Richiesta di parere del Ministro di Grazia e Giustizia sul d.d.l. “Modifica all’art.7 della legge 12 agosto 1962, n. 1311 concernente le ispezioni parziali.
(Delibera del 9 gennaio 1988)
Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 9 gennaio 1988, ha deliberato di approvare il seguente parere.
Il Consiglio Superiore della Magistratura non può in linea di principio, non condividere qualunque iniziativa mirante a razionalizzare e a rafforzare correttamente il sistema dei controlli sull'esercizio della funzione giurisdizionale.
Numerosi ed importanti momenti dell'attività istituzionale del Consiglio comportano la necessità di operare valutazioni sulla professionalità e, in genere, sull'operato dei singoli magistrati; da ciò consegue la particolare rilevanza di un adeguato sistema di controlli interni che consenta di poter pervenire alla raccolta di un congruo e tempestivo numero di dati i quali siano idonei al raggiungimento di una valutazione quanto più possibile obiettiva ed approfondita.
Si pensi ai mutamenti di qualifica, ai tramutamenti, al conferimento di uffici direttivi e semidirettivi, alla scelta dei componenti delle commissioni di esami per la nomina ad uditore giudiziario, al conferimento di incarichi extragiudiziari, ecc...
Quanto più penetrante ed obbiettivo sia il sistema dei controlli tanto più rispondente alle esigenze della organizzazione giudiziaria saranno le scelte operate dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Si tratta in sostanza di disporre di uno "strumento di lavoro" capace di contribuire al raggiungimento dei fini che si intendono perseguire.
Va quindi in primo luogo evidenziato che il Consiglio Superiore della Magistratura guarda con favore ad un rafforzamento dell'attuale sistema di controlli e ritiene di primaria importanza che si pervenga in tempi brevi ad una riforma legislativa che determini un salto di qualità in tale materia.
In particolare, una soluzione adeguata potrebbe essere - secondo un orientamento emerso in Consiglio, anche se non ancora sottoposto al vaglio di una verifica definitivaquella di disancorare i pareri dei Consigli giudiziari dai momenti valutativi connessi al mutamento di qualifica dei singoli magistrati e di prevedere invece che i pareri stessi assumano una cadenza periodica in modo che possa costituirsi nel tempo un serbatoio di dati da utilizzarsi in tutte le occasioni in cui il magistrato viene sottoposto a valutazione da parte del Consiglio Superiore (come si è detto tramutamenti, conferimento di uffici direttivi, ecc...).
In questo contesto è auspicabile che finalmente si addivenga alla riforma dei Consigli giudiziari che da lungo tempo è propugnata da varie parti.
Altra importante tematica di riforma è quella relativa alle modalità di svolgimento della funzione di controllo da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
Attualmente, il Consiglio dispone solo di due strumenti: a) le indagini conoscitive e le inchieste effettuate attraverso le proprie commissioni; b) l'utilizzo degli Ispettori del Ministero di Grazia e Gius tizia.
Mentre il primo strumento è di indubbia utilità e non presenta particolari difficoltà, il secondo presenta non pochi problemi. Ed è proprio questa la ragione per cui, in alcuni progetti di legge della passata legislatura, si prevedeva la istituzione di un Ispettorato direttamente dipendente dal Consiglio; e ciò in conformità a quanto sostenuto dal Consiglio nel parere espresso nella seduta del 14 febbraio 1975.
Al di là, comunque, delle soluzioni legislative il Consiglio è impegnato, per parte sua, ad utilizzare tutti i poteri e gli strumenti di cui dispone per irrobustire e rendere più efficaci fin da ora i controlli sulla laboriosità, sulla professionalità e, in genere, sull'operato dei magistrati e sul funzionamento degli uffici giudiziari.
Anche il Ministro Guardasigilli, in relazione ai compiti a lui assegnati dalla Costituzione, ha necessità di conoscere tutti i dati relativi all'andamento della giustizia e quindi deve disporre di adeguati mezzi che gli consentano una completa acquisizione dei dati stessi nonchè una tempestiva verifica di quelli precedentemente acquisiti.
Nell'attuale sistema della legge il Ministro dispone di due strumenti di controllo che sono le ispezioni generali triennali e le inchieste su fatti specifici.
E' pacifico che le ispezioni generali triennali, per la completezza e la profondità degli accertamenti che comportano, costituiscono un valido sistema per la realizzazione dell'attività di vigilanza, ma bisogna riconoscere (e cioè è evidenziato nella relazione al disegno di legge sul quale si esprime il presente parere) che le stesse sono particolarmente "indaginose e portano a riferire sulle disfunzioni accertate anche molto tempo dopo il loro verificarsi".
La causa di tale inconveniente va individuata oltre che nel lungo periodo di tempo preso in considerazione (spesso dieci anni giacchè è risultato praticamente impossibile rispettare sistematicamente la cadenza triennale) anche nel fatto che le ispezioni generali comportano anche il controllo degli adempimenti fiscali.
A tale proposito torna propizia l'occasione per segnalare l'opportunità di una apposita iniziativa legislativa che sottragga al personale giudiziario obblighi di tal genere ed altri certamente poco produttivi ai fini dell'incremento delle risorse finanziarie per il "servizio giustizia" (non va dimenticato che il campione penale è regolato, fra l'altro, dalla legge 29 giugno 1882 n.835 aveva demandato determinati compiti al personale di cancelleria "fino a quando non sia diversamente provveduto").
Il completo recupero del personale giudiziario ai compiti strettamente attinenti all'esercizio della funzione giurisdizionale può costituire fattore non trascurabile per quel miglioramento della efficienza degli uffici che il disegno di legge in esame si propone.
Il secondo strumento di cui il Ministro della Giustizia può disporre in base alla normativa vigente sono le inchieste su fatti specifici.
Anche questo è uno strumento assai penetrante, in grado di evidenziare tutti gli aspetti, anche i meno evidenti, della attività di un determinato ufficio giudiziario e di individuare responsabilità di magistrati o funzionari ovvero di porre in risalto obiettive carenze in determinati settori.
Al riguardo peraltro non può farsi a meno di osservare che l'attuale disciplina legislativa delle inchieste amministrative (art.12 della legge n.1311/62) a parte qualche eccesso terminologico (si fa riferimento al magistrato "inquisito" in una fase in cui non è stata ancora esercitata l'azione disciplinare), suscita notevoli perplessità quanto al rispetto delle competenze costituzionalmente garantite nella parte in cui prevede che l'ispettore debba riferire anche in ordine alle attitudini ed alle capacità dimostrate nell'esercizio delle funzioni giudiziarie dal magistrato sottoposto ad inchiesta.
Lo strumento in esame tuttavia può essere attivato solo dopo il verificarsi di un determinato fatto o l'emergere di una determinata situazione che si assumono come fonte di responsabilità disciplinare o civile a carico di magistrati o funzionari.
Ne consegue che questo strumento non può essere adoperato per le necessità di controllo preventivo evidenziate nella relazione al disegno di legge.
Tali necessità di controllo tuttavia appaiono meritevoli di considerazione in quanto è evidente che una adeguata opera di prevenzione preordinata a tempestivi interventi correttivi si risolva certamente in un miglioramento dei servizi.
Ma il disegno di legge in esame, nella sua attuale formulazione letterale, non appare condivisibile strumento di controllo per il raggiungimento dei fini appena evidenziati.
In sostanza, l'articolo unico prevede la facoltà assolutamente discrezionale del Ministro ("quando lo ritenga opportuno") di disporre ispezioni "anche parziali".
E' evidente che un tale potere discrezionale, rimesso alle valutazioni del Ministro e svincolato dal verificarsi di fatti specifici e adeguati presenterebbe di per sè gravi ed ingiustificati pericoli. Ma altrettanto rischiosa appare la previsione di ispezioni parziali e dunque "mirate", con accertamenti
limitati ad alcuni aspetti dell'attività degli uffici giudiziari o addirittura ad atti e comportamenti di singoli magistrati.
In particolare va osservato che un tale tipo di ispezione potrebbe risolversi, principalmente se in coincidenza o contiguità temporale con determinate attività giurisdizionali portate avanti dall'ufficio o dalla sezione oggetto dell'ispezione stessa, in un possibile oggettivo condizionamento dei magistrati interessati e comportare in ultima analisi, il pericolo di incidere sulla loro indipendenza.
Peraltro va osservato che proprio gli scopi della innovazione legislativa evidenziati nella relazione al disegno di legge (e cioè: a) conseguire una migliore efficienza degli uffici; b) contribuire a prevenire il verificarsi di illeciti disciplinari e civili) dimostrano come la distinzione fra i poteri del Consiglio Superiore della Magistratura e quelli del Ministro non riceva un contributo di chiarezza dalla modifica proposta in quanto sia il miglioramento della efficienza degli uffici sia la prevenzione degli illeciti disciplinari e civili si fondano, per la parte concernente l'attività dei magistrati, sul controllo e sul perfezionamento della professionalità dei magistrati stessi e non v'è dubbio che tali compiti preventivi rientrano in una sfera di intervento certamente riservata dalla Costituzione alla competenza del Consiglio Superiore della Magistratura.
Nello stesso ambito di competenza rientra parimenti il controllo sulla "produttività" dei magistrati che, viceversa, la relazione al disegno di legge indica esplicitamente come possibile oggetto delle ispezioni parziali.
Una formulazione più esplicita e rigorosa della norma nel senso di tendere al miglioramento della efficienza dei servizi, restando così escluso che la ispezione possa rivolgersi nei confronti dell'esercizio della funzione giurisdizionale, risulterebbe più consona agli scopi stessi evidenziati nella relazione e alle garanzie costituzionali della giurisdizione".