• Non ci sono risultati.

Introduzione alla Parte Sperimentale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Introduzione alla Parte Sperimentale"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)
(2)

CAPITOLO 4

Introduzione alla parte sperimentale

Lo scopo di questa tesi di laurea è incentrato sulla progettazione e sulla sintesi di nuove molecole a nucleo pirazolo[3,4-d]pirimidinico, sostituite nelle posizioni 1,4 e 6, sviluppate come potenziali inibitori di proteine chinasi da utilizzare come candidati farmaci per il trattamento delle varie forme di carcinoma tiroideo. Ad oggi, il trattamento di prima scelta per le diverse forme di tumore alla tiroide è la tiroidectomia totale, eventualmente associata a radioterapia esterna; tuttavia, si ha comparsa di recidive e la malattia può ripresentarsi con metastasi locali e a distanza, spesso associate ad una marcata resistenza alle terapie tradizionali. Per questo motivo l’attenzione si è rivolta verso nuove strategie terapeutiche. Come già ampiamente descritto in precedenza, recenti studi sulla patogenesi dei carcinomi tiroidei dimostrano chiaramente che alterazioni genetiche di specifiche proteine chinasi sono alla base dello sviluppo e della progressione tumorale:

 Mutazioni del recettore tirosina chinasi RET sono state riscontrate in circa il 98% dei casi di carcinoma midollare della tiroide (MTC) ereditario e nel 30-50% dei casi di MTC sporadici.

 Riarrangiamenti RET sono invece la più comune anomalia genetica nel carcinoma papillare della tiroide (PTC).[47]

 Recettori EGFR e VEGFR sono risultati essere implicati nel mantenimento del tumore tiroideo, evidenziando come l’angiogenesi sia un fattore importante nella crescita tumorale.

 Iperespressione dei geni AURKA e AURKB; e conseguente sovrapproduzione della Aurora-A e (in particolar modo nei carcinomi

(3)

tiroidei) sovrapproduzione di Aurora–B. Alterazioni che portano a sviluppo di cellule con assetto genetico errato e ad errata crescita cellulare, che sono alla base della patogenesi tumorale.

Pertanto, l’inibizione di queste proteine rappresenta un utile strumento terapeutico per il trattamento di questo tipo di tumori.

Sono stati valutati diversi approcci terapeutici per l’inibizione di queste proteine chinasi, ma il più efficace è stata la sintesi di molecole ATP-mimetiche, cioè composti capaci di competere con l’ATP per il legame al sito catalitico. Tra queste ricordiamo sorafenib o sunitinib, già approvate in tutto il mondo per il trattamento di altri tipi di tumore, o nuovi derivati come ponatinib o axitinib, in fase di studio clinico per TCs. Ad oggi, gli unici inibitori tirosin chinasici disponibili in commercio sono vandetanib e cabozantinib, approvati dalla FDA per il trattamento di MTC avanzato e metastatico.

Tutti questi derivati sono inibitori chinasici ad ampio spettro, poichè generalmente combinano una potente attività antiangiogenica, principalmente dovuta all’inibizione di VEGFR2, con proprietà inibitorie anche verso altre proteine chinasi. Tuttavia, il loro utilizzo è limitato poiché la loro efficacia è spesso associata a grave tossicità, tra cui osteonecrosi, emorragie fatali, ipertensione, prolungamento dell'intervallo QT e problemi respiratori. Inoltre, per quanto riguarda vandetanib, è stata riscontrata resistenza, dovuta a mutazioni puntiformi delle proteine bersaglio, che limita fortemente il suo utilizzo come agente terapeutico.

Di conseguenza la ricerca è sempre più concentrata verso lo sviluppo di nuovi inibitori delle tirosina chinasi, e ancor più verso le serina-treonina chinasi, sicuri ed efficaci nel trattamento di questa tipologia di tumore.

(4)

Sorafenib Sunitinib Ponatinib Axitinib Vandetanib Cabozantinib

(5)

4.1 CLM3: ‘lead compound’ ideale

Da molti anni ormai, il gruppo di ricerca presso il quale ho svolto il mio progetto di tesi si occupa della sintesi di nuovi inibitori di proteine tirosina e serina/treonina chinasi, in particolare VEGFR2, RET e Aurora, da sviluppare come potenziali farmaci per il trattamento di TC. In particolare, tra i tanti ‘scaffold’ sintetizzati e analizzati per la loro efficacia, l’attenzione è stata rivolta verso derivati aventi il nucleo pirazolo[3,4-d]pirimidinico, eterociclo privilegiato nello sviluppo di inibitori chinasici competitivi per il sito di legame dell’ATP, vista la sua analogia strutturale con il nucleo adeninico di questa molecola endogena.

È così che è stato sintetizzato nel 2010 il derivato (R)-1-fenetil-N-(1-feniletil)-1H-pirazolo [3,4-d]pirimidin-4-amminico, CLM3, che in seguito a studi funzionali si è dimostrato utile nel combinare una eccellente efficacia antiangiogenica con una discreta attività inibitoria verso linee cellulari di cancro della tiroide. In particolare, questo composto ha mostrato attività antiproliferativa e proapoptotica, tempo e dose-dipendenti, su linee cellulari endoteliali HUVEC e su linee specifiche di tumore tiroideo, TT e 8305C.[47,48]

(6)

Figura 26: Inibizione della proliferazione di linee cellulari tumorali da parte di CLM3 tempo e dose

dipendente

Da studi in vitro risulta inoltre che CLM3 è in grado di inibire la proliferazione di linee cellulari ottenute da tessuti tumorali di pazienti affetti da carcinoma papillare dedifferenziato della tiroide (DePTC), incrementando fenomeni apoptotici e inibendo la migrazione cellulare in maniera dose-dipendente. Saggiato in modelli animali di tumore tiroideo, quali DePTC e ATC, CLM3 ha inibito la crescita della massa tumorale senza determinare effetti tossici apprezzabili negli animali trattati, come illustrato nei grafici seguenti.

Figura 27: a) Inibizione significativa della crescita tumorale nel gruppo di animali trattati con CLM3,

rispetto ai controlli; b) Gli animali trattati con CLM3 non hanno mostrato tossicità apprezzabili, come dimostrato dai loro pesi.

(7)

CLM3 Rappresenta quindi il “lead compound” ideale per lo sviluppo di nuovi analoghi più attivi ed efficaci nella lotta al TC.

Grazie ad uno studio di docking della molecola nel sito catalitico di RET, VEGFR-2 e Aurora A, sono state ipotizzate tre possibili modifiche strutturali, che potrebbero aumentare l’efficacia inibitoria del composto lead nei confronti delle proteine target. Queste interessano l’atomo di azoto in posizione 1, il carbonio in posizione 4 ed il carbonio in posizione 6.

Nel caso di VEGFR2, infatti, CLM3 si posiziona nel sito catalitico secondo quanto illustrato in Figura 28. In particolare:

o L’azoto in posizione 2 dell’anello pirazolopirimidinico instaura un legame a H con il residuo cisteinico C919;

o La porzione feniletanamminica in posizione 4 risulta circondata dai residui V848, K868, A866, L889, L1035 e V916;

o Il gruppo feniletilico in posizione 1, invece, instaura interazioni idrofobiche con L840 e F918.

(8)

La sostituzione in 4 del nucleo eterociclico non è però abbastanza lunga da raggiungere il dominio regolatorio juxtamembranale, ciò non permette le interazioni con i residui E885 e D1046, spesso instaurate dagli inibitori di VEGFR2 riportati in letteratura, come il sorafenib. Questa osservazione è importante al fine di migliorare l’attività inibitoria verso VEGFR2, apportando modifiche strutturali in posizione 4 che permettano questi nuovi contatti.

Per quanto riguarda invece il legame nel sito dell’ATP della proteina chinasi RET, è stato evidenziato che:

o Il nucleo centrale è circondato dai residui A756, V738, e L881;

o L'atomo di azoto in posizione 5 dell'anello pirazolopirimidinico stabilisce un legame ad idrogeno con l’amminoacido A807;

o La porzione feniletilica in posizione 1 occupa il lobo N-terminale del dominio catalitico, ma non sembra stabilire alcuna interazione significativa con lo scheletro del sito catalitico;

o La porzione feniletanamminica in posizione 4 rimane infine piuttosto esposta al solvente.

(9)

Infine, relativamente alla interazione con il sito dell’ATP della proteina Aurora A, CLM3 si posiziona nel modo indicato in Figura 30. In questo caso:

o Il nucleo centrale si ancora allo scheletro del sito catalitico mediante un legame ad idrogeno, che si stabilisce tra l’atomo di azoto in posizione 2 ed il residuo di ALA213;

o La porzione feniletilica in posizione 1 non sembra stabilire alcuna interazione significativa con il sito catalitico della proteina;

o La porzione feniletanamminica in posizione 4 si colloca utilmente in una ampia tasca del sito catalitico, che tuttavia occupa in modo molto limitato e senza stabilire alcuna utile interazione con i residui aminoacidici che la delimitano.

(10)

Partendo quindi dall’analisi strutturale della molecola CLM3 e tenendo presenti gli studi preliminari di docking eseguiti sulle proteine bersaglio, sono stati sintetizzati nuovi analoghi strutturali ottimizzando la struttura precedente.

In particolare, lasciando intatto il nucleo pirazolopirimidinico, essenziale per l’interazione con lo scheletro del sito catalitico delle proteine, sono state inizialmente introdotte variazioni a livello dell’azoto esociclico in posizione 4, con sostituenti arilammidici, arilureidici e arilsolfonammidici.

Rispetto a CLM3, questi nuovi composti riescono a raggiungere il dominio regolatorio juxtamembranale del VEGFR, permettendo le interazioni con i residui E885 e D1046, interazioni instaurate dagli altri inibitori di VEGFR2 esistenti e ciò determina un aumento dell’attività inibitoria.

Inoltre, le modifiche proposte sono risultate vantaggiose anche nei confronti della proteina chinasi RET, che è risultata più fortemente inibita dalla maggior parte degli analoghi preparati.[49] (Tabella 3)

N N N N HN N H X R

(11)

X R VEGFR2a (IC50, M) RETa (IC50, M) CO C6H5 8.57 22.4 CO C6H4-4-Br 3.48 4.26 CO C6H4-4-F 5.37 9.64 CO C6H4-4-NO2 3.29 17.1 CO C6H4-4-OCH3 2.66 24.1 CO C6H3-3,4-diOCH3 2.03 28.1 CO CH2C6H5 6.45 22.6 CONH C6H5 2.16 7.04 CONH C6H4-4-Br 3.40 9.07 CONH C6H4-4-F 3.17 4.80 CONH C6H4-4-NO2 1.09 37% CONH C6H4-4-OCH3 1.09 9.26 CONH C6H3-3,4-diOCH3 3.27 15.3 CONH CH2C6H5 6.74 10.3 SO2 C6H5 4.96 7.90 SO2 C6H4-4-Br 4.89 12.85 SO2 C6H4-4-F 2.89 4.83 SO2 C6H4-4-NO2 1.03 57% SO2 C6H4-4-OCH3 3.87 57.2 SO2 C6H3-3,4-diOCH3 7.21 8% SO2 CH2C6H5 2.23 58.6

Tabella 3: Nuovi inibitori tirosin chinasici

Una seconda modifica strutturale che appare vantaggiosa interessa la sostituzione dell’atomo di azoto in posizione 1.

Infatti, le indagini di modellistica molecolare suggeriscono che le interazioni idrofobiche che instaura la porzione feniletilica in 1 non sembrano essere fondamentali ai fini dell’attività per nessuna delle tre proteine target. Pertanto, è stato ritenuto interessante valutare se l’introduzione di un gruppo meno ingombrante in questa posizione, oppure l’inserimento sull’anello fenilico distale di un sostituente polare o in grado di instaurare legami a idrogeno, portino a un aumento dell’attività nei confronti delle proteine target, RET e VEGFR-2, e aggiungano una ulteriore attività di inibizione nei confronti delle chinasi Aurora.

(12)

Muovendoci in questo senso otterremmo così un duplice risultato: oltre ad individuare nuovi composti antitumorali di interesse farmaceutico, avremmo una maggiore conoscenza sulla relazione struttura attività di questa classe di composti e del sito catalitico delle chinasi, da utilizzare in progetti futuri.

Mi sono quindi occupato in un primo momento della sintesi dei derivat1 1 a-f, illustrati in Figura 31, caratterizzati dalla presenza di un gruppo metilico in posizione 1 e portanti sostituenti ureidici in posizione 4, scelti tra quelli che hanno fornito la maggiore efficacia inibitoria nella serie 1-feniletilica sostituita sviluppata in precedenza. N N N N HN H N HN O R 1a-f R a: C6H5, b: C6H4-4-F, c: C6H4-4-CF3, d: C6H4-3-Cl, e: C6H4-3,4-diF, f: C6H3-5-Cl,4-OCH3,

Figura 31: nuovi inibitori 1-metil-sostituiti

In seguito, sono stati sintetizzati i composti 2 a-b, in cui il feniletile in posizione 1 è stato decorato, rispettivamente, con un atomo di cloro oppure con un gruppo nitro (Figura 32).

(13)

N N N N HN NH2 Cl 2a N N N N HN NH2 NO2 2b

Figura 32: nuovi inibitori 1-feniletil-sostituiti

Inoltre, il derivato 2b è stato ulteriormente funzionalizzato facendolo reagire con 4-bromofenil isocianato ad ottenere l’urea corrispondente 3 (figura 33).

N N N N HN H N NO2 3 C H N O Br

Figura 33: nuovo inibitore 1-feniletil-sostituito

Un’ulteriore modifica strutturale ha interessato la posizione 6 del nucleo eterociclico centrale, che è stata decorata con un gruppo metilico, amminico oppure fenilico (derivati 4 a-c, Figura 34) al fine di riuscire a stabilire possibili

(14)

interazioni con il sito catalitico delle proteine target, non presenti nei derivati precedentemente sviluppati. N N N N HN NH2 4a-c R R= CH3, NH2, C6H5

Figura 34: nuovi inibitori 6-sostituiti

Infine, per approfondire ulteriormente i rapporti struttura-attività di questa classe di derivati a nucleo pirazolo-pirimidinico, è stato preparato anche il derivato 5 (Figura 35) che mantiene inalterato il sostituente feniletilico in posizione 1, caratteristico della serie precedentemente sviluppata, ma porta un diverso sostituente nella posizione 4 del nucleo.

N N N N HN S C O O 5

(15)

4.2 Le vie

sintetiche sviluppate

Per creare il nucleo pirazolopirimidinico con le opportune sostituzioni progettate c’è stato bisogno di sviluppare 2 diverse vie sintetiche, così da ottenere gli intermedi chiave da sottoporre in seguito a ulteriori reazioni di differente funzionalizzazione.

Infatti, non esistendo in commercio pirazolo-derivati sostituiti sul’N1 secondo le mie necessità, e non esistendo neppure pirimidine derivatizzate in posizione 2 con il sostituente desiderato, ho dovuto creare lo scaffold centrale partendo da molecole commerciali più semplici.

Dunque, per ottenere molecole strutturalmente differenti in queste due posizioni ho dovuto eseguire due vie sintetiche che risultano parallele fino alla creazione del nucleo pirazolico sostituito e che poi si sdoppiano per eseguire la reazione di ciclizzazione in modi differenti.

Infine una volta creati i vari nuclei pirazolopirimidinici sostituiti sono andato a derivatizzarli in modo differente in posizione 4.

La prima serie di derivati pirazolopirimidinici da me sintetizzata è stata quella con la sostituzione del gruppo etilfenilico in posizione 1 con un gruppo metilico; sono stati fatti in questo modo i derivati 1 a-f, ottenuti per reazione tra l’opportuno isocianato e l’ammino derivato 11, intermedio chiave.

L’ammino derivato 11 è a sua volta stato sintetizzato a partire dalla metilidrazina,

6, con etossimetilene malononitrile 7, fatti reagire in soluzione etanolica. Questo

per ottenere il metil pirazolo 8, il quale a sua volta è ciclizzato a derivato pirazolopirimidininonico 9 per reazione con acido formico a riflusso. Si converte quindi il composto 9 a cloroderivato 10 per trattamento con POCl3. Il cloroderivato è quindi fatto immediatamente reagire con la 3-aminobenzilamina

(16)

in toluene e DMF, senza ulteriori purificazioni, vista la sua elevata instabilità, ottenendo così l’intermedio 11 (Schema 1).

H N NH2 + EtO H CN CN N N NC H2N HCOOH HN N N N O N N N N Cl NH2 NH2 N N N N HN NH2 6 7 8 9 10 POCl3 RNCO N N N N HN H N HN O R 1a-f R a: C6H5, b: C6H4-4-F, c: C6H4-4-CF3, d: C6H4-3-Cl, e: C6H4-3,4-diF, f: C6H3-5-Cl,4-OCH3, 11 Schema 1 Toluene EtOH Toluene / DMF

La seconda serie di derivati da me sintetizzati varia per il sostituente in posizione 1, rappresentato da un gruppo 4-clorofeniletilico oppure 4-nitrofeniletilico.

In questo caso la sintesi parte dall’opportuno alogeno derivato, 12a,b, che è convertito nel corrispondente idrazino derivato, 13a,b, per reazione con idrazina monoidrata in soluzione etanolica. Una volta ottenuti, gli idrazino derivati sono posti a reagire con l’etossimetilene malononitrile 7 in etanolo, ed i derivati pirazolici 14a,b risultanti sono trattati con un eccesso di acido formico a riflusso che mi permette di ottenere i corrispondenti pirazolopirimidinoni 15a,b. La successiva reazione con POCl3 da’ i cloro derivati corrispondenti 16a,b, convertiti

(17)

poi nei corrispondenti benzilamino derivati 2a,b mettendoli a reagire con 3-amminobenzilammina in toluene e DMF, senza ulteriori purificazioni (Schema 2).

Schema 2 R Br 12a,b NH2NH2 H2O R NHNH2 13a,b EtO H CN CN 7 N N NC H2N R 14a,b HCOOH HN N N N O R 15a,b POCl3 N N N N Cl R 16a,b NH2 NH2 N N N N HN R 2a,b NH2 EtOH Toluene/DMF R a:Cl, b:NO2

Una volta ottenuto, il derivato 2b è stato fatto reagire con 4-bromo-fenil isocianato, in toluene e DMF, per ottenere il derivato ureidico 3 seguente.

N N N N HN NH2 NO2 2b N N N N HN H N NO2 3 C H N O Br Toluene / DMF N Br C O

(18)

La terza serie di derivati da me sintetizzati sono un gruppo di molecole che mantengono inalterato il sostituente feniletilico in posizione 1 e quello feniletanamminico in posizione 4 variando invece sulla posizione 6, sostituita con un gruppo CH3, NH2 o C6H5. Per l’ottenimento di questi prodotti ho dovuto ideare un’altra via di sintesi alternativa, che mi permettesse di inserire la sostituzione desiderata durante la ciclizzazione ad eterociclo. La via di sintesi ipotizzata è riportata nello Schema 3.

Analogamente a quanto descritto per l’ottenimento dei derivati 2a-b, anche in questo caso è stato necessario preparare dapprima l’intermedio 5-amino-1-fenetil-1H-pirazolo-4-carbonitrile 19. Questo è stato ottenuto per reazione tra l’etossimetilene malononitrile 7 e la fenetilidrazina 18, a sua volta ottenuta per trattamento del 2-bromoetilbenzene 17 con idrazina monoidrata. A questo punto si esegue un’idrolisi acida del composto 19 per ottenere la corrispondente ammide 20. La reazione è stata condotta mettendo poco alla volta, a piccole porzioni, il cianoderivato in acido solforico concentrato in bagno di ghiaccio. Si lascia reagire e si aggiunge infine una soluzione di K2CO3 2M fino a neutralizzare il pH e poi si filtra sottovuoto per ottenere il prodotto.

A questo punto per fare la ciclizzazione si son provate diverse reazioni.

Per ottenere il 6-metil-derivato, inizialmente si è fatta reagire l’ammide 20 con acido acetico glaciale, in eccesso, a 130°C e per 48h, ma alla fine della reazione non si è ottenuto il prodotto desiderato.

Quindi è stata tentata la preparazione del 6-amino-derivato, ponendo a reagire l’ammide 20 con guanidina cloroidrata, in toluene e trietilammina, a 200°C in microonde. Anche in questo caso si è assistito alla degradazione del reagente. La stessa reazione quindi è stata provata anche con benzamidina cloroidrata al microonde, per ottenere il derivato 6-fenil-sostituito, e successivamente su bagno ad olio a 200°C, utilizzando xilene come solvente.

(19)

qualche goccia di MeSO3H facendo reagire a reflusso per 48h. Ma anche in questo caso la reazione non è andata a buon fine, poiché in ogni caso si ottiene la sola degradazione dei reagenti inziali.

Schema 3 Br 17 NH2NH2 H2O NHNH2 18 EtO H CN CN 7 N N NC H2N EtOH N N C H2N 20 1. H2SO4 conc 2. K2CO3/H2O H2N O C OH X O HN N N N O 21a-c POCl3 N N N N Cl 22a-c NH2 NH2 N N N N HN 4a-c NH2 Toluene/DMF X X X 19

(20)

Infine sono riuscito a sintetizzare il 6-metil derivato inserendo l’ammide 20 in una vial, con un eccesso di acido acetico glaciale e mettendolo al microonde a 130°C, 100 power, 100 PSI per 60 minuti. La resa comunque è troppo bassa per poterlo derivatizzarlo ulteriormente (meno di 5%).

L’ultima sintesi da me sviluppata ha consentito la preparazione del derivato 5, che mantiene inalterato il sostituente feniletilico in posizione 1 ma varia decorazione nella posizione 4.

Per sintetizzarlo ho fatto reagire l’intermedio chiave 4-cloropirazolopirimidinico,

24, con l’opportuno derivato tiofenico sosituito (schema 4).

Schema 4 Br 17 NH2NH2 H2O NHNH2 18 EtO H CN CN 7 N N NC H2N 19 HCOOH HN N N N O EtOH EtOH 23 N N N N HN S C O O H2N S C O O Toluene 5 POCl3 HN N N N Cl 24

Analogamente a quanto descritto per i derivati precedenti, l’intermedio 4-cloropirazolopirimidinico 24 è stato a sua volta sintetizzato per reazione

(21)

dell’etilfenilibromuro 17 con idrazina monoidrata in etanolo, per ottenere l’opportuno idrazino derivato 18. A questo punto si è fatto reagire l’idrazino derivato 18 con l’etossimetilene malononitrile 7, in soluzione etanolica, ottenendo quindi il pirazolo sostiuito 19, il quale a sua volta è ciclizzato a derivato pirazolopirimidinonico 23 per reazione di un eccesso di acido formico a riflusso. Il composto 23 si è fatto reagire con POCl3 in toluene e DMF al microonde per ottenere l’intermedio chiave 24.

La sintesi di tutti i cloro derivati utilizzati per la preparazione degli inibitori desiderati ha creato notevoli problemi a causa della loro scarsa stabilità. Ho dovuto quindi operare in diversi modi e a seconda del sostituente in posizione 1 dell’anello è stato necessario l’utilizzo di reazioni di clorurazione differenti. Nel caso del derivato 9, caratterizzato dalla presenza del gruppo metilico in 1, La clorurazione è stata condotta nel seguente modo: il derivato piridopirimidinonico è disciolto in toluene anidro e si addiziona una soluzione di POCl3 e N,N-diisopropiletilammina, in bagno di ghiaccio e sotto corrente di azoto. Successivamente, dopo aver evaporato il solvente a pressione ridotta, è addizionata una soluzione di K2HPO4 2 M.

La procedura riportata in letteratura prevede che a questo punto si lasci la soluzione sotto agitazione tutta la notte a temperatura ambiente e si filtri sotto vuoto il precipitato ottenuto. Successivamente con etile acetato si estrae la soluzione acquosa, in modo da recuperare anche la quantità di prodotto solubilizzata in acqua ed incrementare così la resa. In questo modo però si assiste nuovamente alla degradazione a reagente di partenza. Abbiamo pensato quindi di filtrare immediatamente la soluzione dopo l’aggiunta di K2HPO4, ottenendo il cloroderivato come precipitato, che non è soggetto a degradazione dovuta ad un lungo trattamento. Il composto viene poi seccato e prontamente utilizzato nella reazione successiva, data l’elevata instabilità.

(22)

Per quello che riguarda invece i derivati sostituiti in posizione 1 con gruppi feniletilici , questi sono disciolti in diclorometano anidro e, lavorando sempre sotto corrente di azoto e in bagno di ghiaccio, è stata addizionata una soluzione di POCl3 e DMF e si è lasciata reagire a riflusso per 20h. Al termine della reazione si è recuperato il prodotto estraendo in diclorometano, seccando la fase organica con MgSO4 e evaporando il solvente a p.r. Una reazione alternativa è risultata essere il trattamento dei derivati pirazolopirimidinonici con POCl3 in touene mediante l’ausilio delle microonde. Ma anche in questo caso la reazione vale solo per i composti sostituiti con gruppi feniletilici. Una volta avvenuta la reazione si aggiunge ghiaccio e si filtra sottovuoto ottenendo così i prodotti clorurati, seccati e riutilizzati anch’essi immediatamente.

Riferimenti

Documenti correlati

In generale la ricchezza della classe derivava dai possedimenti territoriali fuori città e dalla produzione delle loro ville; ancora padrona della città,

Devereux and Engel 2003 | henceforth DE | suggests a strong interpretation of this result, as a new and distinct argument in favor of xed exchange rates, as attribute and implication

le modifiche alla legge sui funzionari statali e la legge base per la riforma del sistema dei funzionari che prevedono l’introduzione di un nuovo sistema di

E’ un dato importante che permette di capire come ci si stia orientando sempre più verso un modello produttivo in cui queste tecnologie possono dare il loro contributo anche in

Per potersi affermare pienamente come donne libere di pensare e di esprimere le proprie opinioni e il proprio mondo interiore, tuttavia, non era sufficiente arrogarsi il

Il punto di forza del neuromarketing risiede nella capacità di tali tecniche di rivelare le reazioni emozionali meglio di ogni altra metodologia: i risultati ottenuti

Anche gli scrittori di seconda generazione ricostruiscono delle mappe (spesso «ibride») necessarie per «non smarrirsi», che molto spesso contengono il viaggio reale dal

In addition to this idea, Carvalho and Windle showed that the one-step ahead predictions of the covariate matrix of daily returns of the assets, when realized covariance matrices