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DISCUSSIONE CAPITOLO 5

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 5

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5. DISCUSSIONE

Dal modello sperimentale utilizzato e dai risultati ottenuti dai test condotti

in vitro ed in vivo è stato possibile trarre alcuni spunti di riflessione:

a) Scelta del modello sperimentale:

La scelta dell’arto superiore del ratto ed in particolare della lesione del nervo mediano segue la tendenza registrata negli ultimi anni di preferire lo studio delle estremità superiori rispetto alle inferiori nel roditore. Questa sede anatomica è in grado di offrire diversi vantaggi, sia per un maggior rispetto dell’integrità dell’animale, sia nell’ottica della ripresa funzionale del nervo lesionato permettendo l’esecuzione di test dedicati (grasping test). Contrariamente all’esperienze maturate utilizzando il nervo sciatico, la lesione del nervo mediano non è gravata da fenomeni di automutilazione e contrattura muscolare, limiti principali per l’esecuzione di test funzionali sull’arto inferiore. Il motivo della rarità di tali lesioni sta nel fatto che il principale contributo all’innervazione sensitiva dell’arto superiore è data dei nervi radiale e ulnare (Papalia et al., 2003).

I risultati così ottenuti sui modelli sperimentali sono facilmente paragonabili alle lesioni nervose dell’uomo in quanto il nervo mediano della nostra specie è responsabile, analogamente ma non identicamente al ratto, dell’esecuzione di movimenti fini delle dita come afferrate un oggetto fra i polpastrelli. Se si considera poi che la maggior parte degli interventi chirurgici sul sistema nervoso periferico nell’uomo coinvolge gli arti superiori si comprende la valenza di questo modello sperimentale (Lutz et al., 2000; Papalia et al., 2003; Sinis et al., 2006; Lee et al., 2007 Geuna et al., 2007; Tos et al., 2007).

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- 90 - b) Scelta del materiale per la produzione degli scaffold:

Fra le caratteristiche desiderate durante la realizzazione di uno scaffold ideale c’è la biodegradalità. Nel nostro studio invece il materiale che è stato scelto è stato il Polidimetilsilossano (PDMS), compatibile ma non bio-assorbibile. La scelta di tale materiale è stata dettata da alcune esigenze:

• Materiale semplice da reperire • Facilmente lavorabile

• Biostabile

• Meccanicamente robusto • A basso costo

Il PDMS è un materiale largamente usato presso i laboratori di ricerca che si occupano di biomateriali. All’interno di tali strutture, come ad esempio il centro NEST, questo polimero è facilmente reperibile e la presenza di figure specializzate nella sua manipolazione ne ha permesso un idoneo ed appropriato trattamento.

I polisilossilani sono composti da una catena silicio-ossigeno e gruppi funzionali organici legati agli atomi di silicio. Come visto in precedenza (vedi

paragrafo 3.1.1) aggiungendo ad essi un catalizzatore si possono ottenere

delle gomme siliconiche a partire dal silicone; esse sono composte da catene lineari a basso peso molecolare di polidimetilsilossano. In generale i materiali composti in silicone sono biostabili, resistono cioè all'azione di modifica da parte dell'ambiente biologico, sono elastiche e resistenti alle alte temperature, tuttavia sono meccanicamente deboli.

A tale proposito è opportuno ricordare il particolare metodo di preparazione degli scaffold utilizzati. La superficie finale che è stata utilizzate durante gli studi sperimentali presentava uno spessore di 220 µm risultante dall’unione di due superfici realizzate separatamente. Durante gli esperimenti preparatori a questo lavoro sono state messe in luce due esigenze apparentemente contrastanti. La prima strettamente

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- 91 - ingegneristica, riguardava l’uniformità della distribuzione del polimero sullo

spin-coated una volta terminata la centrifugazione. La superficie ottenuta si

presentava tanto più regolare quanto maggiore era la velocità di centrifugazione, di fatto ciò si traduceva in un ridotto spessore dello

scaffold (170 µm).

La seconda esigenza era squisitamente chirurgica e derivava dal fatto che usando superfici troppo sottili si correva il rischio di lesionarle durante la sutura. La sutura dello scaffold ai monconi nervosi è un procedimento delicato e difficile, nel quale occorre solidarizzare l’epinervio allo scaffold tramite punti chirurgici utilizzando un monofilamento di nylon molto sottile (9-0). Nel momento in cui l’ago veniva fatto passare attraverso la membrana e successivamente il filo fatto scorrere all’interno di essa si poteva incorrere in una rottura della superficie in PDMS vanificando il lavoro svolto.

Per risolvere questi due problemi sono state approntate due soluzioni: da una parte gli scaffold sono stati prodotti con uno spessore maggiore senza che ciò si traducesse in irregolarità della superficie, da qui la soluzione di unire due superfici prodotte separatamente e dall’altra la fabbricazione d’incisure a “V” (vedi figura 20B) lungo i lati minori degli

scaffold al fine di mantenere le superfici a contatto con l’equatore del

moncone nervoso aumentando la stabilità dell’impianto.

Tuttavia è da ricordare che l’utilizzo di scaffold così prodotti e configurati ha motivo di esistere solamente se si ha come obiettivo dell’esperimento la valutazione delle fasi precoci della rigenerazione. Se utilizzati in lavori che hanno come end-point il recupero funzionale, la mancanza di una camera biologica all’interno della quale possono essere isolati i neuro filamenti, le cellule di Schwann, i fattori di crescita etc, porta inevitabilmente ad un fallimento dell’esperimento.

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c) Il comportamento delle cellule di Schwann su scaffold lisci e anisotropi nanostutturati

Schematicamente possiamo ridurre a quatto le componenti essenziali che fanno di un innesto nervoso autologo il gold-standard nel trattamento delle grosse perdite di sostanza nervosa. Ciascuno di essi può essere manipolato ed influenzato al fine di migliorare la rigenerazione dei nervi periferici (Ravi and Bellamkonda, 2006). Questi componenti sono (Fig. 30):

• Substrati permissivi (idrogel, nano/micro fibre, nano/micro superfici, etc.)

• Peptidi/proteine • Fattori trofici • Cellule gliali

Figura 30: rappresentazione dei fattori permissivi della rigenerazione

nervosa.

In questo studio sono stati valutati gli stati precoci della rigenerazione nervosa ed in particolare è stato studiato in vivo il comportamento delle

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- 93 - cellule di Schwann poste a contatto di superfici con stimoli anisotropi nanostrutturati e lisce.

E' noto come siano le cellule di Schwann a promuovere e potenziare la guida degli assoni e la conseguente rigenerazione nervosa, fornendo degli stimoli originati dalla loro interazione con la matrice extracellulare, esprimendo specifiche molecole di superficie e producendo fattori neurotrofici. Quali siano però gli elementi realmente responsabili della crescita assonale ancora non è chiaro e gli studi effettuati per comprendere ciò hanno approfondito il contributo singolo di ciascuna componente. Comprendere dunque alcuni comportamenti delle SC come la motilità in relazione all’interazione con biomateriali ingegnerizzati può implementare le strategie per la riparazione dei nervi.

Questo studio ha permesso, mediante marcatura immunoisctochimica delle cellule di Schwann e dei neurofilamenti, di valutare al microscopio il movimento e la direzione delle componenti cellulari a determinati

end-point, ponendoli in relazione con i risultati ottenuti in vitro.

Durante le fasi precoci della rigenerazione le SC in contatto con superfici anisotrope nanostruturate hanno dimostrato un movimento pressoché parallelo all'asse maggiore della topografia del substrato con il mantenimento nel tempo della direzione assunta, rispetto al moto delle SC su substrati lisci (controllo). Queste osservazioni sono in accordo con i dati sperimentali ottenuti in vitro da noi e da altri Autori. Questi lavori riportano anche dati relativi ad una diversa interazione fra SC e substrato a seconda che il contatto coinvolga le creste piuttosto che i solchi. Le SC aderenti sul plateau delle creste tendevano ad avere degli stretti rapporti con i margini della struttura, mentre quelle disposte sul fondo delle scanalature mostravano un numero più alto di contatti sia con la base che con le pareti del substrato.

In letteratura sono riportati anche dati relativi alla capacità delle SC di proseguire in una direzione in assenza di contatti continui con la topografia del substrato e della diversa velocità e morfologia che queste cellule possono assumere durante la migrazione.

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- 94 - Tuttavia, data la natura preliminare del nostro studio non siamo attualmente in grado di fornire delle informazioni relative a tali atteggiamenti osservati in vitro e riferiti alle SC in vivo.

In ogni caso il nostro studio conferma in vivo i risultati ottenuti con le colture cellulari, ovvero che gli stimoli topografici (micrometri) anisotropi possono influenzare la distribuzione delle SC durante le fasi precoci della rigenerazione nervosa periferica, aprendo la strada a possibili soluzioni future nel campo della riparazione nervosa.

Diversi lavori hanno anche dimostrato che una distribuzione anisotropa delle altre componenti essenziali della rigenerazione nervosa è in grado di influenzare positivamente questo processo.

Letourneu et al., per primi hanno dimostrarono che l’estensione dei coni di crescita era maggiore se le cellule erano sottoposte a gradienti di concentrazione di Laminina-1 piuttosto che stimolate da concentrazioni uniformi (Adams et al., 2005; Dodla and Bellamkonda, 2006).

Questo suggerisce che i gradienti di distribuzione suscitano una risposta diversa delle cellule nervose che non avviene con una distribuzione isotropica di proteine/peptidi e fattori di crescita.

Grazie a queste acquisizioni è stato possibile stabilire che la rigenerazione nervosa in vitro può essere influenzata positivamente in spazi bi e tridimensionale dove gradienti distribuzione dei componenti attivi sul rigenerato possono essere uniti ai segnali anisotropi offerti dal substrato per agire in sinergia sulla rigenerazione nervosa (Cao and Shoichet, 2001, Cao and Shoichet, 2003).

Occorre tuttavia ricordare che su alcuni scaffold, già al primo esame macroscopico condotto dopo tre giorni, ma anche su superfici analizzate dopo sette giorni, non era apprezzabile alcun tipo di tessuto di rigenerazione. L’assenza del tessuto nervoso, inusuale in animali come il ratto, è stata interpretata in due modi possibili:

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- 95 - a) Non aderenza fra moncone nervoso e scaffold

b) Mancanza di un condizionamento degli scaffold con un coating di Poli-L Lisina (PLL) e Laminina.

Non aderenza fra moncone nervoso e scaffold

Durante la preparazione degli scaffold, prima dell’impianto, sono state praticate delle incisioni a “V” lungo i lati corti del parallelepipedo in PDMS. Queste incisure sono state eseguite con lo scopo di migliorare l’alloggio del moncone nervoso, facilitare la sutura fornendo un punto di appoggio per i punti e rendere più stabile l’insieme scaffold-nervo durante i movimenti dell’animale. Tuttavia essendo delle fenditure self-made è innegabile che vi sia stata una certa variabilità nella loro realizzazione. Osservando poi il materiale impiantato, dopo il sacrificio dell’animale, abbiamo notato come nella maggior parte dei casi le superfici sulle quali era assente il tessuto di rigenerazione erano quelle che presentavano delle fenditure con un angolo molto acuto che determinava un mancato contatto fra tronco nervoso e

scaffold (Fig. 31).

Figura 31: particolare del rapporto fra moncone nervoso ed incisura a “V”

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Mancanza del condizionamento degli scaffold con un coating di Poli-L Lisina (PLL) e Laminina

Materiali come il PDMS sono dei terreni di coltura non ottimali in quanto le cellule sia in vitro che in vivo tendono a non aderire su questa superficie. Allo scopo di favorire l’adesione cellulare su questo genere di substrati i ricercatori impiegano delle soluzioni di rivestimento con le quali cospargono tutta la struttura al fine di rendere più agevole l’adesione (Heungsoo, 2007).

Il tipo di rivestimento adottato in vitro durante questo esperimento si è avvalso dell’uso di Poli-L Lisina e di Laminina, molecole presenti nella normale ECM. La presenza di questa superficie riversata sul PDMS ha permesso la formazione delle Adesioni Focali da parte delle cellule di Schwann (Heungsoo, 2007).

Quando è stato compiuta la parte in vivo di questo lavoro, le superfici non sono state sottoposte allo stesso trattamento riservato loro in precedenza, poiché credevamo che la ricchezza di fattori che favoriscono l’adesione cellulare in vivo fosse sufficiente a rendere ospitali gli scaffold.

L’assenza di un adeguata rigenerazione sulla superficie di alcuni scaffold è probabilmente legata ad uno dei due motivi esposti o più verosimilmente ad una loro combinazione.

Figura

Figura  30:  rappresentazione  dei  fattori  permissivi  della  rigenerazione  nervosa
Figura  31:  particolare  del  rapporto  fra  moncone  nervoso  ed  incisura  a  “V”

Riferimenti

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