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di Fabio Carrirolo PLUSVALENZE

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Determinazione della plusvalenza Valore accertato ai fini dell'imposta di

registro

Efficacia ai fini delle imposte dirette Condizioni (Cass. 3.11.2011 n. 22869)

di Fabio Carrirolo

Aspetti generali

Con riferimento alle attività di controllo e accertamento del Fisco, soprattutto nella prospettiva della garanzia dei diritti e della possibile difesa del contribuente, occorre considerare che la «griglia» normativa di riferimento serve a presidiare – appunto – i diritti, sicché non si dovrebbe poter «toccare»

la sfera giuridica di ciascuno in assenza di adeguati fondamenti giuridici, oltre che fattuali.

Per tale ragione, occorre meditare sulle lacune e sui «disallineamenti» tra disposizioni tributarie, talora emergenti quando il controllo riguardi settori impositivi diversi (imposte sui redditi, IVA, altre imposte indirette …).

Può essere esaminata in particolare, per trarne degli elementi di riflessione, la questione relativa all’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, di valutazioni che sorgono nell’ambito dell’accertamento di valore, cioè in «campo registro», verificando se tali operazioni valutative (orientate secondo il criterio del valore venale in comune commercio) sono idonee a informare correttamente il Fisco, e pertanto se esse possono validamente fondare la rettifica del reddito (con particolare riferimento alle plusvalenze).

Su questo tema è intervenuta la giurisprudenza di legittimità, nei termini che verranno illustrati più avanti.

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Aspetti generali: l’accertamento nel campo dell’imposta di registro Il D.L. 4.7.2006, n. 223, ha allineato i poteri dell’Amministrazione nel settore del registro a quelli esercitabili relativamente all’IVA e alle imposte sui redditi.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate 6.2.2007, n. 6/E, le cui precisazioni sono schematizzate nella tabella che segue, ha rappresentato la prima esaustiva interpretazione ufficiale in materia.

Cessioni alle quali è applicabile l’accertamento di valore (circolare 6/E/2007)

cessioni di immobili in cui la parte acquirente sia persona fisica che agisce nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali

cessioni di immobili in cui la parte acquirente non sia persona fisica

cessioni di immobili nelle quali, pur sussistendo i requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti nell’ art. 1, comma 497, della L. n. 266/2005, non sia stata espressa la dichiarazione di volersi avvalere della regola del «prezzo-valore»

cessioni di terreni; cessioni di fabbricati non abitativi (uffici, negozi, opifici, etc.)

cessioni di pertinenze relative a fabbricati non abitativi

cessioni di immobili facenti parte di compendi aziendali

conferimenti in società

divisioni con conguaglio (a meno che non torni applicabile, in presenza di immobili abitativi, la regola del «prezzo-valore»)

rinunce a diritti reali immobiliari con efficacia traslativa

Inoltre, ai sensi dell’art. 1, comma 116, della Finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), risultano assoggettabili ad accertamento di valore, se la base imponibile non è determinabile in modo automatico, le assegnazioni di immobili ai soci da parte delle società non operative.

Si rammenta incidentalmente che queste ultime sono soggette a conseguenze particolarmente sfavorevoli per effetto dell’art. 30, L. n. 724/1994, e s.m.i., quanto alle imposte sui redditi, all’IRAP e all’IVA, mentre di recente è stata

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incrementata l’aliquota IRES a esse applicata e si è stabilito altresì che divengono «non operative» (di comodo), ai fini fiscali, le società in perdita sistemica1.

Per quanto attiene agli immobili trasferiti nell'ambito di una cessione d’azienda, gli stessi sono pure suscettibili di accertamento di valore, rientrando nell'ambito delle cessioni di immobili diverse da quelle disciplinate dall'art. 1, c. 497, della L. n. 266/20052.

L’applicabilità delle norme sull’accertamento IVA e IIDD (ivi comprese quelle relative alle indagini finanziarie) anche ai fini dell’imposta di registro, con riferimento agli atti per i quali non sono ancora scaduti i termini per la rettifica del valore o per l'accertamento del corrispettivo, è invece fatta discendere dalla natura procedimentale delle stesse, confermata dalla prassi ufficiale dell’Agenzia delle Entrate3.

Ascesa e declino degli accertamenti fondati sul valore normale

Il criterio del valore normale (corrispondente, in definitiva, a un valore «di mercato» individuato dal Fisco) per le cessioni immobiliari poteva essere adottato nell'ambito degli accertamenti e delle rettifiche di tipo analitico- induttivo ai sensi dell'art. 39, c. 3, del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, e dell'art. 54, c.

3, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633. Tale possibilità deriva dall'integrazione normativa disposta dell'art. 35, cc. 2 e 4, del D.L. 4.7.2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4.8.2006, n. 248.

1 Cfr. i commi da 36-quinquies a 36-duodecies dell’articolo 2 del D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla L. 14.9.2011, n. 148 (c.d. manovra di ferragosto 2011).

2 Infatti, secondo la circolare, «pur essendo l'azienda una “universitas rerum”, cioè un'entità funzionalmente organizzata in un complesso unitario, è legittimo considerare, ai fini della determinazione dell'imposta di registro, la cessione dei beni immobili distintamente da quella degli altri beni, onde applicare le aliquote differenziate previste dalla tariffa, parte prima, del T.U.R., nonché per imputare le passività in proporzione al valore dei vari beni aziendali».

3 Cfr. sul punto la circolare n. 32/E del 2006.

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Le modifiche di gennaio alla legge Comunitaria 2008 (L. L. 7.7.2009, n. 88) hanno comportato l'abrogazione delle norme sulle rettifiche in base al valore normale per imposte sui redditi e IVA, di fatto ripristinando la situazione previgente.

La predetta legge Comunitaria 2008, inoltre, ha apportato sostanziali modificazioni agli artt. 13 e 14 del D.P.R. n. 633/1972, adeguando le norme interne alla direttiva n. 2006/112/CE del 2006, nel senso di circoscrivere più nettamente l'estensione del criterio del valore normale.

Secondo la circolare Assonime n. 42 del 13.10.2009, detto criterio si pone come una deroga al generale criterio del corrispettivo, e può giustificarsi solamente in determinate condizioni, come ad esempio quando i particolari collegamenti esistenti tra i soggetti contraenti inducano (o possano indurre) a falsare la determinazione dei corrispettivi al solo fine di ottenere vantaggi fiscali.

All'abrogazione delle norme che legittimavano gli accertamenti fondati sul valore normale si è accompagnata l'abrogazione tacita della disposizione contenuta nell'art. 35, c. 23-bis, D.L. n. 223/2006, che all'art. 54 del decreto IVA faceva riferimento, secondo la quale per i trasferimenti immobiliari soggetti a IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari il valore normale non poteva essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato.

È stato inoltre inciso dall'abrogazione normativa il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 27.7.2007, indicante i criteri cui gli uffici devono attenersi ai fini degli accertamenti basati sulla determinazione valore normale dei fabbricati, il quale ha ora effetto solo ai fini delle «imposte d'atto» e dei casi in cui rileva il valore normale (ossia delle ipotesi di operazioni poste in essere tra parti collegate).

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Secondo quanto evidenziato dall'Assonime, che valorizza la natura (almeno in parte) interpretativa della norma, mentre la soppressione delle rettifiche IVA fondate sul valore normale potrebbe ritenersi retroattiva, non altrettanto potrebbe affermarsi con riguardo agli accertamenti in materia di imposte sui redditi.

Il «valore venale» nell'imposta di registro

La possibilità di impiegare in sede di controllo il criterio del valore normale ha trovato riscontro in un'analoga facoltà costituita in capo agli uffici ai fini degli accertamenti di valore nel settore impositivo del registro.

Con l'art. 35, c. 23-ter, del D.L. 223/2006, è stato infatti integrato l'art. 52, D.P.R. 26.4.1986, n. 131, mediante l'inserimento del nuovo comma 5-bis, a norma del quale «le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni». La preclusione alla potestà accertativa degli uffici non si applica, quindi, alle cessioni diverse da quelle che intervengono fra persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze.

Per effetto della rimozione del predetto limite alla potestà di rettifica (che non è stata oggetto di intervento da parte della legge Comunitaria 2008), agli atti da ultimo richiamati sono tornate applicabili le disposizioni generali enunciate all'art. 52, c. 1, del D.P.R. n. 131/1986, che consentono all'ufficio di rettificare il valore dichiarato sulla base del «valore venale in comune commercio»

dell'immobile.

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La sentenza n. 22793 del 2010

Un’importante pronuncia emessa in sede di legittimità è rappresentata, nella materia in osservazione, dalla sentenza 9.11.2010, n. 22793, della sezione Tributaria.

La problematica sottoposta all’esame della Suprema Corte trae origine dalla controversia tra Amministrazione e contribuente, in esito alla quale era intervenuta la sentenza della CTR accogliendo l’appello proposto da quest’ultimo e affermando che la plusvalenza derivante dalla vendita di un terreno non poteva essere calcolata «con una automatica trasposizione del valore accertato ai fini del registro», anche perché «essendo stato acquistato il terreno da due società l'Ufficio poteva accertare dalla contabilità delle stesse il prezzo pagato».

La soluzione fornita, in termini molto netti e precisi, dalla Cassazione, è nel senso della piena legittimazione dell’Amministrazione a procedere in via induttiva all'accertamento della plusvalenza generata dalla cessione di un bene sulla base dell'accertamento di valore effettuato ai fini dell'imposta di registro,

«ed è onere probatorio del contribuente superare tale presunzione di corrispondenza tra il corrispettivo della cessione del bene, o il suo valore venale nelle ipotesi di destinazione a finalità estranee, e il valore accertato definitivamente in sede di applicazione dell'imposta di registro»4.

Inoltre, secondo la Corte, la presunzione che un bene sia venduto al valore di mercato, cioè a quello accertato ai fini dell'imposta di registro, non è superata dal rilievo che l'acquisto sia stato effettuato da persone giuridiche, «ben potendo queste, come quelle fisiche, pagare in nero il maggior prezzo rispetto a quello dichiarato nell'atto notarile; non può infatti assurgere al valore di

4 La Corte richiama a tale riguardo la propria precedente giurisprudenza (Cass., sez. trib., 20.11.2001, n.

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presunzione contraria quella insussistente di veridicità delle scritture contabili».

La questione è stata pertanto cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia.

La «filosofia di fondo» che informa la decisione della Cassazione appare orientata all’omogeneità tra i due ambiti impositivi con riferimento ai quali è posta in essere l’attività di accertamento: appare in verità ragionevole – con riguardo alle plusvalenze - mettere a fuoco l’unica entità «sostanziale»

individuata dal Fisco (l’ammontare della plusvalenza), evitando di pervenire a un esito irragionevole (cioè alla quantificazione di valori differenti, in un ambito nel quale non vengono accolti valori convenzionali-catastali, bensì «reali»).

Nel ritenere pacificamente applicabile alle imposte sui redditi, sulla base dei propri pregressi orientamenti giurisprudenziali, l’accertamento di valore effettuato ai fini dell’imposta di registro, la S.C. ha identificato – con ragionamento presuntivo semplice – la nozione di «corrispettivo» e quella di

«valore».

Ciò creerebbe, secondo taluni interventi, un problema di coordinamento con la disciplina delle plusvalenze in materia di imposte sui redditi, ambito nel quale la determinazione della base imponibile è imperniata sul corrispettivo conseguito.

A tale riguardo, è stata posta in evidenza la contraddizione tra due linee interpretative dei giudici di legittimità:

− la prima, favorevole al riconoscimento dell’esistenza di una presunzione di corrispondenza tra il corrispettivo pagato e il valore del bene, con la consequenziale possibilità di estensione alle imposte sui redditi del valore determinato ai fini del registro (Cass. 21.2.2007, n. 4057);

− la seconda, che disconosce le rettifiche del reddito imponibile fondate sul solo disallineamento del corrispettivo rispetto al valore di mercato

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(Cass. 16.5.2003, n. 7689).

Sempre secondo tali interpreti, la questione potrebbe essere valutata anche alla luce dell’avvenuta abrogazione – a seguito della legge Comunitaria 2008 - della rilevanza del valore normale come parametro per la rettifica del valore dell’immobile dichiarato ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi e dell’IVA5.

La possibilità di fornire la prova contraria da parte del contribuente La presunzione valore accertato = corrispettivo ai fini della determinazione delle maggiori plusvalenze in sede di accertamento delle imposte sui redditi comporta, con l’inversione dell’onere probatorio in capo al contribuente, la sicura possibilità – per quest’ultimo – di produrre la dimostrazione in ordine all’eventuale minore ammontare della plusvalenza imponibile.

Tale facoltà si evince da pronunce quali:

Cass. 25.1.2010 n. 1333 [«la giurisprudenza di questa Corte è consolidatamente orientata a ritenere che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale, realizzata a seguito di cessione immobiliare, sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro», ed «è onere probatorio del contribuente superare (anche con ricorso ad elementi indiziari) la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore»];

Cass. 20.4.2010, n. 9404 [«nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di azienda, l'Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via presuntiva sulla

5 Cfr. A. Mauro, «La plusvalenza da cessione di immobile si calcola sul valore del registro», Il

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base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, restando a carico del contribuente l'onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro»].

La prova contraria non può tuttavia ricondursi alle mere evidenze contabili, ovvero alle fatture emesse, insufficienti di per sé a «fare stato» nei confronti dell’Amministrazione in sede di controllo e accertamento.

La posizione più recente della Corte

L’ordinanza della S.C. n. 22869 del 3.11.2011 apporta alcuni elementi di novità rispetto al quadro appena esaminato.

Il contenzioso di merito s la conferma della posizione della CTP a opera della CTR della Lombardia, con il sostanziale disconoscimento della possibilità, per l’amministrazione, di trasferire in altri settori impositivi il valore accertato ai fini dell’imposta di registro.

A ciò erano seguiti il ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate e il controricorso del contribuente.

La Corte ha affermato la manifesta fondatezza dei motivi di ricorso, nel quale l’Agenzia richiedeva ai giudici di chiarire se «in presenza di un accertamento definitivo, ai fini dell'imposta di registro, del maggiore avviamento di un'azienda ceduta dal contribuente, possa affermarsi che la corrispondente plusvalenza ai fini delle imposte dirette va calcolata indipendentemente da quel valore, ovvero, più correttamente, debba ammettersi che l'Amministrazione Finanziaria può valersi a titolo presuntivo dell'accertamento definitivo per l'imposta di registro anche ai fini del calcolo della plusvalenza rilevante per le imposte dirette,

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spettando al contribuente fornire la prova contraria rispetto a detta presunzione di corrispondenza dei due valori tra loro».

Si trattava infatti non già di operare il mero «trasferimento» dei risultati dell’accertamento «n. 1» nell’accertamento «n. 2», bensì di valorizzare i risultati del primo nel quadro del secondo, con possibilità di prova contraria da parte del contribuente (cioè di fatto aprendo un’altra e autonoma rettifica, con motivazione indipendente rispetto alla prima).

Un ulteriore motivo di ricorso si impernia sugli articoli 51 e 52 del T.U. n.

131/1986, e sull’art. 2967 c.c., relativo alle presunzioni (con enunciazione dei criteri accolti anche nell’ambito delle istruttorie «presuntive» tributarie).

Anche tale motivo è stato ritenuto fondato, alla luce del consolidato orientamento della Corte [«… l'amministrazione finanziaria è … legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro; ed è onere probatorio del contribuente (anche con ricorso ad elementi indiziari) superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in sede di applicazione dell'imposta di registro (…)»].

Su tale base argomentativa, decidendo con ordinanza in camera di consiglio, la Corte ha cassato la sentenza con rinvio ad altra sezione della CTR.

La Cassazione è quindi intervenuta confermando le posizioni già precedentemente espresse: l’accertamento sulla plusvalenza ai fini delle imposte sui redditi non può comportare il mero trasferimento delle risultanze di un accertamento già definitivo ai fini dell’imposta di registro, né – si ritiene – la sua rielaborazione in astratto. Esso può tuttavia essere fondato «anche» sull’accertamento ai fini del registro, conservando autonoma vita e motivazione.

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Non vi è ragione per ritenere che non debba essere così anche nel caso in cui il primo accertamento a essere definito fosse quello relativo alle imposte sui redditi.

23 gennaio 2012 Fabio Carrirolo

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