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Il potere di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea dalla tutela del risparmio all’attuazione della Direttiva sui diritti degli azionisti di società quotate - Judicium

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L

AURA

M

ARCHEGIANI

Il potere di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea dalla tutela del risparmio all’attuazione della Direttiva sui diritti degli azionisti di società quotate

SOMMARIO: 1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze azionarie e diritti dei soci all’informazione. - 2. I presupposti del diritto di integrazione. 3. Forma e contenuto della richiesta di integrazione dell’agenda.- 4. I poteri e i doveri degli amministratori di fronte all’esercizio del diritto di integrazione. - 5. Segue. La giustiziabilità del diritto, prima e dopo il decreto correttivo. - 6. Diritto di integrazione e autonomia statutaria

.

1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze azionarie e diritti dei soci all’informazione. - Che la protezione degli interessi dei soci di società azionarie passi per l’esercizio dei poteri di voice che discendono dall’appartenenza all’organizzazione (

1

) e che a favorirla contribuiscano o possano contribuire una serie di prerogative «minori», ovvero strumentali e prodromiche alla votazione, quali quelle che consentono la partecipazione alla formazione della proposta delle decisioni assembleari, è considerazione che gode di ampio svolgimento e di approfondimento significativo non solo in Europa (

2

).

In Italia la disciplina dei diritti delle minoranze è stata caratterizzata da una evoluzione discontinua che ha riscontrato una prima battuta d’arresto nel progetto di riforma delle società commerciali della seconda metà degli anni Sessanta, per trovare poi momenti di emersione significativa nel testo unico della finanza, nella riforma organica delle società di capitali e nella legge sulla tutela del risparmio (

3

), anche attraverso la specifica previsione della facoltà di incidere sulla predisposizione dell’ordine del giorno dell’assemblea. Con l’inserimento del diritto di integrazione

1 Per una introduzione al tema della rilevanza del voto nell’economia della società azionaria aperta, si vedano EASTERBROOK -FISCHEL, L’economia delle società per azioni, trad. it., Milano, 1996, p. 79 ss.

2 Tra gli esempi del dispiegarsi dei margini di attività propositiva degli azionisti in vista del voto, non si può mancare di segnalare gli Amendments del 2009 al Delaware General Corporation Act che hanno introdotto una nuova Sect. 112, che consente l’introduzione statutaria della previsione che la società inserisca «in its proxy solicitation materials (including any form of proxy it distributes), in addition to individuals nominated by the board of directors, one or more individuals nominated by a stockholder»

ed una nuova Sect. 113 che prevede, sempre attraverso il meccanismo dell’opt-in statutario, «the reimbursement by the corporation of expenses incurred by a stockholder in soliciting proxies in connection with an election of directors». Più in generale, testimoniano la prospettiva convergente di agevolare le proposte di decisione provenienti da( tutti )gli azionisti, le regolamentazioni federali in tema di deleghe di voto ed in particolare l’art. 14a-8 del Securities Exchange Act che impone alle società ad azionariato diffuso di includere nella delega qualsiasi proposta di un azionista, salve alcune eccezioni. Si vedano anche, nello stesso senso, le Sectt. 314 e 321 del UK Companies Act del 2006.

3 Si tratta della l. 262/2005.

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dell’agenda assembleare tra le misure di tutela del risparmio, l’Italia ha potuto per una volta anticipare l’adempimento degli obblighi comunitari introducendo una delle regole poi prescritte agli Stati membri dalla direttiva 2007/36/CE, relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate (

4

).

4 In G.U. L 184/17 del 14 luglio 2007. Nei consideranda che introducono la direttiva sono riscontrabili molti dei temi che attengono al significato del diritto di voto e all’incidenza sulla struttura dell’attività di voto di regole più o meno restrittive. L’intento del legislatore comunitario di incentivare l’interessamento degli azionisti all’attività deliberativa passa per l’innalzamento della possibilità di prender parte in maniera incisiva al processo di voto: in questo senso si spiegano i provvedimenti a favore di una maggiore informazione preassembleare (art. 5), di un più agevole accesso ai meccanismi della delega di voto (art. 10-11), di semplificazione delle modalità di intervento e di voto (artt. 7 - 8 - 12), di integrazione dell’agenda assembleare (art. 6). Per un’opinione critica in merito all’efficacia e alla desiderabilità di simili provvedimenti in una prospettiva di ricerca dell’efficienza, si vedano, EASTERBROOK –FISCHEL, L’economia, cit., p. 97 ss.

Già in senso critico con riguardo alla efficacia dell’accentuazione dei poteri degli azionisti si esprimeva MINERVINI, Per un’accentuazione della responsabilità egli amministratori di società per azioni, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della casa editrice Jovene, Napoli, 1954, p. 321 ss., ove descriveva il carattere solo apparente della democraticità della organizzazione azionaria in cui la tendenziale ininfluenza degli azionisti è dovuta non tanto o non solo all’assenteismo e all’indifferenza (come sottolineava RIPERT, Aspects juridiques du capitalisme moderne, II ed., Paris, 1951, p. 280 ss.), ma piuttosto alla separazione definitiva tra proprietà e controllo ASCARELLI, Interesse sociale e interesse comune nel voto, in Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, 1952, p.

155.

L’attuazione della direttiva ha avuto luogo con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, da ultimo oggetto di integrazioni e correzioni, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 5 della legge delega (l. 7 luglio 2009, n. 88), da parte del d. lgs. 18 giugno 2012, n. 91, in G.U. n. 152 del 2 luglio 2012, la cui disciplina troverà applicazione alle assemblee il cui avviso di convocazione è pubblicato dopo il 1°

gennaio 2013.

Obiettivo principale della direttiva era facilitare la partecipazione degli azionisti alla vita della società, in particolar modo attraverso l’esercizio, anche transfrontaliero, del voto. Il decreto di attuazione ha concentrato nel t.u.f. la disciplina relativa alla gestione accentrata, prima articolata tra testo unico e d.

lgs. 24 giugno 1998 (c.d. decreto Euro), così riordinando la disciplina della dematerializzazione ed ha inciso in modo significativo sul funzionamento delle assemblee delle società quotate, anche privatizzate, estendendo le novità sulla convocazione dell’assemblea e sulla elezione e composizione degli organi di amministrazione e di controllo alle società disciplinate dalla legge 30 luglio 1994, n.

474. Sull’attuazione in Italia delle regole comunitarie in tema di esercizio degli shareholder rights si vedano, ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento in Italia della Direttiva sui diritti degli azionisti e le modificazioni statutarie conseguenti, in Studi e materiali, a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, 2010, 439 ss., ABRIANI-SANTOSUOSSO, La Direttiva relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate ed il ruolo degli investitori istituzionali nella democrazia azionaria del terzo millennio, in RDS, 2007, p. 140 ss. Con riguardo specifico alla disciplina della convocazione dell’assemblea, ABRIANI, Il “pungolo gentile” dell’assemblea “mite” tra attivismo degli azionisti e nuova governance societaria. Prime riflessioni sull’attuazione in Italia della Direttiva 2007/36, in Studi in onore di Marcello Foschini, Padova, 2011, p. 173 ss. e in Riv. dir. impr., 2011, p. 15 ss.(da cui si cita); GUIDOTTI, La convocazione dell’assemblea delle società quotate: riflessioni sul recepimento della direttiva 2007/36, in Contratto e impresa Europa, 2011, p. 556 ss., GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli azionisti, in Nuove leggi civ. comm., 2011, p. 507 ss.; sull’esercizio del diritto di voto, in particolare, CALVOSA, L’intervento e il voto in assemblea dopo l’attuazione della direttiva sull’esercizio di alcuni diritti egli azionisti di società quotate, in questa RDS, 2011, p. 348 ss.

e FURGIUELE, Record date ed esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso, in Riv. dir. comm., 2008, I, p. 157 ss.

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Ma il potere dell’azionista di intervenire nella formazione, o meglio nella definitiva con-formazione dell’ordine del giorno, non è regola nuova, né in una prospettiva diacronica, solo a rammentare il progetto di riforma delle società commerciali elaborato dal 1964 (

5

), il cui art. 9, rubricato Convocazione dell’assemblea e integrazione dell’ordine del giorno su richiesta della minoranza (

6

) prevedeva appunto che soci titolari del decimo del capitale sociale o di una partecipazione non inferiore «a cento milioni di lire in valore nominale» potessero chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea ordinaria, «la trattazione di determinati argomenti in aggiunta a quelli indicati nell’avviso» (

7

); né in una veduta sincronica dei maggiori ordinamenti europei, che già da allora avevano fatto proprio un omologo precetto (

8

).

5 Ci si riferisce allo schema di disegno di legge concernente la riforma della disciplina delle società commerciali esteso su progetto della Commissione governativa De Gregorio, nel testo ampiamente rielaborato a seguito delle proposte del Cnel e del dibattito nelle sedi specializzate, pubblicato in Riv.

soc. 1967, p. 370 ss., in cui la disposizione che qui ci occupa è contenuta nell’art. 9.

Il progetto originario, con la segnalazione delle modificazioni apportate dal Comitato di Ministri, si può leggere in Riv. soc., 1966, p. 93 ss. Da notare che la fattispecie dell’integrazione dell’agenda, dapprima delineata come mera specificazione del generale potere di convocazione (“I soci… possono chiedere la convocazione dell’assemblea a norma dell’art. 2367 del codice civile o l’inserzione nell’ordine del giorno di argomenti da trattare”) nelle versioni successive del progetto assume la fisionomia di potere autonomamente assegnato anche a tutti coloro che abbiano sottoscritto una parte di capitale sociale pari a cento milioni di lire.

6 Si tratta della più recente versione pubblicata in Riv. soc., 1967, loc. cit.: “I soci che rappresentano una parte del capitale sociale non inferiore al decimo o a cento milioni di lire in valore nominale possono chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea ordinaria, la trattazione di determinati argomenti in aggiunta a quelli indicati nell’avviso. Gli amministratori devono provvedere all’integrazione dell’elenco delle materie da trattare con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno cinque giorni prima di quello fissato per l’adunanza. In mancanza l’assemblea deve essere nuovamente convocata a norma del comma precedente” e cioè con decreto del presidente del tribunale. L’accresciuta rilevanza dello strumento dell’integrazione era anche testimoniata dalla sostituzione della rubrica dell’art. 7 del progetto originario (Convocazione e ordine del giorno dell’assemblea) con quella dell’art. 9 risultante dalle modificazioni successive (Convocazione dell’assemblea e integrazione dell’ordine del giorno su richiesta della minoranza).

7 Che il progetto De Gregorio contenesse una disciplina completa e articolata della convocazione di minoranza e dell’integrazione dell’agenda assembleare, in linea con la crescente importanza assunta dalle tecniche di ingresso nel procedimento assembleare delle shareholder proposals nei maggiori ordinamenti europei e in quello nordamericano, è sottolineato da ABBADESSA, Nuove regole in tema di procedimento assembleare e tutela delle minoranze, in Riv. soc., 2002, p. 170 ss., a p. 173.

8 La riforma societaria degli anni Sessanta condusse all’introduzione dell’istituto dell’integrazione dell’agenda assembleare, sia in Francia, con l’art. 160, loi n. 66-537 du 24 juillet 1966 sur les sociétés commerciales e l’art. 128, décret n. 67-236 du 23 mars 1967 sur les sociétés commerciales (ma si veda ora l’art. L225-105, Code de commerce modificato in seguito alla recente armonizzazione dall’Ordonnance n. 2010-11511 du 9 décembre 2010) sia in Germania, ove la disciplina – tematicamente coordinata con quella della richiesta di convocazione da parte della minoranza – è contenuta nei §§ 122 e 124 dell’AktG del 1965.

Secondo l’art. 57 del reg. CE n. 2157/2001 relativo alla statuto della Società europea, gli azionisti che detengano almeno il 10% del capitale sottoscritto, possono chiedere l’inserzione di uno o più punti

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La visione storica e comparatistica del tema indica con chiarezza (alcune del)le coordinate interpretative della disposizione, suggerendone l’inquadramento nella cornice regolamentare comprensiva delle altre norme che riconoscono alla minoranza dei soci il potere di incidere sul contenuto e sullo svolgimento della riunione assembleare. Una corrispondenza significativa soprattutto si scorge con il potere del decimo del capitale sociale di determinare l’indizione della riunione assembleare (

9

), anche se una peculiare e specifica pertinenza con il momento dell’informazione preassembleare dei soci pare doversi riconoscere alla facoltà di integrazione (

10

) che, in effetti, può essere utilizzata non solo per promuovere precise operazioni di competenza assembleare, determinando quindi lo scopo vero e proprio della riunione dei soci, ma anche per definire in maniera specifica le materie all’ordine del giorno ovvero per enucleare temi a queste connessi o dalle stesse derivanti (

11

).

all’ordine del giorno dell’assemblea generale, secondo le procedure ed i termini stabiliti dalla legislazione dello Stato membro in cui la SE ha sede o, in mancanza, dallo statuto della SE.

9 Le altre norme cui si allude sono quelle che presiedono al potere individuale di rinviare la discussione di determinati argomenti in caso di assemblea totalitaria, stabilito dall’art. 2366 c.c., ed alla facoltà per il terzo dei soci presenti o rappresentati in assemblea di rinviare la discussione e la deliberazione in caso di insufficiente informazione sui punti all’ordine del giorno, fissata dall’art. 2374 c.c.

L’inserzione nell’ordine del giorno di argomenti da trattare sarebbe un minus rispetto alla più ampia facoltà di convocare l’organo assembleare da parte della minoranza qualificata secondo FERRARA, Sguardo generale alla riforma delle società di capitali, in Riv. soc., 1966, p. 21 ss. Sempre nel senso della stretta interdipendenza dei due poteri, ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Rapporto sulla società aperta, Bologna, 1997, p. 124 s., ove la facoltà di convocazione dell’assemblea e quella di imporre la trattazione di materie selezionate dalla minoranza si riteneva dovessero appartenere ad una medesima aliquota del capitale sociale.

10 Come subito si dirà, il potere di integrazione dell’agenda non è agevolmente qualificabile come elemento costitutivo del potere di convocazione: in particolare, sembra corretto riconoscere al potere di integrazione un preciso significato informativo nell’ambito della dialettica endosocietaria che si concretizza nella conformazione del programma di discussione e di deliberazione assembleare. Le considerazioni al riguardo della Relazione illustrativa al d. lgs. 58/1998, e cioè che l’esclusione di una specifica previsione in tema di integrazione dell’ordine del giorno fosse giustificata dalla appartenenza della facoltà in discorso al potere di convocare l’assemblea attribuito alla minoranza, oltre a sollevare giustificati dubbi di legittimità interpretativa (così S. ROSSI, Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea nelle società quotate, in DE ANGELIS-RONDINONE (a cura di), La tutela del risparmio nella riforma dell’ordinamento finanziario, Torino, 2008, p. 29 ss.) negherebbero, in ogni caso, una funzionalità propria al potere di integrazione, in considerazione dell’identità di quorum legittimante.

Puntualmente, al riguardo, DE GENNARO, La riforma della disciplina societaria e la tecnica legislativa, in Riv. soc., 1967, p. 95 ss., spec. a p. 115 s., indicava che le questioni applicative poste dal potere di integrazione dell’agenda assembleare erano ben distinguibili da quelle implicate dal potere di convocazione tout court: i termini e le modalità di esercizio dovevano piuttosto essere disciplinati in modo tale da assicurare il rispetto dell’«esigenza di render pubblico prima dell’adunanza l’ordine del giorno integrato».

11 Nella prassi applicativa delle regole sulle shareholder proposals si sono spesso riscontrate utilizzazioni volte ad introdurre nel dibattito assembleare tematiche di carattere economico o politico correlate all’attività di impresa. Per una lettura delle proposte degli azionisti come strumento di monitoraggio delle opinioni degli azionisti in merito alla condotta del management, PERNA, Public

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La connessione tra diritto di integrazione dell’agenda e potere di convocazione dell’assemblea non risiede tanto in una relazione di specialità tra di essi, poiché non sembra che diritti legittimati da una differente misura di partecipazione al capitale possano assimilarsi se non nel generico senso di poteri appartenenti alle minoranze (

12

) o meglio, ai soci organizzati (

13

), ma si fonda principalmente sull’incidenza di entrambi i diritti sul procedimento deliberativo con la selezione degli argomenti di cui l’assemblea dovrà occuparsi e che saranno oggetto

company e democrazia societaria, (Bologna, 1998), 135 ss. Sottolineano la funzione strumentale all’ampliamento dell’attivismo degli azionisti, BIANCHI-ENRIQUES, Corporate Governance in Italy after the 1998 Reform: What Role for Institutional Investors?, al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.203112; COSTI, Risparmio gestito e governo societario, in Giur. comm., 1998, p. 165 ss.; MONTALENTI, Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, Padova, 1999, p. 179. Ampiamente, sui rapporti tra attivismo e potere di integrazione dell’agenda, IRACE, Il ruolo degli investitori istituzionali nel governo delle società quotate, Milano, 2001, p. 124 ss.

12 Se di singola facoltà appartenente al diritto di convocazione da parte della minoranza si trattasse, non si spiegherebbe la differente aliquota di capitale fissata per l’esercizio dell’una e dell’altra prerogativa:

DE GENNARO,La riforma, cit., ibidem.

Nell’ordinamento tedesco rimangono sostanzialmente invariati, a seguito del recepimento della SHRD (su cui WEITENBERG, L’attuazione della direttiva “azionaria” 2007/36/CE nel diritto tedesco, in Contratto e impresa Europa, 2010, p. 842 ss.), i presupposti di esercizio dei due poteri: nell’ambito del costante riferimento lessicale dei diritti alla minoranza (einer Minderheit), la facoltà di convocare l’assemblea appartiene agli azionisti titolari del ventesimo del capitale sociale, mentre una legittimazione allargata - agli azionisti titolari di una partecipazione al capitale del valore nominale almeno pari a 500.000 euro – caratterizza il potere di integrare l’ordine del giorno e quello di presentare progetti di deliberazione da sottoporre all’assemblea (§122 Abs. 2 e 124 Abs. 1, AktG).

La legittimazione è invece unitaria nella GMBH (SANGIOVANNI, Il diritto delle minoranze di convocare l’assemblea e d’inserire punti all’ordine del giorno nella GMBH tedesca, in Riv. dir.

comm., 2002, I, p. 813 ss.: con il Minderheitsrecht disciplinato nel § 50 della GmbHG, al 10% del capitale sociale è consentito sia di richiedere la convocazione dell’assemblea, sia di inserire punti all’ordine del giorno. La connessione significativa del potere di integrare l’agenda assembleare con il potere di convocazione, sebbene non costituisca necessariamente una relazione di specialità “interna”, esclusa almeno laddove vi siano differenti requisiti soggettivi del titolare, è anche confermata dall’art.

6 della direttiva 2007/36, ove prevede la facoltà che gli Stati membri limitino la possibilità di esercitare il potere di intervento nella formazione dell’ordine del giorno alla sola assemblea annuale degli azionisti, purché sia previsto un autonomo diritto di convocazione esercitabile dalla minoranza relativo ad una assemblea diversa da quella annuale e il cui ordine del giorno comprenda almeno tutti i punti che essi hanno richiesto.

La norma considera, con ogni evidenza, l’ipotesi in cui l’ordinamento nazionale regolamenti l’accesso al potere di convocazione con gli stessi presupposti previsti per l’esercizio della facoltà di integrazione, e si verifichi quindi una sovrapposizione dei requisiti soggettivi per l’esercizio dei due diritti. Non mi sembra tuttavia che la finalità della disposizione possa considerarsi raggiunta in tutte quelle ipotesi in cui sussistano differenze di qualche tipo tra le condizioni di esercizio del diritto individuale dell’azionista: così, nel sistema di poteri delle minoranze che risulta dalle previsioni dell’art. 2367 c.c.

e dell’art. 126-bis t.u.f. non si sarebbe potuta applicare l’eccezione indicata dall’art. 6 della Direttiva.

13 Nel senso invece che il primo potere (quello di integrazione dell’ordine del giorno) rappresenti una facoltà naturalmente ricompresa nel diritto di ottenere la convocazione dell’assemblea, in estrema sintesi, FERRARA, Sguardo generale, cit., p. 21 ss., ma chiarendo subito – seppure con accenti critici – l’autonomia del diritto di inserzione di nuovi argomenti in capo «ai soci che rappresentino cento milioni di lire di capitale al valore nominale».

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del voto (

14

): nel caso della convocazione, ex art. 2367 c.c., sarà la stessa opportunità di svolgimento di una riunione assembleare ad essere oggetto della valutazione dei soci richiedenti, che avranno anche l’onere di predisporre integralmente l’ordine del giorno dell’assemblea che intendono (far) convocare. L’iniziativa dei soci, peraltro, non elimina, con riguardo a quella specifica vicenda assembleare, l’originario potere di convocazione degli amministratori, i quali potranno, una volta ricevuta la richiesta, integrare l’avviso di convocazione con ulteriori argomenti da trattare (

15

).

Con il potere di integrare l’agenda, invece, una aliquota più ridotta del capitale sociale può inserire la propria proposta nell’iter di formazione dell’ordine del giorno, così partecipando ad una fase del procedimento scaturito dall’iniziativa degli

14 Circostanza che spiega altresì la contiguità tematica del potere di partecipare alla formazione dell’agenda con le regole di sollecitazione e raccolta delle deleghe di voto. Per alcuni rilievi critici sulla funzionalità della previgente disciplina delle deleghe di voto a favorire l’organizzazione degli azionisti “indipendenti”, ANGELICI, Le minoranze del decreto n. 58/1998: “tutela” e “poteri”, in Attività e organizzazione. Studi di diritto delle società, Torino, 2007, p. 124 ss., a p. 137 s. Per alcuni ulteriori riferimenti sul tema: BLACK, Shareholder Activism and Corporate Governance in the United States, in The New Palgrave Dictionary of Economics and the Law, 1998, vol. 3, p. 459 ss.;

BAINBRIDGE, Shareholder Activism and Institutional Investors, UCLA School of Law, Law-Econ Research Paper No. 05-20, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.796227; ROMANO, Less Is More: Making Shareholder Activism A Valued Mechanism Of Corporate Governance, Yale Law &

Economics Research Paper No. 241, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.218650. Per una rassegna degli interventi a favore di un migliore monitoraggio degli azionisti, BAINBRIDGE, The Corporate Governance Provisions of Dodd-Frank, UCLA School of Law, Law-Econ Research Paper No. 10-14, disponibile al sito http://ssrn.com/abstract=1698898; sui rischi della disclosure – anche informatica – delle informazioni connesse alla sollecitazione delle deleghe, GORDON, Proxy Contests in an Era of Increasing Shareholder Power: Forget Issuer Proxy Access and Focus on E-Proxy, 61 Vand. L. Rev., 475 (2008).

I procedimenti di voto per delega elettronica (c.d. Electronic Proxy Voting) sono stati introdotti in Italia dal d.lgs. 27/2010, che ha disposto l’adeguamento statutario alla previsione di “almeno una modalità di notifica elettronica della delega” – in uno dei pochi adeguamenti strettamente obbligatori:

ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento, cit., p. 442, ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 39. Il.

lgs. 91/2012 ha reso operativa il conferimento della delega in forma elettronica, disponendo che il conferimento può avvenire “con documento informatico sottoscritto in forma elettronica ai sensi dell’articolo 21, comma 2 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” (così il nuovo sesto comma dell’art. 135-novies, t.u.f.).

Per una prospettiva relativizzante delle novità in tema di deleghe di voto, KAHAN, The Insignificance of Proxy Access, 97, Virginia Law Review, 1347 (2011).

15 Per la soluzione affermativa, motivata dalla titolarità “originaria” del potere di convocazione in capo agli amministratori, SERRA, L’assemblea: procedimento in Trattato delle società per azioni, diretto da COLOMBO e PORTALE, 3*, 77, con l’unico divieto di introdurre argomenti tali da neutralizzare o ostacolare la trattazione delle materie indicate dalla minoranza; MARCHETTI, Sub art. 2367, in MARCHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da) Commentario alla riforma delle società.

Assemblea, Milano, 2008, p. 77, osserva inoltre come l’intervento dell’organo amministrativo nella formazione definitiva dell’ordine del giorno di un’assemblea convocata su impulso dei soci, possa anche “sanare” eventuali inammissibilità o irritualità della domanda originaria. Nel senso, invece, che la definizione delle materie oggetto della riunione dei soci sia essenzialmente “riservato” ai soci richiedenti, laddove questi abbiano assunto l’iniziativa della convocazione, COTTINO, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1999, p. 406.

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amministratori, incrementando di nuovi argomenti da discutere l’elenco di quelli già definiti (

16

). Mi pare quindi evidente che, anche in una prospettiva funzionale, emerga la differenza tra i due poteri: uno, quello di convocazione, volto principalmente a risolvere una situazione di inerzia dell’organo gestorio, l’altro, quello di integrazione, coerente con un andamento “fisiologico” del rapporto soci-amministratori, ma piuttosto ricco di potenzialità di tipo informativo (

17

).

Più in generale, il potere di incidere sulla fase introduttiva del procedimento assembleare e quindi di determinare indirettamente l’oggetto del voto risulta rafforzato in specie per gli azionisti di società quotate, sia per l’eliminazione della norma speciale contenuta nell’art. 125 t.u.f. (

18

), che a parità di presupposti soggettivi di esercizio del diritto, lasciava tuttavia agli amministratori la valutazione collegiale sulla prevalenza in concreto dell’interesse della società a che l’assemblea non venisse convocata, sia per l’introduzione, riservata alle quotate (

19

), ora indipendentemente dalla natura lucrativa o mutualistica dello scopo sociale (

20

), della regola dell’art. 126-

16 Nemmeno il potere di convocazione esaurisce i propri effetti uno actu, ma serve ad attivare l’iter procedimentale con cui gli amministratori provocano la riunione dell’assemblea. E’ tuttavia considerazione condivisibile che sia preclusa agli amministratori ogni valutazione dell’opportunità della riunione, come invece in precedenza consentiva, proprio nel caso delle società quotate, la disposizione dell’art. 125 t.u.f.: SERRA, L’assemblea, cit., p. 75 s.

17 Limpidamente, nel senso della valorizzazione di una funzione informativa “pura” della nuova disciplina della fase preassembleare, GUIZZI, Gli azionisti e l’assemblea nelle società quotate tra mito e realtà, in RDS, 2011, p. 2 ss.

18 Le differenze disciplinari apprezzabili prima della riforma erano essenzialmente due: da un lato la previsione di un più elevato quorum per la promozione della convocazione nelle società non quotate (pari al quinto del capitale); dall’altro la già ricordata possibilità che gli amministratori di società quotate deliberassero di non procedere alla convocazione “nell’interesse della società”, facoltà nemmeno riprodotta nell’art. 2367 c.c. che pure prevede un controllo in sede giurisdizionale della giustificazione del rifiuto di provvedere.

19 Si può agevolmente osservare che la connotazione «speciale» del diritto di integrazione non appartiene al codice genetico dell’istituto ma si è piuttosto affermata nell’evoluzione legislativa più recente: se il progetto di riforma del 1967 prevedeva una regola del potere di integrazione per tutte le società di capitali, sia azionarie che a responsabilità limitata, la legge sul risparmio e la stessa direttiva comunitaria ne hanno definito i margini di esercizio al solo ambito delle società con azioni quotate.

20 Si deve infatti al d.lgs. 91/2012, la modifica dell’art. 2366 c.c., ove il rinvio alle leggi speciali per la disciplina della convocazione dell’assemblea delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, non contiene più l’inciso “diverse dalle società cooperative”. La modifica si coordina con il nuovo art. 135-bis, t.u.f., che circoscrive sensibilmente l’ambito di esonero delle cooperative quotate dalle norme sulla convocazione e sull’informazione preassembleare. Dalla Relazione illustrativa emerge che il decreto correttivo ha inteso rimuovere la disparità di trattamento introdotta dal d.lgs.

27/2010, poiché non vi sono ragioni, legate specificità tipologica o organizzativa delle società cooperative, che ostino alla applicazione delle regole volte a tutelare gli investitori nelle società lucrative quotate.

Mette poi conto di segnalare, tra le misure di ridefinizione dei destinatari delle disposizioni speciali in tema di convocazione, l’abrogazione del comma 2-ter dell’art. 116-bis, che estendeva alle società emittenti azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante le norme in materia di convocazione e di informazione preassembleare, compresa la previsione del potere di integrazione dell’agenda, così

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bis t.u.f. di cui pure sarebbe stato possibile – nel contesto della riforma organica – generalizzare l’applicazione a tutte le società di capitali (

21

).

E’ stato già osservato come l’attuazione della Direttiva comunitaria sugli shareholder rights, abbia attribuito un più intenso valore informativo alla disciplina della convocazione (

22

), sia attraverso la previsione di modalità di comunicazione immediate e di facile accesso dei contenuti rilevanti per i soci, sia attraverso l’attivazione di una vera e propria dialettica preassembleare, favorita dal potere di chiedere l’inserimento di punti nuovi all’ordine del giorno, ma anche di presentare proposte di risoluzione alternative a quelle predisposte dall’organo di gestione e di porre domande prima dell’assemblea (

23

). La forma principale della convocazione è

volendo eliminare gli oneri amministrativi ed economici legati alla disciplina speciale della convocazione e dell’informazione preassembleare e, nel contempo, evitare sovrapposizioni e interferenze di disciplina nei casi di emittenti che siano allo stesso tempo diffusi e ammessi alla negoziazione nei sistemi multilaterali alternativi ai mercati regolamentati.

21 Che lo strumento dell’inserzione degli argomenti nell’ordine del giorno potesse assumere un significato decisivo nello stimolo della dialettica endosocietaria anche nelle organizzazioni azionarie

“chiuse” è stato sottolineato da ABBADESSA, L’assemblea nella spa: competenza e procedimento nella legge di riforma in RESCIGNO – SCIARRONE ALIBRANDI (a cura di), Il nuovo diritto delle società di capitali e delle società cooperative, Milano, 2004, p. 56, che ha definito “occasione perduta” la mancata previsione della regola in discorso proprio nel contesto della riforma organica delle società di capitali.

La corrispondenza tra potere di convocazione e potere di integrazione è maggiore – anche quanto ai presupposti – in quegli ordinamenti in cui le due facoltà a tutela della minoranza sono state introdotte congiuntamente ed in forma unitaria per tutte le società azionarie. Nel Code de commerce, ad esempio, rimane la corrispondenza tra misura del capitale legittimata a richiedere al convocazione ex art. L225- 103, attraverso un rappresentante comune designato giudizialmente (en justice) e aliquota legittimata a chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno ex art. L225-105, che tuttavia si riduce in misura scalare in base alla capitalizzazione della società (cfr. art. R225-71), senza distinzioni tra società con azioni quotate e non. Anche le regole dell’Aktiengesetz (supra, n. 12), evidenziano una unitarietà genetica dei due poteri, sebbene si riconosca una legittimazione ampliata, legata all’ammontare del valore nominale della partecipazione, per le prerogative che i soci possono esercitare in un procedimento assembleare già avviato.

22 L’assemblea delineata dalla SHRD appare quindi, più che il luogo di espressione di una maggiore

“democraticità” dell’organizzazione azionaria - così GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 11 s., un luogo di raccolta di informazioni, in misura anche indipendente dall’esercizio del voto.

23 Gli aspetti indicati sono stati oggetto dell’intervento correttivo da parte del d.lgs. 91/2012: accanto all’introduzione della specifica possibilità di presentare progetti di risoluzione, sono state apportate modifiche all’art. 127-ter, t.u.f., per ovviare alle difficoltà applicative che si sono riscontrate nella prima stagione assembleare di vigenza del potere di porre domande in fase preassembleare. Il nuovo testo dell’art. 127-ter definisce i tempi per la proposizione delle domande in modo coerente con la funzione dell’istituto disegnata dall’art. 9 della Direttiva, ossia quella di consentire la massima informazione preassembleare nella prospettiva del conferimento di deleghe con istruzioni: il comma 1- bis introdotto dal decreto correttivo prevede infatti che l’avviso di convocazione indichi il termine entro il quale le domande poste prima dell’assemblea devono pervenire alla società (c.d. cut-off date).

Il termine non può superare i tre giorni antecedenti la data della riunione, salvo il caso in cui l’avviso preveda che la società fornisca in fase preassembleare le risposte alle domande pervenute, potendosi allora fissare nel sesto giorno che precede la riunione il limite ultimo per la proposizione delle domande. In tal caso le risposte non dovranno necessariamente essere fornite in assemblea, ma potranno essere fornite – almeno due giorni prima dell’adunanza – individualmente a coloro che hanno

(9)

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quella della pubblicazione dell’avviso sul sito Internet della società (

24

), mentre le altre modalità e termini di pubblicazione sono stabiliti dalla Consob con regolamento, compresa la diffusione per estratto sui giornali quotidiani (

25

).

Il sito web, quindi, diviene il principale luogo di raccolta e di diffusione di tutte le informazioni rilevanti per la partecipazione dei soci all’assemblea. L’avviso di convocazione deve infatti contenere, oltre alle indicazioni delle materie all’ordine del giorno, una descrizione chiara e precisa delle procedure di intervento e di votazione con particolare riguardo al diritto di porre domande in fase preassembleare e al potere di chiedere l’inserzione di nuovi argomenti; deve indicare la procedura per l’esercizio del voto sia diretto che per delega, i moduli che gli azionisti possono utilizzare per conferire le deleghe di voto e le modalità, anche elettroniche, con cui notificarle.

Allo stesso modo devono essere messi a disposizione del pubblico: una relazione dell’organo amministrativo sulle materie poste all’ordine del giorno, i documenti che saranno sottoposti all’assemblea, le informazioni sul capitale sociale con l’indicazione del numero e delle categorie di azioni in cui è suddiviso, oltre a tutte le informazioni ulteriori relative all’esercizio dei particolari poteri sociali connessi alla convocazione. Il sito internet della società sarà quindi il luogo di pubblicazione delle richieste di integrazione dell’ordine del giorno e delle ulteriori proposte di deliberazione presentate, con le relative relazioni.

Il sito raccoglie poi i risultati del dibattito preassembleare che scaturisce dall’esercizio della prerogativa di porre domande ex art. 127-bis, almeno nel caso in

proposto la domanda e a tutti gli aventi diritto al voto mediante pubblicazione in una sezione apposita del sito Internet della società. Non mi sembra, infatti, in considerazione del valore di fase dell’iter informativo che la formulazione di domande assume nel momento preassembleare, che la comunicazione individuale delle risposte possa sostituire la pubblicazione nella sezione apposita del sito sociale, ma debba se mai aggiungersi ad essa. La considerazione risulta confermata dal comma 3 dell’art. 127-ter, ove si prevede che “si considera fornita in assemblea la risposta in formato cartaceo messa a disposizione, all’inizio dell’adunanza, di ciascuno degli aventi diritto al voto”, e quindi non solo di chi ha presentato l’istanza (corsivo aggiunto).

24 “(E)ntro il trentesimo giorno precedente la data dell’assemblea”: art. 125-bis, comma 1, t.u.f. Sono poi previsti termini anticipati per le assemblee che hanno ad oggetto l’elezione, mediante voto di lista, dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo (pubblicazione dell’avviso entro il quarantesimo giorno precedente lo svolgimento dell’assise sociale) e termini brevi e brevissimi rispettivamente per le delibere urgenti relative alle operazioni indicate nel terzo comma art. 125-bis, t.u.f. e per l’assunzione delle misure difensive in caso di opa (art. 104, comma 2, t.u.f.). In senso critico, sull’opportunità di frammentare i tempi della convocazione, secondo una scelta non imposta dall’armonizzazione comunitaria, GUIDOTTI, La convocazione, cit., p. 563 s.

25 Anche in assenza di una apposita previsione statutaria, l’avviso può riguardare le convocazioni successive alla prima: il d. lgs. 91/2012, infatti ha introdotto l’unica convocazione ex art. 2369, comma 1, c.c. come regola di default, così adottando la soluzione preferita dagli operatori, rispetto all’opt-in statutario accompagnato da limitazioni alla facoltà di delegare agli amministratori, per ciascuna assemblea, la modalità organizzativa da adottare.

(10)

cui l’avviso di convocazione preveda di dare risposta prima della riunione alle domande pervenute, opzione che dovrebbe rafforzarsi, presumibilmente, se si considera che uno dei punti deboli della disciplina del diritto di porre domande è stato ravvisato proprio nell’eccessiva dilatazione dei tempi di svolgimento delle adunanze che la prassi di rispondere in assemblea ha fin qui determinato (

26

).

2. I presupposti del diritto di integrazione. La partecipazione legittimante. - Nella legge sulla tutela del risparmio la disposizione introduttiva del potere di integrazione è stata significativamente collocata nel contesto delle “altre disposizioni a tutela delle minoranze”, indicandone una portata di margine rispetto alle più consistenti modalità di tutela che sono accordate alla minoranza con le tecniche dedicate di formazione degli organi amministrativi e di controllo (

27

). Altrettanto significativo è che la regola sull’inserzione di nuovi argomenti in agenda fosse accostata ad una norma (

28

) che rendeva obbligatoria la fissazione da parte della Consob di soglie di partecipazione al capitale inferiori all’uno per cento per raccogliere deleghe di voto in società ad azionariato particolarmente diffuso o di elevata capitalizzazione, e quindi in sostanza un accesso facilitato degli azionisti al meccanismo della delega (

29

). Il senso era

26 Così la Relazione al d. lgs. 91/2012.

27 L’altra norma introdotta nel capo secondo della legge 262 del 2005 prevedeva – con una modifica dell’art. 139 t.u.f. - l’eliminazione della facoltatività per la Consob di fissare soglie inferiori all’uno per cento del capitale al fine di acquisire la qualità di committente nella raccolta di deleghe di voto, laddove la società fosse di elevata capitalizzazione o ad azionariato particolarmente diffuso. La previsione di specifici requisiti del committente – e in particolare il possesso di azioni pari, di norma, almeno all’1 per cento del capitale sociale – è stata abrogata dall’art. 3.16 del d.lgs. 27 gennaio 2010, nell’ambito della revisione complessiva della disciplina delle deleghe di voto che è derivata dall’attuazione della Direttiva 2007/36/CE relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate. In particolare, proprio nel senso dell’ampliamento delle possibilità di votare per delega, in modo da favorire una maggiore partecipazione degli azionisti all’attività assembleare, l’art.

10 della Direttiva ha assunto l’obiettivo di rimuovere i limiti, legali e statutari, alla designazione di rappresentanti in assemblea, consentendo di limitare unicamente l’oggetto della delega (ad un’unica assemblea o alle assemblee tenute in un certo periodo), il numero di rappresentanti designabili da un medesimo azionista, la facoltà di esprimere il voto divergente, e di circoscrivere la libertà del delegante limitatamente ad alcuni casi di conflitto di interesse, ferma restando comunque l’impossibilità di vietare tout court il conferimento della delega (così l’art. 139 del t.u.f. con riguardo ai requisiti del committente che promuove la sollecitazione di deleghe agli azionisti). Ma che la rimozione dei limiti soggettivi e la previsione del rappresentante designato possano effettivamente “mobilizzare” i centri decisionali ella società, è efficacemente messo in dubbio da GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 10, anche alla luce dei limitati effetti invalidanti del deliberato che il mancato rispetto delle istruzioni comporterebbe.

28 Anch’essa inserita nel capo secondo della l. 28 dicembre 2005, n. 262.

29 Se il voto è uno dei principali tratti caratterizzanti del diritto societario, è evidente lo stretto collegamento che passa tra la determinazione delle materie che possono, nel quadro della ripartizione di competenze tra organi, essere sottoposte al voto e quindi oggetto di sollecitazione di una deliberazione dell’assemblea e le modalità con cui gli azionisti possono influenzarne il processo decisionale. Per alcune riflessioni favorevoli all’allargamento delle condizioni e delle possibilità di

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quello di introdurre meccanismi giuridici specificamente volti ad ampliare l’accesso alla votazione nel diritto societario (

30

) e, in questo contesto, di aumentare gli strumenti che favoriscono l’emersione di una dialettica endo-societaria fin dal momento della programmazione dell’attività assembleare (

31

). E’ chiaro infatti che il potere di integrazione non è in grado di influire sulla centralità organizzativa del principio maggioritario (

32

), ma rappresenta certamente di un meccanismo capace di dar voce alla minoranza qualificata imponendo alla maggioranza di prendere una posizione sulle soluzioni alternative – formulate in chiave positiva e non più soltanto come rifiuto di acconsentire alle proposte degli amministratori - di soggetti diversi dal gruppo di controllo (

33

).

L’art. 126-bis t.u.f. – ora riscritto dall’art. 3 del lgs. 91/2012 (

34

) - stabilisce che i soci i quali, anche congiuntamente, rappresentino un quarantesimo, e quindi il 2,5%, del capitale sociale, possono chiedere entro dieci giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, ovvero entro cinque giorni nel caso in cui la convocazione riguardi le assemblee urgenti e urgentissime di cui agli artt. 125-bis, terzo comma e 104, secondo comma, t.u.f., l’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti proposti per la discussione

incidenza degli azionisti sulla formazione delle decisioni, si vedano SCHWARTZ - WEISS, An Assessment of the Shareholder Proposal Rule Proposal, 65 Geo. L. J., 653 (1977).

Per una descrizione del sistema aperto di raccolta delle deleghe nell’esperienza nordamericana, anche in relazione alle proposte di integrazione dell’agenda da parte egli azionisti: PERNA, Public company, cit., p. 137 ss., TUCCI, Le deleghe di voto nelle public companies statunitensi, in Dir. comm. int., 1998, p. 385 ss.

30 Per l’identificazione del diritto di voto con l’unica forma di contributo positivo alle scelte imprenditoriali della società, ANGELICI, La riforma delle società di capitali, Seconda edizione, Padova, 2006, p. 86.

31 CARIELLO, Alcune questioni in tema di convocazione dell’assemblea su richiesta della minoranza, in Riv. soc, 1992, p. 610.

32 Se l’influenza sul piano della formazione della decisione è ovviamente proporzionale al numero delle azioni con voto possedute, tutti gli azionisti sono tuttavia posti su un piano di totale simmetria informativa, ABRIANI, Il “pungolo” gentile, cit., p. 35.

33 Per una magistrale rilettura della “teoria generale” degli interessi degli azionisti e delle opzioni legislative del testo unico orientate alla previsione di una “tutela” nella forma dell’attribuzione di

“potere” a quote determinate del capitale sociale, ANGELICI,Le minoranze, cit.,pp. 125 ss. e 131 ss. Si veda anche la puntuale notazione, nel senso della strumentalità dei poteri di convocazione a rendere maggiormente controllabile il rapporto con gli amministratori, LIBONATI, Diritto commerciale.

Impresa e società, Milano, 2005, p. 354. In merito alla specifica utilità del potere di intervenire nella definitiva conformazione dell’ordine del giorno nelle società quotate, TUCCI, Modifiche del diritto societario e nuove forme di tutela delle minoranze, in CAPRIGLIONE (a cura di), La nuova legge sul risparmio, Padova, 2006, p. 65 ss., spec. a p. 72 s.

34 L’articolo, inserito dall’art. 5 della l. 28 dicembre 2005, n. 262 era già stato sostituito dall’art. 3 del d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27.

(12)

ovvero presentare proposte di deliberazione sulle materie già all’ordine del giorno (

35

).

Per definire quali sono i soggetti che possono accedere al potere di integrazione, e di proporre preventivamente progetti di deliberazione, risulta nuovamente utile volgere lo sguardo alla disciplina della convocazione su richiesta dei soci (

36

), per verificare se sia possibile e corretto estendere, in via diretta o analogica, le stesse conclusioni lì raggiunte in ordine alla misurazione della percentuale di capitale sociale che deve essere rappresentato per l’esercizio del diritto.

In tal caso la legittimazione attiva dovrebbe riconoscersi, senza distinguere tra assemblea ordinaria e straordinaria, e allo stesso modo per le assemblee generali e speciali, ai soci che siano titolari del diritto di voto sugli argomenti oggetto di trattazione in quella assemblea e ciò sia per il necessario coordinamento con la disciplina dell’intervento in assemblea (

37

), sia per l’argomento desumibile dallo statuto normativo delle azioni di risparmio, tipicamente prive del diritto di voto e come tali escluse dal calcolo della aliquota stabilita dall’art. 2367 c.c. (

38

).

Pur esistendo una generale coerenza di tipo funzionale tra le previsioni del potere di convocazione dell’assise sociale e di aggiungere nuovi punti all’ordine del giorno, sembra, a ben guardare, che l’art. 2367 e l’art. 126-bis, divergano proprio in quella componente della ragione giustificatrice che dovrebbe supportare il raggiungimento di un medesimo risultato interpretativo: la determinazione ex nihilo di una riunione assembleare presenta un significato specifico che può rimandare a vere e proprie

35 La previsione del più ampio termine generale di dieci giorni, in luogo di quello originariamente fissato dalla l. 262/2005 in cinque giorni dalla convocazione, era stata introdotta dall’art. 3 del d.lgs.

27/2010.

36 Nel senso della stretta correlazione tra prerogative definite nell’art. 2367 e disposto dell’art. 126 t.u.f. anche MARCHETTI, Sub art. 2367, in MARCHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da) Commentario alla riforma delle società. Assemblea, Milano, 2008, p. 73 ss. a p. 78; PARRELLA, Sub art. 5, in NIGRO-SANTORO (a cura di), La tutela del risparmio, Torino, 2007, p. 78 ss. Sui problemi di interpretazione dell’art. 2367 c.c., ampiamente, MONTAGNANI, Commento sub art. 2367, in NICCOLINI- STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Napoli, 2004, p. 482 ss.

37 Sottolinea la connessione tra potere di convocazione, diritto di intervento e diritto di voto, MARCHETTI, Sub art. 2367, cit., p. 74.

38 Così il sesto comma dell’art. 145, t.u.f. che richiama, nel definire l’ambito di esclusione “il calcolo delle aliquote stabilite dagli articoli 2367, 2393, quinto e sesto comma, 2393-bis, 2408, secondo comma e 2409, primo comma, del codice civile”. Lo statuto delle azioni di risparmio confermerebbe quindi il collegamento funzionale tra potere di convocazione e poteri di voice da esercitare in assemblea, MAGLIULO, Sub art. 2367, in AA.VV., Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da D’ALESSANDRO, vol. II, t. I, Padova, 2010, p. 577 ss., a p. 582; PEDERZINI, Sub art. 2367, in GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli azionisti, cit., p. 542 ss., a p. 545. Nello stesso senso si erano espressi i commentatori della riforma organica: oltre a MARCHETTI, Sub art.

2367, cit., p. 74, si vedano FIORIO, Sub art. 2367, in COTTINO-BONFANTE-CAGNASSO-MONTALENTI (a cura di), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, p. 511 e PASQUARIELLO, Sub art. 2367, in MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Padova, 2005, p. 460.

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disfunzioni del rapporto tra soci e amministratori (

39

), mentre la facoltà di cui all’art.

126-bis lascia emergere la portata innanzi tutto informativa del potere, da collegarsi, sul piano operativo, non soltanto all’esercizio diretto del voto, ma anche all’utilizzazione dello strumento, ormai privo di limitazioni soggettive di rilievo, della sollecitazione di deleghe (

40

). Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe che l’unico requisito legittimante sia la qualità di socio, con esclusione quindi dei titolari di strumenti finanziari – anche partecipativi – ma in misura indipendente alla titolarità originaria del diritto di voto e quindi di intervento in assemblea (

41

). La considerazione non pare contraddetta, ma se mai confermata dalla lettura del nuovo testo dell’art. 126-bis, dove si stabilisce che “(c)olui al quale spetta il diritto di voto può presentare individualmente proposte di deliberazione in assemblea” (art. 126-bis, comma 1, t.u.f., in fine), così differenziandolo dai “soci” che possono domandare l’integrazione. E’ ben vero che la differente qualificazione dei soggetti legittimati ad aggiungere nuovi punti all’ordine del giorno e a proporre preventivamente progetti di deliberazione si giustifica in ragione del coordinamento della norma con la disciplina della record date, secondo cui i soggetti legittimati ad intervenire e a votare ex art.

83-sexies non sono necessariamente “soci” (

42

), ma è pur vero che la lettera della disposizione si presta altresì ad una lettura coerente alla specificità degli interessi protetti attraverso i poteri di intervento nel dibattito preassembleare, che giustificherebbe una legittimazione più ampia di quella a presentare proposte in assemblea, non potendosi qui prescindere dalla titolarità del diritto di intervento e, quindi, di voto.

39 LIBONATI, Diritto commerciale, cit., ibidem.

40 Sull’essenzialità di promuovere la raccolta di deleghe anche sulle proposte presentate dalla minoranza, pure in un contesto normativo che prevedeva la necessaria presenza di un intermediario, IRACE, Il ruolo degli investitori istituzionali, cit., p. 134 ss. Si vedano però in senso critico rispetto alla effettiva incidenza dei nuovi presupposti per la raccolta di deleghe sulla stabilità dei centri decisionali, GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 10.

41 In senso contrario, PARRELLA, Sub art. 5, cit., p. 79, n. 8 e, seppure con accenti dubitativi, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis in GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli azionisti, cit., p. 679 ss., a p. 686.

Per quanto concerne le azioni oggetto di diritti limitati, deve ritenersi senz’altro applicabile, in parte qua, il disposto dell’art. 2352, comma 6, c.c. ove prevede la legittimazione cumulativa del socio e del titolare del diritto reale di godimento o di garanzia e quella, invece esclusiva, del custode sequestratario. L’applicazione del principio di tassatività delle regole sanzionatorie – cui è riconducibile la ratio dell’art. 2368, comma 3, c.c. - suggerisce di mantenere in capo al socio la prerogativa di chiedere l’integrazione dell’agenda nelle ipotesi tipiche di sospensione del voto quali la morosità, la titolarità di azioni proprie, l’omissione delle comunicazioni previste dall’art. 120, comma 2, t.u.f. o il superamento delle soglie di incrocio azionario fissate dai commi 2 e 3 dell’art. 120 t.u.f.

42 Sulle implicazioni sistematiche della disciplina della record date, FURGIUELE, Record date ed esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso, in Riv. dir. comm., 2011, I, p. 157 ss.

(14)

3. Forma e contenuto della richiesta di integrazione dell’agenda. – Il d.lgs. 91/2012, nella prospettiva della definitiva messa a punto della disciplina dei diritti degli azionisti, ha meglio definito le modalità di trasmissione della richiesta, per la quale è sempre necessaria la forma scritta, prevedendo l’invio per corrispondenza o con mezzi elettronici, nel rispetto dei requisiti esteriori, anche di natura tecnica, che risultino “strettamente necessari” per identificare i richiedenti e che la società dovrà indicare, anche con riferimento al sito internet, nell’avviso di convocazione. Alla richiesta va allegata la certificazione attestante la titolarità della partecipazione.

Per quanto concerne il contenuto della richiesta, non si può prescindere dalla definizione della duplice funzione dell’ordine del giorno dell’assemblea delineata da Vivante (

43

): da un lato la funzione positiva, di tipo informativo, volta a consentire ai soci una partecipazione in assemblea con “maturo consiglio” e dall’altro quella negativa, diretta ad impedire che “si sorprenda la buona fede degli assenti”

deliberando su materie non attese (

44

).

Analizzando le modalità di formazione dell’agenda assembleare, si riscontra una diversa terminologia: quando l’impulso è degli amministratori, essi devono convocare l’assemblea indicando le materie da trattare (art. 2366 c.c., in cui l’indicazione dell’elenco delle materie da trattare appunto descrive la predisposizione di quella parte dell’avviso di convocazione che consiste nell’ordine del giorno); quando invece la richiesta di convocazione, o di integrazione proviene dai soci, nella domanda diretta ad ottenere la convocazione ex art. 2367 c.c. debbono essere indicati “gli argomenti da trattare” ovvero - nella richiesta volta a conseguire l’integrazione dell’agenda di un’assemblea già convocata ex art. 126-bis - “gli ulteriori argomenti da essi proposti”. Le materie, dunque, sono poste in discussione dagli amministratori, gli argomenti, dai soci: poiché la materia può essere definita come l’“insieme degli argomenti” di una trattazione, mentre l’argomento costituisce appunto (una delle) materie che la trattazione compongono, la proposta dei soci sembra avere un oggetto più circoscritto di quella introdotta dagli amministratori, cui sarebbe in definitiva riservato il potere di sottoporre alla discussione, e soprattutto di inserire nel circuito

43 Nel Trattato di diritto commerciale, vol. II, 4° ed., Milano, 1912, p. 283 ss.

44 La definizione vivantiana della funzione dell’ordine del giorno è precisamente ricalcata dalle decisioni della Corte di Cassazione in materia: si veda, per tutte, Cass. 12 marzo 1981, n. 1408, in Giur. comm., 1981, II, p. 564.

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informativo preassembleare, che si arricchisce poi con il potere di integrazione e il diritto di porre domande, temi di più ampia portata (

45

).

Tuttavia, mantenendo l’analisi sul piano positivo, non sembra revocabile in dubbio l’omogeneità ontologica tra materie da trattare ed argomenti da discutere, se non altro perché il loro contenuto deve necessariamente uniformarsi a quello – tipico - dell’atto che in origine o successivamente contribuiscono a formare, ossia l’ordine del giorno.

Poiché in effetti quest’ultimo, consiste in un elenco di materie da trattare (arg. ex art.

2366 c.c.) l’inserimento di punti ulteriori non può che rappresentare l’aggiunta di nuovi temi di discussione dotati di un grado di determinazione tale da costituire materie su cui deliberare nel rispetto del principio di informazione dei soci chiamati alla riunione, anche se non deve trattarsi necessariamente di progetti di decisione veri e propri (

46

).

La questione non è meramente nominalistica, poiché il differente grado di specificazione della richiesta, che comunque può nella pratica permanere nella forbice che va dal grado massimo di determinazione - rappresentato dall’oggetto delle singole deliberazioni da prendere - e quello minimo - rappresentato dall’indicazione anche sintetica, purché chiara e non ambigua, degli argomenti di discussione, incide su due profili operativi di non poco momento.

Da un lato, la circostanza che l’ulteriore argomento sia più o meno dettagliato influisce sulla sindacabilità della richiesta di integrazione da parte degli amministratori e, di conseguenza, sul potere di modificarla in fase di attuazione;

dall’altro, ed in senso più generale, il grado di determinatezza dei nuovi argomenti incide sull’interpretazione del deliberato assembleare.

I margini interpretativi degli effetti della deliberazione, infatti, diminuiscono all’aumentare del grado di specificità dei temi di cui si è programmata la discussione.

Poiché l’ordine del giorno delimita, in ossequio al principio di informazione dei soci, la competenza decisoria dell’assemblea (

47

), una materia diversa da quella ivi indicata

45 L’impressione che gli oggetti di discussione abbiano una diversa ampiezza se provenienti dall’organo gestorio o dai soci rimane intatta al confronto con le norme omologhe presenti in altre leggi europee. Nel diritto francese, ad esempio, a fronte delle questioni (“questions”) poste all’ordine del giorno dagli amministratori, si parla di progetti di deliberazione (“projets de résolution”) là dove la proposta di integrazione dell’agenda assembleare provenga dalla minoranza.

Per un uso sinonimico delle due espressioni, AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, p. 185.

46 Anche il vincolo interpretativo posto dalla attuazione della SHRD depone nel senso di una specificità analoga a quella imposta agli amministratori: si veda al riguardo l’art. 6, comma 1, lett. a) dove si fa riferimento al “diritto di iscrivere punti all’ordine del giorno”.

47 E’ l’insegnamento di G.FERRI, Le società, in Trattato di diritto civ. it., diretto da F. Vassalli, Torino, 1971, p. 419.

(16)

non può essere oggetto di deliberazione, neppure se implicita in uno degli argomenti di cui è programmata la trattazione (

48

); allo stesso modo, non possono trarsi dalla interpretazione della decisione esplicita corrispondente all’agenda programmata, effetti ulteriori caratterizzati da distinzione ed autonomia di oggetto (

49

).

Sul punto è intervenuto in maniera definitiva il decreto correttivo prevedendo, nel nuovo quarto comma dell’art. 126-bis, il dovere di specificare puntualmente non solo le ragioni, ma anche lo scopo della richiesta di integrazione (

50

) predisponendo una relazione che contenga “la motivazione delle proposte di deliberazione sulle nuove materie di cui essi propongono la trattazione”: se ne desume, quindi, che ogni richiesta di aggiungere nuovi punti all’agenda assembleare debba essere corredata da un progetto di risoluzione.

Con riguardo invece alle materie indicate nell’orine del giorno originario, ci si domandava, prima dell’intervento del decreto correttivo, se i soci potessero presentare prima dell’assemblea – e quindi diffondere con i mezzi elettronici di messa a disposizione del pubblico indicati nell’art. 125-bis e 125-quater – progetti di deliberazione alternativi a quelli predisposti dagli amministratori (

51

).

La previsione dell’art. 6 della Direttiva di “presentare proposte di delibera su punti che figurano o figureranno all’ordine del giorno” non era stata ripresa nella stesura definitiva del d.lgs. 27/2010, anche se si riteneva che un’interpretazione

“comunitariamente orientata” potesse essere sufficiente a colmare la lacuna normativa (

52

).

La questione è stata superata con l’entrata in vigore del d.lgs. 91/2012 che prevede espressamente, per le assemblee il cui avviso di convocazione sarà pubblicato dopo il 1° gennaio 2013, la facoltà di presentare anticipatamente - e negli stessi termini e modalità prescritti per la richiesta di integrazione dell’ordine del giorno - proposte di deliberazione sulle materie già in agenda, proposte che dovranno essere diffuse attraverso il sito internet della società e con le altre modalità previste dalla Consob e dallo statuto per l’avviso di convocazione, almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’assemblea (art. 126-bis, comma 2, t.u.f.).

48 SERRA, L’assemblea, cit., p. 111.

49 Sul tema, P.FERRO-LUZZI, In tema di deliberazione assembleare implicita, in Riv. dir. comm., 1969, II, p. 181.

50 Si confronti il § 122 AktG, Abs. 1: “die Einberufung schriftlich unter Angabe des Zwecks und der Gründe Verlangen“ (corsivo aggiunto).

51 In senso affermativo, argomentando dalla portata self executing delle disposizioni “sufficientemente precise” della Direttiva, ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 17 s.

52 Così ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 19.

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