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I riflessi romanzi di

vtglnR, triglnt y quadraginta, quinquaginia, sexaginta, seplfu)agmia, oci(u)aginia9 nonaginta *novagmta.\

I nomi romanzi delle decine si sono toneticamente dilungati non poco dalle basi latine, mostrando tutti un forte accorciamento (venti, quaranta ecc.) e curiose divergenze tra le varie favelle neo- latine (it. quaranla, sp. cuarenta ecc.). Orbene, il cammino, ccrta- mente non piano, ehe le forme latine abbiano dovuto percorrere per ridursi agli ultimi loro riflessi romanzi, non e stato mai di proposito rintracciato da alcuno. Di rado qualche sguardo, taluno bensl molto acuto, vi s* e rivolto, e sempre di fuga, a proposito

1 La hmghezza della prima vocale di viginti triginta, e della seconda vocale di quadraginta e sinn., e accertata da luoghi di poeti, oltrecho dalle risposte greche είκοσι τριάκοντα ϊξήκοντα ecc. Anche Γ - di -ginta e accertata da luoghi di poeti, nonostante sia contradetta dal gr. -κοντά e la poesia latina decadente mostri talora anche -a (p. es. in Marziale or sexagint or sexaginta). Anche Γ -ι di viginti e assicurato da passi di poeti. L*-2- di -ginti -ginta e dimostrato, in linea collaterale, dair o di -κοντά e dalla breve di tutte, si pu dire, le altre favelle ariane, e, in linea discensiva, dallo sp. cuarenta ecc. come vedremo — Quanto alla base octuaginta> voluta dai riflessi romanzi, e nota come rivale, nello stesso usq latino, del normale octo- ginta, veggasi Ascoli, nella „Rivista di filologia classica", a. IV, p. 583;

il qu le ricorda opportunamente la voce it. ottuagenario — Per, quel ch* e delP u di septuaginta octuaginta, esso ando naturalmente travolto come in altre voci (ricordisi£a/f/*r*,/tt/«*r*, quattuor, januarius, consuerc, februarius, mortuus, Addua ecc.), anche perch£, qui cora' altrove (cfr. mortuus), esso riu- sciva morfologicamente, non ehe soverchio, perturbatore d' ogni simmetria.

L* -u- rendeva septuaginta octuaginta non solo dissimili da quadraginta sexa- gint nonaginta (altra cosa e P M di quinquagintd abbarbicato al suo q!), ma discordi, ehe e jpi , dalle rispettive. unit ; giacche, se a sex quinqu(e) risponde sex-aginta quinqu-aginta^ anche a sept(em) oct(o) deve corrispondere

*sept-aginta oct-aginta — Lo stesso livellamento con la rispettiva unit deter- mino la riconiazione di nonaginta in *novaginta, la qu l ultima forma pero sar meramente teorica, cioe il -v- si sar determinato parallelamente n eile singole lingue, percio ehe troppe son le reliquie qua e l della forma coll' -M-, come mostrano il nonanta nonanto nonante del prov. ant. e mod. e del franc. antico e di dialetti francesi moderni, e il nunanta emiliano, veneto e mantovano, nunaunta altoengadinese, e il noranta piemontese, sardo, lombardo, col secondo -«· dissimil to (si confronti anche cor fiorentino plebeo = i n; ehe deve essere sorto dapprima per dissimilazione in formule come con uno ecc.). II Flechia (Riv. di fil. class. l, 393), ehe prima di me avea registrate quasi tutte codeste forme, ci darebbe un nonanta anche nel napoletano; ma io non ne ho conoscenza.

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I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. 83

cP altro. Un apposito esame, minuzioso, insistente, completo, non ne e stato mai fatto; e mi permetto qui di tentarlo.

Una dottrina prevale pure tra i romanisti, sebbene in abbozzo:

ehe in quaranta e sim. s' abbia il continuatore d' un * quadraginta con la accentuazione arcaica latina, o mantenutasi viva, per tali e per alcune altre voci, nel latino popolare, o ricomparsavi dopo secoli, per una specie di ricorso. E dalla equazione comunemente accolta quaranta = quadraginta o poi parso doverne venire come di conseguenza ehe anche in venti trenta 3 abbia a riconoscer Ultimo esito di un viginti trtginla. Da viginti, dunque, si sarebbe avuto un *wginti vijinti, quindi *vijnti con sincope del penultimo i atono, e quindi *v1jnti con abbreviazione dell' t per efFetto della posizione (-/«/-), e quindi infine *vtinti venti, con ( ) = ij. E cosl in ginta

*irfjnta trenta. Lo spagnuolo, ehe dice veinte treinta (ehe suona veinte ecc.), verrebbe ad averci conservato come una attestazione preziosa della penultima tappa, presentandoci intero ei=fj.

Sennonche, a prescindere per ora da tutta la dottrina in genere, due gravi objezioni insorgono, secondo me, contro codesta ultima percezione. In prima, sarebbe cosa veramente singolare ehe il pin trasparente calco del voluto viginti triginta ei venisse giusto dalla Spagna; la quäle, poiche ha cuarenta cincuenta ecc. risalenti evidente- mente a quadraginta ecc., nulla dunque mostra di sapere del pro- parossitonismo in quelle decine appunto nelle quäl i esso piü pare evidente, per le forme italiane e francesi, e dalle quali ha preso le mosse tutta la dottrina in questione. In secondo luogo, posto ehe lo sp. veinte treinta riproducesse direttamente un *vfjnli trijnta, nessun modo vi sarebbe allora di coneiliar con esso il portoghese vinte trinta. Un iberico comune H non si sarebbe mai chiuso in / nel portoghese, il quäle e riboccante di ei quasi d'ogni provenienza, e non solo dice r ei reino sei's temeis ecc. lal quäle come lo spa- gnuolo , ma altresl risponde con feito leito estreito conceito inteiro freima leigo primeiro beijo madeira madeixa peixe ecc. e faceis amd- veis dizieis leitor temei candeia ecc. agli sp. hecho lecho estrecho concepto entero flema lege primero beso madera madeja pez ecc. e faciles amabais deciais lector temed candeia ecc.1 Cosicche, insomma, con vetnte ecc.

ehe risalisse a un *vtjnti ecc. lo spagnuolo, si sarebbe messo in contraddizione col portoghese, per vinte ecc.; e col portoghese e con se medesimo, per cuarenta pg. quarenta ecc. ecc.

Ebbene, ogni discordia cesserebbe, pare a me, se noi invece po- nessimo ehe veinte trtinta rappresentino una fase accentuale piü recente, sotto a cui vi sia un iberico comune e protospagnuolo *vei*nte

1 I rari casi come pg. remir = *rcimir (sp. redimir), mezinha = *mtiunha (pp. piü letter. e sp. medicina), sedigo oltre seidtfo stantlo (napoletano sedeticcio,

=.*sediticius), non si potrebbero addurre a conforto di i da et, non solo percho vi si tratta di e e non d' i, ma perche P ei ivi & protonico non tonico.

I piü rari, poi, di i da come viste=*vioste vedesti, sono efFetto di pertur- bazione analogica (v. la mia Grammatica Portoghese, p. 46—47 nota 5), e sotto nessun rispetto servono qni.

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84 . FR. D'OVIDIO.

trnnta^ ehe fosse calcato su viginii triginta cos! semplicemente come lo sp. cuarenta pg. quarenia, sp. cincuenta pg. cincoenta^ sp. sesenta pg.

sessenfa, sp. pg. setenta, sp. ochenta pg. o enta, sp. pg. novenia, sono calcati sopra quadraginla quinquaginta ecc. Anzi, Γ antico spagnuolo aveva tuttora forme come cinquaenta sesaenta setaenta (Diez); pre- ziose dawero, perche lascian trasparire ancor pi chiaramente l o Schema della base latina, e fanno dileguare fin Γ ombra del dubbio ehe lo sp. cuarenta potesse risalire a un *quarainta *qua(d)raj(i)nta come primer o a *primairoJ Cosi, lo sp. pg. quarenta sta all'arcaico spagnuolo, e, certo, protoiberieo, quaraenta; conie lo sp. pg. e lorn- bardo quaresma, prov. caresme, aht. fr. quaresme mod. cartme, leccese quaremma, soprasilvano e bolognese qttareisma, altoengadincse qua- raisma, valacco pere simi (plur.), toscano quaresima, stanno al napo- letano quaraesema quarajesema e calabro-siculo coraisima, ehe lascian meglio trasparire la base latina quadragesima\ e cosi come Γ ant.

sp. cinquesma del Poema del Cid (v. 3725) e soprasilvano fschun- quhsma altoengad. schinqu isma, significanti pentecoste, risalgono a quinquagesima* Ne c' o bisogno di citare per il portoghese i suoi pi domestici e peculiari esempii di besta = balista, mesire—ma- gister ecc.

Se mi si consente, adunque, di postulare parallelamente al quara-έηΐα ecc. un protoiberieo *ve-inte ire-inta, io ne cavero, molto semplicemente, dair un lato il pg. vinte trinta, sul tipo di crivel — arc. crdvel (sp. creible), Udo fsp. leido), arc. lidimo = *le(g)idimo, cria via = cre(d)ia ve(d)ia, cri = sp. crei credetti, vir = ve(n)ire, vindes (venite) = *veindes = arc. sp. venides, vindo (venuto) = *veindo = sp.

venidOl vinha tinha » *veinha teinha = venla tenia,3; e dalP altro lato ne cavero lo sp. vtinte treinta merce quella ritrazion d' accento ehe in sp. Γ -«- ci presenta anche in reina (reina), ehe certamente dev* essere una volta stato, come in italiano, reina.*

1 Sarei tentato anche di dire ehe, dato un iberico *guarainta, il ρκ. ο Γ avrebbe serbato intatto ο Γ avrebbe fatto *quareinta. Ma me n* astengo, perche non ricordo messun dittongo ehe in pg. preceda un giuppo di conso- nanti, e per contrario ricordo pure qualche raro caso di e da ai\ p. es. queda sp. caida la caduta, cereja ciliegia, e, in genere, di dittonghi abortiti: cfr. la mia Gr. a p. 14.

9 Le forme ladine le tolgo dall' Ascoli, Arch. Gl. I 168—169 n.; la leccese e la cal. sie. dal Morosi, Arch. IV 123.

3 Vedasi la mia Gr. Port., p. 17, 45, 47.

4 Anche il franc. reine ha ritratto l' accento; e l' antico ebbe reine, p.

es. nella Chanson de Roland (v. 2713) dove assuona, p. es., con sire. E super- fluo poi il ricordare altri scambi accentuali tra vocali attigue come quelli dei tipi filiolo- multire-; e quel dello sp. fue, ehe, naturalmente, dovc prima esser fue come in ital. arcaico; e del venez. stola cipolla (Teza) di contro al bologn. sivola mantov. sigola, e venez. meOla (Arch. I 528) di c. al mantov.

miola midolla; e del lie lia per /i^=lei, e simili, di molti dialetti; e dci comuni errori Frluli per Friuli e baule per baute \ e Γ oscillazione spagnuola fra dun e aun, ecc. E ritratto Γ accento e certo nelle forme francesi come mattre haine (arc.hame\t raire braire (Diez, Less. IIC, F l e c h i a , Arch. Gl. II 379 seg.), faine ghianda di faggio (veramente il lat. e fagina, ma come ogni aggett.

-ΐηο, pass certo a fagina), falte fastigio (arc. fatste), atc.fayne (oggi fouint}

faina, c haine, chaire ecc. Cfr. pure N i g r a , Arch. III 8, 9, io, 12, 13.

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I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. 85 E bensi vero ehe su reina si sara fatta sentire la potente inlluenza analogica di rey e di reino. Tuttavia, anche a portar Γ accento sulF e nelle due prime decine potrebbe aver contribuito un influsso analogico, quello dell'.-/- delle decine successive (trlinia, insomma, come cuarenia ecc.) e forse pure della primissima delle decine (diez).

Tornando un momento alle forme portoghesi, nessuno, credo, vorra infirmare P /' da ei col ricordar la voce pg..reii'naa regina, ehe, non ehe contrarsi in *rinha, si espande anzi pure in rafnha. II mantenimento delP ei in codesta voce si spiega pure con P influsso di r ei ret'no, e l' espandimento suo in ai si spiega con P oscillazione ehe facilmente ha luogo in portoghese tra a + ;' ed e -f- ι in qua- lunque condizione (tonica o atona, dieresi o sinizesi). Si ricordi p. es. queixo mascella1 a fronte di caixa cassa; feixe fascio e faixa fascia; primeiro e sim., leira ajuola, saida uscita, a fronte degli ar- caici contrairo e sim., latra, sa'da\' il pi popolare leigal di contro al pi dotto laical; e beir o allato a batr o, nome di festa musul- mana; e raineta allato a reineta specie di mela.2 Ma tutto cio, se dice ehe reinha rainha son pure in qualche modo spiegabili, non toglie pero ehe la riduzione di ei in /, ehe del resto ho teste largamente esemplificata, non sia affatto normale per una lingua tanto vaga di contrazioni e di sinalefi com' e la portoghese «*— Chi ancora dubitasse, ho da addurgli un altro formidabile parallelo, ehe mi son riserbato per Ultimo. II lat. impetigine- si riflette in pg.

per impigem, in sp. per emptine. Or lo sp. deve essere stato, evi- dentemente, in fase anteriore, *empeine, da *empe(t)ijine, come ii pg. e da *impe(t)igin-. Abbiamo dunque pg, ι sp. ει, entrambi da un anteriore *et, e, quel eh* έ pi bello, in emptine Γ accento par ritirato per atto puramente fonetico, non soccorrendo alcuna analogia, neanehe indebita, ammenoche non fosse quella di pline pettine!

Ma io non ho, di certo, bisogno di Spender pi parole per ineulcare ne la comodita di un prototipo *veinte treinta per cavarne insieme e la forma spagnuola e la portoghese, ηέ la bella simme- tria ehe per Γ accento esso farebbe con cuaraenta ecc., ηέ la tras- parenza della forma latina classica di sotto a tutti codesti tipi; i quali non mostrerebbero altra notevole alterazione fonetica, se non la perdita del -^-, ehe e pur tanto consueta, specialmente del ξ protonico, in quelle lingue, come mostran lo sp. leer pg. ler, sp.

reina pg. reinha, sp. saela pg. stta setta, sp. maestre pg. mestre, sp.

pg.pais cuidar sello (sigillo), sp.freir friggere huir niel riel verghetta di metallo bruto (regolo *regello) Leon (= Legione-), sain ingrasso pg. sainfte, sp. llanten (-en) plantagine-, empeine, ecc.

Pure, fra tante ragioni di convenienza un ingonveniente c' e, e ei tarda di confessarlo. L* -Unt)- in viginti triginta era di certo breve per natura non men ehe in quadraginia ecc.; avrebbe dovuto

1 Vedi Diez, Lessico, I, s. „casso".

2 Cfr. il franc. rainette reinettc, e v. Diez, Less. IIc sotto questa voce.

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86 FR. D'OVIDIO.

dare dunque im -e(nt)~ come in cuaraenia ecc.; αοέ dire ehe si sarebbe dovuto avere im *vetnle tretnta. Ed anzi, considerando ehe la lunghezza della vocale έ anche fuori d* aceento im preser- vativo contro Γ alterazione, l' -t- protonico di viginti ecc. sarebbe dovuto, pare, rimanere; ed il risultato sarebbe dovut' esser im *viMe trilnta\ il preciso rovescio, cioe, della figura da noi posta! Orbene, per darci pur ragiobe di *vdnte treinia, due ipotesi sono prin- cipalmente possibili: — o ehe tra la vocal protonica e la tonica si barattasse la quantifa, sia quando ancora eran separate dalla con- sonante (viginti in *vlglnti ecc.), sia quando eran gia venute a contatto {fviinti in *z/ftnti ecc.); — ovvero ehe Γ -/(;//)- conservasse intatj;o o reintegrasse il suono / per semplice metafonesi („Umlaut") operata dall' -/ finale in viginti *veinte (sul ve- = νϊ- torneremo tra poco), e per mera ^nalogia si estendesse poi la cosa a triginia

*treinta\ il qu le, se per Γ -# era stretto alle decine successive, era pero per Γ -*-/«/- ancora piu stretto e come gemello alla decina antecedente, ed era, quindi, naturale ne subisse Γ influsso. Questa seconda ipotesi, ehe spiega insomma P "inte con l* -tn/ϊ, e, a ben considerare, la pi plausibile, per cio ehe nel portoghese troviamo della metafonesi tracce, se non proprio quante ne vorrebbe il F rster1, put certamente abbondantissime2, e nello spagnolo abbiamo bensl pi scarse le vestigia della metafonesi3, ma non pero minori quelle della attrazione d' i e d' w, ehe o un fenomeno, com' ognun

1 V. la „Zeitschft. f. rom. Philol.'·, ΙΠ, 494 segg,

2 V. la mia Gr. Port., p. 42 segg.

3 Ricordo per la metaf. d' i in iato vendtmia tapiz, e per quella d' Ί i perfetti forti hize vine ecc., ove P -i- poi dalla prima persona singolare si diffuse via via alle altre persone tutte. Per tutto cio vedasi il citato lavoro del F rster. Nel portoghese si vede ancora lo stato di transizione, ehe ha p. es./& = fecit di contro * z = feci, mentre gi dice flzeste ecc. con - come nella prima persona — Si potrebbe anche esser tentati a sospettare l' azione metafonetica delP -t nelle seconde persone singolari di perfetto spagnuolo come vendiste hicistc ecc. = vendidistf fecTstl ecc. (donde si sarebbe poi esteso alle seconde plurali: hicistcis = fecistis ecc.). Sennonche, resta sempre un' altra supposizione a fare: ehe vendiste ecc. siensi modellati sulP analogia ctelle corrispondenti voci di IVa conj. come dormiste ecc., dove l* -i- ha piena ragione dalla lunghezza della vocale latina (dorml(v1Jstit o dormtlsti ecc., e cfr. V ital. vendesti facesti ecc. di contro a dormisti ecc.); senza poi dire ehe quanto a vendiste e sim. pote pure influire un po' 'la prima persona (vendl e sim.). E a preferire la spiegazione analogica alla metafonetica saremo anche indotti da cio, ehe il portoghese dice vendeste fizeste ecc. di c. a dormiste ecc., proprio all'italiana, cioe riflettendo esattamente la varia quantitd della vocale latina, senza alcuna considerazione della vocale finale; e si ehe la meta- fonesi si sarebbe dovuta, nel caso, far sentire di pi nel portoghese ehe nello spagnuolo! — Quanto poi al porre ehe facciamo/<?££r/i' ecc., ei non e di certo perche s* ignori ehe la forma originaria sia dovuta essere feclsti (vedasi Corssen Aussprache I* 609 segg. 724 segg.; Zur italischen Sprachkunde, p. 504, 512; dove pero le prove dirette scarseggiano, e resta pi ehe altro la verosimiglianza intrinseca, cioe la simmetria con la prima persona, feci ecc.).

Solamente, crediamo ehe qui si sia verificata assai presto una di quelle abbre- viazioni onde la storia del latino ribocca, e ehe ha certamente avuto luogo in fecimus, (se fu *fectmus, come pare), in fe&runt allato a fecerunt, nel classico dederUis di fronte all' enniano dederttis ecc.

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I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. 87

sa, strettamente parente dell' altro. L* -? avrebbe operato, natural- mente, Γ effetto suo, prima ch' ei si facesse, giusta il solito, -*.1

E anche la mutazione di im altro i, comf e quello protonico della prima sillaba (νϊ- /ri-J, in *, per dissimilazione da un secoado 2 ehe sia nella medesima parola, e fatto usuale nella penisola ibe- rica, specialmente nello spagnublo; ed έ osservato di gia dal Diez.2 E qui vorremo prima trascorrere su quegli esempj in cui l' e risale almeno a un i latino, come son gli sp. cem'za*, Cecitia (arc.) » Stctlia, cdrino colegtr concebir constrentr corregir enemigo Felipe, heHir intridere (lat. fingere)*, mestizo mixticius5, reftir = lat ringi, e il sost deri- vato rencilla rissa, sencillo , teftir tingere, desleir dissolvere7, ad alcune delle quali parole scema anche importanza il fatto ehe son verbi e

1 Non vedo ne dal Diez ne da verun altro esplicitamente avvertito ehe la romanit iberica non tollera mai i atono in fin di parola, e lo muta in -e anche quando e un 7 latino, ehe quindi in italiano persisterebbe intatto. E bcnsi vero ehe di molti -z sono venute come a cessare le occasioni in sp. e pg. per cio ehe questi idiomi han preferito per plurali nominali e pronomi- nali le forme in -os -es a quelle in -i, e in altre forme l1 -i s' e fuso o abbar- bicato ad altra vocale, come nel perfetto (-avi, -αϊ, sp. e pg. et), e talora terminando col richiaraare a s£ l* accento (sp.jfw/, pero \>g-fut). Ma insomma, dovunque l1 -l s* e pur continuato, s'έ scmpre falte -c\ sp. hize vine diji feci veni dixi, pg. dtsse, sp. pg. amasfe e sim. = amasti e sim., sp. pg. dormes «=

dorims e sim., le les pg. Ihe Ihes = illi illis ecc H portoghese poi, ehe pronuncia con suono affilato (quasi /) ogni sua -e finale di qualunque pro- venienza, e venuto non solo a ricuperare ma ad estendere Γ-z finale, ma questo, come fatto seriore e di morbosa diffusione, non ci riguarda qui — [Mi risowiene un po' tardi d' un vecchio articolo di Joret sulle finali spa- gnuole, e trovo ch1 egli pure ha notato la costante perdita dell* -i finale in spagnuolo: ' Romania', I 448. Rammenta egli come insignificanti perche in voci letterarie, — e del resto, direi pure, come rarissime —, le eccezioni di gtinesis ecc.; cui si puo aggiungere sp. pg. cutis, sp. analisis crisis ss pg. crise e anche andlyse. Le quali voci pero, a dir vero, ci danno anche -is non -i.

L' unico vero esempio in -t ehe il Joret citi, frenesi, e un suo abbaglio, perche la voce suona, anche in pg., frenesi, e forse e un francesismo. Era pi semplice citar dioccsi, metropoli, palmacr ti, benche i due primi oscil- lino con la forma in -is. έ pi fac e trovare qualche eccezione piena di

•u non fattosi -0, bensi sempre in voci pi o men letterarie, quali son appunto sp. espirttu impetu tribu — quest' ultimo k anche pg. —, ehe Joret stesso registra due pagine appresso, apponendovi pero un etc. ehe forse sarcmmo tutti imbarazzati a spicciolare in esempj concreti].

* Gramm. I, a mezzo il paragrafo concernente le „voc. at. latine fuori iato**.

Da lui prendiamo suppergi gli esempj ehe seguono, facendovi pi d' una giunta.

8 Cfr. Arch. Gl. Π, 138, 142, IV, 160. Π pg. ha cina , di cui tratte- remo pi la.

4 Fingir si dice per „simulare": e Γ allotropo letterario.

5 La quantita delP i in mixtus parrebbe lunga dal riflesso misto e breve dal verbo mestare ecc.

β Alla derivazione da *simplicellus il Cprnu n* ha sostituita una ancor pi plausib e da un *singellus dimin. di singulus (cfr. singi atim] con c da g come in arcilla uncir ecc. (Romania, IX, 129 segg.). Ma in entrambe le ipotesi si risale sempre a una identica radicale, con vocale breve; di ehe v. C u r t i u s , Grundz.5 322, 392; Vani ek, Gr. Lat. Et.W. p. 974.

7 Perche non vedervi, anziehe -λνειν (Diez, Less. I s. dileguare), un -Uquere ?

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88 FR. D'OVIDIO.

quindi in alcune lor voci vengono ad avere tonico Ve da?1; e pi invece ci premera di badare ai casij ove e risale a 7, cioe sp. ven- dimia (cfr. vtnum), vecino = vlcinus, hebilla = flbula *fibella, decir dlcere, (arc.) escrebir scnbere, reir ridere, freir frigere.2

Questi Ultimi esempj come re(d)ir = ndere ecc. hanno per noi una particolare opportunitd, e ci danno pienissimo coraggio a porre in ispagnuolo un *veginie o *veinte da viginti come una cosa affatto naturale. Per verit , quanto al portoghese, ehe ci ha dato men fitti esempj di *.da i latino, potrebbe parere ehe Γ attribuirgli preistoricaniente codesto tipo alla spagnuola con ve- sia men cauto, sieche sia da ammettere se non altro come possibile ehe il proto- tipo iberico fosse semplicemente un viginte o *viinte, da cui poi si sviluppasse il ve- sol nella fase prettamente spagnuola. Una tal supposizione, si capisce, non mi turba punto. Mostrando com' ho fatto ehe anche una base *veinte possa dar ragione sufficiente pure del pg. vinte, io ho dato piii ehe non fossi tenuto, e son venuto a dimostrare a fortiori la sufficienza della base *vnnte, chi la volesse preferire. Pure io preferisco, non lo nego, supporre ehe la base comune avesse l' e.

Superiamo ora i Pirenei, e, dato un rapido sguardo a tutta la distesa delle favelle francesi provenzali galloitaliche toscoromane napoletane siciliane sarde, saremo subito colpiti dall' accordo mira- bile con cui, pei nomi delle decine, le dette favelle si convengono tra loro e disconvengono dallo spagnuolo-portoghese. Poiche il franc. ha vint trente quarante ecc., il prov. vint trenta quarania ecc.

e neopr. caranto ecc., i dial. dell* Alta e della Meridionale Italia han suppergi vint(t) trenta quarania ecc., il toscano e romano venti trenta quaranta ecc., il sardo logudorese vinti trinta baranta chimbanta ecc.3 Vale a dire ehe: — da „quaranta" in sopra la ter- minazione e dappertutto -anta, e mai -enta come nelP Iberia; — il

„venti" e il „trenta" differiscono tra loro per la vocale tonica, anziehe pareggiarsi come in sp. pg. (eccetto singole zone, come la toseana e la sarda, per ragioni fonetiche locali, a cui fra breve verremo);

1 H pg. risponde con Sicilia cottigir constringir corrigir Philipp* fingir singelo tingir, e oscillando tra citrino inimigo rinhir mistifo e cetrino eneinigo renhir mtsfifo. Dice poi conceber, ed ha Hnir tenir = tinnire, e meiminho mignolo (*mT(n)iminus).

* La lunga in frlgere non έ accertata da nessun luogo di poeta, ma έ indiziata dai riflessi romanzi fritto (non *fretto) friggere franc. frire (non

*freire *froire), oltrechfe da altro (v. S c h m i d t cit. da C u r t i u s , Grundz.

188). Alle dette voci il pg. risponde con βνέΐα dizer rir frigir, e oscillando tra vindima visinho e vendima vezinho. Dice poi escrever, e ci da un arc.

sost. reginal originale. Noto ehe lo sp. pg. menino paggio, ci darebbe pure un e = t se fosse giusto Γ etimo del Diez (Less. I s. mina) e non restasse molta attrattiva. all* etimo latino del Mahn, *min(im)inus. Cfr. anche pg.

sovtla subula *subella.

8 Lo C h a b a n e a u nelP ottima sua Grammatica Limosina, p. 207, ascrive un setenta all' antico pro'venzale. Non so su ehe fondamento. In ogni caso sarebbe una delle sollte promiscuit dei paesi di confine, e qui non ci tocca.

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I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. 89

— del dittongo ehe lo sp. ci presenta in codeste due decine non v* e traccia in tutta la distesa italogallita (salvo certe pronunzie locali, di cui fra poco, come la bolognese). Parallelamente alle quali tre differenze, faremo queste tre considerazioni: — ehe, se la base preromanza delle decine superiori fosse im -aj(i)nta o -a(g)inta, la riduzione d* ai in a si capirebbe sl nel toscano (cfr.

frale ecc.) ma riuscirebbe poco comprensibile pel francese, il qu le forse non avrebbe potuto esimersi dal darci im *quarainte ecc.; — ehe la differenza della vocale tonica tra il „venti" e il „trenta" in francese, in napoletano ecc., non potendo dipendere dal corpo dclla parola latina ehe e affatto identico (-iglnt-) tra viginti e tri- ginta, deve dunque provenire in tutto dalla diversa finale (-Ί -a)\

— ehe data la pretesa base prerornanza *vejnii vijntiy *trejnta trljnta, in francese se ne sarebbe forse avuto im *veint voint, *treinte irointe (efr. moindre ecc.), αοέ dire vi sarebbe stato forse mantenuto il dittongo della base, certo ben piii plausibilmente ehe non in ispagnolo!

Dove per verit quanto e usuale il dittongo raccolto (-ίέ- -νέ-), avanti a im gruppo di consonanti (tiempo ecc.), altrettanto v* e insolito il dittongo disteso (-«'-), siccho si puo dire ehe uno sp. vlinte ecc. addirittura non si spiega se non ci si vede, come noi abbiamo fatto, un risultato seriore, accidentale, involontario, della alterazione di \m*ve'inte ecc.

Tutto dunque c' induce a porre pel francese, provenzale, italiano, una base monoftongica. La qu le per le decine superiori al trenta sara evidentemente un *qua(d)ranta quinquanta ecc. (qualunque poi fosse la ragione, la qu le pi gi iudagheremo, di una cosiflfatta abbreviazione del classico -agmta)\ donde risultano subito tutte le forme del gruppo italoladinogallico, dalla Manica al Lilibeo, e da Bordeaux a Venezia, e da Coira a Cagliari. Sia, ed έ il pi frequente, con nessuna alterazione dell' -ant-\ sia con alterazioni dialettali ehe ehe non son punto proprie di queste voci numerali poiche si riproducono in ogni a egualmente condizionata. L' emiliano p. es.

dice quar nta ecc. come dice pi nta ecc.; Γ altoengadinese dice qwraunta sasaunta sataunta ecc. come plaunta ecc.; il soprasilvano dice quronta sisonta settonta navonta, come plonta* — E per le due prime decine qu l base porremo? Le forme toscane, venti trenta, con e stretta, suppongono, non c' e scampo, un lat. pop. *Tftnti tnnta^y con affatto soppresso, cio£, l* -ig- della voce classica, su ehe tra poco riverremo.3 Orbene, se noi codesti conii latini popolari,

1 Cfr. Ascoli, Arch. Gl. I 13, 167.

8 II nostro rimpiaoto C an eil o era pur giunto, sebbene per via affatto diversa dalla mia, a Stabilire codeste basi (Π vocalismo tonico italiano, Γ ι;

p. 7, ovvero „Rivista di filologia romanza", I, 213).

9 Forse pensando ai fiorentini dipinto (s)pinto vinto awinto finto tinto eint o, un molto famili re conoscitore della fonetica toscana potrebbe objettarci ehe venti = vtnti ecc. sia bensi normale per Siena (cfr. senese fento ecc.) ma non per Firenze. Sennonche nelle suddette voci Γ -int- risale veramente a un lat. -"inet- (vinctus tinctus cinctus; in pictus -pictus [da pangere] victus cius la nasale e stata inserita per analogia delle altre voci verbau: (di)pingere

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90 FR. D'OVTOIO.

ehe il toscano lascia cosi chiaramente trasparire, li trasportiamo via via negli altri territorii, li troveremo dappertutto bastevoli a darci ragione delle forme locali. Nel logudorese, p. es., ehe serba intatto ogn* i latino, li dovreramo trovare tali e quali; e difatto esso dice vinti e trinta. Nel veneziano invece, ehe fa e de l Γ / latino, ma insieme appartiene a una famiglia di favelle sensibili alle influenze dell' -i atono sulla determinazione della vocale tonica1, dovremmo avere vinti e trenta\ e cosi έ piecisamentef E sempre su questa via, seguiteremo a renderci ragione, merce la metafonesi, della differenza ehe intercede tra vint (cfr. lomb. vintid ecc.) e trenta in lombardo e in provenzale, tra vint e trente in francese2, tra vinte3 e trenta in napoletano, tra veint e treinta in bolognese, tra veinch o veign* e trenta in ladino. In quest' ultimo linguaggio gli effetti delF -z si risentono, com* ognun vede, ancbe nella afFezione del /, la qu le e osservabile anche nel friulano vinc* e milan. ant. vinge.

E risulta ora chiarissimo perch la vocale tonica di „venti" e

„trenta" sia identica solo nelP Italia centrale tosco-romana e nel Logudoro. Egli έ ehe la Toscana, e le regioni linguistiche ehe vanno con essa, ignorano la metafonesi e si trovano per questo rispetto curiosamente isolate, e in discordia con tutti gli altri idiomi italiani anche pi disparati, come piemontese e napoletano.0 E quanto al Logudoro, non ehe esso ignori affatto ogni forma di metafonesi7,

spingere ecc.; e ad ogni modo si tratta di participii, pei quali Γ -ι- troverebbe anche ragion sufficiente nell' influsso dei rispettivi verbi (vinco tingo ecc.) ove Γ z e av. nc, ng, come in tinca lingtia ringhia. Si veda di cio anche il Canello, op. cit. p. 14 = p. 220; e F l e c h i a , „Riv. di fil. classica", IV 346.

Intanto dentro, entra, mentre, vendica» e anche fende sovente (nonostante questi due abbiano per motivi analogici fatto e larga per e streit a), provano abbastanza ehe il semplice -nt~ non preserva l* i (cfr. anche assZnzio e tre- ntentina).

1 Vedi l* Arch. Glott. I, Indici 540^, s. „influenze ecc."

2 Ognun s ehe il g del ringt del franc. moderno e una saccenteria elimologica come quel di doigt, e come il 9 dell* ormai antiquato sgavoir. E del pari e noto essere il vints, caso obbliquo, delP antico francese, e il -vingts, multiplo, del moderno (quatre-mngts\ semplice formazione analogica.

3 Leggi con e muta o vocale indeterminata; e col i, sempre, dopo «, come fosse d.

4 Arch. Glott. I, 68n. E questi ei ladini, come i precedenti delle forme bolognesi, non han nulla di particolare, visto Γ ambiente loro. Cfr. bol.

vt nzer vincere ecc.

5 Ibid., 491. E qui mettiamo un* osservazione affatto secondaria. In generale Γ Italia dice trenta con e aperta anziehe frontet come con correttezza fonistorica dicono i Toscani. Ma si tratta d' una deviazione insignincante, ehe in alcuni luoghi e dovuta a una perturbazione fisiologica degli e, e dappertutto poi si spiega con Γ influsso delle tante voci in enta d1 altra provenienza (polenta sementa lenta contenta stenta ecc.). Anche il fiorentino ha ceduto a una simile comizione in spento (cfr. lento vento ecc.) ehe dovrebb* essere sponto come si dice generalmente in Italia. Del resto, a Firenze dovrebb' essere addirittura sptnto; il ehe da luogo ad un c.urioso problema ionologico.

0 έ parsa sempre anche a me, come all* Ascoli (Arch. VIII 125 e cfr.

107), una bella prova della toscanit della lingua letteraria italiana questa, ehe ad essa resti estranea la metafonesi ehe pur e di tutta quasi l1 Italia parlante.

7 Ascoli, Arch. Π, 138—1390.

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I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. QI

ma in quanto all* t e u tonici latini, ehe esso serba sempre ad ogni modo, cio& con ogni finale, intatti, egli oppone, a qiiel feno- meno fonetico, la pregiudiziale, se cosl posso dire. E si badi qui a una cosa: la coppia logudorese vinti trinta & quasi coincidente alla portoghese vinte trinta, eppure la coincidenza materiale qui non importa punto identita di processo fonistorico; giacche, se io ho bene interpretate piii sopra le forme portoghesi, il vinte έ un *veinie ehe deve Γ -/- all* -J e il *treinta Irinta e solo analogico al prece- dente, laddove nelle due decine logudoresi si tratta di un /primigenio e coereditario. Ed a proposito, poi, del livellamento analogico di

„trenta" con „venti", credo ehe niuno vorra dire strano ehe noi lo riconosciamo in sp. e pg. pur eonvenendo ehe non ve n' e alcuna traceia in francese, napoletano, ladino ecc. II contagio analogico, eome tutti i contagi, da ragione della infezione quando questa ha avuto luogo, ma non έ punto detto ch' essa abbia luogo sempre.

Ma una pi grave difficolta ho da smaltire, e P ho differita qui per non 'turbare il discorso antecedente. I dialetti della zona siculo-calabro-leccese, avendo per norma * = ι (pilu, idda ella ecc.), dovrebbero darci vinti trinta come il logudorese, e invece contrap- pongono, come il napoletano, Mnta a vinli (lecc. Mi). Sennonche, clevo subito aggiungere ehe di taU anomalie di e da f e delle eonsimili (quali e non alterato in i, o non alterato in w, e alterato in o) s' hanno molti altri esempii e in siciliano e pi in calabrese e in leccese: cfr. sie. lecc. stessu skettu (mentre il napol. stesso ha skilte, per avvb.), · lecc. irezza (cal. sie. trizza), sie. cal. lecc. nofou ece.;

e altri esempii presso Morosi1 e Wentrup.2 Cosiccho dunque il trMa di codesti estremi angoli, poiche ha molti compagni, si collega a un problema fonologico certamente non lieve ma ehe non ispetta in particol r modo a noi. I paesi, poi, di confine, e di miscuglio etnico e glottico, sogliono bene offerirci di tali anor- malita. Anche il sardo settentrionale, di cui son noti i contatti storici con la Toscana e col fcontinente, ci da p. es. anch* esso trenta, e insieme a pelu vetru ecc.3 Del resto, Γ Avolio, alla cui grande esperienza nelle parlate sicule e al cui singolarissimo acume ho domandato qualche lume sulP argomento, mi scrive dandomi notizie e suggerimenti preziosi; ehe cio& il vecchio siciliano aveva trinta „come si puo vedere nello Scobar (s. XVI) ehe registra, oltre trenta, anche a trinta attrinta, ogni trinta"; ehe forse anc' oggi po- trebbe, specie nell' interno dell' isola, sentirsi aneora trinta, benche egli non Γ abbia mai sentito4; a quel modo ehe aloune parlate sicule qua e la conservano le forme arcaiche cirru firmu siissu

1 Arch. Gl. IV, 123,129, 131, 135.

2 Beitr ge z. Kenntn. des sicil. Dial.; Halle, 1880, p. 13—14: e cfr.

Pitre, Fiabe ecc. I, CLVI, e Ascoli, Arch. Π 146.

3 Asc., Arch. Gl. II, 134«.

4 Anche un altro acuto e diligentissimo Siciliano, i l B u s c a i n o - C a m p o , da Trapani, cioe dal luogo pi distante da Noto, onde mi scrive V Avolio, m' assicura non avere mai sentito altro cbe trtnta.

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92 FR. D'OVTDIO.

sk iu impiu jinistra, mentre oggi la piii parte del l* Isola dice cerru fermu siessu skettti empiu jinestra, probahilmente per influsso tosco- letterario. Ma non a questo influsso ascriverebbe Γ Avolio il trenta, si piuttosto a infiltrazione francese, o, meglio ancora, catalana; e grande autorita ha per noi Γ opinione d' un cosi ar.curato scrutatore de* varii strati idiomatici e delle successive immissioni eteroglosse nella sua isola nativa.1 Per Lecce e Calabria si puo pensare meglio a influsso toscano e napoletano insieme.

Possiamo intanto, nonostante le piccole deviazioncelle locali, Formulare una conclusione. II campo neolatino, in quanto al tratta- mento delle decine latine, si divide in due zone: Γ iberica, ehe continua alla meglio le voci classiche viginti quadraginta ecc.; e la italo-ladino-gallica, ehe continua con quasi tutte regolari varieta locali le rattratte voci volgari latine *vinti trinta quadranta ecc. Una cosiflfatta spartizione glottocorica o tutt' altro ehe inaudita, poiche si verifica anche per altre cose. Per citare i primi esempii ehe mi vengono alla mente, la conservazione, mettiamo, del futuro esatto latino;

quella del pronome cujus -a -um, e della voce accusativale quem;

la perdita di cm, Γ assenza di lui e lei\ il totale abbandono degl' in- finiti sdruccioli e la lor sistematica riduzione ad ossitoni; il quasi intero disuso del participio in -u/o; la sostituzione di germano- a frater e soror, la forma aferetica sobrino sobrinho anziehe la sin- copata italo-francese cousm cugmo; la perdita di ogn' -/ finale; Γ uso e il senso di eabeza, corazon, demasiar\ Paccento dipfro (per hoc), ecc.;

sono tutte caratteristiche esclusive della zona iberica. E molte di esse le conferiscono un cotal colorito piii arcaico; il qu le έ effetto ed indizio della pi precoce romanizzazione della penisola iberica.2 11 ehe non toglie poi, ehe per altri rispetti lo spagnolo-portoghese non s* aggruppi spesso col francese e provenzale e spesso anche col galloitalico, contrapponendosi cosi il complesso ibero-celtico al complesso italico tutto, o a quello schiettamente italico dal toscano in gi , o anche al complesso italo-rumeno. Cosi avviene p. es. pei plurali nominali in -s, per la prostesi di e- avanti s impura, perjs'jss da / CS, per jt e c da CT, per -d- = -T", pel dileguo di -/?- ecc.

ecc.; con alcuni dei quali fenomeni noi andiamo suppergiii dalla foce del Tago alla laguna di Venezia, dalla Manica a Gibilterra, e veramente dal Manzanare al Reno! Orbene, a quella prima classe di fenomeni esclusivi delP Iberia, e di carattere arcaico, viene ora ad aggregarsi, se io non ho ragionato male, il tipo, piii latmo, delle decine.

1 Vedi „Introduzione allo Studio del dialetto siciliano", Noto, 1882, pp. VHI-246.

8 Ricordo una delle sollte frasi felici dello S c h u c h a r d t (Kuhn's Zeit- schrift f. vergl. Sprachig., XXII, 166): „Bemerkenswert!! ist, dass dem am fr hesten romanisirten Spanien diese Formen [lui ecc.] fremd geblieben sind".

E per la natura cronologica, in genere, di certe divariazioni romanze, ricorda ognuno „Lingue e Nazioni" dell' Ascoli. Vedi anche S e e l m a n n , Betonung des Lateinischen, p. 40; ehe ora mi sopraggiunge.

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I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. 93

Ma noi non possiam fennarci a questo risultato „e pi non dimanclare"; anzi lo stesso esordio di questo scritto c* impone Γ obbligo di risalir pi sii, e chiederci come mai avvenisse quel cosi brusco accorciamento nelle voci latine ehe stanno a base delle voci francesi e italiane.

Se davvero in esse fosse sopravvissuta Γ arcaica aecentuazion latina, Γ accorciamento loro sarebbe in vero assai comprensibile;

sc non tanto per *viginti iriginta, ehe avrebber dovuto accorciarsi piuttoslo in *vmti trinta ehe non in *vtnti trtnta, certo pero per

*quadra(gi)nta quinqua(gi)nta ecc.; i quali insomma avrebbero tenuto Γ istessa via onde i nomi greci delle decine τριάκοντα πεντήκοντα cce. sono giunti ai roraaici τριάντα ΰαράντα πενήντα ίξήντα ecc.

Sennonche e egli possibile ehe Γ accentuazione arcaica persistesse solo in *quadraginta e simili, quando per ogni altra voce o cate- goria di voci essa ebbe ceduto interamente il campo? Non sono oramai a priori sgradite ai glottologi le ipotesi ehe pongono ecce- zioni arbitrarie a im qualunque processo fonetico normale? E non si fanno i romanisti sempre pi alieni dair evocare, sorpassando il solito e vero latino, lo spettro del latino arcaico, per ispiegare suoni, forme e voci romanze? E non έ poi dai riflessi spagnuoli e portoghesi effettivamente provato ehe qtiadraginia ecc. non si sottras- sero punto alla vera e definitiva accentuazione latina?

Resterebbe dunque tutt' al pi a supporre ehe, posteriormente alla romanizzazione della Spagna, il romano volgare ripristinasse Γ arcaica accentuazione in quadraginta ecc.; ed e in sostanza, salvo codesta delimitazione cronologica, l* opinione del Corssen', il qu le anche v* aggiunge parecchie altre voci ove lo stesso fatto si sarebbe avverato, desumendole in gran Aparte dal Diez.2 Ma un simile ripristinamento o ricorso a me riesce davvero incomprensibile. Di ricorsi, e vero, i glottologi ne vanno sempre pi discoprendo, ma con codesta parola intendono indicare semplicemente un f a t t o , non una forza, una causa operante, determinatrice di fatti. U o del Γ odierno toscano bono, sueceduto all' uo del toscano antico (e quindi italiano letterario) buono^ noi possiam dirlo un ricorso dell' o latino di bonus\ ma con cio non s* intende gia spiegato il fatto, quali ehe ne siano state le cagioni; e si tratta poi d' un fatto nor- male ehe si verifica in un' intera serie (nwo core ecc. ecc.). Ma ehe abbia luogo un ricorso, per il qu le, date tre fasi successive d' una lingua, A, B, C, un fenomeno normale della fase A, spentosi nella fase B, risorga sporadicamente nell1 ultima fase C, quasi per isviluppo di un germe ereditario, per una specie di atavismo, a quel modo ehe si vede talora in uno dei nipoti svilupparsi la tisi, di cui fu affctto Γ avolo, sarebbe una affermazione soverchiamente poetica.

Ben e vero ehe il Corssen non fa espiicitamente una tale affermazione;

· φ 1 Aussprache etc. II2, 944—946.

* In fine del vol. I della Grammatica. Altri voluti esempii dello stesso fenomeno si trovano sparsi qua e l nel Lessico; donde noi li trarrem fuori, aggiungendovene anche quanti altri ci vengano alla mente.

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94 FR. D'OVTOIO.

sebbene sia pur evidente ehe dei voluti ricorsi accentuali del volgar latino egli se ne compiace come di una postuma conferma della arcaica accentuazione da lui cäldeggiata. Ma neanche poi le due ra- gioni onde iL Corssen piü o meno spiega quei ricorsi, possono dirsi soddisfaqbiti. Poicho una, la tendenza ehe il volgar latino avrebbe presaia rimettere in rilievo la sjllaba radicale e piii signi- ficativa, della parola, spiegherebbe al piü *triginta ficätum ed alcune altre voci ma non spiegherebbe *quadraginta ecc.; ove sarebbesi do- vuto giungere a *quadraginia quinquaginta ecc. per ottenere l* intento;

senza poi dire ehe p. es. ai Romani nulla diceva piü il w- di vi- ginti! L* altra ragione, ehe, smarrita la quantitä nel volgar latino, fosse cosl cessata la causa ehe nel latino classico incatenava accento alla penultima sillaba lunga, e accento ricuperasse cosi la liberta ehe nel latino arcäico, non fattasi ancor tiranna la quantita, aveva go- duta, neanche puo menarsi buona! Giaccho, da u n lato il neolatino, pure smettendo le lunghe e brevi del latino, ne ha pero mantenuta la differenza sott' altra forma (qualitativa), e dalP altro la ripugnanza a fare sdrrucciole le parole aventi un gruppo consonantico nel l a penultima e, salvo rarissime e casuali eccezioni come mandorla dmberli ecc., rimasta saldissima nel neolatino, sieche e inconcepibile ehe questo un bei giorno pigliasse gusto a dire *trtgmta ecc. E in ogni modo, poi, resta seinpre objezione generica ehe risulta dal l a sporadicita dei casi additati dal Corssen e da altri. Come rnai cioe, mentre accento classico latino resto tanto vivo nella tradizione romanza, salvo gli spostamenti dovuti a potenti analogie o rinnovazioni morfologiche (come it. ritüni ecc. sp^ verifico ecc.) o suffissali (it teile exilis, conformato a umile utile ecc., o il poet.

umiU conformato a virile ecc.); mentre la sillaba accentata latina resto come il centro della parola romanza» e fu quasi la cittadella ove si rannicchio all' occorrenza tutta o quasi tutta la parola quando e dove si trovo piü esposta agl* insulti delle aferesi, delle apocopi, delle sincopi, delle crasi, degli affievolimenti (cfr. fr. age = *aefaticum ecc.); come mai, dico, sarebbe avvenuto ehe in alcuni numerali soltanto ed in poche altre voci la potente tradizione accentuale latina fosse sopraffatta o dalla tendenza a rilevare la sillaba radicale o dagli scatti dell' aceento liberatosi dal guinzaglio della quantita?

Ma veniamo all' esame di tutte le voci ehe, oltre ai numerali, sono state addotte dal Corssen e da altri, o si potrebbero con egual ragione addurrß, quali casi di preservato o rinnovato accento latino-arcaico; ed io spero di mostrare come si risolvano tutti o in mere illusioni, o in casi e serie speciali aventi speciali ragioni, öd in piccoli enigmi ehe, anzieht dar argomento di questa o quella tendenza della lingua, hanno invece essi bisogno d' essere studiati.

La rassegna sarä un po' lunghetta, ma non senza un frutto ehe va anche al di ta della tesi ehe trattiamo in questo lavoro.

S' incomincia con una serie di nomi locali: Teramo e TZrm1 da

1 Schuchardt (Vok. II, 378, 383) v* aggiungerebbe pure Termoli. Adduce inoltre cinque esempii di Iteramna, onde ne' riflessi italiani vede poi una

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I RIFLESSI ROHANZI DI VIGINTI ECC 95

Interamna, Taranto Tarentum, Otranto Hydruntum (e in iscriz. anche Hutrentum, gia assimilato a Tarentum), Solanto Solunte-, Ltpanto Nau- pactus, Brindisi Brundisium, Ebro Iberus, Ptsaro Plsauruml, Padova Patavium, Troyes Tricassae, Monza Modoetia. Ma Ebro Ltyanto Taranto·, seguono evidentemente Γ accento greco ζίβηρος ΝατΧπαχτος Τάρας), e su Taranto in ispecie si foggio Otranto (Ύόρονς) e So/an/o

(Σολονς)-\ e per Pesaro Padova Troyes si tratta d' accentuazione celtizzante, come ci awerte P Ascoli3 ehe fa anche la bella promessa di riparlarne altrove. E cosl diremo di Monza. Pi arduo e Brmdisi, anche per quell* /= #(//). Ma appunto questo i, ehe dovrebb' essersi sostituito, per assimilazione intersillabica, all* u, in epoca ehe fosse ancor protonico, farebbe credere ehe la fase anteriore sia stata "

appunto un * Brindisi, a cui risponderebbero il val. Briinduse e il dantesco Brandizio*, e da cui pote passarsi poi a Brindisi per la analogia fonologicamente remota ma geograficamente prossima di Taranto ecc.5 Di certo, dunque, e di schiettamente italico, non ci resta ehe Inttramna\* Sul qu le voglio anche rinunziare a scan- dagliare quanto possa aver contribuito il derivative (Teramano = Interamnanus)! Si tratta dunque di un unico nome, provinciale, e d' un nome di luogo, ehe vuol dire dei pi soliti a mantenere la forma tradizionale e a sottrarsi alle comuni alterazioni!

Dei nomi proprii quali Jacopo Eraclito Trasibulo Basilio Eugdmo Anti chia Posilipo sp. Isidro Ifigfaia ecc., e de* comuni quali idolo s^dano prezztmolo anise aconito irpete gardfal senape7 tetragono siniomo fisima metam rfosi filantropo accbl o tremo dibcesi acddia adbnio miope me ora antifona sp. poligloto ciclope heroe peritoneo fr. encre ecc.

e perfin superfluo il dire ehe serbano semplicemente Γ accento di Ίάχωβος Ηράκλειτος θραύνβονλος Βασίλειος Ενγένειος Αντιόχεια Πανΰίλνπος Ίΰΐόωρος Ιφιγένεια ecc. εϊόωλον οέλϊνον πετροοέλινον ανϊοον άχόνΓτον %ρπης^ χαρνόφνλλον lrcbu τετράγωνος ΰνμπτωμα φνύημα μεταμόρφωοις φιλάνθρωπος άχόλον&ος έρημος όιοίχηΰΐς άχήόεια άόώνειος μύωφ τα μετέωρα

semplice aferesi d' t·. Ma forse vi fu aferesi df in·, per un processo inverso a quello ehe diede il boccacce&co nel ninferno; e cfr. Vusignuolo di fronte a la lUrre e sim.

1 L» -7- risulta da Catullo, 8l, 3.

* Si veda, oltire Diez, il M a r t i n i nella „Riv. di fil. class." VII 14411, e Γ A s c o l i nell' Archiv. III 464. έ noto poi,come il lecccse abbia finito col dire Tardntu Otrantu, Arch. IV 126. Anche Ofanto Aufidus sar analogico (cfr. Asc., 1. c.). L' it. Epiro "Ήπειρος e un error di fatto dei Diez.

» 1. c.

4 Purg. III, 27.

5 Un' altra ipotesi, men verosimile, relego qui in nota. Set come col F l e c h i a (Riv. di fil. cl. IV 348) inclino a credere, i nomi cittadini in -t come Ascoli Girgenti Eboli Rimini ecc. risalgono a locativi latini, allora Brundfsil Brundi si avrebbe, forse ritratto P accento come Nigidio Figulo voleva in Valeri e sim. vocativi di Vattrius e sim. Ma bisogna rammentarsi ehe Nigidio n' era deriso dagli altri grammatici.

β Cfr. Ascoli, Arch. IV 126, n.

7 II napol. dice latinamente senape (lecc. sandpu: Moros i Arch. IV 139), lo sp. jendbe, Γ Alta Jtalia sendvra ecc. di ehe v. M u s s a f i a Beitrag etc. p. 104, Ascoli Arch. VII 504.

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96 FR. D'OVIDIO,

τα αντίφωνα1 πολιγλωττος χνχλωψήρωςπεριτόνεων εγκανΰτον ecc.2 E per alcuni, come Basilio Antiochia htroe ecc., s* aggiunge la ten- denza fisiologica latina all* abbreviazione della vocalc in iato, la qu l tendenza puo persin giungere a far violenza allo stesso accento greco, com' avviene in Dario Alessandria = Λαρείος Ϊ4λεξανόρεία, microscopio

= μιχροοχοπεϊον, sp./armacia φαρμακεία, pg. policia fr. police πολι- τεία', e per altri contribuirono le analogie di altri grecismi o anche di voti latine, come p. es. sui composti di -γωνος poterono iniluire quelli di -γόνος, su Eradito il suo antitetico Democr o Δημόκριτος*, e cosi via.

II Diez (IIb) pone lo sp. pocima da ποτίομα. Ma il greco invece e πότιομα', ondenon v* e ritrazione, in spagnuolo, deir accento, ma conservazione di quello greco. La fase intermedia e *potsima con quell' inversione di st in is cosi consueta allo spagnuolo.

1 Cfr. invece il napol. cafone, il contadino, ehe sar stato considerato come „U mal parlante" = χαχόφωνος.

2 Non ho messo in quest* elenco il sost. biasimo poiche lo tengo per ricavato dal verbo: il sost. greco ehe apparentemente gli risponde, βλάοφημος, e un „nomen agentis", quindi non fa al caso. — Alcune voci poi, corae meta- morfosi, rappresentano intere serie.

? Quest' ultimo esempio e dello Z a m b a l d i ; del cui veramente prezioso libro „Le parole greche nelF uso italiano" (1883, presso il Paravia) mi sono largamente giovato; come certo vi troveranno grande ajuto e materia di Studio tutti gli studiosi di cose romanze, pur notandovi qua e l delle inesattezze.

£ appunto vi sarebbe da computare, sulla sua scorta, in quanti altri casi la voce greca e invece ridotta a accentuazion latina, cioe ritratto Γ accento se la penultima e breve (Dembstene agape cbllera ecc. Λημοσ&ένης αγάπη χολέρα) e avanzato se e lunga (apotebsi assibma poema Medda άπο&εωσις αξίωμα ποίημα Μήδεια ecc.)^o ritratto solo pi o meno se si tratta d* ossitoni (Zpoca εποχή Sileno Σειληνός ecc.); e in quanti casi poi il mantenimcnto dell* accento greco, come in Edipo idea chitarra paragone amnistla ecc.

Οίδι πονς loia χι&αρα παραχόνη ( T o b l e r ) αμνηστία ecc. infranga le leggi accentuali latine in senso affatto opposto a quello esemplificato qui sopra. Come vi sarebbe pure da scandagliare le particolari influenze ehe han determinato spesso delle vere anomalie, ora facili ora ardue a spiegare, ma ehe pure non dan luogo a nessuna conclusione, perche ve ne sono nelle pi opposte direzioni.

Cosi da un lato flemmone gnomone artiinone φλεγμονή γνωμον- άοτέμον·, dall* altro anhnone ανεμώνη e Aristide Erdclidi Άριοτείοης Ηραχλεϊδαί (per anal, di Pelbpide Πελοπίδης ecc.) e ptetora carattere πλη&ώρα. χαραχτήρ-;

da un lato Giapeto Taig to cattto Ίαπετός Ταύγετον χά&ετος (ove Z. vede P infl. di amuUto ecc. ehe pero ha l' e stretta) e sfactlo σ φάκελο ς diatrlba διατριβή e triaca &ηριαχά (scambio d' acc. tra vocali attigue); dall' altro Zndica £ν&ήχη, sp. atmosfera *ατμόσφαιρα, it. uretra ονρή&ρα (falsa applicaz:

della posiz. debole, e cosi per lo sp. Cleopatra idolatra), diac dio δια χωδειων ecc. E sopratutto sono da considerare le ragioni cronologiche (Agapito p. es.

da Αγαπητός accenna a tempi di itacismo e di smarrita quantit ), e la pi o meno popolarit dei grecismi, e i doppioni come befana letdna e epifanla litania, Posllipo e Posilippo. Ma io son costretto a fermarmi a quel ehe im- porta a me: dove, cioe, pare ehe le voci d' origine greca diano un accento ritratto, gli e ehe o mantengono Γ accehto greco o soggiacciono a perturba- zioni analogiche, bench6 non sempre determinabili; e ad ogni modo ai molti casi d' accento, o ritratto, o non avanzato latinamente, se ne contrappongono almeno altrettanti d' accento o avanzato o non ritratto! Ondc nulla si puo cavarc, dai grecismi, a pro della tesi Corsseniana. Cfr. anche le „Metamor·

fosi di Ovidio" da me annotate (Napoli, Dom. Morano, 1883), nelle note> passim.

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l RltfLESSI ROMAKZl DI VlGINTl ECC 97

Ad accentuazione celtizzante (oppur francica ?) saranno poi da ascrivere certi curiosi nomi di persona deir ant. fr.: Oye Eutychio-, Hisque Hesychio-, Rome Romadio-, Sendre Sinerio-, Vendre Venerio-,

Vtte Basilio-1.

Dan pur da fare i continuatori di due nomi di piante, trifolium e aquifolium, cioe il fr. trtfle sp. iribol pg. trevo, e lo sp. acebo^\

i quali han fatto argomentare al Corssen un trifolium ecc. Sennonche, accompagnandovisi anche la perdita delP -/'-, bisogna Stabilire, col Diez, piuttosto un *trifolum; il qu le, pi ehe dar prova della possi- bilita di ritrar Γ accento sulla quartultima, la darebbe forse della impossibilita; poiche mostra non essere in questa voce potuto andare Γ accento in quartultima (siane poi qualunque la causa) senza subito renderla terzultima mediante la soppressione d' una postonica! Ad ogni modo, trattandosi di nomi di piante, cioe ehe arieggiano a nomi proprii, non sarebbe strano vedervi P azione delP accento celtico; ovvero bisogner , e sar forse meglio, accogliere Γ ipotesi del Diez, da lui poco felicemente respinta sul punto stesso ehe la metteva avanti3, ehe cioe la voce latina trifolium cedesse o si parificasse alla greca τρίφνλλον; e io vedrei poi in acέbo o *aquifolo- una confonnazione analogica.4 E qui ei soccorre subito il bell*

esempio di garbfalo sp. pr. fr. girofle pg. girofe da χαρνόφνλλον (mentre T accento latineggiante c'e offerto dal valacco carofil, cosi come lo troviamo ηβΙΓ it trifogtio ecc.); ed anche quello delP it. tlmolo sp. timalo da thymallus *&νμαλλος (P etimo thymlnus, del Diez IIa, e un vero usurpatore; ne conviene sotto il rispetto fonetico, ehe da esso l' it. avrebbe *temino *temero e lo sp. *timbro). E insomma poi, chi pensi quanto v* e di gergale nei nomi delle piante e delle sostanze ehe se ne traggono, a quanti scambii internazionali vanno soggetti, a quanti bizzarri strazii fonetici sono condannati (cfr. man- dorla oleandro santoreggia gelsomino mugnaca albicocco bomberaca ecc.), trovera ehe noi abbiamo data ragione pi ehe sufficiente di trtfle ecc., senza ricorrere a nuove leggi d' accentuazione.

1 P a r i s , Sur le role etc. p. 39.

2 Perche acebo non abbia Γ -/ come trt ol, io non so. Del pg. trfoo non parlo, perche e in regola: cfr. pg. diabo povo, ecc.

8 Less. I s. trifoglio.

4 Si noti intanto ehe una terza consimile voce botanica, sinonima a questa seconda, vale a dire acrifolium, ha dato in sp. crebol (ossitono ?), catal. g r εν l.

— Del resto l* influenza anajogica di *trifol(i)o- su *aquifol(i)o- non la potrebber negare neanche quelli ehe spiegan la ritrazion dell' accento colla pretesa ten- denza a rilevare la sillaba radicale; giacche, dato e non concesso ehe questa tendenza potesse spinger P accento su tri-y in aquifolium invece lo avrebbe dovuto far rinculare addirittura sulP a-, sulla quintultima, per ottenere P intento ! Che idea poi potessero pi vedere i volghi latini d' Iberia nelP aqui-, io non so; poichfe in questa voce P aqui· e affine a acus, e la parola tutta vien a dire „dalle foglie acute, spin se", perfettamente come il sinonimo acrifoUum\

il qu l concetto non potea, credo, esser pi molto sicuro nella mente di quei volghi, ne potea essere, per indebita analogia, sostiluito dal concetto di aqua.

Quest* Ultimo sarebbe parso realmente inopportune, ne formalmente risultava dalla vera forma ehe suonava sulle loro bocche, ehe era *acifolium, come mostra acebo; e cfr. aquipenser actpenser.

Zeitsohr, f. rom. PL11. Υ1Π. 7

(17)

98 FR. D'OVIDIO.

Nel vg.funcho finocchio vede il Diez un fobniculum. Ma sarebbe allora *fencho (cfr. difatti il ted. Fenchel, voce romana con impronta germanica)! lo spiego o come una contrazione di *feuncho =

*fenucho (cfr. espicho = spiculum), con uno di quegli spostamenti di -n- di cui io sono stato, se non m' inganno, il primo ad additare un largo filone in lingua portoghese1; ovvero pensando ehe cosi

*foenuculum sarebbe stato trattato troppo diversamente da *peduculus

*genuculum (piolho geolho), lo traggo da un *fe(n)uncho *foenunculum (cfr. mancha macula per -.n- inserta; e chumbo fnnda ecc. per -#-). E men ehe mai posso ammettere la ritrazion d' accento ehe il Diez vedeva nel pg. cinza cinigia; il quäle per me risale ad un *ceinza, sottentrato, per il solito spostamento d' -«-, a ceniza, ehe ci e serbato tal quäle dallo spagnuolo.2

Prima di allontanarci definitivamente dai norai di vegetali, ricorderemo segala -eile -o/a, bol. sh'gla, milan. segra, piem. seil, franc. seigle ecc. ehe danno accento sulla prima nonostante la penultima lunga deir etimo (secäle), e trattano anche e come fosse e.

Sennonche, donde gli ernditi hanno attinta con tanta sicurezza la quantitä di questa voce latina, se essa non occorre ehe in un pro- satore (Plinio), ne ha nessuna etimologia chiara? Qualcuno ci ha vista, com* era naturale, la rad. di secare, ma sarebbe questo, mi pare, il primo esempio di un -äle- adoperato a derivar nomi immediata- mente da radici verbau! Meglio sarebbe confessare ehe nulla si sä della provenienza ne della quantita e delF accento di questo nome botanico, e ehe i riflessi neolatini stanno in gran parte per un secäle, ed altri (venez. segala, mantov.sga/a valacco secare) per un secäle;

ehe quindi il latino dove forse oscillare tra le due forme; e ehe probabilmente la seconda surse per falsa analogia delle tante voci in -5&-.

Quanto allo sp. grulla pg. grulha gru, ehe il Diez traeva da

*grutcula, io, ad ogni modo, non me ne preoccuperei, trattandosi di scambio d' accento ehe sarebbe avvenuto tra vocali attigue (su ehe vedi una nota nelle prime pagine di questo scritto: mailrc ecc.) e quindi non di quel vero salto dell' accento da sillaba a sillaba, con interposta consonante, ehe e il nodo della questione; eppoi, escludo anche la supposizione ehe il Diez volle fare d' un diminu- tivo *gruicula. Poiche il lessico latino non ci da alcun diminutivo di grus, non ci resta dunque ehe consultare quelF altro nome ehe solo, nella latinitä, fa il pajo con grus; ehe e sus. Del quäle il

1 Vedi gli esempii arrecati in una delle prime pagine di questo scritto e la pag. 47 della mia Gramm. Port.

2 Meno male ehe nessuno penso al pg. ßndo infindo finito ecc. (ehe 6

*fiindo = finido ecc.); altrimenti sarebbe stato certo postulato un fimtus in- iinitus! — Una voce notevole il pg. endro sp. eneldo, ehe dice „anoto".

Io modifico etimo dieziano cosl, ehe vi vedo, piuttostoche il semplice anWium, la forma dimin. *anotolo-, donde *aned(o)lo, e quindi in sp. aneldo eneldo col solito Id da dl, e in pg. *aondlo col solito -»- spostatcs e qu. *ondlo con la solita contrazione (cfr. sttta saetta), e qu. endro col solito / in r, come in regra regola, nobre ecc. (Gr. Port. p. 13—14.)

(18)

I RIFLESSI ROMANZI DI VIGINTI ECC. 99

lessico latino ci da effettivamente i dimin. suculus sucu/a. Porremo adunque anche un *grucula, donde, senz' alcuno sforzo, lo sp.

«rulla ecc.

Di un verza = viridia e strano il parlare, quando e evidente ehe si tratta di un *virdia ehe segue regolarmente vir(i)dis ecc. gi sincopato! Tanto farebbe parlare di un veglia da vigilta, mentre e ricavato da vegliar'el· E in quanto a desti festi, ehe sl son desunti rla dtdisti fecisti'1, il primo invece non e ehe una continuazione afcretica di (de)dtsti, tanto e vero ehe ha Γ t stretta (= i ) non Γ <? perta ehe sarebbe richiesta da ded-; e il secondo e una fonna- zione analogica (la normale e factsii fectsti, nonostante Γ a = e per analogia delle voci del tema del presente), come lo son fei fej femmo fenno jerono, ove sarebbe assurdo pensare a -/- espunto (ehe sarebbe come dire un ital. *pae peTpace/); e come certo demmo (con έ stretta) non e ded(t)mus, bensl sta a questo come facemmo a fecimus e vedemmo a vidimus, cioe e riconiazione analogica. Ne alcuno di certo vorra, a spiegare apro ctiopro sp. asgo, fr. chauffe, e sim., postulare oggi un aperio c(o)6perio apiscor *calefico e"sim.; come nessuno raddurrebbe parlo a *parabolo! Ognuno ci vede Γ eflfctto dell' attrazione delle forme come apri = aperis, cuopre c(o)6perit, parlare ecc.3 E dicasi lo stesso di recere, c gfare, ehe non e rt- licere ecc., ma segue r he = roicit (cfr. il reic* virgil.) colligit\ e anat.

son ptrmuio irrito irvuhtigo assevero persevero = perm to irrito ecc.

E del pari, nessuno oserebbe pi vedere in sorto un surrectus o sta- bilire continuita tra sorto e il sortus di Festo: ognuno vi scorge un participio pl^smato su sorgo sorgere, ecc. come pMo da p rgere ecc.

(non porrectus) e volto sciolto da volgere sdogliere ecc. (non voi tus exol tusf)l· E l* a. fr. sezme non έ sede mus, ma έ fatto su sedme septimus (cfr. uitme noefme dizme). E cosi, a puro livellamento sirame- trico colle tre persone singolare e la terza plurale ognuno ascrive la ritrazion d' accento ehe e nelle due prime persone plurali dell' imper- fetto indicativo e del piucchepperfetto congiuntivo latino di tutti i verbi, in ispagnuolp e in altri idiomi neolatini (cantabamos cantabais ecc. come caniaba cantabas ecc.; cantasemos ecc. come cantasc ecc.) o anche del piucchepperfetto indicativo (sp. cantaramos ecc.). Si tratta, per vero, anche d' un livellamento ehe non puo risalire nem- mcno a epoca preromanza, stante la discordia ehe mostrano i varii

1 Anche del bdlnZum da balineum βαλανεΐον, ehe si adduce per la stessa legge dell' accento arcaico, m' e parso sempre pi semplice pensare ehe risalisse a *baln*um con sincope di i protonica da balineum. L* abbre- viazione dell' e in iato s' ha da porre seguita dopo l a detta sincope, non prima.

2 V. p. es. Z a m b a l d i op. cit. p. 64.

8 Lascio poi stare ehe lo sp. astr e per lo St r m (RomaniaV i66sg.), piuttosto ehe apisci^ un ricavato di desasir composto di an verbo rispondente al franc. saisir, e scomposto illusoriaraente in dt$-asir.

4 Cfr. Ascoli, Arch. ΙΠ 3260. — Rammento poi per cautela ehe lo sp. despierto έ semplicemente exptrg us, non un exporrectus\ — Quanto allo sp. pg. catal. dengue sardo denghi, smorfietta, ehe il Diez pareggia all* h.

„diniego", sar affatto superfluo Γ avvertire ehe la difierenza d* accento rispetto alla voce italiana viene da cio ehe il sost. dengue e ricavato dal vb. dέn2go.

7*

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