• Non ci sono risultati.

L’intervento Capitolo 6

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L’intervento Capitolo 6"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 6

L’intervento

6.1 Il rischio di vittimizzazione secondaria

Le caratteristiche dell’anziano vittima di abusi, i fattori di rischio legati alla vittima, all’abusante e alla relazione tra i due, nonché le ragioni che stanno alla base del fenomeno della non denuncia, sono elementi importanti che devono essere ben conosciuti per identificare, indagare, intervenire e gestire le situazioni di abuso.

Dopo aver subito il crimine, un’ulteriore sofferenza può essere causata dal modo con cui la vittima viene trattata all’interno del sistema giudiziario. Questo fenomeno viene definito vittimizzazione secondaria. Quando una vittima segnala un abuso e cerca aiuto e sostegno si rivolge a istituzioni, organizzazioni o singoli individui nei quali ripone fiducia e da cui si aspetta protezione. Nella vittimizzazione secondaria questi soggetti risultano maltrattanti. Comportamenti e atteggiamenti che causano tale vittimizzazione nella maggior parte dei casi riguardano:

- interrogatorio insensibile,

- pregiudizi e stereotipi basati sulla razza e il genere, la sessualità e l’età, - centratura sull’indagine piuttosto che sui bisogni della vittima,

- scoraggiamento alla denuncia, - rifiuto di redazione della denuncia,

- giudizi aprioristici sulla rilevanza penale dei fatti, - atteggiamenti di biasimo nei confronti della vittima, - confronti diretti vittima-aggressore in tribunale,

(2)

- mancata informazione sulle procedure e sull’iter processuale.

Fino ad oggi la mancanza di una adeguata informazione e formazione degli agenti di Polizia, degli assistenti sociali e dei giudici ha impedito di reprimere in modo efficace il fenomeno degli abusi sugli anziani.

Corsi di formazione adeguati sono, quindi, estremamente importanti per prevenire la vittimizzazione secondaria, favorire il recupero dalla vittimizzazione primaria, di conseguenza raccogliere le informazioni più affidabili circa la violenza subita.

6.2 Gli strumenti: il colloquio

Il colloquio con l’anziano vittima di abuso deve avvenire seguendo modalità volte alla duplice esigenza di sostenere il soggetto e nel contempo di assumere informazioni sul crimine.

Innanzitutto si deve tener conto del bisogno di sicurezza e protezione della vittima: per cui gli agenti di Polizia devono comunicare il loro nome e il loro grado, devono chiarire lo scopo del colloquio, che dovrebbe preferibilmente avvenire in un luogo in cui la vittima possa sentirsi a proprio agio, devono assicurare la privacy e incoraggiare la persona a ricontattare l’operatore.

Secondariamente bisogna dare la possibilità alla vittima di esprimere liberamente le proprie emozioni, sottolineando il rispetto per le sue paure ed inquietudini. L’intervistatore, quindi, non deve interrompere le manifestazioni emotive, né porre domande chiuse alla vittima.

(3)

Infine bisogna tener conto della necessità della vittima di sapere che cosa succederà dopo, per cui va informata rispetto a quale sarà il suo ruolo nelle indagini spiegandole la natura e le caratteristiche del procedimento penale.

Ogni piccola procedura che consente alle vittime di non sentirsi sopraffatte dagli eventi, ma di avere ancora la possibilità di orientare le proprie scelte diminuirà la loro sensazione di impotenza. Tutte le informazioni sulle diverse fasi del procedimento permetteranno di acquisire più familiarità con il contesto.

La consegna di un opuscolo che spieghi quali conseguenze possono derivare dall’aver subito un abuso, potrà aiutare le vittime a prevedere quelle che potranno essere le loro eventuali reazioni e quindi a recuperare il controllo della situazione che stanno vivendo.

Per relazionarsi in modo efficace con l’anziano si deve tener conto sia della componente emotiva che della componente cognitiva che entrano in gioco nel colloquio.

Per quanto riguarda la componente emotiva è importante prestare attenzione ad eventuali segni di disagio o di stanchezza della vittima. Inoltre è bene chiedere se ha il desiderio o la necessità di contattare un familiare, un amico o un caregiver. L’operatore deve però tener ben presente che gli anziani sono spesso abusati dai propri familiari o da chi se ne prende cura.

Durante il colloquio è bene ridurre o minimizzare i fattori di stress, essere pazienti e fare delle pause, non intervistare la vittima più volte, non forzarla a ricordare gli eventi o dettagli dell’evento, ma chiederle di ricontattare l’operatore se ricorda dei particolari.

(4)

E’ necessario rispettare la dignità dell’anziano e cercare di coinvolgerlo nelle azioni che lo riguardano.

Per quanto riguarda la componente cognitiva bisogna dare modo e tempo alla vittima di riordinare i pensieri, chiederle se comprende le domande che le vengono rivolte, essere consapevoli delle difficoltà o dei possibili deficit sensoriali.

E’ bene porre una domanda alla volta e aspettare la risposta prima di porre la domanda successiva e ripetere pazientemente frasi e parole chiave.

Una nota finale riguarda gli stereotipi che possono influenzare gli operatori rispetto le caratteristiche della vittima, cioè rispetto alla sua età e alla sua disabilità. Oltre allo stereotipo che vede la persona anziana o disabile non credibile a causa della sua condizione, per cui si può ritenere il racconto dell’abuso come fantastico o immaginario, la letteratura ha individuato stereotipi aggiuntivi legati al genere, all’autore di violenze e al loro rapporto.

Uno studio1 condotto tra gli assistenti sociali ha mostrato che venivano

maggiormente perseguiti i casi in cui il caregiver era maschio e la vittima femmina e in ricerche precedenti gli stessi operatori avevano mostrato una minor tendenza a percepire una donna come possibile autrice di un abuso fisico.

In alcuni casi gli operatori si trovano a dover effettuare un vero e proprio pronto soccorso psicologico, questo può accadere quando la condizione della vittima non sia così grave da richiedere un intervento da parte di uno psicologo o psichiatra, ma l’evento è talmente rilevante che necessita una particolare attenzione.

1A.B. Amstadter, J.M. Cisler, J.L. McCauley, M.A. Hernandez, W. Muzzy, R. Acierno, “Do Incident and

(5)

6.3 Gli strumenti: il pronto soccorso psicologico

Il pronto soccorso psicologico consiste in un approccio modulare studiato per dare sostegno a bambini, ragazzi, adulti e famiglie nelle fasi immediatamente successive all’evento traumatico. Si basa di alcuni studi sui rischi di traumi e sulla resilienza; l’approccio è concepito per limitare il disagio iniziale e ripristinare le funzioni adattive di breve e lungo termine.

La chiave del pronto soccorso psicologico si basa su tre azioni fondamentali: ascoltare, proteggere e mettere in contatto.

Infatti, prima di incontrare persone che hanno sofferto un trauma si tende a domandarsi cosa sia giusto dire, ma nei casi di emergenza la priorità comunicativa non è parlare ma ascoltare, far sì che la vittima si senta al sicuro e metterla in contatto con le sue figure di riferimento (parenti, amici), gli unici con cui possa condividere le sue emozioni più profonde in quel momento.

Di fronte ad un pericolo possiamo avere un ristretto range di risposte comportamentali che può variare a seconda della distanza spazio-temporale dal pericolo stesso. Tali reazioni sono: evitamento, immobilità, fuga, attacco e pacificazione.

Le reazioni della vittima di un abuso possono essere sostanzialmente riassunte in quattro punti: impotenza, vulnerabilità, perdita di autocontrollo, attivazione psicofisiologica.

Le seguenti possono essere considerate come le principali reazioni immediate ad una situazione traumatica: ansia acuta, agitazione, difficoltà di memoria, forte nervosismo, rabbia e risentimento, sensazioni di irrealtà e derealizzazione, tendenza al pianto, sensazione di disperazione e tristezza, bisogno di protezione, reazioni

(6)

emotivamente inappropriate, senso di colpa, reazioni di negazione, reazioni di immobilità.

Tra queste reazioni è importante concentrarsi sia su quelle caratterizzate da inappropriatezza emotiva e forte nervosismo, sia su quelle caratterizzate da sensazioni di irrealtà e derealizzazione e, infine, sulle reazioni di negazione e sulle difficoltà di memoria perché queste soprattutto possono complicare il lavoro di supporto.

Va ricordato che la vittima può attivare meccanismi di allerta che rendono l’individuo particolarmente ansioso, reattivo e aggressivo. Tali meccanismi hanno il compito di allontanare nuovi possibili aggressori, ma essendo meccanismi non specifici, può accadere che l’aggressività sia paradossalmente diretta contro coloro che dovrebbero fornire aiuto.

Inoltre lo stress può essere causa di fughe improvvise, anche in presenza dei soccorritori. D’altra parte nelle situazioni di vittimizzazione si possono usare come difesa alcuni meccanismi mentali che in qualche modo allontanano, almeno a livello psicologico, dalla situazione di stress. E’ a questo punto si manifestano sensazioni di derealizzazione, cioè la sensazione di aver sperimentato qualcosa di irreale e di non aver pienamente partecipato alla situazione o di non essere completamente a contatto con la realtà, vivendo una situazione di sospensione e di stordimento. Si ha poi uno stato confusionale nei casi in cui l’individuo mostra perdite di memoria sia su particolari importanti legati all’evento appena accaduto o anche su eventi importanti legati alla propria esistenza.

In queste situazioni è importante calmare e rassicurare la vittima senza insistere nel porre domande cui involontariamente non riuscirebbe a rispondere.

(7)

I disordini della memoria nelle loro varie forme sono tra i più comuni nel processo di vittimizzazione. Data la nostra natura altamente simbolica si può capire come la tendenza all’evitamento possa riguardare sia eventi traumatici effettivamente accaduti che situazioni che possono scatenare un richiamo del trauma.

In generale si deve tener conto che le donne sembrano essere più colpite da fenomeni di reazione acuta allo stress così come da reazioni di lungo periodo. Quindi nel caso di intervento bisogna tenere conto dell’alta vulnerabilità del sesso femminile.

Infine, non va dimenticato come nell’affrontare situazioni particolarmente complesse la maggior parte degli esseri umani sia in grado di gestire con successo gli eventi senza conseguenze estremamente negative. Il fenomeno a cui si fa riferimento è chiamato resilienza. Tale termine indica la capacità di un individuo che ha subito un trauma di non mostrare nel tempo notevoli riduzioni delle performance sia a livello cognitivo che a livello sociale ed affettivo.

La conoscenza delle principali reazioni psicologiche e psicopatologiche al crimine, il significato sia simbolico che reale degli operatori, un’approfondita analisi2

degli interventi più efficaci hanno permesso di individuare i cinque elementi che devono caratterizzare un intervento successivo all’evento traumatico:

- promuovere un senso di sicurezza - calmare

- promuovere un senso di efficacia dell’intervento di comunità - promuovere un senso di connessione con gli altri

- promuovere la speranza

(8)

In particolare da un attento riesame degli interventi ha assunto una particolare rilevanza il tema del significato sociale del trauma, così come la necessità di far sentire la vittima parte di una rete sociale in grado di garantirle protezione e conforto.

6.4 Il Piano d’azione

La vulnerabilità degli anziani è caratterizzata da diversi fattori di rischio. La specificità del problema degli anziani vittime di abusi necessita di un agire in modo dedicato che si concretizza in un piano d’azione specifico da realizzare attraverso il coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni. Si creeranno così relazioni con i servizi territoriali sia pubblici che privati per condividere modalità comuni di risposta ai bisogni degli anziani vittime di crimini e accordi con tutti i settori coinvolti così da rafforzare il mutuo coinvolgimento.

Il piano è volto alla realizzazione di una strategia che si basa su quattro azioni: 1. diagnosi locale, svolta dalla Polizia Locale e dai servizi sociali del territorio.

L’obiettivo é quello di fare una ricognizione dei soggetti in situazione di debolezza, vulnerabilità, pericolo;

2. campagna di informazione tramite i media locali, distribuzione di volantini e incontri pubblici, al fine di incoraggiare le persone anziane a rivolgersi alla polizia locale e ai servizi sociali per comunicare i loro bisogni e le loro paure;

3. istituzione di centri d’ascolto per le vittime di reati istituiti presso i distretti sociosanitari. L’obiettivo è quello garantire un’accoglienza ed un trattamento specifico nei confronti delle vittime di maltrattamenti realizzati attraverso la collaborazione di più figure professionali quali assistenti sociali, psicologi, agenti di Polizia e criminologi.

(9)

Gli operatori del servizio offrono nell’immediato un pronto soccorso psicologico che ha come scopo la riduzione dello stato di disagio psicofisiologico, assicurando l’ascolto e la protezione della vittima. Successivamente, qualora la vittima lo desideri, potrà narrare la propria esperienza durante un colloquio professionale con l’assistente sociale e il criminologo. Seguirà una fase di informazione, di orientamento e di eventuale accompagnamento agli altri servizi di supporto psicologico, medico, giuridico forniti dal centro o presenti sul territorio. Infine il soggetto potrà liberamente sporgere denuncia e dare avvio all’iter giudiziario.

A livello preventivo il centro promuoverà i contatti con coloro che vi si sono rivolti e con la fascia di popolazione più esposta (autodichiarata o registrata), emersa dall’azione di diagnosi locale.

4. istituzione di un numero di telefono nazionale dedicato agli anziani vittime di maltrattamento, cui risponde un centralino raggiungibile dalle 8 alle 20 di tutti i giorni, creato per rispondere ad ogni chiamata non urgente da parte di anziani vittime di abuso, di testimoni di situazioni di maltrattamento e di caregiver che sperimentano difficoltà nel lavoro di cura.

Riferimenti

Documenti correlati

Prediction models were developed that indi- cated leprosy prevalence was related to: (i) long-term normal climate grid data on temperature and moisture balance

nelle donne in gravidanza le cistiti sono per definizione complicate, in quanto possono, se non trattate adeguatamente, influenzare l’esito della gravidanza ed avere effetti

Tale differenza nella produzione dei rifiuti non può essere attribuita alla durata dei ricoveri: benché al- l’Ismett si eseguano quasi esclusivamente trapian- ti, la durata media

In ogni Pronto Soccorso - DEA della Provincia di Torino è possibile chiedere aiuto ed essere indirizzati alla risorsa più vicina e.. disponibile in quel momento sia nei casi

Lo sviluppo del congresso in più moduli, ha dato la possibilità ai vari relatori di affrontare il complesso problema della condizione femminile, da più angolature e sfaccettature, ma

Interverranno Autorità, Assessori ai Servizi Sociali, Medici ed esperti di varie Associazioni. Associazione Alzheimer Verona Onlus

3, comma 1, della decisione quadro 2001/220/GAI non le attribuisce alcun diritto nella determinazione della pena da irrogare e dell’entità della pena medesima;

diziaria quand’anche essa sia informata ad obbiettivi di natura riparatoria. Sono almeno cinque i piani che debbono essere tenuti presenti per delineare un sistema di