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(1)

Il mito di Apollo e Dafne e la tradizione esegetica delle moralizzazioni di Ovidio nel

Canzoniere di Petrarca

Valerio Gioimielli

Department

ofItaìiau

Uiiii'ersity ofCalifornia,

Los

Atìgeles

Appena

finitalapreghiera,unpesante torpore leinvade le

membra,

ilpettosifasciadiunafibra sottile,

i capelliSIallunganoin fronde,lebraccia in rami;

1 piedi già cosi velociaderisconoaradiciimmobili,

ilvolto èinvasodaunacima,rimane soltanto lo splendoredi un tempo.

Con

questi versi Oviciio descrive la celebre trasformazione di

Dafne

in alloro.

È

questo il

mito

ispiratore del Canzoniere:

Dafne

inseguitada

Apollo

etramutatainlauro nel

momento

incui questi staper raggiun- gerla.

Come

scrive

Luca Marcozzi "Nel

sistemamitopeicodel canzoniere, c'è

un mito

centrale ealtriche

fungono

dalorovarianti.Il

mito

centrale del canzoniere è quello di

Apollo

e Dafne,... cui

sono

dedicati, nelle sue variabili forme,oltre cinquanta

componimenti."'

Il

mito

di

Apollo

e

Dafne

all'interno del Canzonieresi tinge di un'ambiguità semantica;

come

ha fatto notare

Marga

Cottino-Jones, da

un rendimento

iniziale e quasi

emulato

della tradizione mitologica

dove

il poeta

paragona

la

propria esperienza

amorosa con

quella diApollo, Petrarca si inoltra a trattare siail

mito

cheil

motivo

dellauro nel contestodi

un

coinvolgi-

mento

totale che

comprende

elementi

umani,

naturali esoprannaturali.^

In questa

seconda

fase il

mito

di

Apollo

e

Dafne

tende ascomparire

ed una

ulteriore trasformazione

ha

luogo; da

una

più generale considera- zione del

motivo

del lauro

come emblema

della

donna

trasformata e,

conseguentemente,

della trasfigurazione della realtà in poesia

o

arte,il

poeta

giunge ad una

definita interpretazione moralizzantedelprocesso

CARTE

ITALIANE,VOL.2 {2007) 23

(2)

24

VALERIO GIOVANELLI

di trasformazione per cui il lauro viene a rappresentare i valori della verginitàe della virtù nella

donna.

Inquesto breve saggio desidero ana- lizzare l'influenza della tradizione esegetica delle moralizzazioni della fabula di

Apollo

e Datile all'interno delCanzoniere.

Il Petrarca aveva

mutuato

la

feconda

e vivida

immagine

del lauro

principalmente

da

due

autori classici:Virgilio,

uno

dei suoi scrittori prediletti,

che conosceva

sindalla fanciullezza e delquale

rammentava

i

versidel

secondo

libro delle Geor<^iche:'\..aìKhcl'alloro/parnasioquand'è piccolosicova /sotto la^^randeombramateriìa.."^e

Ovidio

anch'esso

noto

al

poetasin dallagiovinezza.

Abbiamo una

testimonianzadiquestaprecoce

conoscenza

di

Ovidio

da parte del poeta nel terzo libro del StxrctHm

dove Sant'Agostino rimprovera

al Petrarca di avere

dimenticato due

versi

ammonitori

di Ovidio:" Soti di Ovidio: 'Chiunque tu ami, ti sono dannosi i luoj^lii solitari,j^uardati da essi.

Ove

Juj^f^i? Coll'o/^opuoi esserpiù sicuro"';'^ questi replica:"!^ ricordo assai bene: quasi dall'infanzia

mi

erano familiari!"'

Come

hasottolineato ilCalcaterra,'" ilPetrarcaavrebbe potuto dare la stessa risposta riguardo a tutte le opere di Ovidio. Intatti

non

solo

conosceva

i

Remedia

amoris,l'opera da cui erano stati tratti i versi,

ma anche

altri scrittidell'autore classicoqualigliAmores,le Metamorfosi,

VArs

amatoria,i Fasti, le Heroides,i

Medicamina

faciei,i Tristia.

A

questo

punto

desidero aprire

una

parentesi sulla fortuna delle opere di

Ovidio

durante il

medioevo. La

rinascenza classica dei secoli

compresi

fra l'undicesimo

ed

il tredicesimo fu

un'epoca

capace sia di creare

una

proprialetteratura,in latino

ed

involgare,siadiesplorare

con

cognizionedicausaletecniche letterariedell'epica e della storiadell'an- tichità classica.

La

poesia

amorosa

ei

componimenti

moralidegliscrittori satirici erano

molto

richiesti ela letteraturaanticasoddisfacevasiaisensi

che

la coscienza.

Durante

questo processo la letteratura si trasformò e

conseguentemente

Virgilio fuallegorizzato,

Ovidio

fu moralizzato egli scrittorisatirici

furono

tempestati diglosse e di

commenti.

Come

notailGhisalberti,l'interpretazioneprevalentemente

morale che

durante il

medioevo

investi le Metamorfosi di

Ovidio

sorse dalla necessitàimpellente divoler conciliareildissidio

che

separava il

mondo

delle lettere profane da quello della dottrina sacra.^ Il maestro

Arnolfo

introdusse per

primo

nella scuola di Orleans,

uno

dei centri

maggiori

perlostudio dellelettere classiche,verso la

metà

delsecolo dodicesimo, l'interaoperadiOvidio;nelsuo

insegnamento

si

premurò

dipresentare tutta

una

seriediinterpretazioni allegoriche delle favoleantiche calcate sull'esempio delle Narrationesfabularum di Lattanzio Placido.

Queste

(3)

CARTE

ITALIANE,lOL.2(2007) 25

nuove

interpretazioni allegoriche servirono a corredare le tutore edi- zionimanoscritte del

poema.

Ilprogetto di

Arnolfo

diede isuoi fruttie durante i secoli tredicesimo e quattordicesimo la tradizione

che

arrise allesuenarrazioni

non

tu

meno

fortunatadiquellache toccòallenarra- zionidiLattanzio.

Nel

secolo successivo,versoil 1234,ilmaestroinglese

Giovanni

di Garlandia,

animato

dallo stesso spirito conciliativo

che permeò

il lavoro di

Arnolfo

di Orleans,scrisse il

poemetto

didascalico hìtc(iiimcììta Ovidii.

Continuando

il nostro excursusstorico

troviamo

nel

primo

quartodelsecolo quattordicesimoepiùprecisamente nelbiennio

1322—1323

la

composizione

delle Aìlej^orie sulle Metamoìfosi da parte di

Giovanni

del Virgilio;" queste,ordinate inprose e inversi,

sono una

parafrasidellanarrazione ovidianaassolutamenteprivadi finidottrinari.

Infine

abbiamo

un'opera

che

rappresentailpensierodei circoli religiosi:

r Oi'idius moralizatus del

monaco

benedettino Pierre Bersuire.

Usando

le parole del Ghisalberti questa opera

Si

può

infatti considerarepiuttosto

come

una delleultime manifestazioni di quel lavoro che

non

solo tendeva alla giustificazione profana,

ma

addiritturamirava ad incorpo- rarla nel complesso delle dottrinesacrestudiandolo

come

un'espressione figurata, e apparentemente contraria allo spirito del cristianesimo, eppure in sostanza riducibile, mediante l'applicazione dell'allegoriascritturale, a quella 'verità di ragione' che Dio, innanzi la rivelazione,aveva volutoadombrare neUe profanevisionidelvatelatino.'

Seguendo

un'antichissima tradizione, l'interpretazione dei testi nell'esegesi dellachiesa erastrettamente connessa

con

l'artedelpredicare.

Esisteva

una

teoriache erausataperistruire gliecclesiastici nellapredi- cazione:la teoriadeiquattro sensi.

Non molta importanza

veniva data al

primo

senso

chiamato

historicus

o

litcralis,

ma

il focus degli scrittori ecclesiasticisiconcentravasulsensustropoloj^iaischeera

uno strumento

di particolare utilità.

Da

questo senso cisipotevacollegare

con

glialtri

due

sensi checostituivanolateoria:ilsetisus allej^oricuse ilseiisusatiaj^oi^icus.La mitologiaera

sempre

statacontrastata daiPadri dellaChiesa;Tertulliano,

Arnobio ed Agostino ne

avevanodiscusso

polemicamente

nei loroscritti.

Tuttaviaquesto

non impedì

l'infiltrarsi di

Ovidio

nei prodotti della let- teraturaecclesiastica.

Orienzio

si ispiròalleMetamorfosiperladescrizione della creazionedel

mondo

nel suo Cofuiiìoiìitoriuìii:

(4)

26

VALERIO

G/OI

A

NELLI

Ecce tibicoeluni pendet,tibiterra recedit, Aeralibrantur, fluctuatoceanus:

Noctibusatquediessuccedunt,mensibusanni.

Sol splendet,lucentsidera,lunarubet.

Vervariosblandus perfundit germineflores,

Aestasjamgravida fructibusarva coquit,

Autumnus

musto niadidos,praepmguisolivaest,

Ignibusadniotis frigora nescithiems:

Imbribusarcendis confirmaspendulatecta;

Ignoras ventos aedibus oppositis;

Hirtaquelanigeraedepectensterga bidentis Mollihusinvolucris algida

membra

tegis;

Lenianec desuntniveivelannnaImi;

Suntetiam Eoispalliavelleribus:

Illaferaxjacto reddettibiseminetellus

Haec

celsiscarpent Seresin arboribus.

Denique

pertotumqui circumvolvitur

annum, Quidquid

habes,totum dat tibicura Dei.

Campus

messeviret,vestiturpalmiteCollis,

Arborediversamitia

poma

metis,

Et studium impendes fecundoprovidushorto Utile

quo

libuittemporesumisolus.

Accendis

pinguem quaecumque

inlumina

pmum,

Nobilibusmensiscerea fiammamicat.

Nec modo

terrenotantumservirejubetur Pervarios usus subditaterrahomini:

Ipsaetiam quidquidferturprope nubila,quidquid Alto

subductum

volviturin pelago:

Nunc

tallentecibo,nunc texto

m

retialino,

Artibusinnumeris indevelindepetis, Ettibinunc

imo

trahiturdegurgitepiscis,

Aere

nunc summo

decipiunturaves.

Agmina

venanti

prorumpunt

densaferarum

Ictaproculjaculis vellaqueata plagis.

Pronapetisferro,canibusfugientiasistis

Contundisfrenis oraferocisequi.

Ad

juga pandabovescogis,admuletracapellas:

Distillantdulcianiellafavis...'"

(5)

CARTE

ITALIANE,lOL.2 (2007) 27

ed

ilpoeta

Cipriano

nelle sue opere

De

moritibus SinaetSion,

Exinde acerbatus paterfecit

coelum

patefieri,et tonitrua facta sunt,ettenebrainsustinibiles;terra

commota,

patefacta sepulchra, et corporasua ejecerunt,et forasa se miserunt;

velum templi scissum est,et a tanto fragore coeli etterrae motu,

omnes

quistabantante lignum,aliidolentes,aliivero blasphemantes et illudentes. prostrati

m

faciem jacuerunt, trementes

tamquam

mortui.

De

laudemartyrii,

Diesfugitinnoctem,intenebrasluxcunctaconcessit,atque inclinato per aeterna vicespondere,omnisterra

commota

dissiluit, turbati manes,

monumenta

nudata sunt,et sepul- chris in hiatum dehiscentibus terrae, reddita luci corpora restiterunt, fluxu sanguinis

mundus

mtremuit,scissaquae foribusdependebantvela,

templum omne

mugit.

De

hoiio patietitiae

Et

cum

ad

crucem Domini

confundantursidera,elementa turbentuntur, contremiscatterra,

nox diem

claudat,sol,ne

Judaeorum

facinus apicere cogatur,etradioset oculos suos subtrahat, ille

non

loquitur,nec movetur,nec majestatem

suam

sub ipsasaltempassionemprofitetur.

Quando

dovette descriverelo

sconvolgimento

della natura nel

momento

in cui

Gesù

spirò sulla croce sirifece alladescrizione ovidianadei pro- digi

che accompagnarono

la

morte

di Cesare." Altri testi ecclesiastici, invece, esplicitamente scorgevano nel

mito pagano una

prefigurazione della Storia sacra.

Durante

il

periodo

carolingio il vescovo

Teodulfo

di Orleans consigliò di ricercare sotto la frivolezza della poesia ovidiana

laverità nascosta;

Rabano Mauro,

l'abate diFulda, nel suo

De

dericonwi institutioneprova

come

nellacultura chiesastica

Ovidio

fosseconsiderato

un

autore morale. Fiorirono inoltre florilej^ia

che

raccoglievano le sen- tenze

ed

iproverbi ovidiani; questi

avevano una

flinzione tutt'altro

che

protana

ed un esempio

tipico

sono

gli

Exempla

diversorum aucforum di

Micone

diS.Riquier.In

un

testo

come

il MartyrologiumdiWandalberto,

(6)

28

VALERIO GIOIA

NELLI

l'autore si ispira alle Metamorfosi

ed

ai Fasti

quando deve

trattare delle lodi dei santi

o

dellacreazione del

mondo o

dei segni celesti

Albis fulgida praetextaquevestibus....'- Festivo sociatcarminacoetiii....'^

Nullaestimperiodurapotentia:'^

Armistupoterisvincere fortibus,..''

Ilposto d'onore raggiunto da

Ovidio

nella cultura deisecoli

dodicesimo

e tredicesimoglidischiusele portedeichiostri;Rosvitadi

Gandershcim, una monaca

dotta, scrisse poesie alla

maniera

di

Ovidio ed

Orazio.LtJ Bible di

Guiot

de Provins,scritta tra il

1204 ed

il 1209,è arricchita

con

detti di Ovidio;

Giovanni

di Galles,

un

teologo del secolo tredicesimo, nel suo Oniiiianum, seu Alpliabctiini vitac rcUi^iosae,

una

sorta di galateo perreligiosi,citavaversitrattidai

Rcmcdia

Aiiioris.Ilbibliofiloe vescovo

Riccardo

da

Bury

riconosceva

che

le

opere

di

Ovidio erano

apprez- zabili perlo stile e

contenevano

verità

ed

infineAlfonso

X

battezzò le Metatnorfosi"la Bibbiadei Gentili."

Questa

eralatradizione esegeticadellemoralizzazioni

che

sussisteva al

tempo

del Petrarca.

Conviene

ora analizzare l'influenza

che

questa tradizione haesercitato sulle

rime

del poeta.

La

sestina 142 recita:

Tanto

mi

piacqueprimaildolce

lume

ch'i'passaicon dilettoassaigran poggi per poterappressargliamati rami;

oralavitabreve, e "1loco, e"1

tempo

mostranmialtrosentier di gireal cielo edi farfrutto,

non

purfiore frondi.

L'idea dell'alberoche

non

dàfrutti è,

come

sottolinea Marcozzi,derivata dalle moralizzazioni; il lauro diventa

uno schermo

contro la sensualità e

Dafne

diventa il

simbolo

della

purezza

e della vittoria sulla carne.

Quest'ultima qualità viene avvalorata

anche

dai versi

46-49

della can-

zone

29:

ch'èstellain terrae

come

lauro in foglia

conserva verdeilpregio d'onestade, ove

non

spira folgore,né indegno vento mail'aggrave.

(7)

CARTE

ITALIANE,VOI.2 (2007) 29

Le

radici di questa interpretazione

vanno

ricercate nell'Eneide diVir- gilio;piùprecisamente,vistoche ilpoetalatino

non ha mai menzionato

direttamente la fabuìa di

Apollo

e Dafne, nel

commento

di Servio al verso91 dellibro III"liminaque laurusquedei,totusque moveri." Servio narral'interavicenda di

Dathe concludendo con

le seguentiparole ">tJ Apollo

eam

etiam

mutatam

ita delexit ut tutelaesuae ascriberet cfficcretqtie ut propferviriJÌnitatemservatamsempervireret."^^'I Mitoloj^iamm libriIIIdìFul- genzio offrono al Petrarca lo

spunto

per i caratteri del lauro;la pianta

non può

essere distrutta dai fulmini

ed

è rivelatrice attraverso i sogni della verità.Scrive Fulgenzio:

In huius etiam tutelanilauruni ascribunt,

unde

etiam

eum

amasse

Dafnem

dicunt, {Penei} fluminis filiam. Et

unde

laurus nasci possit nisi de fluuialibus aquis?

Maxime

quia et eiusdem Penei fluminis ripae lauro abundare dicuntur.

Atuero amicaApollinisohhacre uocitata est,quiailliqui de

somniorum

interpretatione scripserunt utAntiphon, Filocoruset

Artemon

etSerapion Ascalonites promittantin libris suis

quod

laurum si dormientibus ad caput posueris, uerasomniaesse uisuros.'^

La peculiarità del lauro consistente nel fatto

che

la pianta

non

poteva essere distrutta daifuhnini affondalesue radici nellaNattimlisHistoria di Plinio;nel libro

XV

al capitolo

134

lo scrittore latino dichiara:

non

quia perpetuo viretnec quia paciferaest, praeferenda ei utroque olea,sed quia spectatissima in

monte

Parnaso ideoqueetiamgrataApollinivisa,adsuetiseodonamittere, Graculainderepetereiametregibus

Romanis

teste L.Bruto, fortassis etiam in

argumentum, quoniam

ibi libertatem publicam is meruisset lauriferam tellurem illam osculatus exresponsoetquia

manu

satarumreceptarumquein

domos

fulminesola

non

icitur.

Nel

Canzonieretroviamovari

componimenti

che alludono all'incapacità di

Giove

nel colpire l'albero sacro ad Apollo: il sonetto

24

ai versi 1-2 'VSc l'onoratafronde cheprescrive/l'ira deldel, quando 1j^ran Gioi'e tona,"il

sonetto

42

al verso 5''eh'a Giove tolte son l'arme di mano''il sonetto

60

ai versi

12-13 "Né

poeta ne colica mai, né Giove/laprivilej^i..." il sonetto

(8)

30

VALERIO

Gioì'ANELLI

11 "/(j donna... /a

me

si volse in sinovo colore/ch'avrebbe aj^iove nel nia<^{>ior furore/tolto l'anne di matio,e l'ira mortai

Anche

nell' Ovidius nioralizatiis di Pierre Bersuire

troviamo

citata la proprietà del lauro di resistere ai fulmini; nell'opera del

monaco

benedettino la

corona

di Cristo è fatta

con

le foglie dellapiantalaquale rappresenta laprotezionedelSalvatore sul

mondo:

Ista laurussignificai crucein quae prò certo

phoebo

id est Christo soli iustitiae fuerat dedicata et ab eo corporaliter amplexata Istadebetessenobispròcoronahonoris etglo- riationispròcithara laudisetgratiarumactionis:pròsagitta verbideietsanctae praedicationisprògloria victoriaecuiu- scunquetemptationis.pròtutela fulminisdivinaesententiae etaeternae damnationis...

Una

cristanizzazione del

mito

di

Apollo

e

Dafne

sitrova

anche

neìVln- tei^umenta Ovidii di

Giovanni

di Garlandia

dove assume un

significato

eminentemente

morale:

Mentibus hec arborsapientumvirgovirescit

Que

quamvisfugiat vietalaboreviret.

EstvirgoPhebisapientia factacorona Laurus,

quam

cupida

mente

requirit

homo"*

Nelle Allej^oriaelibrornm OvidiiMatantorphoseos di

Giovanni

del Virgilio

silegge

una

interpretazione

morale

della

metamorfosi

di Datile:

Nona

trasmutatio est de

Dane

conversa in laurum.Alle- goria est hec.Per

Phebum

intelligo

pudicam

personam et castani,per

Daphnem

ipsam pudicitiam

quam

insequitur

casta persona. Per

Danem

converti in

arborem

intelligo

quod

pudicitiaradicatur in cordeilliusqui insequituream.

Perlaurumsignatur virginitaseo

quod

semperestvirenset redolens.U.d.e.:

lUepudicitiam sequitur prò possefugacem.

Qua tandem

pressararacorona datur.

Laurusodoravirens designai verginitatem,

Nam

viret etredolet virginitatisodor

(9)

CARTE

ITALIANE,lOL.2 (2007) 3

1

Lubricavirginitas ferturde fluminenata,

Nani

dilapsasemel

non

revocandafuit

Atsicontinuisservet quis passibus illam

Tunc

radicataestet viridente coma.'*^

Troviamo

inc]uesterigheun'interpretazione allegorica delniito:

Apollo

viene descritto

come un uomo

castoche cercadi conquistareDafìie la

quale rappresenta la virtù della castità.

La

trasformazione di

Dafne

in alloroviene asimboleggiarelarappresentazionevisivadelradicarsi della castità nelcuoredichi l'hapersegue

ed

illaurovieneadidentificarsi

con

il

simbolo

della verginità.

Questo motivo

del lauro radicato nel cuore

si riscontra in alcune

rime

del Catìzouicre

dove

l'albero rappresenta la

donna

lacui

immagine

è radicatanel cuoredel poeta.

Lo troviamo

nel sonetto

228

''Amorco la

man

destra il lato manco/m'aperse,epiafitoui entro, in

mezzo

7core,/unlauroverde,chedicolore/ognismeraldoavriaben vintoe stanco,''nelsonetto

255

''comei^ià fece,allorche'primirami/verde<^{iiar,che nel corradicem'hanno,/percuisemprealtruipiùche

me

stesso ami.,''e nelsonetto

318

"che

r

cor m'avinse, eproprio albergo (else,

/qualpertrunco oper

muro

edera serpe!'Inoltre isegnalidi castitàpresenti nell'operadi

Giovanni

del Virgiliosi

possono

ravvisareinalcuni

componimenti

del Petrarca;questo avviene dove,nelsolcodellatradizione esegetica moralizzatrice,

h

fabula diDafiie

assume un

significatoche

nega

l'amoresensuale e dove,in

una

spirale evolutiva,la

medesima

tavola introducei motivi

completamente nuovi

del

mito

della parola poetica e della perfezione

che

si insegue costantemente e

non

si riesce

mai

aperseguire.Isegnali di castità affio- rano nell'ultima parte del Canzoniere; nel sonetto

313 dove

si esplicita la connessione tra alloro

ed

onestà "e cielo/ove ortriimipha,ornata de l'alloro/che meritòlasuainvicta honestate"e nella

canzone 359 dove

viene descritto

un sogno

durante il quale Laura appare

recando un ramo

di alloro

ed uno

di

palma

e

dove

il poeta spiega il significato simbolico dell'apparizione

come

lavittoria sullepassioni"w;; ranioscel dipalma/etun

di lauro traedalsuobelseno/..../palmaèVictoria, etiogiovene anchora,/vinsi

il

mondo

e

me

stessa; illauro segna /triumpìw, ond'io son degna/mercé dicpiel Signor chemidie'forza."Glistessisegnalimoralizzanti

sono

presenti

anche

nell'opera di

Arnolfo

d'Orleans Allegoriae super Ovidii

Metamorphosen dove Dafne

è vista

come

lavirginità chesimerita la corona:

Sed

Cupido eum

arcusagittatid eststimuliscarnissue

eum

calefizat.Sed tamen ille [Apollo]

non

amat nisi virginem

(10)

32 [l-ÌLBRIOGIOìANELLl

Daneni, quani tanien consequi

non

potest

donec

ea sit

mutata in laurum.Virgmes ennii de virginitate sua

m

hoc seculo

non

merenturcoronani nisi post

suam

niutationem

id estpost

mortem

eani accipiunt.Sedtunchabentlauream

coronam quam

inhacvitameruentur.

Dane

ideofiliaPenei deifluviifingiturquia aquaest frigida, etpudiciciaestfilia fngiditatis sicutimpudiciciacaloris.-"

Un'altraopera

mostrò

interesseamoralizzare

h

fabula di

Apollo

eDafne:

VOi'iiie moralisé.In questo

poemetto

del quattordicesimo secolo

Dafne

viene paragonataallaVergine Maria.

Ci troviamo

difronte

ad un

chiaro intentodaparte dell'autore diinterpretare in

maniera

allegorica il

mito pagano

per renderlo accettabile ai dettami cristiani del periodo.

Dafne

fuggì

per

salvaguardare il suo

onore

e per la fatica della corsa morì;fu sepolta sotto

un

lauro

che

ha

sempre

le fronde verdi

Tantsetraveilla,tantcorut La bele,qu'enfuiantmorut, Ainsque cill'eustdesfloree.

Sous

un

lorier fu enterree.

Pourcefulafabletrouvee

Qu'

eiefuenloriermuee, Pourcequ' ellefuviergeetpure, Sitmt cueret cors sansordure, Toutsontempsettoutsonaé,

En

la verdourdechaste.

Il verde è il colore della castità nella

canzone 325

"/ti vittoriosa imei^ìia verde,/contro cuiincampoperde/GioveetApolloetPoliphetnoetMarte!' Infine

anche

nel

poemetto

francese le doti del lauro

vengono chiaramente

descritte:è

sempreverde

e

non

fa frutti

Et nultemps nepertsaverdure,

Ne

pourchalourne porfroidure, Ains verdoie entontesaison Sansfruit faire,ausiparraison Doitvirginitezverdoier Etvivre sans fructefier

(11)

CARTE

ITALL'iKE.VOL.2 (2007) 33

Abbiamo

visto alla luce dei sopracitati

esempi come

alcuni

com- ponimenti

del Canzoniere

abbiano

assecondato la tradizione esegetica moralizzatrice

che ha

caratterizzato l'interpretazione delle

opere

di

Ovidio

nel

medioevo

e vorrei

concludere

questo

mio

saggio

con

le parole di

Luca

Marcozzi:

Lacontinuità apollinea del lauro

come

simbolo dellagloria e delsuodesiderio,che interpreta in manierapiù diretta e

meno

debitrice alla moralizzazionegli ultimi versi del rac- contonelleMctiiìiiorfosi.sìinfrange invece,nellasecondaparte delcanzoniere,controlamortedellauro-equestesonoormai

"cose manifeste e conte"-:allo stesso tempo, il lauro

può

essererecuperatoallapalinodia,eilmitodafheo

può

trovare continuità,anchegrazieallesue moralizzazionimedievali.-'

Note

1

.

Marcozzi, Luca. Lii bibUotcai di Febo.Firenze:Franco Cesati Editore, 2002,p.24K.IllibrodiMarcozziè statoilprincipaleinstrniiicntiiiìistiidioniiiiper 10svolgimento diquesto saggio.

2. Cottino-Jones, Marta.

"The Myth

ofApolloand

Daphne

inPetrarch's Canzoniere."Francis. Pctrarcii,Six Ccnturics latcraSymposium,Sttidicsin Romance Uni^ua'^es3(1975): 152-176.

3. Virgilio. Georgiche. Libro IL v. 18-19.

A

cura di

Renzo

Cherardini.

Firenze: Vallecchi Editore,19H9.

4. Petrarca, Francesco. Opere.

A

cura di Emilio Bigi. Milano:Mursia, 1985,

p

649.

5.Petrarca,F, op.cit., p.649.

6. Calcaterra, Carlo.j\V//(J seh'a del Petrarca. Bologna:Editore Licinio Capelli. 1942.

7. Ghisalberti, Fausto.

"L

OvidiusMoralizatusdi Pierre Bersuire." Stdj

ro/zii;//;-/.

Volume

XXIII, 1933,p.5-136. Nellaparte introduttiva dell'articolo,il

Cìhisalberti traccia un dettagliatoexcìusiisdella recezione deitesti ovidiani nel medioevo.

8. Per

un

approfondimento su questo argomento si veda l'articolo di Fausto Ghisalberti:"Giovanni del Virgilio espositore delle'Metamorfosi'."Ne:

11giornale dantesco

XXXIV

1931,

p

1-110.

(12)

34

VALERIO GIOVANELLl

9. Ghisalberti,E, op.cit., p.6.

10. Si confrontinoquesti versicon quelli diMetamorfosi I,21-150.

11. MetamoìfosiXV,783-798:"Arniaferunt inter nigras crepitantianubes/

terribilesque tubas auditaque cornua caelo/praemonuisse nefas. Solis

quoque

tristiimago/lurida sollicitispraebebatlumina terries./Saepe faces visae niediis ardere sub astris,/saepe inter

nimbos

guttae cecidere cruentae;/caerulus et

vultumferrugine Luciferatra/sparsuserat, sparsiiunaressanguinecurrus;/tristia mille locis Stygius dedit oniina bubu,/nulle locis lacrimavit ebur,cantusque feruntur/auditisanctis etverbaminantialucis."

12.

AmorwH

LiberIII, 13,27 "...velatae vestibus albis"; Fasti IV,619"...

vestesCerialibusalbas" e FastiV,355"...vestesCerialibus albae"

13. Metamorfosi XI,5"...sociantem carminanervis"

14. MetamoìfosiII,416"...nullapotentialonga est"

15. Amoriiiii LiberII,3,7 "...fortibusutilis arinis"; ArtisAmatoriaeLiberI,

201 "...vincanturetarmis"

16. Servio. Seri'iani in Aetieideiti III-V Comitientarii. Oxford:

Oxford

University Press,1932.

17. BibliotecaAugustana.

World Wide Web.

19Jun.2004. <http://w\vw .fh-augsburg.de~harsch/Chronologia/Lspost06/Fulgentius/ful_mytl.litiiil

18. Iconos.

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19 Jun. 2004. http://www.iconos.it/iiKiex .php?id=189

19. Iconos.

World Wide Web.

19Jun. 2004.[Nota 18].

20. Iconos.

World Wide

Web. 19Jun. 2004.[Nota 18].

21. Marcozzi,L.,op.cit., p.254.

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