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IL “COLPO DI FRUSTA” Dr.

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Academic year: 2022

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IL “COLPO DI FRUSTA” 

Dr. Luigi Ricciardi*    

Il termine "colpo di frusta" fu introdotto per la prima volta da Harcibald Crowe  nel 1928 durante una riunione della Western  Orthopaedic Association e più  tardi nel  1945  fu  Davis  che  lo  utilizzò  in  una  sua  pubblicazione  nella  quale  descrisse  alcune  lesioni del rachide cervicale dopo traumatismo. 

"Colpo  di  frusta"  è  stato  definito  sintagma,  sostantivo  derivante  dal  greco  che  vuol  dire  ordinamento,  composizione  e  cioè  un  insieme  di  parole  etimologicamente  riferibili ad una violenta "sferzata" posteriore del capo, conseguente ad una dinamica  traumatica da accelerazione tipica del tamponamento, facile a verificarsi nelle prime  autovetture  allora  sfornite  di  poggiatesta,  ma  che  non  gli  corrisponde  nella  realtà  clinica, essendo evento dinamico, preciso significato diagnostico. 

Secondo la Quebek Task Force on WAD (1995) si intende per "colpo di frusta" un 

"trasferimento  di  energia  con  meccanismo  di  accelerazione‐decelerazione  che  si  sviluppa  a  carico  del  collo.  Tale  evento  può  verificarsi  in  seguito  ad  incidenti  stradali  con  impatto  antero‐posteriore  o  laterale,  ma  può  verificarsi  durante  tuffi  o  eventi  accidentali.  L'impatto  che  ne  risulta  può  dar  luogo  a  danni  alle  strutture  ossee  o  ai  tessuti molli e pertanto può provocare differenti manifestazioni cliniche". 

E' quindi un movimento del rachide cervicale cui possono conseguire alterazioni  anatomo  patologiche  quando  per  violenza  o  velocità  esso  compromette  il  normale  atteggiamento fisiologico delle vertebre cervicali. 

Non rappresenta pertanto una entità nosologica in quanto evento dinamico ma  che  può  estrinsecarsi  con  una  serie  di  patologie  delle  parti  molli  cervicali  o  dello  scheletro,  notevolmente  differenti  sia  come  entità  come  prognosi,  trattamento  e  reliquati. 

E'  stata  anche  enunciata  una  teoria,  come  riferisce  R.  Cailliet  nella  sua  monografia  "Neck  and  arm  pain",  che  considera  in  termini  diversi  il  meccanismo  di  produzione delle lesioni cervicali indovato nel movimento del corpo e non del collo. "Il  capo  si  manterrebbe  fermo  su  uno  stesso  piano  orizzontale  attraverso  l'intera  dinamica  della  reazione  all'impatto;  il  movimento  in  avanti  ed  all'indietro  del  corpo  sotto il capo immobile,  determinerebbe "un accorciamento" acuto del collo per cui le  lesioni  conseguirebbero  ad  un  meccanismo  di  compressione‐avulsione  e  non  di  accelerazione‐decelerazione". Teoria confutata da alcuni A.A. con argomenti di ordine  matematico  e  geometrico,  quando  si  sostiene  che  il  capo  resta  fermo  sullo  stesso  piano orizzontale durante l'intera reazione dell'impatto, in realtà il capo si solleva al di  sopra  della  orizzontale,  flettendosi  o  estendendosi  in  rapporto  alla  direzione  dell'impatto  ed  alla  fase  del  trauma  ma  secondo  una  dinamica  di  torsione.  Pertanto  alla  luce  di  questa  sostanziale  correzione  il  meccanismo  di  produzione  delle  lesione  cervicali  nei  traumi  da  accelerazione  o  decelerazione  può  essere  riconsiderato  in  questi termini: il collo è compresso e "accorciato"; un collo rilasciato è più vulnerabile,  il  corpo  si  sposta  sotto  il  collo  in  senso  orizzontale,  il  capo  si  solleva  verso  l'alto  descrivendo un arco torsionale che ha i suoi fulcri a livello C l ‐ C 7. 

E'  questa  meccanica  di  torsione  che  provoca  lesioni  avulsive  a  carico  della  regione medio‐cervicale. 

Comunque  se  viene  contestato  il  movimento  a  frusta  del  capo  sullo  stelo 

* Primario Ortopedico Traumatologo (fuori ruolo) ‐ Mestre‐ 

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flessibile del collo, rimane il concetto che gli effetti lesivi sono sempre conseguenti a  meccanismi di flessione‐estensione sia pure con meccanismo di avulsione. 

In  crash‐test  eseguito  nel  luglio  1996  in  Wildhaus  (CH)  per  conto  della  Winterthur  dalla  Organizzazione  Dekra  Agenzia  tecnica  operante  in  Europa  che  si  occupa di sicurezza traffico e veicoli, è stato dimostrato che in auto ferma tamponata  da  un'auto  che  procede  a  20  km/h  il  manichino  nonostante  la  cintura  ben  applicata  subisce  un  movimento  ascensionale  del  tronco  che  determina  nonostante  il  poggiatesta ben regolato, una proiezione del capo sopra il poggiatesta, vanificandone  la funzione protettiva. 

Sentiremo su questo specifico argomento il parere dei "tecnici". 

Allo stato attuale non siamo a conoscenza di alcuna soluzione matematica che  possa  spiegare  le  forze  in  gioco  nella  dinamica  da  tamponamento,  vi  sono  troppe  variabili  tra  cui  l'elasticità  del  collo  ed  i  mutamenti  che  intervengono  nelle  masse  venute  a  collisione  (come  riferisce  Cameron  citato  da  Cailliet),  per  cui  la  stessa  efficacia protettiva della cintura di sicurezza sembra contraddetta sia dalle teorie che  si  rifanno  allo  spostamento  del  corpo  sia  a  quelle  che  tengono  in  massimo  conto  il  movimento del collo. 

Le  manifestazioni  cliniche  vengono  a  volte  descritte  in  termini  vaghi  per  cui  il  meccanismo  traumatico  può  risultare  poco  credibile  e  gli  errori  di  valutazione  sono  tutt'altro che rari. 

Può succedere che soggetti seriamente traumatizzati vengono a volte trascurati  o peggio accusati di simulazione, mentre altri poco o niente affatto traumatizzati ma  lamentosi e patomimici vengono ingiustamente risarciti. 

In questa situazione il più banale incidente può diventare pretesto per una corsa  al Pronto Soccorso per ottenere una certificazione, elemento ritenuto importante per  una candidatura ad eventuali richieste di indennizzo, incentivata talvolta dal curante o  da  specialisti  che  conferiscono  una  patente  di  credibilità  alle  iniziali  certificazioni  palesemente  di  favore,  quando  beninteso  mancano  segni  clinici  iniziali  chiari  ed  inequivocabili e soprattutto manifestazioni radiografiche inopinabili. 

Nella letteratura mondiale le sollecitazioni cervicali post‐traumatiche da sinistro  stradale  si  accompagnano  a  reliquati  permanenti  intorno  al  25%  dei  casi  circa,  che  però  variano  in  difetto  proporzionalmente  al  tempo  intercorso,  come  riferiscono  alcuni autori, dal sinistro soprattutto quando si tratta di microlesioni. In questi ultimi  tempi,  da  quando  la  sindrome  soggettiva  del  traumatizzato  cranico  sembra  aver  trovato  meno  spazio  risarcitorio,  a  fronte  di  una  costante  sinistrosità  stradale,  è  in  aumento crescente l'incidenza dei danni alla persona, soprattutto da quando il diritto  risarcitorio è diventato di dominio pubblico. 

Comunque seri studi anatomo patologici, clinici polispecialistici e strumentali sia  in ambiente clinico che in laboratorio, confermano la realtà clinica del "colpo di frusta" 

e quindi della sua lesività, quando però la vis traumatica supera la soglia di resistenza  dei tessuti molli coinvolti. 

L'obiettivo  è  di  poter  valutare  le  modalità  con  cui  la  noxa  traumatica  può  provocare  lesioni  cervicali  o  essere  responsabili  di  sintomi  anche  solo  soggettivi,  a  volte  purtroppo  enfatizzati  ma  che  possono  essere  adeguatamente  interpretati  quando se ne conoscono le correlazioni etiopatogenetiche. 

Analisi  quindi  congiunta  polidisciplinare,  polispecialistico  clinica  e  tecnica  per  l'interpretazione dei sintomi e delle dinamiche traumatiche ma anche medico‐legale e  legale per i risvolti giuridici che il delicato e ancora controverso argomento comporta. 

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Un  primo  aspetto  da  prendere  in  considerazione  sul  piano  clinico  e  biomeccanico  è  relativo  al  superamento  della  soglia  di  efficacia  lesiva  della  vis  traumatica  trasmessa  al  rachide  cervicale  e  quando  l'evento  traumatico  ha  intensità  sufficiente a produrre lesioni cervicali. 

Sono stati fatti studi matematici sui movimenti del capo in pazienti volontari, in  cadaveri, su manichini antropomorfi monitorati con registrazioni cinematografiche del  movimento  così  da  poter.  calcolare  le  variazioni  di  velocità,  di  posizione  e  l'energia  lesiva che si scarica sul rachide cervicale. 

Risulta ammessa la possibilità di distorsioni cervicali lievi (AIS 1) per velocità di  impatto  da  8  a  30  Km/h  (con  g  da  4  a  5  calcolato  alla  testa  degli  occupanti)  e  di  distorsioni severe (AIS da 2 a 4) per velocità di impatto da 30 a 80 Km/h (con g da 16 a  40). 

L'esame  delle  masse  dei  veicoli  venuti  a  collisione  in  rapporto  alla  determinazione  del  grado  di  deformazione  dei  mezzi,  consente  di  valutare  la  grandezza  e  l'entità  della  potenzialità  lesiva  sui  passeggeri  e  delle  accelerazioni  da  questi subite, valutazioni che sono fornite in chiave matematica dag1i ingegneri o dai  tecnici  specializzati  ma  che  possono  risultare  vanificate  se  non  sono  a  loro  volta  supportate  da  inequivocabili  manifestazioni  cliniche  soggettive  ed  obiettive  e  da  eventuali adeguati accertamenti strumentali. 

Non sempre e non necessariamente a gravi danni dell'automezzo corrispondono  lesioni cervicali. 

Sono  noti  esempi  di  auto  seriamente  danneggiate  senza  danno  alla  persona  o  con  lesioni  che  si  esauriscono  in  breve  lasso  di  tempo  ed  esempi  con  modesti  danni  auto ma con eclatanti segni clinici circostanziati e reali. 

Solo  quando  l'evento  traumatico  è  privo  di  efficienza  lesiva,  quando  mancano  segni di urto sull'automezzo è pregiudicata ogni rivendicazione da parte del sinistrato. 

Le  relazioni  dei  tecnici  sono  certamente  importanti  per  una  valutazione  oggettiva  della  reale  efficienza  dell'evento  dinamico  ma  che  però  debbono  venire  naturalmente correlate ad altri elementi incidenti non meno importanti e che possono  esaltare o ridurre l'efficienza dell'evento dinamico. 

Alcuni elementi sono relativi ai sistemi di sicurezza attivi o passivi dei due veicoli  coinvolti,  altri  alle  variabili  presenti  al  momento  del  sinistro  come  per  esempio  postura  del  capo,  premonizione  del  sinistro,  direzione  dell'impatto,  morfologia  del  soggetto, età, stato anteriore, variabili queste che non solo condizionano la vis lesiva  trasmessa sul rachide ma anche l'entità delle lesioni. 

Se  compito  del  perito  tecnico  è  descrivere  e  ricostruire  il  danno  veicolare  e  la  capacità del veicolo di proteggere gli occupanti e le sollecitazioni trasmesse, compito  del  medico‐legale  è  di  "collegare  la  causa  con  l'effetto  attraverso  una  ricerca  che  ripercorra a ritroso l'iter tra nocumento e la sua etiologia che è un iter patogenetico,  scrive M. Barni, criterio patogenetico che è in fondo una diagnosi causale ma solo in  quanto  ricostruzione  della  catena  di  eventi  che  concorrono  a  provocare  le  lesioni  cervicali". 

Il  rapporto  causale  sostiene  M.  Barni  non  può  essere  ricercato  e  formulato  che  attraverso  una  criteriologia  scientifica  piuttosto  che  nella  meccanicistica  analisi  dei  cosiddetti criteri probatori. 

Compito a volte delicato e difficile specialmente quando si tratta di accertare un  danno del quale esistono labili tracce. 

In  questi  casi  il  medico‐legale  non  deve  temere  di  enunciare  la  cifra  "zero" 

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allorché non riscontri reliquati effettivamente invalidanti come suggerisce Bargagna,  ma  non  può  nemmeno  arroccarsi  in  un  pregiudizievole  scetticismo  "organicistico" 

come  sostiene  Farneti,  solo  perchè  i  limiti  intrinseci  degli  strumenti  conoscitivi  impediscono  di  dare  una  "misura  fisica"  a  disturbi  largamente  soggettivi  per  loro  stessa natura biologica ma clinicamente fondati e plausibili quando se ne conoscono le  correlazioni etiopatogenetiche. 

Il  comizio  sintomatico  che  si  accompagna  per  esempio  ad  una  distrazione  cervicale, che non è una distorsione, è di difficile accertamento. 

La  distorsione  è  una  sollecitazione  di  grado  più  elevato  della  semplice  distrazione, è una dislocazione articolare che autonomamente rientra, è momentaneo  abbandono  di  contatto  interarticolare  con  lacerazione  dei  tessuti  molli  para  e  periarticolari,  di  tale  entità  però  da  non  impedire  il  ripristino  del  primitivo  rapporto,  significa  infatti  "luxatio  sponte  reposita".  La  lussazione  al  contrario  non  si  riduce  autonomamente. Segni clinici caratteristici della distorsione sono: dolori, tumefazioni  muscolari,  contrattura,  limitazione  funzionale,  aumento  del  calore  locale.  Una  distorsione  non  adeguatamente  curata  provoca  persistenza  dei  dolori,  rigidità  articolare, infiammazione endo‐articolare, persistenza di contrattura. . 

Alterazioni  anatomo patologiche post‐distorsive sono: edema, microemorragie  nei muscoli coinvolti, reazione cicatriziale riparativa. 

Le  lesioni  di  tipo  distrattivo  riparano  in  breve  tempo  ma  se  nel  tessuto  cicatriziale sono incluse zone algogene ove hanno sede i β recettori, la sintomatologia  algica  riflessa  si  può  prolungare  senza  riflessi  sulla  capacità  lavorativa  specifica  ma  bensì  sulla  integrità  psicosomatica,  fenomenologia  algica  soggettiva  meritevole  di  adeguato apprezzamento valutativo. 

Intense  sollecitazioni  cervicali  da  "colpo  di  frusta"  possono  provocare  lesioni  di  notevole serietà clinica che possono coinvolgere anche il midollo che può essere, nei  traumi  da  accelerazione,  contuso  oppure  compresso  tra  uno  sperone  osteofitosico  ipertrofico  o  un  ligamento  giallo  ispessito  o  anche  ghigliottinato  tra  il  soma  soprastante  e  l'arco  posteriore  sottostante,  estrinsecandosi  clinicamente  con  deficit  motorio  degli  arti,  disturbi  sfinterici,  abolizione  della  sensibilità,  fenomenologia  reversibile in caso di edema midollare ma irreversibile in caso di ematomielia. 

Traumi  da  accelerazione‐decelerazione  possono  provocare  concussione  cerebrale  con  segni  di  sofferenza  encefalica:  fugace  annebbiamento  e  perdita  transitoria di coscienza, sensazione di accecamento e scossa esplosiva della testa e più  tardi  comparsa  di  cefalea,  irrequietezza,  insonnia,  turbe  dell'umore,  labilità  vasomotoria,  tutti  segni  soggettivi  difficilmente  r  differenziabili  da  una  neurosi  somatizzata e che a volte possono anche essere abilmente simulati. 

Da  queste  prime  riflessioni  non  intendo  certo  trarre  conclusioni  né  formulare  giudizi, non è questo il mio compito, ma piuttosto sollevare punti di discussione al fine  di  giungere  ad  un  orientamento  il  più  vicino  possibile  alla  equità  e  a criteri  valutativi  omogenei che non lascino eccessivo margine a quella norma di cosiddetto buon senso  spesso opinabile e che porta a discutere. 

Ritengo  utile  a  questo  punto  presentare  una  disamina  generale  sulle  manifestazioni  cliniche  di  più  frequente  riscontro  nel  colpo  di  frusta  cervicale  e  sui  criteri di valutazione obiettiva e strumentale. 

  

LESIONI  CERVI  CALI  E  FENOMENOLOGIA  CLINICA  DI  PIÙ  FREQUENTE  RISCONTRO NEL "COLPO DI FRUSTA" CERVICALE. 

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Prima  di  analizzare  in  breve  sintesi  i  sintomi  clinici  di  più  frequente  riscontro  ricordo che il maggior grado di flessione del rachide cervicale si realizza a livello C4 ‐  C5; C5 ‐ C6 e poiché questa è la sede della maggior curva lordotica statica, è la parte  più esposta agli stress ed al maggior danneggiamento da usura. 

La flessione laterale comporta sempre un certo grado di rotazione. 

In  C  o  ‐  C  l  si  compie  solo  il  movimento  di  flesso  estensione  mediante  scivolamento interarticolare (100 in flessione, 25 o in estensione) ma non movimenti  in rotazione nè in flessione laterale. 

In Cl ‐ C2 si compie il 50% del movimento in rotazione prima che intervengano le  altre vertebre. 

In C 2 ‐ C 7 si compiono i movimenti di flesso‐estensione, di latero‐ estensione, di  rotazione. 

La  colonna  vertebrale  si  allunga  in  flessione,  si  distende  in  estensione,  si  restringe in rotazione. 

Normalmente  il  capo  può  apparire  lievemente  inclinato  da  un  lato  in  quanto  l'articolazione  atlo‐epistrofica  non  è  caratterizzata  da  una  completa  simmetria  articolare ed il segmento C l ‐ C 5 può presentarsi rettilineo (nella proiezione laterale)  senza che costituisca anomalia (R. Cailliet). 

Ricordo  ancora  che  il  canale  vertebrale  si  allunga  in  flessione,  si  detende  in  estensione,  si  restringe  in  rotazione;  che  il  midollo  spinale  si  tende  e  si  detende  assieme  alla  dura  madre,  che  i  forami  intervertebrali  si  allargano  in  flessione,  si  restringono in estensione ed in flessione laterale e dal lato in cui capo gira. Quando il  capo  è  deviato  il  foro  intervertebrale  risulta  più  ristretto  dal  lato  della  rotazione,  le  faccette articolari più costrette, il canale vertebrale deformato, per cui in presenza di  variabili biologiche l'incidenza delle lesioni è più ricorrente. 

I  Sintomi  clinici  precoci  nel  "colpo  di  frusta"  cervicale  sono:  cervicalgia  (fino  al  90%),  limitazione  funzionale  (50%),  cefalea  (29‐90%),  brachialgia  (40%),  vertigini  (15%) e qualche giorno dopo irritabilità e insonnia (20‐40%), disturbi cognitivi, disturbi  otoneurologici, manifestazioni che tendono a risolversi nel giro di due o tre mesi. 

Sintomi  tardivi  e  presenti  dopo  sei  mesi  sono:  cervicalgia,  cefalea,  .rigidità,  brachialgia, disturbi vertiginosi posturali, ansietà, irritabilità, depressione, insonnia. Il  dolore può essere localizzato al collo oppure originare dal collo ed essere avvertito in  altra sede. Difficili da individuare algie in sede non cervicale ma provenienti dal collo. 

Dolori a partenza scheletrica cervicale sono avvertiti in sede critica. 

Il dolore cervicale artrosico è legato all'ispessimento delle capsule articolari e alla  limitazione  funzionale  connessa  con  lo  stato  artrosico  facilmente  deducibile  con  adatte manovre semeiologiche, mentre gli scrosci articolari che si avvertono durante  movimenti attivi o passivi sono riferibili a lesioni cartilaginee interarticolari e di solito  sono indipendenti da manifestazioni dolorose. 

Il  dolore  radicolare  di  provenienza  foraminale  può  essere  di  tipo  nevralgico  quando è coinvolta la radice dorsale sensitiva più vicina alla capsula articolare, di tipo  mialgico quando è coinvolta la radice anteriore motori a più vicina alla articolazione di  Luschka. Comprensibile quindi la genesi del dolore mialgico in presenza di uncoartrosi  o nevralgico negli ispessimenti capsulari interarticolari. 

Brachialgie  con  disestesie  fino  alle  dita  frequenti  nell'immediato  periodo  post‐

traumatico e che si risolvono in breve tempo sono riferibili a stiramento radicolare. Le  radici sono rivestite dalla dura madre che con una guaina le accompagna attraverso il 

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canale  (guaina  periradicolare)  e  oltre  il  canale  accompagna  il  nervo  (guaina  perifunicolare).  Un  prolungamento  fasciale  del  ligamento  longitudinale  posteriore  (innervato  dal  nervo  di  Luschka)  si  fonde  con  la  guaina  epidurale,  formazioni  periradicolari che contribuiscono all'ancoraggio delle radici.  

In  occasione  di  intense  sollecitazioni  cervicali  traumatiche  le  guaine  periradicolari  si  oppongono  efficacemente  al  superamento  dei  limiti  di  distensibilità  radicolare,  proteggono  le  radici  ma  paradossalmente  contribuiscono  alla  loro  patologia.  Le  disestesie  da  distrazione  radicolare  si  risolvono  spontaneamente  in  breve  tempo  e  se  persistono  associate  ad  alterazioni  sensitive  e  motorie  con  distribuzione  metamerica,  corrispondente  alla  radice  coinvolta  sono  conseguenti  a  lesioni  anatomiche  radicolari  che  sono  accertabili  con  adeguati  riscontri  clinici  soggettivi ed obiettivi (distribuzione metamerica delle ipoestesie) e strumentali (EMG,  RMN). 

Quando le disestesie si accompagnano al segno o test di Adson (scomparsa del  polso  radiale  con  adatte  manovre  seme  io  logiche)  è  coinvolto  il  muscolo  scaleno  antico che si contrae dopo meccanismi traumatici da accelerazione con iperestensione  acuta del capo provocando compressione della arteria succlavia e del plesso brachiale  che gli corrono dietro sopra la prima costa sulla quale lo scaleno si inserisce. 

Quando  il  dolore  è  localizzato  a  livello  scapolare  superiore  e  mediale  ed  è  risvegliato  dalla  pressione.  trattasi  di  sindrome  del  nervo  scapolare  dorsale,  fenomenologia  descritta  da  Kopell  e  Thompson  nel  1963.  Il  nervo  origina  da  C5  che  attraversa  il  muscolo  scaleno  medio  e  innerva  il  muscolo  angolare  della  scapola  ed  i  romboidi.  C5  può  essere  compressa  in  corrispondenza  del  passaggio  attraverso  lo  scaleno o per spasmo o per contrazione post‐traumatica da iperestensione acuta del  collo.  Il  dolore  può  essere  evocato  con  la  manovra  di  Kopell  (estensione  e  rotazione  contrastata  orno‐laterale  del  capo)  che  determina  contrazione  dello  scaleno  medio  oppure può essere provocato con la pressione sullo scaleno medio e sull'angolo supero  interno  della  scapola.  Segni  neurologici:  riduzione  della  forza  di  contrazione  dei  muscoli angolare della scapola e romboideo. L'esame EMG è di scarsa utilità. 

Sede  di  dolore  possono  essere  le  aree  di  inserzione  muscolare  che  possono  risultare coinvolte: 

‐da brusco movimento del capo con contrazione isotonica,  

‐da tensione emotiva, 

‐da postura prolungata. 

Zona  frequente  di  sofferenza  dolorosa  è  la  parte  bassa  dell'occipite  ove  si  inseriscono i muscoli estensori del collo da cui cefalea tensiva della base. 

Sappiamo  che  la  corretta  postura  fisiologica  cervicale  è  la  lordosi  condizionata  dalle  altre  due  curve  dorsali  e  lombari.  Difettosi  atteggiamenti  posturali  del  collo  possono  manifestarsi  in  individui  depressi  o  avviliti  con  atteggiamento  di  dorso  alto  curvo,  spalle  cadenti,  collo  arcuato  che  sostiene  il  capo  anteriorizzato  per  cui  la  sovradistensione  ligamentosa  e  lo  sforzo  muscolare  possono  provocare  dolore  e  se  questi individui non riescono a rilassarsi vanno incontro a contrazioni isometriche da  cui mialgia da tensione. 

Le componenti capsulo‐ligamentose e muscolari svolgono pertanto non solo un  ruolo di stabilizzazione passiva del collo e di controllo attivo dei segmenti cervicali, ma  sono anche sede di propriocettori che intervengono sul controllo tonico posturale del  capo e degli arti, per cui il distretto posturale e in particolar modo il distretto C l ‐C3  diventa ponte propriocettivo. 

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In  presenza  di  preesistente  mialgia  da  tensione,  sollecitazioni  cervi  cali  minori  agiscono  negativamente  su  uno  stato  anteriore  alterato  che  deve  venire  adeguatamente interpretato e diffèrenziato dalla simulazione. 

La  miosite  da  tensione  ha  una  genesi  diversa  da  quella  da  colpo  di  frusta;  è  contrazione  muscolare  isometrica  e  la  causa  del  dolore  è  l'ischemia,  mentre  nella  miosite  da  colpo  di  frusta  la  contrazione  muscolare  è  isotonica,  la  pressione  endo  muscolare è aumentata a causa della contrazione che pure provoca costrizione vasale  con  arresto  del  circolo.  dolore  quindi  di  tipo  ischemico  per  deficit  di  ossigeno  e  di  potassio e accumulo di acido lattico. 

La  contrazione  muscolare  isometrica  non  si  accompagna  a  variazione  di  lunghezza della fibre muscolari le quali sono mantenute in tensione. lavoro muscolare  attivo che consente di mantenere una posizione. 

La  contrazione  muscolare  isotonica  si  accompagna  ad  accorciamento  muscolare; produce un lavoro visibile: il movimento. 

Miogrammi  in  contrazione  isometrica  registrano  la  tensione.  miogrammi  in  contrazione isotonica registrano le variazioni di lunghezza del muscolo. 

Esami clinici semeiologici sono in grado di stabilire il tipo di miosite se isotonico  o isometrico mediante tests di contrazione isometrica e di distensibilità noti ai fisiatri. 

Il  test  di  contrazione  isometrica  è  positivo  in  caso  di  ipotonia  muscolare  e  dolore  da  contrazione; il test di distensibilità è positivo in caso di accorciamento. contrattura e  tenomiosite cronica. 

L'impegno  muscolare  o  capsulo‐ligamentoso  post‐traumatico,  post‐  distrattivo  o  post‐distorsivo,  con  patologia  rifèribile  ad  edema,  micro‐  emorragie,  fibrosi,  è  sempre  associato  a  sintomi  clinici  e  una  loro  eventuale  persistenza  tardiva  (soprattutto  cefalea  e  vertigine)  è  da  considerarsi  esito  invalidante  clinicamente  accertabile con i tests clinici ed eventualmente con gli accertamenti strumentali. 

Il paziente  può considerarsi guarito solo quando è stata ripristinata  la funzione  motoria cervicale ed il meccanismo di controllo posturale del capo. 

Nelle intense sollecitazioni cervi cali in flessione, in estensione, in rotazione o in  lateralità  quasi  sempre  il  corredo  clinico  sintomatologico  soggettivo  ed  obiettivo  è  eclatante e trova plausibile supporto negli accertamenti strumentali. 

L'esame radiografico iniziale è da considerarsi indagine strumentale che orienta  sulla "gravità" della sollecitazione. 

Una  iniziale  rettificazione  radiografica  o  una  riduzione  della  fisiologica  lordosi  associate  a  modesti  segni  clinici  soggettivi  ed  obiettivi  possono  risolversi  in  breve  tempo. 

L'inversione  della  fisiologica  lordosi  rappresenta  segno  indiretto  di  sub‐ 

lussazione e quindi che sono presenti lesioni ligamentose. 

Quando la rettificazione è associata ad autentica rigidità cervicale, deve venire  accuratamente  studiata  perché  può  mascherare  lesioni  capsulo‐  ligamentose  intersomatiche  che  se  misconosciute  o  sottovalutate  possono  provocare  instabilità  cervicale. 

In  questi  casi  proiezioni  radiografiche  dinamiche  in  flesso‐estensione  e  proiezioni  oblique  potranno  portare  alla  identificazione  della  tipologia  e  della  sede  lesionale. 

Nelle  iperflessioni  acute  cervicali  post‐traumatiche  caratteristiche  delle  dinamiche  da  decelerazione,  lesioni  delle  parti  molli  facili  a  verificarsi  sono:  sinovite  acuta  per  sub‐Iussazione  tàccettaria;  lacerazioni  capsulari:  ernia  nucleare  dorsale; 

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lesione del ligamento longitudinale posteriore: compressione o irritazione radicolare. 

Segni  radiografici  di  "sbadiglio"  delle  spinose,  di  listesi  intersomatica  e  interarticolare  di  pocni  millimetri,  di  cifosi  cervicale  con  angolazione  del  muro  somatico  posteriore  di  pochi  gradi  esigono  un  adeguato  immediato  trattamento  contentivo  cervicale  (Miami  o  Minerva)  e  riabilitativo  successivo  e  naturalmente  controlli circostanziati. 

Antero  listesi  del  soma  superiore  ai  3  millimetri  associata  alla  perdita  del  contatto  delle  superfici  articolari  superiore  al  50%,  a  segno  dello  "sbadiglio",  ad  angolazione  del  muro  somatico  posteriore  uguale  o  superiore  a  15  gradi  alterazioni  riscontrabili nelle proiezioni dinamiche, sono da considerarsi segni di allarme. 

Nelle  iperestensioni  cervicali  intense,  caratteristiche  delle  dinamiche  da  accelerazione  lesioni  facili  a  verificarsi  sono:  rottura  del  ligamento  longitudianle  anteriore;  ernia  ventrale  del  disco;  fratture  parcellari;  contusione  faccettaria; 

contusione radi colare; contusione midollare. 

Se  all'esame  radiografico  si  riscontra  contatto  interspinoso  (kissing  spine)  o  embricamento  delle  spinose  significa  che  la  sollecitazione  posteriore  ha  superato  il  primo  freno  posteriore  rappresentato  dalle  apofisi  spinose  e  se  la  sollecitazione  va  oltre  può  superare  il  secondo  freno  rappresentato  dalle  capsule  articolari  e  dai  massicci,  realizzando  la  retrolistesi  interarticolare  ed  intersomatica  o  la  frattura  articolare  con  tutto  il  quadro  clinico  consequenziale  che  può  arrivare  al  ghigliottinamento del midollo. 

Alterazioni  dell'allineamento  radiografico  delle  spinose  nelle  proiezioni  AP,  sdoppiamento  del  profilo  delle  apofisi  articolare,  sono  segni  di  allarme  perché  possono mascherare una frattura del peduncolo più frattura della lamina la cosiddetta 

"pillar  fracture"  il  cui  segno  radiografico  caratteristico  è  l'orizzontalizzazione  radiografica del massiccio articolare. 

Le  lesioni  traumatiche  del  rachide  cervicale  nei  suoi  due  segmenti  morfologici  (superiore  Cl  ‐  C2;  inferiore  C3  ‐  C7)  e  nelle  sue  due  unità  funzionali  (la  colonna..anteriore rappresentata dal corpo, dai dischi, dai due ligamenti longitudinali; 

la  colonna  posteriore  rappresentata  dagli  archi,  dai  massicci  articolari,  dai  ligamenti  gialli  e  dalle  capsule  articolari)  rappresentano  un  capitolo  di  notevole  interesse  traumatologico sia per il corredo sintomatologico che le accompagna ma soprattutto  per l'instabilità cervicale che ne può derivare. 

La  morfologia  somatica  cervicale  e  la  funzione  di  questo  segmento  rachideo  condizionano,  proporzionalmente  all'incidenza  della  vis  traumatica,  alle  variazioni  vettoriali  e  alle  variabili  biologiche,  la  tipologia  lesionale,  patologia  traumatica  che  esige  diagnosi  corretta  ed  immediata,  indicazione  adeguata  incruenta  o  cruenta  di  specifica competenza ortopedica. 

A  noi  in  questa  sede  interessa  conoscere  se  vi  sono  criteri  strumentali  radiografici  per  evidenziare  le  lesioni  delle  parti  molli  cervi  cali  (muscoli,  ligamenti,  capsule), di distacchi osteocondrali dei piatti cartilaginei, delle fissurazioni dell'anello  fibroso: soprattutto  nelle  prime  fasi  post  traumatiche  ed  anche  a  distanza  di  tempo,  idonei a convalidare la realtà clinica di una semplice contrattura, di una cervicalgia, di  una limitazione funzionale attiva. 

Essendo  il  disco  e  l'anello  fibroso  aderente  al  piatto  cartilagineo  insensibili  perché  non  innervati,  i  segni  clinici  immediati  possono  mancare  e  comparire  tardivamente  quando  il  processo  flogistico  riparativo  coinvolge  il  ligamento  longitudinale posteriore e quindi il nervo di Luschka, intervallo libero che può essere 

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contestato da chi non ne conosce l'estrinsecazione patogenetica. 

Nelle  lesioni  traumatiche  cervicali  ora  descritte  la  prova  del  danno  è  agevole  perché si tratta di macro‐lesioni. 

Ma  in  tema  di  microlesioni  l'accertamento  del  danno  è  estremamente  delicato perché si tratta di accertarne l'esistenza quando in realtà esistono solo labili  tracce. 

Il problema nel caso di lesioni lievi e soprattutto in tema di microlesioni è il loro  accertamento. 

"La  Medicina  Legale  dubita  del  carattere  irreversibile  delle  micro  invalidità  in  quanto la soggettività è molte volte destinata ad esaurirsi in un lasso di tempo più o  meno breve. 

La  miglior  giurisprudenza  sensibile  ad  una  giustizia  più  calibrata,  ha  sempre  cercato  di  contenere  il  fenomeno  delle  micro‐permanenti  e  più  specificatamente  quello conseguente al 'colpo di frusta' cervicale". 

Pertanto in tema di micro‐lesioni non è sufficiente provare il nesso di causa tra  evento e danno, tra danno e lesioni e tra lesioni e postumi ma bisogna desumere che  ne  sia  derivata  una  sicura  compromissione  peggiorativa  dell'esistenza  del  sinistrato; 

accertamento  estremamente  delicato  soprattutto  quando  i  sintomi  sono  solo  ed  esclusivamente soggettivi ma però reali. 

E'  stato  sostenuto  che  quando  le  lesioni  refertate  al  Pronto  Soccorso  Ospedaliero  sono  lievi,  come  per  esempio  contusioni  od  ecchimosi,  deve  ritenersi  provato ex articolo 115 (fatto notorio), che da quelle lesioni non sono derivati postumi  permanenti. 

Per  quanto  attiene  alle  contusioni  con  ecchimosi  voglio  ricordare  che  la  contusione  è  costituita  da  lesioni  delle  parti  molli  sottocutanee  determinata  dall'azione  traumatizzante  di  un  corpo  contundente  senza  che  vi  sia  stata  discontinuità alcuna del rivestimento cutaneo. I vasi sottocutanei si possono rompere  con  produzione  di  stravaso  sanguigno  che  infiltra  i  tessuti  e  se  cospicuo  e  ben  circoscritto può formare l'ematoma e se lo stravaso si fa strada sottocute può produrre  l'ecchimosi per cui la pelle è cosparsa di chiazze rossastre di varia forma ed estensione. 

Nelle  contusioni  di  l°  le  lesioni  sono  limitate  ai  capillari  ed  al  connettivo  lasso.  nelle  contusioni di 2° le lesioni vasai i sono più estese con coinvolgimento anche muscolare,  nelle  contusioni  di  3°  le  lesioni  sono  ancora  più  estese  fino  a  comportare  necrosi  muscolare. Pertanto nelle contusioni di 3° cade il criterio di presunzione semplice nel  significato attribuitogli dall'articolo 115. 

Viene ritenuto che "la dizione micropermanente ha ragione di essere solo in caso  di  compromissione  anatomo‐funzionale  ben  documentata  per  cui  l'invalidità  permanente  ha  un'area  semantica  precisa:  designa  quella  riduzione  della  integrità  e  dell'efficienza  psico‐fisica  dell'individuo  che  sia  definitiva  ed  irremissibile  e  che  limiti  oggettivamente  le  funzioni  vitali  del  soggetto  impedendogli  di  condurre  l'esistenza  che altrimenti avrebbe condotto ". 

Qualora il sinistrato è in grado di riprendere le proprie attività comprese quelle  ludistiche  ricreative  o  connesse  con  la  vita  di  relazione,  in  base  a  criteri  etici  e  clinici  non  si  dovrebbero  giustificare  postumi  permanenti.  Il  paziente  può  considerarsi  guarito  solo  quando  è  stata  ripristinata  la  funzione  statica  e  motoria  cervicale  ed  il  meccanismo  di  controllo  posturale  del  capo.  Vi  sono  comunque  quadri  clinici  conseguenti  a  sollecitazioni  cervicali  non  imponenti  ma  reali  dominati  solo  da  riferimenti  soggettivi  (cefalea,  vertigini,  brachialgie,  acufeni,  ecc.)  senza  riferimenti 

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clinici  obiettivi  né  strumentali,  sintomi  conseguenti  a  “lesioni  sine  materia”  non  supportati  da  un  corrispettivo  somatico,  nel  qual  caso  mancando  gli  elementi  oggettivi  per  una  scientifica  individuazione  del  nesso  causale  può  far  sorgere  il  sospetto della simulazione. 

In  questi  casi  di  "lesioni  sine  materia",  il  riconoscimento  del  danno  può  essere  accertato  solo  mediante  la  conoscenza  delle  correlazione  etio‐  patogenetiche  tra  lesioni  e  manifestazioni  cliniche  soggettive  quando  beninteso  sia  stato  provato  ed  accertato  il  nesso  causale  tra  evento  e  danno.  Solo  in  caso  di  inesistenza  di  danni  ai  mezzi fa sorgere la presunzione semplice di inefficacia lesiva dell'urto. 

  

Il simpatico cervicale 

Sintomi  soggettivi  difficili  da  interpretare  e  da  documentare  e  quindi  i  meno  credibili in tema di "colpo di frusta" cervicale sono quelli connessi al coinvolgimento  del simpatico cervicale che può prodursi: 

‐per stimolazione della catena ganglionale e dei rami che da essa emanano. 

‐per stimolazione di elementi sensitivi di Cl‐C2. 

‐per  stimolazione  delle  fibre  simpatiche  ricorrenti  che  accompagnano  le  radici  attraverso il foro di coniugazione in caso di compressione intraforaminale (ricordo che  in  C5  decorrono  fibre  simpatiche  destinate  al  plesso  carotideo;  in  C6  fibre  che  raggiungono  l'arteria  succlavia  e  il  plesso  ascellare;  in  C7  fibre  che  confluiscono  ai  plessi cardiaci. aortico, frenico ‐ R. Cailliet). 

‐per compressione della arteria vertebrale. 

‐per abnormi sollecitazioni delle vene basilari. 

L'irritazione  simpatica  può  prodursi  lungo  o  nell'ambito  del  canale  di  coniugazione o in aree extravertebrali. 

Il  simpatico  cervicale  inoltre  gioca  un  ruolo  non  trascurabile  nel  provocare  brachialgie di origine radicolare che possono risolversi con il blocco anestetico. 

Frequenti  manifestazioni  cliniche  riferibili  a  irritazione  del  simpatico  cervicale  sono:  acufeni  occasionalmente  accompagnati  da  ipoacusia.  instabilità  o  vertigini  posturali (disturbi dell'orecchio), annebbiamenti di vista, dolori retro bulbari, midriasi  monoculare  che  compare  durante  la  rotazione  consensuale  del  capo  (disturbi  dell'occhio).  Altri  disturbi  di  origine  simpatica  sono:  ipostenia  corneale,  miosi,  rinorrea, sudorazione, lacrimazione, fotofobia (R. Cailliet). 

Hinoki e Niki nella loro pubblicazione apparsa in Acta Otorinolaryngoiatrica del  1975  (Neurological  studies  on  the  role  of  the  sympathetic  nervous  system  in  the  formation  of  traumatic  vertigo  of  cervical  origin)  hanno  descritto  una  sindrome  simpatosica riferita con vertigini, nausea, cefalea, acufeni, scotomi, calo mnemonico,  disorientamento,  disturbi  interpretati  come  irritazione  del  simpatico  cervicale.  Gli  autori  hanno  dimostrato  mediante  studi  sperimentali  su  animali  e  sull'uomo  con  precedenti  traumatismi  relativi  ai  rapporti  tra  le  strutture  muscolari  del  collo  e  l'apparato vestibolare l'importanza dell'innervazione simpatica di tali muscoli. Questi  autori hanno evidenziato fibre neuro vegetative nel perimisio dei fasci muscolari che  contengono  vescicole  con  granuli  che  appaiono  solo  in  caso  di  traumi  e  fenomeni  irritativi.  Ipotizzano  la  possibilità  di  una  iper‐eccitazione  limitata  nel  tempo  del  sistema simpatico cervicale con conseguente iperattività dei propriocettori muscolari  del collo. 

Purtroppo una verifica delle manifestazioni derivanti da irritazione del simpatico  cervicale non è possibile in quanto gran parte di esse sono puramente soggettive. 

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La cefalea 

Un altro sintomo soggettivo spesso difficile da analizzare e che può essere poco  credibile, è la céfalea presente comunque in altissima percentuale nel "colpo di frusta". 

Ricordo  che  la  IHD  acronimo  inglese  di  lnternational  Headache  Society  ha  classificato le cefalee cervicogeniche non collegabili a patologie note in:  

‐acute  di  tipo  emicranico  o  tensivo  non  correlate  con  la  gravità  del  trauma  né  con l'evidenza di danno cerebrale all'indagine neurologica. 

‐forme con intervallo libero che insorgono dopo settimane, 

‐tardive o croniche oltre due mesi dal trauma. 

Vi sono cefalee a patogenesi non traumatica e non cervicogenica: 

a) cefalee otogene di natura infiammatoria dell'orecchio interno, 

b) cefalee da affezioni dell' ATM. Costen descrisse nel 1956 una sindrome che  porta il suo nome caratterizzata da cefalea, cervic.algia, perdita udito. ronzii, capogiri,  dolori alla pressione sulla ATM, manifestazioni conseguenti a disturbi funzionali della  ATM a causa di un suo sovraccarico di qualsiasi natura (muscolare, difetto occlusale),  sindrome  che  va  differenziata  dalla  PDS  acronimo  inglese  di  Pain‐Dysfunction‐

Syndrom,  sindrome  caratterizzata  da  un  corteo  sintomatologico  a  carico  dell'apparato stomatognatico consistente in dolori auricolari con irradiazioni cervicali  e  craniche,  dolori  ai  muscoli  masticatori,  in  rumori  di  scroscio  articolare  alle  ATM  e  limitazione funzionale. L'apparato stomatognatico è un sistema basato sulla integrità  funzionale  dell'articolato  dentario,  delle  ATM  e  dei  muscoli  deputati  all'attività  masticatoria. Un insulto applicato ad una qualsiasi di queste componenti provoca una  PDS.  Lesioni  di  natura  traumatica  derivanti  da  eventi  infortunistici  o  da  atti  illeciti  sanzionabili  penalmente  e  civilmente  possono  comportare  la  perdita  di  uno  o  più  elementi dentali con successiva modificazione dei rapporti occlusali. Modificazioni dei  rapporti  occlusali  possono  derivare  da  edentulia  o  da  cause  iatrogene  e  quindi  non  traumatiche.  Risentimenti  della  ATM  possono  derivare  da  violente  sollecitazioni  in  iper‐estensione del capo in occasione di incidenti stradali da cui il cosiddetto “colpo di  frusta  mandibolare”  prodotto  dalla  eccessiva  apertura  della  bocca  con  disolcazione  anteriore dei condili mandibolari. 

La  diagnosi  di  PDS  può  essere  posta  sul  quadro  clinico  ma  richiede  l'ausilio  di  metodiche  strumentali  alcune  caratterizzate  da  notevole  livello  di  sofisticazione.  La  programmazione  dell'iter  diagnostico  può  non  competere  al  medico  legale  perché  richiede competenze specialistiche specifiche odontostomatologiche, neurologiche e  strumentali  per  cui  talvolta  la  definizione  giuridica  del  caso  e  le  attribuzioni  dei  ruoli  possono a volte risultare assai delicate. 

c) Cefalee da disturbi oculari o oftalmogene. Tutte le affezioni oculari possono  essere  accompagnate  da  mal  di  testa.  Una  disregolazione  dei  muscoli  oculo‐motori  indotta (ton l'applicazione di prismi) può produrre contrazione dei muscoli del capo e  della  nuca  fino  alla  regione  dei  trapezi  per  cui  alterazioni  oculari  possono  causare  contrattura cervicale, 

d)  cefalea  da  arterite  temporale  descritta  da  Horton  ne1  1932.  Segni  clinici  caratteristici:  dolori  alla  pressione  sull'arteria  temporale.  Possibile  associazione  di  arterite retinica. 

Vi  sono  casi  nei  quali  l'origine  cervicale  è  indubbia  ma  a  patogenesi  non  traumatica  come  per  esempio  le  cefalee  da  spondilo‐artrosi  con  le  conseguenti  alterazioni  funzionali,  da  mio‐tenositi,  da  alterazioni  primarie  dell'arteria  vertebrale 

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(Krayenbuhl  ‐  Yasargil  1957),  della  carotide  e  dei  nervi  che  l'accompagnano  (vago  ‐  simpatico), da stasi venosa endocanalare (Clemens 1965). 

Bartschi  (1949)  ha  prospettato  la  possibilità  che  molte  cefalee  siano  di  origine  cervicale. Vi sono infatti cefalee cervicogeniche da “colpo di frusta”  e quindi post‐

traumatiche già descritte da Degradi nel 1965 e definite da Vijayan e Dreyfuss nel 1975 

"post‐traumatic  dysanthonomic  cephalgia"  che  hanno  riscontro  patogenetico  nell'alterato  metabolismo  muscolare  da  prolungata  tensione  o  a  spasmo  muscolare  sostenuto  da  persistente  stimolazione  nocicettiva,  in  questi  casi  si,  riscontra  rigidità  cervicale  e  rettilineizzazione  radiografica,  ogni  movimento  rapido  e  di  una  certa  ampiezza peggiora la cefalea. 

Vi  sono  poi  i  casi  nei  quali  l'origine  cervicale  è  applicata  un  po'  troppo  facilmente. Il restringimento dei "foramina intervertebralia" conseguente ad esostosi  dei  processi  uncinati,  non  basta  da  solo  a  dimostrare  una  genesi  cervicale  della  cefalea. 

Le  cefalee  da  “colpo  di  frusta"  rimangono  un  quadro  clinico  polimorfo  meritevole  comunque  di  ulteriori  studi  clinici  adatti  a  caratterizzarne  gli  aspetti  nosografici. 

  

La sindrome vertiginosa 

Altro elemento clinico costantemente presente nel "colpo di frusta" cervicale è la  sindrome  vertiginosa  che  può  comparire  nell'immediato  periodo  post  traumatico  o  anche  a  distanza  di  tempo  e  manifestarsi  come  sensazione  di  testa  vuota  e  di  disorientamento oppure di tipo rotatorio. 

n  mantenimento  dell'equilibrio  è  ottenuto  attraverso  l'elaborazione  di  imput  sensoriali  retinici,  vestibolari,  propriocettivi  (del  rachide  cervicale).  Il  RVO  (riflesso  vestibolo  oculo‐motore)  è  stabilizzatore  del  campo  visivo.  Il  RVS  (riflesso  vestibolo  spinale) coordina l'attività anti‐gravitaria della muscolatura assiale e degli arti. 

Il  "colpo  di  frusta"  cervicale  può  determinare  effetti  lesivi  sul  sistema  dell'equilibrio attraverso un danno isolato o combinato a carico: 

a)  del  sistema  propriocettivo  cervicale  attraverso  una  ipereccitazione  delle  fibre  nervose  e  simpatiche  collegate  ai  13  recettori  dei  muscoli  erettori  del  collo.  La  base  patogenetica  per  comprendere  come  si  verifica  la  vertigine  dopo  il  "colpo  di  frusta"  sono  le  connessioni  tra  il  sistema  vestibolare  ed  il  sistema  propriocettivo  cervicale. Uno stiramento muscolare con lesioni miofibrillari, edema, microemorragie,  provoca  reazione  riparativa  che  può  risolversi  in  tempi  brevi,  ma  quando  sono  coinvolte  zone  algogene  con  presenza  di  13  recettori,  la  sintomatologia  dolorosa  si  può  prolungare  anche  se  manca  contrattura  muscolare  oppure  manifestarsi  in  secondo tempo; in questi casi è difficile oggettivare la sede lesionale. 

Vi sono tests strumentali per valutare l'origine cervicale delle vertigini? 

b)  del  sistema  vestibolare  periferico  (vertigine  otolitica,  traumatica,  da  scuotimento  dell'orecchio  interno,  oppure  danno  labirintico  conseguente  a  lesione  traumatica o compressiva dell'arteria vertebrale). 

Nel "colpo di frusta" cervicale è possibile che si produca un distacco di otoconi ed  è stato calcolato che in un tamponamento che avviene alla velocità di 15 Km/h (Nuti e  coll. ‐ Siena) si sviluppa a livello della testa degli occupanti l'auto tamponata una forza  di accelerazione di 5 g nei primi 250 msc dell'impatto. Una certa quantità di cristalli di  Ca può distaccarsi dalla membrana otolitica per un meccanismo inerziale conseguente  alla rapida iperestensione posteriore della testa. 

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Vi  sono  tests  affidabili  per  stabilire  la  realtà  clinica  di  una  vertigine  otolitica  traumatica? 

c)  delle  strutture  vestibolari  centrali.  La  lesione  di  queste  strutture  può  verificarsi  attraverso  lesioni  dei  vasi  cerebro‐afferenti  ma  anche  dopo  trauma  commotivo della regione del tronco e del midollo o lesioni conseguente a stiramento  delle  strutture  neurali.  Queste  strutture  vestibolari  centrali,  nucleari  e  reticolari  del  tronco  encefalico  contribuiscono,  con  il  cervelletto,  alla  integrazione  del  segnale  proveniente dalle afferenze periferiche per il mantenimento dell'equilibrio sia statico  che dinamico. Anche se un gran numero di casi clinici e dati sperimentali depongono a  favore di una stretta correlazione funzionale tra collo e sistema vestibolare, (centrale e  periferico), la valutazione diagnostica della vertigine e della instabilità vertebrale dopo  il  "colpo  di  frusta"  risulta  ancora  estremamente  controversa  perché  mancano  tests  validi clinici elettro‐oculografici e posturografici in grado di valutare l'origine cervicale  della sintomatologia vertiginosa.  

La  posturografia  consente  di  obiettivare  le  alterazioni  postulari  conseguenti  a 

"colpo di frusta" e se da un lato consente di scoprire furbe del RVS (riflesso vestibolo  spinale)  anche  quando  il  RVO  (riflesso  vestibolo  oculo‐motore)  appare  del  tutto  compensato, può evidenziare atteggiamenti di simulazione attraverso alcune funzioni  di inter‐correlazione tra i due piani di oscillazione? 

Indagini  elettroneurofisiologiche,  oto‐neurologiche,  eco‐sonografiche  possono  oggettivare  sintomi  algo‐parestesici  cervico‐brachiali,  cefalgici  e  vertiginosi  neurovegetativi? 

Com'è  possibile  che  il  sistema  sensoriale  possa  produrre  uno  squilibrio  del  sistema vestibolare? 

  

Le simulazioni 

In  definitiva  la  valutazione  oggettiva  di  molti  sintomi  soggettivi  nel  "colpo  di  frusta"  cervicale  senza  lesioni  anatomiche  eclatanti  nella  diagnostica  per  immagini è  spesso delicata, complessa e difficile, presuppone non solo padronanza nella specifica  disciplina  coinvolta  nel  percorso  patogenetico  per  la  scoperta  della  noxa  mentre  i 

"barèmes" valutativi esigono quasi sempre un approccio pluridisciplinare. 

Quando  i  sintomi  soggettivi  vengono  riferiti  in  maniera  poco  precisa,  poco  circostanziata,  eccessivamente  drammatica  e  non  risultano  conformi  a  condizioni  o  situazioni  cliniche  conosciute,  pongono  il  sospetto  della  simulazione  ed  emerge  la  necessità che se ne debba contestare la veridicità. 

Vi  sono  accertamenti  strumentali  specialistici  in  grado  di  evidenziare  atteggiamenti di simulazione? 

La vera simulazione obiettivata a produrre vantaggi economici va però distinta  da  comportamenti  simulatori  che  per  specifiche  caratteristiche  denunciano  una  natura psico‐patologica e dalla sinistrosi che è rivendicazione di risarcimenti in seguito  a traumi per danni inesistenti o sproporzionati alla reale entità dell'evento, che porta il  soggetto alla creazione di sintomi ed alla loro esagerazione. 

"Comportamenti  di  tipo  cognito‐emozionale  si  possono  intrecciare  con  fattori  più propriamente organici ed appare difficile in questi casi determinare le complesse  interazioni che ne derivano. Particolare rilevanza la personalità morbosa del soggetto  per quanto attiene la durata dei sintomi, anche questa di non facile oggettivazione". 

(B. Blasi ed Alii. Congresso Parma 1997). 

Vi  sono  poi  disturbi  psichiatrici  o  psicologici,  sostengono  ancora  B.  Blasi  ‐  C. 

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Marzona ‐T. Sartori della scuola di Pavia che "nulla hanno a che fare con la simulazione  e  che  per  cause  indipendenti  dallo  scopo  di  guadagno  intervengono  sulla  base  di  personalità  predisposte  nella  produzione  di  sintomi  non  intenzionali  in  occasione  di  traumi  con  disturbi  ipocondriaci,  somatoformi,  psicosomatici,  disturbi  algici,  deviazioni  queste  tutte  di  specifica  competenza  dello  psichiatra  che  potrà  fornire  elementi  di  valutazione  differenziale,  spesso  sufficienti  e  validi  per  dirimere  i  dubbi  sulla  simulazione  anche  se  talvolta  risulta  impossibile  smascherarla  da  parte  di  psichiatri‐forensi  di  chiara  fama,  quando  i  sintomi  vengono  riferiti  in  maniera  incontestabile e con manifestazioni cliniche in accordo con la semeiotica per cui può  risultare impossibile dimostrare l'inesistenza di una sindrome soggettiva". 

La  DSM  III  R  (Manuale  diagnostico  e  statistico  dei  disturbi  mentali)  individua  cinque categorie diagnostiche nelle quali far rientrare le sequele di un trauma cranico: 

disturbi  post‐traumatici  da  stress;  disturbi  somatoformi;  disturbi  fittizi;  simulazioni; 

disturbi mentali organici. 

"Nella  simulazione  in  esiti  di  "colpo  di  frusta"  cervicale  sono  compresi  sintomi  fisici  o  psicologici  falsi  o  grossolanamente  esagerati,  aspetti  simulatori  che  possono  essere  collegati  a  disturbi  della  personalità  o  a  malattie  mentali,  anche  questo,  compito assai delicato, e di specifica competenza specialistica". 

"Far permanere in un soggetto, scrivono Blasi e collaboratori, che è stato vittima  di  un  incidente  il  sentimento  di  una  ingiustizia  subita,  può  far  correre  il  rischio  di  generare  atteggiamenti  rivendicativi  con  produzione  o  fissazione  di  sintomi  che  in  determinati  casi  un  congruo  indennizzo  di  orale  non  patrimoniale  legato  alle  sofferenze  Soggettive,  ne  questa  che  non  compete  al  medico  legale),  può  essere  molto  :l.bile  in  termini  di  giustizia  quando  ve  ne  è  l'indicazione,  piuttosto  'ere  alla  finzione  di  ridicole  valutazioni  percentuali  di  incerti  o  i  danni  biologici  o  derivanti  da  disturbi psichici successivamente strutturatisi in seguito a una cattiva gestione medico  legale del caso". 

  

CONCLUSIONI  

Il “colpo di frusta" cervicale nel significato attribuitogli di evento dinamico, è una  sollecitazione traumatica da non sottovalutare talvolta di notevole serietà clinica che  può coinvolgere strutture assai delicate: dalla semplice me che non supera la soglia di  tollerabilità fisiologica delle parti coinvolte fino allo stiramento del midollo, passando  attraverso a tutta e di patologie intermedie, in gran parte dei casi individuabili quando  se ne conoscano le correlazioni etiopatogenetiche. 

Nel caso di micro‐lesioni cervicali il giudizio del rapporto causa‐effetto ha spesso  natura  semplicemente  probabilistica,  mai  di  certezza,  sicché  si  impone  un  attento  esame di tutte le circostanze del caso concreto, onde stabilire se il grado di probabilità  appare sufficientemente elevato da permettere di considerare il nésso causale come  provato  e  pertanto  nel  compiere  l'esame  sopraindicato  il  primo  e  più  importante  elemento  da  prendere  in  considerazione  è  costituito  dalla  violenza  del  fattore  traumatico". 

Per  un  corretto  inquadramento  della  patologia  cervicale  post‐traumatica  da 

“colpo  di  frusta"  sono  ancora  necessari  studi  statistici  e  casistici  estesi  nei  diversi  momenti: primo periodo post‐traumatico e dopo più di sei mesi, così da poter fornire  fondamenti  di  scientificità  ad  una  valutazione  medico‐legale  che  in  questo  settore,  soprattutto in tema di microlesioni è oggi ancora spesso soggettiva. 

Importanti  i  modelli  tecnico  sperimentali  intesi  a  stabilire  la  soglia  minima 

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distorsiva  produttiva  di  lesione  che  però  a  volte  risultano  troppo  rigidi  e  ematici  rispetto alla variabilità delle situazioni in cui si viene a trovare il rachide cervicale. 

W.  Brondolo  e  A.  Farneti  a  proposito  delle  micro‐permanenti  ritengono  che  l'argomento non può esaurirsi in una sommaria elencazione dei più frequenti problemi  che  lo  caratterizzano,  ma  che  andrebbe  approfondito  con  studi  di  casistici  estesi  nel  tempo così da fornire elementi di scientificità ad una valutazione medico‐legale che in  questo specifico settore è ancora troppo spesso superficiale. 

Numerosi  sono  gli  studi  clinici  ed  i  tests  strumentali  di  riferimento  per  la  valutazione dei postumi del "colpo di frusta" molti dei quali però eseguiti non su larga  scala. 

F.  Antonacci  e  collaboratori  della  clinica  di  Pavia  (Atti  del  convegno  di  Parma  17.3.97: Distorsione del rachide cervicale, aspetti clinico‐strumentali) hanno impiegato  metodiche  strumentali  mediante  analisi  cinematiche  computerizzate  del  rachide  cervicale con marcatori posizionati sul capo, sulle spalle e sul dorso e valutazioni delle  disabilità,  dello  stato  di  salute  e  della  cefalea  con  risposte  a  domande  presentate  su  appositi questionari studiando 39 pazienti. 

Da questi studi non sono emersi fattori responsabili nella prognosi del colpo di  frusta  a  differenza  degli  studi  di  Sturzenegger  et  Alii  (Neurology  1994)  che  hanno  invece  rilevato  una  correlazione  tra  tipo  di  collisione  e  la  sintomatologia  e  che  certi  fattori (mancata previsione, tamponamento posteriore con o senza impatto frontale,  posizione  inclinata  o  ruotata  della  testa)  si  correlavano  ad  una  prognosi  peggiore. 

Petterson  et  coll.  (Acta  Orthopaedica  Scandinava  1994)  al  follow‐up  a  due  anni  dal  trauma  hanno  riscontrato  che  il  43%  dei  casi  esaminati  continuava  a  presentare  disturbi  maggiori  che  interferivano  con  la  capacità  lavorativa,  il  42%  erano  guariti,  il  15% presentava lievi disagi. 

Nello  studio  di  Antonacci  i15%  dei  pazienti  presentava  segni  neurologici  ed  il  23,7% era ancora sintomatico a sei mesi dal trauma. 

Altre statistiche evidenziano dati epidemiologici differenti e contrastanti. Bonelli  e  collaboratori  della  clinica  di  Firenze  (Atti  del  convegno  di  Parma  1997:  Test  strumentali  per  la  valutazione  del  "colpo  di  frusta")  hanno  condotto  indagini  cinematiche  delle  escursioni  angolari  sui  tre  piani  dello  spazio  ottenute  con  sistema  computerizzato televisivo (ELITE) fornito di quattro telecamere e misurazioni angolari  in flesso‐estensione con indagini radiografiche con metodo Penning. 

Un  gruppo  di  lavoro  canadese  denominatosi  Quebec  Task  Force  on  Whiplash  Associated Disorders in sigla WAD ha elaborato ed adottato un protocollo diagnostico  standardizzato  costruito  attraverso  l'elaborazione  di  ampi  ed  estesi  dati  clinico  statistici  e  che  può  essere  considerato  un  punto  di  riferimento  per  una  corretta  criteriologia  valutativa  medico‐legale,  studio  meritevole  di  attenzione,  come  pure  i  dati statistici forniti dalla Scuola di Goteborg. 

B.P.  Radanov  ed  Alii  hanno  eseguito  valutazioni  cliniche  delle  alterazioni  somatiche, radiografiche e psico‐sociali con follow‐up di due anni e Sturzenegger ed  Alii controlli a lungo termine. 

Studi  statistici  certamente  importanti  e  incoraggianti  perché  evidenziano  la  grande  utilità  dei  tests  clinici  e  strumentali  necessari  per  una  coerente  e  corretta  qualificazione  del  quadro  clinico  e  della  quantificazione  dei  postumi  ma  che  necessitano  di  ulteriori  indagini  perché  esigua  l'attuale  banca  dati  di  riferimento  e  sempre sfuggente la materia. 

In definitiva perché si produca nel sintagma "colpo di frusta" cervicale una soglia 

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di lesività significativa è necessario la prova concreta dell'evento traumatico e che la  sollecitazione  trasmessa  sul  rachide  cervicale  sia  idonea  a  superare  la  soglia  di  tollerabilità  fisiologica  da  parte  dei  tessuti  molli  coinvolti,  tollerabilità  non  sempre  uguale  in  tutti  gli  individui  in  riferimento  all'età,  alle  variabili  biologiche  ed  extrabiologiche  presenti  al  momento  del  sinistro.  Talvolta  si  riscontra  "difficoltà  non  lieve  di  riprodurre  in  scala  leggibile  una  condizione  minorativa  soprattutto  se  minuscola come pure individuare la soglia minima di sollecitazione valida a provocare  la minima condizione minorativa plausibile di ricondurla al nesso causale". 

M.  Barni  sostiene  che  "lo  strumento  tecnico  consacrato  alla  ricerca  del  nesso  causale  deve  essere  corrispondente  ad  una  metodologia  che  privilegia  il  dato  scientifico che esalta la ricchezza degli elementi oggettivi mediante: 

‐la rilevanza dei dati e cioè delle prove attinenti, 

‐la  documentazione  scientifica  del  risultato  lesivo  e  delle  dinamiche  evolutive  (criterio patogenetico), 

‐tendere alla certezza scientifica nelle attribuzioni dei ruoli causali". 

Al  Pronto  Soccorso  Ospedaliero  i  limitati  tempi  di  indagine  diagnostica  e  nei  casi  dubbi  l'impossibile  ricorso  a  indagini  strumentali  non  sempre  disponibili  soprattutto  se  sofisticate,  può  impedire  una  corretta  valutazione  iniziale  dei  sintomi  lamentati  e  quindi  delle  lesioni.  La  diagnosi  formulata  al  Pronto  Soccorso  dovrebbe  avere il requisito di una se non assoluta almeno corretta obiettività e quando vengono  escluse lesioni serie, quando non si può documentare la realtà clinica della distorsione  nella quale sono implicite lesioni ligamentose, soprattutto se il riscontro radiografico è  dubbio  e  non  dimostra  inversione  della  curva,  è  consigliabile  e  prudente  mantenersi  nella generica diagnosi di "colpo di frusta" cervicale e cioè di evento dinamico e inviare  il  sinistrato  al  curante  per  i  successivi  indispensabili  controlli,  compito questo  che ha  un  duplice  obiettivo:  quello  di  curare  per  guarire  ma  anche  di  fornire  elementi  di  valutazione  obiettiva  dei  sintomi  lamentati  e  quindi  della  continuità  fenomenica  per  un corretto svolgimento del suo ruolo di medico. 

Il medico curante può certificare solo ciò che rileva in "corpore" ma non  sintomi soggettivi non accertabili semeiologicamente. 

Per  quanto  attiene  al  collare  ortopedico  che  viene  sempre  e  comunque  applicato  al  Pronto  Soccorso  ricordo  che  la  sua  indicazione  è  in  rapporto  alla  entità  della sollecitazione subita e delle lesioni riscontrate. 

Il collare evita sollecitazioni dolorose dei muscoli coinvolti riducendo la reazione  infiammatoria  e  l'edema;  scarica  il  rachide  dal  peso  del  cranio,  diminuisce  l'attività  della  muscolatura  posturale  e  l'intensità  della  contrattura  antalgica;  consente  il  corretto  allineamento  delle  strutture  scheletriche  ai  fini  della  riparazione  delle  componenti capsulo‐ligamentose coinvolte. 

Deve risultare tanto più protettivo quanto più intensa è stata la sollecitazione. In  casi di lesioni capsulo‐ligamentose importanti va applicato il MIAMI o la MINERVA in  attesa delle indagini strumentali. Nelle semplici distrazioni va tenuto per brevi periodi  altrimenti  può  provocare  retrazione  dei  muscoli  contratti,  ispessimento  dei  tessuti  capsulari e periarticolari, atrofie muscolari. 

Le  certificazioni  sanitarie  dei  curanti  saranno  valutate  con  occhio  critico  dal  medico  legale,  unico  con  ruolo  inquirente  se  legittimato  dalla  ricerca  della  verità  soprattutto  quando  la  diagnosi  non  è  circostanziata  o  quando  per  esempio  la  certificazione di malattia (e quindi il periodo di riposo prescritto) non risulta conforme  al significato clinico e anche giuridico del termine.  

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I  fiduciari  delle  compagnie  di  assicurazioni  non  devono  adattarsi  in  atteggiamenti  preordinati  di  negazione  della  sintomatologia  dichiarata  dal  paziente,  che  in  molte  occasioni  viene  visitato  in  brevissimo  tempo,  talvolta  senza  essere  guardato,  dimostrando  palesemente  atteggiamenti  di  insofferenza  e  di  poca  credibilità  dei  sintomi  riferiti,  ma  utilizzare  ogni  supporto  clinico  semeiologico  e  se  possibile  tecnologico,  come  insegna  il  nostro  codice  deontologico  all'art.  18,  avvalendosi eventualmente della collaborazione di specialisti della disciplina coinvolta  evitando strumentalizzazioni o speculazioni. 

Il  CTU  non  segue  una  corretta  procedura  gnosologica  quando  utilizza  esclusivamente quanto è dichiarato dal periziato senza alcun riscontro oggettivo; "le  dichiarazioni  vanno  verificate  scientificamente,  controllate  obiettivamente  quando  è  possibile,  giustificate  medico‐legalmente  con  riferimenti  eventualmente  a  tests  attendibili e circostanziati ". 

Viene  sostenuto  che  l'unico  strumento  di  contenimento  del  fenomeno  delle  micro‐permanenti consiste nel considerare, per manifestazioni cliniche soggettive ed  obiettive modeste, percentuali di danno biologico permanente di modeste dimensioni  e  cioè  micro  liquidazioni  di  1  o  2  punti  percentuali,  prassi  valutativa  certamente  di  comodo che raramente pone in dubbio la soggettività e quindi semplice "escamotage" 

per accontentare un po' tutti o lapalissiana conferma che in tema di micro‐permanenti  non esiste ancora giustizia risarcitoria? 

Ove  non  si  riscontrino  limitazioni  funzionali  apprezzabili  e  soprattutto  quando  manca  la  prova  concreta  dell'evento  dinamico  e  cioè  della  causa  adeguata,  non  possono  configurarsi  neppure  riconoscimenti  di  micro‐permanenti  per  inidoneità  ad  influire  apprezzabilmente  sulla  riduzione  della  integrità  psico‐fisica  del  soggetto,  evento questo che sembra allo stato attuale ancora scarsamente incidente. 

Ritengo pertanto che le sollecitazioni cervicali conseguenti al sintagma “colpo di  frusta"  o  a  dinamiche  diverse  si  possano  estrinsecare  con  lesioni  e  quindi  con  manifestazioni  cliniche  le  più  svariate,  dalle  semplici  distrazioni  muscolari  o  ligamentose  fino  al  coinvolgimento  midollare,  per  cui  si  impone  in  primo  luogo  il  problema  metodologico  della  definizione  dei  sintomi  e  dell'accreditamento  delle  conseguenze  che  possono  essere  transitorie  o  permanenti,  di  interesse  non  solo  assicurativo,  medico‐legale  o  legale  ma  anche  clinico  il  cui  obiettivo  principe  è  di  curare  per  guarire  ove  è  possibile,  sia  pure  nella  complessa  e  diversificata  patologia  post‐traumatica cervicale da sinistro stradale dove l'evento dinamico, la vis lesiva e le  lesioni rimangono condizionate ai diversi e a volte sofisticati fattori incidenti che tutti  conosciamo e che ci trovano qui riuniti per fare, se possibile, il punto della situazione. 

Spero  vivamente  che  le  contrapposte  posizioni,  una  in  difesa  del  diritto  del  cittadino al giusto risarcimento, l'altra al riconoscimento solo dei veri stati patologici  possano  trovare  intelligente  intesa  attraverso  una  migliore  interpretazione  e  disponibilità  diagnostica  e  di  una  comprensione  da  parte  di  tutti  della  serietà  del  problema mediante l'acquisizione di nozioni tecniche precise e attendibili. 

Ci auguriamo che possa venire presto definita in ambito europeo una scala delle  disabilità  negli  esiti  del  "colpo  di  frusta"  cervicale  basata  su  batterie  di  tests  clinici,  soggettivi, obiettivi, su rilievi strumentali e su risposte a questionari cui far riferimento  per  una  corretta  e  uniforme  valutazione  della  quantificazione  dei  postumi  e  dell'  "an  debeatur". 

   

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Riferimenti

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