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visto il parere dell’Ufficio Studi

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Academic year: 2022

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Modifiche legislative dirette a regolamentare il regime delle incompatibilità per i componenti laici dei Consigli Giudiziari.

(Delibera dell’11 ottobre 2017)

«Il Consiglio superiore della magistratura,

- letta la nota con la quale il Comitato di Presidenza ha autorizzato l’apertura di una pratica presso la Sesta Commissione, avente ad oggetto “il quesito formulato dal Presidente del Consiglio Giudiziario di ……. in merito alla compatibilità della carica di Assessore per il turismo, sport e tempo libero del comune di …….. della dott.ssa ……….. con quella di componente del Consiglio Giudiziario”;

- visto il parere dell’Ufficio Studi;

osserva

I Consigli Giudiziari sono stati profondamente innovati, nella composizione e nelle competenze, dal D.Lgs. n. 25/2006 con il quale si è previsto, per la prima volta, che faccia parte delle articolazioni distrettuali dell’Organo di autogoverno, oltre alla componente togata, anche una componente laica, composta in specie da avvocati e da professori universitari.

In precedenza ai menzionati organismi risultavano dedicate, a livello di normazione primaria, le sole disposizioni dell’art. 6 del R.D. Lgs. n. 511/46, per cui i Consigli Giudiziari erano composti esclusivamente da magistrati; avevano la natura di collegi perfetti, atteso che deliberavano con la necessaria presenza dei cinque componenti effettivi e dei due membri di diritto (salva la presenza dei membri supplenti); prevedevano la partecipazione, sia per quanto riguarda i membri titolari che per quanto riguarda quelli supplenti, di magistrati di tribunale, d’appello e di cassazione.

Profonde, come detto, le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 25/2006, attuativo della delega dettata dall’art. 1, 1° comma, lett. c), della L. n. 150/2005, che ha novellato la disciplina della composizione, delle competenze e della durata in carica del Consigli Giudiziari e ha istituito, inoltre, il Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione.

Dalla riforma operata dal D.Lgs. 25/2006 è derivato che i Consigli Giudiziari sono composti anche da appartenenti a categorie diverse dalla magistratura, quali l’accademia e l’avvocatura;

hanno la natura di collegi imperfetti, atteso che è previsto ex lege (artt. 8 e 9 bis D.Lgs. cit.) un quorum strutturale per la regolarità delle sedute e le delibere risultano valide solo se adottate a maggioranza dei presenti; sono dotati di una peculiare articolazione con competenze esclusive nel settore della magistratura onoraria.

Appare evidente quindi che, sul piano funzionale, i Consigli Giudiziari riformati sono in grado di fornire al Consiglio Superiore della Magistratura, nell’ambito della perseguita compartecipazione nell’esercizio dell’amministrazione della giurisdizione, un contributo di conoscenza sempre più analitico e conferente rispetto alle diverse realtà giudiziarie locali.

Tanto detto, deve qui rilevarsi che nella nuova disciplina dei Consigli Giudiziari, introdotta dal citato D.Lgs. n. 25/2006, non si rinviene una specifica regolamentazione del tema delle incompatibilità dei componenti, siano essi di provenienza togata o laica.

L’inesistenza in subiecta materia di una specifica normativa di rango primario è compensata, per i soli componenti elettivi provenienti dall’ordine giudiziario, dalla previsione di talune incompatibilità a livello di normativa consiliare.

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In particolare, l’art. 70, par. 4, della Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2014/2016 (Circolare P. n. 19199 del 27 luglio 2011 – Delibera del 21 luglio 2011 e succ. mod. al 4 maggio 2016) prevede espressamente che “...

l’incarico di componente del Consiglio Giudiziario o del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione è incompatibile con quello di referente informatico, di referente per la formazione e di componente del Comitato Scientifico”. È di tutta evidenza che la collocazione della norma nella Circolare sulla formazione delle tabelle organizzative implica la sua riferibilità ai soli componenti elettivi provenienti dall’ordine giudiziario.

Per i componenti c.d. “laici” e, in special modo, per quelli provenienti dall’avvocatura, in assenza di disposizioni sul tema di rango primario e secondario, viene in rilievo il dettato delle circolari del Consiglio Nazionale Forense n. 11-C-2008 del 17/03/2008 e n. 11-C-2012 del 26/03/2012, che, in occasione dei periodici rinnovi dei Consigli Giudiziari, hanno affrontano il tema di cui trattasi, l’una limitandosi genericamente a invitare i Consigli dell’Ordine distrettuali e circondariali a verificare, nell’attività di selezione dei candidati alla designazione, “...

l’insussistenza di situazioni di incompatibilità” e l’altra individuando due cause specifiche d’incompatibilità per i candidati che “... siano anche componenti dei Consigli dell’Ordine o che…

rivestano cariche all’interno dello stesso…”.

Appare chiaro che le menzionate disposizioni – la cui valenza è quella di mera moral suasion, trattandosi di regole indirizzate alle articolazioni territoriali del Consiglio Nazionale Forense e attinenti oltretutto alla fase dell’indicazione, da parte delle stesse, dei candidati alla designazione – non introducono incompatibilità di sorta per i componenti laici dei Consigli Giudiziari di provenienza forense concretamente designati.

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, caratterizzato, per tale categoria di componenti, dall’insussistenza di specifiche cause d’incompatibilità, deve qui evidenziarsi che, in via generale, la disciplina delle incompatibilità è finalizzata a impedire che l’eletto e/o il designato possa trovarsi in una situazione anche potenzialmente configgente con l’organo di cui è membro, perché portatore di interessi che contrastano con quelli della pubblica amministrazione nel cui interesse espleta il mandato.

L’istituto dell’incompatibilità è volto infatti a garantire la tutela dei fondamentali valori dell’imparzialità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione consacrati all’art. 97 Cost.

D’altro canto, posto in rilievo che le norme in tema d’incompatibilità, in quanto limitative del diritto dei singoli di accedere a cariche rappresentative (siano esse di scaturigine elettiva o cooptativa), si sottraggono a interpretazioni estensive o, addirittura, analogiche, essendosi più volte sostenuto in giurisprudenza, con argomentazioni attinenti, nello specifico, alle cause d’ineleggibilità, ma evidentemente spendibili anche con riguardo alla correlata materia delle cause d’incompatibilità, che le stesse incidono sui diritti politici fondamentali del cittadino e debbono essere pertanto di stretta interpretazione per risultare conformi al disposto dell’art. 51 Cost. (in tal senso, ex multis, Corte Cost. sent. n. 306 dell’1/07/2003, Cass. Civ., Sez. I^, sent. n. 1073 del 25/01/2001, nonchè Cons. Stato, Sez. I^, sent. n. 309 dell’01/04/2000).

Dunque, in ragione dell’insussistenza di una normativa che preveda specifiche cause d’incompatibilità per i componenti laici dei Consigli Giudiziari e alla luce della ratio che, in generale, è sottesa alla previsione stessa delle cause d’incompatibilità e dei principi che, in concreto, ne governano l’operatività, allo stato della normativa vigente deve concludersi per la perdurante compatibilità con la funzione di componente non togato dell’Organo distrettuale di autogoverno dell’avvocato o del professore medio tempore nominato assessore di un comune (come è accaduto nel caso di specie, da cui è partita la riflessione consiliare).

Tuttavia, benché non abbiano competenze consultive dirette in ordine all’operato professionale e alla carriera di singoli magistrati, i Consigli Giudiziari allargati, nella loro composizione, ai componenti ‘laici’ hanno funzioni di rilievo, essendo competenti a formulare pareri sulle tabelle degli uffici giudicanti del distretto, sulle tabelle infradistrettuali e sui criteri di assegnazione degli affari, ma soprattutto a vigilare sull’andamento di tutti gli uffici giudiziari del

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distretto ed a segnalare al Ministro della giustizia eventuali disfunzioni (art. 16 D. Lgs. N. 25/2006).

Dunque, di compiti indirettamente capaci di incidere sull’autonomia e l’indipendenza della Magistratura.

Pertanto a oggi è rimesso anche al componente laico del Consiglio Giudiziario il ricorso all’istituto dell’astensione dal voto, laddove si palesi un conflitto fra lo status di incompatibilità non codificato e la decisione da assumersi, che se non intacca il quorum strutturale opera su quello funzionale.

Non di meno, alla luce di tali considerazioni, si pone la necessità di prevedere specifiche cause d’incompatibilità per i membri laici dei Consigli Giudiziari, onde evitare che, in ragione degli incarichi di natura lato sensu politica da costoro in ipotesi rivestiti, si possa mettere anche solo potenzialmente in discussione l’immagine di assoluta imparzialità che deve necessariamente connotare l’esercizio di competenze quanto mai delicate.

Si deve concludere affermando che appare opportuno un intervento normativo del Legislatore (auspicato anche dai recenti lavori della Commissione Ministeriale per la riforma dell’ordinamento giudiziario) che individui specifiche cause d’incompatibilità per i membri laici dei Consigli.

Tutto ciò premesso,

dispone la trasmissione di copia della presente risoluzione al Ministro della giustizia, perché adotti ogni iniziativa nell'ambito delle proprie attribuzioni, al fine di introdurre una apposita disciplina legislativa che permetta la individuazione di ipotesi di incompatibilità nei termini indicati in parte motiva.»

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