Cultura e Spettacoli – Pag. 33 30 gennaio 2007
Sì alla società delle conoscenze
INTERVISTA CON IL DOCENTE DELLA BOCCONI FABRIZIO ONIDA
La Sardegna deve puntare sulla nuova società delle conoscenze. A dirlo sono in tanti, magari con più o meno convinzione. Ma l’economista Fabrizio Onida ci crede con tutte le forze.
Il perché è presto detto: ha studiato il fenomeno a fondo, analizzato i singoli aspetti della questione, interpretato tutti i fattori di novità. Non fatica così a spiegare l’intero quadro emergente: «L’isola oggi ha una serie di handicap, dalle difficoltà nei trasporti a infrastrutture insufficienti. Proprio perciò è preferibile che scelga la progettualità in campi avveniristici sul piano tecnologico. Bisogna individuare altri moderni settori di sviluppo piuttosto che incamerare le eredità dei nostri nonni, come la pastorizia o l’agricoltura tradizionali, ora non più strategiche».
Carenze e difficoltà
Lo specialista della Bocconi custodisce gelosamente le sue lontane origini sarde, in ogni caso «tradite» in qualche modo dal cognome. E anche per via di quelle origini conosce bene la realtà regionale. Fra l’altro, da molto tempo tiene costanti e stretti contatti con il parco scientifico Polaris di Pula. «In Italia - chiarisce ancora il docente - ci sono realtà d’imprese piccole molto diverse che possono generare benessere. Nell’isola si va dall’agricoltura biologica alla bio-informatica. Ebbene: continuare su questa strada è allora quasi un obbligo. Ma per innovare il tessuto produttivo dell’isola occorre superare il livello di prototipo coinvolgendo sempre più università, aziende ospedaliere e istituzioni».
Possibili parallelismi
Secondo Onida è difficile fare confronti tra la realtà regionale e quelle di altre zone d’Italia. «Con una premessa, però - aggiunge - La Sardegna conserva in sé una miscela peculiare». Le ragioni sono storiche e sociali. Innanzitutto, rispetto al Nord, ha naturalmente un tessuto differente. Niente a che fare con le risorse industriali, antiche e di grandi dimensioni, ancora presenti in tante aree, come il Piemonte, la Lombardia o il Veneto. Nulla a che vedere neppure con le situazioni emergenti nel tessile o nel manifatturiero in Toscana e nelle Marche.
«Alla mancanza nell’isola dei tradizionali distretti fa da contraltare un turismo in espansione - continua Onida - La sua manifestazione più vistosa, per così dire, è rappresentata dall’élite richiamata in Costa Smeralda e nei suo dintorni. Un quadro che crea ricchezza, da sola però insufficiente per la tenuta dell’intero comparto. Per il resto ci sono villaggi enormi, riservati a ospiti dal tenore di vita medio-alto. In questi casi, tuttavia, le chance di crescita sono limitate, condizionate dai disagi nelle comunicazioni e dalle carenze nelle infrastrutture».
Nell’analisi aleggia ovviamente il ricordo delle infelici esperienze dell’industria petrolchimica, con molto capitale investito e un «ritorno» sin dall’inizio modesto per l’isola, diventato addirittura nullo con lo smantellamento pressoché totale delle fabbriche a Porto Torres e a Ottana. Resta la Saras di Moratti. Ma le prospettive della primissima raffinazione, secondo Onida, non appaiono convincenti: «Ormai a bocca di pozzo la fanno anche gli arabi: quale sarà il futuro quando in questo specifico ambito si accavalleranno sempre più concorrenti?».
Il passato che torna
Il docente della Bocconi si dice invece sicuro delle potenzialità collegate all’agricoltura selezionata. Per esempio, quella basata sulle nuove prospettive dell’enologia o degli olii di qualità. È però certo che neanche questi tesori, da soli, potranno rispondere a tutte le esigenze del mercato. Un mercato che spesso propone «in termini di domanda» quantità
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ben maggiori di ciò che le aziende sarde strategiche e con una mentalità aperta al mondo sono in grado di assicurare.
Che fare, allora, per superare l’impasse? «Il piccolo avanzato avrebbe bisogno di crescere considerevolmente - dice Onida, e lo dice con estrema convinzione - Il suo obiettivo primario dovrà essere quello di venire collocato in una rete con punte avanzate della ricerca nei campi che s’intendono incrementare. Il futuro, insomma, è nei laboratori d’eccellenza: biogenetica, fisica dei materiali, biomedicina, elettronica, bioagricoltura. Sia realizzati direttamente dalle imprese sia attraverso l’ausilio delle potenzialite insite nel web. La Rete, in particolare, consente di annullare le distanze tra centro e periferia. E in questo senso le operazioni già compiute in Sardegna nel recente passato appaiono incoraggianti».
Le opportunità
In un quadro tanto rinnovato e modificato, a detta dell’economista, si verrebbero così a determinare diversi vantaggi. Uno è la possibilità di selezionare e coltivare verso questa direzione le competenze di studenti, ricercatori, docenti.
Un altro, l’impiego concreto di queste professionalità nell’isola. «Ma più nella sostanza - afferma Onida in ultima analisi - si aprirebbero le porte di una strada fondata sulla cultura della meritocrazia ancora così poco diffusa nel nostro Paese».
Piergiorgio Pinna