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Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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ORDINANZA sul ricorso 6154-2015 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D'ALOISIO, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO;

- ricorrenti - contro

FEDE SALVATORE, domiciliato in ROMA, PIAllA CAVOUR, 2020

2326

Civile Ord. Sez. L Num. 4416 Anno 2021 Presidente: MANNA ANTONIO

Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 18/02/2021

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presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall avvocato FEDERICO SILVESTRINI;

- controricorrente - avverso la sentenza n. 901/2014 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/08/2014 R.G.N. 361/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/11/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

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RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 25.8.2014, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato non dovuto da Salvatore Fede, n.q. di titolare dell'impresa individuale "Long&Short Air Stiles Unisex by Salva di Fede Salvatore", quanto preteso dall'INPS a titolo di maggior contribuzione riveniente dalla violazione di taluni obblighi previsti a latere della stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante concluso con una lavoratrice;

che avverso tale pronuncia l'INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che Salvatore Fede ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria;

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l'unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e 53, d.lgs. n.

276/2003, per avere la Corte di merito ritenuto che l'agevolazione contributiva di cui alla seconda delle disposizioni dianzi cit. potesse applicarsi anche ad un contratto di apprendistato in relazione al quale non risultava né la nomina del tutor, né la redazione di un piano formativo individuale, né la tenuta del c.d. libretto formativo;

che l'art. 53, d.lgs. n. 276/2003, stabilisce al riguardo che

«in caso di inadempimento nella erogazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1, e 50, comma 1» (ossia «il conseguimento di una qualifica professionale» mediante la

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«formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali», ovvero «il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario» o di «titoli di studio universitari e della alta formazione» o di

«specializzazione tecnica superiore»), «il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento»;

che il tenore testuale della disposizione normativa, attribuendo da un lato rilevanza a qualsiasi condotta datoriale, anche innominata, che impedisca la realizzazione della finalità formativa e professionalizzante propria del contratto, priva d'altro lato di rilievo tutte quelle violazioni di carattere formale che non abbiano impedito il conseguimento di tale finalità;

che, nella specie, i giudici di merito hanno accertato che era stato proprio l'odierno controricorrente a svolgere le funzioni di tutor e a provvedere alla formazione della lavoratrice senza soluzione di continuità, consentendole di acquisire le competenze e le professionalità dedotte nell'oggetto del contratto, e hanno concluso che, «malgrado le mancanze formali evidenziate», non si era in specie verificato alcun

«inadempimento sostanziale del contratto» (così la sentenza impugnata, pag. 9);

che, attesa l'intangibilità in questa sede di tale accertamento di fatto, correttamente la Corte territoriale ha escluso l'applicazione dell'art. 53, d.lgs. n. 276/2003, dovendo ribadirsi anche per tale disposizione quanto da questa Corte

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già chiarito a proposito dell'art. 16, I. n. 196/1997, ossia che la decadenza dalle agevolazioni contributive può ritenersi realizzata solo nel caso in cui, sulla base della concreta vicenda in giudizio, l'inadempimento datoriale abbia avuto un'obiettiva gravità, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, oppure in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi propri del contratto (v. in tal senso Cass. n. 8564 del 2018);

che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in C 4.700,00, di cui C 4.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 3.11.2020.

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