno specifico gruppo dell’allevamento. Infatti, considerando che le positività invernali delle vacche (61,5%) e dei vitelli (60%), sembrano seguire le tendenze stagionali e che il gruppo dei tori è stato escluso dal campionamento
dell’Inverno 2005, il valore trovato è stato determinato soprattutto dalla percentuale riscontrata nel gruppo dei vitelloni (100%), operando una distorsione sull’andamento generale dell’azienda per quanto riguarda gli strongili gastrointestinali (Figura n.4). Una positività tanto elevata nei vitelloni è da ricondurre alle condizioni di stabulazione di tale categoria ed ad una errata gestione della lettiera, che può essere considerata permanente, risultando quindi un grado elevatissimo di contaminazione fecale ed elevati tassi di umidità per l’intero anno. Questa realtà funge da fattore condizionante (Ploeger, 1994) e favorente il ciclo biologico degli strongili gastrointestinali e, più in generale, si può dire che l’evidente quadro di poliparassitismo (Ambrosi, 1995; Cabaret et al., 2002; Larsson et al., 2006) e le elevate prevalenze nel gruppo dei vitelloni rappresentano il frutto di scelte gestionali irrazionali.
Altro fattore molto importante da tenere in considerazione per motivare l’elevata prevalenza della strongilosi gastrointestinale nell’intero periodo monitorato, è stata la distribuzione estesa a quasi tutto l’anno dei parti; infatti, l’attività riproduttiva dell’allevamento è basata sulla monta naturale e pertanto i tori in vari periodi dell’anno sono messi insieme alla quota da rimonta. La presenza delle nascite diluite nei diversi momenti dell’anno contribuisce in altro modo all’aumento dell’escrezione di UPG, verificandosi in occasione di tale fase fisiologica il fenomeno del “parturient rise” e successivamente con la lattazione quello della “lactation rise” (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart et al. 1998; Cringoli, 2003; Shaw et al., 1998) la cui associazione determina il fenomeno del “periparturient relaxation in immunity” (Coop e Kyriazakis, 2001) in cui si verifica una caduta della sorveglianza immunitaria dell’ospite.
Strongili gastrointestinali 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00% 1 2 3 4 5 Campionamenti Pr ev al en za ( % )
Elevate prevalenze sono poi state riscontrate in tutte le categorie fisiologiche esaminate (Figura n.5), risultando valori di maggior entità nei vitelloni (90,7%) e nei tori (88,9%), non scendendo comunque mai al di sotto del 66,2% di positività, quest’ultimo valore è stato riscontrato nel gruppo delle vacche. Questo andamento, come descritto sopra, è da mettere in stretta correlazione con le scelte legate al management aziendale (Jager et al., 2004).
L’elevata positività nei gruppi degli animali più giovani rappresenta un importante fattore di rischio, essendo stato stimato un notevole impatto della strongilosi gastrointestinale e, più in generale delle endoparassitosi, sulla produttività dei giovani bovini (Colditz et al., 1996; Corwin, 1997; Dimander, 2003). In particolare, sono confermati i dati epidemiologici che vedono il massivo interessamento di tale categoria alla prima stagione di pascolo (Vercruysse et al., 1986; Armour, 1989) dovuto alle basse resistenze e ad una ridotta risposta immunitaria legata alla giovane età (Colditz et al., 1996). La positività leggermente più bassa negli adulti è, invece, da mettere in relazione con lo sviluppo di una certa resistenza immunitaria (Colditz et al., 1996; Fox, 1997). Infatti, alcune ricerche hanno evidenziato un certo grado di resilienza nei bovini alla seconda stagione di pascolo, in dipendenza dal livello di esposizione ai parassiti durante la prima, rilevando
maggiori perdite produttive nel caso in cui il grado di esposizione fosse molto limitato alla prima stagione e subisse un forte rialzo a quella successiva, venendo quindi a mancare un’adeguata protezione immunitaria (Ploeger, 1996; Eysker e Ploeger, 2000). Tuttavia, molti studi hanno parimenti evidenziato l’incidenza di tale malattia parassitaria nelle fasce più adulte, descrivendo i danni apportati alle produzioni e agli indici riproduttivi delle vacche (Hammemberg, 1986; Corwin, 1997; Fox, 1997; Agnessens et al., 2000) e valutando l’esistenza dell’influenza diretta della strongilosi gastrointestinale sull’incremento dei bovini al pascolo (Mertz et al., 2005).
Il rischio sanitario e produttivo sembra dunque esteso a tutte le categorie presenti in azienda, provando che l’elmintiasi in esame rappresenta una problematica sanitaria ed economica diffusa largamente nell’allevamento bovino (Corwin, 1997; Gasbarre et al., 2001). Figura n.5 0 20 40 60 80 100 Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Età
Strongili gastrointestinali
Altro importante elemento, da tenere in considerazione per valutare il livello di rischio dell’allevamento, è la variabilità dei generi responsabili di questa malattia presenti in azienda.
Infatti, molti tra i più comuni generi stimolano nel bovino un effettivo livello protettivo immunitario, dopo essere stato a contatto col parasita per diversi mesi (Gasbarre et al., 2001). Al contrario altri generi, come nel caso di Ostertagia, espongono gli animali colpiti a frequenti reinfezioni (Gasbarre et al., 2001).
Il prolungamento dell’infestazione, nell’ostertagiosi, rappresenta il motivo per cui tale parassitosi costituisce una delle più importanti cause di perite economiche nelle regioni temperate (Gibbs; 1982; Hammerberg, 1986; Parkins et al., 1990;Berghen et al., 1993; Fox, 1997; Agnessens, 2000; Gasbarre et al., 2001; Loyacano et al., 2002; Mertz et al., 2005; Giannetto et al., 2006). Dall’indagine parassitologica effettuata, si evince la presenza in allevamento di numerosi generi di strongili gastrointestinali, con notevoli variazioni in base alla categoria osservata e alla razza.
Dai campioni fecali esaminati in corrispondenza dell’Autunno 2005 per il gruppo dei vitelli Limousine sono stati identificati i seguenti generi: Haemonchus,
Bunostomum ed Ostertagia; inoltre, grazie all’attenta osservazione delle
caratteristiche mofometriche delle larve è stato possibile identificare la specie riportando la presenza di Trichostrogylus axei e Cooperia oncophora in accordo con le fonti che per quest’ultimo parassita ne riportano una maggior incidenza nei vitelli (Parkins et al., 1990; Agnessens et al., 1997). Nei vitelloni, invece, è stata identificata Cooperia curticei nel gruppo delle Limousine e delle Pisane, altri generi presenti sono stati Bunostomum, Oesophagostomum, Nematodirus nei vitelloni Chianini, Trichostrongylus axei in quest’ultimi e nei Limousine. Dalla composizione percentuale dei generi alle coproculture, il genere Haemonchus ha trovato ampia diffusione nei soggetti di tutte le razze esaminate; ciò è da mettere in relazione soprattutto alla sua più elevata prolificità rispetto ad altri generi (Hammerberg, 1986; Ambrosi, 1995).
I dati ricavati dal campionamento all’inizio della Primavera 2006 hanno confermato la presenza di Ostertagia, Trichostrongylus axei, Haemonchus e Cooperia
oncophora nei vitelli di razza Limousine (Figura n.12). E’ stata invece osservata
una minor variabilità nei vitelloni Chianini (Figura n.13), avendo però osservato la nuova presenza in tale categoria di Ostertagia ed una aumentata incidenza di
Haemonchus con l’83,3%, rispetto al 48,2% della precedente stagione. Infine, è
stata rilevata una massiva positività per Haemonchus (100%) nelle vacche Chianine. Il grado di rischio zootecnico e sanitario cui è esposto l’allevamento in studio sembra dunque elevato, visto il quadro di infestazione mista presente; le diverse percentuali con cui si sono presentati i vari generi è in stretta correlazione ad un
diverso grado di prolificità, poichè le femmine di tali parassiti eliminano nel tempo quantità di uova molto diverse, basti pensare al fatto che Trichostrongylus partorisce 100 uova al giorno, mentre Haemonchus è in grado di eliminarne 5000-10000 (Ambrosi, 1995). Volendo servirsi dell’analisi coprodiagnostica quantitativa come strumento di valutazione del rischio, secondo Ambrosi (1995) nelle infezioni miste con valori inferiori alle 100 upg si ha un livello di infezione che necessita di controllo, come nel caso riportato per i campionamenti dell’Autunno 2004 (93±183,4 UPG) e della Primavera 2005 (85,5±149,5 UPG), mentre in Autunno 2004 è stato registrata una situazione di rischio zootecnico con valori medi di 184±113,5 UPG, mentre nella Primavera 2006 i livelli di emissione di UPG possono far individuare una infezione sensibile. Il picco di UPG emesse, come precedentemente accennato, è stato riscontrato nell’Inverno 2005 con 720±203 UPG, valore fortemente influenzato dalle medie stagionali riportate nei vitelloni, ma che comunque indica il rilievo di un’infestazione marcata, con sintomatologia clinica evidente ed indicativo di allarme epidemiologico, compromettendo sia l’andamento dello stato sanitario dell’allevamento che dell’aspetto produttivo (Rayanaud, 1974; Ambrosi, 1995).
Sempre sulla base della valutazione quantitativa, tutte le categorie fisiologiche esaminate risultano esposte ad una condizione di rischio zootecnico con valori medi superiori a 100 UPG (Ambrosi, 1995). In particolare nei vitelli (223,3±115,1 UPG) e, ancora di più nei vitelloni (303,7±88,5 UPG), i risultati quantitativi hanno mostrato un grado di infezione grave, ponendo a rischio lo stato di salute dei capi. Sono poi state riscontrate evidenti variazioni in base alla razza, per cui quella con il più alto grado di emissione di uova è stata la Pisana con 420,5±198,1 UPG, seguita dalla Chianina con 3334,1±117,3 UPG; tuttavia, anche nella Limousine si sono avuti valori elevati (263,9±133,8 UPG), svelando un elevato grado di infestazione in tutte le razze dell’allevamento.
In ultima analisi poichè i diversi generi e specie di nematodi isolati hanno differenti azioni patogene, per avere una consistenza precisa della popolazione elmintica in allevamento, in futuro si potrebbe proporre di stabilire una relazione tra il numero di parassiti adulti e fertili ed la quantità di UPG emesse dagli animali parassitati, tenendo conto delle differenze in base alla specie parassitaria (Shock,
1976; Hansen e Perry, 1994 ) oppure, come approccio alternativo al problema, cercare di dare una valutazione complessiva della mandria (Raynaud, 1974) e stabilire una correlazione su un piano collettivo della popolazione animale oggetto di studio.
Basandoci però, sui rilievi identificativi compiuti, si deve valutare la diversa patogenicità del parassita dei nematodi isolati; ad esempio le femmine di Cooperia producono un elevato quantitativo di uova ma non sono molto patogene, mentre
Trichostrongylus risulta abbastanza patogeno, rendendosi responsabile di una
forma diarroica e cali di peso consistenti, ma produce poche uova (Hammerberg, 1986; Ambrosi, 1995).
Gli strongili del genere Ostertagia sono responsabili di forme sintomatiche caratterizzate da anoressia, diarrea e perdita di peso (Hammerberg, 1986; Couvillon et al., 1996). Molto patogene risultano i generi ematofagi, quali
Oesophagostomum e, soprattutto, Haemonchus e Bunostomum, responsabili oltre
che della sintomatologia gastroenterica, anche di stati anemici, edemigeni e ingenti cali delle performance produttive e riproduttive.
Figura n.6 Strongili gastrointestinali 66 68 70 72 74 76 78 80 82 84
Limousine Chianina Pisana
Razze Pr ev al en za ( % )
Figura n.7 L imo u si n e C h ia n in a Pi sa n a 0 20 40 60 80 100 (%) Razze Strongili gastrointestinali Stronyloides papillosus Nematodirus Strogili gastroenterici Figura n.8
(%) SGE Vitelli Limousine (Autunno 2005)
Ostertagia 19% Cooperia oncophora 10% Trichostrongylus axei 13% Haemonchus 45% Bunostomum 13%
Figura n.9
Vitelloni Limousine (Autunno 2005)
Cooperia curticei 18% Trichostrongylus axei 9% Haemonchus 73% Figura n.10 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% Prevalenza (%) 1
Generi Strongili gastrointestinali
Vitelloni Chianini (Autunno 2005) Nematodirus battuus
Nematodirus spathiger Cooperia curticei Bunostomum Trichostrongylus columbriformis Oesophagostomum Haemonchus Figura n.11
0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% Prevalenza (%)
Cooperia curticei Haemonchus Generi Strongili gastrointestinali Vitelloni Pisani (Autunno 2005)
Figura n.12
(%) Generi strongili gastrointestinali Vitelli Limousine (Inverno/Primavera 2006)
Ostertagia 14% Cooperia oncophora 25% Trichostrongylus axei 2% Haemonchus 59% Figura n.13 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% Prevalenza (%) 1 Generi SGE
Vitelloni Chianini (Inverno/Primavera 2006)
Ostertagia Haemonchus
Strongiloidosi
Per la strongiloidosi è stata evidenziata una positività generale per l’intera durata dello studio dell’11,2%, mostrando una maggior incidenza nei mesi autunnali con prevalenza massima nel primo campionamento (Ottobre-Novembre 2004) con il 20,8 %. Tali valori sembrano confermare quanto descritto da alcuni autori (Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998) secondo i quali la copropositività relativa a tale parassitosi è piuttosto variabile potendo oscillare tra il 5% e l’80%. La stagionalità con cui la malattia si è manifestata in allevamento corrisponde al caratteristico andamento riportato in letteratura; infatti l’infestazione tramite L3 ambientali è
più probabile nelle stagioni calde e piovose, come la Primavera e l’Autunno, nel caso di animali al pascolo o comunque allevati all’aperto (Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998). Figura n.14 Strongyloides papillosus -5,00% 0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 1 2 3 4 5 Campionamenti P re va le nz a (% )
Se analizziamo la distribuzione per fasce d’età della suddetta parassitosi è possibile rilevare una situazione anomala, poiché si ha una prevalenza superiore nel gruppo degli animali adulti rispetto ai giovani, mentre generalmente si evidenzia una maggior incidenza nei soggetti in età giovanile, con valori medi del 33% contro il 2-3% degli adulti (Ambrosi, 1995). La positività nei vitelli risulta già a partire dalle prime settimane di vita, si ha quindi andamento crescente fino al 2° mese per poi registrare un calo progressivo tra il 3° e il 6° mese di vita grazie
all’acquisizione di un certo grado di resistenza da parte degli animali (Ambrosi,1995). Come già evidenziato per altri parassiti, la categoria dei vitelloni si è dimostrata essere quella più soggetta ad un evidente quadro di poliparassitismo forse dovuto ad un calo delle resistenze fisiche (Colditz et al., 1996), associato alle cattive condizioni di stabulazione (Jager et al., 2005). Infatti il sovraffollamento e l’elevata fecalizzazione ambientale, propria dei box in cui sono ubicati i vitelloni all’ingrasso, costituiscono i fattori predisponenti per un’infestazione di importanza rilevante (Ambrosi, 1995). Le stesse considerazioni potrebbero spiegare l’elevata prevalenza riscontrata nel gruppo dei tori, in quanto i campioni fecali per questa categoria sono stati prelevati da soggetti posti in paddock in cui la lettiera si presentava in pessime condizioni igienico-sanitarie. Da tenere presente inoltre, che la stessa adiacenza dei tori ai box dei vitelloni può aver influenzato la comparsa di S. papillosus in questa categoria, facilitando il contatto tra ospite e parassita. La presenza dell’elminta nel gruppo delle vacche, invece, potrebbe essere messo in correlazione con un aumento della sensibilità nella fase del periparto o di una mobilitazione delle larve ipobiotiche durante questo stesso periodo con completamento del ciclo biologico.
Figura n° 15 0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Categoria
Strongyloides papillosus
La razza risultata maggiormente colpita è stata la Chianina riportando i valori massimi in corrispondenza dell’Autunno 2004 (80%) e dell’ inizio della Primavera 2006 (35,7%), riflettendo quindi l’andamento stagionale generale sopra descritto.
Nella razza Pisana, in cui è stata messa in evidenza la minor copropositività, la malattia è comparsa solo al quarto campionamento (Autunno 2005), dimostrando quindi una notevole resistenza nei confronti di S. papillosus, nonostante la notevole diffusione del parassita in allevamento. Alla base di questi risultati potrebbe risiedere anche una certa influenza genetica legata alla resistenza specifica nei confronti di quel parassita da parte dei bovini Pisani, come dimostrano anche alcuni studi sperimentali recentemente condotti su vitelli appartenenti a due razze differenti (Angus e Simmenthal)( Jager et al., 2004; Jager, 2005). Inoltre è necessario ricordare in questa sede che l’introduzione del gruppo delle Chianine risale solo al 2003, pertanto l’elevata incidenza di S.
papillosus in questa razza, potrebbe essere legata a condizioni di stress
d’adattamento (Colditz et al., 1996; Fox, 1997), in cui si è verificato un calo delle difese immunitari oppure ad una maggiore presenza in questa razza di animali con larve ipobiotiche. L’assenza della parassitosi nel periodo compreso tra inverno 2004-2005 e Primavera- Estate 2005 in quasi tutte le fasce d’età e di tutte le razze, non solo ne conferma il carattere stagionale (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998), ma può far ipotizzare una diminuzione della carica parassitaria in azienda. Figura n.16 Strongyloides papillosus 0,00% 2,00% 4,00% 6,00% 8,00% 10,00% 12,00% 14,00% 16,00% 18,00% 20,00%
Limousine Chianina Pisana
Razze P re va le nz a (% )
Nonostante il mancato rilievo della strongiloidosi all’esame parassitologico quantitativo per l’intera durata dello studio, i risultati avuti sono indice di rischio zootecnico e sanitario elevato. Infatti, secondo quanto sostenuto da alcuni autori (Ambrosi, 1995), la sola presenza di una positività ampiamente diffusa rappresenta un pericolo per lo stato di salute degli animali e conseguentemente per le performance produttive. A tale proposito una stima indicativa del potenziale danno imputabile all’elmintiasi in esame, in base ad alcuni studi è stato valutato un calo di profitto sino al 15% sul peso vivo dell’animale e fino al 25% sul peso della carcassa (Ambrosi, 1995). Generalmente i danni più onerosi sono legati ad uno stato di anemia, ai disturbi di assorbimento dei nutrienti con conseguente dimagrimento e ritardi della crescita (Ambrosi, 1995; Puccini, 1992, Casarosa, 1985; Urquhart, 2002; Perrucci et al., 1999).
Inoltre, considerando che solitamente nei soggeti adulti è raro il riscontro di prevalenze elevate (Ambrosi, 1995), la presenza dell’infestazione in tali gruppi della mandria, costituisce un chiaro segno di allarme epidemiologico per l’intero allevamento (Ambrosi, 1995). Se valutiamo poi le condizioni ambientali e gestionali dell’azienda in esame, il rischio a cui essa risulta esposta viene amplificato. Oltre ai fattori climatici, rappresentati da temperature miti ed un alto tasso di umidità, riscontrabili nei mesi autunnali e primaverili, anche le variabili legate all’ambiente d’allevamento e al management d’azienda, possono costituire un elemento fondamentale per la determinazione del rischio (Ambrosi, 1995; Jager et al., 2004). Situazioni di sovraffollamento ed una abbondante presenza di materiale organico, associati, per gli animali stabulati, all’irrazionalità del piano di stabulazione ed un’errata gestione della lettiera, rappresentano fattori determinanti in funzione del rischio, oltre alla trasmissione della parassitosi col colostro ed il latte materno (Ambrosi, 1995; Jager et al., 2004).
Ascaridiosi
L’ascaridiosi è una malattia cosmopolita (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Crigoli, 2003) che nell’allevamento oggetto di studio ha presentato una prevalenza media del 5,6%. Esaminando le variazioni stagionali osservate, si sono registrate maggiori copropositività in corrispondenza dei mesi autunnali
(Campionamento n°1 e n°3) con valori prossimi al 10% dell’intera popolazione esaminata. L’indagine eseguita conferma quindi la presenza e la prevaleza di
Neoascaris vitulorum negli allevamenti italiani rientrando nel 2-8% stimato
sull’intero territorio nazionale (Ambrosi, 1995).
Solitamente però all’interno di uno stesso allevamento viene colpito il 2% (Ambrosi, 1995) dei capi ed il riscontro di positività più elevate costituisce un elemento da stimare ai fini della valutazione del rischio zootecnico-sanitario. Infatti, considerata l’elevata patogenicità di questa elmintiasi, potremmo avvalerci del solo esame coproscopico qualitativo per asserire la presenza di un eventuale rischio, evidenziando la scarsa importanza della carica infestante parassitaria, dal momento che anche basse colonizzazioni risultano essere pericolose (Ambrosi, 1995). Da ciò emerge che il rischio zootecnico-sanitario può essere associato alla sola presenza di questo parassita in allevamento (Ambrosi, 1995). Nell’azienda monitorata tale parassitosi si è manifestata con positività superiori ai limiti previsti (>2%) durante tutti i campionamenti eseguiti, esponendo pertanto l’intera mandria ad una condizione di rischio elevato e costituendo un elemento di allarme epidemiologico.
Figura n.17 0,00% 2,00% 4,00% 6,00% 8,00% 10,00% Prevalenza (%) 1 2 3 4 5 Campionamenti Neoascaris vitulorum
Analizzando la prevalenza dell’ascaridiosi in base alle diverse fasce d’età, si evince la presenza di positività maggiori nei soggetti giovani, in accordo con quanto viene
descritto in letteratura (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Cringoli, 2003) in base ai quali per i vitelli di 5-6 mesi sono previsti valori medi del 10%. Il riscontro del 3,7% di N.Vitulorum nei vitelloni costituisce un elemento di allarme epidemiologico per l’intero allevamento (Ambrosi, 1995), così come la sola positivià nei soggetti adulti rappresenta un pericolo per lo stato sanitario della mandria (Ambrosi, 1995). Anomalo è il dato trovato nel gruppo dei tori in cui è stata messa in evidenza la percentuale maggiore di copropositività se consideriamo l’intero periodo di studio, riportando ben il 22,2%.
Figura n.18 0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Età
Neoascaris vitulorum
Tale risultato però risulta facilmente spiegabile se osserviamo l’andamento stagionale dell’ascaridiosi nei diversi gruppi; infatti, come mostrato nella figura n° 12, il gruppo dei tori è risultato positivo in un unico campionamento (Autunno 2004) con un picco del 50%, mentre nei vitelli le percentuali si sono attestate su valori più bassi ma la presenza è stata quasi costante nell’arco dell’intero periodo di studio. Considerando anche che l’entità numerica dei tori all’interno dell’allevamento è fortemente ridotta rispetto alle altre categorie, il peso del risultato ottenuto, diminuisce notevolmente. Oltre a ciò particolarmente significativo è stato l’esito dell’analisi quantitativa, in quanto è stata rilevata la copropositività nei giovani, risultando invece negativa negli adulti. Quest’ultima osservazione dimostra una maggior suscettibilità all’ascaridiosi nei vitelli come descritto in letteratura (Casarosa, 1985; Puccini, 1992; Ambrosi, 1995; Urquhart,
state misurate quantità medie di 666,7±942,8 UPG (Primavera 2005) e 100 UPG (Autunno 2005) rispettivamente nei vitelli Chianini e in quelli Limousine. Considerata l’elevata prolificità di questo parassita, anche in presenza di pochi esemplari il livello di UPG riscontrato può essere molto elevato (Ambrosi, 1995); ciò nonostante, il riscontro coprologico positivo, anche se a bassi livelli alla flottazione, deve essere considerato un elemento di rischio zootecnico (Ambrosi, 1995). Quindi, sulla base dei dati epidemiologici precedentemente illustrati, risulta evidente che la verifica di positività elevate nei capi di età superiore ai 6-8 mesi costituisce un fattore di allarme per un eventuale rischio zootecnico. Negli adulti la sola positività rappresenta un reale pericolo per lo stato sanitario dell’intero allevamento (Ambrosi, 1995). La presenza di questa malattia parassitaria costituisce una minaccia al mantenimento di un adeguato livello dello stato di salute degli animali, anche perché risulta frequentemente correlata all’insorgenza di complicanze batteriche, in particolare sostenute da colibacilli (Ambrosi, 1995), con aggravamento della sintomatologia gastroenterica, dimagrimento e scadimento progressivo delle condizioni dei capi. Inoltre, anche il quadro di poliparassitismo osservato in allevamento, spesso descritto in letteratura, con la concomitante presenza dell’ascaridiosi con la coccidiosi e strongiloidosi (Ambrosi, 1995) può aggravare i danni dovuti a questo parassita. Infine, risulta possibile un’associazione tra ascaridiosi e successiva strongilosi, in cui si verifica una marcata sinergia nell’azione patogena e nel determinare danni produttivi (Ambrosi, 1995).
Il danno maggiore di questa parassitosi deriva quindi dagli scarsi incrementi ponderali dei soggetti giovani e dal mancato indice di conversione che per una produzione di bovini da carne come “la Sterpaia”costituisce una grave problematica, determinando ingenti perdite economiche.
Figura n.19 Neoascaris vitulorum 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% A u tu n n o 2 0 0 4 In ve rn o 2 0 0 5 P im a ve ra 2 0 0 5 A u tu n n o 2 0 0 5 In ve rn o /P ri m a ve ra 2 0 0 6 Campionamenti P re v a le n za ( % ) Vitelli Vitelloni Vacche Tori
Tra le razze, quella maggiormente colpita risulta essere la Limousine, in cui è stata registrata una prevalenza media dell’8,2%, mentre Chianina e Pisana sembrano parimenti interessate da tale elmintiasi, con prevalenze medie superiori al 3%. L’ascaridiosi risulta dunque diffusa in tutte le razze presenti in allevamento, evidenziando una maggior suscettibilità alla malattia da parte del gruppo delle Limousine (Figura n°20).
Neoscaris vitulorum 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Limousine Chianina Pisana
Razze P re va le nz a (% )
Confrontando i dati del presente lavoro di tesi con quelli derivanti da studi condotti in precedenza (Perrucci, et al., 2003) è stato possibile notare per quanto riguarda N.vitulorum un aumento della carica parassitaria media nell’allevamento studiato, evidenziata dalla mancanza negli scorsi anni di un riscontro quantitativo, presente invece dall’Autunno 2004.
Cestodosi
Riguardo i cestodi, nell’allevamento è stata riscontrata esclusivamente la presenza del genere Moniezia, in accordo con quato previsto sulla base del tipo di analisi parassitologica eseguita (Ambrosi, 1995), in particolare sono state isolate entrambe le specie caratteristiche del bovino, Moniezia expansa e Moniezia
benedeni. I risultati ottenuti nella prima fase dello studio sembrano dimostrare
una infezione autunnale degli animali; infatti alle nostre latitudini l’attività degli acari oribatidi ospiti intermedi si concentra tra marzo e giugno, per diminuire in estate, aumentare nuovamente in autunno ed avere un periodo di stasi da dicembre a febbraio. Pertanto, considerando il periodo di prepatenza, la presenza della malattia nelle stagioni più fredde può essere spiegato solo con l’infezione autunnale. Nel caso dell’allevamento esaminato non sono state trovate positività al primo campionamento (Autunno 2004), ma si è avuta una flessione positiva della malattia nell’Inverno 2004-2005. Successivamente l’andamento descritto (Figura n.21) trova conferma con le fonti bibliografiche, riportando un calo del rischio
epidemiologico nei mesi più caldi, in relazione alla scarsa resistenza degli ospiti intermedi alla siccità, per poi aumentare in Autunno e Primavera (Ambrosi, 1995). Se consideriamo che in genere nella specie bovina si ritrovano positività con valori medi del 3-35% nei singoli capi e del 25% nei gruppi, fino ad evidenziare il 40-50% negli allevamenti locali (Ambrosi, 1995), il riscontro del 4,5% stimato sul periodo totale dello studio risulta nella norma e non indicativa di una condizione di grave rischio. Tuttavia le caratteristiche stesse del parassita, le cui uova posssono resistere per anni nell’ambiente (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998), contribuiscono al mantenimento dell’endoparassitosi in allevamento e all’aumento del grado di infestazione della mandria. La presenza di tale malattia nell’azienda considerata, risulta già da tempo, così come emerge da precedenti studi (Perrucci et al., 2003), riportando prevalenze superiori in un unico picco in corrispondenza dell’Autunno 2002 (23,3%), in cui l’aumento del rischio di infezione si era verificato soprattutto in seguito ad un’estate particolarmente piovosa (ARSIA, 2002). Nonostante le basse positività la cestodosi rappresenta comunque un potenziale rischio per lo stato sanitario degli animali e ancor di più per l’andamento degli indici produttivi; infatti l’azione sottrattiva del parassita induce uno stato di ipoproteinemia, ipocalcemia ed una diminuzione di glucosio (Ambrosi, 1995). Si deve poi considerare l’elevata frequenza di infezioni intercorrenti con gli strongili gastrointestinali e con Strongyloides papillosus, visto che tra di essi si instaura una sinergia in grado di determinare una sintomatologia più grave, talvolta mortale, con amplificazione del danno produttivo, la cui incidenza tende a raddoppiare o addirittura a triplicare (Ambrosi, 1995).
Pertanto, il riscontro di una condizione di poliparassitismo nell’allevamento oggetto del monotoraggio, in particolare con l’individuazione di strongili gastrointestinali, S. papillosus, coccidi, cestodi, tricocefali e ascaridi, sta ad indicare un elevato rischio per l’intero allevamento (Ambrosi, 1995).
Figura n.21 Moniezia sp. -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% A ut un no 2 00 4 In ve rn o 20 05 P rim av er a 20 05 A ut un no 2 00 5 In ve rn o/ P rim av er a 20 06 Campionamenti P re va le nz a (% )
Studiando l’andamento nelle diverse fasce d’età appare evidente come la malattia si sia manifestata con maggior prevalenza nei vitelloni, risultando invece assente nei vitelli e nei tori. Tenendo conto del fatto che le nascite dei vitelli si concentrano soprattutto in primavera si può affermare che non esiste rischio di infezione, se non minimo, per le vacche e le manze, in quanto dotate di resistenza naturale (Ambrosi, 1995), ciò giustificherebbe la bassissima prevalenza riscontrata nelle vacche. Anche le manzette al secondo pascolo, risultano libere dal rischio di contrarre la parassitosi in esame; esse infatti risultano dotati di resistenza acquisita. L’assenza di positività nei vitelli di sei –sette mesi nel periodo autunnale, potrebbe essere ricondotta alle condizioni climatiche verificatesi durante l’estate, in cui le elevate temperature (ARSIA, 2005) non hanno risparmiato gli acari ospiti intermedi (Ambrosi, 1995). Per quanto riguarda l’elevata positività nei vitelloni, dobbiamo ricordare le condizioni di stabulazione cui sono sottoposti, le uova di ascaridi trovano infatti nella lettiera permanente un habitat ideale in cui maturare e resistere per lungo periodo, aumentando così la carica parassitaria nei box in cui tali animali sono posti.
Figura n.22 0 2 4 6 8 10 12 Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Fasce d'età
Moniezia sp.
La razza maggiormente colpita è risultata essere la Chianina, seguita dalla Limousine, mentre nel gruppo delle Pisane è stato registrato solo il 2% delle positività (Figura n.23). Tale situazione risulta analoga a quanto detto per la strongiloidosi, pertanto varrano le medesime considerazioni, tanto più che spesso tali parassitosi ricorrono in associazione potenziando i loro effetti patogeni.
Moniezia sp. 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Limousine Chianina Pisana
Razze P re va le nz a (% )
Fasciolosi
La prevalenza media di Fasciola hepatica è risultata alquanto elevata (26,8%) per l’intera durata dello studio. La presenza di questo trematode nell’allevamento biologico “la Sterpaia” conferma le ricerche eseguite a livello nazionale in base alle quali ben il 67,5% degli allevamenti sarebbe interessato da tale malattia parassitaria (Cringoli et al., 2002), superando di gran lunga stime compiute a livello regionale in base a cui nel sud Italia si avrebbero positività medie dello 0,1% (Gaglio et al., 2006). La fasciolosi ha mostrato un andamento fortemente influenzato dalle condizioni climatiche rilevate nel corso del periodo monitorato, mostrando un picco in corrispondenza della fine dell’Inverno e l’ inizio della Primavera 2006 (Figura n.24), registrando una prevalenza del 40%. Così come viene descritto in letteratura, condizioni climatiche caratterizzate da pioggie relativamente frequenti e temperature miti, con tassi di umidità relativa elevati (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Cringoli, 2003; Arias et al., 2006) favoriscono il ciclo di F. hepatica garantendo la presenza del vettore (Limnea
truncatula) sui pascoli e, quindi, il perpetuarsi del suo ciclo biologico. Figura n.24
0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00% 35,00% 40,00% Prevalenza (%) 1 2 3 4 5 Campionamenti Fasciola hepatica
Per quanto riguarda la prevalenza della fasciolosi nelle diverse fasce d’età presenti in allevamento (Figura n.25), si nota un netto interessamento degli animali adulti con elevate copropositività nei vitelloni (40,7%) e nelle vacche (39,7%), mentre il gruppo dei soggetti giovani non è risultato interessato. Tali dati trovano dimostrazione in quanto riferito in bibliografia in cui si sottolinea la presenza della bassissima incidenza di tale malattia nei vitelli, in particolar modo nelle razze autoctone (Arias et al., 2006). Solo nelle aree fortemente fascioligene si riscontrerebbero prevalenze del 4% in questo gruppo (Ambrosi, 1995), mentre per vitelloni e manze si ha una prevalenza del 15%, fino al 66% nelle vacche al pascolo (Ambrosi, 1995), quindi il rischio legato a F.hepatica aumenterebbe progressivamente in base all’età dei capi interessati. Malgrado tali considerazioni, la massiva presenza di tale distomatosi nel gruppo degli adulti, rappresenta un notevole fattore di rischio anche per gli animali più giovani, in quanto comunque soggetti ad una forte contaminazione dei pascoli ( Ambrosi, 1995; Arias et al., 2006).
0 10 20 30 40 50 Prevalenza (%)
Vitelli vitelloni vacche tori Fasce d'età
Fasciola hepatica
Sono numerosi gli studi che sottolineano l’importanza della distomatosi epatica nel determinismo di ingenti perdite produttive nell’allevamento bovino sia a livello nazionale (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Cringoli et al., 2002; Cringoli et Rinaldi, 2003; Arias et al., 2006; Frangipane di Regalbono, 2006; Gaglio et al., 2006), che internazionale (Ross, 1970; Hope Cawdery, 1977; Owen, 1984; Genicot, et al., 1991; Loyacano et al., 2002; Hansson et al., 1999; Dosay-Akbulut, 2005; Schwerzer et al., 2005). Ciò appare tanto più vero se proiettato nella dimensione del metodo biologico (Roderick e Hovi, 1999; Keatinge, 2001) dove l’allevamento semi-brado e l’utilizzo dei pascoli predispone il contatto tra ospite definitivo ed intermedio di F.
hepatica, favorendo l’infestazione. Inoltre, recenti acquisizioni riguardanti
l’epidemiologia e la distribuzione del parassita in esame, ma più in generale dei trematodi, indicano come fattore di rischio fondamentale e determinante ai fini della diffusione delle suddette parassitosi, la presenza dell’acqua (Cringoli e Rinaldi, 2003). Pertanto, un ambiente come quello della “Sterpaia”in cui vi sono numerosi fossi ed in cui le aree adibite a pascolo sono soggette a frequente allagamento, risulta soggetto ad una situazione di ingente rischio. Il rischio risulta tanto più amplificato dalla variabilità stagionale e l’aumento delle pioggie nei mesi autunnali rappresenta un ulteriore elemento in grado di aggravare l’entità dei danni connessi alla fasciolosi (Younie et al., 2004).
Nel dettaglio le perdite produttive sarebbero imputabili agli effetti negativi sugli accrescimenti (Loyacano et al., 2002; Scwerzer et al., 2005), sulle performances
in Italia del 34,2% (Scala et al., 2001; Frangipane di Regalbono et al., 2006), tanto che durante alcuni studi sperimentali in Svizzera sono stati ideati modelli matematici con cui stimare le perdite finanziarie correlate alla distomatosi epatica (Schwerzer et al., 2005).
Infine, osservando la distribuzione delle prevalenze in base alla razza, si nota che i bovini Pisani sono stati quelli maggiormente interessati dalla parassitosi considerata (Figura n.26), con il 79% delle positività, in accordo con quanto emerso da precedenti studi svolti nel medesimo allevamento (Perrucci et al., 2003). Pur riportando percentuali nettamente inferiori, solo nel caso della Chianina sono stati riscontrati casi clinici evidenti tanto che nella prima metà dell’anno corrente sono stati riportati casi di morte, in cui all’esame anatomo-patologico è stata accertata come causa una massiva infestione da F.hepatica. Ciò svelerebbe un minor grado di suscettibilità alla forma clinica della malattia da parte dei bovini di razza Pisana in quanto, malgrado l’elevato grado di prevalenza osservata in questa razza, ha dimostrato lo sviluppo di una certa resilienza. D’altro canto i bovini di razza Chianina sembrerebbero più sensibili alla patologia in studio, ovvero maggiormente predisposti allo sviluppo di una forma grave della malattia e alla manifestazione dei sintomi. Ciò può essere correlato all’introduzione di questa razza in allevamento in un periodo posteriore rispetto alle altre due razze. Pertanto, sarebbe quindi venuto a mancare un periodo di adattamento all’ambiente e ad una nuova biocenosi, verificatosi invece nel corso di diversi anni per gli altri due raggruppamenti. Inoltre è necessario ricordare la varibilità genetica legata alla razza per quanto riguarda la suscettibilità a diversi parassiti come dimostrato in vari studi (Suarez et al., 1990; Suarez et al., 1995; Almeria et al., 1996;Jager et al., 2005). In relazione a queste ultime rilessioni paiono particolarmente significative le ultime tendenze in base a cui la comunità scientifica ha messo in evidenza l’importanza della comprensione della diversità genetica della popolazione parassitaria e le relazioni tra parassita ed ospite a livello delle basi genetiche e delle sequenze genomiche associate ad un maggior grado di predisposizione all’infestazione o ai danni da essa causati (Dosay- Akbulut et al., 2005).
Figura n.26 Fasciola hepatica Limousine 9% chianina 12% Pisana 79%
Dicroceliosi
Anche Dicrocoelium dendriticum è risultato presente nell’allevamento, con valori medi del 14%, dando un esito perfettamente in linea con le tendenze nazionali come risulta da quanto evidenziato da alcune ricerche epidemiologiche condotte su razze autoctone ed importate che hanno svelato lesioni anatomopatologiche riconducibili a tale parassita (Frangipane di Regalbono, 2006). La percentuale dei casi positivi ha dunque confermato l’elevata diffusione di questo parassita in Italia (Cringoli et al., 2002) ed in particolare in Toscana (Ambrosi, 1995). La comparsa in azienda si è però verificata solo al secondo campionamento riportando un aumento della prevalenza a partire dal mese di Febbraio 2004, rimanendo stazionario al successivo campionamento in corrispondenza della stagione autunnale 2005 e mostrando un picco nei mesi di Febbraio-Marzo 2006 (Figura n.27) confermando l’andamento evidenziato in letteratura (Casarosa, 1985; Gonzalez e Lanza 1993; Ambrosi, 1985; Otranto e Traversa, 2003; Younie et al., 2004).
0% 5% 10% 15% 20% Prevalenza (%) 1 2 3 4 5 Campionamenti Dicrocoelium dendriticum
La categoria maggiormente colpita da dicrocoeliosi è stata quella degli animali adulti. La percentuale di prevalenza riscontrata nel gruppo delle vacche (17,6%) risulta analoga a quella ottenuta in altri studi (Hansson et al., 1999), così come quella rilevata per i vitelli (8,5%) (Ambrosi, 1995). In generale è possibile affermare che le positività riscontrate confermano la tendenza del D. dendriticum ad interessare maggiormente gli adulti come viene descritto da molti autori (Casarosa, 1985; Ducommun e Pfister, 1991; Puccini, 1992; Gonzalez e Lanza, 1993; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998; Hansson et al. 1999;Cringoli et al., 2002; Otranto e Traversa, 2003; Gaglio et al., 2006; Veneziano et al., 2006). Sempre secondo tali studi, un aumento progressivo della prevalenza con l’età dell’animale, si accompagnerebbe alla comparsa di forme cliniche più lievi o addirittura subcliniche (Ambrosi, 1995) ma molto pericolose per le possibili riduzioni delle performance produttive dell’allevamento.
0 5 10 15 20 Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Fasce d'età
Dicrocoelium dendriticum
La dicrocoeliosi è una parassitosi epatica comune in Italia, così come descritto da alcuni autori (Cringoli et al., 2002) che ne riportano l’incidenza nel 53,1 % degli allevamenti italiani. Tale malattia parassitaria è responsabile di grosse perdite economiche e di problematiche sanitarie (Hope Cawdery et al., 1977; Gonzalez e Lanza, 2003; Veneziano et al., 2006). Riguardo il calo della produttività, i dati a disposizione sono scarsi, tuttavia si stima che per un allevamento di bovini da carne, come nel caso dell’allevamento biologico “la Sterpaia”, le ripercussioni economiche siano rilevanti, infatti è stata stimata una perdita in termini di carne di circa 4 kg al mese oltre ai danni derivanti dai sequestri, totali o parziali, dei fegati massivamente parassitati alla visita ispettiva durante la macellazione (Ambrosi, 1995; Hansson et al., 1999; Scala et al., 2001; Frangipane di Regalbono, 2006). Vista la diffusa copropositività del parassita in tutte le categorie esaminate, si può affermare che nell’allevamento osservato si ha una situazione di allarme epidemiologico per quanto concerne D. dendriticum (Ambrosi, 1995), correlabile alla comparsa di notevoli ripercussioni sullo stato di salute degli animali colpiti, oltre che ad un grave rischio epidemiologico, in quanto gli animali infestati rappresentano un possibile serbatoio di diffusione per il resto della mandria. Dall’analisi dell’entità numerica delle uova emesse, generalmente con meno di 100 upg si ha una carica trascurabile di elminti adulti e quindi ciò non costituisce segnale di potenziale rischio zootecnico (Ambrosi, 1995), mentre positività di circa 150-250 upg indicano cariche elmintiche di poco inferiori al limite di 3000 adulti,
poi che nei bovini generalmente si hanno valori coproscopici bassi, spesso inferiori a 30 upg, anche la carica elmintica di solito si mantiene su valori bassi, infatti è piuttosto raro il riscontro di oltre 2000 parassiti adulti (Ambrosi, 1995). Ciò riflette la condizione verificatesi nel corso del secondo campionamento del presente studio; infatti, le indagini parassitologiche quantitative hanno evidenziato nei vitelloni Pisani valori medi di 33,3±47,1 UPG di D. dendriticum, mostrando un livello di infestazione al di sotto della soglia prevista per il rischio zootecnico, ma rappresentando comunque un segnale di allarme epidemiologico. Nel corso dei diversi campionamenti, per quanto riguarda l’analisi quantitativa, si è verificato un andamento stagionale con le medie maggiori in corrispondenza dei mesi di Febbraio 2005 (100±173,2 UPG) riscontrate nelle vacche Pisane, nell’Autunno 2005 (140±174,4 UPG) nei vitelli Pisani e sempre in quest’ultima categoria nel Febbraio-Marzo 2006 (140±233,2), in accordo con quanto rilevato in precendenti studi (Gonzalez e Lanza, 1993). Tali riscontri hanno evidenziato una potenziale condizione di rischio zootecnico, considerato però che raramente i valori individuali superano le 200-300 UPG (Ambrosi, 1995), il rilievo di 400 UPG in una vacca Pisana nel terzo campionamento (Febbraio 2005), di 400 e 300 UPG nei vitelli Pisani in corrispondenza del quarto (Autunno 2005) e di 600 UPG sempre in un vitello Pisano nell’ultima fase sperimentale dello studio (Febbraio-Marzo 2006) è indicativo della presenza di infezioni gravi; pertanto l’ allevamento risulta esposto ad un grave rischio sanitario e zootecnico (Ambrosi, 1995) soprattutto se si considera che la categoria fisiologica in cui si sono state rilevate le positività maggiori è stata quella dei vitelli, in cui solitamente sono previsti livelli di infezione molto bassi con range massimi di 40-48 UPG (Gonzalez e Lanza, 1993).
Paramfistomosi
Questa malattia è risultata assente in allevamento per i primi due campionamenti effettuati, mentre si è manifestata con un picco del 20% alla fine della Primavera 2005 in accordo con quanto riportato da Ambrosi (1995). Infatti è stata registrata una diminuzione in corrispondenza di Ottobre-Novembre 2005 ed un nuovo incremento al campionamento di marzo 2006 (Figura n.29). La paramphistomosi è una malattia parassitaria molto frequente in Italia nei ruminanti, in particolar
modo nei bovini; la positività media registrata in allevamento (9,8%) riflette l’andamento nazionale, se consideriamo la notevole variabilità dell’incidenza di questa endoparassitosi in base alle diverse regioni (dal 9% al 76% degli allevamenti) (Ambrosi, 1995). Figura n.29 0% 5% 10% 15% 20% Prevalenza (%) 1 2 3 4 5 Campionamenti Paramphistomidi
I dati riscontrati nell’indagine eseguita mostrano che le prevalenze maggiori si sono manifestate negli animali adulti (Figura n.30), riflettendo così le osservazioni di alcuni autori, in base alle quali la positività ai paramphistomidi aumenta con l’età degli animali, diminuendo invece la gravità dei sintomi (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998). Dai risultati ottenuti si osserva che anche il gruppo dei vitelli è stato interessato dalla malattia, infatti il 4,2% dei vitelli è risultato infetto. Pur essendo una prevalenza media di valore basso, essa rappresenta comunque un segnale di allarme epidemiologico (Ambrosi, 1995). Infatti, la sola positività nei soggetti giovani oltre a rivelare una condizione di imminente rischio zootecnico e sanitario, è indice di un’avvenuta contaminazione ambientale e rappresenta un possibile serbatoio di infestazione per il resto della mandria; ciò soprattutto in considerazione del fatto che come accennato sopra l’età degli animali influenza la gravità della sintomatologia clinica, con fenomeni diarroici maggiori nei vitelli che contribuiscono così anche essi alla contaminazione ambientale. Tale ruolo è svolto, infatti, soprattutto dai soggetti adulti, che
evidenti, tuttavia risultano portatori asintomatici e fonte di contaminazione ambientale.
La consistenza dei danni risulta di portata maggiore soprattutto nelle forme acute e le principali perdite produttive si verificano soprattutto in correlazione all’aumentato tasso di mortalità ed alla diminuzione degli accrescimenti e degli indici di conversione e, quindi, un calo nella resa in carne. Oltre a ciò si possono avere ritardi nelle rimonte e diminuzione degli indici di fecondità (Ambrosi, 1995).
Figura n.30 4,25 12,96 11,76 0 0 2 4 6 8 10 12 14 Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Fasce d'età
Paramphistomidi
Anche per questa parassitosi la razza colpita in maggior misura è stata quella Pisana, mentre non sono stati registrati casi nel gruppo delle Limousine.
Paramphistomidi 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30%
Limousine Chianina Pisana
Razze P re va le nz a (% )
Riassumendo nel caso dei trematodi la razza più esposta al rischio di infestazione è risultata la Pisana (Figura n.31), ma le perdite produttive ed i rischi sanitari più rilevanti si sono avuti nella Chianina. Negli adulti la prevalenza è risultata maggiore, in particolare la categoria dei vitelloni è risultata quella con la maggior incidenza (Figura n.30).
Tricocefalosi
La prevalenza totale registrata in allevamento (4,5%) sembra soddisfare la tendenza secondo cui tale infestazione non abbia eccessiva diffusione nei ruminanti (Ambrosi, 1995). L’allevamento biologico tuttavia, rappresenta un ambiente ideale per il mantenimento di questa endoparassitosi, infatti i nematodi del genere Trichuris si adattano bene sia al pascolo che all’allevamento stallino (Ambrosi, 1995). Nel caso degli animali stabulati nei box da ingrasso, funge da fattore predisponente ai fini della malattia, la presenza di una lettiera che non viene movimentata e ricambiata; ciò crea le condizioni ideali per lo sviluppo e di vitalità per gli stadi ambientali di questo parassita. Infatti, le larve infestanti si sviluppano in circa tre settimane ad una temperatura di oltre 25°C (Ambrosi, 1995) rimanendo all’interno dell’uovo; le uova, essendo dotate di un guscio molto spesso conservano la loro vitalità per molti mesi, fino ad anni, sia sui pascoli che nei locali di stabulazione (Ambrosi, 1995). Per quanto concerne l’andamento riportato,
considerando che il ciclo del genere Trichuris non è strettamente correlato alle variazioni stagionali, il rilievo di copropositività dall’Autunno 2005 potrebbe essere in relazione ad un aumento del grado di contaminazione ambientale e/o ad un calo generale della difese immunitarie della mandria (Colditz et al., 1996). I dati di un precedente lavoro di monitoraggio della “Sterpaia” (Perrucci et al., 2003), non hanno però mai dato esito positivo per questa parassitosi, si può quindi avanzare l’ipotesi che essa non fosse presente in allevamento ma sia stata introdotta solo successivamente con l’introduzione di nuovi animali infetti. In effetti, rispetto allo studio precedente, nell’allevamento si è assistito all’introduzione dei bovini di razza Chianina che hanno sostituito quelli di razza Pezzata Rossa. Dal momento che questa razza è stata introdotta in un periodo precedente (2003) rispetto a quello in cui è stato osservata la copropositività per questa parassitosi e che i soggetti di questa razza non sono risultati infetti, non si può escludere che la malattia fosse già presente in allevamento e che la sua prevalenza sia aumentata in relazione ad una maggiore contaminazione ambientale ed ad una diminuzione delle difese degli animali (Colditz et al., 1996; Fox, 1997; Gasbarre et al., 2001).
Figura n.32 Trichuris sp. -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% Au tu n n o 2 0 0 4 In ve rn o 2 0 0 5 Pri m a ve ra 2 0 0 5 Au tu n n o 2 0 0 5 In ve rn o /Pri m a ve ra 2 0 0 6 Campionamenti Pr e v a le n za (% )
In merito alla distribuzione delle prevalenze nelle diverse fasce d’età (Figura n.33), è stata rilevata una maggior incidenza nei giovani con l’8,5% di positività; ciò è in linea con alcune valutazioni compiute in uno studio sperimentale in base al quale nei vitelli solitamente si avrebbe dal 6-7% fino al 17% delle positività, mentre
negli adulti fino al 2-3% (Ambrosi, 1995). Come mostrato dal grafico n°, la positività più elevata è stata rilevata per il gruppo dei tori con l’11%. Tale situazione, già messa in evidenza per gli ascaridi, rende necessaria un’ulteriore approfondimento in base ai dati parassitologici quantitativi ricavati. Infatti, in corrispondenza del penultimo campionamento, sono state riportate quantità medie di 33,3±74,5 UPG nei vitelli Limousine e 60±80 UPG nei vitelli pisani, riscontrando valori simili al successivo campionamento, mentre le categorie adulte non hanno dato esito positivo alla diagnostica quantitativa, confermando una maggior sensibilità alla malattia da parte dei soggetti più giovani.
Tenuto conto che solitamente nel bovino non si riscontrano valori coproscopici molto elevati, il ritrovamento nei vitelli dell’allevamento in studio di valori individuali di 100-200 upg, rende già possibile l’insorgenza di un danno zootecnico (Ambrosi, 1995).
Evidenziare prevalenze nettamente superiori e copropositività maggiori alle 200 upg avrebbe costituituito un segnale di possibili gravi conseguenze a livello sanitario con ripercussioni anche a livello produttivo, tanto più che Trichuris potenzia gli effetti patogeni legati ad un’eventuale strongilosi gastrointestinale intercorrente. In particolare, il sinergismo con Oesophagostomum e Chabertia, determina una notevole perdita di proteine e soprattutto di sieroalbumine (Ambrosi, 1995). Figura n.33 0 2 4 6 8 10 12 Prevalenza (%)
vitelli vitelloni vacche tori Fasce d'età
Trichuris sp.
Limousine. Assente invece l’interessamento dei bovini di razza Chianina da parte di tale parassita. Figura n.34 Trichuris sp. 0 2 4 6 8 10 12
Limousine Chianina Pisana
Trichuris sp. Razze Pr e v a le n za (% )
Babesiosi
Relativamente alla babesiosi, nonostante solo l’1,6% degli animali esaminati sia risultato positivo, i dati ottenuti confermano la presenza di questa emoparassitosi anche in Italia (Cancrini et al., 2006; Pietrobelli et al., 2006) ed in particolar modo in Toscana (Savini et al., 1999). Le basse percentuali riscontrate potrebbero però, essere legate al metodo diagnostico impiegato, poichè risulta non avere una elevata sensibilità, soprattutto nel caso di infezioni di grado non elevato, non accompagnate da una sintomatologia clinica evidente, oppure nelle infezioni croniche. Pertanto, è probabile che in questo studio la prevalenza possa essere stata sottostimata. L’utilizzo di metodologie diagnostiche altamente sensibili, come la PCR ha infatti svelato positività superiori (4%)(Pietrobelli et al., 2006). Sulla base dei risultati ottenuti con l’osservazione microscopica, la specie isolata potrebbe essere identificata con Babesia bovis per la corrispondenza delle
caratteristiche morfologiche e metriche (Casarosa, 1985; Urquhart; 1998); questa specie è già risultata essere presente in Italia (Savini et al., 1999). Ciononostante, i limiti del metodo diagnostico utilizzato in questo studio risultano ancora più elevati ai fini di una identificazione a livello di specie; inoltre, anche le specie B.
major e B. bigemina risultano essere presenti sul territorio nazionale (Cringoli et
al., 2002; Gorge et al., 2001). Pertanto in questo caso appare opportuno fermarsi al genere.
La babesiosi è una malattia protozoaria trasmessa da zecche dure; pertanto, ai fini del completamento del ciclo deve essere presente il vettore (Urquhart, 1998). Nell’allevamento bovino biologico “la Sterpaia” non sono invece state riscontrate infestazioni da zecche durante il periodo dello studio ed anche il veterinario dell’azienda non ha mai evidenziato casi di infezioni da zecche. Tuttavia, considerando che l’azienda in esame è situata all’interno del Parco di Migliarino-San Rossore dove sono presenti numerosi ungulati selvatici, la presenza di zecche nell’ambiente risulta essere altamente probabile. Dalla bibliografia consultata appare evidente che la babesiosi ha un andamento stagionale in quanto essa è legata ad una maggiore presenza del vettore nei mesi caldo-umidi (Casarosa, 1985; Urquhart, 1998), ciò può consentire di spiegare perché essa sia stata rilevata solo nei primi due campionamenti (Autunno-Inverno 2004-2005) rispettivamente con una prevalenza del 3 e dell’1%. Le percentuali riportate sono in accordo con le medie nazionali; infatti, secondo indagini recenti la malattia sarebbe presente nel Lazio con il 3% e nel Veneto con l’1% (Pietrobelli et al., 2006), altri studi ne descrivono l’elevata incidenza in Sicilia, a causa dell’elevata diffusione di
Dermatocentor marginatus (De Vico et al., 1999) responsabile della trasmissione di B.bigemina; infine, sarebbero stati accertati casi in Abruzzo e Toscana (Savini et
al., 1999).
Questa parassitosi rappresenta motivo di grande preoccupazione per gli allevatori in quanto essa determina sempre gravi ritardi nella crescita degli animali e calo sensibile delle produzioni; inoltre, le forme acute conducono a morte rapida i soggetti colpiti (Bourdoiseau e L’Hostis, 1995 ).
Le perdite maggiori sono dovute ad uno stato di anemia con una diminuzione dei globuli rossi fino a 3 milioni per mm3 (Puccini, 1992; Bourdoiseau e L’Hostis, 1995,