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Sulla decorrenza della prestazione Il ctu e "la valutazione della valutazione"

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Academic year: 2022

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Sulla decorrenza della prestazione Il ctu e "la valutazione della valutazione"

Dr. Gabriele Calcinai*

L'interesse per la riflessione di seguito esposta è scaturito in noi qualche tempo fa, allorché fummo casualmente presenti ad una udienza tenuta dal Pretore del Lavoro di Pisa.

In particolare fummo incuriositi da un commento del Magistrato il quale, dopo avere ascoltato i chiarimenti resi dal Consulente Tecnico dell'Ufficio (CTU), pronunciò queste testuali parole: "Il consulente tecnico deve porre attenzione nel fare la valutazione della valutazione!".

Al termine dell'udienza chiedemmo informazioni sul caso. La necessità del chiarimento era sorta per dirimere la decorrenza di una prestazione economica in ambito d'invalidità civile, a proposito della indennità di accompagnamento.

Riteniamo l'argomento -la determinazione della decorrenza, appunto- uno di quelli sui quali gran parte degli addetti ai lavori si trova d'accordo, quasi a seguire un tacito intendimento di vedute sui principi che lo informano. Nonostante ciò, e nella speranza di non sucitare noia nel lettore, intendiamo riproporre alcuni richiami sulla natura del parere richiesto al CTU ed alcune brevi considerazioni sul suo ruolo.

Il CTU è un "ausiliare" del Giudice. La sua conoscenza di quel determinato settore tecnico o professionale garantisce (o quantomeno dovrebbe garantire) la trasparenza e la serietà di applicazione del metodo scientifico attuato per raggiugere la soluzione del quesito postogli. Egli è colui che gli altri ritengono e chiamano "perito". Sempre più spesso invece, constatiamo con amarezza che molti specialisti, medici legali e non, amano definirsi in prima persona "perito".

Confessiamo perfino di aver provato un certo avvilimento il giorno in cui, sfogliando un fascicolo, osservammo in calce ad una carta intestata, dopo il nome, il cognome e l'indirizzo del collega, la dicitura "perizie medico-legali". Non intendiamo commentare ulteriormente questo aspetto di natura deontologica e ci limitiamo ad esternare la nostra piena adesione al pensiero del prof. M. Bargagna, che alcuni anni fa, in un interessante congresso sull'Etica Professionale nella Medicina Legale tenutosi a Volterra (PI), scrisse e disse testualmente: "Il mestiere di perito non esiste."

Il CTU esprime dunque una valutazione tecnica dopo aver analizzato la documentazione medica ed aver visitato il periziando, in coerenza cioè con quanto riscontrato, eventualmente interpellando altri colleghi di sua fiducia per le questioni di natura prettamente clinica. Nella successione di interventi di natura medica, -che inizia di solito con il certificato del curante o del pronto soccorso-, quello del CTU rappresenta l'anello tecnico-valutativo, che, nella gran parte dei casi è anche l'ultimo della serie. Il Cardillo, avvocato in Messina, ha scritto su questa stessa rivista (4/95): "Il consulente tecnico (...) svolge una funzione valutativa che si concreta in un giudizio, sia pure ausiliario alla formazione del convincimento del magistrato (...), egli deve avere la capacità tecnica, non solo di acquisire dati e valutarli, ma di indagare direttamente sugli stessi, per ricostruirli, sia sotto il profilo c.d. dinamico (cause), sia sotto il profilo c.d. cinematico (svolgimento), e riferire dunque al giudice non in qualità di teste ma in qualità di valutatore, compiendo spesse volte un giudizio storico nella ricostruzione dei fatti." Il suo compito non si risolve né si esaurisce nel comportamento asettico, scaturente dalla fredda analisi documentale o dalla visita peritale, ma si completa della propria o dell'altrui conoscenza clinica al fine di esprimere, nell'ambito di quanto a lui richiesto, la personale opinione su quanto allegato dalle parti in causa e, nondimeno, nell'avanzare ipotesi anche solo a titolo di indicatività, se di meglio

* Medico Legale, Pisa

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non può essere fatto.

Il CTU, quando non può applicare ferreamente la criteriologia medico-legale, deve basarsi su fondate presunzioni e valori di grande verosimiglianza. Così, nei casi in cui non esistono certezze assolute, e la Medicina ne conosce ben poche, la sussistenza del nesso causale può essere ammessa sulla base del criterio di probabilità. L'incertezza di molte tesi mediche porta all'innegabile realtà che ancora oggi troppo spesso essa è un opinione. Tale fatto non consente di esprimersi secondo i parametri di precisione ed uguaglianza richiesti dalla Legge.

In pratica al CTU si richiede una ponderata valutazione: ciò che in altri ambiti prende il nome di determinazione, estimo, proiezione, eccetera. Ci pare dunque inscindibile fare ciò ed esprimere anche un'opinione personale giustificativa della valutazione stessa, apporre cioè in calce al parere la motivazione. La motivazione serve a spiegare il perché si è giunti a quella conclusione e non ad un'altra... a risalire alla sua fonte. Essa rappresenta il fondamento del dissenso scaturito nei confronti di una conclusione operata da altri. Riteniamo che il CTU possa, anzi, debba andare oltre il riscontro della diagnosi ricavabile da un certificato. Egli, per rispondere in modo compiuto al quesito postogli, deve porre in evidenza stonature, incongruenze, diversità di opinioni mediche, confrontare il grado di concordanza, il tenore e la qualità delle certificazioni, e, in ultimo, proporre il proprio parere operando una critica, senza per questo assurgere lui ad arbitro, ma semplicemente mettendo in luce ciò che appare verosimile o inverosimile, certo od incerto sulla base della propria esperienza, scienza e, soprattutto, coscienza. "Buona parte della condotta è segnata nella coscienza di chi opera. ... L'etica del perito corrisponde a quella che richiede l'adempimento di uno specifico dovere e non un occasione di lavoro come qualsiasi altra" (M.

Bargagna). Merito indubbio delle prerogative etiche che ogni buon consulente tecnico deve possedere e non di meno del ruolo privilegiato che egli ricopre: quello di poter valutare "ex post", in assoluta autonomia, tutto l'excursus clinico... quando esso è ben documentato. Non si negherà infatti, che vi sono casi in cui è materialmente impossibile raggiungere perfino una fondata presunzione. In casi di estrema carenza documentale poi, egli deve dire che non si può rispondere senza cadere nella facile opinabilità. Sono queste le situazioni limite nelle quali tuttavia il CTU non deve esimersi neppure dall'ammettere l'impossibilità di rispondere al quesito. E' buona regola, dunque, porre sempre in luce la radice del proprio convincimento. Tale modo di operare, a nostro avviso, dovrebbe far ritenere compiuto l'incarico affidato dal Giudice. L'opera del CTU è dunque ineludible e massimo deve essere l'impegno per soddisfare la richiesta del Magistrato. E fu proprio un Pretore del Lavoro che, discutendo un giorno con noi sull'argomento in titolo, ci fece giustamente notare con disarmante semplicità : "Se bastasse far decorrere una prestazione dalla data di un certificato presente in atti, non servirebbe il parere del CTU!".

La coerenza con l'oggettività documentale e biologica riscontrata rappresenta la base di ogni parere. Così operando, riteniamo che al CTU sia consentito esprimere la personale opinione, anche critica, come detto. Quanto invece è bagaglio della personale esperienza professionale, dovrebbe servire a rendere maggiormente accreditabile il parere.

Emerge dunque un'esigenza giustificativa, da soddisfare con opinioni scientifiche assodate. In altre parole, non può negarsi l'esistenza di una battaglia delle opinioni.

Tra le varie possibilità che si formino valutazioni diverse, per dirla con il titolo, il CTU ha facoltà di fare la "valutazione della valutazione"?

Non stiamo parlando esclusivamente della valutazione percentuale numerica, ma dell'opinione conclusiva che altri medici hanno maturato sulla base di quegli stessi elementi che invece al CTU ne suggeriscono una diversa.

La "decorrenza della prestazione", a nostro parere, è una tipologia concettuale sui generis sulla quale, forse, non tutti si sono soffermati a dovere e che bene esprime il dubbio che ci poniamo.

Nell'ambito dell'invalidità civile, la problematica da noi evidenziata, infatti, a prima vista può sembrare di scarso rilievo pratico, ma ha rappresentato e rappresenta un dilemma per molti CTU, costretti a cimentarsi in casi nei quali la Commissione USL ha proceduto all'accertamento di Prima Istanza dopo uno, due o più anni dall'inoltro della domanda, riconoscendo poi la decorrenza della

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prestazione senza ausilio di ulteriore documentazione intercorsa nel frattempo. Per verità, questo, oggi, accade sempre meno. Il lavoro delle commissioni di Prima Istanza ha subito una svolta decisiva in questi ultimi tempi, tale per cui il primo parere è perfezionato entro pochi mesi dalla domanda. Facciamo tuttavia un esempio.

La Commissione USL visita il cittadino dopo un anno e mezzo dalla domanda. Non vi sono certificazioni specialistiche, ma solo quella generica iniziale del medico curante, scarsamente descrittiva. La visita però fa rilevare un soggetto inequivocabilmente allettato con ulcere da decubito. La Commissione concede la prestazione (indennità di accompagnamento), ma stabilisce la decorrenza a far luogo da cinque mesi prima rispetto alla visita, ritenendo con fondata presunzione che l'obbiettività riscontrata (ad esempio lo stato generale di conservazione del paziente, la tipologia ed estensione delle ulcere decubitali, ecc.) giustifichi che solo da quell'epoca il visitato si trovi nelle reali condizioni per poterne fruire. Il cittadino non concorda con tale decisione, ricorre al Giudice e, nel frattempo, egli decede. E' fissata l'udienza di conferimento incarico al CTU.

Il Magistrato pone solitamente alcuni quesiti medico-legali, variabili in base alla tipologia del caso da risolvere. Per brevità di esposizione diciamo che l'essenza del quesito che solitamente si pone al CTU è la seguente: "Se, da quando ed in quale misura percentuale il cittadino ricorrente possa (o poteva) ritenersi invalido civile o abbisognevole di assistenza conti-nua".

Nell'esempio proposto, il CTU, chiamato a dirimere la questione sugli atti, come dovrebbe comportarsi nel rispondere al famoso "da quando" previsto dal quesito?

Chi sostenesse la teoria della "non ingerenza", per così dire, del CTU su alcuni aspetti della valutazione operata da altri, affermerebbe che egli dovrebbe limitarsi ad esprimere il parere sull'oggetto della visita (la richiesta indennità). In tal caso però, trattandosi di puro parere tecnico sugli atti, sarebbe ingiusto od arbitrario che egli stabilisse la decorrenza a far luogo dal giorno della visita in Prima Istanza: gli eredi perderebbero cinque mesi di ratei spettanti al de cuius. Ne consegue dunque che, una volta riconosciuta equa la diagnosi e lo svolgimento della visita in Commissione, è inevitabile avallare anche il parere in quella sede stabilito intorno alla decorrenza.

Il problema sembra esaurirsi e subito risolversi proprio nell'oggetto del parere. La determinazione della decorrenza dunque è compito del CTU? Senza dubbio, sì. Tant'è, come sopra visto, che essa rappresenta proprio uno dei quesiti posti dal Giudice stesso.

Nessun problema sorge quando esistono documenti o riscontri inequivocabili o quando vi sia idonea documentazione per discordare su quanto da altri stabilito: l'importante è esprimere sempre il motivo dell'assenso o dissenso.

Eccoci alla chiusura del cerchio. Se tale comportamento è ammesso, altrettanto deve esserlo quello opposto: ove non si riscontrino motivi di critica e ritenuta equa la diagnosi fatta da altri, è inevitabile mutuare da questi anche l'eventuale opinione sulla decorrenza, senza per questo essere accusati di eccessiva fiducia nei confronti del prossimo solo perché in atti non vi è nulla che faccia ritenere il contrario.

Il potere decisionale (suggeritore) del CTU si risolve in definitiva nell'adempimento di un dovere: esprimere comunque (cioè a prescindere dalla presenza o meno di carte a disposizione) una personale opinione, purché motivata ed al solo scopo di far conoscere la verità... o quanto di più, con fondata ragionevolezza, gli rassomigli.

Come detto in apertura, trattandosi di materia medica, per sua natura imprecisa e mutevole, molte volte il parere è il risultato di deduzioni, di fondate presunzioni e criteri probabilistici...

concetti cioè che comportano sempre un certo grado di opinabilità. Se dunque, è generalmente comprensibile la difficoltà del CTU a determinare con precisione la decorrenza di una prestazione, a maggior ragione la si comprenda sia nei casi in cui v'è grave carenza documentale, sia in quelli dove, anche volendo, non è neppure possibile fare la "valutazione di una valutazione".

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