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CASS. N. 9362/2017: IL PROVVEDIMENTO CHE DICHIARA L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO PER CAUSE C.D. NON TIPICHE SI CONTESTA CON L’OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI - Judicium

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GIUSEPPINAFANELLI

CASS. N.9362/2017:IL PROVVEDIMENTO CHE DICHIARA LESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO PER CAUSE C.D.

NON TIPICHE SI CONTESTA CON LOPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI

Nell’espropriazione forzata, il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione dichiara l’estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche ha natura sostanziale di atto viziato del processo esecutivo ed è, pertanto, impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., che è rimedio tipico esperibile avverso i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, e non con il reclamo ex art. 630 c.p.c.

(che, invece, rappresenta lo strumento impugnatorio per la sola dichiarazione di estinzione tipica), né tantomeno con il ricorso straordinario in Cassazione.

Cass., Sez. III, n. 9362 del 12 aprile 2017

Con la sentenza in nota, la Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire principi abbastanza consolidati in punto di individuazione dei rimedi esperibili contro i provvedimenti giurisdizionali e, sullo sfondo, non perde occasione di ritornare sulla natura dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. come rimedio generale e residuale per la contestazione dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione.

La fattispecie sottoposta all’attenzione della Sezione Terza prende le mosse dalla contestazione della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale in composizione collegiale che aveva dichiarato inammissibile il reclamo ex art. 630, comma III, c.p.c. proposto avverso l’ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione nel corso di una procedura di espropriazione immobiliare. A dire del giudice del reclamo, infatti, il giudice dell’esecuzione non aveva adottato alcun provvedimento di estinzione per cause c.d. tipiche – e, cioè, la rinuncia agli atti e l’inattività delle parti – con la conseguenza che, in adesione all’ordinamento consolidato secondo cui il reclamo ex art. 630, comma III, c.p.c. può essere esperito solo quando si tratti di impugnare provvedimenti di estinzione o di rigetto di istanze di estinzione c.d. tipica del processo esecutivo, il reclamo doveva essere dichiarato inammissibile.

Il ricorrente impugnava tale provvedimento unitamente ad un’ordinanza del giudice dell’esecuzione emessa nella medesima procedura che aveva dichiarato l’improcedibilità della stessa per mancanza dei presupposti di cui all’art. 602 c.p.c., con un ricorso per regolamento di competenza e “impugnativa ai sensi dell’art. 187 disp.

att. c.p.c.”.

Così ricostruita la vicenda processuale, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, sia in forma di regolamento di competenza che di ricorso straordinario in Cassazione, evidenziando che il codice di rito individua appositi rimedi contro entrambi i provvedimenti impugnati, diversi da quelli esperiti dalla parte ricorrente. Tanto chiarito, i supremi giudici si sono soffermati partitamente sui rimedi proponibili avverso (i) la sentenza emessa dal Tribunale in primo grado sul reclamo ex art. 630 c.p.c.; (ii) l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione.

Partendo dall’impugnazione della sentenza collegiale, la Corte ha ricordato, in via generale, che

“l’impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice (anche se tale qualificazione sia erronea), e non come le parti ritengano che debba essere qualificata” e che, di conseguenza, la sentenza di primo grado emessa a seguito di reclamo ex art. 630 c.p.c. avrebbe dovuto essere contestata con l’appello, non potendo applicarsi il

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regime dell’inappellabilità (previsto per le decisioni sull’opposizione agli atti esecutivi) ad un caso in cui quest’ultima è stata ritenuta dal giudice mai proposta (Cass. n. 30201/2008).

Sulla base della stessa ratio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso anche se inteso come regolamento di competenza, atteso che l’unico rimedio esperibile sarebbe stato anche in questo caso l’appello anche solo per contestare l’erronea dichiarazione d’inammissibilità del reclamo.

Quanto, invece, all’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, i giudici di legittimità hanno richiamato il consolidato principio secondo cui il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione dichiara l’estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle c.d. tipiche e che implicano, piuttosto, la sua “improseguibilità” – come nel caso di specie – sarebbe, al più, un atto viziato del processo esecutivo impugnabile, pertanto, con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. e non con il reclamo previsto dall’art. 630 c.p.c. (Cass. nn. 30201/2008; 2674/2011; 15374/2011; 13108/2017). Peraltro, essendo possibile contestare tale provvedimento con lo specifico rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, deve esserne esclusa anche l’impugnabilità con ricorso in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass. n. 24775/14).

Da ultimo, sulla possibilità di esperire il regolamento di competenza avverso l’ordinanza del g.e. impugnata, la Suprema Corte ha confermato che detto regolamento non può mai avere ad oggetto provvedimenti del giudice dell’esecuzione (Cass. n. 21665/15).

 

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