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2. EDIFICI IN MURATURA

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2. EDIFICI IN MURATURA

2.1. Evoluzione storica delle costruzioni in muratura

Molti studiosi sono concordi nell’affermare che la storia dell’umanità progredisca di pari passo con la storia dell’architettura (Musgrove & Fletcher, 1987; Davey, 1961).

Il primo materiale da costruzione propriamente inteso è stato probabilmente la pietra. Studi archeologici attestano al 9000-8000 a.C. le primissime costruzioni in pietra, rinvenute nei pressi del Lago Hullen, Israele. Successivi rinvenimenti risalenti al 6000-5000 a.C. si sono avuti sia nell’isola di Cipro (abitazioni a pianta circolare, 5650 a.C.) sia in Iraq (strutture a pianta rettangolare, 5500-5000 a.C.).

Figura 26 - Esempi di architetture preistoriche: (a) ricostruzione delle strutture rinvenute a Cipro; (b) ricostruzione delle abitazioni rettangolari rinvenute in alcuni villaggi iracheni

Ma è a partire dalla civiltà egizia (circa 2800-2000 a.C.) e successivamente quella romana (0-1200 d.C.) che l’uomo ha dato vita alle più portentose realizzazioni di strutture in muratura.

Piramidi da un lato, acquedotti, piazze, chiese e templi dall’altro, non fanno che avvalorare la tesi esposta: la storia dell’umanità progredisce con la storia dell’architettura.

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Figura 27 - Complesso di Djoser (Egitto): la grande piramide a gradoni, probabilmente il primo monumento realizzato interamente in pietra

Figura 28 - Acquedotto romano di Segovia (Spagna)

L’arte del costruire in muratura, utilizzando la pietra, raggiunge i massimi spendori con l’architettura gotica (1200-1600 d.C.) dove strutture snelle, protese verso il cielo, sono costituite da maschi, archi, volte e contrafforti in un meraviglioso e magico gioco di equilibrio statico.

La pietra, il cui uso raggiunse livelli di eccellenza proprio nel periodo gotico, non ha rappresentato l’unica alternativa nella storia delle costruzioni in muratura. Ben presto si

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comprese quanto tutte le operazioni connesse all’uso della pietra (estrazione, trasporto, lavorazione) fossero costose e fortemente antieconomiche in alcuni contesti, riservandone quindi la lavorazione agli ambiti monumentali.

Figura 29 - Interno della cattedrale di Amiens (Francia)

Questa esigenza, unitamente all’ampia disponibilità di materiali argillosi e al clima arido proprio di alcune regioni, condusse all’invenzione del mattone.

Nella città di Gerico, in Cisgiordania, sono state rinvenute abitazioni a pianta ovale realizzate in mattoni e risalenti al periodo 8350-7350 a.C. (quindi antiche quanto le costruzioni in pietra del Lago Hullen).

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Figura 30 - Resti archeologici della città di Gerico: fondazioni di strutture residenziali presso Tell es-Sultan risalenti al 8350 a.C.

Ed anche gli stessi Egizi producevano mattoni a partire dai terreni fangosi del Nilo, che arricchivano di paglia e sabbia. L’uso di mattoni presso la civiltà egizia è testimoniato da un affresco rinvenuto nella tomba di Rekhamara (1500 a.C.) nel quale è raffigurato il processo produttivo di mattoni a Tebe, nell’Alto Egitto.

Figura 31 - Affresco rinvenuto nella tomba di Rekhamara con rappresentazione del processo produttivo dei mattoni

La tecnologia di produzione di mattoni ben presto si evolse, passando dai mattoni semplicemente essiccati ai mattoni cotti.

La storia del mattone si arricchisce di un particolare fondamentale in epoca romana: i Romani infatti, nel tentativo di omogeneizzare la propria architettura all’interno

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dell’impero, diedero vita ad un processo che oggi definiremmo standardizzazione. Si servirono infatti delle costruzioni in muratura per creare un proprio stile architettonico da riproporre nelle diverse province dell’Impero, dando quindi una riconoscibilità immediata al costruito. Fu appunto una sorta di standardizzazione delle dimensioni dei mattoni a produrre questo fondamentale risultato.

Ultimo fondamentale momento di questo breve excursus storico è la Rivoluzione Industriale, durante la quale l’industrializzazione dei processi produttivi dei mattoni portò alla produzione in serie e alla standardizzazione vera e propria dei mattoni così come li conosciamo oggi. Produzione in serie e standardizzazione che si è poi sviluppata e adattata in funzione delle varie zone di fabbricazione ed impiego dei mattoni.

Le tecniche costruttive delle strutture in muratura, che hanno dato vita al grandioso patrimonio monumentale che la storia ci ha lasciato, si sono affinate nei secoli attraverso meccanismi empirici, di tentativi con errori ed evoluzioni della tecnica per superarli.

Nonostante ciò le costruzioni in muratura non hanno conosciuto una vera e propria sistematizzazione del sapere e delle conoscenze faticosamente acquisite nei secoli.

Un’impostazione razionale della Scienza e della Tecnica delle Costruzioni in muratura sorgeva in effetti intorno al XIX secolo grazie al lavoro, tra gli altri, di Navier, Rondelet e Viollet-le-Duc.

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Rondelet in particolare, nel suo Traité théorique et pratique de l’Art de Batir (Trattato teorico e pratico dell’arte di costruire) si era soffermato su una molteplicità di argomenti connessi alle costruzioni in pietra e in muratura.

In particolare aveva tentato di offrire regole pratiche per il proporzionamento di elementi strutturali in muratura, basandosi sull’elevazione dei muri stessi. Per quanto tale impostazione fosse più empirica che propriamente analitica, essa rappresentava senza dubbio un ottimo punto di partenza per una teoria “ordinata” delle costruzioni in muratura.

Figura 33 - Macchina per sperimentare la resistenza delle pietre (in J. B. Rondelet, "Traité theorique et pratique del'Art de Batir", Paris 1802-1817, tomo I, Tav. VII)

Ma l’avvento del cemento armato finì per ostacolare i successivi studi sull’argomento. La comunità scientifica trascurò per lungo tempo lo studio teorico delle murature a vantaggio dei nuovi materiali, che promettevano speranze di costruzioni apparentemente eterne.

Così, giunti al XXI secolo, malgrado i grandi progressi compiuti nella modellazione strutturale ed i significativi avanzamenti in materia di ingegneria sismica, e nonostante la disponibilità di strumenti di calcolo potenti, le murature ancora oggi rappresentano un punto “dolente” nella teoria e nella pratica ingegneristica. Tale quadro è in realtà ancora

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più complesso se si prende in considerazione il progressivo aggiornamento delle norme tecniche in materia di costruzioni.

Già nel 2003, dopo il sisma che investì San Giuliano di Puglia, il legislatore si affrettò nell’emanazione di una normativa tecnica (l’Ordinanza del Presidente del Consiglio di Ministri n.3274). In esso veniva rivisto l’impianto generale in tema di dinamica delle strutture, riconoscendo la maggiore complessità richiesta dalle strutture in muratura in zona sismica. E tale complessità si è conservata anche nelle Norme Tecniche per le Costruzioni emanate nel 2008.

È interessante notare, tuttavia che essenzialmente già il precedente sistema normativo, risalente agli anni ’70 e ’80, proponeva esplicitamente per le strutture in muratura metodi di analisi non lineari, anche attraverso modelli relativamente semplici (come ad esempio il metodo POR, introdotto dalla Legge Regionale del Firuli Venezia Giulia n.30 del 20 giugno 1977 “Nuove procedure per il recupero statico e funzionale degli edifici colpiti dagli eventi tellurici – Ulteriori norme integrative della Legge Regionale 7 giugno 1976, n.17”, e di cui se ne parlerà in seguito).

Fu proprio con le prime ricerche in Slovenia ad opera di Tomazevic alla fine degli anni ’70 che il mondo accademico iniziò ad interessarsi al comportamento di elementi strutturali in muratura, cogliendo i primi fondamentali risultati avvalorati su base sperimentale. In seguito, grazie anche all’avvento di sempre più potenti calcolatori elettronici, i metodi di analisi agli elementi finiti si sono rivelati utilissimi nella formulazione e nella validazione di modelli teorici sempre più complessi e dettagliati.

Il nostro Paese è stato ed è tuttora sede di numerosi e qualificati studi nell’ambito della modellazione delle strutture in muratura, in particolare in ambito sismico. Negli ultimi venti anni sono stati proposti numerosi modelli per il calcolo della risposta sismica delle pareti murarie e di edifici, a diverso livello di dettaglio e con diversi presupposti teorici. La diversità dei presupposti teorici è spesso conseguenza della grande varietà di edifici che vengono studiati: quando si parla di murature si intendono forme costruttive che possono differire considerevolmente per materiali, tessitura, concezione d’insieme del sistema strutturale e dettagli costruttivi. Non è quindi realistico pensare di individuare un unico modello di assoluta validità generale. Tuttavia si è ritenuto opportuno individuare alcuni elementi fondamentali che dovrebbero essere comuni a tutti i modelli per poter scongiurare errori macroscopici nella previsione della risposta, e consentirne l’utilizzo in un campo

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Da questi presupposti nasce lo studio condotto dall’Unità di Ricerca dell’Università di Pavia, che ha portato alla definizione di un metodo “semplificato” in quanto si basa sulla modellazione per macroelementi. Questo metodo, impiegato nello studio dell’edificio scolastico oggetto della presente tesi di laurea, mira a contenere il numero dei gradi di libertà del problema ed a semplificare il processo di preparazione dei dati di ingresso e di lettura ed interpretazione dei risultati, in modo da consentire l’analisi di interi edifici.

2.2. Tipologie murarie

Le costruzioni in muratura rappresentano uno dei primi metodi di costruzione utilizzati dall’uomo.

Una parete in muratura è costituita dalla sovrapposizione, per strisce regolari e per spessori di varia entità, di elementi naturali o artificiali collegati fra loro da strati di malta.

Convenzionalmente si assume che i primi abbiano la funzione di sopportare i carichi, mente il legante assicura un’adeguata distribuzione delle tensioni ed il collegamento tra gli elementi. In realtà l’interazione tra i due componenti, così come le loro proporzioni e la loro qualità sono strettamente legati al comportamento globale. Il risultato auspicabile deve essere un solito monolitico e ben collegato alle altre pareti ed è per questo molto importante conoscere la conformazione di una muratura in tutto il suo spessore, specie se elevato, in quanto può presentare forti disomogeneità tra paramento e nucleo, o essere inficiato da canne fumarie, incassi, tracce.

Il termine muratura raggruppa molte tecniche diverse, che si differenziano tra di loro per la qualità dei materiali utilizzati, la tessitura, la dimensione dei conci e le caratteristiche meccaniche degli elementi costituenti.

L’organismo edilizio fino agli inizi del secolo scorso era fortemente legato alla disponibilità in sito dei materiali e alle tecniche costruttive locali, non esistendo i moderni mezzi di comunicazione e quindi di diffusione e controllo di tecniche e tecnologie, così come un sistema di vie e mezzi di trasporto capillare ed economico. Pertanto si può notare come una tecnica costruttiva concettualmente semplice possa essersi sviluppata in modo diverso in funzione dei diversi luoghi di impiego.

Le tipologie di murature utilizzate nelle costruzioni storiche possono ricondursi alle seguenti categorie:

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a) Murature in pietra. Sono composte di pietra naturale, in genere tagliata o no, o squadrata più o meno regolarmente, di diversa qualità (pietra arenaria, pietra calcarea, tufo, ecc…). i blocchi in pietra possono essere o meno legati con malta.

Una muratura con pietra di buona qualità e ben lavorata può raggiungere e superare resistenze di 150 kg/cm2. Le murature in pietrame dotate di una certa regolarità nella tessitura mostrano migliori resistenze meccaniche. Tra questa tipologia di muratura vi rientrano:

• i monoliti o megaliti, ossia quelle costruzioni realizzate con pochi grandi blocchi di pietra;

Figura 34 - Megaliti di Stonehge

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• le strutture a blocchi di pietra non squadrati senza l’impiego di malta;

Figura 35 - Rappresentazione dell'apparecchiatura Ciclopica di Micene nelle tre differenti tipologie, da sinistra a destra: muratura "rettangolare"; muratura "poligonale"; mura Ciclopiche

• murature di blocchi non squadrati con l’impiego di malta;

• le strutture a blocchi di pietra squadrati con l’impiego di malta;

Figura 36 - Muratura in pietra squadrata (a), e non squadrata (b) con impiego di malta

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• le murature miste;

Figura 37 - Muratura mista pietre e mattoni

b) Murature a sacco. Consistono in due paramenti di pietra o di mattoni, che costituiscono le facce esterne della muratura, ed un riempimento interno, in genere costituito da materiale di pezzatura irregolare, sciolto o scarsamente cementato. Sono sostanzialmente eterogenee e possono avere una resistenza effettiva assai minore di quanto lascerebbe supporre l’apparente robustezza (in genere sono di spessore molto grande). Possono essere soggette a seri fenomeni di degrado, dovuti alla perdita di consistenza del riempimento interno, che non solo finisce per non contribuire alla resistenza, ma viene anche ad esercitare pressioni trasversali sui paramenti, creando gobbe, distaccamenti e rendendoli soggetti a fenomeni di instabilità, compromettendo la stabilità d’insieme.

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Figura 38 - Muratura a sacco

c) Murature miste o listate. Sono in genere in pietrame non squadrato, intercalato ad opportuni livelli da filari di mattoni. I ricorsi di mattoni (disposti orizzontalmente su almeno due strati, o nel caso migliore tre strati) si estendono per l’intero spessore del muro e svolgono la doppia funzione di regolarizzazione dei piani orizzontali, ridistribuendo le tensioni, e di legatura trasversale della muratura.

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Figura 39 - Muratura listata

d) Murature a secco. Questa tipologia di muratura è caratterizzata dalla costruzione senza l’utilizzo di malta, usando blocchi di pietra squadrati o meno e caratterizzati da superfici perfettamente piane, in modo da assicurare un contatto uniforme tra le superfici. Il comportamento di una muratura a secco è influenzato dalla forma e dalla dimensione dei blocchi nonché dalla scabrosità delle superfici tra i blocchi stessi.

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Figura 40 - Muro a secco

e) Murature in mattoni. Sono costituite da ricorsi alternati, più o meno regolari, di mattoni e malta. Lo spessore della malta varia in funzione dell’epoca di costruzione. La resistenza della muratura è inversamente proporzionale allo spessore della malta e questo è dovuto sia a fenomeni di ritiro e viscosità, sia dagli sforzi trasversali che la maggiore deformabilità delle malte producono nei mattoni. Le caratteristiche meccaniche della muratura nel suo complesso dipendono quindi dalle caratteristiche meccaniche e geometriche dei materiali costituenti, in particolare dalle dimensioni degli elementi (in funzione delle varie zone di costruzione) e dall’altezza del ricorso di malta. I mattoni di qualità migliore hanno colore rosso ed una resistenza a compressione compresa tra 1,5 e 1,8 kN/cm2. I giunti vengono sfalsati con un miglior collegamento trasversale degli elementi. A seconda della disposizione degli elementi si hanno murature con diversi spessori, a 1, 2 o più teste.

Molto spesso comunque, durante le operazioni di rilievo su edifici storici di qualunque periodo, si incontrano situazioni non ben ascrivibili alle categoria descritte; soprattutto per edifici di scarso valore infatti venivano utilizzati materiali vari, con uso ridotto di una malta dalla qualità spesso scadente. Anche l’esecuzione risulta spesso poco accurata e la resistenza è affidata a spessori murari elevati.

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Figura 41 - Muratura di mattoni: (a) a una testa in folio o di costa, (b) a una testa, (c) e (d) a due testa, (e) a tre teste, (f) a quattro teste

Negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche costruttive innovative, che hanno introdotto nuovi tipi di materiali idonei alla costruzione delle murature portanti. Un esempio è costituito dalla muratura armata, che prevede l’introduzione di armature verticali e orizzontali all’interno della muratura.

L’armatura verticale può essere alloggiata in appositi fori verticali presenti nei blocchi (Fig.

42a) oppure in tasche create da una disposizione opportuna degli elementi (Fig. 42b).I fori e le tasche sono successivamente riempiti con malta o calcestruzzo. L’armatura orizzontale, barre semplici o tralicci, viene invece disposta nei letti di malta (Fig. 42c) oppure entro tasche a sviluppo orizzontale create da un’opportuna conformazione dei blocchi (Fig. 42d).

Un particolare tipo di muratura armata è la muratura a cavità con parete di cemento armato inclusa tra due pareti in muratura (Fig. 42e).

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Figura 42 - Tipologie di muratura armata

Le armature hanno la funzione di:

- conseguire un aumento di resistenza a flessione sia per le azioni ortogonali che per quelle parallele al piano della muratura, aumentando la stabilità dell’edificio nei confronti delle azioni orizzontali come vento e sisma;

- evitare collassi successivi alla fessurazione mantenendo l’integrità della parete in campo post-elastico con un sensibile aumento della duttilità, diminuire la sensibilità al danneggiamento e incrementare la resistenza a taglio per azioni nel piano.

Atro esempio di tecnica costruttiva innovativa è rappresentato dalla muratura intelaiata.

Essa viene realizzata mediante cordoli in cemento armato orizzontali e verticali adeguatamente collegati tra loro ed aderenti agli elementi murari assieme ai quali formano l’organismo resistente. L’effetto telaio prodotto dall’introduzione di cordoli verticali collegati con quelli orizzontali fornisce alla struttura un maggior livello di duttilità, un minor degrado di resistenza e una minore suscettibilità al danneggiamento (Fig. 43).

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Figura 43 - Tipologie di muratura intelaiata: (a) con blocchi speciali, (b) con cordoli orizzontali e verticali

Tutte queste variabili rendono la muratura un materiale estremamente complesso, tanto che il comportamento di murature realizzate con gli stessi materiali può differire profondamente a causa della tessitura utilizzata o alla dimensione degli elementi.

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2.3. Materiali

Una buona conoscenza delle caratteristiche meccaniche degli elementi costituenti la muratura è tuttavia importante, ma non sufficiente per effettuare analisi e considerazioni affidabili sul comportamento della muratura stessa. Ci sono molti altri fattori che influenzano la risposta alle sollecitazioni, specialmente nelle costruzioni storiche: la dimensione e la forma dei blocchi, lo spessore e lo sfalsamento dei giunti, la tessitura muraria e persino la qualità della manodopera impiegata.

Dal punto di vista del comportamento meccanico le più importanti caratteristiche della muratura sono:

- disomogeneità;

- anisotropia;

- asimmetria;

- non linearità del legame sforzi-deformazioni.

La disomogeneità è dovuta al fatto che gli elementi e la malta di cui è costituita la muratura hanno caratteristiche meccaniche fortemente diverse tra loro. Inoltre, spesso non è sufficiente conoscere le caratteristiche dei materiali componenti presi singolarmente per prevedere il comportamento meccanico dell’insieme, in quanto un ruolo fondamentale è giocato dall’unione fra i componenti, che, per particolari fenomeni chimico-fisici, tende a sviluppare un comportamento meccanico non necessariamente riconducibile a quello dei singoli componenti. Il comportamento meccanico macroscopico della muratura può quindi essere considerato come il risultato dell’interazione meccanica fra gli elementi e la malta, attraverso la loro interfaccia.

L’anisotropia è dovuta alla direzionalità intrinseca della muratura, legata alla forma ed alle proporzioni degli elementi ed al modo con cui essi vengono disposti, nonché all’eventuale presenza di fori e alla loro direzione. Questo fa si che la resistenza dipenda dalla direzione dei carichi applicati.

L’asimmetria è legata al diverso comportamento che si ha per la compressione e la trazione sia per quanto riguarda i singoli componenti che per quanto riguarda il comportamento d’insieme. Spesso la resistenza a trazione riscontrata nelle murature e più bassa di quella attesa nei singoli componenti, proprio a causa dei particolari giochi che si instaurano tra le superfici di contatto dei diversi elementi.

La non linearità è la conseguenza di tutte le caratteristiche sopra elencate, caratterizza in modo marcato il comportamento della muratura sia in compressione che in trazione.

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Risulta evidente che tenere in considerazione le caratteristiche sopra elencate renderebbe molto complicato effettuare analisi compiute su edifici anche di scala ridotta, in particolar modo strutture esistenti di cui molto spesso si ha una conoscenza diretta decisamente limitata.

Per questo motivo in molte applicazioni si adottano delle semplificazioni:

- il materiale viene idealizzato come un continuo omogeneo;

- l’anisotropia viene trascurata o tenuta in considerazione in maniera molto semplificata;

- la non linearità può essere trascurata in funzione del tipo di applicazione e del livello di sollecitazione.

La schematizzazione come materiale omogeneo ha senso ovviamente se si opera su una scala macroscopica, per analisi di pareti o porzioni rilevanti; per analisi microscopiche di rottura localizzata si deve ovviamente far riferimento al comportamento singolo di malta, elementi, e interfaccia.

Figura 44 - Comportamento sforzo-deformazione della muratura

Ovviamente il comportamento globale risulta una opportuna media tra le caratteristiche dei due materiali ed è funzione della qualità della realizzazione.

L’approccio normativo delle NTC 2008 varia a seconda che si affronti un progetto di nuove costruzioni o un recupero di costruzioni esistenti.

Nel primo caso si fa riferimento al § 11.10.3 in cui sono tabellati i valori di resistenza della muratura, nota la resistenza a compressione degli elementi e la classe della malta.

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Tabella 3 - Valori di fk per murature in elementi artificiali pieni e semipieni

Per costruzioni esistenti solitamente invece non si conoscono le caratteristiche della muratura e non è sempre possibile fare delle prove sui materiali, o per mancanza di mezzi o per l’impossibilità di intervenire sul manufatto.

La normativa ovvia a questo fatto fornendo al § C8A.2 in appendice alla circolare applicativa del 2009 una tabella con le tipologie più ricorrenti e le relative caratteristiche principali, la cui scelta verrà approfondita nel seguito.

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Tabella 4 - Valori di riferimento dei parametri meccanici (minimi e massimi) e peso specifico medio per diverse tipologie di muratura, riferiti alle seguenti condizioni: malta di caratteristiche scarse, assenza di ricorsi (listature), paramenti semplicemente accostati o mal collegati, muratura non consolidata, tessitura (nel caso di elementi regolari) a regola d’arte.

2.4. Risposta della muratura alle sollecitazioni 2.4.1.Compressione e Trazione

La statica delle costruzioni in muratura si fonda sul buon comportamento in compressione del materiale, mentre viene trascurata la resistenza a trazione per la sua estrema aleatorietà.

Sia il laterizio che la malta hanno una maggiore resistenza a compressione rispetto a quella a trazione. Il laterizio ha il modulo elastico e la resistenza maggiore di quella della malta e presenta una rottura di tipo fragile, mentre la malta presenta una fase di rottura

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Il grafico seguente (Figura 45a) mostra qualitativamente il comportamento della malta e del laterizio alla prova monoassiale di trazione-compressione.

Figura 45 - (a) comportamento di malta e laterizio alla prova di trazione-compressione; (b) comportamento della muratura alla prova di trazione-compressione

Come mostrato in Figura 45(b), la resistenza di una muratura varia in funzione della resistenza dei suoi componenti, ma in maniera non proporzionale.

In presenza di una malta di buona qualità, la resistenza della muratura aumenta molto velocemente all’aumentare della resistenza degli elementi, più lentamente se la malta è scadente.

All’aumentare della resistenza della malta, la resistenza della muratura aumenta molto più lentamente. Infine, la resistenza della muratura diminuisce all’aumentare dello spessore dei giunti di malta.

Il diverso comportamento deformativo dei due componenti genera nella muratura uno stato di autotensioni che ne modificano il comportamento globale.

Sottoponendo la muratura ad una compressione uniforme, tutti gli elementi, malta e laterizio, sono soggetti alla stessa tensione verticale. La malta, avendo un modulo elastico minore di quello del laterizio, è soggetta ad una deformazione maggiore sia in direzione verticale che trasversale. La congruenza delle deformazioni all’interfaccia tra laterizio e malta fa si che in quest’ultima nasca uno stato di compressione triassiale favorevole. Al contrario nel laterizio le autotensioni che si generano inducono una trazione trasversale.

Questo spiega il motivo per cui la crisi di una muratura soggetta ad una compressione uniforme avvenga con fessure da trazione in direzione parallela all’asse di carico. La crisi avviene, quindi, per valori di carico inferiori a quelli di rottura del singolo elemento in laterizio, mentre avviene per valori maggiori dei limiti di resistenza a compressione

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Figura 46 - Pannello murario sottoposto a compressione semplice

Il comportamento in compressione monoassiale di un prisma di muratura è quindi intermedio fra quello del singolo mattone e quello della malta, a causa della coazione che si instaura fra i due elementi.

2.4.2.Flessione e Taglio

Se si analizza il comportamento dei pannelli in muratura soggetti contemporaneamente a carichi verticali e orizzontali diretti parallelamente al piano medio, si evidenzia che il collasso può manifestarsi secondo tre modalità:

- rottura per taglio-scorrimento a livello dei giunti di malta;

- rottura per taglio-trazione con fessurazione diagonale;

- rottura per schiacciamento della muratura.

Il verificarsi di una crisi piuttosto che un’altra dipende dal rapporto che c’è tra le azioni verticali e quelle orizzontali. Il primo meccanismo di rottura si ha in genere per bassi valori di sforzo normale. La rottura avviene per cedimento per taglio dei giunti (Figura 47 b).

La rottura per fessurazione diagonale avviene perché la tensione principale di trazione supera la resistenza della muratura. Questa rottura avviene in genere per valori intermedi di sforzo normale (Figura 47 c). Le fessure possono seguire l’andamento dei giunti di malta o coinvolgere gli elementi in laterizio a seconda delle caratteristiche dei materiali e dalla tessitura.

Il terzo meccanismo di rottura avviene quando la massima tensione di compressione verticale alla base del muro raggiunge la resistenza a compressione della muratura (Figura 47 a). Questo tipo di crisi si ha per uno sforzo normale di elevata entità.

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Figura 47 - Schematizzazione dei meccanismi di rottura del pannello murario: (a) per presso-flessione; (b) per scorrimento; (c) a taglio.

La tipologia di danno, anche in presenza di una stessa modalità di collasso, è fortemente influenzata dalla tipologia costruttiva e dalle caratteristiche della muratura, come si può osservare in figura 48.

Figura 48 - Meccanismo di flessione-ribaltamento: (a) caso di muratura coesiva; (b) caso di muratura a secco.

In figura 48 (a) si evidenzia come, in murature realizzate con malta di buona qualità, la rottura per flessione-ribaltamento si realizzi generalmente attraverso la formazione di fessure orizzontali alla base del pannello con relativo innalzamento dell’intero pannello. In assenza di malta, invece, caso di muratura a secco, figura 48 (b), si ha il ribaltamento di una porzione di muro individuata da una linea di rottura la cui inclinazione è legata alla forma di tessitura degli elementi.

Sia per la modalità di danneggiamento governata da fenomeni di ribaltamento, sia per quella a taglio, la risposta in termini di curva taglio alla base-spostamento orizzontale è fortemente non lineare. Nella figura 49, sono riportati due esempi sperimentali del possibile comportamento ciclico di pannelli in muratura di mattoni pieni.

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Figura 49 - Curva forza-spostamento: (a) rottura per taglio; (b) rottura per ribaltamento

Considerando l’inviluppo dei cicli, in entrambi i casi esiste un breve tratto iniziale ad andamento lineare, dal quale ci si scosta al crescere del taglio alla base. Tale deviazione dal comportamento lineare è dovuta principalmente alla parzializzazione delle sezioni, in conseguenza della trascurabile resistenza a trazione dei letti di malta, nonché ad un progressivo sviluppo di deformazioni anelastiche dovute alle sollecitazioni di taglio e compressione nelle porzioni reagenti.

Il meccanismo di rottura per ribaltamento mostra un inviluppo con andamento quasi asintotico e cicli d’isteresi con bassa dissipazione energetica. Il meccanismo di rottura a taglio è caratterizzato da un inviluppo, che presenta un valore massimo seguito da un ramo decrescente. Il tratto di decremento di resistenza all’aumentare dello spostamento è associato alla progressione del sistema di fessure diagonali incrociate, che porta ad una progressiva disarticolazione del pannello.

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2.5. Vulnerabilità sismica degli edifici esistenti in muratura

Il comportamento fortemente non lineare della muratura, così come le condizioni non ideali di vincolo tra le varie parti dell’edificio, rendono difficilmente prevedibile e schematizzabile la risposta sismica delle costruzioni in muratura. Nonostante le strutture in muratura abbiano un’ottima capacità di far fronte ad azioni verticali, derivanti dai pesi propri e dai carichi variabili, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda le azioni orizzontali.

L’entità delle forze di inerzia che sorgono su una struttura per effetto di un’azione sismica sono funzione, tra le altre cose, anche del periodo di oscillazione proprio della struttura.

Gli edifici in muratura risultano essere per la loro natura molto rigidi, sia per le caratteristiche proprie degli elementi murari, sia perché tali strutture hanno in genere un ridotto numero di piani e quindi una modesta altezza. All’elevata rigidezza si associa un basso periodo di oscillazione della struttura a cui consegue una grande amplificazione dell’azione sismica.

La muratura tuttavia non si comporta in modo elastico in maniera indefinita. Al seguito dell’azione sismica si instaurano dei fenomeni di formazione di fessure e plasticizzazioni locali che inducono una perdita di rigidezza del sistema. La struttura assume così un periodo di oscillazione maggiore a cui consegue una riduzione dell’amplificazione dell’azione sismica. I fenomeni di plasticizzazione e frattura riescono inoltre a dissipare un’elevata quantità di energia smorzando così gli effetti del sisma.

Considerando una parete muraria isolata, essa ha una buona capacità di far fronte ad azioni orizzontali agenti nel proprio piano e quindi idonea a esplicare la funzione di parete di controvento. Tutt’altro si può dire per il comportamento di una parete in cui le azioni orizzontali sono dirette ortogonalmente al proprio piano, nei confronti delle quali le pareti risultano essere molto deboli.

La vulnerabilità di un edificio con struttura portante in muratura tende a valutare la sua propensione a subire danni sotto azione sismica di riferimento. Tale indicatore è determinato dai seguenti fattori:

- l’importanza dei collegamenti tra pareti verticali;

- l’importanza dei collegamenti tra pareti ed orizzontamenti;

- il ruolo della resistenza meccanica delle pareti murarie.

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2.5.1. Comportamento scatolare

Una parete muraria, investita dal sisma, può presentare diversi meccanismi di collasso, classificabili in due categorie fondamentali:

- meccanismi di I modo;

- meccanismi di II modo.

I primi rappresentano i cinematismi di collasso in cui le forze sismiche agiscono ortogonalmente al piano medio della parete, con comportamento flessionale e di ribaltamento (Fig. 50a); i secondi, invece, sono innescati da forze sismiche che agiscono parallelamente al piano medio della parete, con rotture per taglio e flessione (Fig. 50b).

Figura 50 - Meccanismi di collasso

Quindi, la resistenza delle pareti murarie per forze agenti parallelamente al proprio piano medio, è molto maggiore rispetto a quella nel caso di forze agenti in senso ortogonale.

L’attivazione dei vari meccanismi di collasso è fortemente influenzata dal grado di connessione tra gli elementi strutturali. Ad esempio, carenze nel collegamento tra pareti ortogonali e tra pareti e orizzontamenti, fanno si che la struttura sia caratterizzata da un comportamento disaccoppiato delle singole pareti fuori dal proprio piano, con un aumento della vulnerabilità sismica.

Quindi, il buon comportamento di una costruzione in muratura, soggetta a sisma, si esplica attraverso il raggiungimento di un funzionamento scatolare. Presupposto essenziale per il funzionamento scatolare, è il fatto che i muri portanti, di controvento e i solai devono essere efficacemente collegati tra loro.

Il collegamento tra pareti e orizzontamenti può essere effettuato mediante cordoli continui

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ostacolandone il meccanismo di ribaltamento.

Spesso negli edifici esistenti il collegamento degli orizzontamenti alle strutture verticali è assente, in quanto, la trave in legno o le longarine metalliche sono appoggiate direttamente in scassi prodotti nelle murature. Nel caso di solaio deformabile e assenza di cordolo (Fig.

51a), la struttura è maggiormente vulnerabile a meccanismi di I modo; nel caso di solaio deformabile e presenza di cordolo (Fig. 51b), si ha un miglioramento della risposta sismica, grazie all’azione di trattenuta esercitata dal cordolo. Infine, la presenza di solaio rigido e cordolo (Fig. 51c), assicurano un buon comportamento scatolare, impedendo qualsiasi tipo di meccanismo.

Figura 51 - Risposta di un edificio alle azioni orizzontali

È inoltre opportuno che i muri, ortogonali fra loro, siano efficacemente ammorsati lungo le intersezioni verticali, mediante un’adeguata disposizione degli elementi (Fig. 52).

Figura 52 - Ammorsamento dei muri

Negli edifici storici, l’efficacia del collegamento tra pareti ortogonali si esplica anche attraverso la presenza di catene metalliche, adeguatamente disposte e dimensionate. È di fondamentale importanza che la catena sia, per quanto possibile, disposta parallelamente a una parete che funziona da elemento di contrasto, al fine di evitare fenomeni di inflessione

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attenzione al fatto che questi siano rivolti in modo che, sia il solaio, sia la parete verticale, funzionino da elementi di contrasto (Fig. 53).

Figura 53 - Disposizione errata (a) e corretta (b) dei paletti capochiave della catena

Garantendo un buon grado di ammorsamento tra pareti perimetrali e in corrispondenza dei martelli murari, la singola parete investita dall’azione sismica perpendicolare al suo piano, chiama in compartecipazione nella risposta le pareti ad essa ortogonali, trasferendo a queste un’azione complanare alla parete e attivando, quindi, il meccanismo resistente nel quale esse esplicano la loro naturale resistenza a taglio (Fig. 54).

Figura 54 - Meccanismo di ribaltamento della parete in assenza di collegameni parete-parete (a) e trasferimento delle azioni orizzontali ai setti di taglio in presenza di collegamenti parete-parete (b)

Il buon ammorsamento tra l’altro tende a realizzare una maggiore ridistribuzione dei carichi verticali tra muri ortogonali, anche nel caso di solai a orditura prevalente in una direzione (Fig. 55).

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Figura 55 - Ridistribuzione dei carichi verticali

Nelle costruzioni esistenti occorre condurre un’analisi precisa e dettagliata degli aspetti suddetti, in modo da poter fare emergere le eventuali carenze strutturali e delineare le differenze tra il comportamento reale e quello scatolare. Inoltre, occorre controllare:

- la qualità del sistema resistente;

- la rigidezza dei solai e la resistenza delle pareti verticali alle quali i solai sono appoggiati;

- la regolarità strutturale dell’edificio, sia in pianta che in elevazione.

2.5.2. Qualità del sistema resistente

Per qualità del sistema resistente si intende da una parte la qualità del tessuto murario, intesa come disposizione e dimensione degli elementi costituenti la parete muraria (blocchi artificiali, mattoni o pietre naturali), dall’altra la qualità dei materiali componenti, ovvero della malta e dei blocchi.

Per quanto riguarda i blocchi artificiali o le pietre naturali, una delle caratteristiche che ne determina la qualità, è la presenza di foratura. Murature portanti in blocchi forati con eccessiva percentuale di fori presentano, infatti, un’elevata vulnerabilità dal momento che, anche in presenza di malta di buona qualità tra i giunti, denotano comunque una spiccata fragilità. Anche le murature in pietra arrotondata di fiume presentano un’elevata vulnerabilità a causa della loro superficie estremamente levigata che impedisce un buon livello di aderenza con il legante.

Per quanto riguarda la tessitura muraria, è indice di buona qualità la disposizione dei blocchi in strati il più possibile regolari, con filari approssimativamente orizzontali e con giunti verticali sfalsati, in modo da creare un immaginario reticolo a maglie regolari. Sono

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ricorrenti nella pratica muraria pareti costituite da due o più paramenti verticali affiancati che generalmente compongono le pareti in muratura di pietrame: in questi casi è fondamentale, per il funzionamento monolitico della parete sotto le azioni orizzontali, la presenza di elementi trasversali di collegamento (diatoni) che attraversano tutto lo spessore della parete collegando i due paramenti.

Tuttavia la presenza di paramenti esterni ben organizzati con elementi squadrati non è sempre sinonimo di una muratura ben fatta: è sempre bene accertarsi infatti che al suo interno non sia presente un paramento interno con caratteristiche dimensionali e di apparecchiatura di qualità sensibilmente inferiori. Infine la presenza di listature, come ricorsi in mattoni pieni o fascioni di calcestruzzo deve essere valutata positivamente quando la listatura ha uno spessore pari a quello della muratura sottostante, e la malta, impiegata tra i mattoni pieni, presenta un buono stato di conservazione. Viceversa, queste possono diventare anche elementi di vulnerabilità, andando a indebolire l’omogeneità della tessitura muraria.

2.5.3. Solai

Nel complessivo funzionamento scatolare occupano un posto importante gli orizzontamenti ed i loro collegamenti alle pareti verticali; vengono privilegiati quest’ultimi rispetto alla rigidezza (comportamento a diaframma), che spesso è sinonimo di pesantezza, specialmente in taluni errati interventi di miglioramento sismico.

Oltre ai solai anche le volte sono da considerarsi degli orizzontamenti. Il loro punto debole è di essere degli elementi spingenti; quindi l’azione sismica orizzontale può notevolmente aumentare la spinta di questi sistemi e causare meccanismi di collasso. Di solito si trovano, proprio per questo motivo, associate a catene che ne limitano (per lo meno staticamente) la spinta.

2.5.4. Copertura

Così come i solai, anche le coperture devono essere efficacemente collegate alle pareti perimetrali attraverso un cordolo in cemento armato, in grado di trasferire le azioni orizzontali del sisma alle strutture verticali portanti; tale vincolo costituisce una sorta di

“cerchiatura” in testa dell'intera struttura che favorisce un comportamento globale

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caso studio), la presenza dei puntoni può portare all’instaurarsi di crolli localizzati della muratura nelle zone d’angolo (Fig. 56).

Figura 56 - Danni provocati dalla spinta di un puntone diagonale di una copertura a padiglione per

effetto del sisma

Coperture ad una sola falda risultano

poco spingenti; nel caso di tetto a due falde invece, per limitare l'azione spingente della copertura, è necessaria la presenza di tramezzi intermedi, oppure di travi di colmo di opportuna altezza (Fig.

57a). Le spinte della copertura possono essere annullate grazie all'inserimento di tiranti metallici (catene)opportunamente disposti oppure di capriate (Fig. 57c).

Ovviamente, minore è l'inclinazione della falda, minore sarà la spinta sulle murature.

Figura 57 - (a) Coperture spingenti; (b) coperture poco spingenti; (c) coperture non spingenti

2.5.5. Regolarità in pianta ed in altezza

Un altro fattore che gioca un ruolo molto importante è la regolarità dell’edificio:

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- regolarità in pianta;

- regolarità in altezza.

Per quanto riguarda la forma in pianta, si può dire che le forme compatte, avendo rigidezza paragonabile in ogni direzione, danno luogo a un miglior comportamento di insieme.

Inoltre le forme simmetriche sono da preferire a quelle asimmetriche, in quanto in queste ultime il centro delle masse e delle rigidezze di solito sono molto distanti e ciò provoca importanti sollecitazioni torsionali.

E’ opportuno adottare piante di forma semplice, cioè prive di rientranze; infatti, l’incavo degli angoli rientranti è sede di concentrazioni di sforzi dovute al diverso comportamento dinamico delle due porzioni di edificio che vi si intersecano.

Per gli edifici in muratura la disposizione delle aperture influenza significativamente la regolarità in elevazione. Una loro errata disposizione può provocare pericolosi flussi di tensioni prodotte dai carichi e rendere i setti troppo snelli. La regolarità in altezza non dipende solo dalla geometria, ma anche dai materiali. Questa può essere compromessa ad esempio da sopraelevazioni con materiale diverso, magari più pesante rispetto a quello originale.

Le strutture irregolari in alzato, possono essere sede di concentrazioni di sforzi al pari di quelle irregolari in pianta. In un edificio composto da due porzioni di altezza notevolmente diversa, si possono infatti generare considerevoli concentrazioni di tensioni nella zona di connessione dovute al diverso comportamento dinamico che avrebbero le due porzioni, se fossero staccate l’una dall’altra. Le configurazioni che portino ad aumenti di massa dal basso verso l’alto sono assolutamente da evitare. E’ opportuno inoltre disporre le aperture su file, sia verticali che orizzontali; questo per permettere che gli sforzi fluiscano con regolarità senza dar luogo a pericolose concentrazione di tensione.

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2.6. Meccanismi di collasso delle strutture in muratura

Una parete muraria, investita dal sisma, può presentare diversi meccanismi di danno, che, convenzionalmente, si suddividono in due categorie fondamentali a seconda della risposta delle pareti e dell’organismo funzionale:

Meccanismi di I Modo:

rappresentano i cinematismi di collasso in cui le forze sismiche agiscono ortogonalmente al piano medio della parete. Si considera quindi il comportamento fuori piano della parete, con comportamento flessionale e di

ribaltamento. Figura 58 - Simulazione di forze che agiscono ortogonalmente al piano

Meccanismi di II Modo:

riguardano la risposta delle pareti nel proprio piano per forze sismiche, che agiscono parallelamente al piano medio della parete. I danneggiamenti saranno per taglio e flessione.

Figura 59 - Simulazione di forze che agiscono parallelamente al piano

I meccanismi di secondo modo presentano moltiplicatori di collasso elevati e sono ben più rari e meno pericolosi; si manifestano in pareti di ricche di aperture che ne riducano l’area resistente. I meccanismi di primo modo sono dovuti ad un ammorsamento assente o non sufficiente con le pareti ortogonali o con il solaio e ciò comporta che la parete, o una sua porzione, tenda a ribaltarsi fuori piano. Queste le modalità principali :

- ribaltamento semplice;

- flessione orizzontale;

- flessione verticale;

- ribaltamento composto.

Considerando quindi una parete muraria isolata, essa ha una buona capacità di far fronte ad azioni orizzontali agenti nel proprio piano e quindi idonea ad esplicare la funzione di

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parete di controvento. Tutt’altro si può dire per il comportamento di una parete in cui le azioni orizzontali sono dirette ortogonalmente al proprio piano, nei confronti delle quali le pareti risultano essere molto deboli.

Le condizioni di vincolo che rendono possibile questi meccanismi di collasso sono strettamente legate al comportamento globale dell’edificio, che, a sua volta, è funzione delle caratteristiche tipologiche e tecnologiche. Il comportamento globale della struttura è fortemente legato al tipo di connessioni degli elementi murari: l’assenza di ammorsamento tra le pareti ortogonali, l’assenza di dispositivi di collegamento come cordoli e/o catene in corrispondenza della testa ribaltante non permettono di sviluppare, durante il terremoto, una risposta globale in cui si abbia la collaborazione tra le diverse pareti e ripartire tra esse le sollecitazioni indotte; le singole pareti sviluppano un comportamento indipendente.

Dall’esame di edifici esistenti si possono individuare diverse situazioni in funzione del grado di collegamento che c’è tra muri portanti, solaio, pareti di controvento.

Un ruolo importante per quel che riguarda la risposta sismica di un edificio in muratura è svolto dalla regolarità strutturale, sia in pianta che in altezza. Un edificio compatto ha rigidezze paragonabili nelle due direzioni con un miglior comportamento d’insieme. E’

opportuno che la pianta sia il più possibile simmetrica per limitare gli effetti torsionali dovuti all’eccentricità tra il centro di massa e quello di rigidezza. L’utilizzo di forme in pianta non semplici, come quelle a “L” o a “C”, o con rientranze generano pericolose concentrazioni di sforzi negli angoli. Gli edifici irregolari in altezza presentano gli stessi problemi di concentrazione degli sforzi nella zona di connessione tra due parti dell’edificio aventi altezza diversa. Da evitare sono le configurazioni con aumento della massa verso l’alto e la disposizione irregolare delle aperture all’interno di una stessa parete.

2.6.1. Ribaltamento semplice

Il meccanismo del ribaltamento semplice si manifesta sulle pareti esterne e può interessare tutta la parete o una porzione di essa. Rappresenta una tipologia di danno tra le più frequenti. Il ribaltamento si verifica quando la parete è libera in sommità e poco ammorsata alle pareti laterali. Il cinematismo è innescato da una spinta orizzontale ortogonale alla parete risultante della spinta del tetto e della forza d'inerzia della parete stessa.

Il moto è rappresentabile con una rotazione fuori piano della parete con formazione di cerniera cilindrica orizzontale (individuabile da una fessura orizzontale sul fronte).

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Figura 60 - Schema di collasso Figura 61 - Schema di calcolo

Figura 62 - Esempi di collasso per flessione semplice

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Ribaltamento semplice di parete monolitica – Parte alta

Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione rigida di porzioni sommitali di facciate rispetto ad assi in prevalenza orizzontali alla base di esse e che percorrono la struttura muraria sollecitata da azioni fuori dal piano. È il caso particolare in cui il ribaltamento interessa soltanto l’ultimo livello dell’edificio oppure porzioni di parete sottostanti la copertura.

Figura 63 - Esempio collasso per flessione semplice parte alta

Ribaltamento semplice di parete a doppia cortina

Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione rigida della cortina esterna di pareti a paramenti scollegati, o anche a sacco, rispetto ad assi in prevalenza orizzontali alla base di esse e che percorrono la struttura muraria sollecitata da azioni fuori dal piano. In tali casi i due paramenti possono arrivare ad avere comportamenti pressoché indipendenti, come nel caso limite delle murature a sacco, oppure, se i paramenti sono accostati, interagire lungo la superficie in comune. In fase sismica è perciò possibile che il paramento interno trasferisca parte della propria inerzia su quello esterno. Essendo problematica la valutazione della deformabilità che consente il trasferimento di azioni orizzontali attraverso la superficie di contatto tra i due paramenti, che comporterebbe tra l’altro la rimozione dell’ipotesi di blocco rigido, è opportuno ipotizzare l’interazione tra essi limitata alla sola sommità della parete e considerare un cinematismo che interessa entrambe i paramenti. Se invece si ritiene opportuno analizzare un meccanismo che interessa il solo

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compressione generalmente più bassa di quella che si ha nel paramento interno (su cui grava maggiormente il solaio).

Figura 64 - Esempio collasso per flessione semplice parete a doppia cortina

2.6.2. Flessione orizzontale

Il meccanismo di flessione orizzontale si manifesta sulle pareti esterne quando la parete è libera in sommità e bene ammorsata alle pareti laterali, e ne interessa la parte altra. Il cinematismo è innescato da una spinta orizzontale del tetto o di un solaio. Per comprenderne l’attivazione si immagini la formazione di un ideale arco resistente orizzontale a tre cerniere nello spessore della parete: una in mezzeria e le altre due in prossimità delle pareti laterali. L'arco ideale resiste alla forza orizzontale fino a quando la muratura non cede per schiacciamento. A questo punto il cinematismo si innesca per formazione di cerniera plastica in mezzeria. Il moto è rappresentabile con una rotazione fuori piano della parete con formazione di fessura parabolica.

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Figura 65 - Esempi di collasso per flessione orizzontale

Flessione orizzontale di parete confinata

Il meccanismo si manifesta con l’espulsione di materiale dalla zona sommitale della parete e col distacco di corpi cuneiformi accompagnato dalla formazione di cerniere plastiche oblique e verticali per azioni fuori dal piano. È il caso particolare in cui l’attivazione del

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plastiche, a causa dello stato tensionale indotto dalle azioni sismiche, e riguarda essenzialmente le facciate di celle intercluse in edifici a schiera.

Flessione orizzontale di parete a doppia cortina

Il meccanismo si manifesta con l’espulsione di materiale costituente la cortina esterna della zona sommitale della parete e col distacco in essa di corpi cuneiformi accompagnato dalla formazione di cerniere cilindriche oblique e verticali per azioni fuori dal piano. In assenza di confinamento il moltiplicatore è calcolato ignorando l’interazione tra i due paramenti ed ipotizzando un cinematismo che li coinvolge entrambi.

In presenza di confinamento il moltiplicatore di collasso è invece calcolabile fissando una quota delle azioni che il paramento interno trasferisce a quello esterno, tenendo presenti le difficoltà di un inquadramento rigoroso del fenomeno.

Sfondamento della parete del timpano

Il meccanismo si manifesta con l’espulsione di materiale dalla zona sommitale della parete del timpano e col distacco di corpi cuneiformi definiti da sezioni di frattura oblique e verticali per azioni fuori dal piano. Il cinematismo è in genere provocato dall’azione ciclica di martellamento della trave di colmo della copertura. In fase sismica la presenza di travi di colmo di notevoli dimensioni causa il trasferimento di una elevata spinta alla parete del timpano e può determinare il distacco di macroelementi cuneiformi e l’instaurarsi delle condizioni di instabilità che si manifestano attraverso la rotazione degli stessi attorno a cerniere oblique.

Figura 66 - Esempio collasso per sfondamento parete del timpano

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2.6.3. Flessione verticale

Il meccanismo di flessione verticale si manifesta sulle pareti esterne e può interessare una zona qualunque. Per comprenderne l’attivazione si immagini la formazione di un arco ideale resistente verticale a tre cerniere nello spessore della parete, una in mezzeria e le altre due in prossimità del piano superiore e del piano inferiore.

L'arco ideale verticale resiste alla forza orizzontale fino a quando la muratura non cede per schiacciamento.

A questo punto il cinematismo si innesca per formazione di cerniera plastica in mezzeria.

La flessione verticale si verifica quando la parete è bene ammorsata agli estremi, poco ammorsata ai lati e libera nella zona centrale. Il cinematismo è innescato da una spinta orizzontale ortogonale alla parete risultante della spinta o del martellamento da parte di un solaio.

Il moto è rappresentabile con una rotazione opposta fuori piano delle due parti di parete con formazione di tre fratture rettilinee orizzontali.

Figura 67 - Schema di collasso

Figura 68 - Schema di collasso

Flessione verticale di parete monilitica – 1 piano Il meccanismo si manifesta con

formazione di una cerniera cilindrica

è descritto dalla rotazione reciproca degli stessi attorno a tale asse per azioni fuori

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Figura 69 - Esempio collasso per flessione verticale parete a 1 piano

Flessione verticale di parete monolitica a più piani Il meccanismo si manifesta con

formazione di una cerniera cilindrica orizzontale che divide la parete compresa tra due solai efficacemente connessi alla muratura in due blocchi ed è descritto dalla rotazione reciproca degli stessi attorno a tale asse per azioni fuori dal piano. È il caso particolare in cui la tesa muraria è individuata da tre livelli dell’edificio con due impalcati intermedi non collegati alla muratura ed è frequente negli edifici che presentano solai appoggiati ed un cordolo in copertura.

Figura 70 - Esempio collasso per flessione semplice parete a più piani

Flessione verticale di parete a doppia cortina – 1 piano

Il meccanismo si manifesta con formazione di una cerniera cilindrica orizzontale che divide la cortina esterna di una parete compresa tra due solai successivi in due blocchi ed è descritto dalla rotazione reciproca degli stessi attorno a tale asse per azioni fuori dal piano.

Nel caso esaminato si considera l’interazione tra i due paramenti ipotizzando la possibilità che una piccola percentuale r di forze orizzontali agenti sul paramento interno, valutata in maniera empirica, possano essere trasmesse su quello esterno in relazione alle sue caratteristiche di rigidezza ed alle modalità di connessione sulla superficie in comune.

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Flessione verticale di parete a doppia cortina a più piani Il meccanismo si manifesta con

formazione di una cerniera cilindrica orizzontale che divide la cortina esterna di una parete, compresa tra due solai efficacemente connessi alla muratura ed un orizzontamento intermedio non collegato, in due blocchi ed è descritto dalla rotazione reciproca degli stessi attorno a tale asse per azioni fuori dal piano.

Figura 71 - Esempio di collasso per flessione verticale parete a doppia cortina

2.6.4. Ribaltamento composto

Il meccanismo del ribaltamento composto si manifesta sulle pareti esterne e può interessare tutta la parete o una porzione di essa. Per ribaltamento composto si indica un insieme di situazioni in cui al ribaltamento della parete ortogonale all’azione sismica si accompagna il trascinamento di una porzione di struttura muraria appartenente all' altra parete d'angolo. Il ribaltamento composto si verifica quando si presentano connessioni adeguate tra le pareti d'angolo ortogonali e la sommità è libera o poco vincolata.

Il buon ammorsamento infatti è tale da determinare il coinvolgimento di ambedue le pareti nel ribaltamento. Il moto è rappresentabile con una rotazione rigida fuori piano delle due parti di parete e con formazione di fessura a cuneo.

Ribaltamento composto di cuneo diagonale – parte alta

Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione rigida di porzioni sommitali di facciate rispetto ad assi in prevalenza orizzontali accompagnata dal trascinamento di parti delle strutture murarie appartenenti alle pareti di controvento. In questo caso il ribaltamento

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Ribaltamento composto di cuneo a doppia diagonale Il meccanismo si manifesta attraverso la

rotazione rigida di intere facciate o porzioni di pareti rispetto ad assi in prevalenza orizzontali accompagnata dal trascinamento di parti delle strutture murarie appartenenti alle pareti di controvento. La configurazione del macroelemento è in questo caso definita dal distacco, nelle pareti di controvento, di un cuneo a doppia diagonale. Questa condizione è legata generalmente alla presenza di solai rigidi, solitamente realizzati in laterocemento o comunque dotati di una soletta armata o di cordoli in c.a., non efficacemente ancorati alla muratura sottostante. Questi, pur non

rappresentando un vincolo al ribaltamento, contrastano l’innalzamento della parte superiore di muratura di controvento.

Figura 72 - Esempio del meccanismo di collasso

Ribaltamento del cantonale

Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione rigida di un cuneo di distacco, delimitato da superfici di frattura ad andamento diagonale nelle pareti concorrenti nelle angolate libere, rispetto ad una cerniera posta alla base dello stesso. Meccanismi di questo tipo sono frequenti in edifici che presentano spinte concentrate in testa ai cantonali dovute in particolar modo ai carichi trasmessi dai puntoni dei tetti a padiglione. Si suppone che il ribaltamento avvenga nella direzione di spinta del puntone e che il cinematismo sia definito dalla rotazione del macroelemento individuato intorno ad un asse perpendicolare al piano verticale che forma un angolo di 45° con le pareti convergenti nell’angolata e passante per la cerniera.

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Figura 73 - Schema collasso per ribaltamento del cantonale

Figura 74 - Esempio di collasso per ribaltamento del cantonale

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2.7. Analisi sismica di edifici

La vulnerabilità sismica delle strutture esistenti in muratura è influenzata dal tipo e dalla qualità dei collegamenti tra i vari elementi costituenti, i quali giocano un ruolo estremamente determinante nei confronti delle azioni orizzontali.

Nella schematizzazione della struttura è necessario operare delle semplificazioni in maniera tale che la struttura in esame risulti allo stesso tempo semplice e ben concepita.

Per questo motivo va tenuto conto che il complesso strutturale non deve essere valutato come un unico organismo, ma come l’unione di più elementi collegati in maniera incerta.

Il materiale costituente possiede inoltre scarsa o trascurabile resistenza a trazione e possono manifestarsi più meccanismi di collasso possibili.

I fattori che influenzano e rendono possibile lo sviluppo di un modello di calcolo sono dunque la geometria della struttura, i materiali che la caratterizzano e le azioni cui è sottoposta. Poiché una stessa struttura può essere rappresentata da più modelli è necessario prendere in considerazione solamente quelli che risultano essere, al tempo stesso, rappresentativi del comportamento reale della struttura e risolubili con gli strumenti e le conoscenze di cui si dispone.

Le “Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni”, D.M. 14 gennaio 2008, ammettono quattro metodi di analisi, caratterizzati da complessità e precisione crescenti. Essi sono:

• analisi statica lineare;

• analisi dinamica lineare o modale;

• analisi statica non lineare o push over;

• analisi dinamica non lineare.

La scelta tra un metodo e l’altro dipende dalle caratteristiche dell’edificio in esame (regolarità, periodi propri caratteristici…) e dall’importanza della struttura che si sta analizzando.

Le norme, per definire le sollecitazioni di progetto, fanno riferimento ad un’analisi modale associata allo spettro di risposta di progetto e applicata ad un modello tridimensionale dell’edificio.

Particolari condizioni di regolarità in pianta ed in altezza della struttura permettono di considerare, al posto di un modello tridimensionale, due modelli separati ed al posto dell’analisi modale una semplice analisi statica lineare.

La scelta del tipo di analisi da utilizzare nella progettazione degli edifici è quindi affidata al progettista, che valuterà, di volta in volta, in relazione al tipo di progetto da affrontare, quale tipo di analisi utilizzare, al fine di avere informazioni sufficienti per la realizzazione

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dell’opera con il carattere prestazionale richiesto dalle norme.

Le norme richiedono, infatti, di progettare al fine della salvaguardia della vita, ma anche del controllo del danno, al fine di rendere minimi gli eventuali costi di riparazione ed adeguamento a seguito di un evento sismico con periodo di ritorno più basso di quello del terremoto di progetto.

Gli elementi strutturali possono quindi subire elevate deformazioni, compatibilmente con i vincoli imposti dalle verifiche allo stato limite di danno, ammesso che mantengano la loro capacità di sopportare i carichi verticali e venga assicurata la stabilità globale.

Le “Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni” impongono, inoltre, nei riguardi degli edifici esistenti, di eseguire valutazioni di vulnerabilità sismica e, se necessario, interventi di adeguamento, al fine di verificare il livello di sicurezza degli edifici.

Le norme introducono un fattore di confidenza FC, parametro legato al grado di incertezza nella valutazione della vulnerabilità sismica in relazione, per esempio, alla possibile presenza di difetti strutturali non rilevabili.

La metodologia di valutazione della sicurezza degli edifici esistenti in muratura ordinaria si allinea con quella descritta per gli edifici di nuova progettazione. Tuttavia essa non può prescindere da alcune integrazioni, per esempio l’analisi delle vulnerabilità locali.

2.7.1. Analisi statica lineare

L’analisi statica lineare prevede che l’azione sismica sia schematizzata tramite un sistema di forze statiche orizzontali e che la valutazione delle sollecitazioni indotte da tali forze sia effettuata attraverso un sistema elastico lineare che rappresenti l’edificio.

Tale metodo può essere applicato a condizione che il periodo proprio (T1) del modo di vibrare principale nella direzione in esame non superi 2,5 TC e che la costruzione sia regolare in altezza. Se l’edificio risulta regolare in pianta, è consentito utilizzare due modelli piani separati nelle due direzioni principali.

Nel caso di edifici in muratura questo metodo è utilizzabile anche per edifici irregolari in altezza, maggiorando, in via cautelativa, il valore delle forze sismiche.

Il periodo fondamentale può essere calcolato, in fase preliminare di progetto, utilizzando formule approssimate.

Per edifici con altezza inferiore ai 40 metri è possibile utilizzare la seguente relazione:

!! = !! ∙ !!! con:

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C1 costante, assunto pari a 0,085 per strutture in acciaio e pari a 0,05 per tutte le altre strutture

Dallo spettro di progetto, in corrispondenza del periodo calcolato T1, si ricava l’accelerazione spettrale SA,d, che, moltiplicata per la massa totale, esprime la risultante delle forze sismiche equivalenti, Fh.

!! = !!(!!) ∙ ! ∙!

! con ! = 0,85 ÷ 1

Le forze statiche equivalenti da applicare a ciascun piano sono legate esclusivamente al primo modo di vibrare della struttura, secondo una distribuzione pressoché triangolare.

Le forze concentrate, da applicare ai vari piani, risultano proporzionali alla massa del piano corrispondente moltiplicate per l’altezza misurata a partire dalla fondazione fino al piano considerato. Nel caso particolare di masse uguali ad ogni piano e altezze di interpiano costanti, la distribuzione di forze da applicare sarà triangolare:

!! = !!∙ !! ∙ !!

Σ!!∙ !! = !!∙ !!∙ !! Σ!!∙ !

Figura 75 - Distribuzione triangolare delle forze statiche equivalenti

Considerando esclusivamente il primo modo di vibrare della struttura e trascurando l’influenza di quelli superiori si può commettere, in casi particolari, l’errore di sottostimare le sollecitazioni. In generale questa valutazione porta a risultati approssimati.

Nel caso di modelli spaziali occorre tener conto sia dell’eccentricità accidentale ei, sia quella effettiva fra centro di massa e centro delle rigidezze.

Nonostante la muratura sia considerata un materiale fragile, le prove sperimentali su campioni e su strutture hanno mostrato che anche gli edifici in muratura possiedono una

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