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GIORNALINO SCOLASTICO DEL LICEO VERONESE GENNAIO/FEBBRAIO 2021 NUMERO 2

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GIORNALINO SCOLASTICO DEL LICEO VERONESE GENNAIO/FEBBRAIO 2021 NUMERO 2

Parliamo di noi:

da Tik Tok alle serie TV

l’America volta pagina

Covid: una montagna da

scalare

Interviste

doppie

(2)

Dopo che nei primi mesi di scuola l'attività di comunicazione è stata condotta grazie alla classe seconda f con i contributi di alcuni alunni di altre classi, con il 2021 il progetto comunicazione avvia i propri incontri. E l’attività non si ferma nemmeno durante questa pandemia, anzi introduce delle novità: il gruppo si incontra a distanza su Meet per realizzare articoli più brevi, accompagnati da qualche immagine. Nel primo numero si trattano diversi temi, partendo dalla situazione attuale in cui noi giovani ci ritroviamo:

nello specifico si parlerà delle nostre distrazioni, come le serie televisive e la famosa app TikTok, e dei neo diciottenni costretti a festeggiare il loro compleanno a casa. Verrà anche raccontata la storia di Michele Bravi e di come è riuscito a superare il suo trauma, rappresentato da un incidente mortale da lui causato a una ragazza in motorino. Si parlerà, poi, della scuola, riportando l’esperienza della didattica a distanza per le

“matricole”, e del Prof. Ruggiero, che dopo aver collezionato centinaia di visualizzazioni con un video in cui appare mentre suona il pianoforte della scuola, racconterà le sue passioni artistiche. Inoltre si tratterà anche dell’attualità, descrivendo la situazione negli Stati Uniti, parlando della pena di morte e, in particolare, riportando la storia della prima donna condannata a morte negli USA.

Irene Marcon, 4^F

INTRODUZIONE

INDICE (Angelica Filippin)

1. Scripta manent 2.0 2. Introduzione – indice

3. Gli studenti “vivono” su tik tok 4. Quando il web “uccide”

5. Michele Bravi riparte da un album 6. L’America volta pagina con Joe Biden 7. Beccaria non ha insegnato niente 8. Parliamo di serie TV… Bridgerton 9. Parliamo di serie TV… SanPa

10. Parliamo di serie TV… Dawson’s Creek 11-16. A ruota libera sul covid

17. intervista doppia: diciott’anni al tempo del covid 18. intervista doppia: Filippo e Gaia a confronto sulla dad 19. scuola e sport al tempo della pandemia

20. didattica a distanza: c’è qualcosa da imparare 21. una partenza da… paura

22. intervista al professor Ruggiero. L’eredità più grande di un nonno: la passione per arte, musica e teatro

Coordinamento: Laura Bon Impaginazione: Martina Poggi

Tutor Matricole: Marianella Stecca e Marta Guizzo

Lavoro svolto con la collaborazione del gruppo radio (responsabile Prof.

Alessandro Rossi)

(3)

C’è il ragazzo che piange sommerso dalle verifiche, quello che è in preda al mal di testa dopo una full immersion nelle videolezioni, quello che ha provato invano a dire che la connessione non funzionava. Il tutto è diventato sempre più protagonista di Tik tok, una piattaforma che ha spopolato negli ultimi anni, ha assunto un ruolo sempre più fondamentale soprattutto durante la pandemia per i giovani e, sorprendentemente, anche per gli adulti.

Essendo ormai diventata parte della nostra quotidianità, si è sviluppato un bisogno comune di condividere sia i momenti belli che quelli più brutti, come la didattica a distanza. Da qualche mese infatti, tramite Tik Tok, gli studenti italiani esprimono la loro frustrazione nei riguardi della scuola che, come il corona virus, non fa sconti a nessuno.

Ma come è possibile trasmettere una così grande sensazione tramite un semplice video? Le modalità sono tante, diverse tra loro ma accomunate dallo stesso obiettivo: mostrare la realtà della scuola a distanza attraverso gli occhi di uno studente.

C’è chi piange e chi pubblica video felici di momenti passati con gli amici alle feste o tra i banchi di scuola; in questi casi però, il sottofondo non è più una semplice canzone, ma la voce a tratti triste e a tratti ironica degli studenti stessi.

Agli occhi degli adulti potrebbe sembrare una perdita di tempo, un qualcosa che non porta alcun risultato; ma per i ragazzi è un mezzo per dare e ricevere sostegno morale dai coetanei. È infatti sorprendente come i giovani, tramite i commenti sotto ai video, riescano ad aiutarsi molto più di quanto non faccia la scuola stessa.

Per quanto la tecnologia possa avere dei limiti, qualche anno fa sarebbe stato impensabile trovare così tanta solidarietà tra i giovani e questi eventi stanno avendo un impatto talmente grande che potrebbero essere ritenuti “i figli del ‘68”. Un paragone eccessivo? Piuttosto il simbolo di una rivoluzione che anche noi, nel nostro piccolo, stiamo facendo.

Beatrice Merlo, Martina Poggi, 4^F

GLI STUDENTI “VIVONO” SU TIK TOK

Lo stress dei ragazzi diventa trendy sulla piattaforma social

Attualità

(4)

il caso di Antonella morta per una “challenge”

lanciata sui social

In Sicilia, una bambina di soli 10 anni è presumibilmente morta per una challenge. La ragazzina si sarebbe chiusa in bagno per realizzare un video per la “blackout challenge”

che consisterebbe nel legare una cintura al collo e vedere per quanto tempo si riesce a trattenere il respiro. Ma chi è il colpevole di tale morte assurda?

Tutti i mass media e di conseguenza l’opinione pubblica si sono scatenati contro Tik Tok,

una piattaforma che sicuramente sta spopolando fra i giovani, ma come ormai ogni social può essere un trampolino di lancio per situazioni pericolose.

Tik Tok del resto viene visto quasi sempre negativamente, soprattutto dagli adulti che lo considerano quasi una piattaforma inutile.

In realtà dietro ai cosiddetti Tik Tok c’è una voglia immensa di esprimersi, qualsiasi video si stia facendo, e assolutamente non ci sono solo balletti, ma anche recitazione, video di cucina, insegnanti di inglese, video educativi;

a qualsiasi altro talento questa piattaforma darà valore.

C’è stata molta discussione però su questo social soprattutto dopo il periodo di quarantena visto che gli utenti che hanno iniziato ad utilizzarlo sono quasi raddoppiati e lo scandalo accaduto in Sicilia lo ha fatto entrare nell’occhio del ciclone...

Ma la triste verità è che questa challenge effettivamente non ha mai spopolato su Tik Tok: era invece diventata, per un breve periodo, virale su Youtube più di due anni fa.

Quindi perché strumentalizzare la morte di una bambina per incolpare Tik Tok?

Secondo le ultime ipotesi la bambina è stata costretta nella chat dell’applicazione a fare questa challenge magari con la promessa di diventare virale, ma ancora non c’è prova effettiva dell’accaduto. A questo punto è chiaro che molti aspetti saranno destinati a rimanere oscuri: un dato di fatto però è indiscutibile Antonella era solare e gioiosa ma ossessionata dai social; basti pensare che aveva tre profili Facebook e cinque profili Instagram… forse un po’ esagerato per la sua tenera età visto che anche secondo queste piattaforme l’età minima per accedere sarebbe di 14 anni.

Ma quindi, la colpa è realmente di Tik Tok?

Dei genitori? Della stessa bambina?

Forse non si deve dare colpa a nessuno in particolare per questa tragedia ma semplicemente riflettere sulle conseguenze e sui pericoli che possono portare i social che come ogni cosa vanno usati con la testa.

Emma Feltrin, 2^E

QUANDO IL WEB “UCCIDE”

Il caso di Antonella morta per una “challenge” lanciata sui social

Attualità

(5)

Nella vita tutto è incerto, non bisogna dare per scontata la nostra quotidianità poiché può essere stravolta da traumi, che possono coinvolgere chiunque in maniera inaspettata.

Un esempio ne è la storia del giovane cantante Michele Bravi che nel novembre del 2018 ha visto la sua vita cambiare in un millesimo di secondo, nel momento in cui è stato coinvolto in un incidente dove ha perso la vita una donna.

Sin dall’inizio ha deciso di assumersi la responsabilità perché non voleva dare un altro peso alla famiglia della vittima, già fortemente provata.

Ma cosa ne è stato poi di Michele Bravi?

Semplicemente ha smesso di essere parte della realtà, del presente: si è chiuso in se stesso per un lungo periodo; racconta di allucinazioni visive e sonore, di un silenzio interiore ed esteriore, non riusciva più a sentire le persone a lui vicine.

"Per mesi non ho pronunciato parola, ho cercato di rimanere a contatto con il reale, ma è stato impossibile: ho avuto paura di impazzire" ha confessato durante un'intervista.

Ad aiutarlo in quei momenti è stato un amico, da lui definito " un angelo": l'ha convinto a farsi aiutare e, proprio attraverso la terapia EMDR, è riuscito a tornare alla realtà, dando massimo valore al "qui e ora".

Michele racconta oggi di avere ancora paura dei social; piano piano peró, da alcuni mesi è tornato in questa piattaforma, trovando un mezzo di comunicazione alternativo: parla e racconta di sé attraverso immagini, atmosfere, frasi sospese...

Infine è tornato anche a ciò che è sempre stato il suo luogo sicuro: la musica.

Ascoltando la canzone "Always remember us this way" di Lady Gaga, infatti, ha capito che era la musica la soluzione a quel suo silenzio, ha capito l'importanza di esprimere il periodo buio trascorso, proprio attraverso delle canzoni.

Da qui si è affidato alla frase detta da un amico: "La musica non salva da niente, però può disegnare un pezzo del labirinto" e così ha fatto: si è messo a scrivere un intero album che, dopo due anni di silenzio, uscirà il 29 gennaio.

E proprio in merito all'album, intitolato "La geografia del buio", Michele Bravi ha svelato che questo progetto è un racconto attraverso la ferita del mondo; è una perdita di aderenza dal reale e il tuffo in un'oscurità che racchiude in sé la violenza della vita e riscopre nell'amore l'unica salvezza; un amore che non combatte il male ma che aiuta a disegnarne la geografia.

Elisa Banchieri, Francesca Battilana 4^A

MICHELE BRAVI: IL TRAUMA

"Ho avuto paura di impazzire, ora riparto da un album"

Attualità

(foto di Giorgia Mattioni)

(6)

Ecco che il grande momento, il 20 gennaio, è arrivato: l’insediamento, il trasloco più dibattuto della storia, quando Trump, mettendo da parte il suo orgoglio, ha asciato le chiavi di casa nelle mani del nuovo presidente Biden. Ma percorriamo a ritroso i trascorsi del lungo processo per arrivare fino ad ora.

14 dicembre 2020, il giorno in cui gli Stati Uniti, così come il resto del mondo, trattenevano il respiro, aspettando la fine delle 59° elezioni presidenziali, in cui si è vista un'agguerrita contesa tra i due esponenti dei partiti democratico, Joe Biden, e repubblicano, Donald Trump, per la conquista della Casa Bianca.

Alla fine il primo è risultato il prescelto dagli Americani e l’altro, incredulo, non ha voluto e tutt’ora non vuole ammettere la sua sconfitta.

Trump ha sostenuto che l’esito delle votazioni fosse stato truccato e ha minacciato ricorsi legali, creando disordini in Parlamento.

A sostegno della sua posizione si è rifiutato di cedere i poteri allo sfidante e di presiedere alla cerimonia di insediamento.

Ad aggravare di più la situazione sono stati i suoi discorsi ai sostenitori; i quali, secondo il governo, erano di incitamento all’insurrezione e di fatto hanno portato una folla di trumpiani e antidemocratici, armati in stile barbaro, ad invadere la sede di governo a Capitol Hill il 6 gennaio.

Giornata considerata come una delle più cupe nella storia statunitense e che ha avuto come tragica conseguenza la morte di 4 manifestanti e un poliziotto. Ma perché fare un assalto proprio in questa data? Il 6 gennaio era il giorno in cui l'esito delle elezioni è stato ufficialmente consolidato attraverso l'esaminazione dei voti, votazioni che, secondo Trump e i suoi estremisti, sono state "rubate". Questo colpo di stato, dettato dalla paura, però, potrebbe essere lo spartiacque per nuove rivolte.

La tensione è palpabile, specialmente a Washington, presidiata dalle forze armate, ma non si escludono colpi in nessuna delle capitali Americane.

Se l’obiettivo di Trump era quello, alle prossime elezioni, di candidarsi come presidente del partito repubblicano, questo è l'evento che l’ha portato al secondo processo per impeachment e l’ha reso anche il primo presidente della storia a subirlo nell’arco di un solo mandato.

Di sicuro, presume per lui una fine piuttosto fallimentare.

A confermare ciò sembra il distacco che molti di entrambi i partiti hanno dimostrato nei suoi confronti per le sue ultime decisioni, tra questi l’ex governatore californiano Arnold Schwarzenegger.

Anche le piattaforme social Twitter e Facebook hanno deciso di prendere posizione e eliminare il suo profilo, tagliandolo così fuori dalla rete, forse appellandosi anche alla disapprovazione e amarezza di molti utenti famosi come Stevie Wonder, Selena Gomez e Cardi B.

L’estrema decisione è stata presa perché ritenuto instabile nei messaggi inneggianti all’odio che dava al grande pubblico.

Il tramonto dell’era trumpiana dunque sembra avvicinarsi, ma sarà realmente così?

L'ex presidente pare aver aperto la strada ad un fenomeno tutto nuovo e a lui ispirato, ovvero il trumpismo. È un'ideologia plasmata su arroganza verbale, razzismo, misoginia, bullismo politico e utilizzo deliberato di notizie false. Nonostante ora l'era di Trump sia agli sgoccioli, questi fondamenti hanno posto radici profonde nella mentalità di coloro che sostengono il presidente in uscita. Attualmente è difficile tracciare la scia di questo pericoloso fenomeno, ma chissà, forse potremmo vedere i risultati amplificarsi in un futuro prossimo. Se era questo ciò che Trump aveva intenzione di diffondere, beh ecco servito un nuovo virus.

Greta Bianchin 3^E, Giorgia Callegari 4^F

L’AMERICA VOLTA PAGINA CON JOE BIDEN

L’insediamento del 20 gennaio preceduto da gravi disordini

Attualità

(7)

Circa duecentocinquanta anni fa uno dei massimi esponenti dell'Illuminismo italiano stava scrivendo il suo capolavoro “Dei delitti e delle pene”, dove ponderava lo scopo delle condanne. Questo mese Lisa Montgomery, 52 anni, è stata sottoposta all’iniezione letale nel carcere di Terre Haute, Indiana. Colpevole di omicidio e sequestro di persona, Lisa Montgomery è stata la prima donna ad essere messa a morte negli U.S.A. a livello federale in settant’anni. Precedentemente rimandata per consentire un’indagine psichiatrica sulla donna, l’esecuzione è stata effettuata il 12 gennaio 2021.

Negli Stati Uniti d’America la pena di morte esiste tuttora in 28 stati su 50. Ma chi furono i primi in assoluto ad abolire questa pratica? Ebbene sì, fummo proprio noi italiani nel 1786, condizionati dai valori illuministi del tempo.

L’intellettuale milanese Cesare Beccaria fu in particolare una figura di grande influenza nell’Europa di fine Settecento.

Le idee presentate dall’autore nel suo breve saggio, posero fine a crudeli torture e trattamenti ingiusti in carceri di molti luoghi. Quasi trecento anni dopo, però, la pena di morte è presente in 53 paesi: questi ideali, purtroppo, non hanno ancora raggiunto certi angoli del mondo.

Possiamo dire allora che ci sia veramente rimasto qualcosa di Beccaria, autore talmente rilevante da aver ispirato molteplici leader mondiali tra cui i padri fondatori degli stessi Stati Uniti d’America? Il suo punto di vista progressivo sul valore della pena e la dignità dell’uomo ha realmente lasciato un segno e ha continuato a vivere fino ai giorni nostri? Casi del genere sembrano affermare il contrario.

Elisa Zanchetta, 4^F

BECCARIA NON HA INSEGNATO NIENTE

Lisa Montgomery condannata a morte negli USA: la prima in 70 anni

Attualità

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E’, da settimane, in testa alle classifiche di Netflix. Piace agli alunni come alle prof. Fa discutere per qualche scena non proprio casta, ma anche sognare per quelle più romantiche.

E’ Bridgerton, una serie televisiva statunitense creata da Chris Van Dusen e prodotta da Shonda Rhimes, basata sui romanzi di Julia Quinn.

Ma perché la serie ha fatto colpo? La trama tratta diversi temi , in particolare l’amore tra la giovane Daphne e l’affascinante Simon e la passione che li travolge. Fin qui nulla di particolarmente innovativo. Se però sei un nobile nell’Inghilterra dell’ ottocento tutto si complica e si arricchisce di spunti.

Toccando anche temi che spesso, comunemente, vengono taciuti.

Un esempio è l’insolita interpretazione di personaggi di colore appartenenti alle classi più abbienti, come lo stesso duca Simon, la donna che lo ha cresciuto, Lady Danbury, e la regina Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, moglie del re Giorgio III.

Storicamente infatti si ipotizza che quest’ultima abbia avuto origini africane, da cui derivarono poi l’ascesa del duca e la sua famiglia nella nobiltà inglese.

Secondo altri, invece, viene definita “mora”

non tanto per il colore della pelle ma per la religione musulmana, anche se alcuni sostengono fosse in realtà cristiana.

Non passa di certo in secondo piano nemmeno l’innocenza dovuta in primo luogo alla giovane età della protagonista, ma anche alla mancanza d’istruzione e alla chiusura mentale che caratterizzava la società dell’epoca.

Quando molte giovani arrivavano al sì senza le minime conoscenze a proposito di sé e del proprio corpo.

Dal punto di vista storico vengono messe in evidenza le posizioni sociali, che emergono maggiormente con Antony, fratello maggiore di Daphne, innamorato perdutamente di una cantante lirica la quale però non appartiene all’alta società e quindi non “fa per lui”.

Non passa in secondo piano nemmeno il ruolo della donna dal punto di vista culturale e lavorativo: Eloise, sorella minore di Daphne, non vuole sposarsi ma dedicarsi agli studi e alla scrittura, ma sembra che ciò non rientri proprio fra le prospettive previste per lei.

Che infatti va contro corrente, dato che il compito della donna dell’alta società era quello di trovarsi un buon marito per non farsi attribuire il titolo di “zitella”.

Tutte queste vicende sono narrate da una voce misteriosa che si nasconde dietro al nome di Lady Whistledewn la quale puntualmente pubblica in un giornale scandalistico tutto i pettegolezzi riguardanti l’alta società, mettendo a soqquadro l’equilibrio di quest’ultima. Insomma, una sorta di social dei giorni nostri...ma con molte meno fake news

Dovendo limitare gli spostamenti e le uscite con gli amici, vi invitiamo calorosamente a guardare questa serie. Ma solo se avete più di 14 anni, dato che è vietata agli spettatori più piccoli.

Angelica Beltrame, Margherita Contini 4^A

BRIDGERTON, NON SOLO UNA STORIA D’AMORE

Il teleromanzo offre vari spunti per capire la società inglese dell’Ottocento

Parliamo di serie TV

(9)

Sanpa è una docu-serie di Cosima Spender prodotta da Netflix, che ripercorre la vita di Vincenzo Muccioli tramite i racconti di ex tossicodipendenti della comunità di San Patrignano molto vicini a lui. Tale realtà è stata fondata nel 1978 a Coriano (Rimini) ed è in attività ancora oggi.

Nata dall'emergenza droga, ha rappresentato una tappa fondamentale nella lotta alla tossicodipendenza, anche se con dei chiaroscuri.

Alla fine degli anni ‘70, infatti, si diffonde sempre più l’uso di droghe tra i ragazzi, che lasciavano casa e si ritrovavano nelle piazze per divertirsi. Quando iniziava la dipendenza da droghe, venivano portati negli ospedali e curati con farmaci come il Metadone, che finiva per diventare un sostituto della droga.

A dare una speranza fu Vincenzo Muccioli che, assieme alla moglie, mise a disposizione dei tossicodipendenti una fattoria, all’interno della quale i ragazzi dovevano fare un percorso graduale, distraendosi dalla droga e lavorando nella fattoria sotto la supervisione di Vincenzo.

Col tempo la comunità di San Patrignano divenne sempre più popolare tra i giovani tossicodipendenti che riponevano fiducia in Muccioli e nei suoi metodi.

Questi metodi però, portarono ad avere una serie di problemi legali e assieme ad altri suoi collaboratori fu più volte accusato di ricorrere a violenza sui soggetti più ribelli e problematici della comunità. Dopo aver passato 18 mesi in carcere per omicidio colposo, non ritornò più all’interno della comunità di San Patrignano per problemi di salute e nel Settembre del 95 morì, probabilmente per aver contratto AIDS. Il figlio Andrea seguì la comunità fino al 2011, quando venne sostituito dalla famiglia Moratti.

Questa serie aiuta ad avvicinare le persone e in particolare i giovani d’oggi ad una problematica, la tossicodipendenza, che negli anni 70 e 80 era diventata incontenibile. Mette inoltre in luce, attraverso la storia di Muccioli, che anche avendo le migliori intenzioni e ottenendo risultati, non sempre il fine giustifica i mezzi.

Federica Camerini, 3^A

I DUE VOLTI DI VINCENZO MUCCIOLI: EROE O CARNEFICE CONTRO LA DROGA?

Il documentario di Netflix apre molti interrogativi sulla realtà di San Patrignano

Parliamo di serie TV

(10)

Quante volte capita di non sapere proprio che serie tv guardare?

O perché se ne vogliono vedere troppe e non si sa quale scegliere, o perché non si è ispirati per iniziarne una nuova, spesso si passa più tempo sfogliando il catalogo di Netflix che guardando programmi che si rivelerebbero una piacevole scoperta.

Se si è in cerca di un telefilm in grado di trasmettere qualcosa, uno fra questi è Dawson’s Creek, un cult di fine anni ’90, inizio ‘2000 che ha entusiasmato ed emozionato migliaia di giovani in tutto il mondo.

La serie racconta della storia di Dawson, giovane sognatore, bravo ragazzo e aspirante regista, e del suo gruppo di amici, che, di stagione in stagione, si allarga sempre più. E’ un cult perché, in qualsiasi anno la si guardi, questa tratta temi sempre attuali fra i giovani, dal divorzio ai problemi con i professori, dal litigio con un amico al primo amore e alle prime esperienze in quel campo, tutto in modo velato e mai volgare.

Infatti, nonostante comunichino in modo diverso rispetto agli studenti di oggi, i ragazzi della serie agiscono e pensano come tutti gli adolescenti del mondo moderno, ognuno alle prese con problemi famigliari, scolastici e d’amore.

Inoltre, ogni persona può identificarsi con almeno un personaggio, con una sua situazione, con un suo sentimento.

E’ anche importante affermare che ogni episodio della serie trasmette un messaggio notevole.

Ogni puntata vede i ragazzi alle prese con una problematica differente, dalla quale imparano sempre qualcosa di nuovo, una lezione di vita.

Il cast è leggendario, in quanto sono presenti Katie Holmes, ex moglie di Tom Cruise, Michelle Williams, che ha poi recitato in film come Suite Francese, e James Van Der Beek, comparso in Mercy e What Diplo do?.

Infine, Dawson’s Creek è una serie tv che ogni adolescente dovrebbe guardare perché è in grado di far ridere, innamorare, arrabbiare e piangere in ogni episodio, tenendo incollati allo schermo gli occhi degli spettatori, facendo disperare per un amore non corrisposto o per un abbraccio mancato.

Il programma è ora visionabile sulle piattaforme di Prime Video e Netflix, con tutte le sei stagioni disponibili. Perciò, dopo un pomeriggio di studio, è bene prendere il computer e rilassarsi seguendo le storie di questo gruppo di amici che resteranno nel cuore.

Giulia Bello, 3^C

UN GRUPPO DI AMICI MEMORABILE: ALLA SCOPERTA DELLA VITA CON DAWSON’S CREEK

Un cult degli anni ‘90 per tutti i ragazzi di oggi

Parliamo di serie TV

(11)

Sembra quasi surreale che sia già il 30 dicembre. Stasera a mezzanotte saremo tutti a festeggiare nella speranza che il 2021 sia un anno migliore.

Non sarà il solito brindisi, probabilmente al posto di un vestito appariscente si indosserà un comodo pigiama, ma tranquilli, non preoccupatevi, ci sono pigiami di tutti i tipi:

eleganti, maculati, zebrati, brillantinati, lunghi, corti o nel caso preferiste una comoda tuta andrà altrettanto bene.

A nostro parere, però, sarà un Brindisi speciale, pieno di speranza e soprattutto pieno di gioia per la consapevolezza di essere arrivati finalmente alla fine di questo 2020.

Quest’anno non è stato di certo facile, ma nonostante ciò ci ha portato ad una consapevolezza maggiore.

Ci ha portato a capire che quelle piccole cose che davamo per scontate non lo erano, che anche i piccoli gesti possono fare la differenza.

Ma ora, tralasciando questi pensieri un po’

malinconici, passiamo a parlare del 2021 l’anno della speranza. A questo 2021 chiediamo solo di restituirci ciò che ci è stato tolto. Vogliamo tornare a ridere e a piangere tra i banchi di scuola, rivogliamo le corse disperate per non perdere l’autobus, vogliamo tornare a sederci al bar il sabato sera con i nostri amici, vogliamo poter tornare ad abbracciare i nostri cari senza nessuna paura, ma più di tutto vogliamo essere sgridate quando arriviamo tardi a giornalismo, no ok forse questo no.

È stato un anno difficile, ma allo stesso tempo un anno di crescita, un anno di piccoli gesti.

Auguriamo a tutti “buon anno nuovo” nella speranza che sia un anno migliore

.

Angelica Beltrame, Margherita Contini, 4^A

A PICCOLI GESTI

Ed eccoci qui, come ogni fine anno, a ricordare tutti i momenti belli passati.

Quest'anno però ci troviamo davanti ad un computer, con le mani su una tastiera e con in sottofondo il suono dei tasti di essa e il vuoto della stanza.

I 366 giorni appena passati, sono stati abbastanza "movimentati" non da un punto di vista fisico (ovviamente, non prendiamoci in giro) ma diciamo "mentale". All'inizio sembrava di essere in uno di quei trailer di film apocalittici. Mi ricordo che ad inizio pandemia avevo visto il film "Contagion" del 2011 il quale parlava di un virus, creato da un incrocio tra un maiale ed un pipistrello che prende di mira i polmoni. Come sapete all'inizio c'erano moltissime teorie sulla comparsa di questo Covid e tra queste c'era quella del pipistrello e ovviamente sono rimasto stranito, un po' come quando un bambino scopre della non-esistenza di Babbo Natale o che i bambini non arrivano con una cicogna.

La gente era a dir poco terrorizzata, si capiva dalle loro facce, non serviva entrare nelle loro menti come in "Inception" per capirlo.

Le notizie erano presenti in ogni singolo canale televisivo , tanto che fare zapping non aveva più gusto dato che si parlava solo di questo "Corona Virus".

Non mi metto neanche a provare a vedere se i buoni propositi che mi sono prestabilito all'inizio del 2020 sono stati rispettati, sarebbe una perdita di tempo. Penso che quest'anno farò un copia e incolla della lista precedente, quindi partendo dall'essere meno pigri, andare fuori più spesso per, come dice mia madre, "

straviare la mente" da ogni pensiero dato che essi sono stati sempre incentrati su un argomento specifico, del quale non voglio neanche fare il nome dato che mi ha stancato.

Voglio un anno migliore. Un anno nuovo, che non abbia minimamente a che fare con il 2020. Non chiedo molto, so che sarà difficile, ne sono consapevole ma come detto nella canzone "Sperare" di uno dei miei artisti preferiti, Gemitaiz: "Per quanto io mi possa disperare, nessuno potrà mai impedirmi di sperare".

Nicola Notarangelo, 4^F

SPERARE A ruota libera sul Covid

(12)

Ripartiamo da un anno che ci ha colti impreparati, che ci ha messo con le spalle al muro e ci ha picchiato duro un po' come fa la vita, la vita che ci ha insegnato che dopo una tempesta il sole brilla e che anche dai periodi difficili si può sempre imparare qualcosa.

È come se fossimo stati per 366 giorni, insieme a tutto il resto del mondo, seduti nei sedili di una montagna russa immensa con 7 miliardi di posti.

Gli ingranaggi di questa giostra però non funzionavano alla perfezione e a volte la facevano fermare: alcune persone si trovavano in cima, altre in basso e altre ancora nel mezzo; tutte però hanno sostato in ogni singola altezza e da ognuna di queste hanno imparato qualcosa.

La prima fermata ha piazzato l'Italia in basso chiudendo ogni famiglia in una gabbia, qui prima di tutto ho imparato che indipendentemente dalla tua posizione sociale e dai beni che possiedi le regole sono regole per tutti e se non le rispetti ne paghi le conseguenze, ho imparato ad apprezzare la mia famiglia e a come gestire meglio il mio tempo.

La cosa più importante che ho capito però è l'importanza delle persone che singolarmente, una ad una, riempivano le mie giornate ma soprattutto riempivano la mia persona. Pian piano siamo saliti un po' più su ma senza toccare la cima.

Inizialmente è stato difficile perché tutto era nuovo, ma come era nuovo per me lo era anche per gli altri e quindi eravamo "soli"

insieme.

Ho imparato a mettere gli altri prima di me rinunciando a delle occasioni per evitare di toccare di nuovo il fondo dando e dandomi libertà, pur essendo limitata. Finalmente siamo arrivati in alto, la vista era bellissima e quasi non mi sembrava vero, ho saputo apprezzare il panorama ed ogni singolo dettaglio di esso, sono riuscita ad aprirmi con le persone dimostrando loro il valore che hanno per me.

Siamo saliti, poi scesi, saliti e scesi di nuovo.

Voglio dimenticare questo 2020? Decisamente no. Vorrei che il 2021 ci riservasse qualcosa di migliore? Beh, assolutamente si.

È pazzesco come a distanza di un solo minuto, tra le 23:59 e le 00:00, si chiuda un capitolo e si apra un nuovo mondo, le persone si fissano nuovi obiettivi e dei buoni propositi per l'anno nuovo. Per questa nuova avventura non mi sono imposta niente di particolare, ho fatto un passo indietro con tutto il resto della terra e tutto quello che vorrei è tutto quello che già prima avevo e che ora sembra irraggiungibile.

Vorrei guardare un film senza pensare "ma perché non hanno la mascherina", vorrei uscire di casa per andare ad una festa e non al supermercato, mi piacerebbe poter abbracciare le persone senza che mi venga detto "le distanze!"; tutto ciò che prima era normale ora ci sembra strano e il mio desiderio per questo 2021 è che ciò che era normale torni tale. Sarà facile? Sicuramente no, ma come si dice la speranza è l'ultima a morire. E poi, sognare è gratis.

Federica Groppo, 2^F

SU UNA MONTAGNA RUSSA CON SETTE MILIARDI DI POSTI

A ruota libera sul Covid

(13)

Inutile dire che il 2020 ha deluso le nostre aspettative e ha stravolto le vite di tutti noi.

E pensare che l’anno scorso, allo scoccare della mezzanotte, stavamo festeggiando sotto un cielo decorato da un’infinità di fuochi d’artificio, con in mano un calice di champagne e al fianco di tutti i nostri amici più cari.

Tra un abbraccio e un altro stavamo fantasticando sui nuovi propositi per il nuovo anno, ignari di ciò che sarebbe poi accaduto.

Uno dei nostri obiettivi più rilevante era quello di fare una breve vacanza insieme all’insegna del divertimento e della spensieratezza; nonostante, però, il 2020 abbia scoraggiato questa nostra idea, noi non ci diamo per vinte perché sicuramente lo posticiperemo a questa nuova estate.

Al contrario dello scorso Capodanno, quest’anno il traguardo “fondamentale” che la maggior parte di noi si è posta è quello di superare tutti gli avvenimenti negativi del 2020.

Perché sebbene esso sia finito, ci ha lasciato delle ferite ancora aperte che si spera guariranno durante questo nuovo anno.

Quindi ripartiamo da un nuovo anno pieno di speranza e di fiducia verso un ritorno al fare gossip tra i banchi di scuola, a fare assembramenti davanti ai bar, a fare tardi la sera senza preoccuparsi dell’orario e a fare festa senza badare al numero di invitati.

Ci auguriamo che quest’anno ci possa restituire i sorrisi e gli abbracci che il precedente ci ha tolto!

Anna Bassetto, Anna Campello, 3^E

RIPARTIAMO DAI SORRISI RUBATI

Credo che quello appena passato sia stato un anno difficile, senza dubbio.

Ma in fondo è servito a tutti noi, sarò banale:

ci ha insegnato ad apprezzare le piccole cose, a non dare tutto per scontato, ad imparare a stare in famiglia e a stare senza amici per un po’.

Ripartiamo dal 2020, un tempo infinito e che allo stesso tempo è passato velocemente, ci ha tolto e dato tanto.

brutto si, noioso a tratti, ma non per questo da dimenticare.

Capodanno questa volta è stato strano, niente festeggiamenti, niente eccitazione, niente speranze, niente propositi; ma allo stesso tempo tutti aspettavamo la fine del 2020 sperando che l’inizio del nuovo anno avrebbe cancellato tutto, come se da un minuto all’altro scomparisse ciò che ha reso così strano quello che ci siamo lasciati alle spalle.

Io per prima l’ho pensato, ma ci siamo tutti resi conto che non è esattamente così che funziona, per questo voglio ripartire anche dal 2021: anno nuovo, vita nuova (si spera).

Quando torneremo alla normalità, forse non ci sembrerà nemmeno più tale.

Siamo così abituati ormai alle distanze, alle mascherine, alla paura di ammalarsi, a stare chiusi in casa,

che non ci sembrerà neanche vero tornare ad abbracciare i nostri amici senza pensare: “e se fossi infetto? e se fosse infetto lui? e se mi ammalassi e poi facessi ammalare i miei genitori?”.

Sembra quasi un evento irraggiungibile, ma un giorno non lo sarà più.

In ogni caso mi piacerebbe ricordare quest’anno come un anno di cambiamenti, di amicizie, di felicità, di divertimento.

Perché non è stato solo virus, virus e virus.

È stato crescita, sotto tutti i punti di vista.

Auguro al nuovo anno di essere tutto quello che il 2020 non è stato per la maggior parte del tempo.

E mi auguro di poter raccontare un giorno alle generazioni future cosa è stato veramente vivere in questo periodo, dalla visione di una persona che ha vissuto l'esperienza, un po’

come i nonni raccontano la guerra.

La studiamo anche a scuola, vero, come probabilmente si studieranno questi eventi, ma raccontata da chi c’è stato veramente ha tutto un altro sapore.

Il mio proposito per il 2021 non è come quelli degli anni scorsi, questa volta è più un desiderio, e non devo nemmeno scriverlo perché sappiamo tutti di cosa si tratta.

Martina Bordignon, 2^F

RACCONTERO’ IL COVID AI MIEI NIPOTI

A ruota libera sul Covid

(14)

Inizio di un nuovo anno, inizio di gennaio. A me sinceramente viene la nausea a pensare a quello che abbiamo passato. E vi spiego perché.

Nella mia scuola, il liceo A. Veronese a Montebelluna, tra le tante attività extra curriculari proposte, viene data anche la possibilità di viaggiare all’estero con

“Intercultura”. Sono molti i ragazzi che hanno aderito al progetto e altrettanti che hanno dovuto rinunciare alla loro esperienza a causa della pandemia che è dilagata in questo 2020 per il quale io personalmente avevo grandi progetti.

Anche io avrei dovuto fare un soggiorno all’estero, più precisamente ad Atlanta negli Stati Uniti.

Ricordo chiaramente, la felicità che ho provato quando è venuto il mio “host papà”

americano a casa mia a febbraio per conoscermi di persona; ricordo anche il pomeriggio che abbiamo passato a guardare le città in cui lui e la sua famiglia mi avrebbero portata una volta arrivata in America a giugno.

Finalmente avrei imparato bene la lingua, a scuola non avrei più preso insufficienze in materia, avrei potuto finalmente guardare un film in inglese e capirci qualcosa anche senza sottotitoli.

E vi dirò di più. Mi immaginavo io alle partite di baseball a fare il tifo con quel guanto di schiuma a forma di mano o ammirare le performance delle cheerleader da cui sono sempre stata affascinata.

Ma sognavo anche le serate a bere milkshake con i miei amici in quei locali con le luci e i led colorati che si vedono nei film, ma pensavo anche che sarei andata in un college e vedere gli studenti con le divise.

Probabilmente molte delle cose che pensavo non sarebbero andate proprio così, però era bello fantasticare e ciò mi rendeva felice.

Ora, avete presente quei momenti in cui pensate a una cosa bella che vi succederà presto e vi vengono come i brividi sulla schiena e vi sale quella felicità che magari vi cambia anche la giornata?

Ecco, in mezzo a quel “malumore” che sentivo per la scuola avendo davanti mille verifiche, erano i piccoli momenti di gioia che provavo al pensiero che presto sarei andata in America a rendermi felice perché tanto “prima che il covid arrivi qua io sono già partita”.

Poi come sono andate le cose da marzo in poi in Italia lo sappiamo tutti e ora in America ci andrò forse tra due anni.

E’ stato davvero brutto e mi è crollato un po’

tutto addosso, perché poi si sa “l’attesa aumenta il desiderio” e tutta la felicità che avevo provato proprio in quel periodo di attesa prima di partire se n’è andata in un soffio. Ci sono rimasta male.

Ora che ho davanti il 2021, francamente non ho grandi aspettative per quanto riguarda viaggi ed esperienze all’estero. Ma d’altro canto spero che questo nuovo anno possa ridarmi parte della felicità e serenità di cui il 2020 mi ha privato.

Beatrice Guarnier, 4^F

PRIMA IL SOGNO… POI L’INCUBO

A ruota libera sul Covid

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3...2...1... e questo terribile anno se ne è andato, ma il 2021 sarà davvero migliore?

Non lo so, si spera...ma intanto ripartiamo dalle piccole cose, che sono anche le più belle.

Ripartiamo dal solo non congiunto che ci è permesso vedere, dalla neve che da anni non imbiancava così tanto i nostri paesi; magari la natura ci ha voluto dimostrare che siamo noi, nella “vita senza Covid”, a far svanire le stagioni, rovinando l’ambiente.

Ripartiamo da un vaccino, che seppur criticato da alcuni, ci fa pensare già ai viaggi che vorremmo fare, al mare cristallino di posti lontani, alle canzoni che vorremmo urlare e stonare ai concerti, alle chiacchierate con gli amici

.

Ripartiamo dai buoni propositi che ogni anno ci facciamo e che poi finiamo per riproporci l’anno dopo, perché falliti: ”Sarò più produttivo” e poi già nelle vacanze stiamo nel divano, ancor di più quest’anno;

“Mangerò sano e mi metterò in forma” e poi si sa, che se non si è davvero motivati, è facile preferire una pizza al passato di zucca con la curcuma.

E allora ripartiamo proprio anche dal cibo, una minima cosa, ma che anche quest’anno non è mancato per rallegrare il Natale, il giorno della befana, la fine del 2020 e l’inizio del nuovo anno; anche se con a tavola più sedie vuote che persone.

Elisa Banchieri, 4^A

LE PICCOLE COSE

Ogni giorno noi studenti italiani ci ritroviamo in nuove situazioni di confusione ed incoerenza create dal COVID-19, o meglio, dalle indicazioni che ci vengono date dall'alto.

L’unica emozione che provo è una grande rabbia che mi scava dentro e vorrebbe solo esplodere. Ci sono stati mesi per riorganizzare al meglio la riapertura delle scuole secondarie di secondo grado e invece di risolvere il problema dei trasporti che crea assembramenti, non solo da quest’anno, si è pensato di spendere i fondi per creare i banchi con le rotelle che non ci sono nemmeno in tutte le scuole d’italia.

È da marzo che non c’è chiarezza sulla situazione scolastica.

È da giorni che mi chiedo se domani potrò andare a scuola.

È da giorni che mi chiedo se ci sarà mai un cambiamento concreto.

È da giorni che mi chiedo se potrò mai essere ascoltata, anzi, se la voce degli studenti italiani, che chiedono solo chiarezza e rispetto, potrà essere ascoltata.

Si è aggiunta un’altra emozione: La DELUSIONE. Lo dovreste essere anche voi perchè il vostro futuro, noi giovani, vi sta voltando le spalle.

Emma Feltrin 2^E

PROVO UNA GRANDE RABBIA

A ruota libera sul Covid

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Mentre l'Italia è alle prese con le restrizioni legate al Covid , Pfizer fa aspettare

Con l’arrivo del 2021 seguito dall’inizio della campagna vaccinale anti-covid, si pensava si sarebbe data pace alla grave situazione portata dal virus. Contrariamente, molti Stati dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, si sono trovati davanti a un grande un muro.

Il colosso americano Pfizer legato ai paesi europei tramite un rapporto contrattuale ha presentato una notevole diminuzione delle dosi del vaccino rispetto al previsto, sballando così la tabella di marcia instaurata dalla Consiglio della Comunità Europea.

La casa farmaceutica ha giustificato il calo parlando di un potenziamento nello stabilimento belga di Puurs che consentiranno di aumentare la produzione di vaccini nei prossimi mesi, con un aumento di produzione dal 15 febbraio;

parlando anche della così detta “dose extra” ovvero la sesta dose che si ricava all’interno di una sola fiala, Pfizer giustifica il calo delle consegne dicendo che negli accordi contrattuali si è sempre parlato di consegna di dosi e non di fiale e che questo ha permesso all’Italia e agli altri paesi Europei di ricevere il 20% di dosi in più del previsto fino ad ore.

In seguito a queste dichiarazioni però ci sono anche le parole di Domenico Arcuri, responsabile dell’emergenza coronavirus in Italia, che ha stimano la consegna del 49%

di fiale in meno rispetto a quanto preventivato. Successivamente parlando dei gravi danni che seguiranno questo cambio nella tabella di marcia e di un’ipotetica causa legale contro il colosso farmaceutico, con condizione ancora da discutere.

Sono nate però anche varie ipotesi sulla distribuzione di questi vaccini, una in particolare che pone i suoi fondamenti sul fattore economico: si pensa infatti che una percentuale di dosi destinate all’Italia siano invece state consegnate ad altri paesi che erano disposti a pagare di più ogni singola dose, sorge quindi spontanea un’unica domanda: in momenti come questi sono davvero più importanti i soldi rispetto alla salute dei cittadini di uno stato intero?

Chiara Matranga, Matilde Vanzin, 2^B

VACCINI: UN RITARDO CHE PESA

La lotta al Covid è un viaggio in salita

A ruota libera sul Covid

(17)

D: nonostante l’attuale situazione, come avete trascorso il vostro diciottesimo compleanno?

L: purtroppo io l’ho trascorso chiuso in casa poichè ero in quarantena.

T: io, invece, l’ho trascorso in maniera molto semplice: alcuni dei miei parenti che vivono vicino a me, sono venuti a pranzare per festeggiare tutti insieme. Nel pomeriggio, invece, mi hanno raggiunto alcuni amici.

D: pensavate di trascorrere questa giornata in compagnia oppure vi eravate già rassegnati?

T: fino a qualche mese fa, ero poco fiducioso e pensavo che avrei passato la giornata segregato in casa da solo. Invece, sono molto entusiasta perchè l’ho passato con le persone a cui voglio bene, quindi mi ritengo molto fortunato.

L: pensavo di poter fare un rinfresco con gli amici più stretti.

D: vi piacerebbe recuperare appena possibile facendo una grande festa oppure siete soddisfatti dei festeggiamenti già fatti?

L: mi piacerebbe assolutamente recuperare a giugno, ovviamente covid permettendo!

T: anch’io vorrei recuperare quest’estate, altrimenti aspetterò con ansia i diciannove anni per fare un “doppio” party!

D: sentite che è cambiato qualcosa da quando avete compiuto la maggiore età?

T: fino ad ora non avverto alcun cambiamento, ma ora che sono maggiorenne vorrei essere più maturo e riuscire a cambiare qualche aspetto del mio carattere e migliorarmi un po’.

L: di certo non sento grandi cambiamenti! Le mie idee e le mie opinioni, per quanto io possa cambiarle, rimangono sempre le stesse.

Certamente, il mio cambiamento più grande lo vedrò non appena avrò preso la patente.

D: desideravate ricevere in particolare qualche regalo oppure vi hanno sorpreso?

Lorenzo: sinceramente, non sono una persona che dà troppa importanza ai regali perchè preferisco farli invece che riceverli. Quindi, questo giorno importante desideravoo solamente trascorrerlo con le persone a cui voglio bene.

T: dal punto di vista dei regali sono stato sorpreso sia positivamente che negativamente. In modo positivo, perchè i miei amici nel pomeriggio mi hanno portato un regalo che non mi aspettavo per nulla! E, invece, dal punto di vista negativo perchè i miei genitori non mi hanno fatto alcun regalo, poichè non avevo espresso nessuna richiesta.

D: qual è la prima cosa che farete da maggiorenni che, invece, da minorenne non vi era permesso fare?

T: la prima cosa che voglio fare è bere una birra al bar; i diciotto anni li ho compiuti, manca solo l’apertura dei locali!

Inoltre, vorrei firmare le giustificazioni da solo per sentirmi più autonomo e responsabile.

L: in primis, mi piacerebbe poter fare un viaggio in compagnia dei miei amici!

Anna Bassetto, Anna Campello, 3^E

DICIOTT’ANNI AL TEMPO DEL COVID

Parlano Lorenzo Dal Maso e Tommaso Minchio

Interviste doppie

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FILIPPO E GAIA A CONFRONTO SULLA DAD

Preferite la scuola a distanza oppure quella in presenza?

G: <<Preferisco la scuola in presenza perché ritengo sia indispensabile socializzare, vedere i compagni, i professori ed avere con loro una conversazione faccia a faccia>>

F: << Quando i bar erano aperti preferivo fare la DAD, mentre ora che non si può fare nulla preferisco di gran lunga tornare a scuola in presenza.>>

Qualcosa che vi mancherà della DAD e qualcosa che vi manca della scuola in presenza

G: << Una cosa che mi mancherà della DAD è dormire qualche ora in più la mattina e svegliarmi all’ultimo momento, invece della didattica in presenza mi manca passare la ricreazione con i miei compagni>>

F: << Sicuramente della DAD mi mancherà mangiare a qualsiasi ora di nascosto senza essere scoperto, invece per quanto riguarda la didattica in presenza mi manca molto il contatto fisico con le altre persone>>

Trovate che sia più difficile la scuola a distanza o in presenza, perchè?

G:<<Secondo me la didattica a distanza è più complicata perché a casa è più facile distrarsi durante la lezione.>>

F:<<Secondo me è più complicata la didattica in presenza perchè non si ha la possibilità di fare la pausa quando si vuole e stoppare gli audio e i video che i professori mandano.>>

Siete contenti di ritrovare i vostri compagni o per voi non fa differenza?

G: <<Non vedo l’ora di rivederli e di poter parlare con loro liberamente senza dover accendere un microfono.>>

F:<<assolutamente sì, infatti non vedo l’ora di tornare tra i banchi ad avere una vita sociale.>>

Cosa pensate degli studenti che hanno protestato per il loro diritto allo studio in una situazione così grave?

G:<<Beh, hanno sicuramente la mia stima perchè stanno manifestando per difendere i propri diritti e le proprie opinioni; è vero anche che se il governo prende determinate decisioni, ossia di non farci tornare a scuola,c’è un motivo.>>

F: <<Io capisco la voglia di tornare a scuola, ma non è stato opportuno a parer mio andare a protestare in questo periodo.>>

Cosa pensate del fatto che molti studenti copiano con la dad invece di studiare?

G: <<penso che sia una specie di istinto naturale cercare la via più semplice per arrivare ad un obiettivo ma allo stesso tempo è una cosa che andrà a nostro sfavore in futuro>>.

F: <<ritengo che di principio sia sbagliato ma sta nella natura di tutti gli esseri umani cercare una via più facile per raggiungere un obiettivo e secondo me anche molti professori che adesso ci giudicano avrebbero fatto lo stesso>>

Anna Bassetto, Anna Campello, 3^E .

Interviste doppie

(19)

Iniziare il liceo è da sempre un’esperienza emozionante, ma sicuramente il 2020 lo ha reso ancora più particolare. Il Covid in generale ha fatto diminuire il contatto umano e quindi ha diminuito la nostra spontaneità in quello che contava di più per noi: socializzare, conoscere i nostri compagni e farci degli amici per la vita. Già l’anno scorso avevamo vissuto l’ultimo giorno di scuole medie con tre mesi in anticipo a nostra insaputa, separandoci dai nostri compagni e vedendo man mano allungarsi il tempo da trascorrere a distanza. Anche adesso, dopo soli pochi mesi di conoscenza, siamo dovuti tornare a fare lezione da dietro uno schermo, seduti alla scrivania di camera nostra.

Nonostante ciò riusciamo ancora a vederci tra di noi, a non essere completamente distanti l'uno dall'altra godendoci a pieno ogni momento che viviamo insieme. Il tutto con una novità rispetto allo scorso anno: si sono moltiplicate le spiegazioni, le interrogazioni e anche i votacci se una persona non è preparata. I professori comunque, malgrado la situazione riescono sempre ad essere disponibili e comprensivi tirandoci su nei momenti bui senza farci sentire soli e cercando di farci aprire il più possibile. Anche se sentiamo compagni e professori vicini, speriamo di poter tornare presto in presenza e lasciarci questa situazione alle spalle.

Jacopo Torresan, Rachele Santos Pacheco, 1^E

MATRICOLE A DISTANZA. L’ESORDIO AL LICEO IN TEMPO DI PANDEMIA

I ragazzi di prima alle prese con una scuola nuova vissuta da casa

Anche questa volta i buoni propositi per l’anno nuovo sono finiti in fondo alla lista.

Tra questi, anche ringraziando le limitazioni imposte dal covid, a muoversi. Secondo alcuni sondaggi, i ragazzi che si trovano ormai da molto tempo a dover frequentare la scuola a distanza, non sono stimolati a fare esercizio fisico. Una delle cause principali, secondo me, è la pigrizia; brutta bestia la pigrizia. E’ molto difficile contrastarla, ci puoi mettere tutta la buona volontà di questo mondo, ma, alla fine, spesso lei avrà la meglio. Oggi giorno si sentono madri e padri dire “e allora, su!

Muoviti un po’!” e a tale comando, la risposta che noi adolescenti ci troviamo a dare ironicamente è: “Guarda che è tutto il giorno che faccio computer-letto, letto- frigo, frigo-computer! Cosa credi!?”.

Tra palestre chiuse e molte attività sportive in stand-by, molti ragazzi si trovano a dover affrontare molte ore seduti su una sedia o una poltrona davanti al proprio computer.

Quando tutto era normale, anche per i più pigri c’era lo spostamento casa-scuola da affrontare e al cambio dell’ora era possibile sgranchire le gambe, bighellonando per la classe fino all’ arrivo del docente. Ora i ragazzi non lo lasciano il loro “posto fisso”, la propria postazione internet e, come direbbe Zalone, “…Il posto fisso è sacro!”.

Questo nuoce alla salute sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista mentale:

tra gli adolescenti sono in aumento i casi di depressione e di aggressività come testimoniato dai recenti fatti di cronaca.

Sempre più esperti invitano gli studenti a fare uno sforzo per abbattere questa maledetta pigrizia da cui tutti siamo toccati, e a trovare quei 5 o 10 minuti sufficienti per prendere una boccata d’aria in giardino, se si ha la possibilità, o fare una corsetta all’aperto. Abbandonare il proprio “posto fisso”, non farà molto piacere al nostro Checco, ma di sicuro aiuterà noi stessi!

Sara Lo Faro, 4^F

IL POSTO FISSO E’ SACRO: STUDENTI INCOLLATI ALLA SEDIA IN TEMPO DI PANDEMIA

Chiusura delle palestre e didattica a distanza stoppano giovani e adulti

Didattica a distanza

(20)

D: Molti studenti dicono di essere poco motivati con la didattica a distanza.

Dunque, in che modo si può accrescere la loro motivazione in questo periodo?

R: Questa domanda andrebbe posta agli studenti e in un secondo momento agli insegnanti.

Dopo l’obbligo subentra la volontà degli alunni di frequentare la scuola, quindi andrebbe sicuramente trovata una maniera per rendere le lezioni più coinvolgenti ed interessanti;

La scuola è didattica, relazione, apprendimento e formazione umana e va oltre la semplice materia.

Per aumentare la motivazione durante la didattica a distanza, i professori potrebbero inserire argomenti di attualità così da coinvolgere i ragazzi e fare in modo che si confrontino tra di loro attraverso i temi della lezione.

Per esempio se sto spiegando scienze posso ritagliare uno spazio in cui parlerò del sistema immunitario, delle varianti del virus ecc, così che i ragazzi possano anche discutere dedicando del tempo a ciò che ci tocca da vicino..

In questo modo esprimono le loro emozioni e possono confrontarsi con la classe , vedendo così lo sguardo dei compagni come feedback che è molto importante.

D: Non tutti gli studenti hanno riscontrato delle difficoltà, alcuni hanno invece tratto dei benefici da questa nuova modalità. Da dove nascono allora queste differenze?

R: Ci sono studenti che hanno bisogno dell’insegnante che li controlla e che li stimola e ci sono alunni invece che hanno bisogno di silenzio per seguire il professore. Questo è legato molto alla personalità, alla maturità, alla capacità di essere “auto allenatori” e anche al contesto. Ad esempio, c’è chi si alza alle sette e venti, va al bar vicino ed entra a scuola alle otto meno cinque e chi si alza alle sei, prende il pullman alle sei e venticinque, arriva a Montebelluna alle sette e un quarto aspettando che apra la scuola.

Sicuramente quindi i ragazzi che abitano in un paese più lontano , riescono ad essere più produttivi rispetto a quando si trovano a frequentare la didattica in presenza.

D: Ci sono più pazienti adolescenti che vengono nel suo studio in tempo di Covid?

R: No, non c’è una differenza di accesso specifico tra adolescenti e adulti, ci sono sicuramente delle richieste di aiuto, ma non legate in sé al covid .

Non per la paura, quindi, ma per chiedere aiuto riguardo allo stress che esso provoca, perché le persone non ce la fanno più, inoltre chi ha davvero paura del covid non esce di casa, prediligendo alcune volte gli incontri via meet!.

D: Fare didattica a distanza troppo a lungo può incidere sulla capacità di relazionarsi con gli altri?

R: I ragazzi continuano a prepararsi per un ritorno a scuola , quando viene continuamente rimandato , questo incide sulla capacità di relazionarsi, perché perdono l’abitudine ad uscire, diventando così più insicuri. Meno si esce e meno ci si abitua a mostrare noi stessi agli altri.

Incontrare le persone e relazionarsi significa accettarsi per quello che siamo anche sapendo che non saremo mai soddisfatti di noi stessi.

Giorgia Fabbian, Manuela Miotto, 4^B

DIDATTICA A DISTANZA: C’E’ QUALCOSA DA IMPARARE

La classe quarta b, nell'ambito del pcto, sta realizzando una rubrica settimanale nella quale la psicologa dello spazio ascolto, Mirti Agostinetto, interviene su vari temi. I primi due affrontati sono

stati la didattica a distanza con le sue ripercussioni sulla vita dei ragazzi e la paura. Ecco le interviste.

Parla la psicologa

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Che cos’è la paura? E che utilità ha nelle nostre vite?

<< La paura, è un’emozione che ha funzione di metterci in guardia, è una sorta di sesto senso che proviene dal nostro cervello e si distingue dalle altre emozioni. La paura come tutte le emozioni viene recepita dal nostro organismo come una risposta biochimica e dura 90 secondi; se perdura, ciò avviene in virtù del fatto che il nostro cervello la alimenta.>>

Come possiamo fare della paura il nostro punto di forza?

<< Per far sì che la paura diventi un punto di forza dobbiamo conoscerci e nel momento in cui la percepiamo dobbiamo chiederci perché la stiamo avvertendo, non dobbiamo spaventarci di avere paura né dobbiamo scoraggiarci, perché è un'emozione normale ed è innata in noi, ma dobbiamo invece imparare dalle esperienze e farne tesoro affinché la paura diventi una nostra alleata.>>

Spesso quando si presentano delle nuove esperienze siamo avvolti dalla paura che ci blocca e ci impedisce di metterci in gioco.

Come possiamo vincerla?

<<La paura, come abbiamo appena visto, ha la funzione di metterci in guardia, nel momento in cui ci mette in guardia noi ci prepariamo ad affrontarla, ma se in esperienze successive abbiamo paura è perché sono stati vissuti fallimenti o perché una persona ci ha colpevolizzati. La paura di fronte a un’esperienza è una risorsa perché ci attiva così da esser spinti ad affrontarla, quindi può anche essere vista in modo positivo, cioè dà una spinta a vivere la nuova esperienza.

Spesso il nuovo ci fa paura perché è un qualcosa al di fuori della nostra routine, e questa paura è causata dal fatto che l’esperienza ci fa crescere e che potrebbe anche cambiarci.

Ma se non la superiamo non ci permette di cambiare, di crescere e rassicura i rapporti familiari; se troppo duratura diventa pericolosa perché non riusciamo più a crescere e può diventare una patologia o funzionale alla patologia degli altri.

Posso avere paura di qualcosa ma devo lavorare per non essere sopraffatto da essa e questo significa acquisire conoscenza di sé e dell’evento.>>

La paura può manifestarsi anche fisicamente? Se sì, come si fa a distinguerla da una malattia?

<< Sì, la paura può manifestarsi fisicamente nel momento in cui la psiche chiede aiuto al corpo per manifestare qualcosa che non va, cioè la necessità di affrontare un problema o un modo per scaricare la tensione accumulata. Dobbiamo partire però dal presupposto che il nostro corpo è fondamentalmente sano; quando questa emozione arriva nel nostro organismo dobbiamo accoglierla come una semplice informazione facendo attenzione agli effetti che comporta a livello corporeo; la differenza tra la paura con manifestazione fisica e la malattia si percepisce dalla seconda volta in cui si manifesta e quando non si riesce a curare fisicamente si passa a vedere l'aspetto emotivo>>.

Quali reazioni determina la paura? Sono sempre soggettive o alcune sono comuni per tutti?

<<Alcuni elementi sono comuni ma hanno delle sfaccettature soggettive legate alle esperienze del soggetto; di per sé le reazioni sono comuni, quello che cambia da soggetto a soggetto sono il livello di temperatura espressiva e il grado di paura.

Si può sempre imparare a conoscere le emozioni e ci si può lavorare affinché un soggetto non sia sopraffatto da esse.>>

Giorgia Bendo, Letizia Modini, 4^B

UNA PARTENZA DA… PAURA

Parla la psicologa

(22)

Musica, canto, recitazione, presepismo, arte e insegnamento. Queste sono le parole che per il nostro caro professor Ruggiero convergono tutte insieme armoniosamente in un’unica parola, ovvero passione. Ma chi si sarebbe mai aspettato che un insegnante coltivasse qualcosa di così profondo e intimo al di fuori della scuola? E che soprattutto riuscisse a conciliare tutte queste arti facendole parti indispensabili della sua vita? In pochi sanno però che la chiave di queste passioni è il nonno. “Lui faceva parte della banda cittadina e da piccolo mi portava con sé alle feste di paese - racconta- poi all'età di 5 anni ricevetti in dono dalla befana una piccola pianola Bontempi, che diventò sempre più il mio fidato compagno di giochi” . Nacque così l’interesse per la musica, tra un nonno affettuoso e una piccola pianola, destinata ad allargare i suoi orizzonti fino all’arte dei presepi e del teatro, ereditate sempre dalla figura paterna. ”Lo seguivo quando lui, dopo aver finito il lavoro di sarto nella sua piccola bottega, si recava in chiesa per allestire il presepe e lì osservavo incantato ogni suo gesto aspettando che si componesse pian piano davanti ai miei occhi la magia del presepe” dice il professore. Ma come incastra questi interessi all’interno della sua vita? “Non si può contare il tempo che si dedica a una passione, non ha una durata.

È un tempo dell'anima – continua- Posso dire che le mie dedizioni sono un prolungamento della mia passione per l'insegnamento; le emozioni che mi danno cerco anche di trasferirle nel discorso dell'arte. Diciamo che musica, teatro , presepismo nutrono il mio amore per l'arte e viceversa”. Aggiunge dicendo che ci vuole molto sacrificio, ma che tutto viene ripagato quando si vedrà raggiunto il risultato perseguito con tanta passione e fatica. Il professor Ruggiero ama trasmettere questo suo amore con gli altri e infatti ha deciso di aprire un suo piccolo spazio su Youtube in cui inserire qualche volta dei frammenti di canzoni, teatro e video artistici, sottolineando che la storia dell’arte rimane comunque la sua più grande dedizione insieme all’insegnamento che gli permette di essere nel suo piccolo un po' attore, un po' musicista e un po’ scultore.

Conclude il suo discorso dicendo: “Le parole quando si parla di arte devono avere il giusto tono, il giusto suono per scolpire un sentimento e un amore per la bellezza in chi ascolta . Ci provo , non sempre ci riesco, ma è la ragione più profonda del mio essere insegnante”.

Insomma, una storia che trae origine da un dolce rapporto nonno-nipote che ha portato il professor Ruggiero a coltivare queste passioni fin dalla tenera età, creando un connubio perfetto con la sua ascesa come insegnante di storia dell’arte, tra quadri, sculture, monumenti storici e studenti.

Rossella Bittante, Laura Zanellato, 4^F

L’EREDITA’ PIU’ GRANDE DI UN NONNO: LA PASSIONE PER ARTE, MUSICA E TEATRO

Maurizio Ruggiero si racconta

La parola al Prof

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“Non so cosa significhi vivere in un Paese che da un giorno a un altro vara le leggi razziali, leggi che fanno diventare improvvisamente il tuo vicino, il tuo negoziante che ogni giorno ti vende il pane, il tuo maestro, ma anche i tuoi genitori e te stesso, cittadini diversi. Persone normali a cui la società chiude le porte senza appello. E l’unico modo per evitarlo è conoscere la Storia.”

Queste alcune delle toccanti parole di Alberto Angela nel suo post sulla fanpage ufficiale di Facebook. Il noto conduttore introduce così la puntata evento “Viaggio senza ritorno” del programma Ulisse su Rai 1, dedicata alla memoria dell’Olocausto e di tutte le povere vite che questo tragico evento ha tolto o segnato per sempre e di cui molte risultano ancora senza nome.

Di queste, però, non mancano quelle di chi è riuscito a resistere, ed è proprio sulle testimonianze di questi coraggiosi sopravvissuti, che verte la puntata.

Tra i personaggi più conosciuti che raccontano i ricordi del viaggio verso i campi di sterminio, ci sono la senatrice Liliana Segre, che da bambina è stata costretta a partire su un treno merci dal tristemente famoso binario 21 della stazione di Milano e Sami Modiano, salpato su un battello da Rodi, che fino al momento della deportazione era stato usato per il trasporto del bestiame.

L’ intensità dei loro racconti colpisce e fa riflettere, soprattutto in un periodo come questo, dove purtroppo sui social circolano ancora tristi contenuti inneggianti al nazifascismo o ideologie simili, alimentati dall’odio razziale, dall’ignoranza e forse anche da uno sdoganamento generale del pensiero.

In poche parole, la libertà di espressione in Internet è un diritto sacrosanto, ma fino a che punto? È giusto, che queste persone, celate da uno schermo, agiscano privi di coscienza e di rispetto nei confronti della muta sofferenza, che più di sei milioni di persone hanno dovuto subire per il semplice fatto di essere diversi, di appartenere ad un’altra etnia, religione, orientamento sessuale e politico? Eppure, basta un solo click e il danno è fatto.

Due sole emozioni si provano a vedere diffusi in rete questi post terribilmente offensivi: vergogna, nei confronti di chi li ha pubblicati e paura per il consenso che questi, anche se in minor parte ricevono.

Consenso, che deve renderci vigili ed essere limitato, per non farci cadere nello stesso errore. Quello che ha portato al massacro di uomini, donne e bambini indifesi nell’indifferenza e silenzio più totale, se non lodevoli eccezioni.

La fiducia, però, è riposta nelle mani di noi giovani, che educati alla memoria, abbiamo il dovere di proteggerla e mantenerla integra per le generazioni future. Senza distorcerla e abbassare la guardia, perché, ciò che sembra un tragico ricordo del passato, può diventare una temuta realtà, se non si presta la giusta attenzione. Come disse Primo Levi: “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”.

Greta Bianchin, 3^E

LA SHOAH DI ALBERTO ANGELA: UN “VIAGGIO SENZA RITORNO”

In un video le toccanti testimonianze di chi ha vissuto l'olocausto: a cominciare da Liliana Segre

Cultura e società

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