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Iviaggiatori di un trasporto collettivo, come DA BOLOGNA A VIGNOLA CON TRASPORTO. Bologna Centrale pg. 15. Cronache Periferiche pg.

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I

viaggiatori di un trasporto collettivo, come gli abitanti di un condominio, i colleghi di lavoro, i compagni di scuola, volenti o nolenti rappresentano una comunità.

Anche la Suburbana è una comunità, itine-

rante, a geometria umana variabile, unita da una medesima identità: spostarsi lungo la “Vignolese” insieme ad altre persone, per scelta o per necessità, per studio, per lavo- ro o per diletto, avendo provenienze e

DA BOLOGNA A VIGNOLA CON TRASPORTO

Bologna Centrale pg. 15

Cronache Periferiche pg. 8

Parole in Carrozza pg. 23

Il Caffè della Stazione pg. 31

Agenda pg. 38

O

OPPEERRAAZZIIOONNEE BBAARR

Alla scoperta dei magnifici 5.

Dove bere bene a Bologna.

A prezzi onesti. ppgg.. 1155--1188

[a pagina 3]

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2

NN°° 33 •• SSEETTTTEEMMBBRREE 22000077

L’Editoriale

LE CAMPANE DELLA LIBERTÀ

di Gabriele Serpe

“… Suonavano per il ribelle, per il miserabile, per lo sfortunato, per l’ab- bandonato e per il rifiutato… rintocca- vano per il mite, per il gentile, per i custodi e i protettori della mente, i poeti e i pittori, ben oltre questo giusto tempo lampeggiavano le campane della libertà”.

Chimes of freedom, Bob Dylan, 1964.

L

ibertà, una parola utilizzata anche per condire l’insalata o per aggiu- stare i tacchi delle scarpe, la libertà di dire e di fare, di pensare e di sognare.

Liberi da chi? Liberi da cosa?

In questo numero settembrino La Suburbana parla anche di libertà, insieme alla nostra Zanzara che si domanda perché ancora oggi viviamo in mezzo a milioni di imposizioni e restrizioni cercando a tutti i costi di fare finta che non sia così. E ancora, ne parliamo attraverso la storia di “Radio Alice”, la prima radio libera di Bologna, quella che ha dato voce a chiunque avesse qualcosa da dire.

Noi siamo persone libere? Prima di poterci dare una risposta è bene sotto- lineare che la parola libertà non ha un preciso significato, sui vocabolari leg- giamo che libero è chi ha facoltà di

fare e non fare quello che vuole, un concetto che si apre a mille interpretazioni. Libero è chi non è con- dizionato, pilotato, chi riesce sempre e comunque a ragionare con la propria testa, chi non si sente obbligato di spendere cifre da capogiro per avere una firma sulla maglietta, chi non ha paura di mettersi in gioco, chi non ha paura di sognare, chi non ha paura degli altri e colui che non si dà limiti.

La Zanzara Tigre de La Suburbana ci parla del battesimo come esempio di imposizione e violazione della libertà di un essere vivente da parte dei propri genitori, ma se ci fermiamo un attimo a riflettere ci rendiamo conto che sono ancora tantissimi i paletti che ci impe- discono di essere liberi e soprattutto che siamo noi stessi i primi ad avere paura di essere liberi. Come accade agli animali, i recinti ci danno sicurez- ze che diventano indispensabili solo a causa della nostra inettitudine, della nostra pigrizia. Per cui liberiamo noi stessi, liberiamoci da noi stessi. Solo allora potremo iniziare a pensare a che cosa là fuori ci impedisce di esse- re liberi.

Nel frattempo i cellulari riprendono a squillare, l’agenda torna ad essere

ricca di impegni, il sole non ha più voglia di restare sino a tardi e alle otto già tramonta. L’estate è ufficialmente finita, Bologna torna a popolarsi di studenti e pendolari e in pochi giorni il tempo spietato sembra dimenticarsi che fino all’altro ieri eravamo sotto un ombrellone, lui va dritto per la sua strada, non sente ragioni.

La città si appresta dunque a riprende- re i ritmi invernali, tornano a far parla- re di sé gli affitti strozzastudenti e il dannato allarme degrado è sempre inserito, tornano le feste universitarie e torna La Suburbana con la stessa pas- sione di sempre. Pronti ad affrontare la nuova stagione, impazienti di diventa- re il vostro punto di riferimento, la redazione si rimbocca le maniche e dà il bentornato in città a tutti voi cari let- tori, perché se quest’anno siamo arri- vati a giugno stressati e sull’orlo della pazzia significa che qualcosa nella nostra vita non va e deve cambiare…

Impugnamo la penna ed iniziamo a scrivere il nostro futuro, il foglio è bianco.

Con affetto, il vostro direttore Gabriele Serpe

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destinazioni perlopiù diverse. Il senso di comunità si manifesta con difficoltà, ma quando questo avviene è una risorsa preziosa.

Trascorsa un’esperienza quasi decen- nale come consigliere comunale di Bologna, ripresi la corriera per Vignola in attesa che fosse realizzato il treno per cui mi ero tanto battuto nel corso del mio incarico istituzionale, non solo per Vignola ma per tutto il bacino fer- roviario bolognese, come alternativa al dilagante proliferare dell’auto priva- ta e dell’inquinamento atmosferico.

Quando, tra gli anni Settanta ed Ottanta, cominciai i viaggi sul 671, la comunità itinerante rispecchiava uno spaccato sociale di quel periodo: ope- rai –– molti dei quali provenienti dalle regioni del Sud Italia –– che lavoravano nelle tante piccole e medie fabbriche del “modello emiliano”; tantissimi stu- denti (alcuni genitori, per paura della città, mandavano i figli a studiare nelle scuole della provincia); diversi impie- gati ed insegnanti; un certo numero di anziani con nipotini affidati loro dai figli che lavoravano; alcuni agricoltori che portavano i loro prodotti nei mer- cati di Bologna o del “suburbio” e per finire, nelle stagioni della raccolta, molti giovani studenti che, terminati gli esami, si guadagnavano le vacanze andando a raccogliere la frutta, soprattutto a Vignola.

Alla fine degli anni Novanta, quando tornai sul 671, quella composita comunità aveva radicalmente cam- biato volto: erano tantissimi i migranti che viaggiavano in corriera per anda- re al lavoro. Erano diventati la mag- gioranza dei miei compagni di viag- gio, ma erano (e sono) soprattutto un popolo di “invisibili” perché non fanno notizia, non commettono reati ma si guadagnano il pane con molta fatica e dignità, e rappresentano la maggio- ranza e la “normalità” di quei Paesi in cui noi del Nord opulento del pianeta abbiamo portato armi, guerre, rifiuti tossici da smaltire. Paesi dove abbia- mo rubato risorse, prodotto povertà, carestia, fame e grandi ingiustizie sociali. Ed è naturale che la povertà

cerchi di spostarsi dove c’è un po’ di quella ricchezza prodotta anche dalle proprie terre. Quella comunità globa- le proveniva e proviene soprattutto dal Sud o dall’Est del pianeta.

Nel frattempo un fenomeno altrettanto globale, ma ben diverso per protago- nisti ed obiettivi, si era prodotto nelle tante fabbriche del territorio: molte avevano chiuso, erano state abbando- nate e spesso riconvertite alla specula- zione edilizia dai vecchi proprietari, altre erano state acquistate da colossi multinazionali che impiegavano pochi operai autoctoni e molta manodopera straniera a basso costo e ad alta ricattabilità.

Sulla corriera continuavano a viaggia- re numerosi gli studenti, ma il vociare umano si mescolava alle suonerie dei tanti cellulari regalati da genitori com- piacenti che, tentando di ottenere un illusorio controllo sui figli, trasformava- no bambini e ragazzini in robot e ren- devano più artificiale la loro capacità di relazione.

A parte un tenace drappello di inse- gnanti e poche altre lodevoli eccezio- ni, quasi tutti i residui rappresentanti della vecchia comunità avevano scelto le quattro ruote private, abbassando drasticamente la soglia di collettività ed aumentando, oltre all’individuali- smo come valore, i gas di scarico nel- l’atmosfera ed il cemento di nuove bretelle, superstrade, complanari al posto dei terreni agricoli.

Gli agricoltori avevano spazi sempre più ristretti e contaminati e continuava- no a vender frutta sulle strade, cercan- do un mercato fra i sempre più nume- rosi automobilisti. E gli studentelli che raccoglievano la frutta a buon merca- to, diventati precari nelle agenzie inte- rinali, erano stati sostituiti dai tanti migranti che sul “mercato” ci stavano a condizioni ben più malleabili.

Si toccava con mano l’indebolimento del tessuto sociale, ma si cercava una socialità di tipo nuovo che aveva sem- pre più l’aspetto di una disperata resistenza.

Poi arrivò il treno, e fu festa grande:

prima fino a Bazzano, un anno più tardi fino a Vignola.

Insieme ai nastri da tagliare arrivarono

festanti molti amministratori che fino al giorno prima avrebbero tagliato volen- tieri le ferrovie, ma il più era fatto: la Suburbana non aveva tutte le caratte- ristiche decise dopo tante discussioni, i veicoli erano e sono tuttora diesel a dispetto della linea elettrica ben allesti- ta, la decorrenza è oraria e non alla mezz’ora come stabilivano i protocolli ministeriali, ma almeno adesso il treno c’è e può essere solo migliorato.

Molti cittadini hanno ripreso confiden- za con il proprio territorio e si sono proiettati in una specie di “ritorno al futuro”: finalmente sono aumentati i passeggeri che hanno abbandonato la macchina, anche solo per un viaggio.

Non mi illudo che la Suburbana di per sé produca progresso sociale e cultu- rale, ma certamente la condizione del viaggiare in treno, sulla carta più con- fortevole della corriera e più aperta nella disposizione dei viaggiatori, può contribuire ad aumentare la socialità, lo scambio, l’avvicinamento a culture diverse.

E c’è da sperare che quelle desolanti risposte dei Vignolesi intervistati da “La Suburbana” nel numero di giugno, che manifestano “paura del diverso”, pos- sano presto cambiare, se si avrà la capacità di mettersi in discussione nel proprio abito mentale e il desiderio di convivere in maniera civile. O c’è il rischio che “straniero” lo diventi anche il cittadino di Bazzano!

Nel frattempo, da parte mia ho avuto il trasferimento a Bologna che da tanto tempo aspettavo: sono a casa, viaggio in bus, faccio percorsi più brevi ma non per questo meno trafficati. Ma confesso che quella dimensione subur- bana – e non certo subumana – un po’

mi manca. Ricordo quasi con nostalgia l’arrivo al lavoro dopo un viaggio avven- turoso fra colline, pianure e rotaie.

Mi piace pensare che quella comunità itinerante si muova anche nello spazio della mente e che gli obiettivi siano la gioia e il senso di pienezza della vita, soprattutto se condiviso con altri.

E allora, diveniamo tutti un po’ subur- bani ed abbandoniamoci al dondolare dei vagoni, con piacevole trasporto.

di Filippo Boriani segue dalla prima pagina

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4

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Sulla situazione dei trasporti pubblici ci risponde Giacomo Venturi, Vicepresidente della Giunta Provinciale di Bologna, Assessore alla Pianificazione Territoriale e Trasporto Pubblico della Provincia. Una carriera intensa quella di Venturi, che inizia nella Sinistra Giovanile di Zola Predosa, dove è stato dapprima Consigliere Comunale, poi Segretario comunale del Pds e infine Primo Cittadino per due mandati, dal 1995 al 2004.

Nelle sue risposte – sempre puntuali ed esaustive – ha sviscerato l’argomento spaziando dal funzionamento dei mezzi alla sicurezza, dai progetti per il futuro al sociale.

Un’analisi che ci avvicina un po’ di più al mondo dei trasporti pubblici, fatto di persone che credono in questo servizio e che lavorano per renderlo sempre migliore.

DD:: NNeell nnoossttrroo aarrttiiccoolloo ddii pprriimmaa ppaaggiinnaa ddii qquueessttoo mmeessee,, FFiilliippppoo BBoorriiaannii ccii ffaa

nnoottaarree ccoommee ssiiaa ccaammbbiiaattaa ll’’uutteennzzaa ddeeii ttrraassppoorrttii ppuubbbblliiccii ddaaggllii aannnnii SSeettttaannttaa aadd ooggggii,, ee ccoommee ggrraann ppaarrttee ddeeii vviiaaggggiiaattoorrii ddii aalllloorraa aabbbbiiaa pprreeffeerriittoo llee qquuaattttrroo rruuoottee pprriivvaattee aaii mmeezzzzii ppuubbbblliiccii.. DDaa ccoossaa ddiippeennddee sseeccoonnddoo lleeii??

R: Sono diversi i fattori che hanno deter- minato questo cambiamento. Sono fat- tori di ordine culturale – l’auto per molti ha rappresentato una conquista di liber- tà, il potersi muovere quando si vuole e verso dove si vuole – di ordine econo- mico – l’acquisto dell’auto personale è anche segno di un miglioramento del proprio benessere – e anche fattori di ordine sociale – è cambiata l’organizza- zione dei tempi, la collocazione del luogo di residenza rispetto a quello del lavoro o dello studio, abbiamo introiet- tato l’idea che “velocità” sia un sinoni- mo di modernità. Cambiamenti che si sono imposti, e sono diventati naturali, prima che ne comprendessimo la porta- ta reale sia sul piano sociale che su quello ambientale. Non c’è dubbio che

come dice Boriani oggi l’utenza dei mezzi pubblici indichi una nuova strati- ficazione sociale, ma è anche vero che tutto questo pone domande importanti e anche urgenti alla politica, agli ammi- nistratori e penso che dovremmo di più calcare l’accento – ad esempio sui provvedimenti per la limitazione della circolazione delle auto private – anche come misura culturale.

DD:: FFoottooggrraaffaannddoo lloo ssppaaccccaattoo ssoocciiaallee cchhee èè ssoolliittoo sseerrvviirrssii ddeeii mmeezzzzii ppuubbbblliiccii,, nnee rriissuullttaa cchhee bbuuoonnaa ppaarrttee ddii qquueessttaa

““ccoommuunniittàà iittiinneerraannttee”” èè ccoossttiittuuiittaa ddaaii llaavvoorraattoorrii iimmmmiiggrraattii,, ddaall SSuudd IIttaalliiaa iinn ppaassssaattoo ee ddaaggllii aallttrrii PPaaeessii ddeell mmoonnddoo ooggggii.. FFaacceennddoo uunnaa rraappiiddaa ddiiggrreessssiioonnee ssuullll’’aassppeettttoo ssoocciiaallee ddeellll’’aarrggoommeennttoo,, lleeii rriittiieennee cchhee vviiaaggggiiaarree iinnssiieemmee ssuuii mmeezzzzii ppuubbbblliiccii ppoossssaa ffaavvoorriirree ll’’iinntteerrssccaammbbiioo ffrraa ddiivveerrssee ccuullttuurree,, oo ppeerrlloommeennoo aabbiittuuaa-- rree llaa ppooppoollaazziioonnee aa qquueessttaa ddiivveerrssiittàà??

R: Non solo lavoratori immigrati però.

Anche studenti, anziani e lavoratori. I dati di presenza sulla linea della Suburbana stessa ci dicono che una inversione di tendenza, seppur contenu- ta, inizia a prodursi e dobbiamo soste- nerla. Dobbiamo anche qui sconfiggere l’idea che il mezzo pubblico sia destina- to ad un’utenza “debole”, socialmente ed economicamente. Una maggiore efficienza del trasporto pubblico, una maggiore velocità d’esercizio, comodità dei mezzi, maggiore frequenza, una riorganizzazione delle tariffe e dei titoli di viaggio introducendo il biglietto unico, sono azioni con le quali possia- mo affermare i “vantaggi” culturali del trasporto pubblico, farne percepire la modernità di azione socialmente e ambientalmente consapevole e respon- sabile. E penso che il mezzo pubblico – in una società più frenetica come quel- la odierna – svolga anche il ruolo di luogo di socializzazione, di incontro, di conoscenza, di scambio e di relazione interpersonale, tutti elementi determi- nanti per rafforzare la coesione sociale, la convivenza, la comprensione della diversità, ed anche per suscitare vincoli solidali tra le persone.

Il Personaggio

GIACOMO VENTURI SUI TRASPORTI PUBBLICI: SICUREZZA E PROGETTI

intervista a cura di Francesco Gualdaroni

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DD:: LL’’aattttuuaallee LLiinneeaa SSuubbuurrbbaannaa BBoollooggnnaa-- VViiggnnoollaa èè ssttaattaa iinnaauugguurraattaa nneell 22000033,, qquuaannddoo lleeii eerraa SSiinnddaaccoo ddii ZZoollaa PPrreeddoossaa.. CChhee iimmppaattttoo eebbbbee ll’’aavvvveennttoo ddeellllaa nnuuoovvaa lliinneeaa ssuuii ttrraassppoorrttii ppuubbbblliiccii ddeellllaa PPrroovviinncciiaa,, ee ccoommee ffuu aaccccoollttaa ddaallllaa ppooppoollaazziioonnee??

R: Fu la realizzazione di una speranza e di un sogno a lungo coltivati, per alcu- ni fu anche un ritorno perché ricordava- no la “littorina” o i treni merci che hanno continuato a passare ancora per anni dopo la soppressione del trasporto ferroviario delle persone su quella linea.

Quelle rotaie che costeggiavano, o tagliavano in alcuni punti, il paese testi- moniavano anch’esse un cambiamento avvenuto e con il crescere dei problemi legati al traffico e all’inquinamento erano anche diventati un monito alla

“fretta” con cui avevamo abbandonato una modalità di trasporto ed un invito a riconsiderare le nostre scelte, a ripensa- re il nostro modello di sviluppo. Un impatto sicuramente positivo, che col- mava un’aspettativa che era andata crescendo e che i dati sui passeggeri confermano non essere temporanea o transitoria, anche se l’organizzazione del servizio oggi è ancora lontana da quella ottimale che era stata ipotizzata.

DD:: IInnffaattttii,, aattttuuaallmmeennttee ssuullllaa BBoollooggnnaa-- VViiggnnoollaa cciirrccoollaannoo 3300 ttrreennii ggiioorrnnaalliieerrii ccoonn uunn’’uutteennzzaa cchhee nneell 22000066 hhaa ssuuppeerraa-- ttoo ii 660000mmiillaa ppaasssseeggggeerrii,, aa tteessttiimmoonniiaann-- zzaa ddeell ssuucccceessssoo ee ddeellll’’uuttiilliittàà ddeellllaa lliinneeaa..

BBeenncchhéé ii ppaassssii ppiiùù iimmppoorrttaannttii ssiiaannoo ggiiàà ssttaattii ffaattttii ppeerròò,, ccoommee lleeii ffaa ggiiuussttaammeennttee nnoottaarree llaa lliinneeaa nnoonn hhaa mmaaii aavvuuttoo ttuuttttee llee ccaarraatttteerriissttiicchhee ssttaabbiilliittee iinn ffaassee ddii pprrooggeett-- ttaazziioonnee:: nniieennttee vveeiiccoollii eelleettttrriiccii ee ddeeccoorr-- rreennzzaa oorraarriiaa iinnvveeccee cchhee aallllaa mmeezzzz’’oorraa ccoommee ssttaabbiilliivvaannoo ii pprroottooccoollllii mmiinniisstteerriiaa-- llii.. DDaa cchhee ccoossaa ccrreeddee cchhee ssiiaa ddiippeessoo??

CC’’èè qquuaallcchhee pprroossppeettttiivvaa ddii mmiigglliioorraa-- m

meennttoo ppeerr llaa nnoossttrraa SSuubbuurrbbaannaa??

R: Il motivo principale sta nelle difficol- tà finanziarie che il sistema delle istitu- zioni a tutti i livelli ha incontrato in que- sti anni. Ci sono risorse insufficienti per garantire l’approvvigionamento veloce ed immediato dei nuovi treni elettrici.

Ma forse – e faccio autocritica per la categoria degli amministratori pubblici pur battendomi ogni giorno perché i nuovi convogli entrino in servizio sulla Bologna-Vignola – c’è anche un ritardo di tipo culturale per cui di fronte alle dif- ficoltà a fare fronte a tutte le richieste il trasporto pubblico è sempre stato un po’ la cenerentola della mobilità nazio- nale. Pochi mesi fa nell’ambito dell’Accordo per la nuova stazione di Bologna abbiamo ripuntualizzato e ricadenzato – attraverso la sottoscrizio- ne di un nuovo accordo – gli obiettivi e i traguardi del Servizio Ferroviario Metropolitano. Il cadenzamento alla mezz’ora, le linee passanti, convogli con maggiore portata di passeggeri e maggiore velocità di esercizio, sono ancora gli obiettivi strategici verso i quali tendere, anche se i tempi per il loro raggiungimento si sono dilatati. Le prime nuove motrici elettriche sono già disponibili ed in corso di collaudo e dovrebbero entrare a breve in servizio lungo tutta la linea. Sarà un primo passo per testimoniare che non abbia- mo allentato il lavoro per realizzare un progetto ambizioso che porterà grandi benefici all’intera area metropolitana bolognese.

DD:: DDooppoo llee uullttiimmee nnoottiizziiee ssuullllee aaggggrreess-- ssiioonnii ssuubbiittee ddaaii ccoonndduucceennttii AAttcc,, lleeii ee ll’’AAsssseessssoorree aallllaa MMoobbiilliittàà MMaauurriizziioo ZZaammbboonnii aavveettee ddaattoo llaa vvoossttrraa ppiieennaa ddiissppoonniibbiilliittàà aa uunnaa ccoollllaabboorraazziioonnee cchhee ggaarraannttiissccaa llaa ssiiccuurreezzzzaa ddeeii llaavvoorraattoorrii ee ddeeggllii uutteennttii ddeeii mmeezzzzii ppuubbbblliiccii.. NNeellllaa pprraattiiccaa,, cc’’èè qquuaallcchhee ssttrraatteeggiiaa iinn ppaarrttiiccoo-- llaarree cchhee iinntteennddeettee aaddoottttaarree??

R: Le prime azioni con l’adozione delle protezioni per i conducenti e la installa- zione di telecamere per la videosorve- glianza sono già avviate. Anche la sol- lecitazione al Prefetto e al Questore perché le forze dell’ordine dedichino più attenzione a questo particolare aspetto ha prodotto qualche risultato, come le pattuglie in servizio su alcune linee considerando di fatto il trasporto pubblico un bene da salvaguardare e da presidiare al pari di altre realtà

importanti e significative. Quello che è inoltre importante e opportuno sottoli- neare è che anche su questo versante occorre un lavoro che incida sulla cul- tura diffusa che si è affermata e che ha aumentato la percezione del pericolo e dell’insicurezza nelle persone. Quella che chiamiamo la “paura del diverso”, forse ha radici più profonde ed è una più generica paura dell’altro che è l’al- tra faccia di una maggiore solitudine e di un maggiore individualismo. Oggi in molte realtà i rapporti con i vicini sono poco più che formali, un tempo erano improntati alla condivisione, alla reci- procità, al mutuo aiuto. Quando ho parlato di campagne di informazione e di comunicazione per rafforzare il vin- colo che lega lavoratori e utenti dei mezzi pubblici, pensavo anche a que- sto, a lavorare – sapendo che occorre tempo – perché ci sia di nuovo in ognu- no l’idea di essere “responsabile” anche dei propri compagni di viaggio, che sia naturale aiutarsi, fare fronte comune, e che sia sbagliato e incivile girare la testa dall’altra parte.

DD:: SSeemmpprree iinn tteemmaa ddii ssiiccuurreezzzzaa,, lleeii rriittiiee-- nnee cchhee iill ttrreennoo ssiiaa ppiiùù ssiiccuurroo ppeerr aaddddeett-- ttii aaii llaavvoorrii eedd uutteennttii rriissppeettttoo aallllee lliinneeee ddii tteerrrraa??

R: Viste le condizioni del traffico che ci sono sulle strade, il treno è sicuramente più tranquillo e più sicuro. Sono le stes- se cifre sull’incidentalità a dirlo. Ma sono anche le sue caratteristiche – meno fermate, il conducente separa- to dai viaggiatori, la presenza di perso- nale di servizio a bordo – a renderlo meno “appetibile” per i borseggiatori, per i violenti, per i delinquenti in gene- re. Questo non significa che fenomeni preoccupanti e nocivi come quelli acca- duti sugli autobus non possano verifi- carsi anche sui treni, lo ritengo meno probabile, ma penso anche che l’espe- rienza che stiamo facendo con i lavora- tori dei bus e delle corriere possa torna- re utile anche per aumentare il livello di sicurezza sui treni locali.

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CASALECCHIO: CITTÀ O PERIFERIA DI BOLOGNA?

di Alessandra Simoni

“C

asalecchio è sempre stata un po’ così, un po’ distaccata…

Ma tanto la gente non la cambi mica, sai!”

Vociferano alle nostre spalle le due signore che ci hanno appena cortese- mente congedato, dicendo che no, l’intervista era meglio di no. Un po’

come dire da che pulpito viene la predica.

È un po’ così Casalecchio. Un po’

distaccata. Ci parlano del verde, della tranquillità, di parco Talon e del Lido, della Meridiana e della multisala che sono belle, ma hanno rubato la vita al centro. Adesso alle otto di sera sono tutti al cinema o a mangiare giappo- nese al centro commerciale, e in giro per via Marconi e per via Matteotti non si vede anima viva.

Sono cortesi a Casalecchio. Ma un po’

distaccati. Quando non ti ignorano con eleganza, sembra che non abbia- no molto da dire. E forse sta proprio qui il problema, se mai di problema si può parlare: non ha molto da dire su

Casalecchio la gente di Casalecchio.

È strano: per quel che dicono, ne dico- no bene. Ma resta il fatto che non ne dicono molto. Parrebbe quasi che Casalecchio soffra di una momenta- nea crisi d’identità. Ma forse è norma- le. L’orco chiamato città si allarga, e ingrassa divorando le sue pendici.

Quella che prima era aperta campa- gna diventa prima periferia, ciò che prima aveva una sua individualità diventa solo una costola della metropoli.

Eppure Casalecchio ha la storia seco- lare di una città. Eppure le strutture ci sono. Ma adesso sembra che non si capisca più dove finisce Bologna e dove inizia Casalecchio. Ci dicono che è meglio stare qui che in centro a Bologna. Che qui c’è più verde, e che la vita è più a misura d’uomo. Ma poi lavorano a Bologna, vanno al ristoran- te a Bologna, in discoteca a Bologna.

Tanto sono cinque minuti di strada e quando torni a casa non hai nemme- no il problema del parcheggio, come

invece succede nel centro città.

Raccogliendo queste parole, ci è sem- brato inevitabile interrogarci sul desti- no di Casalecchio. Perché quando ci dicono del centro città, non è della casalecchiese via Marconi che parla- no, ma di Piazza Maggiore a Bologna? Allora Casalecchio sta diventando solo il più grazioso e ben attrezzato dormitorio bolognese?

Eppure sarebbe un peccato. E lo sarebbe perché qui non c’è solo il verde incontaminato di parco Talon (che già non è poco!) ma si respira un vero e proprio fermento culturale e sociale. E se servono i nomi e gli indi- rizzi, non è difficile trovarli: la Casa della Conoscenza, il Teatro Comunale Testoni, il centro sociale Ex-Tirò. E la Meridiana, e la multisala.

Allora forse dovrebbero essere i casa- lecchiesi i primi a ripopolare le storiche vie del loro centro. Che se anche è vicino a quello di Bologna, meritereb- be di riconquistare una sua identità.

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LLAA FFEERRM MAATTAA DDEELL M MEESSEE ee’’ CCAASSAALLEECCCCHHIIOO DDII RREENNOO

CCAARRTTAA DD’’IIDDEENNTTIITTAA’’

N

Noommee:: Casalecchio di Reno

PPrroovviinncciiaa:: Bologna • CC..AA..PP..:: 40033 AAbbiittaannttii:: 34.000

SSuuppeerrffiicciiee:: 17 km2 •AAllttiittuuddiinnee:: 61 m slm DDeennoommiinnaazziioonnee aabbiittaannttii:: Casalecchiesi FFeessttaa PPaattrroonnaallee:: S. Martino di Tours (11 novembre)

FFrraazziioonnii ee LLooccaalliittàà:: Croce, Ceretolo, San Biagio, Tizzano, Eremo

CCoommuunnii LLiimmiittrrooffii:: Bologna, Sasso Marconi, Zola Predosa

II CCOOMMMMEENNTTII

PPaaoolloo,, 4455 aannnnii,, iimmppiieeggaattoo

Casalecchio si è allargata moltissimo negli ultimi anni. Questo ha portato aspetti positivi e aspetti negativi. Da un lato l’evoluzione, le nuove costruzioni come il ponte, la Meridiana e tutte le nuove possibilità offerte dal nostro Comune. Dall’altro lato però, queste nuove strutture hanno portato allo spopolamento del centro di Casalecchio. Adesso se vai in centro alle sette di sera non trovi un’anima e questo mi dispiace. Vorrei che il centro di Casalecchio ritrovasse la sua dimensione storica…

CChhrriissttiiaann,, 2233 aannnnii,, ssttuuddeennttee

La grande forza di Casalecchio è che è tranquilla, si respira l’atmosfera della provincia, ma sei comunque a due passi da Bologna. Se la sera ci fosse qualcosa in più da fare sarebbe tutto perfetto, ma a parte il cinema non c’è assolutamente niente, così tocca comunque spostarsi.

È un peccato perché così non si vive appieno la città, che rimane una spe- cie di “costola” di Bologna, senza una sua precisa identità.

M

Miicchheellaa,, 4488 aannnnii,, sseeggrreettaarriiaa

Il Comune di Casalecchio è sempre stato molto attivo e attento nei con- fronti dei cittadini, sono state fatte cose interessanti. Naturalmente ci sono cose che andrebbero rivisitate, ma

sentirsi ascoltati è comunque molto importante. E questo, in un’epoca in cui la politica è sempre più distante dal cittadino, non va dimenticato.

VVaalleennttiinnaa,, 2299 aannnnii,, bbaarr--ggiirrll

Se non fosse per la gente Casalecchio sarebbe perfetta. C’è il Parco Talon, c’è il fiume, c’è il lido, c’è la diga, insomma come aspetto esteriore è molto carina, ma la gente è troppo chiusa. È un paese piccolo e per via di questa chiusura i rapporti interperso- nali sono molto difficili. Ma tanto la gente non la cambi mica!

PPaaoollaa,, 6699 aannnnii,, ppeennssiioonnaattaa

Io ci sto bene a Casalecchio. Tutti hanno sempre qualcosa da ridire, ma io mi ci trovo bene. Soltanto la sera c’è un gran deserto, nessuno in giro, quin- di ad uscire dopo le otto di sera c’è un po’ da avere paura. Forse, se si faces- se qualcosa per rianimare un po’ il centro storico non sarebbe male.

M

Maarrzziioo,, 3300 aannnnii,, mmuussiicciissttaa

Un aspetto positivo di Casalecchio?

Che non è in centro a Bologna.

LLuucciiaannoo,, 4400 aannnnii,, pprrooggrraammmmaattoorree Considero Casalecchio una sorta di dormitorio di Bologna, con i suoi pro e i suoi contro. Sicuramente il vantaggio è che quando torno a casa la sera, non faccio fatica a trovare parcheggio. Per il resto non è che ci sia molto, a parte qualche lounge-bar interessante...

AAPPPPUUNNTTAAMMEENNTTII

Mercati dell’Antiquariato

La terza domenica di ogni mese (esclu- si luglio e agosto). Da novembre a marzo: in Via Mazzini. Nei mesi di aprile, maggio, giugno, settembre e ottobre in Via Pascoli.

Mercato Comunale

Mercoledì mattina: Via Toti.

Mercato di Ceretolo

Sabato mattina: Via Sabotino Mercato della Croce

Giovedì mattina, piazza Zampieri.

FFeeddeerriiccaa,, 1188 aannnnii,, ssttuuddeenntteessssaa

Casalecchio è un posto troppo tranquillo, preferisco andare a Bologna appena posso.

AAllbbeerrttoo,, 3355 aannnnii,, ccoommmmeerrcciiaannttee

Io qui mi trovo bene, svolgo al meglio la mia attività senza lo stress della città. Ci sono molti centri commerciali e quindi l’economia sembra funzionare bene.

Forse un po’ troppo traffico al sabato.

PPaassqquuaallee,, 2211 aannnnii,, ooppeerraaiioo

Sono venuto qui dal sud a cercare lavo- ro e mi sono ambientato al meglio.

Anche perché c’è molto verde, e dopo una giornata di lavoro mi piace andare al parco per rilassarmi.

FFiilliippppoo,, 7777 aannnnii,, ppeennssiioonnaattoo

(tradotto dal dialetto) Troppa gente da fuori, e poi non ci sono più i tortellini di una volta!

CCaarrllaa,, 4444 aannnnii,, iinnsseeggnnaannttee

Casalecchio è più attiva di quanto comunemente si creda: c’è un centro giovanile, la Casa della Conoscenza, c’è il Teatro (potrebbero ampliarlo per coin- volgere maggiormente la cittadinanza), ci sono molti negozi ed è ben servita dai trasporti pubblici, anche fino a tarda sera.

M

Miicchheellaa,, 66 aannnnii,, bbaalllleerriinnaa

A me piace andare al parco a giocare con i miei amici!

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T

agliata a cubetti per l’aperitivo è immancabile, a fette come farcitura di un panino fa venire l’acquolina in bocca, ma anche frullata fino a ren- derla una morbida mousse non è affatto male. Per non parlare di quan- do diventa capitano della squadra degli ingredienti che compongono il ripieno del tortellino. A rendere unico e inconfondibile il suo gusto è infatti una giusta dose di mortadella, vera eccel- lenza gastronomica del territorio di Bologna, in particolare di Zola Predosa. Sua Maestà la Mortadella regna sulle tavole dei bolognesi e non solo, proposta in innumerevoli varianti.

Conosciuta in tutto il mondo come “La Bologna”, denominazione che la eleva a fiera ambasciatrice del territorio, la mortadella nasce come prodotto di lusso, riservato alle classi più abbienti e con un posto d’onore nell’iconogra- fia classica rinascimentale, a fianco di

ceramiche e cristalli, fiori, posate d’ar- gento, tabacchiere, vini, liquori e altri simboli di potere e opulenza. È solo durante il XIX secolo, infatti, che le innovazioni tecnologiche introdotte nel processo di lavorazione e confeziona- mento permettono la produzione e la distribuzione su vasta scala di questo esclusivo prodotto, contribuendo a divulgarne il saporito valore anche al di fuori delle classi nobili e soprattutto diffondendone la fama in tutto il mondo.

A Zola Predosa hanno sede Alcisa e Felsineo, le due maggiori aziende pro- duttrici a livello internazionale, renden- do così il Comune, a pieno titolo, la

“Capitale mondiale della mortadella”, che sarà celebrata con un imperdibile evento enogastronomico denominato

“Mortadella, Please” i prossimi 6 e 7 ottobre. Un festival per approfondire le caratteristiche del prodotto e

ripercorrerne la storia, promosso e organizzato nell’ambito del progetto di marketing “Idea Zola”, voluto dall’Amministrazione Comunale e dedicato alla promozione e allo svilup- po del territorio attraverso il coinvolgi- mento di tutte le forze attive del Comune di Zola.

Promotori, insieme all’Amministrazione comunale, Alcisa e Felsineo, mentre la parte organizzativa è riservata a Pro Loco di Zola Predosa, come espressio- ne del volontariato zolese, Associazione ENOGA’, specializzata in eventi a carattere enogastronomico e agenzia SdB stiledibologna che si occuperà della comunicazione e della promozione.

Come giusto tributo alla regina dei salumi, il Comune di Zola Predosa darà vita a una due giorni di grande festa per esaltare il vero patrimonio conservato, a temperatura frigo, nei bianchi caveaux delle nostre cucine.

“Mortadella, Please” rilancia il piacere della buona tavola e promuove la gioia e il sapore della tradizione emi- liana prendendo i suoi ospiti per la gola.

Oltre all’esibizione ai fornelli di noti chef internazionali, sono previste diver- tenti competizioni per gourmet e sem- plici appassionati: cuochi professionisti e improvvisati si sfideranno tra loro nelle apposite sezioni di un calendario ricco di appuntamenti originali e divertenti.

Il Festival intende anche celebrare la cultura del vino, con degustazioni gui- date dei migliori prodotti delle cantine del territorio, coinvolte già da molti anni con successo in altre manifesta- zioni che mirano alla valorizzazione del territorio come Jazz&Wine.

Anche per i maniaci della linea,

“Mortadella, Please” propone una ten- tazione senza precedenti, a cui sarà davvero difficile resistere e che sicura- mente si concluderà con uno strappo alla regola. Forse qualche caloria in più, ma ne vale la pena: buonumore e allegria ne guadagneranno di certo.

MORTADELLA, PLEASE

Nel mese di ottobre a Zola Predosa si terrà il primo Festival internazionale dedicato all’amato

salume, promosso dall’Amministrazione comunale insieme ad Alcisa e Felsineo

di Giulia Rossi

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IL ROTONDORINCO

Una nuova temibile specie di automobilisti è arrivata sulle strade della provincia

di Antonio D’Alessandro

Non è una nuova specie animale nel senso biologico del termine (specie:

categoria di esseri forniti di certi carat- teri che li rendono simili tra loro e li distinguono da altri diversamente defi- niti e raggruppati; con sign. specifico, in biologia, raggruppamento di indivi- dui che possono liberamente incrociar- si e generare figli fecondi), però non trovo una migliore definizione per quella categoria di individui che assu- mono quello strano e inequivocabile comportamento sociale, in gergo defi- nito “rinco”, di fronte alle nuove crea- ture delle strade della nostra provincia:

le rotonde.

Ecco dunque che sul nostro curioso Pianeta si affaccia questa nuova specie umana che mi azzardo a definire

“Homo Sapiens Sapiens Rotondus Rincus”.

È bene precisare subito che questa nuova specie si è evoluta (o per meglio dire involuta) a causa della crescita smisurata e senza controllo di un’altra pericolosa creatura, la rotonda, ed è senz’altro vero che senza le rotonde non avremmo i rotondorinchi.

La rotonda è una creatura aggressiva

con una peculiarità assai rara: riesce a replicarsi a distanza senza accoppia- mento, anche molto velocemente, senza un criterio logico né razionale, divorando semafori e attraversamenti pedonali.

Il rotondorinco si è evoluto proprio grazie alla presenza di questa creatu- ra, che ormai si è impadronita di tutti gli incroci della provincia. Oserei quasi definirlo un rapporto simbiotico.

Ma quali sono le caratteristiche di un rotondorinco?

In realtà riconoscerlo è piuttosto facile.

Fermatevi per un istante nei pressi di una rotonda – preferibilmente una di quelle grandi e ben sviluppate – e met- tetevi ad osservare le automobili: se ne vedete una che, anche con la rotonda deserta, si ferma subito prima d’imboccarla, vuol dire che siete in presenza di un rotondorinco.

Un’altra consuetudine piuttosto diffusa nella specie, è quella di fermarsi per dare la precedenza a destra proprio mentre si sta percorrendo la famigera- ta rotatoria.

In generale tuttavia, i rotondorinchi tendono a fermarsi alla rotonda come

se fossero ad uno stop, cosa che è ben diversa dal dare la precedenza. E, beninteso, sappiamo tutti che la prece- denza ce l’ha proprio chi sta percor- rendo la rotonda, non è vero? Se la risposta dovesse essere negativa, è molto probabile che anche fra di voi si nasconda un rotondorinco.

In realtà, tipicamente il rotondorinco ha paura della rotonda. Quando si trova ad attraversarla va letteralmente in panico: frena, spegne il telefono, abbassa la radio, si concentra, guarda a destra e a sinistra svariate volte, poi rimane fermo. E quando finalmente, tutto sudato e con le mani tremanti, si decide ad ingranare la prima, si infila nella rotonda sgommando (o più che altro provandoci) per darsi un tono. Il più delle volte, prima di riuscire ad uscire dalla rotonda deve compiere il giro più volte, perché perde l’orienta- mento ed entra in una sorta di trance agonistica.

Una volta trovata l’uscita, la pressione sanguigna del rotondorinco ritorna nella norma, la radio ricomincia a suonare, e l’eventuale conversazione all’interno dell’abitacolo può riprende-

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re almeno fino alla rotonda successi- va. Qualora vi trovaste a fornire indi- cazioni stradali ad un rotondorinco, fate molta attenzione a dirgli cose del tipo: “Alla prima rotonda vada dritto, poi giri alla seconda a sinistra”. La maggioranza dei rotondorinchi infatti, di fronte al concetto di “andare dritto ad una rotonda” rischia seriamente l’infarto, e una volta raggiunta la rotonda, inesorabilmente imboccherà la prima uscita a destra.

Giunti a questo punto, ci sarebbe da chiedersi come mai le rotonde susciti- no questa “attrazione fatale” in tutte le amministrazioni comunali e provinciali del Centro e Nord Italia.

Dove sta scritto che le rotonde miglio- rano la viabilità?

Sento spesso dire che, rispetto al semaforo, con la rotonda c’è il rispar- mio energetico.

Ma questa affermazione stride, se si

considera che le rotonde devono esse- re dotate di un buon impianto d’illumi- nazione, quindi semmai è vero il con- trario…

Sul miglioramento della viabilità inve- ce, bisognerebbe in primo luogo con- siderare l’ubicazione della rotonda. I grandi svincoli stradali ad esempio, necessitano sicuramente di rotatorie belle larghe, diciamo di almeno tre corsie. Ma il problema non sta certo lì.

Il problema sono le piccole rotatorie costruite forzatamente nelle strade secondarie, o ad incroci dove prima non c’era nemmeno un semaforo.

Posti dove le onnipresenti rotonde sono palesemente inutili, quando non dannose e causa di incidenti.

A puro titolo esemplificativo, prendia- mo la rotonda di Bazzano, quella costruita sulla provinciale a ridosso del passaggio a livello della linea Suburbana. In questo caso, coloro che

provengono da Bologna hanno la pos- sibilità di proseguire verso Vignola o verso Spilamberto senza eccessive dif- ficoltà. Coloro che invece arrivano da Spilamberto e vanno verso Bologna, si ritrovano a dover attraversare il pas- saggio a livello e quindi a fermarsi – questa volta per forza – nei pressi della rotonda. Lo spazio è infatti troppo ristretto per consentire un flusso di traf- fico scorrevole e quindi una buona viabilità, e non di rado può capitare di rimanere in coda sui binari in attesa del momento buono per passare.

E proprio per evitare che qualcuno dei rotondorinchi in circolazione rimanes- se intrappolato sui binari mentre le sbarre si abbassano, è stato recente- mente installato un bel semaforo.

Lascio a voi le considerazioni sulla lun- gimiranza degli addetti ai lavori.

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egli ultimi anni sono saliti dram- maticamente alla ribalta i pro- blemi relativi al clima e al surriscal- damento dell’atmosfera con effetti e conseguenze che non sono più solo sulla carta, ma che sono ben visibi- li agli occhi di tutti; parallelamente, in molti campi, si stanno sviluppan- do nuove tecnologie prendendo in considerazione vecchi e nuovi mate- riali per rendere meno impattiva la presenza dell’uomo sul pianeta.

Contrariamente a quello che si è portati a pensare anche il solo “abi- tare” è un fattore di forte inquina- mento: basti pensare che le polveri sottili rilasciate in atmosfera dal riscaldamento domestico incidono per quasi il 40% sul totale emesso…

Non solo targhe alterne quindi! Poi c’è il consumo di energia primaria: il gas, la corrente elettrica e, di fon- damentale importanza, l’acqua.

In questo paragrafo periodico pro- veremo a fare un po’ di chiarezza su quello che si può concretamente fare per contribuire al miglioramen- to della situazione, analizzando le possibilità che ci sono per rispar- miare energia e le agevolazioni che l’ultima finanziaria ci mette a dispo- sizione per farlo.

In un parco case come quello di una grande città, dove il 70% delle compra- vendite riguarda

immobili già esistenti, diventa di fondamentale importanza sapere

“quanto consuma” la nostra casa e quali possibilità ci sono per render- la meno inquinante, per il bene del pianeta ma anche del nostro porta- foglio, perché inquinare meno signi- fica anche sprecare meno energia.

Riguardo le nuove abitazioni e le grosse ristrutturazioni esistono pre- cise normative di riferimento a cui noi progettisti ci dobbiamo attenere in termini di consumi energetici: la vecchia “legge 10” è stata sostituita dal decreto legge 192 del 2005 (che applica una direttiva europea, la 2002/91/CE) e dal decreto legislati- vo 311 del 2006, già in vigore.

Queste leggi introducono per la prima volta un concetto molto importante, quello di classificazione energetica dell’immobile: le nostre case dovranno essere catalogate a seconda delle esigenze energetiche, degli effettivi consumi e delle con- seguenti emissioni in atmosfera:

così come accade per gli elettrodo- mestici, anche le nostre abitazioni saranno in CLASSE A, B, C, D ecc.

Una cosa che potrebbe apparire un po’ inutile, ma che risulta uno stru- mento fondamentale per avere sotto controllo una delle maggiori fonti inquinanti delle nostre città;

talmente importante che ben pre- sto, a partire dal febbraio 2009, ogni compravendita immobiliare

dovrà essere accompagnata da un certificato di classificazione energe- tica dell’immobile stesso.

Attraverso il certificato di classifica- zione energetica saremo inoltre in grado di sapere quanta energia consumiamo per il riscaldamento, per l’acqua calda sanitaria, quanti e quali agenti inquinanti liberiamo in atmosfera, avremo in sostanza un quadro completo delle caratteristi- che principali della nostra casa e, in base a questo, saremo in grado di capire come e dove intervenire per rendere la nostra abitazione più ecologica…e dare un piccolo contri- buto a favore delle nostre bollette sempre più care!

Prossimamente su queste pagine, proveremo a vedere come migliora il comportamento energetico di un appartamento tipo sostituendo i vecchi infissi con nuovi a bassa emissione e cercheremo di capire quali sono le agevolazioni fiscali che la finanziaria ci offre per farlo.

Servizio realizzato da Studio IGloo.

Tel.051 231495 Fax.051 3370291 e-mail: [email protected]

Nel prossimo numero parleremo di affitti.

Se avete domande da farci su questo argomento, scrivete un email a:

[email protected] oppure telefonate allo 051262666

Se invece volete venirci a trovare, i nostri uffici sono in via del Pratello 13 a Bologna.

R

RIIS SP PA AR RM MIIO O E EN NE ER RG GE ETTIIC CO O E E B BIIO OA AR RC CH HIITTE ETTTTU UR RA A

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Secondo Cofferati infatti, questa sarebbe solo una sorta di “auto-giusti- ficazione” della sinistra per scagionare le proprie carenze dei confronti dei più bisognosi, che non ricevono un aiuto concreto ma vengono semplicemente

“lasciati fare”, anche nel mancato rispetto della legalità. Anche a chi – come Bertinotti – sostiene che sia sba- gliato partire sempre dai più deboli, il Sindaco ha risposto in toni decisi, sostenendo che il fatto che ci siano problemi più importanti non deve essere un pretesto per non risolverne nessuno.

E su questo, in linea generale, non ci piove. Rimane però il fatto che questo problema andrebbe considerato in tutte le sue sfaccettature, senza rischia- re di fare di tutta l’erba un fascio.

Perché così come c’è il lavavetri aggressivo, e insieme a lui coloro che si fanno scudo di un’attività apparente- mente innocua per accostarsi alla microcriminalità, c’è anche chi si accolla questa occupazione non certo invidiabile solo per sopravvivere, per- ché la nostra società non è stata in grado di offrirgli niente di meglio.

Sapranno le varie e per certi versi moti- vate ordinanze rispondere anche a questo innegabile dato di fatto?

fenomeno rientrò sotto la soglia di allarme, ma oggi si parla addirittura di arresto. E mentre il Ministro dell’Interno Giuliano Amato reclama norme nazionali, non possiamo dimenticarci che il fenomeno è diverso da città a città e che, di conseguenza, lo stesso dovrebbe valere per le solu- zioni. Solo per citare un dato significa- tivo, mentre a Bologna i lavavetri sono perlopiù donne e bambini, a Firenze si tratta invece sostanzialmente di uomini adulti.

E proprio a Firenze c’è chi – come è già accaduto al nostro Sindaco – è stato insignito del titolo di “sceriffo”: si tratta di Graziano Cioni, Assessore risoluto e sempre in prima linea, non- ché padre dell’ordinanza fiorentina che vieta l’attività di lavavetri ai girova- ghi. Ordinanza che è stata così com- mentata dal Sindaco di Firenze Leonardo Dominici, su Toscana Radio News: “Questo atto è la risposta con- creta a una situazione pesante che si è creata nelle strade della nostra città, una risposta alle segnalazioni e denunce arrivate dai cittadini e anche un modo per intervenire in modo deci- so per prevenire fenomeni criminali”.

L’operato di Cioni è stato apertamente elogiato da Sergio Cofferati, che non ha risparmiato un duro attacco a chi auspica una “tolleranza della micro- illegalità per chi è già svantaggiato”.

L

a sicurezza: il primo diritto che – garantito dal rispetto della legalità – Sergio Cofferati è determinato ad assi- curare alla cittadinanza bolognese fin dall’inizio del suo mandato di Sindaco.

Il soprannome “sceriffo” gli è valso anche per le tante battaglie per la legalità portate avanti in questi primi tre anni di mandato. Fra quelle che hanno colpito nel segno, ricordiamo ad esempio quella che – in accordo col Ministero delle Finanze – ha porta- to allo smascheramento di molti pro- prietari di ville accatastate come fienili e di oltre duecento affitti in nero, col conseguente introito per le casse degli erari di 4 milioni di euro in più.

Non possiamo tuttavia dimenticarci di altre campagne che hanno finito per sortire effetti-boomerang, a causa di una generale tendenza al proibizioni- smo che – come spesso accade – tende a curare il sintomo ma non il male, e ad ottenere risposte esatta- mente contrarie a quelle sperate. Una su tutte, la normativa anti-alcool sulla quale ci siamo già soffermati nel numero di Giugno 2007 de La Suburbana.

Una battaglia che di recente è tornata agli onori (ed oneri) della cronaca, è invece quella portata avanti dal Sindaco contro i lavavetri “aggressivi”.

Già due anni fa venne attuata la stra- tegia delle multe, grazie alla quale il

CIONI E COFFERATI SUI LAVAVETRI: TRA SCERIFFI CI SI INTENDE!

Elogiata dal Sindaco Cofferati la linea dura dell’Assessore fiorentino riguardo ai lavavetri.

E intanto al Ministero si parla di norme nazionali.

di Francesco Gualdaroni

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OPERAZIONE BAR: ALLA SCOPERTA DEI MAGNIFICI 5 Dove bere bene spendendo il giusto a Bologna

di Alessandra Simoni

P

rima di tutto una doverosa precisa- zione: l’Operazione Bar non è stata sponsorizzata.

In soldoni: i bar di cui poco sotto dire- mo un gran bene non hanno sborsato un centesimo per essere qui. Inoltre: i gestori non sono nostri parenti. Chi scrive non ha cugini baristi. Il marito di mia sorella nemmeno. Quella grazio- sa ragazza che ci ha servito i cocktail la sera scorsa non è la fidanzata del caporedattore. Quell’altra che tutta sorridente ci ha portato le birre non è mai stata a letto col nostro direttore. A dire il vero, questi bravi baristi non sanno nemmeno di essere qui. E quan- do lo impareranno, chissà se ne saran- no contenti.

Per farla breve: le belle parole che abbiamo il piacere di spendere su di loro, sono solo frutto del loro lavoro, del palese amore per le cose buone e ben fatte, dell’onestà bar-intellettuale.

Merce sempre più rara, perlomeno a Bologna e dintorni. Dove per bere un long-drink prodotto con alcolici da discount si sparano cifre da capogiro.

Dove un calice di rosso dozzinale costa quello che una volta spendevi per una cena completa. Dove se solo azzardi ad accompagnare il tuo cocktail con le patatine dell’anteguer- ra che trovi al bancone, rischi di con- cludere la serata al reparto di

gastroenterologia del Sant’Orsola. Ma non qui. Nei “Magnifici 5” bar bolo- gnesi che abbiamo selezionato per voi, si beve bene, i cocktail sono fatti come Dio comanda, e le bevande sono tutte di ottima qualità. Alcuni di loro eccellono nella preparazione di vere e proprie prelibatezze per accom- pagnare l’aperitivo, ma dappertutto è possibile stuzzicare qualcosa di ben più che commestibile. Il tutto – udite udite – a prezzi onesti. Incredibile eh?

Inoltre, come avrete modo di notare siamo andati un po’ fuori rotta rispetto ai consueti percorsi del trendy, del modaiolo, del bar “centraiolo” per eccellenza. Chissà perché.

Con questo non vogliamo dire che non esista nessun altro bar a Bologna che meriterebbe di essere menzionato.

Fra quelli che non compaiono, ce ne sono alcuni che nel redigere la selezio- ne ci hanno dato del filo da torcere e che abbiamo dovuto escludere solo a causa dello spazio tiranno.

Sicuramente ce ne saranno altri che non abbiamo avuto modo di visitare.

Ma ci auguriamo che almeno apprez- zerete lo sforzo, non fosse altro che per tutte le sbornie che abbiamo rischiato nella nostra ricerca.

Grazie per la vostra attenzione, e ai nostri Magnifici 5 l’augurio di poter continuare così, se non meglio.

PPUUNNTTOO LLOOUUNNGGEE BBAARR::

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QUUEESSTTOO SSÌÌ CCHHEE ÈÈ BBEERREE!!

PPuunnttoo LLoouunnggee BBaarr

VViiaa SS.. RRooccccoo nn°° 11//gg -- BBoollooggnnaa

Una sera, seduta in un bar del centro che qui non menzionerò, mi è capitato di sentire un signore dal marcato accento londinese esclamare con aria disillusa: “In questa città non si può proprio bere!”.

A stento mi sono trattenuta dal segna- largli l’ottimo Punto Lounge Bar, forse perché temevo che mi chiedesse allora io che diamine ci facevo lì. Domanda a cui, peraltro, tuttora non saprei tro- vare risposta.

Di quel mancato consiglio voglio rifar- mi ora: cari amici lettori, se bere bene è ciò che vi preme di più, andate al Punto Lounge Bar.

Ebbene sì: in una laterale della caoti- ca via del Pratello, in questo bar gra- zioso ma senza troppe pretese fashion, con un dehor spartano ma funzionale, prima di tutto si beve bene.

Dal Mohjto al Bloody Mary, dal Cuba Libre al Gin Tonic, non avrete che l’im- barazzo della scelta. Qui tutti i cocktail sono fatti con cura e gli alcolici utiliz- zati nelle preparazioni sono di primissi- ma qualità. Anche i più schizzinosi fra voi non avranno nulla da temere: se

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desiderate che il vostro Cuba Libre sia fatto con un determinato tipo di rum, o se bevete il gin tonic solo a patto che ci sia quella marca di gin, non avrete che da chiedere, perché qui la scelta è davvero ampia e i baristi sono disponi- bili ad assecondare per quanto possi- bile i vostri capricci. Manco a dirlo, la selezione di vini è notevole, ma anche chi ama la birra può andare a colpo sicuro: dall’ottima weiss bianca servita nel bicchierone, passando per la buona italiana Menabrea e conclu- dendo con qualche valida etichetta di rossa, ce n’è davvero per tutti i gusti.

I prezzi? 5 Euro e mezzo sembra esse- re il limite massimo. Naturalmente stiamo parlando dei cocktail, perché per la pinta di birra (la vera pinta, quella da mezzo litro!) ve ne basteran- no 5 e per un buon bicchiere di vino dai quattro ai cinque. No, giuro che non sono ubriaca!

Non mancano nemmeno le sfiziose stuzzicherie per accompagnare i vostri drink: salatini ripieni, crescenta calda, frittatine, insalate di riso, verdure alla griglia e paste fredde.

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MOODDOO IINNFFOO SSHHOOPP:: BBUUOONN GGUUSSTTOO EE CCUULLTTUURRAA AA PPRREEZZZZII PPOOPPOOLLAARRII M

Mooddoo IInnffoo SShhoopp

VViiaa MMaassccaarreellllaa nn°° 2266//aa -- BBoollooggnnaa Se vi trovate a passare nei pressi della zona universitaria, procedete lungo Largo Respighi, girate a destra e poi infilatevi in via Mascarella. Non ferma- tevi subito però. Slalomate un po’ fra la abbronzata gioventù vestita all’ulti- ma moda con due cellulari per orec- chio, e cercate di guadagnare la parte un po’ più tranquilla della via. Ne varrà la pena, perché al numero 26, sulla sinistra venendo dal centro, tro- verete il piccolo e gustoso mondo di Modo Info Shop, bar con libreria annessa.

Con il suo bancone alto e massiccio e le pale al soffitto che ronzano placide nelle serate estive, questo potrebbe essere un bar di altri tempi o di altri luoghi. Entrando vi si respira un’aria di placida e genuina intimità, con un tocco di estro che immediatamente ci trasporta lontano dagli standard mas- sificati dei locali di oggi, che fra birre- rie, wine bar o caffetterie alla fin fine si assomigliano tutti.

Che Modo Info Shop è un mondo un po’ a parte lo si capisce subito. Segni particolari sono i cocktail impeccabili da sorseggiare ai tavoli di legno mas- siccio o – stagione permettendo – nel- l’attrezzato dehor, alcune buone eti- chette di alcolici non commerciali, e certe bevande che faranno la gioia dei sostenitori del biologico e del mercato equo e solidale, come la buonissima birra biologica Eko e il fresco

“Guaranito” che sostituisce la Coca- Cola nel Cuba Libre.

Anche la selezione di vini è piuttosto valida e se si ha voglia di stuzzicare qualcosa, è possibile scegliere dalla lavagna gli appetitosi taglieri di salumi e formaggi o le bruschette del giorno.

I prezzi – più che onesti, addirittura popolari – meritano di essere sottoli- neati: 4 Euro e 50 per i cocktail, dai 2 ai 3 Euro per un buon bicchiere di

vino, sui 3 Euro per la birra alla spina.

E dopo avere bevuto bene con buona pace del portafoglio, vale la pena di fare un salto anche nella libreria atti- gua, ricca di pubblicazioni perlopiù introvabili nelle altre librerie e con un piccolo ma sfizioso reparto home- video.

Tutto per dire che Modo Info Shop offre sosta fuori dagli standard con- venzionali assolutamente da non perdere.

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GIIAARRAA CCAAFFÈÈ,, DDAALLLLAA PPUUGGLLIIAA CCOONN FFUURROORREE

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Giiaarraa CCaaffèè

VViiaa AAnnddrreeaa CCoossttaa nn°° 111188 -- BBoollooggnnaa C’era una volta, e fortunatamente c’è ancora, un bar piccino piccino che si chiama Giara Cafè.

Sulla trafficata e caotica via Andrea Costa, questo minuscolo bar è come la botte piccola che, come si suol dire, fa il vino buono. E proprio in tema di buon vino sono maestri i gestori del Giara, un campano e una pugliese approdati a Bologna per offrirci tutta la simpatia e il sapore delle loro terre.

Con la bella insegna scolpita nel legno e la vetrina che dà sulla strada, questo locale vi accoglierà all’interno di un piccolo mondo fatto di cose buone, dove tutto – dagli arredi alle bevande – è stato scelto con cura e s’intuisce il desiderio di offrire il meglio. La bella promessa del prontuario di vinoterapia appeso al muro (un vino per curare ogni malessere fisico e mentale) viene segue dalla pagina 15

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prontamente mantenuta dal gestore, sempre pronto ad illustrarvi l’ampia scelta di ottime etichette nazionali e regionali.

Ma fra un bicchiere e l’altro, la consa- crazione del Giara Cafè fra i Magnifici 5 bar bolognesi noialtri l’abbiamo celebrata durante l’aperitivo, quando sul bancone di legno è tutto un trionfo di squisiti stuzzichini – perlopiù dai sapori intensi di Puglia – rigorosamen- te fatti in casa e cucinati giorno per

giorno dalla proprietaria. Salse alle verdure e ai formaggi, polpettine di riso, crostini, verdure sott’olio e altre prelibatezze vi delizieranno accompa- gnando degnamente il vostro calice di vino o l’altrettanto buona birra alla spina.

Ma il Giara Cafè non è soltanto aperi- tivi. Anche durante la pausa pranzo, merita una sosta per gustare una buona insalatona, preparata sul momento con ingredienti freschissimi, oppure un panino, naturalmente con pane originale pugliese e i buoni salu- mi e formaggi di quella regione.

E per finire in bellezza concedetevi un ottimo caffè, a scelta fra il classico espresso e il delizioso caffè estivo idea- to per voi dal Giara Cafè, con crema di latte, cacao e granella di nocciole.

I prezzi? Dai 3 ai 5 Euro per un bic- chiere di vino, sui 3 Euro e 50 per la birra media e intorno ai 12 Euro per un ottimo lunch, bicchiere di vino incluso.

Che altro aggiungere?

EENNGGLLIISSHH EEMMPPIIRREE,, IILL PPUUBB EE OOLLTTRREE!!

EEnngglliisshh EEmmppiirree

VViiaa ZZaammbboonnii nn°° 2244//aa -- BBoollooggnnaa Siamo in Via Zamboni, nel cuore della zona universitaria, fra studenti vocianti in mezzo a cui non di rado si coglie qualche accento straniero. E incredi- bilmente si può anche bere bene.

L’English Empire, affollato e accoglien- te come ogni pub inglese che si rispet- ti, riserva molte piacevoli sorprese, soprattutto nell’orario dell’aperitivo.

Intorno alle sette di sera infatti, i bei banconi in legno si riempiono di piat- toni ricolmi di vere e proprie preliba- tezze, in prevalenza verdure fresche cucinate nei più svariati modi, cous cous, insalate di riso e di pasta, tartine e frutta fresca. Più che un aperitivo insomma, una vera e propria cena, da accompagnare con una delle ottime birre alla spina o con i cocktail davve- ro impeccabili. Fra questi, spiccano per eccellenza proprio quelli che di solito è più difficile trovare fatti come si deve: Mohjto, Cahipiroska e Cahipirina. Ma anche i più semplici Cuba Libre e Gin Tonic promettono comunque un’ottima bevuta. Per con- cludere in bellezza, poche ma buone etichette di vino.

E anche sui prezzi nulla da eccepire: la pinta di birra vale 4 Euro e 50, il bic- chiere di vino si aggira intorno ai 4 Euro e i cocktail 6 Euro. E consideran- do che uscirete talmente satolli da dover saltare la cena…

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come il “Giro dei prosciutti d’Italia”, il “Tagliere Bolognese” e molti altri ancora.

Il tutto accompa- gnato da sfiziose composte artigia- nali, gustose ver- dure sott’olio e naturalmente dal- l ’ i m m a n c a b i l e

“crescenta bolo- gnese” nella cui preparazione la G a s t r o n o m i a Tamburini è da sempre maestra.

Da ultimo, ma non certo in ordi- ne d’importanza, c’è da dire che i prezzi sono onesti, soprattutto se si considera che siamo nel cuore del centro storico di Bologna, seduti ai tavoli di un locale il cui nome ha fatto la storia

gastronomica della città: i taglieri, abbondanti per qualità e per quantità, costano dai 10 ai 12 Euro, mentre per le bottiglie molto dipende dal prestigio

dell’etichetta, ma in linea generale i ricarichi sono assolutamente ragione- voli.

VVIINNEERRIIAA PPRROOSSCCIIUUTTTTEERRIIAA TTAAMMBBUURRIINNII::

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VViiaa CCaapprraarriiee nn°° 11 -- BBoollooggnnaa

Non è un cocktail né tantomeno un american bar, ma la vineria Tamburini proprio non potevamo farcela (né far- vela) mancare. Noi la chiameremmo volentieri “osteria”, di quelle che ricor- dano i bei tempi andati ma con un tocco di modernità, e la consacrazione del nome Tamburini che a Bologna è come dire le Due Torri, il Nettuno, i tortellini.

In questo piccolo angolo di tradizione e di buon gusto, seduti sugli sgabelli di via Caprarie davanti alle grandi botti che fungono da tavolini, oppure all’in- terno di un locale dal sapore rustico e conviviale, potrete compiere un vero e proprio itinerario del gusto fra salumi, formaggi e naturalmente vini tipici della nostra regione e di tutta Italia.

E mentre la cantina offre una scelta di etichette davvero notevole, che va dai migliori vini dei nostri Colli Bolognesi alle più prestigiose bottiglie di Barolo, potrete lasciarvi tentare dagli appetito- si taglieri di salumi e formaggi regio- nali e nazionali, scegliendoli da una carta ben strutturata che propone combinazioni perfettamente azzeccate,

segue dalla pagina 17

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nel sociale.

Non manca- no variazioni nella trama rispetto al film. Il cambiamen- to più incisivo lo si riscontra nel personaggio della sorella della protagoni- sta, che qui diventa la volonta- ria di una ONG morta in circo- stanze misteriose in una zona di guerra nell’Africa subsahariana, men- tre nel film era un’aspirante attrice morta suicida. Saranno i ricordi della sorella ad aiutare la detective a risol- vere i casi che le si presenteranno. Ci saranno anche esibizioni dal vivo di Giorgia Cantini nel locale di Johnny

Riva, ex pornoattore: esibizioni che fungono da riassunto per i temi trattati in ogni puntata, che mettono in risalto l’animo rockettaro della protagonista e le qualità canore dell’attrice.

Come ha ricordato Salvatores in una recente intervista, Jean-Luc Godard – grande teorico di cinema e regista nonché padre della

“nouvelle vague” insie- me a François Truffaut – diceva che la tv fa parte del cinema.

Aspettiamo la messa in onda della mini-serie, prevista per la prossima pri- mavera, per vedere se è vero anche il contrario.

“QUO VADIS, BABY?” DAL CINEMA ALLA TV

Sono iniziate a Bologna le riprese della mini-serie per la regia di Guido Chiesa

di Francesco Gualdaroni

S

ky Cinema debutta nella produzio- ne della fiction tv tutta italiana, con la trasposizione per la tv di due film di successo, a loro volta tratti da opere letterarie: si tratta di “Romanzo Criminale”, uscito al cinema nel 2005 per la regia di Michele Placido, e di

“Quo vadis, baby?”, dello stesso anno per la regia di Gabriele Salvatores.

Placido, esperto di fiction – vi ricorda- te quando interpretava il Commissario Cattani ne “La Piovra”? – farà da con- sulente artistico per la serie – prodotta in collaborazione con la Cattleya – con le sue dodici puntate ispirate alle vicende della banda della Magliana, le cui riprese inizieranno verosimilmen- te entro la fine dell’anno e la messa in onda è prevista per l’autunno 2008.

Aspettiamo…

“Quo vadis, baby?” invece – co-prodotto da Salvatores per la Colorado Film – sarà portato in tv con una mini- serie di 6 puntate da 90 minuti l’una, e il primo ciak è stato dato a Bologna alla fine di agosto.

Gabriele Salvatores – già Premio Oscar 1992 con

“Mediterraneo” per il migliore film straniero – passa quindi dalla regia alla direzione artistica del- l’operazione, mentre la macchina da presa è stata affidata a Guido Chiesa, che già nel 2004 ha portato sul grande schermo la città di Bologna con “Lavorare con lentezza”. Quella era la Bologna del ’77, della contestazione, degli scontri di piaz- za e di Radio Alice, ma in questo caso si

tratta di una Bologna diversa, una Bologna in versione noir le cui vicende girano intorno alle peripezie della detective privata Giorgia Cantini, personaggio uscito fuori dalla penna di Grazia Verasani e interpretato, sia nel film che nella mini-serie, dalla can- tante e attrice Angela Baraldi.

Guido Chiesa, che con “Il partigiano Johnny” (2000) ha partecipato al Festival del Cinema di Venezia e vinto il premio della giuria al Festival di

Stoccarda, narra

le vicende di Giorgia Cantini in manie- ra meno cupa rispetto al film, che era stato quasi interamente girato di notte.

La protagonista di Chiesa rimane inquieta, ma diventa meno intimista, più estroversa e maggiormente calata

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20

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ALICE: LA RADIO DELLE MERAVIGLIE

di Francesco Gualdaroni

I

nn uunn mmaarrzzoo ddii ppoollvveerree ddii ffuuooccoo recita- va una canzone degli Stadio negli anni ’80.

La frase potrebbe riferirsi a qualsiasi altro marzo, qualsiasi altra polvere e qualsiasi altro fuoco, ma mi piace pensare che sia legata agli avvenimen- ti del marzo bolognese del 1977.

Anche considerando il fatto che il gruppo è nato a Bologna (inizialmente si chiamavano “Le cinque lire”) e che Gaetano Curreri – il cantante – in que- gli anni suonava il pianoforte dal vivo negli studi di Punto Radio, la stessa radio in cui lavorava anche un certo signor Vasco Rossi all’inizio della sua carriera. Ma questa è un’altra storia.

Procediamo con ordine.

Correva l’anno 1924 quando nacque in Italia l’URI (Unione radiofonica ita- liana), antenata dell’EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche, 1928) prima e della RAI (Radio audizioni Italia, 1944) poi.

Nel mese di ottobre del ’24 iniziarono le trasmissioni e il monopolio sull’etere da parte dell’URI. Bisognerà aspettare 50 anni, fino al 4 dicembre 1974, per una dichiarazione della Corte Costituzionale sull’illegittimità del monopolio da parte della RAI.

Eppure già da 10 giorni stava succe-

dendo qualcosa senza precedenti: da una roulotte parcheggiata sui colli bolognesi – ascoltata in un raggio di 50 km con un’utenza di 700 mila ascoltatori – trasmetteva la prima radio di contro-informazione. Era Radio Bologna, una radio “libera” dai vincoli e dal linguaggio dell’emittente di Stato, con l’intento di dimostrare che tutti potevano avere voce senza mediazione.

Dopo la dichiarazione del 1974 (seguita nel 1976 da una sentenza della Corte Costituzionale che consen- tiva ai privati l’esercizio di radio e tele- visione via etere non eccedenti l’ambi- to locale) esplode il fenomeno delle radio libere in Italia: di informazione, politiche e commerciali.

Bologna, 1975. Legata ad “A/traver- so” – rivista nata nello stesso anno e concentrata sui linguaggi in quanto veicoli profondi del senso – nasce Radio Alice.

Dopo le prime trasmissioni sperimen- tali, la radio inizia la sua programma- zione ufficiale il 26 gennaio del 1976 dalla sede in via del Pratello 41.

Inizialmente non si tratta di contro- informazione, ma di uno spazio a disposizione della comunità, con il motto di “dare voce a chi non ha voce”.

Fallito qualsiasi tentativo di vendita di spazi pubblicitari, la radio viene affida- ta all’autofinanziamento ed è sempre in onda 24 ore su 24, nonostante gli immancabili problemi tecnici e i tenta- tivi non riusciti da parte dei fondatori di istituire un palinsesto regolare.

Flusso continuo di idee, avvicenda- mento ai microfoni dei fondatori e di speaker occasionali, telefonate degli ascoltatori mandate in onda in diretta e rigorosamente senza censura, sono i punti fermi dell’emittente.

Ed è proprio questa non-censura ad essere subito attaccata dalla stampa:

in primis Il Resto del Carlino, ma anche L’Unità locale non si risparmia in critiche.

E sarà proprio questa non-censura alla base delle decisioni politiche che por- teranno allo sgombero e alla chiusura della Radio, nel marzo del 1977.

Aprile 1976. Radio Alice organizza una manifestazione in Piazza Maggiore (10 mila partecipanti!) per la scarcerazione – effettivamente avve- nuta poco tempo dopo – di Franco

“Bifo” Berardi, uno dei fondatori della Radio e di “A/traverso”, arrestato nel- l’ambito di un’inchiesta su “Autonomia Operaia Bolognese” per l’omicidio di un brigadiere. La manifestazione –

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seguita dalla Festa del Proletariato Giovanile al Parco Lambro di Milano – rappresenta lo spartiacque che porterà alla totale politica della contro-informazione.

È allora che Radio Alice entra in crisi, a causa dello “scontro” tra la sua fazione più prettamente politica e coloro che invece propugnano lo “spa- zio bianco” da riempire ogni giorno.

Successivamente alcuni dei fondatori partono per l’India e la Radio continua a trasmettere senza schemi per iniziati- va dei singoli, fino al sopraggiungere del Movimento del ’77. Ed eccoci così alla nuova svolta: Radio Alice diventa la radio del movimento di precari e non-garantiti bolognesi, la viva voce di coloro che occupano l’Università e le case sfitte, che applicano la politica dello sberleffo e delle autoriduzioni in cinema, ristoranti e via discorrendo.

11 marzo 1977: gli scontri alla Facoltà di Anatomia portano all’inter- vento delle forze dell’ordine. Dopo il lancio di una molotov, un carabiniere replica sparando ad altezza uomo:

muore Francesco Lorusso, 25enne militante di Forza Continua. Radio Alice ne dà subito notizia e si scatena la guerriglia urbana: è tutto un susse- guirsi di attacchi a negozi, bar, sedi di istituzioni e delle forze dell’ordine. E mentre gli arresti e i feriti piovono a

iosa, a Radio Alice arrivano numerose le telefonate degli ascoltatori, che come da consuetudine vengono tra- smesse in diretta e riferiscono in tempo reale sullo svolgimento degli scontri nei punti nevralgici della città, segna- lando le posizioni delle forze dell’ordi- ne e incitando allo scontro.

Radio Alice viene additata così come istigatrice e regista della guerriglia.

Il 12 marzo la Polizia fa irruzione nella sede della Radio in diretta radiofonica.

Molti dei redattori vengono arrestati (e poi malmenati in carcere) o trovano scampo nella latitanza.

Il giorno successivo la Radio riapre con il nome “Collettivo 12 marzo”, ma anche i redattori “superstiti” sono costretti a scappare, poiché l’interven- to della polizia è tempestivo e si pro- trae anche il giorno dopo, questa volta nella sede di Radio Ricerca Aperta che offre rifugio ai latitanti.

Il resto è storia. Radio Alice riaprì a distanza di un mese da quelle infauste giornate e per circa due anni continuò a trasmettere soprattutto sotto l’egida di Autonomia Operaia, prima di cede- re definitivamente le sue frequenze a Radio Radicale.

Tutti gli imputati per gli eventi dell’11 e 12 marzo furono scarcerati, mentre il caso Lorusso fu definitivamente archiviato.

Radio Alice era una radio libera e il motivo stesso per cui nacque fu anche la causa della sua morte.

CCOORRSSII EE RRIICCOORRSSII SSTTOORRIICCII

La dinamica dell’irruzione in radio in diretta si è ripetuta durante il G8 a Genova nel 2001, negli studi di Radio Gap: la registrazione della diretta è pressoché identica a quella del 12 marzo ’77 di Radio Alice.

Sugli scontri a Bologna nel 1977 sono stati spesi fiumi di parole e girate alcu- ne belle pellicole: fra le più recenti, spiccano “Paz!” di Renato De Maria e i lavori di Guido Chiesa, autore prima di un documentario su Radio Alice dal titolo “Alice è in paradiso” (2002) e poi del film “Lavorare con lentezza”

(2004), in cui le numerose vicende narrate gravitano tutte intorno alla Radio, passando per chi la “fa” e per chi l’ascolta e trattando i fatti in manie- ra molto lucida e realistica, con il sup- porto di una documentazione davvero invidiabile.

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