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Capitolo IV Stato Attuale

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Academic year: 2021

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Capitolo IV

Stato Attuale

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1 Il caso studio, edilizia economica e popolare nel quartiere "La

Rosa" - Livorno

L'obbiettivo del presente lavoro è la riqualificazione e l'adeguamento funzionale di un edificio popolare sito a Livorno. I paragrafi di seguito descrivono la tipologia costruttiva oggetto di studio e contestualizzano l'intervento trattando di alcuni problemi strutturali della tipologia edilizia cui si fa riferimento.

1.1 Inquadramento

Il complesso residenziale ove sorge l'edificio oggetto di studio si trova nella zona centro meridionale di Livorno, quartiere "La Rosa".

Gli interventi di realizzazione di edilizia residenziale in questa zona sono molteplici, ma possono essere inquadrati in due tipologie edilizie: "l''edificio a torre" con sviluppo fondamentalmente in altezza e "l'edificio a stecca", una tipologia a tre o quattro piani la cui pianta presenta sviluppo prevalente lungo una direzione.

Molto diffusa, in entrambi i casi, è la tipologia a pilotis, ovvero con piano flessibile.

Figura 2 - Complesso residenziale oggetto di studio, foto aerea Figura 1 - Livorno, foto satellitare

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L'area di edificazione del complesso residenziale è individuata da Via Francesco De Sanctis, via Niccolò Macchiavelli e via Carlo Cattaneo e l'edificio oggetto di studio sorge in Via F. De Sanctis n 22,24,26,28.

Figura 3 - Edifici tipo A, B e C, individuazione caso studio

Come si evince dalla planimetria riportata, gli edifici appartenenti al complesso residenziale studiato possono essere ricondotti a tre tipi individuati dalle lettere A, B e C.

Questi sono costruttivamente composti dalla medesima "unità strutturale" o modulo base formata dall'organismo resistente attorno ad un singolo vano scala. Le unità strutturali individuate, solitamente simmetriche, vengono associate per realizzare le tre tipologie costruttive.

In particolare:

 gli Edifici di Tipo A sono costituiti da 3 Moduli base e presentano un giunto tecnico tra la seconda e la terza;

 gli Edifici di Tipo B sono costituiti da 4 Moduli base e presentano un giunto tecnico nel centro;

 gli Edifici di Tipo C sono costituiti da 2 Moduli base e non presentano giunto tecnico. C B A B A

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Figura 4 - Edificio tipo A

Figura 5 - Pianta edificio tipo B, oggetto di studio

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1.2 L'esperienza INA Casa in Italia

Nel secondo dopoguerra, la pressante richiesta di alloggi in un contesto povero sia da un punto di vista economico che industriale ha spinto il Governo a fondare, nel 1949, un pubblico istituto il cui scopo era quello di realizzare alloggi per le classi medie.

Questa società, finanziata dallo Stato, da imprenditori e dagli stessi lavoratori (con detrazione sullo stipendio) ha rappresentato un modello di riferimento cui hanno guardato molti paesi europei ed ha, nei due settennati di lavoro (1949-1963), plasmato il volto delle periferie delle città italiane con la realizzazione di circa 20.000 interventi ed un totale di circa 350.000 appartamenti.

Le linee guida del piano di costruzione erano le seguenti:

 impiego di sistemi tradizionali piuttosto che tecnologie innovative;  rifiuto dei sistemi di tipo prefabbricato;

 predilezione di mano d'opera e materiali locali.

Queste scelte erano in controtendenza rispetto ai contemporanei sviluppi edilizi dei paesi del nord Europa ma erano dettate dalla particolare situazione in cui si trovava l'Italia dopo la seconda guerra mondiale. Infatti, si trattava di impiegare non una manodopera specializzata, ma braccianti provenienti dal mondo dell'agricoltura e destinati ad un futuro lavoro in industria.

Questo processo, avvenuto su scala nazionale, da un lato ha prediletto lo sviluppo di piccole medie imprese (partner ideali per collaborazioni locali con le imprese di costruzione) lasciando un' impronta che caratterizza tuttora la nostra economia, dall'altro ha creato realtà abitative che, seppure con difetti, sono nate in un contesto di "pianificazione" su piccola scala e rappresentano un elemento di qualità nelle zone di espansione delle nostre città.

La necessità di acquisire territori ad un basso costo ha comportato che spesso venissero predilette aree non ancora edificate, lontane dal centro della città. Questa caratteristica si sposava con la tendenza suggerita dai modelli di pianificazione studiati ed applicati nei paesi scandinavi che prevedevano la formazione di quartieri autonomi e piccole comunità del tutto autosufficienti. In grandi città caratterizzate da una forte immigrazione, come New York, questa tendenza ha portato alla formazione di "China town" o "Little Italy", realtà completamente autosufficienti viste però come elementi di segregazione delle comunità straniere. In Italia invece questo processo ha portato alla formazione di realtà che, seppure inizialmente decentrate, sono poi state inglobate nelle periferie delle città in crescita, caratterizzando il quartiere con le loro peculiarità.

Per quanto riguarda gli spazi interni i progettisti si sono prodigati nello sforzo della razionalizzazione degli spazi alla ricerca dell'existenzminimum, con la finalità di ottenere il maggiore numero di appartamenti nelle volumetrie consentite dagli strumenti regolatori.

Molto significativa risulta la scelta di coinvolgere varie generazioni di progettisti di elevata qualità come Libera, Vaccaro, De Renzi, Ridolfi, Albini, BBPR Group, Gardella, Figini e Polini, Ponti ed Astenago che hanno senza dubbio conferito valore aggiunto con il loro operato.

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Dopo la fine del programma di edificazione l'INA-casa ha subito un riassetto diventando nell'ordine G.E.S.C.A.L., I.A.C.P., A.T.E.R. ed oggi una serie di S.p.A. (a Livorno CASALP, a Pisa APES), aziende che si occupano della manutenzione del patrimonio esistente e dello sviluppo di nuove unità.

Come di già detto, per la costruzione di edilizia popolare erano solitamente scelte aree periferiche che col tempo venivano inglobate nella periferia della città in espansione, venendo, a buon diritto, a far parte della città stessa. In questo contesto l'edilizia economica e popolare rappresenta un raro esempio di pianificazione a livello urbanistico, con conseguente rispetto degli standard per quanto riguarda parcheggi, servizi ed aree verdi. Questo elemento di qualità viene percepito dagli stessi abitanti e contraddistingue in maniera evidente, anche all'occhio di un visitatore poco attento, queste aree dalle circostanti.

Gioca un ruolo fondamentale, in questo contesto, la presenza delle aree verdi. La presenza di queste non solo risulta piacevole ma crea veri e proprio parchi urbani con un equilibrio tra pieni e vuoti, natura ed antropizzazione, creando spazi di aggregazione per gli abitanti.

Nota negativa in questo contesto sono spesso le condizioni di manutenzione, sia degli edifici che delle facciate e delle are verdi. Un risanamento di queste aree non può di certo prescindere da questi elementi che da sempre hanno caratterizzato l'edilizia economica e popolare in tutta Italia.

1.3 Ricerca archivistica e documentazione progettuale disponibile

Lo studio eseguito negli archivi CASALP per la ricerca della documentazione progettuale disponibile ha permesso di reperire una importante quantità di elaborati architettonici e strutturali permettendo un buon livello di conoscenza dell'edificio oggetto di studio.

In particolare tra gli elaborati strutturali la carpenteria delle fondazioni e la pianta del modulo base hanno consentito precisa determinazione della geometria delle sezioni e delle armature impiegate.

Inoltre CASALP ha messo a disposizione il rilievo geometrico dell'edificio oggetto di studio che, sulla base delle indicazioni acquisite durante sopralluoghi effettuati, ha consentito una agevole determinazione delle caratteristiche non chiarite dai precedenti elaborati.

Poche e qualitative le indicazioni sui materiali impiegati data l'impossibilità di eseguire indagini più accurate.

Molto precise e dettagliate le indicazioni sul terreno di fondazione esposte nella relazione geotecnica, con la realizzazione di più saggi che hanno permesso di controllare lo stato di conservazione delle fondazioni e di avere conferma delle geometrie.

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1.4 Inquadramento ambientale e contesto sociologico del quartiere

Il quartiere "La Rosa", con il suo sviluppo urbanistico avvenuto dagli anni '50 in poi, ha costituito un importante riferimento per l'edilizia popolare in tutta l'area livornese. Si caratterizza fortemente per due elementi connaturati al suo sviluppo.

Il primo è tipico degli edifici di Edilizia economica e popolare dell'epoca come le costruzioni Ina casa [9] ed è costituito dalla discreta qualità edilizia ed architettonica di questi edifici che, spesso, non sono visti dagli abitanti come case popolari ma piuttosto come "villaggi urbani", i pochi (gli unici per l'epoca in cui sono stati costruiti) esempi di pianificazione del territorio.

Il secondo elemento è invece fortemente legato allo sviluppo storico di Livorno. Infatti, prima della edificazione di questo quartiere, l'edilizia economica era diffusa prevalentemente nella parte nord della città. La zona meridionale era una zona di espansione la cui edilizia tipica era quella delle villette, ovvero abitazioni con elevati livelli qualitativi abitati dalle classi più agiate.

La scelta della zona sud come nucleo di costruzione di questo importante quartiere ha, all'atto pratico, avuto diverse connotazioni.

Da un punto di vista sociale ha riequilibrato lo sviluppo urbano della città limitando le condizioni di "ghettizzazione" in cui potevano venire a trovarsi questi tipi di quartieri, la cui localizzazione era spesso dettata da ragioni economiche, ovvero di acquisire terreni edificabili ad un costo piuttosto basso.

Dal punto di vista dell'evoluzione urbanistica ed architettonica, la cittadina ha rafforzato la sua vocazione marinara con una prevalente estensione in senso longitudinale (nord-sud), con baricentro attorno alla zona portuale, rafforzando il legame con la zona dell'Ardenza.

Il progetto urbanistico prevedeva la realizzazione di diverse tipologie edilizie:

 edifici a torre, i "grattacieli" che posti all'inizio ed alla fine dell'area attraversata dalla S.S. Aurelia ne sottolineano fortemente la localizzazione;

 edifici a stecca, gli edifici con sviluppo principale lungo una direzione orientati fondamentalmente lungo le direttrici nord-sud ed est-ovest;

 edifici a corte, costruzioni di pochi piani il cui sviluppo planimetrico si realizza attorno a delle corti di forma solitamente rettangolare.

Filo conduttore di questo sviluppo sono due caratteristiche architettoniche:

 Da un lato la presenza dei pilotis, ovvero il piano terra libero da tamponature. Questo elemento, consentito dalla libertà compositiva delle costruzioni in c.a. che andavano in questi anni fortemente diffondendosi, oltre a diventare una moda che ha segnato decisamente le periferie di molte città, ha avuto un ruolo importante particolarmente nell'edilizia popolare, consentendo all'occorrenza modifiche nel segno di diverse destinazioni d'uso dei locali a piano terra (commerciale, parcheggio, locali a servizio delle sovrastanti abitazioni).

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 Dall'altra la presenza del rivestimento in mattoncini rossi ad una testa che rappresenta la "divisa" di questa tipologia edilizia nel quartiere in oggetto. Questo tipo di involucro presenta una discreta gradevolezza estetica e conferisce una certa armonia al complesso edilizio. I progettisti hanno voluto, con la scelta di questo involucro, non nascondere ma sottolineare la scelta della tipologia costruttiva a telaio in c.a.. Infatti i mattoncini rossi non sono un semplice rivestimento ma sono parte dell'elemento di tamponamento, lasciando in vista travi e pilastri.

Spesso questo strato esterno di chiusure è realizzato in falso rispetto all'asse dei telai fornendo alle facciate una variabilità non consentita dalla semplicità geometrica delle piante.

Detto progetto urbanistico è stato realizzato solo in parte, ma la sua concretizzazione è comunque stata tale da caratterizzare fortemente il volto della città.

1.5 Descrizione della struttura e tipologia costruttiva

L'edificio di Via De Sanctis N°22-24-26-28 si presenta come un "treno" di 74m diviso in due blocchi da 37m da un giunto tecnico, realizzato per ragioni termiche e costruttive.

Figura 7 - Vista da via de Sanctis del lato est dell'edificio

La struttura portante è in. C.A. e presenta telai orditi nella sola direzione del lato lungo dell'edificio. Le travi sono generalmente realizzate a spessore di solaio, tranne rari casi in cui la trave fa anche da vela o parapetto nelle esistenti verandine. I pilastri delle dimensioni:

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 25x25cm;  25x30cm;  25x35cm;  30x35cm;

e già osservando il piano terra, nella foto sopra riportata, risulta evidente la loro snellezza.

Diversamente da quanto riportato negli elaborati architettonici, dalla planimetria strutturale del piano tipo e dal sopralluogo effettuato, si è evinto che i pilastri non si rastremano con l'altezza e non ci sono indicazioni tali da suggerire una progressiva graduazione dell'armatura che in alcuni casi è presente nei valori minimi già nel piano più basso.

La geometria, la disposizione e l'armatura dei pilastri mettono subito in evidenza che questi sono concepiti, in linea con le tendenze normative ed indicazioni tecniche dell'epoca, per i soli carichi gravitazionali e senza considerare il comportamento a telaio della struttura.

All'epoca di costruzione del nostro edificio, trascurando del tutto le azioni orizzontali, non appariva necessario ordire un sistema di telai spaziali. Per cui le tre campate presenti, sprovviste di esplicite travi di accoppiamento, venivano collegate tra loro solo dal solaio (quindi dai travicelli e da cordoli, spesso sprovvisti di apposita armatura) e gli eventuali elementi di collegamento, talvolta riscontrabili, non sono esplicitamente previsti negli elaborati strutturali.

Il solaio presenta una soletta strutturale di soli 3 cm. Secondo le attuali norme (ma anche le precedenti) questa risulta inadeguata per potere considerare il solaio come rigido, quindi adatto a ripartire efficacemente le azioni orizzontali. Pertanto, anche in relazione alla considerevole lunghezza dell'edificio, verranno illustrati nel seguito i procedimenti semplificati atti a verificare la deformabilità del solaio in relazione alla luce di calcolo considerata.

Segue un breve richiamo alle norme di riferimento dell'epoca per chiarire gli elaborati strutturali consultati e comprendere meglio le scelte del progettista.

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1.6 Norme tecniche di riferimento dell'epoca

All'epoca di costruzione dell'edificio in oggetto era ancora vigente il REGIO DECRETO 16 novembre 1939, n° 2229, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale con la seguente intestazione (FIGURA 8):

Figura 8 - Intestazione R.D.

Il Regio decreto, dell'estensione di poche pagine, era diviso i 5 "Capi" come di

seguito:

 Capo I

Prescrizioni generali;

 Capo II

Qualità dei materiali;

 Capo III Norme di progettazione;

 Capo IV Norme di esecuzione;

 Capo V

Norme di collaudo.

Si ripropongono di seguito le sole pagine del Capo III relative alle Norme di progettazione, e se ne riporta sintesi dei punti salienti a vantaggio della comprensione del prosieguo della trattazione.

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1.6.1 Sintesi

Il Regio Decreto del '39 non presentava un esplicito paragrafo in cui veniva precisato il valore delle azioni come le attuali NTC, ma i suggerimenti erano solo quelli relativi all'Art 21, che lasciavano una discreta libertà al progettista.

Dalla manualistica dell'epoca possiamo desumere che il carico accidentale, da valutarsi in aggiunta ai pesi propri, era di circa 200 kg/m2.

Sulla resistenza del cls venivano indicati valori minimi che potevano essere presi come riferimento dal progettista in quanto "valori di sicurezza", da potersi impiegare direttamente nelle verifiche. Detti valori dovevano risultare inferiori ad 1/3 della resistenza a compressione del cls effettivamente impiegato, valutata sperimentalmente. E' interessante osservare che il valore di resistenza fornito variava non solo in relazione al tipo di cls, ma anche al tipo si sollecitazione dell'elemento strutturale.

Sollecitazione: "cls idraulico normale (Portland)" "cls ad alta resistenza alluminoso"

"pressione semplice" min 35 min 45

max 60 max 60

"flessione e pressione e flessione" min 40 min 50

max 75 max 75

⁄ ⁄

Come indicato nell'Art.18, erano previste eccezioni alla tabella sopra se il cls aveva resistenza a rottura maggiore di 225 ⁄ e quando il calcolo "sia eseguito secondo i metodi rigorosi della scienza

delle costruzioni e sia tenuto in conto di tutte le cause di sollecitazione". Ovvero ad un maggiore onere di

calcolo era consentita una maggiore generosità nella determinazione del valore di sicurezza a compressione.

Per quanto riguarda le sollecitazioni a taglio il R.D. impone una limitazione delle tensioni tangenziali a 4 oppure 6 ⁄ rispettivamente per il cemento portland e alluminoso. Se questo limite non è rispettato si può ritenere soddisfatta la verifica a taglio senza mettere in conto la esplicita armatura che pure deve essere presente nella misura minima come di seguito illustrato. Se i limiti sopra descritti non sono soddisfatti bisogna affidare l'intera azione tagliante ad una esplicita armatura che deve essere composta per metà da staffe e per metà da ferri piegati fermo restando il non superamento dei valori di 14 o 16 ⁄ per le tensioni tangenziali massime.

Come si può vedere le norme dell'epoca consentivano l'impiego dei ferri piegati ai quali si poteva affidare fino al 50% delle sollecitazioni. Questo approccio è inadatto alla progettazione per azioni sismiche, per cui i ferri sagomati, a differenza delle staffe, risultano inadatti ad assolvere allo loro funzione all'inversione delle sollecitazioni.

Circa l'acciaio utilizzato all'epoca non si usavano le barre ad aderenza migliorata per cui venivano impiegate barre lisce. La tensione massima di trazione non doveva superare metà della tensione di snervamento e comunque valevano i limiti ammissibili di 1400 ⁄ per le barre

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di acciaio "dolce" e 2000 ⁄ per quelle di acciaio "duro". Al miglioramento delle caratteristiche dell'acciaio doveva corrispondere un conglomerato di migliori caratteristiche ed inoltre era proibito l'impiego di barre di acciaio duro con diametro superiore a 30 mm.

Sulle zone di ancoraggio queste dovevano essere tanto più curate quanto maggiore fosse la tensione massima adottata. Altre precisazioni sulle zone di sovrapposizione ed indicazioni su copriferro ed intraferro sono riscontrabili nell'art. 37 del Capo IV.

La scarsa attenzione verso questo punto ha generato negli anni situazioni a rischio elevato. Come sappiamo, ciò è causa di crisi di una sezione per sfilamento delle barre.

L'articolo 22 precisa: "Le caratteristiche di sollecitazione (momenti flettenti e torcenti, forze taglianti e

forze normali) sono determinati con i metodi della scienza delle costruzioni in base alle condizioni più sfavorevoli di carico, tenendo conto, quando sia il caso, dei cedimenti dei vincoli, delle variazioni termiche e del ritiro del conglomerato." Le incognite iperstatiche venivano calcolate di norma considerando le sezioni in cls

interamente reaggenti ed omogeneizzandole con le armature metalliche se queste erano presenti in rapporto geometrico superiore al 2%. Le armature metalliche erano trascurate nel calcolo in caso contrario.

Così l'armatura longitudinale delle travi veniva spesso calcolata con lo schema di trave continua su più appoggi, che riduceva decisamente l'onere di calcolo rispetto allo schema a telaio. Da questo conseguiva logicamente che i pilastri venivano considerati come elementi soggetti a compressione semplice e pertanto, non essendo necessaria esplicita armatura longitudinale per resistere alla flessione, venivano armati al minimo.

L'armatura minima necessaria per le sezioni semplicemente compresse è indicata nell'Art. 30 nella misura dello 0,8% dell'area della sezione di solo cls per sezioni di area inferiore di 2000 cm2

e dello 0,5% per sezioni di area superiore agli 8.000 cm2.

Per quanto riguarda le staffe, solo per i pilastri veniva riconosciuta l'importanza dell'effetto cerchiante e venivano forniti i rispettivi valori minimi. Nell'Art. 32 è esplicitamente dichiarato:

"La cerchiatura non deve essere adottata nelle travi in c.a. a parete piena". Si hanno così situazioni, come

visibile dagli elaborati di progetto, in cui le staffe delle travi non sono chiuse ma conformate ad U e ripiegate al lembo superiore della trave sui reggistaffe.

Rappresentando sinteticamente le informazioni dedotte dalla citata norma e dalla manualistica tecnica dell'epoca si riscontra che:

Caratteristiche Indicazioni R.D. 2229 Indicazioni Manualistiche

pilastri

Sollecitazioni

Calcolate con i metodi della scienza delle costruzioni considerando le sollecitazioni di

carico più sfavorevoli.

Pilastri intermedi dimensionati a sforzo normale centrato con aree di competenza e pilastri perimetrali maggiormente armati per

tener conto degli effetti flessionali.

A → A b ∙ h N σ⁄

A

0,8% : A 2.000cm 0,5% : A 8.000cm Interpolazione lineare nei casi intermedi

0,8% e comunque almeno 4ϕ12 o 4ϕ14

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travi

Sollecitazioni

Calcolate con i metodi della scienza delle costruzioni considerando le sollecitazioni di

carico più sfavorevoli.

Valutate da uno schema a trave continua.

h → h k M b⁄

b 7030 80cm per travi a spessore 40cm per travi ricalate

A → A k M b⁄

A′ Minimo due reggi staffe Minimo 2ϕ12 come reggistaffe A Taglio assorbito al 50% tra staffe e sagomati

Ferri sagomati per taglio e flessione e staffe calcolate di conseguenza per il taglio

massimo e poste a passo costante.

Indicazioni del R.D.

Dal punto di vista sismico si deve dire che la maggior parte degli edifici in cemento armato costruiti negli anni ’60 risultano costruiti su aree che all’epoca non risultavano classificate come sismiche, infatti solo dal 1981 è iniziata una estesa classifica sismica del territorio nazionale. Detta zonazione risulta ancora in divenire ed è ad oggi basata su una caratterizzazione statistica della serie storica degli eventi sismici area per area.

Inoltre c’è da rilevare che anche quella minoranza di edifici, che al momento della costruzione erano in territorio sismico, sono stati costruiti seguendo i criteri antisismici dell’epoca che non erano in grado di conseguire i livelli di protezione oggi richiesti rispetto al danno e al collasso.

Sulla base di quanto sopra specificato e utilizzando i risultati numerosi di studi dei decenni passati si possono distinguere questi edifici in base alle seguenti caratteristiche:

caratteristiche tipologiche: regolarità in pianta ed in elevazione,disposizione degli elementi strutturali; caratteristiche degli elementi strutturali: tipologia e dettagli costruttivi relativi ai pilastri e alle travi.

Per quanto riguarda le prime, si segnala che generalmente il sistema strutturale resistente è costituito da telai orditi lungo una sola direzione, spesso coincidente con la direzione più lunga dell’edificio. Questi telai sono talvolta realizzati con travi emergenti, mentre spesso in direzione ortogonale sono assenti travi di collegamento, che è quindi spesso affidato al solaio stesso.

Gli elementi strutturali sono spesso progettati e disposti senza tener conto di azioni orizzontali ma considerando solo i carichi verticali. Questo ha portato spesso alla realizzazione di sistemi resistenti abbastanza deformabili e privi delle necessarie capacità duttili.

Oltre ai difetti sopra menzionati, si riscontrano situazioni da considerarsi anomale anche per la progettazione rispetto ai soli carichi verticali, come ad esempio forti sfalsamenti tra gli assi degli elementi strutturali nei nodi trave-colonna.

Le caratteristiche lungo l’altezza sono in generale regolari, fa eccezione il caso, non raro, di edifici con piano terreno o intermedio privo di tamponature. Come ben noto, ciò costituisce un

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elemento di forte vulnerabilità nei confronti delle azioni sismiche in quanto le tamponature, anche se esplicitamente dichiarate non portanti, vanno spesso a sopperire all'inadeguatezza dei telai nei confronti delle azioni orizzontali.

Riguardo gli elementi strutturali si segnala che i pilastri risultano generalmente calcolati considerando solo i carichi verticali e, dallo studio di varie relazioni di calcolo dell’epoca, raramente si è riscontrato l’utilizzo per il loro calcolo di uno schema a telaio in cui venissero considerati gli effetti flessionali.

Da rilevare inoltre la scarsa cura nella disposizione delle staffe che sono in genere del tipo aperto e che quindi non sono in grado di esplicare azione di confinamento del calcestruzzo.

Le armature longitudinali risultano spesso ancorate nei nodi e, in alcuni casi, si rileva che l’armatura della trave era realizzata separatamente per ogni campata.

Nelle vicinanze dei nodi il quantitativo di armatura disposta al lembo inferiore, compresso, è in genere basso ed insufficiente nel caso di inversione del segno della sollecitazione flessionale dovuta al sisma, questa carenza di armatura in zona compressa riduce notevolmente la duttilità.

Le sollecitazioni taglianti sono sopportate, secondo le indicazioni della normativa, da armature disposte in forma di ferri piegati e da staffe.

Si sottolinea infine che le armature utilizzate sia nei pilastri che nelle travi sono di tipo liscio e non ad aderenza migliorata per cui hanno delle prestazioni inferiori allo SLU, requisito importante ammettendo che le strutture sconfinino in campo plastico per sismi con elevati periodi di ritorno.

Le strutture in C.A. anni '60 con le caratteristiche descritte non sono concepite per resistere ai carichi verticali e presentano delle gravi carenze sia lato resistenza che lato duttilità. Verranno illustrati i possibili interventi allo stato attuale della tecnica atti a sanare tali carenze.

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1.7 Analisi dello stato di fatto

Si è eseguita un'analisi dello stato di fatto sia da un punto di vista ambientale ed energetico che strutturale.

1.7.1 Problematiche ambientali

Come si è avuto modo di sottolineare, queste tipologie edilizie si caratterizzano per la presenza di ampie aree verdi che circondano l'edificato.

Figura 9 - Parco adiacente al complesso residenziale

Queste si presentano in cattivo stato di manutenzione, in particolare le aree interne, comprese tra i due filari di edifici.

Le aree prospicienti la S.S. Aurelia e via Carlo Cattaneo presentano dei pini marittimi che creano un contesto piacevole ma che, data la vicinanza ai fabbricati, hanno comportato dei danni con le loro radici.

Il pino marittimo (pinus pinaster) è un albero sempreverde che trova il suo ambiente ideale in prossimità delle coste mediterranee.

Può raggiungere i 30 m, ma di solito è più basso. La chioma giovanile è conica, con i rami che salgono curvi verso l'alto, nelle piante adulte diventa più appiattita e densa.

In Italia è sicuramente spontaneo in Liguria, Toscana, Sardegna e nell'isola di Pantelleria. Altimetricamente è diffuso soprattutto lungo le coste, ma può risalire i rilievi fino a 700-800 m. La pianta è stata inserita nell'elenco delle 100 specie invasive più dannose del mondo per la sua capacità di diffondersi in habitat diversi da quelli originari soverchiando le specie indigene. [16]

Questa varietà pinacea, superati i 50 anni di vita utile, comincia ad avere significativi rischi di caduta, sia a causa della densa chioma che tende a concentrarsi nella parte più alta dell'albero, quindi in condizioni sfavorevoli, sia a causa delle radici che, in particolari condizioni di

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radicamento, (quali quelle contigue alla costa), tendono ad avere uno sviluppo pseudo orizzontale e comunque poco profondo.

Infatti sempre sui pini marittimi Marianelli precisa:

"…Nel caso del pino domestico, l’inserimento in un contesto urbano è reso poi ancora più problematico dalle caratteristiche dell’apparato radicale.

Mentre infatti in età giovanile la pianta sviluppa un fittone, con la crescita questo tende a diventare

breve e grosso e la massa delle radici tende invece a concentrarsi in superficie. Questo può essere molto pericoloso se ci si trova in ambiente urbano, vicino ad infrastrutture quali case, manufatti, tubazioni…"

Figura 10 - Scivolamento della zolla radicale in caso di coesione ed attrito ridotti

Numerosi sono gli studi e le ricerche su questo tipo di vegetazione. Si evidenzia per utili richiami la relazione del Prof. Cinelli da cui l'immagine sovrastante è tratta. La modalità di collasso di questi alberi può avvenire per scivolamento della zolla radicale, rottura dei rami radicali nella vicinanza del fusto o rottura del tronco. Ogni caso va valutato accuratamente da esperti in relazione allo stato di salute dell'albero, le sue condizioni di crescita (eventuali potature improprie, danni al fusto determinati da agenti esterni quali intagli o collari, ecc...) e le condizioni del terreno circostante.

Questo tipo di vegetazione va quindi periodicamente controllata e, in un contesto cittadino, mantenuta o eventualmente sostituita con alberi più giovani o, all'occorrenza, varietà diverse.

Per ulteriori informazioni sulle classi di propensione al cedimento della vegetazione si vedano le linee guida GLSA della Società Italiana di Arboricoltura Onlus.

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1.7.2 Energetiche

L'edificato in questione nasce in un contesto di "emergenza" in cui, all'indomani della guerra, bisognava impiegare manodopera non specializzata e costruire nel breve tempo un gran numero di abitazioni.

Questa circostanza ha prodotto, anche a causa di un'attenzione praticamente nulla delle normative dell'epoca nei confronti delle questioni energetiche ed acustiche, un'edilizia con diverse carenze.

In ragione del clima temperato, la mancanza di isolamento e la scarsa inerzia termica dei tamponamenti costituiscono un problema particolarmente nel periodo estivo, specialmente per i piani più alti. Si prendono in rassegna le varie problematiche di questi edifici, in particolare con riferimento alle attuali disposizioni normative in materia.

1.7.2.1 Problemi:

 Inadeguato isolamento: i tamponamenti dell'edificio in oggetto sono composti da uno strato esterno di mattoni in laterizio pieno disposti ad una testa ed uno strato interno in laterizio forato da 8 cm. Secondo l'uso dell'epoca tra questi si trova una intercapedine d'aria di spessore di circa 10 cm. L'aria statica tra questi elementi costituisce uno strato isolante ma la conduttanza della parete che ne risulta non è sufficiente ad assicurare un adeguato isolamento termico.

 Inadeguata inerzia termica: l'inerzia termica di un elemento di tamponamento è collegata alla sua massa. La parete in oggetto, costituita da elementi di peso ridotto, non ha inerzia sufficiente da consentire un adeguato sfalsamento dei picchi tra energia assorbita per irraggiamento ed energia trasmessa all'interno dell'appartamento. Intervenire sulla massa di una parete è decisamente sconsigliato, pertanto si cerca di rimediare a questo deficit in maniera "esterna" ovvero mediante schermature o pareti ventilate, diminuendo quindi l'energia radiante e la temperatura esterna della parete.

 Ponti termici: l'edificio in c.a. oggetto di studio, avendo l'ossatura in c.a. facciavista e non rivestita, presenta una miriade di ponti termici. Nella fattispecie i ponti termici che interessano il nostro edificio sono localizzati:

o ove i tamponamenti risultano interrotti da travi e pilastri; o in corrispondenza delle vele delle verande;

o nelle discontinuità strutturali (pignatta-travicello) che caratterizzano il solaio del primo piano del nostro edificio, essendo il piano terra tamponato solo in prossimità dei vani scale e nella zona centrale;

o in corrispondenza degli infissi e degli elementi di chiusura delle verandine che in taluni casi sono state inglobate entrando a far parte dell'appartamento senza prendere gli opportuni accorgimenti energetici;

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 Cattiva chiusura degli infissi: gli infissi lignei, seppure di discreta qualità, sono sprovvisti di vetro camera e sono caratterizzati da una cattiva tenuta a causa della vetustà.

 Tetto non isolato: il tetto dell'edificio è un tetto freddo. In corrispondenza delle testate dell'edificio si trovano delle prese d'aria realizzate con elementi in laterizio disposti sfalsati a lasciare dei vuoti. Inoltre il solaio di sottotetto è realizzato con controsoffittatura leggera che non riesce a sopperire all'inadeguato isolamento del tetto.

1.7.2.2 Applicazione. Calcolo dello strato minimo di isolamento necessario.

Si esegue un calcolo delle caratteristiche di trasmittanza della parete nello stato attuale e si calcola lo spessore minimo di isolante atto a garantire il rispetto degli standard previsti dalle attuali normative.

Strato Spessore Trasmittanza

Laterizio pieno 12

Aria 10 1?

Laterizio forato 8

[cm] [W/m2K]

La conduttanza della parete si valuta attraverso l'espressione (UNI EN ISO 6946):

1 1

che permette di calcolare la quantità necessaria di isolante. Per l'edificio in oggetto appaiono ragionevoli due soluzioni:

 Inserimento di isolante di tipologia schiumosa all'interno dell'esistente intercapedine tra la fila di mattoni rossi ad una testa esterna e quella interna di laterizi forati. L'intervento si realizza mediante fori di dimensione ridotta e può essere eseguito anche dall'esterno forando trai i laterizi nei giunti di malta. Esistono agenti schiumanti caratterizzati da discrete proprietà meccaniche che, integrati con connettori metallici, possono migliorare il comportamento fuori piano delle due pareti scollegate. Questo intervento non risolve i ponti termici.

 Tradizionale rivestimento esterno a cappotto, di maggiore efficienza energetica, ma maggiore impatto sulla facciata delle struttura.

(23)

1.7.3 Strutturali

L'ossatura portante dell'edificio in oggetto presenta evidenti segni di degrado e difetti di progettazione. Si evidenzia una inadeguatezza della struttura, allo stato attuale, particolarmente riguardo le azioni orizzontali.

1.7.3.1 Situazione di degrado dei pilastri del piano terra

I pilastri del piano terra, come si è avuto modo di sottolineare, sono nella generalità dei casi liberi da tamponatura.

Questo elemento, insieme ad un ridotto spessore del copriferro (2cm secondo il R.D.) in un ambiente mediamente aggressivo, una qualità mediocre del cls, al rilevante cimento statico cui sono sottoposti (a causa del fatto che le azioni flessionali non erano considerate), ha comportato, a circa 50 anni dalla realizzazione delle struttura, un evidente stato di degrado.

Figura 11 - Degrado di una delle colonne del piano terra

Ciò risulta evidente dalle importanti lesioni che preludono all'espulsione del copriferro nella

FIGURA 11 e nelle immagini seguenti ove le armature, in evidente stato di ossidazione, risultano già in vista.

(24)

In questi casi è stato possibile avere riscontro immediato della tipologia di armature impiegate, ferri lisci, e della geometria di queste, così come desunta dagli elaborati di progetto disponibili.

(25)

1.7.3.2 Disassamento tra travi e pilastri e degrado delle prime

Il modulo tipo presenta difetti geometrici presenti già nel progetto costruttivo. Per una struttura concepita per i soli carichi verticali non era infatti considerata pregiudizievole la presenza di piccole eccentricità tra travi e pilastri. Allo stesso modo la presenza di una tamponatura in falso costituiva un semplice motivo architettonico, una semplice soluzione per variare l'uniformità di una facciata, e non se ne concepivano i rischi di ribaltamento che possono innescarsi con effetti dinamici.

Questi elementi costituiscono dei fattori da considerare nella progettazione dell'intervento. Le travi di campata presentano varie geometrie. Queste sono fuori dai rapporti di forma previsti dalle attuali Norme Tecniche e sono in parte a spessore di solaio ed in parte emergenti. In particolare nei campi tamponati ci sono travi a spessore, mentre nei campi in cui la tamponatura si arretra per fare posto a delle verande le travi divengono emergenti e fungono anche da parapetto delle verande. In corrispondenza delle verande inoltre il solaio in laterocemento è sostituito da solette in cls di 19cm a comportamento misto trave piastra. Di questi elementi non è possibile desumere l'armatura dagli elaborati strutturali disponibili, diversamente che per travi e pilastri.

La conseguenza più evidente di questa alternanza tra travi a spessore e travi emergenti che convergono in nodi adiacenti è che le armature, realizzate discontinue da una trave all'altra, sono ancorate nei nodi i quali si estendono anche per un terzo dell'altezza del pilastro a cui manca il requisito del confinamento.

Figura 13 - Espulsione del copriferro al piede di una colonna del vano scale

(26)

Anche le travi, come i pilasti, presentano evidenti segni di degrado (FIGURE 14):

Nell'immagine a sinistra è evidente la scarsa presenza di staffe ed il loro cattivo allineamento. Nell'immagine a destra invece è possibile vedere come lo stato di degrado di queste travi ha indotto CASALP a realizzare un intervento puntuale di ripristino del copriferro a protezione delle armature.

Altri interventi a tutela del patrimonio esistente sono stati realizzati qualche anno fa su alcune colonne del piano terra di un edificio gemello che si presentavano in significativo stato di degrado.

Figura 15 - Intervento di incamiciatura eseguito su pilastri del piano terra di un edificio gemello. Figure 14 - Degrado delle travi

(27)

Questi interventi (FIGURA 15), eseguiti su edifici di tipo A, si sono limitati ad una cerchiatura

passiva con rifacimento del copriferro ed un lieve ampliamento della sezione resistente per ragioni tecnologiche.

Detto intervento si distingue significativamente da quello eseguito su edifici di tipo C, a quattro piani, in cui la realizzazione di setti con incamiciatura dei pilasti del pian terreno ha consentito di realizzare un intervento di miglioramento sismico sanando la più grave carenza di queste strutture, ovvero quella dovuta alle presenza del piano soffice. In questo caso i setti si fondano su pulvini rovesci che inglobano le esistenti fondazioni.

Figura 16 - Intervento eseguito su edifici di tipo A (4 piani)

1.7.3.3 Eccessiva deformabilità del solaio

Dagli elaborati strutturali è possibile desumere che il solaio tipo è realizzato in laterocemento con pignatta da 20 cm e soletta strutturale da 3 cm.

Le NTC 2008 prescrivono che, affinché il solaio possa considerarsi rigido ai fini delle distribuzioni delle azioni orizzontali, lo spessore della soletta sia maggiore o uguale a 4 cm.

Dal momento che la prescrizione riguardo il minimo di legge non è soddisfatta, bisogna effettuare delle indagini atte a verificare che la deformabilità del solaio sia tale da garantire un efficace comportamento d'insieme della struttura. Ciò nell'ottica del previsto intervento di miglioramento sismico attraverso l'inserimento di controventi di estremo.

L'intervento più gravoso a carico del solaio vede l'inserimento di controventi di estremo sui lati corti dell'edificio per sanare un suo grave deficit, ovvero l'assenza di travi di collegamento in direzione ortogonale al piano dei telai. Essendo il giunto di dilatazione di dimensioni inadeguate da un punto di vista sismico, bisogna cucirlo o, in alternativa, aumentarne le dimensioni.

(28)

Nell'ottica di un intervento di cucitura si potrebbe pensare ad uno schema con soli controventi di estremo che verrebbero (ai fini della ripartizione delle azioni orizzontali) caricati mediante il solaio che si presenta come una trave tozza, in scala 1:7. Dato lo spessore ridotto della soletta e le condizioni strutturali sfavorevoli, dovute alla forma allungata dell'edificio, si eseguono verifiche semplificate per controllare l'accuratezza di questa soluzione.

1.7.3.3.1 Metodi semplificati per valutare la rigidezza di un solaio

Qualora non risulti ammissibile l'ipotesi di sufficiente rigidezza, è necessario, per l'analisi sismica, modellare il diaframma con la sua reale rigidezza.

La rigidezza del solaio si può modellare in modo adeguato con il metodo degli elementi finiti tramite elementi di tipo membrana.

In generale si può procedere nel seguente modo:

 si definisce l'area del solaio di interesse e vi si fa corrispondere l'area di uno o più elementi;

 si calcola il volume omogeneizzato cls-acciaio;

 si impone che il volume omogeneizzato uguagli il volume dell'elemento membrana;  si definisce il modello del cls per il solaio;

 definite le caratteristiche geometriche e meccaniche dell'elemento membrana si verifica la sua rigidezza.

Si può inoltre ricorrere a metodi semplificati in cui il solaio è sostituito da bielle equivalenti.

1.7.3.3.2 Verifica della rigidezza nella configurazione di progetto

L'edificio si presenta con una pianta dalla forma piuttosto allungata, dal rapporto tra i lati di circa 7:1.

Si prende in esame la Soluzione A, ovvero una soluzione in cui vengono inseriti tre controventi piani nell'edificio, uno centrale e due perimetrali. Lo schema di un piano soggetto ad azioni sismiche è quindi quello di una trave tozza su tre appoggi.

Si realizza un modello spaziale dell'edificio e si considerano i carichi sismici (supponendo un periodo di primo modo tale da essere nel plateau dello spettro) come azioni statiche di piano. Per valutare la rigidezza del solaio il modello globale viene studiato in tre configurazioni:

(29)

a) senza solai, ovvero solo struttura intelaiata (il limite di questo modello è che, non essendo presenti travi secondarie, a meno di quelle estreme e dei travicelli del solaio, i tre telai piani rappresentati in tratto nello schema sopra, sono completamente disconnessi);

b) con solaio modellato mediante elementi bidimensionali dello spessore equivalente di cm 10 (omogeneizzando il pacchetto di solaio in cls equivalente);

c) con solaio modellato mediante vincoli di piano (solaio rigido).

La finalità è confrontare gli spostamenti massimi in tre differenti configurazioni. Essendo di interesse il solo rapporto degli spostamenti, l'entità del carico non è comunque di grande importanza (purché sia la stessa nei tre casi). Si considera comunque l'azione sismica relativa allo SLV con q=1, e si ricavano i carichi di piano con analisi statica lineare.

Spost. massimo assoluto

D = Spost. massimo

d'interpiano Db/Da Dc/Da

Mod. a) 1,969 0,445

0,021 0,019

Mod. b) 0,055 0,0092

Mod. c) 0,052 0,0084

Gli spostamenti calcolati, espressi in m, corrispondono allo spettro elastico SLV.

Come si può vedere dai due rapporti espressi nelle ultime colonne (<1/10), seppure con una rilevabile differenza tra i casi b e c, il solaio può essere considerato rigido nel suo piano già in questa configurazione di vincolo [5].

Analisi più semplificate ma cautelative, in cui si considera la deformabilità del solaio senza tener conto di quella dei telai connessi, confermano sostanzialmente questo risultato. Inoltre la differenza tra lo spostamento assoluto nei casi b) e c) è minore del 10%, come richiesto dalla normativa [6].

In definitiva con uno o più controventi intermedi il solaio può essere considerato rigido nel suo piano.

1.8 Analisi dei carichi

Dalla ricerca archivistica negli archivi CASALP non è stato possibile reperire la relazione tecnica di progetto. Pertanto l'analisi dei carichi si esegue sulla base degli elaborati di progetto noti (planimetria strutturale del modulo tipo), del capitolato dell'epoca (di cui è stato possibile reperire copia) e dei rilievi effettuati.

Dalla planimetria strutturale del modulo tipo si individuano 4 campi di solaio dalle caratteristiche omogenee. Questi sono A, A', B e C.

 il peso al metro quadro del solaio tipo in laterocemento 20+3 viene assunto pari a

2,8 ⁄ ;

 per gli elementi non strutturali, compresi gli elementi divisori in laterizio forato, si assume un carico di 2,7 kN m⁄ ;

(30)

 per i carichi accidentali si assume il valore suggerito dalle NTC per civile abitazione di 2,0 kN m⁄ .

Ne risulta un carico complessivo di 7,5 ⁄ con una massa associata all'azione sismica pari a 6,1 ⁄ . Si riportano questi valori quale utile riferimento.

Laddove presente soletta piena, il carico di questa viene computato sull'effettivo spessore assumendo un peso specifico del cls armato di 2.500 ⁄ . La soletta è stata realizzata in corrispondenza dei vani scale e dei ballatoi per cui per il valore dei sovraccarichi in queste zone si assume pari a 4,0 ⁄ .

Si riporta di seguito estratto dei fogli di calcolo in cui, per i 4 campi tipo di solai e per la copertura, vengono indicati i valori assunti per i carichi gravitazionali ed i rispettivi valori di combinazione secondo quanto previsto dalle NTC 2008.

Da questi è possibile desumere il valore del carico per unità di superficie (indicato con "Q") ed il rispettivo valore di carico per unità di lunghezza (indicato con "q"), avendo così un riscontro immediato per la validazione dei risultati del modello.

(31)
(32)

1.9 Azioni di progetto

Per le azioni di calcolo sono state impiegate le indicazioni suggerite dalle NTC 2008 per le nuove costruzioni. Nel progetto dell'epoca non erano affatto prese in considerazione le azioni orizzontali e l'approccio era diverso in quanto si ragionava alle tensioni ammissibili e non agli stati limite.

In questo lavoro non si vuole tuttavia realizzare un progetto simulato ma semplicemente mettere in luce l'adeguatezza o inadeguatezza della struttura in essere secondo le indicazioni delle attuali NTC.

1.9.1 Neve

Il carico neve agisce verticalmente sulla proiezione orizzontale della copertura del fabbricato. Il valore caratteristico per la zona di Livorno è:

, 0,60 ⁄

Per coperture ad una o due falde con pendenza di circa 22° si ha il valore:

, 0,48 ⁄

Nell'estratto del foglio di calcolo sopra riportato sono considerate anche le condizioni di accumulo per coperture a più di due falde.

(33)

1.9.2 Vento

Il vento convenzionalmente si considera agire separatamente secondo le due direzioni coordinate di riferimento. Le azioni dinamiche così indotte sono ricondotte ad azioni statiche equivalenti.

Nell'area considerata la velocità di riferimento del vento è 27 ⁄ . Con una conseguente pressione cinetica di riferimento 456 ⁄ .

(34)

Trovandosi l'edificio a meno di 10 km dalla costa e considerando cautelativamente la classe di rugosità B, ricadiamo in zona III ai fini del calcolo del coefficiente di esposizione.

La pressione statica del vento varia con l'altezza, così come indicato nella tabella precedente .

Per l'azione radente, data l'elevata scabrosità dei tamponamenti, è stato utilizzato lo stesso coefficiente d'attrito (0,04) impiegato per calcolare gli effetti tangenziali del vento sulla copertura.

Le azioni sulle pareti sopra vento, sulle pareti sotto vento e le azioni tangenziali variano con l'altezza del fabbricato. I valori da applicarsi ai rispettivi solai dei vari livelli sono espressi nella tabella riportata.

Per ulteriori e più specifiche indicazioni si veda il paragrafo 3.3 delle [11].

1.9.3 Variazioni termiche

Considerata la significativa lunghezza dell'edificio, in particolare in relazione alla configurazione di progetto che vede la cucitura del giunto di mezzeria, le azioni termiche devono essere considerate ed i rispettivi effetti valutati con attenzione.

Come da indicazione del paragrafo 3.5 delle NTC 2008 si assumono i seguenti valori validi per gli edifici.

 ΔT 15°C per strutture in c. a. esposte;  ΔT 10°C per strutture in c. a. protette;  ΔT 25°C per strutture in acciaio esposte;  ΔT 15°C per strutture in acciaio protette. 1.9.4 Sisma

Le azioni sismiche sono sicuramente il cimento più gravoso per il nostro edificio, particolarmente nella configurazione di progetto. Esse vengono valutate con particolare attenzione in relazione alle indicazioni del paragrafo 3.2 delle succitate NTC cui si rimanda per eventuali richiami.

Dalla dettagliata relazione geologica si desume che il terreno di fondazione appartiene alla categoria di sottosuolo B.

Essendo l'edificio di classe d'uso II e considerando una vita nominale di 50 anni, si ha un periodo di riferimento per l'azione sismica 50 anni.

Si riproducono gli spettri di risposta elastici relativi ai diversi stati limite come sintetico riferimento per le azioni prese a riferimento nelle analisi che seguono.

(35)

Gli stati limite da prendere in esame per la tipologia costruttiva considerata sono lo stato limite di danno (SLD, 50 anni) e lo stato limite di salvaguardia della vita (SLV, 945 anni). Si riportano anche gli spettri relativi allo stato limite di operatività (SLO, 30 anni) ed allo stato limite di collasso (SLC, 1.475anni), il secondo dei quali sarà considerato come utile riferimento nella progettazione del nuovo intervento.

(36)

Figura 18 - Spettro SLD

(37)

Figura 20 - Spettro SLC

Le ordinate e la forma degli spettri cambiano a seconda dello stato limite preso in esame secondo le relazioni 3.2.4 fornite al paragrafo 3.2 delle NTC.

(38)

1.10 Modellazione della struttura

Si realizza un modello FEM della struttura nello stato di fatto.

Considerata la tipologia strutturale precedentemente descritta, si realizza un modello a telaio con elementi beam incastrati alla base.

Riguardo la presenza dei 4 vani scala l'effetto più significativo delle solette rampanti ai fini della valutazione degli effetti sulla struttura riguarda la riduzione della luce libera degli elementi colonne che a queste sono connessi. Si sceglie pertanto una modellazione a beam anche per le solette che vengono ad individuare dei puntoni che collegano a due a due gli interpiani.

Figura 21 - Assonometria del modello della struttura nello stato di fatto

La FIGURA 21 rappresenta il modello "ME 3.2" dello stato di fatto. Dall'immagine è evidente la

presenza del giunto in mezzeria caratterizzato dal raddoppio dei pilastri ivi esistenti. Il modello è stato realizzato con grande attenzione

verso le reali eccentricità costruttive, sia delle travi che dei pilastri, desunte con precisione dalla restituzione CAD della planimetria strutturale del modulo tipo. Queste sono state modellate realizzando agli assi un modello base ed assegnando le eccentricità mediante offset rigidi.

Come si può vedere, i telai, disposti nel piano X-Z, sono collegati tra loro solo agli estremi del fabbricato, dove ci sono delle travi di ripa realizzate a spessore di solaio.

Per semplificare la costruzione del modello e la gestione dell'output sono stati realizzati diversi gruppi il

(39)

cui schema ad albero è quello ivi riportato.

Per quanto riguarda il cls si assume un modulo di rigidezza di 30.000 MPa.

1.11 Analisi e verifiche della struttura nello stato di fatto

Si eseguono le verifiche della struttura nello stato di fatto secondo quanto previste dalle NTC 2008 per le strutture ad ossatura portante in c.a..

Le combinazioni dalla prima all'ottava riguardano i soli carichi statici, mentre le combinazioni lineari 9 10 ed 11 servono per combinare gli effetti dei carichi gravitazionali con gli effetti dell'azione sismica derivanti da analisi dinamica modale secondo i coefficienti di combinazione previsti dalle NTC.

Si anticipa qui che le verifiche allo SLU non risultano soddisfatte già considerando la sola azione del vento.

I risultati che riguardano invece i soli carichi verticali (SLU Qa V, SLU Qa1 V, SLU Qa2 V, ovvero la stesa di carico uniforme che massimizza lo sforzo normale nelle colonne e le due scacchiere) sono più gratificanti ma mettono in luce la presenza di elementi che necessitano di rinforzo.

1.11.1 Livello di conoscenza e fattore di confidenza

Nelle costruzioni esistenti è di fondamentale importanza l'accurato rilievo della geometria della struttura e della conoscenza dei materiali che la costituiscono.

I fattori di confidenza, strettamente collegati al livello di approfondimento delle indagini conoscitive, riducono i valori medi di resistenza dei materiali da usare nelle verifiche.

(40)

Il paragrafo 8.2 delle NTC 2008 (sulle costruzioni esistenti) precisa che "la conoscenza delle

proprietà meccaniche dei materiali non risente delle incertezze legate alla produzione e posa in opera ma solo della omogeneità dei materiali stessi all'interno della costruzione, del livello di approfondimento delle indagini conoscitive e della affidabilità delle stesse".

L'allegato C8A.1.B fornisce i dati necessari per la valutazione del fattore di confidenza per le costruzioni in c.a. ed in acciaio.

In particolare disponendo dei disegni costruttivi dell'epoca per la carpenteria, per i dettagli strutturali e per le caratteristiche dei materiali, si assume un livello di conoscenza LC2 (conoscenza adeguata) cui corrisponde un fattore di confidenza pari a 1,20.

La resistenza di progetto si ottiene così dalla resistenza media dei materiali: ∙

Sulla base dei valori così calcolati si eseguono le verifiche sulla struttura cui si riproduce di seguito una sintesi dei risultati più significativi.

1.11.2 Verifiche

Le verifiche vengono automatizzate mediante foglio .xls appositamente realizzato.

Gli elementi strutturali sono raggruppati per elementi omogenei in relazione alla geometria della sezione, luce e posizione nella struttura. Per ogni gruppo il programma esegue le verifiche relative evidenziando in rosso gli elementi per cui la verifica non risulta soddisfatta.

Dette verifiche si estendono alle diverse combinazioni inserendo l'output relativo, estratto da Strauss 7 in forma tabulare negli appositi spazi individuati nei fogli di calcolo.

La maggior parte degli elementi non risulta verificata allorquando vengono introdotte le azioni orizzontali nelle combinazioni. A questo si ovvierà mediante gli interventi che vengono illustrati nel capitolo che segue, attraverso la realizzazione di organismi resistenti appositamente pensati.

I risultati di seguito illustrati riguardano le sole tre combinazioni relative ai carichi verticali volendo mettere in luce i principali deficit della struttura particolarmente nei confronti di questi ultimi.

1.11.2.1 Verifica di resistenza delle travi

(41)

Sono individuate dalla loro posizione all'interno della struttura le rispettive dimensioni della sezione trasversale. Ad esempio la dicitura "T 1-2 15x72" indica la trave che si estende dal pilastro 1 al pilastro 2 ed ha dimensioni di 15 cm di base e 72 cm di altezza.

Il rapporto tra base ed altezza in questo caso è di circa 1:5 ed è fuori dai limiti geometrici imposti dalle NTC per le nuove costruzioni.

In base alla distinta dei ferri della planimetria strutturale del modulo tipo è possibile calcolare le caratteristiche resistenti della sezione.

Vengono calcolati il massimo momento resistente nella sezione di mezzeria , ed il minimo momento resistente in prossimità degli appoggi , . Inoltre viene calcolato il massimo taglio resistente dovuto alla presenza delle armature ed il taglio resistente della sola sezione in cls , laddove la presenza di una consistente zona in cls contigua alla trave, sebbene non staffata, possa dare un contributo al taglio resistente.

Si riporta l'estratto del foglio di calcolo per la verifica dell'elemento "T 1-2 15x72". Come si può vedere, Straus riporta i valori di taglio e momento sollecitante in vari punti lungo lo sviluppo della trave. La verifica viene eseguita solo per la mezzeria e per le sezioni di appoggio.

Ovviamente detto controllo è esteso agli elementi di tutti i piani.

Si riporta di seguito una tabella con il riassunto dei risultati per gli elementi trave.

T2 M2

Gr oup Shear For ce 1 B endi ng M oment 1

(kN) (kN.m) MRd,max MRd,min δ

Beam 19:      0,0 m piano primo ‐     76,81      22,51       47,38 ‐      36,16 0,7

Beam 19:     0,81 m piano primo ‐     40,84 ‐     25,14

Beam 19:     1,62 m piano primo ‐        4,88 ‐     43,66 Med,max Med,min

Beam 19:  1,72985 m piano primo        ‐ ‐     43,93 eff       43,93 ‐      75,70

Beam 19:     2,43 m piano primo      31,09 ‐     33,04 rid       66,63 ‐      52,99

Beam 19:     3,24 m piano primo      67,05         6,70

Beam 19:     4,05 m piano primo   103,02      75,58 Verifica

Beam 22:      0,0 m piano primo ‐     90,15      61,00        0,93        2,09

Beam 22:     0,81 m piano primo ‐     54,19         2,55        1,41        1,47

Beam 22:     1,62 m piano primo ‐     18,22 ‐     26,78 Verificato NON verificato

Beam 22:  2,03038 m piano primo        ‐ ‐     30,52 Beam 22:     2,43 m piano primo      17,74 ‐     26,97 Beam 22:     3,24 m piano primo      53,71         1,97 Beam 22:     4,05 m piano primo      89,67      60,04 Beam 188:      0,0 m piano primo ‐  103,05      75,70 Beam 188:     0,81 m piano primo ‐     67,08         6,79 Beam 188:     1,62 m piano primo ‐     31,12 ‐     32,98 Beam 188:  2,32083 m piano primo        ‐ ‐     43,88 Beam 188:     2,43 m piano primo         4,85 ‐     43,62 TRd TRd  cls

Beam 188:     3,24 m piano primo      40,81 ‐     25,13 morsch        129,10       ‐

Beam 188:     4,05 m piano primo      76,78      22,50

Beam 191:      0,0 m piano primo ‐     89,70      60,12 Ted, max Ted, min

Beam 191:     0,81 m piano primo ‐     53,74         2,03        103,02 ‐       103,05

Beam 191:     1,62 m piano primo ‐     17,77 ‐     26,93        0,80        0,80

Beam 191:  2,02025 m piano primo        ‐ ‐     30,49

Beam 191:     2,43 m piano primo      18,19 ‐     26,76 Verificato Verificato

Beam 191:     3,24 m piano primo      54,16         2,54

Beam 191:     4,05 m piano primo      90,12      60,97

Verifica a Flessione

(42)

Verifica soddisfatta? Verifica soddisfatta? Elemento , , , T 1-2 15x72 SI NO SI - T 2-3 35 x23 SI SI NO NO T 3-4 10x38 SI SI SI SI T 5-6 30x28 SI SI SI SI T 6-7 40x23 NO SI NO NO T 7-8 40x23 SI SI NO NO T 9-10 35x23 SI SI SI SI T 10-11 35x23 SI SI SI SI T 11-11' 15x97 SI SI SI - T 1-8 35x23 SI SI SI SI T 8-9 35x23 SI SI SI SI

Ci sono alcuni elementi che non risultano verificati neanche rispetto ai carichi verticali. La maggior parte delle carenze è dovuta a causa della scarsa armatura a taglio, mentre gli elementi non verificati a flessione risultano un'eccezione e sono la trave "T 1-2 15x72", che ha problemi dovuti ai picchi di momento negativo, e la trave "T 6-7 40x23" per la quale viene ecceduto il massimo momento in mezzeria.

Si potrebbe prevedere:

 il declassamento della struttura, ovvero una riduzione del carico accidentale sopportabile dalla sezione con limitazioni delle sue condizioni di fruizione;

 riparazioni o interventi locali atti a sanare le carenze evidenziate;

 indagini sperimentali ulteriori quali ad esempio prove di carico le quali dimostrino che, nonostante i deficit derivanti dal calcolo, la struttura possieda caratteristiche adeguate per assolvere alla sua funzione.

1.11.2.2 Verifica di resistenza dei pilastri

Si individuano soltanto tre tipologie di pilastri in quanto i pilastri venivano calcolati per il solo sforzo normale (che ne determinava l'area resistente) e venivano quindi armati con la minima armatura consentita. Rientra quindi nei canoni di progettazione dell'epoca che ad eguali caratteristiche geometriche esterne della sezione corrisponda il contenuto minimo di armatura.

I pilastri sono di dimensione:  25x25;

 25x30;  30x35.

Ai fini della verifica, e quindi del calcolo delle caratteristiche resistenti della sezione, i pilastri vengono individuati con la geometria ed il piano di appartenenza. Straus 7 inoltre numera

(43)

automaticamente gli elementi consentendo una univoca identificazione fisica dell'elemento non verificato.

La verifica si esegue a pressoflessione e si automatizza approssimando con lati rettilinei il dominio di resistenza M-N. Di seguito viene rappresentato il dominio di resistenza di un pilastro 25x25. Come si vede, la linearizzazione fatta rischia di lasciare fuori alcuni punti del dominio effettivo, ma proprio per tale ragione risulta cautelativa e quindi accettabile.

Figura 22 - Linearizzazione del dominio M-N

La verifica risulta non soddisfatta per la maggior parte degli elementi (già introducendo una delle due scacchiere) come può vedersi dal seguente estratto del foglio di calcolo relativo alla combinazione SLU A1, quindi la prima scacchiera presa a riferimento.

Riferimenti

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