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Senato della Repubblica. Audizione dell Avv. Prof. Guglielmo Maisto

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Senato della Repubblica

Commissioni 2 a (Giustizia) e 6 a (Finanze e Tesoro) riunite

Audizione

dell’Avv. Prof. Guglielmo Maisto

Roma, 28 giugno 2022

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1. Premessa e commenti preliminari al Disegno di Legge recante Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari

Signori Presidenti, Onorevoli Senatori,

ringrazio innanzitutto per l’invito e per la rinnovata opportunità offertami di discutere un tema di grande rilevanza e attualità come la riforma della giustizia tributaria e del Disegno di Legge recentemente presentato in Senato con il quale si intende introdurre una importante revisione strutturale della giustizia tributaria, quantomeno con riferimento ai gradi di merito (di seguito il “Disegno di Legge”).

Nel marzo scorso, in occasione di una precedente audizione sempre relativa alla riforma della giustizia tributaria, avevo espresso il mio parere sulle due proposte di revisione strutturale emerse nella Relazione finale del 30 giugno 2021 della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria istituita congiuntamente dal Ministro della Giustizia e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.

In tale occasione avevo manifestato la mia incondizionata preferenza per l’opzione, essenzialmente proveniente dal mondo accademico e professionale, imperniata sull’istituzione di una vera e propria quinta magistratura composta da giudici professionali a tempo pieno reclutati tramite concorso pubblico. Se infatti l’obiettivo primario è quello di evitare la proliferazione di ricorsi in Cassazione a causa della scarsa qualità delle decisioni di merito1, la riforma avrebbe dovuto necessariamente investire tutti i gradi precedenti quello di legittimità in modo da provare a diminuire anche la percentuale degli appelli davanti ai giudici di secondo grado (con

1 A tal proposito si ricorda che nella “Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2021”

del Primo Presidente della Corte di Cassazione, Dott. Pietro Curzio, pubblicata lo scorso 21 gennaio 2022, viene evidenziato che, nel 2021, la Cassazione ha annullato ben 5.713 sentenze provenienti dalle commissioni tributarie, confermandone soltanto un numero nettamente inferiore pari a 4.271.

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evidente beneficio ai fini della riduzione dei contenziosi che giungeranno in Cassazione).

Accolgo pertanto con particolare favore l’impianto del Disegno di Legge oggi in discussione che opta per una riforma della giustizia tributaria che investa entrambi i gradi di merito e che prevede l’istituzione di una vera e propria magistratura tributaria con giudici impiegati a tempo pieno e reclutati tramite apposito concorso formato da prove scritte e orali.

Tale condivisibile scelta è peraltro pienamente conforme agli impegni assunti dall’Italia in sede di PNRR. Infatti, nell’Allegato Riveduto della Decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione Europea relativa all’approvazione della valutazione del PNRR dell’Italia, la riforma della giustizia tributaria viene definita come “Riforma completa delle commissioni tributarie di primo e secondo grado”. Nel medesimo documento, il traguardo cui deve giungere la riforma della giustizia tributaria viene identificato come segue: “La riforma del quadro giuridico deve avere l’obiettivo di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria e ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione” (enfasi aggiunta).

Auspico pertanto vivamente che nell’iter di approvazione del Disegno di Legge presso i due rami del Parlamento, tale impianto rimanga inalterato e che la riforma strutturale della giustizia tributaria possa trovare una rapida attuazione affinché il processo tributario possa acquisire quella credibilità di cui da troppo tempo si avverte la necessità.

Ritengo pertanto opportuno, per quanto possibile, imprimere una forte accelerata al processo di attuazione della riforma prevedendo un rapido inserimento dei nuovi giudici all’interno delle commissioni già esistenti. Una pronta attuazione della riforma della giustizia tributaria costituisce peraltro un ulteriore espresso impegno assunto dall’Italia sempre in sede di PNRR, laddove si stima che entro la fine del 2022 saranno adottati i decreti attuativi della riforma ed entro il 2023 verranno emanati gli ulteriori strumenti attuativi (decreti ministeriali e/o regolamenti).

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Ciò premesso, prima di entrare nel merito di talune disposizioni e di formulare alcune considerazioni, vorrei soffermarmi brevemente su una previsione del Disegno di Legge che ha immediatamente attirato l’attenzione di accademici e associazioni di categoria.

Il Disegno di Legge in esame introduce nel corpo del D. Lgs. n. 545/1992 un nuovo articolo 4-bis che disciplina i requisiti per l’ammissione al concorso per esami. Tale articolo circoscrive l’ammissione a quest’ultimo ai soggetti in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza.

Orbene, tale previsione ha sollevato molteplici critiche laddove ha escluso dalla possibile platea dei magistrati tributari i soggetti in possesso di una laurea in economia.

Ritengo, pur provenendo dal mondo forense ed essendo docente di materia giuridica, che tali critiche possano avere un legittimo fondamento.

Infatti, la disciplina tributaria ha la peculiarità di essere una materia trasversale che riguarda tanto aspetti giuridici quanto aspetti economici e contabili2. Dunque, escludere dalla platea dei futuri giudici tributari coloro che per formazione culturale e professionale (dottori commercialisti) possono fornire il loro notevole contributo ai fini dell’analisi delle questioni oggetto della materia tributaria, sembra una scelta non opportuna che potrebbe in parte vanificare la finalità della riforma volta ad innalzare la qualità dei giudizi tributari.

Tali considerazioni mi inducono a ritenere che tra i potenziali soggetti aspiranti al ruolo di giudice tributario debbano rientrare anche i soggetti in possesso di un titolo di laurea in economia.

Effettuate tali premesse, nel seguito esporrò qualche breve considerazione su alcune norme processuali contenute nel Disegno di Legge e formulerò talune proposte volte a migliorare l’attuale sistema e l’organizzazione della Corte di Cassazione, nonché ad aumentare il grado di deflazione del contenzioso pendente e futuro.

2 Come peraltro confermato dalle materie oggetto della prova orale del concorso che includono, ad esempio, elementi di contabilità aziendale e bilancio.

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2. Il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione

L’articolo 2 del Disegno di Legge (riguardante le disposizioni in materia di processo tributario) introduce nel corpo del D. Lgs. n. 546/1992 un nuovo articolo 62-ter ai sensi del quale le commissioni tributarie provinciali o regionali possono disporre il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione di una questione di diritto idonea alla definizione (anche parziale) della controversia qualora, alternativamente, tale questione di diritto (i) sia nuova o comunque non sia già stata trattata dalla Corte di Cassazione; (ii) coinvolga esclusivamente profili di diritto e di particolare rilevanza per l’oggetto e per la materia; (iii) presenti particolari difficoltà interpretative e vi siano pronunce contrastanti delle commissioni tributarie; (iv) si sia presentata o sia suscettibile di presentarsi in numerose controversie.

Tale disposizione, come chiarito nella relazione di presentazione al Senato del Disegno di Legge, trae spunto da un istituto francese denominato “saisine pour avis”. Tale istituto è previsto dall’Articolo L441-1 del Codice sull’organizzazione giudiziaria francese3 ai sensi del quale “Prima di pronunciarsi su una nuova questione giuridica che presenta notevoli difficoltà e si manifesta in numerose controversie, i tribunali dell’ordinamento giudiziario possono, con una decisione non soggetta ad appello, richiedere il parere della Corte di Cassazione”4. Disposizione analoga è prevista anche dall’articolo L113-1 del Code de justice administrative con riferimento alle questioni di diritto da sottoporre al Consiglio di Stato francese da parte dei tribunali amministrativi e delle corti amministrative d’appello francesi.

In base all’articolo 1031-3 del Codice di procedura civile francese e al citato articolo L113-1 del Codice della giustizia amministrativa, il parere viene reso

3 Code de l’organisation judiciaire.

4 Il testo in lingua originale recita come segue: “Avant de statuer sur une question de droit nouvelle, présentant une difficulté sérieuse et se posant dans de nombreux litiges, les juridictions de l'ordre judiciaire peuvent, par une décision non susceptible de recours, solliciter l’avis de la Cour de cassation”.

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dalla Corte di Cassazione e dal Consiglio di Stato entro tre mesi dalla ricezione del fascicolo contenente la richiesta.

Sulla base del dato letterale, le analogie tra le disposizioni italiana e francese, ancorché queste ultime abbiano un’applicazione non confinata esclusivamente alla materia tributaria, appaiono piuttosto evidenti5.

Inoltre, sulla base delle informazioni reperibili sul sito della Corte di Cassazione francese, risulta che quest’ultima abbia reso, nel corso del 2021, diciotto pareri6. Tali numeri, senza entrare nel merito delle questioni affrontate, paiono dimostrare un discreto, ancorché contenuto, utilizzo dello strumento in esame.

Ciò premesso, ritengo che l’introduzione di una siffatta norma debba essere accolta con particolare favore per svariate ragioni.

In primo luogo, quantomeno per le questioni oggetto di rinvio, l’utilizzo di tale strumento potrebbe scongiurare la tendenza sempre più frequente della Corte di Cassazione (come si dirà anche in seguito), di pronunciarsi in maniera difforme su medesime questioni giuridiche.

In secondo luogo, l’introduzione e la corretta applicazione di tale norma potrebbe avere un importante effetto deflattivo sui contenziosi potenzialmente diretti alla Corte di Cassazione.

Infatti, un corretto utilizzo, da parte dei giudici di merito, della risposta fornita dalla Cassazione sulla questione di diritto proposta, potrebbe disincentivare la parte soccombente a proseguire il contenzioso consapevole che la fattispecie potrà essere presumibilmente decisa allo stesso modo davanti al giudice di ultima istanza. Inoltre, le questioni giuridiche risolte dalla Cassazione in sede di rinvio pregiudiziale potrebbero avere importanti

5 Ancorché il parere reso dalla Corte di Cassazione francese non sia vincolante per il giudice rimettente (a differenza di quanto previsto nella norma contenuta nel Disegno di Legge, come verrà evidenziato a breve), l’autorevolezza dell’organo che esprime il parere determina l’adesione ad esso nella grande maggioranza dei casi da parte dei giudici di merito francesi. Sul sito della Corte di Cassazione francese viene infatti evidenziato che “Les juridictions qui recourent à cet éclairage ne sont pas contraintes de suivre l’avis de la Cour de cassation, mais le plus souvent, elles s'y conforment”.

6 Un numero analogo di pareri è stato reso nel 2021 anche dal Consiglio di Stato francese.

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effetti anche su contenziosi diversi da quello oggetto di rinvio pregiudiziale, amplificando ancora di più l’effetto deflattivo del contenzioso.

Peraltro, la natura vincolante per il giudice del rinvio – prevista dal comma 5 – del provvedimento con il quale la Corte di Cassazione definisce la questione di diritto, non sembra prestare il fianco a critiche circa la presunta assenza di una tutela giurisdizionale completa che sarebbe garantita dallo svolgimento “ordinario” dei tre gradi di giudizio.

In primo luogo, considerato che la Corte di Cassazione rappresenta il giudice di ultima istanza, il provvedimento reso sulla questione giuridica non sarebbe altro che un’anticipazione di quanto presumibilmente sarà deciso al termine dei tre gradi di giudizio. Non sembra possa dunque scorgersi un vuoto di tutela in capo alle parti in causa. Anzi, queste ultime, sulla base di tale risposta anticipatoria, sarebbero verosimilmente indotte a ponderare l’opportunità di prosecuzione del procedimento contenzioso, la cui durata è attualmente stimabile in dieci anni.

In secondo luogo, la Corte di Cassazione è espressamente chiamata a pronunciarsi (e non potrebbe essere altrimenti) soltanto su una questione di diritto, di guisa che l’applicazione al caso concreto delle determinazioni della Suprema Corte è rimessa comunque al giudice di merito. Risulta pertanto evidente che, qualora i giudici di merito applicassero erroneamente alla fattispecie esaminata i principi espressi dalla Cassazione, alle parti non sarebbe preclusa la possibilità (comunque) di esperire tutti i gradi del giudizio sino a quello di ultima istanza. A contrario, è evidente che in caso di corretta applicazione da parte dei giudici di merito dei principi espressi dalla Cassazione, l’opportunità di proseguire il contenzioso andrebbe ben ponderata al fine di evitare un dispendio economico e di tempo relativo ad un contenzioso dall’esito ormai prevedibile.

La conferma che una siffatta norma garantisce in ogni caso una tutela giurisdizionale piena discende altresì da quanto espressamente previsto dall’analogo istituto del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267, comma 2, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea il quale, infatti, dispone che

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il giudice nazionale (non di ultima istanza) ha la facoltà di rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per pronunciarsi su una questione la cui decisione è necessaria per emanare la sua sentenza. È evidente che anche in tal caso il giudice nazionale sarà vincolato alla decisione resa dalla Corte di Giustizia senza che per questo si possa fondatamente ritenere che ciò integri una lesione del diritto di difesa delle parti.

Fermi restando i potenziali effetti positivi connessi alla norma in esame, credo che, al fine di renderne più efficace e incisiva la sua applicazione, potrebbero essere apportate alcune modifiche.

Innanzitutto, ritengo che nell’elenco delle condizioni, tra loro alternative, al ricorrere delle quali può essere disposto il rinvio pregiudiziale, dovrebbero essere incluse le questioni di diritto inerenti all’applicazione e all’interpretazione delle norme di diritto internazionale tributario e del diritto dell’Unione Europea sempre in materia tributaria.

Un ulteriore correttivo, volto ad evitare che la sospensione del giudizio di merito a seguito di rinvio pregiudiziale possa perdurare a lungo appesantendo il carico dei giudizi pendenti, potrebbe essere quello di prevedere – come del resto avviene anche in Francia – congrui termini (i) sia per la declaratoria di ammissibilità/inammissibilità dell’ordinanza di rinvio da parte del Primo Presidente (ii) sia per l’eventuale e successiva pronuncia sulla questione di diritto da parte della Corte di Cassazione.

Infine, allo scopo di rendere maggiormente incisivo l’effetto deflattivo perseguito dalla norma, potrebbe essere previsto espressamente un aggravio di spese (e.g. contributo unificato, liquidazione delle spese di lite) in capo alla parte soccombente qualora la Corte di Cassazione confermi la decisione di secondo grado che abbia applicato correttamente i principi espressi a seguito del rinvio pregiudiziale.

3. Corte di Cassazione: proposte volte a migliorare l’attuale sistema e organizzazione

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Nel Disegno di Legge, oltre al rinvio pregiudiziale esaminato al paragrafo che precede e alla possibilità per il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione di proporre ricorso alla Corte affinché enunci nell’interesse della legge un principio di diritto nella materia tributaria7, non vi sono altre disposizioni che intervengano sull’organizzazione della Suprema Corte o sul processo tributario innanzi alla stessa.

A tal proposito, mi permetto dunque di riproporre alcune considerazioni che avevo svolto nella mia precedente audizione in merito all’attuale funzionamento e organizzazione della Corte di Cassazione in relazione alla materia tributaria.

Nonostante presso la Suprema Corte sia stata istituita una Sezione (la quinta), dedita esclusivamente a trattare le cause aventi natura tributaria, ritengo che la produzione giurisprudenziale di tale sezione non risponda pienamente alle attese. Ciò in ragione di una serie di motivi che delineo di seguito:

a) con riferimento a medesime questioni giuridiche e fattispecie, come ho già avuto modo di anticipare sopra, è difficile rinvenire un vero e proprio orientamento in quanto la Suprema Corte si è espressa in diverse occasioni in maniera difforme, depositando sentenze – seppur di pregevole contenuto – tra loro contrastanti (pur provenendo dalla medesima Sezione);

b) in ragione dell’enfasi posta dal PNRR sull’importanza del contenzioso tributario per l’impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici, anche nella prospettiva degli investimenti esteri, la giurisprudenza di legittimità non appare del tutto appagante in ispecie se si trovi ad affrontare questioni aventi carattere internazionale e di diritto dell’Unione Europea. Le posizioni assunte dai giudici di legittimità su tali tematiche, infatti, risultano spesso disallineate rispetto agli orientamenti omogenei assunti nel medesimo ambito dagli organi giurisdizionali di altri Stati (ciò vale sia per le questioni di matrice unionale sia per quelle

7 Ai sensi dell’articolo 2 del Disegno di Legge, tale disposizione viene inserita all’interno del codice di procedura civile come nuovo articolo 363-bis.

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relative alle convenzioni bilaterali che sono ispirate a modelli internazionali ampiamente condivisi);

c) appare piuttosto sintomatica la circostanza per cui i rinvii pregiudiziali da parte della Corte di Cassazione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nonostante l’obbligo previsto dall’art. 267, comma 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, siano numericamente di molto inferiori rispetto ai rinvii pregiudiziali effettuati dal Paese membro che ha utilizzato di più tale strumento (i.e. la Germania). Nella relazione annuale 2020 pubblicata il 1° febbraio 2021 dalla Corte di Giustizia, risulta che nel quinquennio 2016-2020 i rinvii pregiudiziali effettuati dall’Italia sono stati pari a 301 contro i 564 della Germania. Con specifico riferimento al 2021, nel comunicato stampa n. 40/22 pubblicato dalla Corte di Giustizia il 2 marzo 2022 viene evidenziato che l’Italia ha effettuato 46 rinvii pregiudiziali contro i 106 della Germania e i 58 della Bulgaria. Senza voler trarre particolari conclusioni da tali dati, è però possibile supporre che essi siano la conseguenza, da un lato, di una poca attenzione delle parti in causa nel proporre ai giudici il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia e, dall’altro lato, di una scarsa propensione dei giudici stessi all’utilizzo di tale strumento, vuoi per aver ignorato le richieste delle parti vuoi per non aver rilevato direttamente le questioni meritevoli di rinvio.

A fronte di tutte le criticità sopra evidenziate, mi permetto di segnalare alcune proposte che potrebbero favorevolmente incidere sulle problematiche analizzate. In particolare:

- istituzione di sottosezioni specializzate presso la Corte di Cassazione suddivise per tipologia di tributo e/o complessità della materia.

L’istituzione di tali sezioni non parrebbe peraltro lesiva dell’art. 25, comma 1 della Costituzione secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. A titolo esemplificativo ricordo, infatti, che a ciascuna delle prime tre sezioni civili della Corte di Cassazione sono state attribuite, con Decreto del Primo Presidente della

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Suprema Corte, specifiche materie di competenza. Per completezza preciso, infine, che lo stesso Bundesfinanzhof tedesco (i.e. la Corte Suprema tributaria della Germania) è suddiviso in ben 11 sezioni, ciascuna delle quali dedicata a specifiche materie. Ritengo, infine, che l’attribuzione di specifiche materie a ben individuate sezioni potrebbe essere una soluzione opportuna da adottare anche con riferimento agli organi giurisdizionali tributari di primo e secondo grado;

- introduzione di un percorso formativo obbligatorio in ambito tributario per i giudici della Sezione Quinta della Cassazione al fine di consentire il rafforzamento in modo costante della loro preparazione specifica e rimanere sempre aggiornati sull’evoluzione della disciplina a livello nazionale e internazionale;

- utilizzo sistematico, con riferimento alla Sezione Tributaria della Cassazione, dello strumento previsto dall’art. 106, comma 3 della Costituzione secondo cui “Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materia giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”;

- costante rafforzamento dell’organico della struttura dell’Ufficio per il Processo al fine di nominare un idoneo numero di “referendari” con il compito di coadiuvare i giudici della Sezione Tributaria della Suprema Corte nella redazione delle sentenze e nelle analisi/ricerche volte ad approfondire in maniera consona le questioni di volta in volta da dirimere.

Ovviamente, l’attività di tali referendari deve essere supportata da un’adeguata e continua formazione specialistica;

- istituzione di regole uniformi per la redazione delle sentenze in materia tributaria così come avviene per le decisioni rese dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, laddove il testo viene scandito seconda una sequenza logica e uguale per tutte le sentenze;

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- introduzione (per tutti i gradi del giudizio tributario) di un obbligo di motivazione (o motivazione “rafforzata”), a pena di nullità, da parte del giudice in merito al mancato accoglimento delle questioni pregiudiziali relative al diritto dell’Unione Europea ovvero relative all’applicazione di convenzioni internazionali proposte dalle parti. Ciò al fine di ovviare alla pratica comune dei giudici tributari di omettere qualsivoglia considerazione in merito a tali questioni sollevate, soprattutto, dai contribuenti.

4. Ulteriori proposte di intervento

Nel seguito tengo a formulare alcune ulteriori proposte di intervento volte ad aumentare le possibilità di deflazione del contenzioso tributario nonché incrementare l’efficienza delle commissioni tributarie.

Le ultime statistiche pubblicate nel giugno 2022 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in merito al monitoraggio dello stato del contenzioso tributario mostrano che, nel 2021, circa l’82 per cento dei ricorsi proposti davanti alle Commissioni Tributarie Provinciali hanno riguardato cause di valore sino a € 50.000, vale a dire cause per le quali è prevista la procedura di mediazione obbligatoria.

Nella Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2021 comunicata in data 24 giugno 2022 alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica italiana da parte della Corte dei Conti, viene evidenziato che nel 2021 il tasso di conclusione delle controversie tramite la mediazione è stato pari a circa il 22 per cento8. Seppur tale percentuale risulti in netta diminuzione rispetto al passato9, la combinazione tra i dati dei ricorsi pervenuti aventi valore sino a € 50.000 e la percentuale delle controversie concluse in mediazione (senza quindi il deposito del ricorso presso la

8 Tale percentuale comprende sia le istanze di reclamo immediatamente accolte sia le istanze frutto di un accordo a seguito di contraddittorio tra le parti.

9 Sempre sulla base dei dati forniti dalla Corte dei Conti, tale percentuale nel 2016 era pari al 35 per cento.

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Commissione di primo grado), mostra le potenzialità che tale istituto può avere ai fini di deflazionare il contenzioso.

A tal proposito, come peraltro evidenziato in alcuni dei Disegni di Legge di riforma della giustizia tributaria presentati in passato, sarebbe pertanto opportuno provare a rendere più efficace e imparziale lo strumento della mediazione. A tal fine, una soluzione proposta e condivisibile potrebbe essere quella di creare un organo collegiale non giurisdizionale, formato da un giudice tributario, da un funzionario dell’Amministrazione finanziaria e da un professionista in materia tributaria, con il potere di formulare una proposta di mediazione10. Tale soluzione, garantendo una maggiore imparzialità rispetto all’attuale sistema in cui l’autorità preposta alla mediazione è la medesima che ha emesso l’atto impositivo, dovrebbe condurre ad un aumento delle controversie definite mediante tale procedura.

La suddetta innovazione potrebbe inoltre essere accompagnata da un graduale innalzamento del valore limite al di sotto del quale è prevista la mediazione obbligatoria.

Peraltro, la necessità di una revisione dell’istituto della mediazione è segnalata nello stesso PNRR laddove viene altresì affermato che essa potrà giovare alla riduzione del contenzioso negli anni futuri.

Con specifico riferimento ai ricorsi pendenti in Cassazione, un possibile strumento volto a ridurre l’arretrato potrebbe essere rappresentato dall’introduzione dell’istituto della conciliazione giudiziale anche nel corso del giudizio innanzi alla Suprema Corte (attualmente prevista solo nel corso del primo o del secondo grado di giudizio). In tale ipotesi si potrebbe dunque prevedere che, coerentemente con le diversificate riduzioni accordate in caso di conciliazione conclusa in primo ovvero in secondo grado, le sanzioni siano ridotte di una misura inferiore rispetto a quella applicabile in relazione agli

10 Si veda in tal senso il DDL n. 759_2018 Senatore Nannicini. Nel DDL n. 1243_2019 Senatore Romeo viene invece previsto che la procedura di mediazione venga attivata davanti ad un giudice monocratico (analoga proposta può essere rinvenuta nel DDL n. 1661_2020 Senatore Fenu).

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altri gradi di giudizio11. Così facendo l’istituto, da un lato, potrebbe comunque rimanere appetibile anche nel corso del giudizio di legittimità e, dall’altro lato, continuerebbe a premiare maggiormente colui cha ha definito più velocemente la conciliazione evitando di mettere in moto la macchina della giustizia per più gradi di giudizio.

Infine, anche con riferimento all’organizzazione delle commissioni tributarie ritengo opportuna la nomina di un numero adeguato di “referendari” con il compito di coadiuvare i giudici nella loro attività. Ovviamente, anche la preparazione dei referendari presso le commissioni tributarie dovrà essere supportata da un’adeguata e costante formazione specialistica. In sostanza, si potrebbe prevedere anche per i giudizi tributari di merito l’istituzione dell’Ufficio per il Processo la cui attività è al momento destinata alla Cassazione, ai tribunali e alle corti d’appello. Come chiarito anche nel PNRR – laddove l’istituzione e il potenziamento di tale struttura organizzativa è prevista per i soli giudizi civili – gli addetti all’Ufficio per il Processo hanno il compito di collaborare allo studio della controversia e della giurisprudenza pertinente nonché di predisporre le bozze dei provvedimenti.

Come evidenziato anche nella Relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria del 30 giugno 2021, la creazione di una struttura del genere, anche all’interno delle commissioni tributarie, sarebbe certamente di grande utilità.

5. Considerazioni in merito alla durata del processo tributario

Vorrei concludere l’intervento con alcune considerazioni in merito alla durata dei processi tributari.

Se è pur vero, come evidenziato in precedenza, che il più grande problema dei giudizi tributari di merito ad oggi è quello della qualità delle sentenze

11 Tale è peraltro la proposta contenuta nel DDL n. 759 Senatore Nannicini ove si prevede una riduzione delle sanzioni al 60 per cento del minimo in caso di conciliazione perfezionata nel corso del giudizio di cassazione.

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pronunciate, dall’altro lato occorre riconoscere che la durata media di tali giudizi risulta più che accettabile.

Sulla base delle già citate statistiche pubblicate nel giugno 2022 dal Dipartimento delle Finanze del MEF emerge infatti che i procedimenti tributari davanti alle commissioni tributarie provinciali vengono mediamente definiti in 1 anno e 9 mesi, mentre quelli davanti alle commissioni tributarie regionali in 2 anni ed 11 mesi.

La durata media dei processi si assottiglia ancora di più allorché si considerano le commissioni tributarie provinciali e regionali che, in termini di valore delle cause e di ricorsi depositati, rivestono maggior peso, vale a dire Roma, Milano e Napoli (e le relative regioni di appartenenza).

In particolare, di fronte alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la durata media dei processi è pari a circa 1 anno e 6 mesi; di fronte a quella di Milano è pari a circa 1 anno, mentre di fronte a quella di Napoli la durata media è addirittura pari a circa 7 mesi.

Passando al secondo grado di giudizio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio decide le cause in circa 2 anni e 2 mesi; la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in circa 1 anno e 4 mesi e, infine, di fronte alla Commissione Tributaria Regionale della Campania la durata media dei processi è pari a circa 1 anno e 2 mesi.

Mi auguro vivamente che le tanto attese e condivisibili modifiche alla struttura della giustizia tributaria non comportino un aumento della durata dei processi nei gradi di merito e che, al più, possano ulteriormente ridurne le tempistiche.

Se infatti il prezzo da pagare per ottenere una giustizia tributaria più qualitativa è quello di incrementare la durata dei processi, ci troveremmo a dover affrontare un altro problema dopo averne faticosamente risolto uno.

Come noto, rispetto ai gradi di merito, la durata dei processi tributari in Cassazione aumenta drammaticamente.

Sulla base dei dati pubblicati il 5 gennaio 2022 nell’Annuario Statistico per il 2021 predisposto dall’Ufficio di Statistica della Corte di Cassazione, la

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durata media dei processi aventi ad oggetto la materia tributaria è stata pari a circa 5 anni e 2 mesi.

La durata elevata di tali processi dipende in parte dalla mole dei ricorsi in materia tributaria che pervengono ogni anno in Cassazione (nel 2021 sono stati pari a 9.14712) nonché dalla quantità dell’arretrato accumulato (i ricorsi pendenti al 31 dicembre 2021 erano pari a 46.70013, quasi la metà di tutti i ricorsi pendenti presso le sezioni civili).

Orbene, tali numeri impongono alcune riflessioni.

Se da un lato la riforma della giustizia delle commissioni tributarie condurrà verosimilmente ad un aumento della qualità delle decisioni senza, auspicabilmente, incidere negativamente sulla durata dei processi di merito, dall’altro lato tali migliorie ed una rinnovata credibilità della giustizia tributaria non possono continuare a scontrarsi con tempistiche della Cassazione insostenibili per tutti gli attori del processo.

Ciò osservato, è probabilmente giunto il momento di prendere decisioni, forse impopolari, che tuttavia possano costituire un momento di ripartenza definitiva e senza intoppi della giustizia tributaria nel suo complesso e non soltanto in talune fasi dell’intero processo.

Mi pare peraltro che questa sia la direzione che si intende intraprendere.

Nella relazione al Disegno di Legge viene infatti affermato a chiare lettere che gli interventi normativi ivi previsti “debbano essere accompagnati e integrati con incisive disposizioni legislative per la definizione agevolata delle controversie pendenti avanti la sezione specializzata, pur limitandole allo stretto necessario per raggiungere una ‘soglia critica’ di deflazione immediata che consenta, de residuo, l’impostazione di un programma triennale di smaltimento dell’arretrato e di stabilizzazione operativa con ragionevoli probabilità di successo”.

12 Fonte: Appendici statistiche e guida alla relazione sul monitoraggio dello Stato del contenzioso tributario e sull’attività delle commissioni tributarie pubblicate nel giugno 2022 dal Dipartimento delle Finanze del MEF.

13 Fonte: Appendici statistiche e guida alla relazione sul monitoraggio dello Stato del contenzioso tributario e sull’attività delle commissioni tributarie pubblicate nel giugno 2022 dal Dipartimento delle Finanze del MEF.

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Ritengo peraltro del tutto condivisibile che l’ipotesi di una definizione agevolata sia limitata ai soli giudizi pendenti in Cassazione in quanto, come visto, è soltanto presso tale organo giurisdizionale che sussistono le problematiche connesse ad un arretrato ingestibile e ad una durata del giudizio non adeguata.

Limitare la definizione agevolata ai soli ricorsi pendenti in Cassazione dimostrerebbe chiaramente che tali misure di favore perseguono il solo (e giustificabile) fine di ridurre il pesante arretrato della Sezione Tributaria e non anche quello di incamerare velocemente denaro, a discapito della credibilità della giustizia tributaria.

Inoltre, considerato che – come riportato nella Relazione della commissione interministeriale del 30 giugno 2021 – più del 50 per cento dei ricorsi pendenti in Cassazione attiene a cause di valore sino a € 51.64514 (incluse quelle di valore indeterminato), la definizione agevolata potrebbe essere limitata a contenziosi che non superino una determinata soglia. Tale delimitazione15 sarebbe del resto in linea con l’obiettivo previsto nella richiamata relazione al Disegno di Legge di circoscrivere le disposizioni agevolative “allo stretto necessario per raggiungere una ‘soglia critica’ di deflazione immediata”.

In conclusione, credo che nel caso di specie il fine giustifichi i mezzi, a patto che le misure di definizione agevolata che eventualmente saranno adottate – a discapito della certezza del diritto – possano davvero consentire alla giustizia tributaria di raggiungere velocemente, agli occhi di contribuenti e investitori, quel grado di dignità che per troppo tempo è mancato.

14 La percentuale aumenta sino al 63,89 per cento se si considerano le cause di valore sino a € 100.000.

15 Nella richiamata Relazione del 30 giugno 2021 tale soglia limite viene individuata con riferimento alle cause di valore fino a € 100.000.

Riferimenti

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