IL “COLPO DI FRUSTA”
Dr. Luigi Ricciardi*
Il termine "colpo di frusta" fu introdotto per la prima volta da Harcibald Crowe nel 1928 durante una riunione della Western Orthopaedic Association e più tardi nel 1945 fu Davis che lo utilizzò in una sua pubblicazione nella quale descrisse alcune lesioni del rachide cervicale dopo traumatismo.
"Colpo di frusta" è stato definito sintagma, sostantivo derivante dal greco che vuol dire ordinamento, composizione e cioè un insieme di parole etimologicamente riferibili ad una violenta "sferzata" posteriore del capo, conseguente ad una dinamica traumatica da accelerazione tipica del tamponamento, facile a verificarsi nelle prime autovetture allora sfornite di poggiatesta, ma che non gli corrisponde nella realtà clinica, essendo evento dinamico, preciso significato diagnostico.
Secondo la Quebek Task Force on WAD (1995) si intende per "colpo di frusta" un
"trasferimento di energia con meccanismo di accelerazione‐decelerazione che si sviluppa a carico del collo. Tale evento può verificarsi in seguito ad incidenti stradali con impatto antero‐posteriore o laterale, ma può verificarsi durante tuffi o eventi accidentali. L'impatto che ne risulta può dar luogo a danni alle strutture ossee o ai tessuti molli e pertanto può provocare differenti manifestazioni cliniche".
E' quindi un movimento del rachide cervicale cui possono conseguire alterazioni anatomo patologiche quando per violenza o velocità esso compromette il normale atteggiamento fisiologico delle vertebre cervicali.
Non rappresenta pertanto una entità nosologica in quanto evento dinamico ma che può estrinsecarsi con una serie di patologie delle parti molli cervicali o dello scheletro, notevolmente differenti sia come entità come prognosi, trattamento e reliquati.
E' stata anche enunciata una teoria, come riferisce R. Cailliet nella sua monografia "Neck and arm pain", che considera in termini diversi il meccanismo di produzione delle lesioni cervicali indovato nel movimento del corpo e non del collo. "Il capo si manterrebbe fermo su uno stesso piano orizzontale attraverso l'intera dinamica della reazione all'impatto; il movimento in avanti ed all'indietro del corpo sotto il capo immobile, determinerebbe "un accorciamento" acuto del collo per cui le lesioni conseguirebbero ad un meccanismo di compressione‐avulsione e non di accelerazione‐decelerazione". Teoria confutata da alcuni A.A. con argomenti di ordine matematico e geometrico, quando si sostiene che il capo resta fermo sullo stesso piano orizzontale durante l'intera reazione dell'impatto, in realtà il capo si solleva al di sopra della orizzontale, flettendosi o estendendosi in rapporto alla direzione dell'impatto ed alla fase del trauma ma secondo una dinamica di torsione. Pertanto alla luce di questa sostanziale correzione il meccanismo di produzione delle lesione cervicali nei traumi da accelerazione o decelerazione può essere riconsiderato in questi termini: il collo è compresso e "accorciato"; un collo rilasciato è più vulnerabile, il corpo si sposta sotto il collo in senso orizzontale, il capo si solleva verso l'alto descrivendo un arco torsionale che ha i suoi fulcri a livello C l ‐ C 7.
E' questa meccanica di torsione che provoca lesioni avulsive a carico della regione medio‐cervicale.
Comunque se viene contestato il movimento a frusta del capo sullo stelo
* Primario Ortopedico Traumatologo (fuori ruolo) ‐ Mestre‐
flessibile del collo, rimane il concetto che gli effetti lesivi sono sempre conseguenti a meccanismi di flessione‐estensione sia pure con meccanismo di avulsione.
In crash‐test eseguito nel luglio 1996 in Wildhaus (CH) per conto della Winterthur dalla Organizzazione Dekra Agenzia tecnica operante in Europa che si occupa di sicurezza traffico e veicoli, è stato dimostrato che in auto ferma tamponata da un'auto che procede a 20 km/h il manichino nonostante la cintura ben applicata subisce un movimento ascensionale del tronco che determina nonostante il poggiatesta ben regolato, una proiezione del capo sopra il poggiatesta, vanificandone la funzione protettiva.
Sentiremo su questo specifico argomento il parere dei "tecnici".
Allo stato attuale non siamo a conoscenza di alcuna soluzione matematica che possa spiegare le forze in gioco nella dinamica da tamponamento, vi sono troppe variabili tra cui l'elasticità del collo ed i mutamenti che intervengono nelle masse venute a collisione (come riferisce Cameron citato da Cailliet), per cui la stessa efficacia protettiva della cintura di sicurezza sembra contraddetta sia dalle teorie che si rifanno allo spostamento del corpo sia a quelle che tengono in massimo conto il movimento del collo.
Le manifestazioni cliniche vengono a volte descritte in termini vaghi per cui il meccanismo traumatico può risultare poco credibile e gli errori di valutazione sono tutt'altro che rari.
Può succedere che soggetti seriamente traumatizzati vengono a volte trascurati o peggio accusati di simulazione, mentre altri poco o niente affatto traumatizzati ma lamentosi e patomimici vengono ingiustamente risarciti.
In questa situazione il più banale incidente può diventare pretesto per una corsa al Pronto Soccorso per ottenere una certificazione, elemento ritenuto importante per una candidatura ad eventuali richieste di indennizzo, incentivata talvolta dal curante o da specialisti che conferiscono una patente di credibilità alle iniziali certificazioni palesemente di favore, quando beninteso mancano segni clinici iniziali chiari ed inequivocabili e soprattutto manifestazioni radiografiche inopinabili.
Nella letteratura mondiale le sollecitazioni cervicali post‐traumatiche da sinistro stradale si accompagnano a reliquati permanenti intorno al 25% dei casi circa, che però variano in difetto proporzionalmente al tempo intercorso, come riferiscono alcuni autori, dal sinistro soprattutto quando si tratta di microlesioni. In questi ultimi tempi, da quando la sindrome soggettiva del traumatizzato cranico sembra aver trovato meno spazio risarcitorio, a fronte di una costante sinistrosità stradale, è in aumento crescente l'incidenza dei danni alla persona, soprattutto da quando il diritto risarcitorio è diventato di dominio pubblico.
Comunque seri studi anatomo patologici, clinici polispecialistici e strumentali sia in ambiente clinico che in laboratorio, confermano la realtà clinica del "colpo di frusta"
e quindi della sua lesività, quando però la vis traumatica supera la soglia di resistenza dei tessuti molli coinvolti.
L'obiettivo è di poter valutare le modalità con cui la noxa traumatica può provocare lesioni cervicali o essere responsabili di sintomi anche solo soggettivi, a volte purtroppo enfatizzati ma che possono essere adeguatamente interpretati quando se ne conoscono le correlazioni etiopatogenetiche.
Analisi quindi congiunta polidisciplinare, polispecialistico clinica e tecnica per l'interpretazione dei sintomi e delle dinamiche traumatiche ma anche medico‐legale e legale per i risvolti giuridici che il delicato e ancora controverso argomento comporta.
Un primo aspetto da prendere in considerazione sul piano clinico e biomeccanico è relativo al superamento della soglia di efficacia lesiva della vis traumatica trasmessa al rachide cervicale e quando l'evento traumatico ha intensità sufficiente a produrre lesioni cervicali.
Sono stati fatti studi matematici sui movimenti del capo in pazienti volontari, in cadaveri, su manichini antropomorfi monitorati con registrazioni cinematografiche del movimento così da poter. calcolare le variazioni di velocità, di posizione e l'energia lesiva che si scarica sul rachide cervicale.
Risulta ammessa la possibilità di distorsioni cervicali lievi (AIS 1) per velocità di impatto da 8 a 30 Km/h (con g da 4 a 5 calcolato alla testa degli occupanti) e di distorsioni severe (AIS da 2 a 4) per velocità di impatto da 30 a 80 Km/h (con g da 16 a 40).
L'esame delle masse dei veicoli venuti a collisione in rapporto alla determinazione del grado di deformazione dei mezzi, consente di valutare la grandezza e l'entità della potenzialità lesiva sui passeggeri e delle accelerazioni da questi subite, valutazioni che sono fornite in chiave matematica dag1i ingegneri o dai tecnici specializzati ma che possono risultare vanificate se non sono a loro volta supportate da inequivocabili manifestazioni cliniche soggettive ed obiettive e da eventuali adeguati accertamenti strumentali.
Non sempre e non necessariamente a gravi danni dell'automezzo corrispondono lesioni cervicali.
Sono noti esempi di auto seriamente danneggiate senza danno alla persona o con lesioni che si esauriscono in breve lasso di tempo ed esempi con modesti danni auto ma con eclatanti segni clinici circostanziati e reali.
Solo quando l'evento traumatico è privo di efficienza lesiva, quando mancano segni di urto sull'automezzo è pregiudicata ogni rivendicazione da parte del sinistrato.
Le relazioni dei tecnici sono certamente importanti per una valutazione oggettiva della reale efficienza dell'evento dinamico ma che però debbono venire naturalmente correlate ad altri elementi incidenti non meno importanti e che possono esaltare o ridurre l'efficienza dell'evento dinamico.
Alcuni elementi sono relativi ai sistemi di sicurezza attivi o passivi dei due veicoli coinvolti, altri alle variabili presenti al momento del sinistro come per esempio postura del capo, premonizione del sinistro, direzione dell'impatto, morfologia del soggetto, età, stato anteriore, variabili queste che non solo condizionano la vis lesiva trasmessa sul rachide ma anche l'entità delle lesioni.
Se compito del perito tecnico è descrivere e ricostruire il danno veicolare e la capacità del veicolo di proteggere gli occupanti e le sollecitazioni trasmesse, compito del medico‐legale è di "collegare la causa con l'effetto attraverso una ricerca che ripercorra a ritroso l'iter tra nocumento e la sua etiologia che è un iter patogenetico, scrive M. Barni, criterio patogenetico che è in fondo una diagnosi causale ma solo in quanto ricostruzione della catena di eventi che concorrono a provocare le lesioni cervicali".
Il rapporto causale sostiene M. Barni non può essere ricercato e formulato che attraverso una criteriologia scientifica piuttosto che nella meccanicistica analisi dei cosiddetti criteri probatori.
Compito a volte delicato e difficile specialmente quando si tratta di accertare un danno del quale esistono labili tracce.
In questi casi il medico‐legale non deve temere di enunciare la cifra "zero"
allorché non riscontri reliquati effettivamente invalidanti come suggerisce Bargagna, ma non può nemmeno arroccarsi in un pregiudizievole scetticismo "organicistico"
come sostiene Farneti, solo perchè i limiti intrinseci degli strumenti conoscitivi impediscono di dare una "misura fisica" a disturbi largamente soggettivi per loro stessa natura biologica ma clinicamente fondati e plausibili quando se ne conoscono le correlazioni etiopatogenetiche.
Il comizio sintomatico che si accompagna per esempio ad una distrazione cervicale, che non è una distorsione, è di difficile accertamento.
La distorsione è una sollecitazione di grado più elevato della semplice distrazione, è una dislocazione articolare che autonomamente rientra, è momentaneo abbandono di contatto interarticolare con lacerazione dei tessuti molli para e periarticolari, di tale entità però da non impedire il ripristino del primitivo rapporto, significa infatti "luxatio sponte reposita". La lussazione al contrario non si riduce autonomamente. Segni clinici caratteristici della distorsione sono: dolori, tumefazioni muscolari, contrattura, limitazione funzionale, aumento del calore locale. Una distorsione non adeguatamente curata provoca persistenza dei dolori, rigidità articolare, infiammazione endo‐articolare, persistenza di contrattura. .
Alterazioni anatomo patologiche post‐distorsive sono: edema, microemorragie nei muscoli coinvolti, reazione cicatriziale riparativa.
Le lesioni di tipo distrattivo riparano in breve tempo ma se nel tessuto cicatriziale sono incluse zone algogene ove hanno sede i β recettori, la sintomatologia algica riflessa si può prolungare senza riflessi sulla capacità lavorativa specifica ma bensì sulla integrità psicosomatica, fenomenologia algica soggettiva meritevole di adeguato apprezzamento valutativo.
Intense sollecitazioni cervicali da "colpo di frusta" possono provocare lesioni di notevole serietà clinica che possono coinvolgere anche il midollo che può essere, nei traumi da accelerazione, contuso oppure compresso tra uno sperone osteofitosico ipertrofico o un ligamento giallo ispessito o anche ghigliottinato tra il soma soprastante e l'arco posteriore sottostante, estrinsecandosi clinicamente con deficit motorio degli arti, disturbi sfinterici, abolizione della sensibilità, fenomenologia reversibile in caso di edema midollare ma irreversibile in caso di ematomielia.
Traumi da accelerazione‐decelerazione possono provocare concussione cerebrale con segni di sofferenza encefalica: fugace annebbiamento e perdita transitoria di coscienza, sensazione di accecamento e scossa esplosiva della testa e più tardi comparsa di cefalea, irrequietezza, insonnia, turbe dell'umore, labilità vasomotoria, tutti segni soggettivi difficilmente r differenziabili da una neurosi somatizzata e che a volte possono anche essere abilmente simulati.
Da queste prime riflessioni non intendo certo trarre conclusioni né formulare giudizi, non è questo il mio compito, ma piuttosto sollevare punti di discussione al fine di giungere ad un orientamento il più vicino possibile alla equità e a criteri valutativi omogenei che non lascino eccessivo margine a quella norma di cosiddetto buon senso spesso opinabile e che porta a discutere.
Ritengo utile a questo punto presentare una disamina generale sulle manifestazioni cliniche di più frequente riscontro nel colpo di frusta cervicale e sui criteri di valutazione obiettiva e strumentale.
LESIONI CERVI CALI E FENOMENOLOGIA CLINICA DI PIÙ FREQUENTE RISCONTRO NEL "COLPO DI FRUSTA" CERVICALE.
Prima di analizzare in breve sintesi i sintomi clinici di più frequente riscontro ricordo che il maggior grado di flessione del rachide cervicale si realizza a livello C4 ‐ C5; C5 ‐ C6 e poiché questa è la sede della maggior curva lordotica statica, è la parte più esposta agli stress ed al maggior danneggiamento da usura.
La flessione laterale comporta sempre un certo grado di rotazione.
In C o ‐ C l si compie solo il movimento di flesso estensione mediante scivolamento interarticolare (100 in flessione, 25 o in estensione) ma non movimenti in rotazione nè in flessione laterale.
In Cl ‐ C2 si compie il 50% del movimento in rotazione prima che intervengano le altre vertebre.
In C 2 ‐ C 7 si compiono i movimenti di flesso‐estensione, di latero‐ estensione, di rotazione.
La colonna vertebrale si allunga in flessione, si distende in estensione, si restringe in rotazione.
Normalmente il capo può apparire lievemente inclinato da un lato in quanto l'articolazione atlo‐epistrofica non è caratterizzata da una completa simmetria articolare ed il segmento C l ‐ C 5 può presentarsi rettilineo (nella proiezione laterale) senza che costituisca anomalia (R. Cailliet).
Ricordo ancora che il canale vertebrale si allunga in flessione, si detende in estensione, si restringe in rotazione; che il midollo spinale si tende e si detende assieme alla dura madre, che i forami intervertebrali si allargano in flessione, si restringono in estensione ed in flessione laterale e dal lato in cui capo gira. Quando il capo è deviato il foro intervertebrale risulta più ristretto dal lato della rotazione, le faccette articolari più costrette, il canale vertebrale deformato, per cui in presenza di variabili biologiche l'incidenza delle lesioni è più ricorrente.
I Sintomi clinici precoci nel "colpo di frusta" cervicale sono: cervicalgia (fino al 90%), limitazione funzionale (50%), cefalea (29‐90%), brachialgia (40%), vertigini (15%) e qualche giorno dopo irritabilità e insonnia (20‐40%), disturbi cognitivi, disturbi otoneurologici, manifestazioni che tendono a risolversi nel giro di due o tre mesi.
Sintomi tardivi e presenti dopo sei mesi sono: cervicalgia, cefalea, .rigidità, brachialgia, disturbi vertiginosi posturali, ansietà, irritabilità, depressione, insonnia. Il dolore può essere localizzato al collo oppure originare dal collo ed essere avvertito in altra sede. Difficili da individuare algie in sede non cervicale ma provenienti dal collo.
Dolori a partenza scheletrica cervicale sono avvertiti in sede critica.
Il dolore cervicale artrosico è legato all'ispessimento delle capsule articolari e alla limitazione funzionale connessa con lo stato artrosico facilmente deducibile con adatte manovre semeiologiche, mentre gli scrosci articolari che si avvertono durante movimenti attivi o passivi sono riferibili a lesioni cartilaginee interarticolari e di solito sono indipendenti da manifestazioni dolorose.
Il dolore radicolare di provenienza foraminale può essere di tipo nevralgico quando è coinvolta la radice dorsale sensitiva più vicina alla capsula articolare, di tipo mialgico quando è coinvolta la radice anteriore motori a più vicina alla articolazione di Luschka. Comprensibile quindi la genesi del dolore mialgico in presenza di uncoartrosi o nevralgico negli ispessimenti capsulari interarticolari.
Brachialgie con disestesie fino alle dita frequenti nell'immediato periodo post‐
traumatico e che si risolvono in breve tempo sono riferibili a stiramento radicolare. Le radici sono rivestite dalla dura madre che con una guaina le accompagna attraverso il
canale (guaina periradicolare) e oltre il canale accompagna il nervo (guaina perifunicolare). Un prolungamento fasciale del ligamento longitudinale posteriore (innervato dal nervo di Luschka) si fonde con la guaina epidurale, formazioni periradicolari che contribuiscono all'ancoraggio delle radici.
In occasione di intense sollecitazioni cervicali traumatiche le guaine periradicolari si oppongono efficacemente al superamento dei limiti di distensibilità radicolare, proteggono le radici ma paradossalmente contribuiscono alla loro patologia. Le disestesie da distrazione radicolare si risolvono spontaneamente in breve tempo e se persistono associate ad alterazioni sensitive e motorie con distribuzione metamerica, corrispondente alla radice coinvolta sono conseguenti a lesioni anatomiche radicolari che sono accertabili con adeguati riscontri clinici soggettivi ed obiettivi (distribuzione metamerica delle ipoestesie) e strumentali (EMG, RMN).
Quando le disestesie si accompagnano al segno o test di Adson (scomparsa del polso radiale con adatte manovre seme io logiche) è coinvolto il muscolo scaleno antico che si contrae dopo meccanismi traumatici da accelerazione con iperestensione acuta del capo provocando compressione della arteria succlavia e del plesso brachiale che gli corrono dietro sopra la prima costa sulla quale lo scaleno si inserisce.
Quando il dolore è localizzato a livello scapolare superiore e mediale ed è risvegliato dalla pressione. trattasi di sindrome del nervo scapolare dorsale, fenomenologia descritta da Kopell e Thompson nel 1963. Il nervo origina da C5 che attraversa il muscolo scaleno medio e innerva il muscolo angolare della scapola ed i romboidi. C5 può essere compressa in corrispondenza del passaggio attraverso lo scaleno o per spasmo o per contrazione post‐traumatica da iperestensione acuta del collo. Il dolore può essere evocato con la manovra di Kopell (estensione e rotazione contrastata orno‐laterale del capo) che determina contrazione dello scaleno medio oppure può essere provocato con la pressione sullo scaleno medio e sull'angolo supero interno della scapola. Segni neurologici: riduzione della forza di contrazione dei muscoli angolare della scapola e romboideo. L'esame EMG è di scarsa utilità.
Sede di dolore possono essere le aree di inserzione muscolare che possono risultare coinvolte:
‐da brusco movimento del capo con contrazione isotonica,
‐da tensione emotiva,
‐da postura prolungata.
Zona frequente di sofferenza dolorosa è la parte bassa dell'occipite ove si inseriscono i muscoli estensori del collo da cui cefalea tensiva della base.
Sappiamo che la corretta postura fisiologica cervicale è la lordosi condizionata dalle altre due curve dorsali e lombari. Difettosi atteggiamenti posturali del collo possono manifestarsi in individui depressi o avviliti con atteggiamento di dorso alto curvo, spalle cadenti, collo arcuato che sostiene il capo anteriorizzato per cui la sovradistensione ligamentosa e lo sforzo muscolare possono provocare dolore e se questi individui non riescono a rilassarsi vanno incontro a contrazioni isometriche da cui mialgia da tensione.
Le componenti capsulo‐ligamentose e muscolari svolgono pertanto non solo un ruolo di stabilizzazione passiva del collo e di controllo attivo dei segmenti cervicali, ma sono anche sede di propriocettori che intervengono sul controllo tonico posturale del capo e degli arti, per cui il distretto posturale e in particolar modo il distretto C l ‐C3 diventa ponte propriocettivo.
In presenza di preesistente mialgia da tensione, sollecitazioni cervi cali minori agiscono negativamente su uno stato anteriore alterato che deve venire adeguatamente interpretato e diffèrenziato dalla simulazione.
La miosite da tensione ha una genesi diversa da quella da colpo di frusta; è contrazione muscolare isometrica e la causa del dolore è l'ischemia, mentre nella miosite da colpo di frusta la contrazione muscolare è isotonica, la pressione endo muscolare è aumentata a causa della contrazione che pure provoca costrizione vasale con arresto del circolo. dolore quindi di tipo ischemico per deficit di ossigeno e di potassio e accumulo di acido lattico.
La contrazione muscolare isometrica non si accompagna a variazione di lunghezza della fibre muscolari le quali sono mantenute in tensione. lavoro muscolare attivo che consente di mantenere una posizione.
La contrazione muscolare isotonica si accompagna ad accorciamento muscolare; produce un lavoro visibile: il movimento.
Miogrammi in contrazione isometrica registrano la tensione. miogrammi in contrazione isotonica registrano le variazioni di lunghezza del muscolo.
Esami clinici semeiologici sono in grado di stabilire il tipo di miosite se isotonico o isometrico mediante tests di contrazione isometrica e di distensibilità noti ai fisiatri.
Il test di contrazione isometrica è positivo in caso di ipotonia muscolare e dolore da contrazione; il test di distensibilità è positivo in caso di accorciamento. contrattura e tenomiosite cronica.
L'impegno muscolare o capsulo‐ligamentoso post‐traumatico, post‐ distrattivo o post‐distorsivo, con patologia rifèribile ad edema, micro‐ emorragie, fibrosi, è sempre associato a sintomi clinici e una loro eventuale persistenza tardiva (soprattutto cefalea e vertigine) è da considerarsi esito invalidante clinicamente accertabile con i tests clinici ed eventualmente con gli accertamenti strumentali.
Il paziente può considerarsi guarito solo quando è stata ripristinata la funzione motoria cervicale ed il meccanismo di controllo posturale del capo.
Nelle intense sollecitazioni cervi cali in flessione, in estensione, in rotazione o in lateralità quasi sempre il corredo clinico sintomatologico soggettivo ed obiettivo è eclatante e trova plausibile supporto negli accertamenti strumentali.
L'esame radiografico iniziale è da considerarsi indagine strumentale che orienta sulla "gravità" della sollecitazione.
Una iniziale rettificazione radiografica o una riduzione della fisiologica lordosi associate a modesti segni clinici soggettivi ed obiettivi possono risolversi in breve tempo.
L'inversione della fisiologica lordosi rappresenta segno indiretto di sub‐
lussazione e quindi che sono presenti lesioni ligamentose.
Quando la rettificazione è associata ad autentica rigidità cervicale, deve venire accuratamente studiata perché può mascherare lesioni capsulo‐ ligamentose intersomatiche che se misconosciute o sottovalutate possono provocare instabilità cervicale.
In questi casi proiezioni radiografiche dinamiche in flesso‐estensione e proiezioni oblique potranno portare alla identificazione della tipologia e della sede lesionale.
Nelle iperflessioni acute cervicali post‐traumatiche caratteristiche delle dinamiche da decelerazione, lesioni delle parti molli facili a verificarsi sono: sinovite acuta per sub‐Iussazione tàccettaria; lacerazioni capsulari: ernia nucleare dorsale;
lesione del ligamento longitudinale posteriore: compressione o irritazione radicolare.
Segni radiografici di "sbadiglio" delle spinose, di listesi intersomatica e interarticolare di pocni millimetri, di cifosi cervicale con angolazione del muro somatico posteriore di pochi gradi esigono un adeguato immediato trattamento contentivo cervicale (Miami o Minerva) e riabilitativo successivo e naturalmente controlli circostanziati.
Antero listesi del soma superiore ai 3 millimetri associata alla perdita del contatto delle superfici articolari superiore al 50%, a segno dello "sbadiglio", ad angolazione del muro somatico posteriore uguale o superiore a 15 gradi alterazioni riscontrabili nelle proiezioni dinamiche, sono da considerarsi segni di allarme.
Nelle iperestensioni cervicali intense, caratteristiche delle dinamiche da accelerazione lesioni facili a verificarsi sono: rottura del ligamento longitudianle anteriore; ernia ventrale del disco; fratture parcellari; contusione faccettaria;
contusione radi colare; contusione midollare.
Se all'esame radiografico si riscontra contatto interspinoso (kissing spine) o embricamento delle spinose significa che la sollecitazione posteriore ha superato il primo freno posteriore rappresentato dalle apofisi spinose e se la sollecitazione va oltre può superare il secondo freno rappresentato dalle capsule articolari e dai massicci, realizzando la retrolistesi interarticolare ed intersomatica o la frattura articolare con tutto il quadro clinico consequenziale che può arrivare al ghigliottinamento del midollo.
Alterazioni dell'allineamento radiografico delle spinose nelle proiezioni AP, sdoppiamento del profilo delle apofisi articolare, sono segni di allarme perché possono mascherare una frattura del peduncolo più frattura della lamina la cosiddetta
"pillar fracture" il cui segno radiografico caratteristico è l'orizzontalizzazione radiografica del massiccio articolare.
Le lesioni traumatiche del rachide cervicale nei suoi due segmenti morfologici (superiore Cl ‐ C2; inferiore C3 ‐ C7) e nelle sue due unità funzionali (la colonna..anteriore rappresentata dal corpo, dai dischi, dai due ligamenti longitudinali;
la colonna posteriore rappresentata dagli archi, dai massicci articolari, dai ligamenti gialli e dalle capsule articolari) rappresentano un capitolo di notevole interesse traumatologico sia per il corredo sintomatologico che le accompagna ma soprattutto per l'instabilità cervicale che ne può derivare.
La morfologia somatica cervicale e la funzione di questo segmento rachideo condizionano, proporzionalmente all'incidenza della vis traumatica, alle variazioni vettoriali e alle variabili biologiche, la tipologia lesionale, patologia traumatica che esige diagnosi corretta ed immediata, indicazione adeguata incruenta o cruenta di specifica competenza ortopedica.
A noi in questa sede interessa conoscere se vi sono criteri strumentali radiografici per evidenziare le lesioni delle parti molli cervi cali (muscoli, ligamenti, capsule), di distacchi osteocondrali dei piatti cartilaginei, delle fissurazioni dell'anello fibroso: soprattutto nelle prime fasi post traumatiche ed anche a distanza di tempo, idonei a convalidare la realtà clinica di una semplice contrattura, di una cervicalgia, di una limitazione funzionale attiva.
Essendo il disco e l'anello fibroso aderente al piatto cartilagineo insensibili perché non innervati, i segni clinici immediati possono mancare e comparire tardivamente quando il processo flogistico riparativo coinvolge il ligamento longitudinale posteriore e quindi il nervo di Luschka, intervallo libero che può essere
contestato da chi non ne conosce l'estrinsecazione patogenetica.
Nelle lesioni traumatiche cervicali ora descritte la prova del danno è agevole perché si tratta di macro‐lesioni.
Ma in tema di microlesioni l'accertamento del danno è estremamente delicato perché si tratta di accertarne l'esistenza quando in realtà esistono solo labili tracce.
Il problema nel caso di lesioni lievi e soprattutto in tema di microlesioni è il loro accertamento.
"La Medicina Legale dubita del carattere irreversibile delle micro invalidità in quanto la soggettività è molte volte destinata ad esaurirsi in un lasso di tempo più o meno breve.
La miglior giurisprudenza sensibile ad una giustizia più calibrata, ha sempre cercato di contenere il fenomeno delle micro‐permanenti e più specificatamente quello conseguente al 'colpo di frusta' cervicale".
Pertanto in tema di micro‐lesioni non è sufficiente provare il nesso di causa tra evento e danno, tra danno e lesioni e tra lesioni e postumi ma bisogna desumere che ne sia derivata una sicura compromissione peggiorativa dell'esistenza del sinistrato;
accertamento estremamente delicato soprattutto quando i sintomi sono solo ed esclusivamente soggettivi ma però reali.
E' stato sostenuto che quando le lesioni refertate al Pronto Soccorso Ospedaliero sono lievi, come per esempio contusioni od ecchimosi, deve ritenersi provato ex articolo 115 (fatto notorio), che da quelle lesioni non sono derivati postumi permanenti.
Per quanto attiene alle contusioni con ecchimosi voglio ricordare che la contusione è costituita da lesioni delle parti molli sottocutanee determinata dall'azione traumatizzante di un corpo contundente senza che vi sia stata discontinuità alcuna del rivestimento cutaneo. I vasi sottocutanei si possono rompere con produzione di stravaso sanguigno che infiltra i tessuti e se cospicuo e ben circoscritto può formare l'ematoma e se lo stravaso si fa strada sottocute può produrre l'ecchimosi per cui la pelle è cosparsa di chiazze rossastre di varia forma ed estensione.
Nelle contusioni di l° le lesioni sono limitate ai capillari ed al connettivo lasso. nelle contusioni di 2° le lesioni vasai i sono più estese con coinvolgimento anche muscolare, nelle contusioni di 3° le lesioni sono ancora più estese fino a comportare necrosi muscolare. Pertanto nelle contusioni di 3° cade il criterio di presunzione semplice nel significato attribuitogli dall'articolo 115.
Viene ritenuto che "la dizione micropermanente ha ragione di essere solo in caso di compromissione anatomo‐funzionale ben documentata per cui l'invalidità permanente ha un'area semantica precisa: designa quella riduzione della integrità e dell'efficienza psico‐fisica dell'individuo che sia definitiva ed irremissibile e che limiti oggettivamente le funzioni vitali del soggetto impedendogli di condurre l'esistenza che altrimenti avrebbe condotto ".
Qualora il sinistrato è in grado di riprendere le proprie attività comprese quelle ludistiche ricreative o connesse con la vita di relazione, in base a criteri etici e clinici non si dovrebbero giustificare postumi permanenti. Il paziente può considerarsi guarito solo quando è stata ripristinata la funzione statica e motoria cervicale ed il meccanismo di controllo posturale del capo. Vi sono comunque quadri clinici conseguenti a sollecitazioni cervicali non imponenti ma reali dominati solo da riferimenti soggettivi (cefalea, vertigini, brachialgie, acufeni, ecc.) senza riferimenti
clinici obiettivi né strumentali, sintomi conseguenti a “lesioni sine materia” non supportati da un corrispettivo somatico, nel qual caso mancando gli elementi oggettivi per una scientifica individuazione del nesso causale può far sorgere il sospetto della simulazione.
In questi casi di "lesioni sine materia", il riconoscimento del danno può essere accertato solo mediante la conoscenza delle correlazione etio‐ patogenetiche tra lesioni e manifestazioni cliniche soggettive quando beninteso sia stato provato ed accertato il nesso causale tra evento e danno. Solo in caso di inesistenza di danni ai mezzi fa sorgere la presunzione semplice di inefficacia lesiva dell'urto.
Il simpatico cervicale
Sintomi soggettivi difficili da interpretare e da documentare e quindi i meno credibili in tema di "colpo di frusta" cervicale sono quelli connessi al coinvolgimento del simpatico cervicale che può prodursi:
‐per stimolazione della catena ganglionale e dei rami che da essa emanano.
‐per stimolazione di elementi sensitivi di Cl‐C2.
‐per stimolazione delle fibre simpatiche ricorrenti che accompagnano le radici attraverso il foro di coniugazione in caso di compressione intraforaminale (ricordo che in C5 decorrono fibre simpatiche destinate al plesso carotideo; in C6 fibre che raggiungono l'arteria succlavia e il plesso ascellare; in C7 fibre che confluiscono ai plessi cardiaci. aortico, frenico ‐ R. Cailliet).
‐per compressione della arteria vertebrale.
‐per abnormi sollecitazioni delle vene basilari.
L'irritazione simpatica può prodursi lungo o nell'ambito del canale di coniugazione o in aree extravertebrali.
Il simpatico cervicale inoltre gioca un ruolo non trascurabile nel provocare brachialgie di origine radicolare che possono risolversi con il blocco anestetico.
Frequenti manifestazioni cliniche riferibili a irritazione del simpatico cervicale sono: acufeni occasionalmente accompagnati da ipoacusia. instabilità o vertigini posturali (disturbi dell'orecchio), annebbiamenti di vista, dolori retro bulbari, midriasi monoculare che compare durante la rotazione consensuale del capo (disturbi dell'occhio). Altri disturbi di origine simpatica sono: ipostenia corneale, miosi, rinorrea, sudorazione, lacrimazione, fotofobia (R. Cailliet).
Hinoki e Niki nella loro pubblicazione apparsa in Acta Otorinolaryngoiatrica del 1975 (Neurological studies on the role of the sympathetic nervous system in the formation of traumatic vertigo of cervical origin) hanno descritto una sindrome simpatosica riferita con vertigini, nausea, cefalea, acufeni, scotomi, calo mnemonico, disorientamento, disturbi interpretati come irritazione del simpatico cervicale. Gli autori hanno dimostrato mediante studi sperimentali su animali e sull'uomo con precedenti traumatismi relativi ai rapporti tra le strutture muscolari del collo e l'apparato vestibolare l'importanza dell'innervazione simpatica di tali muscoli. Questi autori hanno evidenziato fibre neuro vegetative nel perimisio dei fasci muscolari che contengono vescicole con granuli che appaiono solo in caso di traumi e fenomeni irritativi. Ipotizzano la possibilità di una iper‐eccitazione limitata nel tempo del sistema simpatico cervicale con conseguente iperattività dei propriocettori muscolari del collo.
Purtroppo una verifica delle manifestazioni derivanti da irritazione del simpatico cervicale non è possibile in quanto gran parte di esse sono puramente soggettive.
La cefalea
Un altro sintomo soggettivo spesso difficile da analizzare e che può essere poco credibile, è la céfalea presente comunque in altissima percentuale nel "colpo di frusta".
Ricordo che la IHD acronimo inglese di lnternational Headache Society ha classificato le cefalee cervicogeniche non collegabili a patologie note in:
‐acute di tipo emicranico o tensivo non correlate con la gravità del trauma né con l'evidenza di danno cerebrale all'indagine neurologica.
‐forme con intervallo libero che insorgono dopo settimane,
‐tardive o croniche oltre due mesi dal trauma.
Vi sono cefalee a patogenesi non traumatica e non cervicogenica:
a) cefalee otogene di natura infiammatoria dell'orecchio interno,
b) cefalee da affezioni dell' ATM. Costen descrisse nel 1956 una sindrome che porta il suo nome caratterizzata da cefalea, cervic.algia, perdita udito. ronzii, capogiri, dolori alla pressione sulla ATM, manifestazioni conseguenti a disturbi funzionali della ATM a causa di un suo sovraccarico di qualsiasi natura (muscolare, difetto occlusale), sindrome che va differenziata dalla PDS acronimo inglese di Pain‐Dysfunction‐
Syndrom, sindrome caratterizzata da un corteo sintomatologico a carico dell'apparato stomatognatico consistente in dolori auricolari con irradiazioni cervicali e craniche, dolori ai muscoli masticatori, in rumori di scroscio articolare alle ATM e limitazione funzionale. L'apparato stomatognatico è un sistema basato sulla integrità funzionale dell'articolato dentario, delle ATM e dei muscoli deputati all'attività masticatoria. Un insulto applicato ad una qualsiasi di queste componenti provoca una PDS. Lesioni di natura traumatica derivanti da eventi infortunistici o da atti illeciti sanzionabili penalmente e civilmente possono comportare la perdita di uno o più elementi dentali con successiva modificazione dei rapporti occlusali. Modificazioni dei rapporti occlusali possono derivare da edentulia o da cause iatrogene e quindi non traumatiche. Risentimenti della ATM possono derivare da violente sollecitazioni in iper‐estensione del capo in occasione di incidenti stradali da cui il cosiddetto “colpo di frusta mandibolare” prodotto dalla eccessiva apertura della bocca con disolcazione anteriore dei condili mandibolari.
La diagnosi di PDS può essere posta sul quadro clinico ma richiede l'ausilio di metodiche strumentali alcune caratterizzate da notevole livello di sofisticazione. La programmazione dell'iter diagnostico può non competere al medico legale perché richiede competenze specialistiche specifiche odontostomatologiche, neurologiche e strumentali per cui talvolta la definizione giuridica del caso e le attribuzioni dei ruoli possono a volte risultare assai delicate.
c) Cefalee da disturbi oculari o oftalmogene. Tutte le affezioni oculari possono essere accompagnate da mal di testa. Una disregolazione dei muscoli oculo‐motori indotta (ton l'applicazione di prismi) può produrre contrazione dei muscoli del capo e della nuca fino alla regione dei trapezi per cui alterazioni oculari possono causare contrattura cervicale,
d) cefalea da arterite temporale descritta da Horton ne1 1932. Segni clinici caratteristici: dolori alla pressione sull'arteria temporale. Possibile associazione di arterite retinica.
Vi sono casi nei quali l'origine cervicale è indubbia ma a patogenesi non traumatica come per esempio le cefalee da spondilo‐artrosi con le conseguenti alterazioni funzionali, da mio‐tenositi, da alterazioni primarie dell'arteria vertebrale
(Krayenbuhl ‐ Yasargil 1957), della carotide e dei nervi che l'accompagnano (vago ‐ simpatico), da stasi venosa endocanalare (Clemens 1965).
Bartschi (1949) ha prospettato la possibilità che molte cefalee siano di origine cervicale. Vi sono infatti cefalee cervicogeniche da “colpo di frusta” e quindi post‐
traumatiche già descritte da Degradi nel 1965 e definite da Vijayan e Dreyfuss nel 1975
"post‐traumatic dysanthonomic cephalgia" che hanno riscontro patogenetico nell'alterato metabolismo muscolare da prolungata tensione o a spasmo muscolare sostenuto da persistente stimolazione nocicettiva, in questi casi si, riscontra rigidità cervicale e rettilineizzazione radiografica, ogni movimento rapido e di una certa ampiezza peggiora la cefalea.
Vi sono poi i casi nei quali l'origine cervicale è applicata un po' troppo facilmente. Il restringimento dei "foramina intervertebralia" conseguente ad esostosi dei processi uncinati, non basta da solo a dimostrare una genesi cervicale della cefalea.
Le cefalee da “colpo di frusta" rimangono un quadro clinico polimorfo meritevole comunque di ulteriori studi clinici adatti a caratterizzarne gli aspetti nosografici.
La sindrome vertiginosa
Altro elemento clinico costantemente presente nel "colpo di frusta" cervicale è la sindrome vertiginosa che può comparire nell'immediato periodo post traumatico o anche a distanza di tempo e manifestarsi come sensazione di testa vuota e di disorientamento oppure di tipo rotatorio.
n mantenimento dell'equilibrio è ottenuto attraverso l'elaborazione di imput sensoriali retinici, vestibolari, propriocettivi (del rachide cervicale). Il RVO (riflesso vestibolo oculo‐motore) è stabilizzatore del campo visivo. Il RVS (riflesso vestibolo spinale) coordina l'attività anti‐gravitaria della muscolatura assiale e degli arti.
Il "colpo di frusta" cervicale può determinare effetti lesivi sul sistema dell'equilibrio attraverso un danno isolato o combinato a carico:
a) del sistema propriocettivo cervicale attraverso una ipereccitazione delle fibre nervose e simpatiche collegate ai 13 recettori dei muscoli erettori del collo. La base patogenetica per comprendere come si verifica la vertigine dopo il "colpo di frusta" sono le connessioni tra il sistema vestibolare ed il sistema propriocettivo cervicale. Uno stiramento muscolare con lesioni miofibrillari, edema, microemorragie, provoca reazione riparativa che può risolversi in tempi brevi, ma quando sono coinvolte zone algogene con presenza di 13 recettori, la sintomatologia dolorosa si può prolungare anche se manca contrattura muscolare oppure manifestarsi in secondo tempo; in questi casi è difficile oggettivare la sede lesionale.
Vi sono tests strumentali per valutare l'origine cervicale delle vertigini?
b) del sistema vestibolare periferico (vertigine otolitica, traumatica, da scuotimento dell'orecchio interno, oppure danno labirintico conseguente a lesione traumatica o compressiva dell'arteria vertebrale).
Nel "colpo di frusta" cervicale è possibile che si produca un distacco di otoconi ed è stato calcolato che in un tamponamento che avviene alla velocità di 15 Km/h (Nuti e coll. ‐ Siena) si sviluppa a livello della testa degli occupanti l'auto tamponata una forza di accelerazione di 5 g nei primi 250 msc dell'impatto. Una certa quantità di cristalli di Ca può distaccarsi dalla membrana otolitica per un meccanismo inerziale conseguente alla rapida iperestensione posteriore della testa.
Vi sono tests affidabili per stabilire la realtà clinica di una vertigine otolitica traumatica?
c) delle strutture vestibolari centrali. La lesione di queste strutture può verificarsi attraverso lesioni dei vasi cerebro‐afferenti ma anche dopo trauma commotivo della regione del tronco e del midollo o lesioni conseguente a stiramento delle strutture neurali. Queste strutture vestibolari centrali, nucleari e reticolari del tronco encefalico contribuiscono, con il cervelletto, alla integrazione del segnale proveniente dalle afferenze periferiche per il mantenimento dell'equilibrio sia statico che dinamico. Anche se un gran numero di casi clinici e dati sperimentali depongono a favore di una stretta correlazione funzionale tra collo e sistema vestibolare, (centrale e periferico), la valutazione diagnostica della vertigine e della instabilità vertebrale dopo il "colpo di frusta" risulta ancora estremamente controversa perché mancano tests validi clinici elettro‐oculografici e posturografici in grado di valutare l'origine cervicale della sintomatologia vertiginosa.
La posturografia consente di obiettivare le alterazioni postulari conseguenti a
"colpo di frusta" e se da un lato consente di scoprire furbe del RVS (riflesso vestibolo spinale) anche quando il RVO (riflesso vestibolo oculo‐motore) appare del tutto compensato, può evidenziare atteggiamenti di simulazione attraverso alcune funzioni di inter‐correlazione tra i due piani di oscillazione?
Indagini elettroneurofisiologiche, oto‐neurologiche, eco‐sonografiche possono oggettivare sintomi algo‐parestesici cervico‐brachiali, cefalgici e vertiginosi neurovegetativi?
Com'è possibile che il sistema sensoriale possa produrre uno squilibrio del sistema vestibolare?
Le simulazioni
In definitiva la valutazione oggettiva di molti sintomi soggettivi nel "colpo di frusta" cervicale senza lesioni anatomiche eclatanti nella diagnostica per immagini è spesso delicata, complessa e difficile, presuppone non solo padronanza nella specifica disciplina coinvolta nel percorso patogenetico per la scoperta della noxa mentre i
"barèmes" valutativi esigono quasi sempre un approccio pluridisciplinare.
Quando i sintomi soggettivi vengono riferiti in maniera poco precisa, poco circostanziata, eccessivamente drammatica e non risultano conformi a condizioni o situazioni cliniche conosciute, pongono il sospetto della simulazione ed emerge la necessità che se ne debba contestare la veridicità.
Vi sono accertamenti strumentali specialistici in grado di evidenziare atteggiamenti di simulazione?
La vera simulazione obiettivata a produrre vantaggi economici va però distinta da comportamenti simulatori che per specifiche caratteristiche denunciano una natura psico‐patologica e dalla sinistrosi che è rivendicazione di risarcimenti in seguito a traumi per danni inesistenti o sproporzionati alla reale entità dell'evento, che porta il soggetto alla creazione di sintomi ed alla loro esagerazione.
"Comportamenti di tipo cognito‐emozionale si possono intrecciare con fattori più propriamente organici ed appare difficile in questi casi determinare le complesse interazioni che ne derivano. Particolare rilevanza la personalità morbosa del soggetto per quanto attiene la durata dei sintomi, anche questa di non facile oggettivazione".
(B. Blasi ed Alii. Congresso Parma 1997).
Vi sono poi disturbi psichiatrici o psicologici, sostengono ancora B. Blasi ‐ C.
Marzona ‐T. Sartori della scuola di Pavia che "nulla hanno a che fare con la simulazione e che per cause indipendenti dallo scopo di guadagno intervengono sulla base di personalità predisposte nella produzione di sintomi non intenzionali in occasione di traumi con disturbi ipocondriaci, somatoformi, psicosomatici, disturbi algici, deviazioni queste tutte di specifica competenza dello psichiatra che potrà fornire elementi di valutazione differenziale, spesso sufficienti e validi per dirimere i dubbi sulla simulazione anche se talvolta risulta impossibile smascherarla da parte di psichiatri‐forensi di chiara fama, quando i sintomi vengono riferiti in maniera incontestabile e con manifestazioni cliniche in accordo con la semeiotica per cui può risultare impossibile dimostrare l'inesistenza di una sindrome soggettiva".
La DSM III R (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) individua cinque categorie diagnostiche nelle quali far rientrare le sequele di un trauma cranico:
disturbi post‐traumatici da stress; disturbi somatoformi; disturbi fittizi; simulazioni;
disturbi mentali organici.
"Nella simulazione in esiti di "colpo di frusta" cervicale sono compresi sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati, aspetti simulatori che possono essere collegati a disturbi della personalità o a malattie mentali, anche questo, compito assai delicato, e di specifica competenza specialistica".
"Far permanere in un soggetto, scrivono Blasi e collaboratori, che è stato vittima di un incidente il sentimento di una ingiustizia subita, può far correre il rischio di generare atteggiamenti rivendicativi con produzione o fissazione di sintomi che in determinati casi un congruo indennizzo di orale non patrimoniale legato alle sofferenze Soggettive, ne questa che non compete al medico legale), può essere molto :l.bile in termini di giustizia quando ve ne è l'indicazione, piuttosto 'ere alla finzione di ridicole valutazioni percentuali di incerti o i danni biologici o derivanti da disturbi psichici successivamente strutturatisi in seguito a una cattiva gestione medico legale del caso".
CONCLUSIONI
Il “colpo di frusta" cervicale nel significato attribuitogli di evento dinamico, è una sollecitazione traumatica da non sottovalutare talvolta di notevole serietà clinica che può coinvolgere strutture assai delicate: dalla semplice me che non supera la soglia di tollerabilità fisiologica delle parti coinvolte fino allo stiramento del midollo, passando attraverso a tutta e di patologie intermedie, in gran parte dei casi individuabili quando se ne conoscano le correlazioni etiopatogenetiche.
Nel caso di micro‐lesioni cervicali il giudizio del rapporto causa‐effetto ha spesso natura semplicemente probabilistica, mai di certezza, sicché si impone un attento esame di tutte le circostanze del caso concreto, onde stabilire se il grado di probabilità appare sufficientemente elevato da permettere di considerare il nésso causale come provato e pertanto nel compiere l'esame sopraindicato il primo e più importante elemento da prendere in considerazione è costituito dalla violenza del fattore traumatico".
Per un corretto inquadramento della patologia cervicale post‐traumatica da
“colpo di frusta" sono ancora necessari studi statistici e casistici estesi nei diversi momenti: primo periodo post‐traumatico e dopo più di sei mesi, così da poter fornire fondamenti di scientificità ad una valutazione medico‐legale che in questo settore, soprattutto in tema di microlesioni è oggi ancora spesso soggettiva.
Importanti i modelli tecnico sperimentali intesi a stabilire la soglia minima
distorsiva produttiva di lesione che però a volte risultano troppo rigidi e ematici rispetto alla variabilità delle situazioni in cui si viene a trovare il rachide cervicale.
W. Brondolo e A. Farneti a proposito delle micro‐permanenti ritengono che l'argomento non può esaurirsi in una sommaria elencazione dei più frequenti problemi che lo caratterizzano, ma che andrebbe approfondito con studi di casistici estesi nel tempo così da fornire elementi di scientificità ad una valutazione medico‐legale che in questo specifico settore è ancora troppo spesso superficiale.
Numerosi sono gli studi clinici ed i tests strumentali di riferimento per la valutazione dei postumi del "colpo di frusta" molti dei quali però eseguiti non su larga scala.
F. Antonacci e collaboratori della clinica di Pavia (Atti del convegno di Parma 17.3.97: Distorsione del rachide cervicale, aspetti clinico‐strumentali) hanno impiegato metodiche strumentali mediante analisi cinematiche computerizzate del rachide cervicale con marcatori posizionati sul capo, sulle spalle e sul dorso e valutazioni delle disabilità, dello stato di salute e della cefalea con risposte a domande presentate su appositi questionari studiando 39 pazienti.
Da questi studi non sono emersi fattori responsabili nella prognosi del colpo di frusta a differenza degli studi di Sturzenegger et Alii (Neurology 1994) che hanno invece rilevato una correlazione tra tipo di collisione e la sintomatologia e che certi fattori (mancata previsione, tamponamento posteriore con o senza impatto frontale, posizione inclinata o ruotata della testa) si correlavano ad una prognosi peggiore.
Petterson et coll. (Acta Orthopaedica Scandinava 1994) al follow‐up a due anni dal trauma hanno riscontrato che il 43% dei casi esaminati continuava a presentare disturbi maggiori che interferivano con la capacità lavorativa, il 42% erano guariti, il 15% presentava lievi disagi.
Nello studio di Antonacci i15% dei pazienti presentava segni neurologici ed il 23,7% era ancora sintomatico a sei mesi dal trauma.
Altre statistiche evidenziano dati epidemiologici differenti e contrastanti. Bonelli e collaboratori della clinica di Firenze (Atti del convegno di Parma 1997: Test strumentali per la valutazione del "colpo di frusta") hanno condotto indagini cinematiche delle escursioni angolari sui tre piani dello spazio ottenute con sistema computerizzato televisivo (ELITE) fornito di quattro telecamere e misurazioni angolari in flesso‐estensione con indagini radiografiche con metodo Penning.
Un gruppo di lavoro canadese denominatosi Quebec Task Force on Whiplash Associated Disorders in sigla WAD ha elaborato ed adottato un protocollo diagnostico standardizzato costruito attraverso l'elaborazione di ampi ed estesi dati clinico statistici e che può essere considerato un punto di riferimento per una corretta criteriologia valutativa medico‐legale, studio meritevole di attenzione, come pure i dati statistici forniti dalla Scuola di Goteborg.
B.P. Radanov ed Alii hanno eseguito valutazioni cliniche delle alterazioni somatiche, radiografiche e psico‐sociali con follow‐up di due anni e Sturzenegger ed Alii controlli a lungo termine.
Studi statistici certamente importanti e incoraggianti perché evidenziano la grande utilità dei tests clinici e strumentali necessari per una coerente e corretta qualificazione del quadro clinico e della quantificazione dei postumi ma che necessitano di ulteriori indagini perché esigua l'attuale banca dati di riferimento e sempre sfuggente la materia.
In definitiva perché si produca nel sintagma "colpo di frusta" cervicale una soglia
di lesività significativa è necessario la prova concreta dell'evento traumatico e che la sollecitazione trasmessa sul rachide cervicale sia idonea a superare la soglia di tollerabilità fisiologica da parte dei tessuti molli coinvolti, tollerabilità non sempre uguale in tutti gli individui in riferimento all'età, alle variabili biologiche ed extrabiologiche presenti al momento del sinistro. Talvolta si riscontra "difficoltà non lieve di riprodurre in scala leggibile una condizione minorativa soprattutto se minuscola come pure individuare la soglia minima di sollecitazione valida a provocare la minima condizione minorativa plausibile di ricondurla al nesso causale".
M. Barni sostiene che "lo strumento tecnico consacrato alla ricerca del nesso causale deve essere corrispondente ad una metodologia che privilegia il dato scientifico che esalta la ricchezza degli elementi oggettivi mediante:
‐la rilevanza dei dati e cioè delle prove attinenti,
‐la documentazione scientifica del risultato lesivo e delle dinamiche evolutive (criterio patogenetico),
‐tendere alla certezza scientifica nelle attribuzioni dei ruoli causali".
Al Pronto Soccorso Ospedaliero i limitati tempi di indagine diagnostica e nei casi dubbi l'impossibile ricorso a indagini strumentali non sempre disponibili soprattutto se sofisticate, può impedire una corretta valutazione iniziale dei sintomi lamentati e quindi delle lesioni. La diagnosi formulata al Pronto Soccorso dovrebbe avere il requisito di una se non assoluta almeno corretta obiettività e quando vengono escluse lesioni serie, quando non si può documentare la realtà clinica della distorsione nella quale sono implicite lesioni ligamentose, soprattutto se il riscontro radiografico è dubbio e non dimostra inversione della curva, è consigliabile e prudente mantenersi nella generica diagnosi di "colpo di frusta" cervicale e cioè di evento dinamico e inviare il sinistrato al curante per i successivi indispensabili controlli, compito questo che ha un duplice obiettivo: quello di curare per guarire ma anche di fornire elementi di valutazione obiettiva dei sintomi lamentati e quindi della continuità fenomenica per un corretto svolgimento del suo ruolo di medico.
Il medico curante può certificare solo ciò che rileva in "corpore" ma non sintomi soggettivi non accertabili semeiologicamente.
Per quanto attiene al collare ortopedico che viene sempre e comunque applicato al Pronto Soccorso ricordo che la sua indicazione è in rapporto alla entità della sollecitazione subita e delle lesioni riscontrate.
Il collare evita sollecitazioni dolorose dei muscoli coinvolti riducendo la reazione infiammatoria e l'edema; scarica il rachide dal peso del cranio, diminuisce l'attività della muscolatura posturale e l'intensità della contrattura antalgica; consente il corretto allineamento delle strutture scheletriche ai fini della riparazione delle componenti capsulo‐ligamentose coinvolte.
Deve risultare tanto più protettivo quanto più intensa è stata la sollecitazione. In casi di lesioni capsulo‐ligamentose importanti va applicato il MIAMI o la MINERVA in attesa delle indagini strumentali. Nelle semplici distrazioni va tenuto per brevi periodi altrimenti può provocare retrazione dei muscoli contratti, ispessimento dei tessuti capsulari e periarticolari, atrofie muscolari.
Le certificazioni sanitarie dei curanti saranno valutate con occhio critico dal medico legale, unico con ruolo inquirente se legittimato dalla ricerca della verità soprattutto quando la diagnosi non è circostanziata o quando per esempio la certificazione di malattia (e quindi il periodo di riposo prescritto) non risulta conforme al significato clinico e anche giuridico del termine.
I fiduciari delle compagnie di assicurazioni non devono adattarsi in atteggiamenti preordinati di negazione della sintomatologia dichiarata dal paziente, che in molte occasioni viene visitato in brevissimo tempo, talvolta senza essere guardato, dimostrando palesemente atteggiamenti di insofferenza e di poca credibilità dei sintomi riferiti, ma utilizzare ogni supporto clinico semeiologico e se possibile tecnologico, come insegna il nostro codice deontologico all'art. 18, avvalendosi eventualmente della collaborazione di specialisti della disciplina coinvolta evitando strumentalizzazioni o speculazioni.
Il CTU non segue una corretta procedura gnosologica quando utilizza esclusivamente quanto è dichiarato dal periziato senza alcun riscontro oggettivo; "le dichiarazioni vanno verificate scientificamente, controllate obiettivamente quando è possibile, giustificate medico‐legalmente con riferimenti eventualmente a tests attendibili e circostanziati ".
Viene sostenuto che l'unico strumento di contenimento del fenomeno delle micro‐permanenti consiste nel considerare, per manifestazioni cliniche soggettive ed obiettive modeste, percentuali di danno biologico permanente di modeste dimensioni e cioè micro liquidazioni di 1 o 2 punti percentuali, prassi valutativa certamente di comodo che raramente pone in dubbio la soggettività e quindi semplice "escamotage"
per accontentare un po' tutti o lapalissiana conferma che in tema di micro‐permanenti non esiste ancora giustizia risarcitoria?
Ove non si riscontrino limitazioni funzionali apprezzabili e soprattutto quando manca la prova concreta dell'evento dinamico e cioè della causa adeguata, non possono configurarsi neppure riconoscimenti di micro‐permanenti per inidoneità ad influire apprezzabilmente sulla riduzione della integrità psico‐fisica del soggetto, evento questo che sembra allo stato attuale ancora scarsamente incidente.
Ritengo pertanto che le sollecitazioni cervicali conseguenti al sintagma “colpo di frusta" o a dinamiche diverse si possano estrinsecare con lesioni e quindi con manifestazioni cliniche le più svariate, dalle semplici distrazioni muscolari o ligamentose fino al coinvolgimento midollare, per cui si impone in primo luogo il problema metodologico della definizione dei sintomi e dell'accreditamento delle conseguenze che possono essere transitorie o permanenti, di interesse non solo assicurativo, medico‐legale o legale ma anche clinico il cui obiettivo principe è di curare per guarire ove è possibile, sia pure nella complessa e diversificata patologia post‐traumatica cervicale da sinistro stradale dove l'evento dinamico, la vis lesiva e le lesioni rimangono condizionate ai diversi e a volte sofisticati fattori incidenti che tutti conosciamo e che ci trovano qui riuniti per fare, se possibile, il punto della situazione.
Spero vivamente che le contrapposte posizioni, una in difesa del diritto del cittadino al giusto risarcimento, l'altra al riconoscimento solo dei veri stati patologici possano trovare intelligente intesa attraverso una migliore interpretazione e disponibilità diagnostica e di una comprensione da parte di tutti della serietà del problema mediante l'acquisizione di nozioni tecniche precise e attendibili.
Ci auguriamo che possa venire presto definita in ambito europeo una scala delle disabilità negli esiti del "colpo di frusta" cervicale basata su batterie di tests clinici, soggettivi, obiettivi, su rilievi strumentali e su risposte a questionari cui far riferimento per una corretta e uniforme valutazione della quantificazione dei postumi e dell' "an debeatur".