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CIRCOLARE INFORMATIVA n. 10/2020

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CIRCOLARE INFORMATIVA n. 10/2020

Milano,12 giugno 2020

Qui di seguito proponiamo un sintetico aggiornamento sui seguenti argomenti:

1. Coronavirus e il divieto di licenziamento

2. Decreto "Rilancio": contratti a tempo determinato- rinnovi e proroghe senza causale fino al 30 agosto 3. Nuovi chiarimenti ministeriali in materia di formazione obbligatoria

4. L’inquadramento previdenziale istruzioni operative al personale ispettivo 5. Cassazione - Infortunio sul lavoro non c’è la responsabilità automatica del datore 6. Rappresentante per la sicurezza: compiti e funzioni

7. Contributo per il licenziamento

8. Gestione separata: nuovo requisito contributivo per maternità e congedo parentale 9. Ccnl Metalmeccanica nuovi minimi salariali e retributivi

10. Notizie in breve

1.CORONAVIRUS E IL DIVIETO DI LICENZIAMENTO

Tra le misure adottate dal Governo a sostegno dei lavoratori durante il periodo di pandemia da Covid-19, vi è anche il blocco dei licenziamenti determinati da ragioni di natura organizzativa-economica, sia quelli conseguenti ad un procedimento di licenziamento collettivo, sia quelli individuali. Il divieto, la cui durata è stata inizialmente prevista in 60 giorni dal c.d. Decreto “Cura Italia” (DL 18/2020 conv. in L. 27/2020), prevede adesso la preclusione dal recesso per 5 mesi, per effetto del prolungamento del termine ad opera del c.d. Decreto “Rilancio” (DL 34/2020).

Il divieto di licenziamento

Nell'ambito del disegno di protezione dell'occupazione dichiarato dal Governo, il decreto "Cura Italia" (art.

46 DL 18/2020 conv. in L. 27/2020) ha introdotto la preclusione, dalla sua entrata in vigore e per 60 giorni, dell'avvio delle procedure di licenziamento collettivo (artt. 4, 5 e 24 L. 223/91), con la sospensione di quelle pendenti, ove avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Sino alla scadenza del medesimo termine, la norma impedisce al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. 604/66).

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2 Il DL 34/2020 è intervenuto sulla norma, portando a 5 mesi la durata del divieto di licenziamento ed aggiungendo alla fine del primo comma la sospensione pure per le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso (art. 7 L. 604/66), che sono obbligatorie per i licenziamenti economici che intendono disporre i datori di lavoro che occupano più di quindici dipendenti, i quali sono obbligati a tentare la conciliazione preventiva davanti all'Ispettorato territoriale del lavoro, secondo i tempi dettati appunto dall'art. 7 L. 604/66.

L'ambito applicativo

Il divieto di cui si parla si applica con riferimento alle procedure di licenziamento collettivo (artt. 4, 5 e 24 L. 223/91), ed ai licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. 604/66).

Da questo debbono ritenersi sicuramente esclusi i licenziamenti di natura disciplinare, così come quelli dei collaboratori domestici e dei dirigenti. I primi perché evidentemente estranei all'ambito delle ragioni inerenti l'attività produttiva, la sua organizzazione ed il regolare funzionamento. Dirigenti e collaboratori domestici perché, seppure per ragioni diverse, si tratta di categorie sottratte alla disciplina specifica che regola le ragioni economiche dei licenziamenti.

Il divieto non si applica neppure al licenziamento degli apprendisti per fine formazione, perché si tratta di un motivo specifico, previsto dall'art. 42, c. 4, D.Lgs. 81/2015.

Identiche considerazioni possono essere rivolte ai licenziamenti per superamento del periodo del comporto. Come pure, infine, non soggiace al divieto di licenziamento emergenziale quello disposto per mancato superamento del periodo di prova, perché anche questo è estraneo alle logiche ordinarie della giustificatezza del licenziamento, risultando regolato dalla libera recedibilità, così come disciplinata dall'art. 2096 c.c.

L'efficacia temporale del divieto

Il divieto di intraprendere procedure di licenziamento collettivo (L. 223/91) e di disporre licenziamenti individuali di natura economica per le ragioni previste dall'art. 3 L. 604/66 opera dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore della norma che lo dispone, sino al 17 agosto, quando scadrà il termine di 5 mesi, così come prolungato dall'art. 80 DL 34/2020.

La nullità dei licenziamenti irrogati nonostante il divieto e la “ Naspi ” dell'INPS

Al netto delle considerazioni sulla tenuta costituzionale del divieto di licenziamento così come previsto dall'art. 46 DL 18/2020 conv. in L. 27/2020 non vi è dubbio che lo stesso ha introdotto una ipotesi di nullità del licenziamento, che nell'ambito dell'arco temporale della sua operatività, fa sì che il licenziamento eventualmente disposto nonostante la sua vigenza, sia da considerarsi nullo.

La nullità può essere accertata dal giudice del lavoro, su domanda del lavoratore interessato, destinatario del provvedimento espulsivo, che ha l'onere di impugnarlo nei termini e modi di legge (entro 60 giorni in via stragiudiziale, con contestazione scritta, cui deve seguire entro i successivi 180 giorni, a pena di decadenza, il deposito del ricorso al giudice del lavoro).

In questi tempi di emergenza, i alcuni uffici territoriali dell'INPS, hanno ritenuto di poter negare la concessione della indennità di disoccupazione ( NASPI) ai lavoratori che ne hanno fatto richiesta.

In un recente messaggio l’Istituto ha precisato quanto segue:

a. l’indennità di disoccupazione NASpI è una prestazione riconosciuta ai lavoratori che hanno perso l’occupazione involontariamente: a tal fine, non rileva il carattere nullo del recesso per giustificato motivo oggettivo - intimato dal datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto – poiché l’accertamento

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3 sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore;

b. pertanto, ove sussistano tutti i requisiti previsti, saranno accolte le domande di indennità NASpI presentate dai lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di licenziamento (con le causali ex art. 46 del D.L. n. 18/2020) intimato anche in data successiva al 17 marzo 2020, di entrata in vigore del decreto “Cura Italia”;

c. tuttavia, l’erogazione della NASpI ai lavoratori licenziati per GMO – nonostante il divieto posto dall’art. 46 del D.L. n. 18/2020 – sarà effettuata dall’Inps con riserva di ripetizione di quanto erogato nel caso in cui il lavoratore, a seguito di contenzioso giudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro.

2. DECRETO RILANCIO: CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO- RINNOVI E PROROGHE SENZA CAUSALE FINO AL 30 AGOSTO

Come noto, a fronte dell'emergenza sanitaria da COVID-19 e della conseguente crisi economica, in sede di conversione del DL n. 18/2020 (cd. Decreto "Cura Italia") il Legislatore ha previsto la possibilità, relativamente al periodo di ricorso agli ammortizzatori sociali per la pandemia da Coronavirus, di rinnovare e prorogare i contratti a termine in essere, anche in somministrazione, nonché la deroga al rispetto degli intervalli temporali.

Con l'articolo 93 del Decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020 (cd. Decreto "Rilancio") il Legislatore interviene nuovamente con una deroga alla disciplina dei contratti a tempo determinato, consentendo il rinnovo o la proroga senza necessità di indicazione delle causali fino al 30 agosto 2020, relativamente ai contratti in essere al 23 febbraio 2020.

CONTRATTI A TERMINE ACAUSALI FINO AL 30 AGOSTO

In occasione della conversione, con modificazioni, del DL n. 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia) da parte della Legge n. 27 del 24 aprile 2020, il Legislatore, ai fini della tutela dell'occupazione nel periodo di emergenza sanitaria da Coronavirus, ha disposto (art. 19-bis del DL n. 18/2020), relativamente periodo di utilizzo degli ammortizzatori sociali per COVID-19, la deroga

al divieto di rinnovo / proroga dei contratti a tempo determinato (anche a scopo di somministrazione),

Ora, l'articolo 93 del DL n. 34/2020 (c.d Decreto "Rilancio") interviene nuovamente in tema di disciplina relativa al contratto a tempo determinato di cui al D.Lgs n. 81/2015 come modificato dal c.d. Decreto Dignità, introducendo la possibilità di rinnovo o proroga senza causali fino al 30 agosto 2020 dei rapporti di lavoro a termine in essere al 23 febbraio 2020.

Nello specifico, la norma dispone che:

"In deroga all'articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all'emergenza epidemiologica da COVID-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n.

81."

La deroga all'obbligo dell'indicazione delle causali, viene limitata dal Legislatore

• al riavvio delle attività a seguito dell'emergenza Coronavirus, relativamente

• ai contratti a tempo determinato in essere al 23 febbraio 2020 e

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• fino alla data del 30 agosto 2020.

Pertanto, dal dettato normativo si evince che per i contratti scaduti prima del 23 febbraio 2020, nonché per quelli stipulati per la prima volta successivamente a tale data trova piena applicazione la disciplina

"ordinaria", con conseguente applicazione del regime delle causali. Non è da escludere che in sede di conversione in legge del provvedimento si provveda ad eliminare tale limitazione.

Comunque, rimangono ferme le previsioni in tema di durata massima dei contratti a termine, nonché di obbligo nel caso di riassunzione del rispetto degli intervalli temporali (cd. "stop & go") stabiliti, fatte salve diverse previsioni da parte della contrattazione, in:

• 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi;

• 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi.

L'articolo 93 del DL Rilancio prevede la possibilità di rinnovo o proroga senza causale dei suddetti contratti a termine fino alla data del 30 agosto 2020, senza precisare se tale termine vada considerato quale data ultima per la stipula di un accordo di proroga o di rinnovo, oppure quale data entro cui in ogni caso va fissata la scadenza del contratto.

In attesa di eventuali precisazioni in sede di conversione in legge del DL n. 34/2020, si evidenza che a tale proposito il Ministero del Lavoro, nella brochure informativa sul DL Rilancio pubblicata il 25 maggio 2020 e contenente le slide relative alle nuove misure per i lavoratori e le famiglia, propende per un un'interpretazione restrittiva della norma, precisando che: "La durata di eventuali rapporti di lavoro a termine, prorogati o rinnovati in base a tale disposizione, non potrà eccedere la data del 30 agosto 2020."

Secondo il dettato normativo, inoltre, la deroga in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine è stabilita "per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all'emergenza epidemiologica da COVID-19", non risultando del tutto chiaro se si tratta di una nuova specifica causale o soltanto di un richiamo generico, con la possibilità di avvalersi del regime di acausalità da parte di tutte le imprese e non solo di quelle interessate alla ripartenza dell'attività dopo l'emergenza Coronavirus.

A differenza della previsione sui contratti a termine prevista dal DL Cura Italia, nonostante l'articolo 93 del DL Rilancio non menzioni espressamente i contratti a tempo determinato a scopo di somministrazione, ai sensi dell'art. 34, comma 2 del D.Lgs n. 81/2015 è da ritenersi che anche rispetto a questi trovi applicazione la stessa disposizione (a riguardo si auspica che in sede di conversione in legge del decreto vengano espressamente menzionati anche i contratti in somministrazione).

3. NUOVI CHIARIMENTI MINISTERIALI IN MATERIA DI FORMAZIONE OBBLIGATORIA

Un tema che sta diventando sempre più "caldo" nella gestione dei rapporti di lavoro durante questa emergenza da Covid-19, è la conferma da parte del Dpcm 17 maggio 2020, della sospensione generalizzata delle attività formative in presenza, che ha notevoli ricadute specie sulla formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro prevista dal Dlgs n.81/2008 e dalle altre norme in materia.

In effetti ,almeno per il momento, è stata mantenuta la misura della sospensione, consentendo in ogni caso il ricorso alla formazione a distanza. Al tempo stesso, inoltre, la stessa norma, sulla scia di quanto prevedeva il Dpcm 26 aprile 2020, stabilisce anche che «Al fine di mantenere il distanziamento sociale è da escludersi ogni altra forma di aggregazione alternativa»; si tratta di una clausola atta ad impedire che la formazione possa in qualche modo essere svolta con l'aggregazione di più persone.

Le nuove indicazioni del ministero del Lavoro

In merito va segnalato che il ministero del Lavoro il 21 maggio 2020 ha pubblicato sul proprio sito due importanti Faq. Nella prima afferma che, vista la situazione eccezionale

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5 si ritiene che nel caso in cui non sia possibile, temporaneamente, effettuare l'aggiornamento previsto si possa ugualmente proseguire lo svolgimento dell'attività lavorativa;

diversamente, per quanto riguarda «la formazione da svolgere ex novo (ad esempio, in caso di assunzione di nuovo personale, o nel caso di cambio di mansione, ovvero ancora nel caso dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro), si ritiene che la stessa non possa essere posticipata, ferma restando la possibilità di svolgere la formazione in videoconferenza se ne ricorrono i presupposti».

Si tratta, di una posizione che appare in linea con quanto già prevede il Protocollo condiviso generale del 24 aprile 2020, tuttavia il ministero « ritiene possibile erogare formazione in presenza, inclusa la parte pratica dei corsi, se le condizioni logistiche ed organizzative adottate dal soggetto responsabile delle attività formative siano in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid19».

In ragione delle variegate posizioni del ministero appare, quindi, non più rinviabile un chiaro intervento normativo.

4. L’INQUADRAMENTO PREVIDENZIALE ISTRUZIONI OPERATIVE AL PERSONALE ISPETTIVO

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, con circolare del 11.03.2020, ha fornito istruzioni operative al personale ispettivo in merito all'inquadramento previdenziale.

Nella stessa viene ricordato che esiste una ripartizione di settori previdenziali prestabilita e che l'azienda viene inquadrata, ai fini contributivi, all'interno di uno di essi in base al codice Ateco, relativo all'attività svolta. Con riferimento a tale codice l'Inps assegna a sua volta un codice statistico contributivo (C.S.C.) ed eventuali codici autorizzazione (C.A.) legati a particolarità dell'azienda. Così viene definito il regime contributivo con le conseguenti aliquote da applicare. Talvolta, è possibile la variazione dell'inquadramento inizialmente assegnato in caso di cambiamenti o successive differenti valutazioni,

L'Ispettorato entra poi nel merito della corretta verifica dell'inquadramento contributivo delle aziende, analizzando i singoli settori: industria, artigianato, agricoltura, terziario, credito-assicurazione e tributi appaltati.

La circolare contiene anche una precisazione sulle attività plurime per le quali, nel caso in cui l'impresa svolga più attività, è prevista l'applicazione di un differente regime contributivo esclusivamente se esiste l'autonomia funzionale e organizzativa delle strutture presso le quali le stesse sono svolte; in difetto di tali requisiti, si dovrà applicare il regime contributivo dell'attività prevalente rispetto alla quale le altre devono ritenersi sussidiarie o ausiliarie. In termini operativi, è sottolineato che l'indagine ispettiva verrà condotta prestando particolare attenzione alle concrete modalità con cui sono esercitate le diverse attività economiche facenti capo a uno stesso imprenditore

Viene analizzato il caso delle attività ausiliarie che, pur non presentando autonomia funzionale, sono necessarie comunque a consentire la realizzazione di altre attività (c.d. principali) acquisendo una funzione complementare. In questo caso, ai fini dell'inquadramento, assume rilievo il rapporto sussidiario dell'impresa ausiliaria nei confronti dell'ausiliata, non esistendo autonomia nemmeno a livello contributivo.

Qualora l'attività sia riconducibile, nel suo complesso, al raggiungimento dello scopo imprenditoriale unitario, anche in presenza di società collaterali facenti parte del gruppo, l'inquadramento sarà quello unico della società capogruppo. L'indagine ispettiva, quindi, deve verificare se all'interno del gruppo vi siano aziende strettamente connesse dal punto di vista organizzativo e funzionale che svolgono attività complementari e connesse tra loro.

Alla luce di quanto indicato, nell'ambito dell'attività di vigilanza, il personale ispettivo dovrà innanzitutto verificare la corrispondenza tra C.S.C., codice Ateco ed effettiva attività esercitata.

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6 L'eventuale proposta di cambio inquadramento dell'ispettore verrà indirizzata al Direttore della sede Inps competente, il quale adotterà, se dovuto, un provvedimento di modifica.

Avverso tale provvedimento il datore di lavoro può presentare ricorso amministrativo al Presidente dell'Inps entro 90 giorni dalla notifica.

Soltanto una volta esaurita tale fase, il personale ispettivo abilitato a operare sui flussi UniEmens potrà effettuare il ricalcolo dei contributi dovuti.

Viene, infine, precisato che la “categoria” dell'attività di impresa di cui all'art. 2070 C.C. rileva sia ai fini dell'inquadramento aziendale, sia ai fini del calcolo della contribuzione obbligatoria.

5. CASSAZIONE- INFORTUNIO SUL LAVORO NON C’E’ RESPONSABILITA’ AUTOMATICA DEL DATORE

Il riconoscimento dell'infortunio o della malattia professionale da parte dell'Inail non comporta automaticamente la responsabilità del datore di lavoro per i danni sofferti dal dipendente. È onere del lavoratore, che abbia contratto una malattia professionale, dimostrare l'inadempimento datoriale e il nesso di causalità con il danno dal medesimo sofferto.

La Corte di cassazione (ordinanza n. 10404 dell'1 giugno 2020 ) ha espresso questi principi, osservando che la responsabilità datoriale per la mancata adozione delle misure idonee alla tutela dell'integrità fisica dei lavoratori discende, in primis, da norme specifiche collegate alle lavorazioni svolte e al settore merceologico o produttivo in cui opera l'impresa. Se, invece, non vi sono norme speciali alle quali potersi riferire, la responsabilità datoriale deriva dall'articolo 2087 del Codice civile, a norma del quale l'imprenditore ha l'obbligo di adottare, nell'esercizio della propria attività, tutte le misure necessarie, secondo le conoscenze tecniche e le esperienze acquisite, alla salvaguardia dell'integrità fisica e della personalità morale dei propri dipendenti.

L'ordinanza della Corte di legittimità è autorevole conferma dei principi espressi con le recentissime circolari Inail (la n. 13 del 3 aprile 2020 e la n. 22 del 20 maggio 2020) sulla equiparazione del contagio da Covid-19 all'ipotesi di infortunio sul lavoro, perché consente di avvalorare la tesi secondo cui, anche in questo caso, la responsabilità dell'impresa non interviene sul mero presupposto che l'infortunio sia riconducibile all'attività lavorativa. Al contrario, anche in presenza di affezione da coronavirus ascritta all'ambiente di lavoro, la responsabilità (civile o penale) dell'impresa può intervenire solo se non sono state adottate le misure fissate dalle norme speciali introdotte nel periodo di emergenza sanitaria.

La Cassazione ribadisce che, affinché vi sia responsabilità datoriale, è necessario un inadempimento rispetto alle norme speciali, le quali in materia di coronavirus sono costituite dai protocolli di contenimento e dalle linee guida governativi e regionali (di cui all'articolo 1, comma 14, del Dl n. 33 del 16 maggio 2020).È confermato, dunque, che se l'impresa rispetta e adotta le misure di contenimento fissate nel protocollo condiviso del 24 aprile 2020, recepito dal Dpcm del 26 aprile 2020, così come dei protocolli regionali e delle linee guida emanati dalle autorità centrali e periferiche,

“sarebbe molto arduo”, per utilizzare le stesse parole dell'Inail, ipotizzare una responsabilità nei suoi confronti.

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7 6.RAPPRESENTANTE PER LA SICUREZZA; COMPITI E FUNZIONI

La figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) fa il suo ingresso nel sistema della prevenzione con il D.Lgs 626/1994 e successivamente il D.Lgs 81/2008 ne ribadisce il ruolo centrale di persona designata per portare al tavolo le istanze dei lavoratori per gli aspetti della salute e sicurezza.

La sua nomina non costituisce un adempimento in capo al datore di lavoro, ma un diritto-dovere che i lavoratori possono o meno esercitare. In aziende che occupano fino a 15 lavoratori, l’ RLS è eletto direttamente dai lavoratori al proprio interno o individuato per più aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo (RLST). Oltre i 15 lavoratori viene invece individuato all'interno delle rappresentanze sindacali o in subordine eletto dai lavoratori. Ampia delega è affidata alla contrattazione collettiva, che disciplina modalità di incarico, tempo di lavoro retribuito e strumenti a disposizione per svolgere le relative funzioni; alle stesse fonti è affidato il compito di definire le attività formative.

Il datore di lavoro è tenuto a informare in modo documentato i lavoratori sul loro diritto di avvalersi di un RLS e risponde solo dell'omessa formazione del RLS incaricato e della mancata comunicazione del suo nominativo all'Inail.

Ai sensi dell'art. 50 D.Lgs 81/2008 si prevede che la figura disponga del tempo necessario per assolvere ai propri compiti senza perdita di retribuzione, dei mezzi e degli spazi necessari e che abbia libero accesso a tutti i locali sede di attività lavorative, condizione essenziale per la ricognizione dei rischi, come ai dati contenuti in applicazioni informatiche relativi alle comunicazioni obbligatorie di infortuni/malattie professionali e ai documenti di valutazione dei rischi, DVR e DUVRI nei lavori in appalto.

L’ RLS ha l'obbligo di accertarsi che i sistemi di protezione collettivi e individuali siano adeguati, verificando requisiti di idoneità e condizioni di igiene, manutenzione, riparazioni e sostituzioni necessarie.

Ha facoltà di ricorrere alle autorità competenti, formulando osservazioni in caso di verifiche e se le misure preventive e protettive o le risorse per realizzarle sono insufficienti.

Le modalità per l'esercizio delle funzioni del RLS sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale, sia pubblica che privata.

I permessi utilizzati per adempiere alle funzioni di RLS sono considerati servizio a tutti gli effetti, quindi assimilati all'attività "istituzionale", anche per il diritto di fruire del servizio di mensa o quello sostitutivo c.d. di buoni pasto. L’ RLS non può subire pregiudizio a causa dell'attività svolta e che dispone delle tutele previste per le rappresentanze sindacali come del tempo e dei mezzi necessari. Si può concludere che se i “fondamentali” sono stabiliti dalla normativa, per tutti i fattori connessi a operatività e peculiarità del settore si rinvia invece al contratto nazionale.

7. CONTRIBUTO PER IL LICENZIAMENTO

L'INPS fornisce un quadro riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per cui si configura l'obbligo di versamento del ticket di licenziamento (Circ. INPS 19 marzo 2020 n. 40).

Il contributo: campo di applicazione

Il ticket di licenziamento (art. 2, c. 31-35 L. 92/2012) è dovuto nei casi di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. I datori di lavoro sono tenuti all'assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto all'indennità NASPI, a prescindere dall'effettiva fruizione della stessa.

La contribuzione è dovuta nei casi di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di licenziamento:

- per giustificato motivo oggettivo;

- per giusta causa, a seguito di licenziamento disciplinare e per giustificato motivo soggettivo - discriminatorio, nullo o orale (artt. 2 e s. D.Lgs 23/2015).

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8 Il contributo è altresì dovuto in caso di:

- dimissioni per giusta causa o di dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità;

- dimissioni rassegnate dal lavoratore nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda a causa della sostanziale modifica delle condizioni di lavoro (art. 2112, c. 4, c.c.);

- le interruzioni del rapporto di lavoro per rifiuto del lavoratore del trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico;

- recesso del datore di lavoro, durante o al termine del periodo di prova o al termine del periodo di formazione dell'apprendista (art. 42, c. 4, D.Lgs 81/2015);

- risoluzioni consensuali;

Misura del contributo

Il contributo è pari al 41% del massimale mensile di NASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Il contributo è pertanto scollegato dall'importo della prestazione individuale e, conseguentemente, lo stesso è dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia di lavoro, che esso sia part-time o full-time.

Il contributo è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere sempre versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l'interruzione del rapporto di lavoro.

Nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo di cui trattasi è moltiplicato per tre volte.

Inoltre, la maggiorazione dell’aliquota si applica per ciascun licenziamento effettuato nell'ambito di un licenziamento collettivo da parte di un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento della CIGS.

Quando non è dovuto?

Il ticket di licenziamento non è dovuto nel caso di:

- dimissioni volontarie del lavoratore;

- cessazioni di rapporto di lavoro intervenute nell'ambito delle procedure di prepensionamento c.d.

"Isopensione" (art. 4 L. 92/2012);

- cessazione del rapporto di lavoro intervenuta a seguito di risoluzione consensuale nell'ambito del tentativo di conciliazione con datore di lavoro avente meno di 15 dipendenti (art. 410 c.p.c.);

- interruzioni dei contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello, art. 43 D.Lgs 81/2015) stipulati a decorrere dal 24 settembre 2015;

- interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato del dipendente già pensionato;

- società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria (art. 43 bis DL 109/2018 conv. in L. 130/2018);

- interruzione del rapporto di lavoro conseguente a licenziamenti effettuati in conseguenza di cambio appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione delle clausole sociali che garantiscano continuità disoccupazione;

- interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere;

- lavoratore che cessi il rapporto di lavoro e maturi i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata. In tal caso, pertanto, se il diritto alla pensione decorre dal giorno successivo all'interruzione del rapporto di lavoro, l'obbligo di pagamento del c.d. ticket di licenziamento non sussiste, in quanto non sorge il teorico diritto alla NASPI. Al contrario, qualora sussista per il lavoratore, il cui rapporto di lavoro si è interrotto, il teorico diritto alla NASPI sino alla decorrenza della pensione, il datore di lavoro è tenuto all'obbligo contributivo in argomento.

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9 8. GESTIONE SEPARATA NUOVO REQUISITO CONTRIBUTIVO PER MATERNITA’ E CONGEDO

PARENTALE

A decorrere dallo scorso 5 settembre 2019, l'indennità di maternità o paternità e di congedo parentale, in favore delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata, sono corrisposti a condizione che, nei confronti dei lavoratori interessati, risultino accreditati alla Gestione separata contributi pari ad 1 mensilità nei 12 mesi precedenti l'inizio del periodo indennizzabile (art. 1 c. 1 lett. b) DL 101/2019 conv. L.

128/2019). In precedenza, il requisito utile era pari a 3 mensilità di contribuzione. L'INPS ha fornito le istruzioni operative in merito alle nuove disposizioni (Circ. INPS 3 giugno 2020 n. 71).

Indennità di maternità o paternità

La riforma si applica sia agli eventi “parto” sia alle adozioni o affidamenti preadottivi nazionali o internazionali.

Sono indennizzabili, sulla base dell'unica mensilità di contribuzione, i periodi di maternità o paternità iniziati in data coincidente o successiva al 5 settembre 2019 (data di entrata in vigore del DL 101/2019 conv. L.

128/2019). Sono altresì interamente indennizzabili, secondo i medesimi presupposti, i periodi di maternità o paternità parzialmente ricadenti nella vigenza del citato DL.

Non possono, invece, essere indennizzati sulla base di 1 mensilità di contribuzione i periodi di maternità o paternità che si sono conclusi prima del 5 settembre 2019; tali periodi, pertanto, sono indennizzati in presenza dei 3 mesi di contribuzione nei 12 mesi di riferimento.

Rispetto alla riforma, resta invariato:

il periodo di riferimento dei 12 mesi antecedenti l'inizio del periodo indennizzabile all'interno del quale deve essere riscontrata la singola mensilità di contribuzione accreditata;

la necessità che la mensilità di contribuzione sia stata calcolata con aliquota piena;

l'applicazione dell'automaticità delle prestazioni, in forza della quale viene garantito il riconoscimento del diritto all'indennità di maternità o paternità in favore delle lavoratrici e dei lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione separata, anche nel caso di mancato versamento del contributo mensile da parte del committente (art. 64-ter D.Lgs 151/2001). L'automaticità delle prestazioni non trova applicazione in favore dei lavoratori iscritti alla Gestione separata che sono responsabili dell'adempimento dell'obbligazione contributiva, quali, ad esempio, i liberi professionisti iscritti alla Gestione stessa.

Congedo parentale

Il requisito contributivo per la fruizione del congedo parentale si riduce da 3 ad 1 mensilità di contribuzione versata con aliquota piena nei 12 mesi antecedenti l'inizio di ogni periodo indennizzabile. Di conseguenza:

la fruizione del congedo parentale effettuata nei primi 3 anni di vita (o dall'ingresso in famiglia/Italia) del minore, deve essere indennizzata solamente a condizione che risulti effettivamente accreditata almeno 1 mensilità di contribuzione con aliquota piena nei 12 mesi precedenti l'inizio di ogni periodo indennizzabile di congedo parentale richiesto;

l'automaticità delle prestazioni non opera mai per la fruizione del congedo parentale;

qualora il congedo parentale sia fruito nel primo anno di vita (o dall'ingresso in famiglia/Italia) e non si riscontri la sussistenza del requisito contributivo di cui sopra, l'indennità può comunque essere riconosciuta se il richiedente aveva titolo all'indennità di maternità o paternità, a prescindere dall'effettiva fruizione della stessa.

Ne consegue che:

1) se il periodo di maternità o paternità ricade totalmente nel periodo anteriore al 5 settembre 2019, dovrà essere accertato il requisito contributivo delle 3 mensilità di contribuzione effettivamente versate con aliquota piena nei 12vmesi precedenti l'inizio del periodo di maternità o paternità;

(10)

10 2) se, invece, il periodo di maternità o paternità ricade parzialmente o totalmente dopo il 5 settembre

2019, dovrà essere accertato il requisito contributivo di 1 mensilità di contribuzione effettivamente versata con aliquota piena nei 12 mesi precedenti l'inizio del periodo di maternità o paternità.

L'erogazione dell'indennità di maternità o paternità in applicazione dell'automaticità delle prestazioni non consente mai il riconoscimento del diritto all'indennità di congedo parentale.

In ordine alla decorrenza della novità:

ai periodi di congedo parentale fruiti prima del 5 settembre 2019, il riconoscimento dell'indennità rimane subordinato all'accertamento che risultino effettivamente versate 3 mensilità di contribuzione con aliquota piena nei 12 mesi antecedenti il periodo indennizzabile;

per i periodi di congedo parentale fruiti a partire dal 5 settembre 2019, il riconoscimento dell'indennità è subordinato all'effettivo versamento di 1 mensilità di contribuzione con aliquota piena nei dodici mesi antecedenti il periodo indennizzabile;

in caso di frazionamento del congedo, le richieste relative a periodi di congedo parentale ricadenti in parte nella nuova disposizione e in parte nella precedente dovranno essere divise e istruite secondo le indicazioni che precedono.

9.CCNL METALMECCANICA - NUOVI MINIMI SALARIALI E RETRIBUTIVI

Federmeccanica, Assistal e Fim, Fiom e Uilm hanno sottoscritto, in data 8 giugno 2020, un accordo che fissa alcuni incrementi salariali e i nuovi minimi tabellari del CCNL Metalmeccanica industria (CCNL 26 novembre 2016).

In particolare, l'accordo stabilisce, a decorrere dal 1° giugno 2020, i nuovi importi: dei minimi tabellari, come da tabella sottostante:

Livello Importo (*)

8Q 2.392,00

7 2.336,02

6 2.092,45

5S 1.950,39

5 1.819,64

4 1.699,07

3S 1.663,88

3 1.628,69

2 1.468,71

1 1.330,54

(*) Compreso EDR

(11)

11 - dell'indennità di reperibilità, come da tabella sottostante:

Livello

Compenso giornaliero Compenso settimanale

16 ore (giorno lavorato)

24 ore (giorno libero)

24 ore festive

6 giorni

6 giorni con festivo

6 giorni con festivo e giorno libero

1, 2, 3, 3S 4,93 7,41 8,01 32,06 32,66 35,14

4 e 5 5,87 9,21 9,88 38,56 39,23 42,57

superiore

al 5 6,75 11,09 11,68 44,84 45,43 49,77

- dell'indennità di trasferta forfettaria, come di seguito indicati:

• trasferta intera: € 43,90

• quota per il pasto meridiano o serale: € 11,89

• quota per il pernottamento: € 20,12

Restano, invece, confermate le percentuali relative all'utile minimo di cottimo, che riportiamo per comodità:

Categorie % del minimo retributivo

1a 0,86

2a 0,91

3a e 3aS 0,97

4a 1,02

5a 1,01

5aS 1,00

10. NOTIZIE IN BREVE

LEGGE

Emersione lavoro nero dopo il Decreto Rilancio:

istruzioni operative

Decreto Legge n.

34/2020, articolo 103

L'articolo 103 del DL n. 34/2020 consente al datore di presentare istanza per la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare.

Le istruzioni operative sono state fornite:

dall'Agenzia delle Entrate che, ai fini del pagamento dei contributi forfettari con il modello "F24 Versamenti con elementi identificativi", ha istituito, con la Risoluzione n. 27 del 29 maggio 2020, i codici tributo: "REDT"denominato "Datori di lavoro - contributo forfettario 500 euro - art. 103, comma 1, D.L. n.

34/2020"; "RECT" denominato "Cittadini stranieri - contributo forfettario 130 euro - art. 103, comma 2, D.L. n. 34/2020";

dall'INPS che, con la Circolare n. 68 del 31 maggio 2020, ha fornito istruzioni sulla presentazione della domanda e sul suo contenuto e indicazioni sui destinatari, requisiti reddituali e sulla procedura di emersione;

(12)

12

dal Ministero dell'Interno che:

o con Decreto del 27 maggio 2020, ha regolato le modalità di presentazione dell'istanza allo Sportello unico per l'immigrazione e all'INPS, nonché dell'istanza del permesso di soggiorno temporaneo, con l'indicazione dei settori di attività, del contenuto delle domande e della procedura per il versamento dei contributi forfettari.

o con Circolare del 30 maggio 2020, ha precisato i soggetti interessati, i settori di attività , i termini e le modalità di presentazione delle istanze e di pagamento del contributo forfettario.

INPS

Indicazioni sulle indennità spettanti ad

alcune tipologie di lavoratori danneggiati

dal Coronavirus

Circolare INPS n.

67 del 29 maggio 2020

L'INPS, con la Circolare n. 67del29 maggio 2020, alla luce delle novità introdotte dal cd. "Decreto Rilancio", fornisce alcune indicazioni operative e i chiarimenti amministrativi circa le indennità a sostegno del reddito in favore dei

lavoratori stagionali,

lavoratori intermittenti,

lavoratori autonomi occasionali,

incaricati alle vendite a domicilio,

le cui attività lavorative sono state colpite dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, introdotte per il mese di marzo 2020 dal Decreto 30 aprile 2020, n. 10 del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, e prorogate anche per i mesi di aprile e maggio 2020 dal Decreto Rilancio.

Emergenza Coronavirus: NASpI

per i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo nonostante

il divieto

Messaggio INPS n.

2261 del 1° giugno 2020

I lavoratori che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro con la causale di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonostante il divieto previsto dall'art. 46 del DL n. 18/2020, cd. "Decreto Cura Italia"

(prorogato dall'art. 80 del DL n. 34/2020, cd. "Decreto Rilancio"), possono accedere alla prestazione di disoccupazione NASpI.

È quanto ha chiarito l'INPS, con Messaggio n. 2261 del 1° giugno 2020, precisando che l'erogazione sarà effettuata da parte dell'Istituto stesso con riserva di ripetizione di quanto erogato qualora il lavoratore medesimo, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro o, a seguito di revoca del recesso da parte del datore di lavoro, dovesse avere accesso ai trattamenti di integrazione salariale a partire dalla data di efficacia del licenziamento.

Emergenza Coronavirus: ulteriori indicazioni sul reddito

d'emergenza

Con Circolare n. 69 del 3 giugno 2020, l'INPS ha illustrato i requisiti (di residenza ed economici) per accedere al Reddito di emergenza introdotto dall'art. 82 del DL n. 34/2020 (cd. "Decreto Rilancio") a sostegno dei nuclei familiari che, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, versano in condizioni di difficoltà economica.

L'Istituto ha, inoltre, fornito chiarimenti in merito a:

(13)

13 Circolare INPS n.

69 del 3 giugno 2020

modi e tempi della richiesta;

modello di domanda;

modalità di calcolo del beneficio;

rapporti con altre prestazioni ed altri redditi.

Regolarizzazione della contribuzione su

emolumenti corrisposti a seguito

di cessazione del rapporto di lavoro

Messaggio INPS n.

2326 del 4 giugno 2020

Con Messaggio n. 2326 del 4 giugno 2020, l'INPS ha fornito chiarimenti in merito alla regolarizzazione della contribuzione dovuta sugli emolumenti corrisposti a seguito della cessazione del rapporto di lavoro del lavoratore in esodo. In particolare, l'Istituto ha illustrato le modalità operative per la trasmissione dei flussi regolarizzativi e per la gestione delle inadempienze, precisando che la suddetta regolarizzazione deve essere effettuata sulla denuncia UniEmens riferita all'ultimo mese di attività del lavoratore prima della cessazione.

MINISTERO DEL LAVORO

Decreto Cura Italia alla luce delle modifiche apportate dal Decreto

Rilancio: indicazioni dell'Ispettorato

Nota INL n. 160 del 3 giugno 2020

L'INL, con la Nota n. 160 del 3 giugno 2020, ha fornito ulteriori indicazioni sulle modifiche apportate al Decreto Cura Italia da parte del Decreto Rilancio, soprattutto in tema di:

• misure di condizionalità (art. 40);

• licenziamenti collettivi e individuali per GMO (art. 46);

• sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e premi assicurativi (artt. 61, 62 e 68);

• validità del DURC (art. 103);

• notifiche per posta (art. 108);

• proroga o rinnovo dei contratti a termine, in deroga all'art. 21 del D.Lgs n. 81/2015.

GIURISPRUDENZA

No al recesso unilaterale del datore di lavoro dalla

clausola di non concorrenza

Corte di Cassazione Ordinanza n. 10535 del 3 giugno 2020

Con l'Ordinanza n. 10535 del 3 giugno 2020, la Corte di Cassazione ha statuito la nullità del contratto tra datore di lavoro e dipendente, nella parte in cui permette al primo di recedere unilateralmente dalla clausola di non concorrenza. In particolare, i giudici, hanno specificato che è irrilevante se la risoluzione sia avvenuta in costanza di rapporto, dato che l'obbligazione era già nata al momento della sottoscrizione del contratto e a nulla rileva che il lavoratore abbia atteso più di un anno prima di sollevarne i vizi.

Legittimo il licenziamento del dipendente che fa un uso personale del telepass

aziendale

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 10540 del 3 giugno 2020, ha reso noto che l'utilizzo da parte del lavoratore di strumenti aziendali per fini personali è giusta causa di recesso del datore. Infatti, l'utilizzo da parte del dipendente del telepass aziendale durante gli orari extra lavorativi, in aggiunta alle mancanze nello svolgimento delle proprie mansioni, è motivo

(14)

14 Corte di Cassazione

Sentenza n. 10540 del 3 giugno 2020

sufficiente a ledere il vincolo fiduciario necessario per la prosecuzione del rapporto lavorativo.

VARIE

FSBA: ammortizzatori sociali con causale COVID-

19 e rendicontazione assenze

Delibera FSBA n. 6 del 25 maggio 2020

In riferimento alla possibilità di fare domanda per il trattamento ordinario di integrazione salariale o per l'assegno ordinario con causale "emergenza COVID - 19", a fronte della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, e alla luce dell'art. 68 del DL n.

34/2020, il Consiglio Direttivo di FSBA, con Delibera n. 6 del 25 maggio 2020, ha deliberato l'adeguamento del Sistema Informativo per consentire l'applicazione delle nuove disposizioni.

In particolare, il Fondo evidenzia che la rendicontazione delle assenze nei limiti:

delle 14 settimane è relativa a 70 giorni in caso di attività lavorativa su 5 giorni a settimana e 84 giorni in caso di attività lavorativa su 6 giorni a settimana;

delle 18 settimane è relativa a 90 giorni in caso di attività lavorativa su 5 giorni a settimana e 108 giorni in caso di attività lavorativa su 6 giorni a settimana.

Terziario, Distribuzione e Servizi Confcommercio:

Accordo sulla bilateralità

Accordo 26 maggio 2020

In data 26 maggio 2020 è stato sottoscritto l'Accordo in materia di bilateralità per il settore Terziario, Distribuzione e Servizi Confcommercio.

In particolare, l'Accordo interviene in merito

al contributo di solidarietà , volto a sostenere i lavoratori interessati dal ricorso agli ammortizzatori sociali;

al contributo in favore di salute e sicurezza, volto a concorrere ai costi per la realizzazione degli obiettivi definiti nel Protocollo del 24 aprile 2020 e nell'Accordo Confcommercio del 18 maggio 2020.

Emersione lavoro irregolare: ulteriori chiarimenti dal Ministero

dell'Interno

Circolare Ministero Interno n. 400 del 30

maggio 2020

In tema di emersione del lavoro irregolare, il Ministero dell'Interno interviene nuovamente con la Circolare n. 400 del 30 maggio 2020 sulla Pubblica Sicurezza, in riferimento alla possibilità di emersione dei rapporti di lavoro irregolari (introdotta dall'art. 103 del DL n. 34/2020, c.d. Decreto Rilancio), a fornire ulteriori istruzioni riguardanti

l'avvio del procedimento amministrativo (presso lo Sportello Unico per l'Immigrazione o presso la Questura);

il rilascio del permesso di soggiorno(per motivi di lavoro subordinato o per soggiorno temporaneo e sulla conversione di quest'ultimo).

Sempre a disposizione per eventuali chiarimenti, porgiamo i più cordiali saluti.

STUDIO PREMOLI

Riferimenti

Documenti correlati