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Secondo Simposio Ecologia e Paleoecologia delle Comunita' Bentoniche. 

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(1)

II SIMPOSIO «ECOLOGIA E PALEOECOLOGIA DELLE COMUNITA BENTONICHE» '

ROMA, 8-11 SETTEMBRE 1982

GRUPPO INFORMALE C.N.R.

«PALEOECOLOGIA E PALEOBIOGEOGRAFIA»

GEOLOGICA ROMANA, 21 (1982): 523-903, fìg., tab., tav., Roma.

(2)

INDICE

P a g.

CARBONI M. G., Cl viTELLI G., CORDA L., Esu D., MATTEUCCI R., PALLINI G., ScHIAVINOTTO F., VENTURA G. -Sedimenti

spongolitici del Miocene inferiore e medio dell'Appenino centrale - Un inquadramento preliminare 529 CASALE V. - I foraminiferi bentonici dell'abbeveratoio Conzo (Grammichele, Catania) . . . . 545 CATENACCI V., MATTEUCCI R., SCHIAVINOTTO F. - La superficie di trasgressione alla base dei «Calcari a Briozoi e

Litotamni» nella Maiella meridionale . . . . 559 DI GERONIMO I., LI GIOI R., SciACCA V. - La fauna pleistocenica dell'abbeveratoio Conzo (Grammichele, Catania) 577 D'ALESSANDRO A., IANNONE A. - Pleistocene carbonate deposits in the area ofMonopoli (Bari province): sedimentology

and palaeoecology . . . . 603 GARA VELLO A.M., UNGARO S. - Studio biostratigrafico e paleoecologico della serie eocenica di Pradipaldo nella zona

pedemontana meridionale dell'Altopiano di Asiago (Vicenza) . . . . 655 SPROVIERI R., BARONE G. - I foraminiferi benthonici della sezione pliocenica di Punta Piccola (Agrigento, Sicilia) 677

CoRSELLI C. - Origine ed evoluzione dei bivalvi profondi: una ipotesi 687

CoRSELLI C. - Autoctoni e alloctoni in alcune «Mixed fossi! assemblages» 699

FRA VEGA P. & V ANNUCCI G. - Significato e caratteristiche degli episodi a rh odo liti al «top)) del Serravalliano tipo 705 FRAVEGA P. & VANNUCCI G. - Le Melobesie dei fondali dello «Scoglio d'Africa)) (Formiche di Montecristo). Forme ed

associazioni in rapporto alle diverse situazioni ambientali . . . . 717 GIAMMARINO S. & TEDESCHI D. - Ricerche paleoecologiche sul Pliocene della Liguria occidentale. Le microfaune a

foraminiferi di Brunetti (Ventimiglia) . . . . 723 MENESINI E. & UGHI R. - I molluschi del giacimento di Vallebiaia: l· parte - Lamellibranchi 733 FORNASIERO L. & PICCOLI G. - Inquadramento paleobiogeografico di una associazione di molluschi bentonici

medio-oligocenici del Veneto . . . . 749 AccoRDI G., CARBONE F. & SIRNAG.- Relationships among tectonic setting, substratum and benthonic communities in

the Upper Cretaceous of Northeastern Matese (Molise, Italy) . . . . 755 AccoRSI BENIN I C. & BROGLIO LO RIGA C. - Microstrutture, modalità di accrescimento e periodicità nei lamellibranchi

liassici (Facies a «LithiotiS))) . . . . 795 BARATTOLO F. - Osservazioni su Trip/oporella pratur/onii n. sp. (Alghe verdi, Dasicladali) del Cretacico inferiore

dell'Appennino centrale . . . -. . . . 825 CILIBERTO B.M., PIRINI RADRIZZANI C. & PUGLIESE N. - La piattaforma carbonatica al passaggio Cretacico-Terziario

nell'area di Duino (Carso triestino) . . . . 849 LUPERTO SINNI E. & MASSE J.P. - Contributo della paleoecologia alla paleogeografia della parte meridionale della

piattaforma apula nel Cretaceo inferiore . . . . 859 CONTI M.A. & FISCHER J.C. - Gasteropodi bajociani: ecologia e paleobiogeografia 879 MARIOTTI G. -Alcune facies a rudiste dei Monti Carseolani: descrizione e correlazione dal bordo occidentale all'interno

della piattaforma laziale-abruzzese . . . . 885 POLSAK A. - Influence de l'évolution tectonique sur la paléoécologie des organismes constructeurs . . . . 903

(3)

Il Gruppo di ricerca CNR «Paleobiogeografia e Paleoecologia» già conosciuto con la denominazione «Paleobenthos», ha tenuto a Roma, nei giorni 8-11 settembre 1982, il suo secondo Simposio «Ecologia e Paleoecologia delle Comunità bentoniche». Ha così inteso continuare una lodevole iniziativa che ha lo scopo di verificare, a scadenza triennale, l'avanzamento delle ricerche sulla paleoecologia dei taxa mesocenozoici ed attuali.

Hanno partecipato in modo massiccio tutte le unità afferenti presentando numerose note che sono oggetto di questi atti.

I giorni 8 e 9 sono stati dedicati alle comunicazioni scientifiche che hanno toccato temi di paleoecologia di diversi taxa dal Mesozoico al Quaternario.

I giorni 10 e 11 sono stati utilizzati invece per una escursione sui Monti del Matese dove è stato illustrato un modello paleoecologico e paleogeografico interessante la piattaforma carbonatica cretacica vera e propria, l'area di margine e quella di bacino.

Alla piena riuscita del Simposio hanno in primo luogo contribuito gli stessi partecipanti con le loro note scientifiche e con le utili discussioni che sono seguite.

Non è da dimenticare tuttavia che il Convegno stesso si è potuto organizzare solo con il fattivo aiuto delle Autorità Accademirhe dell'Università di Roma «La Sapienza», e per esse il Magnifico Rettore Prof A. Ruberti e ìl preside della Facoltà di Scienze Matematich~ Fisiche e Naturali Prof G. Tecce, cui rivolgo i più sentiti ringraziaménti.

Sento anche il dovere di porgere il mio grazie al Comitato per le Scienze Geologiche e Minerarie del CNR attraverso il suo Presidente, il caro Amico Prof A. Praturlon per la fiducia accordata e per il sostegno finanziario.

Un grazie di cuore poi a tutti i collaboratori, docenti e non docenti, dell'Istituto di Geologia e Paleontologia, a partire dal Direttore Prof E. Lupia Palmieri, per l'abnegazione con cui hanno prestato il loro aiuto per la buona riuscita del Simposio e al Prof M. Parotto, Direttore di «Geologica Romana» per aver accettato di accogliere nella prestigiosa Rivista i lavori presentati.

Giuseppe Sima

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II SIMPOSIO «ECOLOGIA E PALEOECOLOGIA DELLE COMUNITA BENTONICHE» '

ROMA, 8-11 SETTEMBRE 1982

GRUPPO INFORMALE C.N.R.

«PALEOECOLOGIA E PALEOBIOGEOGRAFIA»

GEOLOGICA ROMANA, 21 (1982): 523-903, fìg., tab., tav., Roma.

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INDICE

P a g.

CARBONI M. G., Cl viTELLI G., CORDA L., Esu D., MATTEUCCI R., PALLINI G., ScHIAVINOTTO F., VENTURA G. -Sedimenti

spongolitici del Miocene inferiore e medio dell'Appenino centrale - Un inquadramento preliminare 529 CASALE V. - I foraminiferi bentonici dell'abbeveratoio Conzo (Grammichele, Catania) . . . . 545 CATENACCI V., MATTEUCCI R., SCHIAVINOTTO F. - La superficie di trasgressione alla base dei «Calcari a Briozoi e

Litotamni» nella Maiella meridionale . . . . 559 DI GERONIMO I., LI GIOI R., SciACCA V. - La fauna pleistocenica dell'abbeveratoio Conzo (Grammichele, Catania) 577 D'ALESSANDRO A., IANNONE A. - Pleistocene carbonate deposits in the area ofMonopoli (Bari province): sedimentology

and palaeoecology . . . . 603 GARA VELLO A.M., UNGARO S. - Studio biostratigrafico e paleoecologico della serie eocenica di Pradipaldo nella zona

pedemontana meridionale dell'Altopiano di Asiago (Vicenza) . . . . 655 SPROVIERI R., BARONE G. - I foraminiferi benthonici della sezione pliocenica di Punta Piccola (Agrigento, Sicilia) 677

CoRSELLI C. - Origine ed evoluzione dei bivalvi profondi: una ipotesi 687

CoRSELLI C. - Autoctoni e alloctoni in alcune «Mixed fossi! assemblages» 699

FRA VEGA P. & V ANNUCCI G. - Significato e caratteristiche degli episodi a rh odo liti al «top)) del Serravalliano tipo 705 FRAVEGA P. & VANNUCCI G. - Le Melobesie dei fondali dello «Scoglio d'Africa)) (Formiche di Montecristo). Forme ed

associazioni in rapporto alle diverse situazioni ambientali . . . . 717 GIAMMARINO S. & TEDESCHI D. - Ricerche paleoecologiche sul Pliocene della Liguria occidentale. Le microfaune a

foraminiferi di Brunetti (Ventimiglia) . . . . 723 MENESINI E. & UGHI R. - I molluschi del giacimento di Vallebiaia: l· parte - Lamellibranchi 733 FORNASIERO L. & PICCOLI G. - Inquadramento paleobiogeografico di una associazione di molluschi bentonici

medio-oligocenici del Veneto . . . . 749 AccoRDI G., CARBONE F. & SIRNAG.- Relationships among tectonic setting, substratum and benthonic communities in

the Upper Cretaceous of Northeastern Matese (Molise, Italy) . . . . 755 AccoRSI BENIN I C. & BROGLIO LO RIGA C. - Microstrutture, modalità di accrescimento e periodicità nei lamellibranchi

liassici (Facies a «LithiotiS))) . . . . 795 BARATTOLO F. - Osservazioni su Trip/oporella pratur/onii n. sp. (Alghe verdi, Dasicladali) del Cretacico inferiore

dell'Appennino centrale . . . -. . . . 825 CILIBERTO B.M., PIRINI RADRIZZANI C. & PUGLIESE N. - La piattaforma carbonatica al passaggio Cretacico-Terziario

nell'area di Duino (Carso triestino) . . . . 849 LUPERTO SINNI E. & MASSE J.P. - Contributo della paleoecologia alla paleogeografia della parte meridionale della

piattaforma apula nel Cretaceo inferiore . . . . 859 CONTI M.A. & FISCHER J.C. - Gasteropodi bajociani: ecologia e paleobiogeografia 879 MARIOTTI G. -Alcune facies a rudiste dei Monti Carseolani: descrizione e correlazione dal bordo occidentale all'interno

della piattaforma laziale-abruzzese . . . . 885 POLSAK A. - Influence de l'évolution tectonique sur la paléoécologie des organismes constructeurs . . . . 903

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Il Gruppo di ricerca CNR «Paleobiogeografia e Paleoecologia» già conosciuto con la denominazione «Paleobenthos», ha tenuto a Roma, nei giorni 8-11 settembre 1982, il suo secondo Simposio «Ecologia e Paleoecologia delle Comunità bentoniche». Ha così inteso continuare una lodevole iniziativa che ha lo scopo di verificare, a scadenza triennale, l'avanzamento delle ricerche sulla paleoecologia dei taxa mesocenozoici ed attuali.

Hanno partecipato in modo massiccio tutte le unità afferenti presentando numerose note che sono oggetto di questi atti.

I giorni 8 e 9 sono stati dedicati alle comunicazioni scientifiche che hanno toccato temi di paleoecologia di diversi taxa dal Mesozoico al Quaternario.

I giorni 10 e 11 sono stati utilizzati invece per una escursione sui Monti del Matese dove è stato illustrato un modello paleoecologico e paleogeografico interessante la piattaforma carbonatica cretacica vera e propria, l'area di margine e quella di bacino.

Alla piena riuscita del Simposio hanno in primo luogo contribuito gli stessi partecipanti con le loro note scientifiche e con le utili discussioni che sono seguite.

Non è da dimenticare tuttavia che il Convegno stesso si è potuto organizzare solo con il fattivo aiuto delle Autorità Accademirhe dell'Università di Roma «La Sapienza», e per esse il Magnifico Rettore Prof A. Ruberti e ìl preside della Facoltà di Scienze Matematich~ Fisiche e Naturali Prof G. Tecce, cui rivolgo i più sentiti ringraziaménti.

Sento anche il dovere di porgere il mio grazie al Comitato per le Scienze Geologiche e Minerarie del CNR attraverso il suo Presidente, il caro Amico Prof A. Praturlon per la fiducia accordata e per il sostegno finanziario.

Un grazie di cuore poi a tutti i collaboratori, docenti e non docenti, dell'Istituto di Geologia e Paleontologia, a partire dal Direttore Prof E. Lupia Palmieri, per l'abnegazione con cui hanno prestato il loro aiuto per la buona riuscita del Simposio e al Prof M. Parotto, Direttore di «Geologica Romana» per aver accettato di accogliere nella prestigiosa Rivista i lavori presentati.

Giuseppe Sima

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MARIA GABRIELLA CARBONI, GIACOMO CIVITELLI, LAURA CORDA, DANIELA ESU, RUGGERO MATTEUCCI, GIOVANNI PALLINI,

FRANCESCO SCHIA VINOTTO, GIULIA VENTURA

Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università «La Sapienza» - Roma

SEDIMENTI SPONGOLITICI DEL MIOCENE INFERIORE E MEDIO DELL'APPENNINO CENTRALE - UN INQUADRAMENTO PRELIMINARE.

Vengono esposti i primi risultati di uno studio sui depositi spongolitici del Miocene inferiore e medio dell'Appennino centrale, considerati nel loro significato paleoambientale e paleogeografico, sulla base del confronto con le spongiofaune silicee mioceniche della regione del Mediterraneo occiden- tale.

I depositi marnoso-calcareo-silicei a spicole di spugne e Radiolari, contenenti talora spongiofaune ben conservate. costituiscono una successione sedimentaria di spessore variabile potente fino a più di un migliaio di metri. Essa è compresa tra calcari e macroforaminiferi del Paleogene e basso Miocene, alla base, e calcareniti a Briozoi. Echinidi e Litotamni attribuibili al Serravallian9, al tetto.

L'intervallo spongolitico mostra una notevole variabilità nello spessore e nella litologia, conser- vando, come elemento comune, nelle diverse aree prese in considerazione, l'elevato contenuto siliceo biogeno e in materia organica.

La presenza di minerali vulcanici poco persistenti testimonia fasi vulcaniche penecontemporanee al processo di sedimentazione; viene infine ipotizzata una eteropia, per lo meno parziale, con la facies.

del Bisciaro, diffusa nell'Appennino umbro-marchigiano.

Introduzione

Nelle successioni sedimentarie marine dell'Oli- gocene e del Miocene inferiore e medio delle regioni circostanti il Mediterraneo occidentale sono assai diffusi i sedimenti ad elevata compo- nente biogena silicea (figg. l e 2). Altre rocce sili- cee, come ad es. le silexiti (DIDON et alii, 1969;

RIVIERE et alii, 1977) vengono invece interpretate come direttamente legate ad episodi vulcanici (precipitazione di prodotti di dissoluzione di ci- neriti). Del resto lave e depositi vulcanoclastici riferiti all'Oligo-Miocene sono ampiamente rap- presentati. Mentre le lave affiorano soprattutto in Sardegna, i depositi vulcanoclastici (sabbie vulca- niche, sabbié tufitiche, tufiti, ecc.) sono presenti in tutte le regioni perimediterranee (Spagna meri- dionale, Algeria, Rif Marocchino, Sicilia, Italia peninsulare, ecc.). In particolare sono stati rico- nosciuti numerosi livelli vulcanoclastici nella Formazione del «Bisciaro» e in altre località dell'Appennino centro-settentrionale (es: <<Are- narie di Petrignaccola»). Il vulcanismo responsa- bile di tali prodotti è prevalentemente calcalca- lino per tutta l'area del Mediterraneo occidentale, mentre la varietà e l'estensione dei depositi sug- geriscono una pluralità di centri effusivi, pur non trascurando le ampie possibilità di diffusione per trasporto eolico e subacqueo.

I sedimenti silicei costituiti dall'accumulo di enormi quantità di resti organog_~ni (Diatomee,

Il lavoro è stato eseguito nell'ambito del progetto: «Associa- zioni faunistiche del Cenozoico della Sardegna e dell'Appen- nino centrale nell'evoluzione paleogeografica del Mediterra- neo» - (M.P.I. - fondi 40%).

Radiolari, Poriferi) sono assai diffusi lungo tutte le catene perimediterranee (Appennini, Betidi, Maghrebidi); la maggior parte di essi contengono materiali vulcanici, prevalentemente costituiti da granuli di vetro e frammenti minerali.

Le più diffuse formazioni sedimentarie ad im- portante componente silicea biogena sono quelle costituite prevalentemente da Diatomee e Radio- lari, come le «Moronitas» spagnole'(CoLOM, 1952;

AL VIRA MARTIN. 1972) e i «Tripoli» italiani, larga- mente rappresentati in Sicilia (DECIMA & SPRO- VIERI. 1973), nell'Italia peninsulare (PIER I, 1961;

PIRINI. 1961; SELLI. 1954, ecc.) e nel pedeappen- nino piemontese (DI NAPOLI, 1953; ecc.). Una esauriente rassegna è rinvenibile in DECIMA &

SPROVIERI (1973). Recentemente GuERRERA (1978) ha messo in evidenza l'ampia distribuzione dei livelli tripolacei nel Miocene inferiore e medio lungo tutto il bordo appenninico esterno osser- vandone lo stretto legame con il vu1canismo; tali depositi sono prevalentemente costituiti da livelli calcarei e vulcanoclastici nella cui frazione orga- nogena spesso prevalgono i Radiolari sulle Diato- mee. I livelli tripolacei vengono localizzati da GuERRERA (1978) nell'intervallo di tempo corri- spondente alle zone N8-N9 di Bww ( 1969), e con minore frequenza alla zona N6 (fig. 2).

Sedimenti tripolacei oligo-miocenici sono assai diffusi anche fuori dell'area considerata, in tutto il dominio tetisiano (Carpazi-KoTLARCZYK, 1966;

Caraibi, «Oceanic Formation»-BECKMAN, 1953;

BoLLI, 1957; Nuova Zelanda, «Oamaru Diatomi- tes»-HINDE & HOLMES, 1882).

In tali successioni silicee sono spesso presenti spicole di spugne, le quali, talora, come nelle

«Moronitas» (CoLo M, 1952) e nella «Oamaru For- mation» (HINDE & HoLMES, 1882) giungono a co-

GEOLOGICA ROMANA, 21 (1982): 529-543, 7 fig., I tab., I tav., Roma.

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530 II SIMPOSIO «ECOLOGIA E PALEOECOLOGIA DELLE COMUNITÀ BENTONICHE»

stituire una frazione di un certo rilievo anche se sempre subordinata. Nell'Appennino centrale in- vece le successioni mioceniche informalmente conosciute come «Formazione di Guadagnolo» o

«Flysch sabino» (PAROTTO & PRATURLON, 197 5), di ampia estensione areale e di notevole spessore, posseggono un contenuto in spicole silicee assai elevato che giunge spesso ad assumere carattere litogenetico.

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algerini sono attribuibili al Burdigaliano («Carte- niano» di PoMEL); va tuttavia ricordato che PoMEL (1872) descrive una specie, Herpothis saheliensis, proveniente dai livelli superiori della successione miocenica, attribuiti appunto al Saheliano. I gia- cimenti algerini (Djebel Djambeida, Beni Bou Mileuk e Djebel Amraroua, tutti nell'Oranese) hanno fornito una spongiofauna costituita da di- ciotto generi, di cui dodici di Demospong~ e sei di

FIG. l - Distribuzione degli affio- ramenti spongolitici cenozoici nell'area del Mediterraneo occi- dentale: l) Miocene a) Djebel Djambeida; b) Djebel Amraroua·

c)_Beni Bou Mileuk; d) Sorbas; e) X1quena; f) Montese; g) Maserna;

h) Calada Bianca; i) Roccamorice·

l) Tornimparte; m) Guadagnalo:

n) Opi; o) Rocca di Cave; p) Iser~

nia; 2) Eocene: q) Vich; r) Chiampo; 3) Plio-Pleistocene: s) Borzoli; t) Capo San Marco; u) Carru bare.

Distribuzione di rocce silicee e vulcaniche (prevalentemente da COLOM. 1952, ecc.; DECIMA &

SPROVIERI, 1977; WEZEL, 1977): 4) lave e piroclastiti; 5) rocce vulca- noclastiche; 6) rocce silicee bio-

gene; 7) silexiti.

- Distribution ofCenozoic spongolitic outcrops in the western Mediterranean area: l) Miocene-a) Djebel Djambeida; b) Djebel Amraroua; c) Beni Bou Mileuk; d) Sorbas; e) Xiquena; f) Montese; g) Maserna; h) Calada Bianca; i) Roccamorice; l) Tornimparte; m) Guadagnalo; n) Opi; o) Rocca di Cave; p) Isernia; 2) Eocene-q) Vich; r) Chiampo; 3) Plio-Pleistocene-s) Borzoli; t) Capo San Marco; u) Carrubara. Distribution of siliceous and volcanic rocks (mainly from COLOM, 1952, etc.; DECIMA & SPROVIERI. 1977:

WEZEL, 1977): 4) lava flows and pyroclastics; 5) volcanoclastic rocks; 6) biogenic siliceous rocks; 7) silexites.

Questa nota vuole essere un primo contributo allo studio di tali depositi nel loro contesto pa- leoambientale e paleogeografico.

I livelli spongolitici nell'area mediterranea occi- dentale.

I giacimenti con spongiofaune silicee noti in terreni terziari nelle regioni affacciate sul Medi- terraneo occidentale sono poco numerosi. La dif- fusione e importanza delle associazioni a Poriferi silicei nel Terziario di tutto il mondo sono del resto assai limitate, soprattutto in confronto con quelle delle ricche associazioni del Cretacico su- periore, in particolare nella regione europea.

I livelli più ricchi in numero e varietà di forme finora conosciuti sono quelli del Miocene dell'Al- geria, studiati da POMEL (1872), ZEISE (1906) e MoRET (1924). Si tratta di livelli mamosi più o meno arenacei, potenti fino ad un centinaio di metri (bacino di Djebel Djambeida), che fanno seguito ad arenarie e conglomerati discordanti su termini cretacici. Secondo MoRET ( 1924) i livelli

Esattinellidi; essa è accompagnata da altri macro- fossili quali Coralli, Briozoi, Echinidi, Alghe Rosse calcaree, Ostreidi e soprattutto Pettini di, di cui tuttavia On D'EsTEvou & G. & H. TERMIER (1981) mettono in dubbio il carattere autoctono.

Questi ultimi autori hanno recentemente de- scritto (1978; 1981) una ricca spongiofauna rinve- nuta nella potente serie torbiditica (circa 2000 m di spessore) del bacino di Sorbas (Andalusia).

L'età dell'intervallo spongolitico è riferita al Tor- toniano superiore su base micropaleontologica (IACCARINOet a/ii, 1975). L'associazione è simile a quella algerina, ma meno variata, essendo costi- tuita da sette generi di cui due di Esattinellidi e cinque di Demosponge.

Nell'Oligo-Miocene spagnolo è nota una sola altra località (Xiquena, nella regione di Velez Rubio, SE della Spagna) dove,jn livelli calcitur- biditici, è stata rinvenuta una spugna ceractino- morfa, Roepella solanenis (V AN KEMPEN _1977).

Relativamente numerosi e noti fin dal secolo scorso sono i livelli a spongiofaùne silicee del Miocene emiliano. I giacimenti di Montese (alta valle del Panaro, in provincia di M_odena) e del

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SEDIMENTI SPONGOLITICI DEL MIOCENE 531

bolognese (località Maserna, Iola e Serra di Gui- doni), studiati da MANZONI (1879; 1881; 1882), MAZZETTI & MANZONI (1879) e MALFATTI (1900), sono tutti localizzati nell'ambito delle molasse mioceniche del pedeappennino, concentrate per- loppiù nei livelli marnosi. Va rilevato che se- condo MANZONI (1879, 1882) le spugne si rinven- gono in posizione fisiologica e, nei giacimenti del bolognese, localizzate in prossimità di «stratarelli

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alle Demosponge e tre alle Esattinellidi; essa è accompagnata prevalentemente da Pettinidi e Briozoi.

Infine in Sardegna, CoMASCHI CARIA (1962) ha segnalato la presenza di un esemplare di Craticu- laria ( = Laocaetis) in terreni arenacei bioclastici assegnati all'Elveziano; l'esemplare è associato a Coralli, Echinidi, Briozoi, Ostreidi e Pettinidi.

Nelle regioni prese in esame le spongiofaune

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FIG. 2 - Quadro riassuntivo dei principali dati disponibili in letteratura sulla distribuzione stratigrafica dei depositi silicei e sulle datazioni radiometriche di vulcaniti nel'area del Mediterraneo occidentale.

- Summarizing scheme of stratigraphic range of the siliceous deposits and the radiometric ages of volcanites in the western Mediterranean area, according to the main data available in literature.

e migdale di selce» in giacitura concordante; su tale base l'Autore ipotizza una relazione tra la presenza di spugne silicee e una «eccedenza di silice» sul fondo del mare, legata a sorgenti mine- rali. Nel bolognese anche LIPPARINI (1966) ricorda la presenza di spugne silicee insieme a Silicofla- gellati e Radiolari in «marne calcaree siliciose»

simili al «Bisciaro umbro-marchigiano». La spongiofauna emiliana, ricca in esemplari, è meno diversificata rispetto a quella algerina, es- sendo costituita da cinque generi appartenenti

mioceniche si rivelano le più ricche e diffuse rispetto a quelle sia del Paleogene che del Plio- Pleistocene. Infatti nell'Eocene sono noti i soli giacimenti di Vich in Catalogna e di Chiampo (Veneto). Tuttavia in quest'ultima località l'asso- ciazione già segnalata da MENI N ( 1972) ed attual- mente in studio da parte di MA TTEUCCI, Russo A., Russo F. e VISENTIN. si è rivelata estremamente.

ricca e diversificata, con più di 10 generi.

Nel Pliocene gli affioramenti noti sono limitati a quelli di Borzoli (Genova) dove le argille az-

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532 II SIMPOSIO «ECOLOGIA E PALEOECOLOGIA DELLE COMUNITÀ BENTONICHE»

zurre contengono spicole e scheletri di Craticu- laria (MALFATTI, 1885) e di Capo S. Marco (Sar- degna occidentale), dove le argille del Pliocene inferiore sono dense di spicole estremamente ben conservate. Infine NEVIANI (1905) cita spicole di Tetractinellidi nelle sabbie post-plioceniche di Carrubare (Calabria).

Anche fuori dell'area mediterranea i giacimenti spongolitici terziari sono assai rari. L'unica spon- giofauna miocenica conosciuta è quella descritta da DE LAUBENFELS (1953) nei Plantagenet Beds dell'Australia occidentale, che REID(1967) dubita sia più antica. Recentemente WIEDENMEIR (1980) ha segnalato il ritrovamento di una ricca associa- zione, per ora non descritta, nell' «antigua Forma- tion» dell'Oligocene superiore delle Antille.

L'importanza delle spugne silicee nelle succes- sioni terziarie è tuttavia dimostrata dalla larga diffusione di spicole silicee sciolte anche in sedi- menti privi di parti scheletriche conservate; ad esempio nelle «Moronitas» spagnole (CoLOM, 1952) livelli spicolitici si alternano regolarmente ai livelli diatomeiferi. Nonostante ciò l'unico studio dettagliato sulle spicole isolate del Ter- ziario risale al lavoro di HINDE & HoLMEs (1882) sulle associazioni spicolitiche presenti nelle dia- tomiti di Oamaru (Eocene superiore-Oligocene della Nuova Zelanda).

I livelli spongolitici ·dell'Appennino Centrale Studi precedenti

La presenza di spugne silicee nell'Italia centrale è stata segnalata da GIATTINI nel 1909, con la descrizione di una nuova specie di Esattinellide Becksiide, Manzonia aprutina, rinvenuta in emi- pelagiti marnose del Miocene medio del bacino di San Valentino (Chieti). Molto più tardi PANSERI (1953) ha segnalato abbondanti spicole silicee e frammenti reticolari nelle marne mioceniche di Rocca di Cave (Monti Tiburtini). La presenza di spicole silicee in terreni miocenici è evidenziata anche nella cartografia ufficiale (Fogli al 100.000 della Carta Geologica d'Italia e relative Note illu- strative); in particolare sono segnalati livelli spi- colitici nei Fogli 153 - Agnone (Langhiano-Elve- ziano-Ma3·2; Mc3·2; Mm1·2), 144 - Palombara Sabina (Langhiano-Elveziano-M2), 139 L'Aquila(Langhiano-M1), 152- Sora(Oligocene sup-Miocene inf. -M2 -03), 160 - Cassino (Aquitaniano-Langhiano -M2·1). Solo più recen- temente l'esistenza e la diffusione areale di una successione miocenica, compresa tra i calcari pa- leogenici a macroforaminiferi ed i calcari serra- valliani a Briozoi e Litotamni, nella quale si ha una rilevante componente silicea legata ai Pori- feri, è stata messa in evidenza in alcuni lavori di geòlogia regionale (AccoRpi et alii, 1969; PAROTTO

& PRATURLON, 1975; FUNICIELLO & PAROTTO,

. 1978).

In particolare il complesso calcareo-marnoso a spicole di spugne, definito informalme~te

«Flysch Sabino» o «Formazione di Guadagnolo»

(PAROTTO, & PRATURLON, 1975), la cui variabile potenza è valutata poter superare i 2000 m (CA- STELLARIN et afii, 1978), viene individuato (FUNI- CIELLO & PAROTTO, 1978) come uno degli 'elementi di maggiore caratterizzazione della «successione sabina» .o «umbro-sabina», che rappresenta nel suo insieme una tipica facies di transizione tra un ambiente pelagico (quello umbro-marchigiano) ed uno neritico (quello della piattaforma carbo- natica laziale-abruzzese). L'età della formazione è considerata Langhiano-Serravalliano p.p. da Fu- NICELLO & PAROTTO (1978), Miocene inferiore e medio fino al Serravalliano da CASTELLARIN et al.

(1978).

Il «Flysch sabino» viene almeno in parte con- siderato corrispondente e coevo alle «Marne con Cerrogna» delle Marche meridionali e con il

«Flysch Marnoso-Arenacea» della facies umbro- marchigiana, sviluppatosi, secondo CASTELLARIN et alii, 1978 in domini forse più profondi.

Infine MA. TTEUCCI ( 1980) ha segnalato il rinve- nimento di una ricca spongiofauna silicea nei monti di Tornimparte (L'Aquila) tentandone una prima interpretazione paleobatimetrica, sulla base di indicazioni attualistiche.

Inquadramento stratigrafico

L'intervallo spongolitico, ricco in spicole di spugne e talora con corpi scheletrici conservati, si localizza tra termini paleogenici e basso mioce- nici a macroforaminiferi alla base e livelli a Brio- zoi, Litotamni ed Echinidi del Serravalliano al tetto.

Prendendo in considerazione le tre serie indi- cate in fig. 3, quella di Tornimparte, localizzata al bordo occidentale della conca aquilana, quella di Guadagnolo, nei monti Prenestini, e quella di Opi, nella Marsica Occidentale, il quadro bio-e litostratigrafico può essere qui sintetizzato nelle sue grandi linee (lo studio di dettaglio è infatti ancora in corso).

Intervallo basale (Paleocene-Burdigaliano p.p.) - Calcareniti ben stratificate, potenti alcune de- cine di metri, con intercalazioni glauconitifere e breccioidi, trasgressive sui calcari del Cretacico superiore a frammenti di Radiolitidi e rare inter- calazioni micritiche a Globotruncane (G. cfr./ap- parenti BROTZEN), costituiscono la porzione ter- ziaria pre-spongolitica nella serie di Tornimparte.

In essa si riconoscono, separati da hiatus più o meno chiaramente marcati da hard-grounds, li- velli paleocenici basali, a planctonici (tra cui, riconoscibili, Morozovella cfr. angulata (WENTE)e M. cfr.pusillaBoLu)seguiti da ca lOmdicalcaria Nummuliti e Discocycline dell'Eocene medio- superiore (Tav. l, fig. 1), con Halkyardia minima (LIEBus), Fabiania cassis (HoPPENHEIM) e Chap- manina gassinensis (SILVESTRI); seguono, intro- dotti da un livello conglomeratico a matrice glau- conitica e abbondanti frammenti di Ostreidi, Echinidi, Coralli, calcari a Lepidocycline interca-

(11)

SEDIMENTI SPONGOLITICI DEL MIOCENE 533

SCHEMA DELLE SUCCESSIONI SPONGOLITICHE

12

10

DELL' ITALIA CENTRALE

12

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Scaglia della succeSSione Sabma

Calcan cretactcJ della successione LaZiale- Abruzzese Spong1ofaune

A SUCCESSIONE LAZIALE -ABRUZZESE 8 SUCCESSIONE SABINA C SUCCESSIONE UMBRO-

MARCHIGIANA

FIG 3 - Raffigurazione schematica della distribuzione e delle successioni spongolitiche dell'Appennino centrale.

- Scheme of the spongolithic sequences an d their distribution in the Centrai Apennines.

lati a biomicriti a Rotalie, Corallinacee e Miliolidi (Tav. l, fig. 2), attribuibili per analogia con la vicina serie di M. LA RoccA, all'Oligocene medio- superiore (MA TTEUCCI & SCHIAVINOTTO, 1977;

ScHIAVINOTTO. 1979). Separato da una intercala- zione mamosa a foraminiferi planctonici mal conservati e tettonizzati, segue un intervallo di calcari micritici e bioclastici a Miogypsine (Tav.

l, fig. 3) (ca 10m di spessore), contenenti livelli breccioidi con elementi della serie sottostante;

ScHIAVI N OTTO ( 1979) ha qui riconosciuto la suc- cessione evolutiva M. socini - M. intermedia, analoga a quella sviluppatasi nell'intervallo

Aquitaniano-Burdigaliano p.p. nell'area mediter- ranea.

I termini sommitali dell'intervallo a Miogyp- sina già contengono numerose spicole di spugne come ha già notato ScHIAVINOTTO (1979, pag. 267), le quali, con l'incremento della componente ter- rigena, divengono l'elemento faunistico domi- nante.

Nella successione di Guadagnolo, complessi- vamente potente più di l 000 m, l'intervallo ba- sale differisce, rispetto alla serie di Tornimparte, soprattutto per un evidente rimaneggiamento di termini cretacici nei livelli basali, a Nummulites,

(12)

534 Il SIMPOSIO «ECOLOGIA E PALEOECOLOGIA DELLE COMUNITÀ BENTONICHE»

Discocyclina, Fabiania, Chapmanina attribuibili all'Eocene medio-superiore, e per un minore svi- luppo dei livelli"oligo-basso miocenici a Lepido- cyclina e Miogypsina, nei quali si riconoscono macroforaminiferi rimaneggiati.

Nella serie di Opi, ai livelli dell'Eocene medio- superiore a Nummuliti fanno seguito, separati da uno hiatus, calcari a Lepidocyclina e Miogypsino- ides, estremamente ricchi in Litotamni, ·i cui livelli basali sono stati attribuiti su base biome- trica al Chattiano (PIERONI, 1965). Anche qui il passaggio a livelli spongolitici avviene, sia pure rapidamente, per comparsa e incremento delle componenti silicea biogena e terrigena.

Intervallo spongolitico (Aquitaniano p.p. -

?Serravalliano p.p.) - Si distingue alla base per il rapido incremento della componente terrigena, in livelli emipelagitici già ricchi in spicole di spugne, ma contenenti ancora Miogypsine; le prime spi- cole si rinvengono in associazione con M. globu- lina e Lepidocyclina (Nephrolepidina) tournoueri, che (SCHIAVINOTTO, 1979) permettono il riferi- mento alla Zona N5 di BLOw (1969), corrispon- dente all'Aquitaniano medio-alto (secondo BER- GGREN. 1972; BERGGREN & VAN COUVERING. 1974).

Occorre comunque tenere presente che la posi- zione del limite Aquitaniano-Burdigaliano non risulta ancora univocamente determinata in lette- ratura, come si può vedere in calibrazioni anche recenti (Hsu et al., 1978; PAPP, 1981 ), per le quali la Zona N5 corrisponderebbe al Burdigaliano inferiore.

A Tornimparte la successione spongolitica può essere distinta in due membri; quello inferiore è costituito da marne calcaree e silicee in banchi massivi, fetidi, estremamente ricchi in Radiolari e spicole di spugne, distribuite talora in livelli; in

alcuni banchi i livelli più ricchi in spicole, con ammassi spicolari più o meno riconoscibili, sono distribuiti alla base, ad indicare una possibile gra- dazione. Accanto ad intercalazioni più argillose, soprattutto nella parte alta del membro, compa- iono banchi calcarenitici bioclastici ricchi in Briozoi, Echinidi, Ostreidi e Spugne silicee. Le marne intercalate sono spesso dense di corpi silicei appartenenti per lo più al genere Aphrocal- listes (Hexactinellida, Dictyida) (fig. 4).

Il membro superiore si caratterizza per una dra- stica riduzione della componente marnosa, mentre continua rilevante la presenza silicea rap- presentata da spicole di spugne isolate, Radiolari

FIG. 4 - Addensamento di corpi scheletrici di Aphrocallistes sp.

nello «spongolitico» di Tornim- parte.

- Cluster of Aphrocallistes sp.

schcletal bodies in the «spongoli- tico» from Tornimparte.

e liste di selce. Tali calcari listati, fissili fino a laminati, sono alternati a pacchi di calcarenite regolarmente stratificati, con tipica fessurazione a losanga. La componente silicea diminuisce gra- dualmente verso l'alto, sfumando alle calcareniti a Briozoi, Litotamni ed Echinidi attribuiti al Ser- ravalliano (Tav. l, fig. 8).

Nella serie di Guadagnalo, spicole e corpi sche- letrici più o meno ben riconoscibili, accompa- gnati da liste e noduli di selce, compaiono già nell'ultima porzione ancora carbonatica dell'in- tervallo a macroforaminiferi; nel resto della suc- cessione permangono abbondanti le spicole sili- cee, mentre i corpi scheletrici scompaiono abba- stanza rapidamente.

Dopo i livelli carbonatici basali, potenti ca 200m, la serie si sviluppa con una porzione di circa 300 m di spessore costituita dalla monotona alternanza di marne e marne calcaree giallognole, sporadicamente interrotte da intercalazioni cal- carenitiche che nella parte bassa sono formate quasi esclusivamente da macroforaminiferi (Nummuliti, Lepidocycline, Miogypsine) mentre

(13)

SEDIMENTI SPONGOLITICI DEL MIOCENE 535

verso l'alto lasciano il posto a calcareniti con frammenti di Briozoi, Litotamni, Echinidi e Baia- nidi.

La componente carbonatica aumenta di impor- tanza nella successiva porzione della serie, anch'essa di ca 300 m di spessore, dove le inter- calazioni calcarenitiche rappresentano oltre il 50% della potenza totale dell'intervallo. Le inter- calazioni calcarenitiche sono per lo più costituite quasi interamente da Briozoi e mostrano la carat- teristica fessurazione a losanga ed una geometria lentiforme degli strati.

L'ultima porzione della serie è costituita da banchi marnoso-calcarei passanti gradualmente a

FIG. 5 - «Spongolitico» di Opi; le spicole formano un vero e proprio feltro, x l O.

- «Spongolitico» from Opi; felt-like structure made by the spiculitic accumulation, x 10.

marne argillose con subordinate intercalazioni calcarenitiche.

Ad Opi l'intervallo spongolitico ha uno spes- sore assai modesto, di ca 40 m ed è costituito da calcari marnosi e marne scure, fetide, sottilmente stratificate con noduli e liste di selce, zeppe di spicole di spugne, Radiolari e tubi di ?Ditrupa;

talora la densità spicolare è tale da costituire veri e propri ammassi feltrosi (fig. 5); a differenza delle altre serie, non sono stati rinvenuti corpi schele- trici, né intercalazioni calcarenitiche. La data- zione di PIERONI ( 1965) si riferisce ai «livelli basali

rl~l complesso organogeno a macroforaminiferi»

\PIERONI. 1965; pag. 171 ), il cui spessore totale è di ca 35 m. Si intravvede così la possibilità che negli strati superiori di tale intervallo siano rappresen-

tati anche termini riferibili al Miocene infe- nore.

Intervallo superiore - La successione spongo- litica viene bruscamente interrotta nella serie di Opi da un conglomerato glauconitico poligenico ed eterometrico a grossi litoclasti, seguito da marne a planctonici del Tortoniano; nella serie di Guadagnalo la successione è chiusa rapidamente dalle calcareniti a Briozoi che costituiscono la rupe omonima; a Tornimparte invece si ha un passaggio graduale a calcareniti fini, con fessura- zione a losanga, costituite prevalentemente da frammenti di Briozoi, Echinidi,

e

subordinati Litotamni. Tali livelli, potenti alcune decine di metri, si chiudono in un hard-ground conglome- ratico, fosfatizzato e glauconitizzato, che marca il passaggio alle marne a planctonici del Torto- niano. Queste ultime, fortemente bioturbate nella porzione basale, contengono, un paio di metri sopra l'hard-ground, un banco bioclastico preva- lentemente costituito da gusci e frammenti. di Neopycnodonta navicularis (BROCCHI) e Pecti- nidi.

Il livello conglomeratico, costituito da ciottoli delle sottostanti calcareniti a Briozoi ed Echinidi, patina ti, bioerosi e incrostati, contiene una ricca e variata associazione faunistica (Lamellibranchi, Gasteropodi, Brachiopodi, Coralli, Echinidi, Briozoi, Policheti, ittiodontoliti). Tra i diversi taxa, predominano i resti, prevalentemente sotto forma di modelli o gusci fosfatizzati e patinati, di taxa indicativi di acque poco profonde, calde e di substrati rocciosi (Emarginula, Vermetus, Cy- praea, Conus, Malea, Bulla, Lithophaga, Modio- lus, Megaxinus, Cardita, Xenophora, Bursa).

Anche l'associazione di ittiodontoliti, composta da sei taxa (Isurus oxvrhvnchus hastalis (AGASSiz), Odontaspis taurus obliquus (AGASSIZ), Eemipristis serra serra AGASSIZ, Hexanchus primigenius (AGASSIZ), Sparus cinctus (AGASSIZ), ? Tetraodon lecointrae (LERICHE), fornisce indicazioni di condi- zioni subtropicali e costiere, essendo solo Hexan- chus una forma relativamente pelagica. L'assenza della radice in tutti gli esemplari è indicatrice di trasporto post-mortem delle forme citate.

Il banco bioclastico soprastante, contenuto nelle marne, è prevalentemente costituito da forme come Neopycnodonta navicularis (BRoc.

CHI), Pectinidi, tra cui Amussium denudatus Rwss e Chlamys (C.) cfr. varia LINNAEUS, rari gasteropodi, tra cui Astraea, caratteristico del piano circalitorale, ed alcuni Pteropodi, come Vaginella varanica SIRNA e Cuvierina columnella urceolaris (MoRcH), coralli aherm::~tioici e ottoco- ralli (Keratoisis), indicative di acque più pro- fonde rispetto al sottostante conglomerato.

Anche la microfauna delle marne contiene una componente planctonica rilevante che costituisce fino al 70% dell'intero spettro microfaunistico. Le forme riconosciute, Globorotalia menardii (D'ORBIGNY), G. scitula (BRADY), Globigerina concinna REUss. G. falconensis Bww, G. pachy- derma (EHREMBERG), G. regina CRESCENTI, Globi- gerinoides quadrilobatus (D'ORBIGNY), G. saccu-

(14)

536 Il SIMPOSIO «ECOLOGIA E PALEOECOLOGIA DELLE COMUNITÀ BENTONICHE»

lifer (BRADY), G. trilobus (Rwss), Orbulina uni- versa D'ORBIGNY. costituiscono una associazione chiaramente tortoniana.

La spongiofauna

La spongiofauna rinvenuta a Tornimparte e Guadagnalo è costituita da corpi scheletrici ap- partenenti prevalentemente, come già osservato da MATTEucci (1979) a Tornimparte, alle Hexac- tinellidea Dictyida, rappresentate da Laocaetis crassipes PoMEL e da Aphrocallistes sp.; molti esemplari di Aphrocallistes sembrano poter rien- trare nella specie A. estevoui, recentemente isti- tuita da G. & H. TERMIER. su materiale tortoniano.

I corpi scheletrici di Aphroca!listes sono talmente

frequenti in uno dei livelli sommitali del membro inferiore dell'intervallo spongolitico nella serie di Tornimparte, da assumere importanza litogene- tica (fig. 4). Le forme accompagnanti apparten- gono per lo più alle Demospongea e sono in quan- tità nettamente subordinata; tra esse è stato per ora riconosciuto il genere Discodermia. Dal punto di vista della associazione spicolare (fig. 6) domi- nano le spicole tetractinomorfe (triaene, dico- triaene, fillotriaene, protriaene e ortotriaene) che possono rappresentare, a Tornimparte, più del 50% del totale, accompagnate da spicole monas- soni, esattine, pentattine e desmi. Inoltre sono state rinvenute alcune lickiskine, talora unite in modesti frammenti reticolari. Le associazioni spicolari di Guadagnalo ed Opi, ad una osserva- zione preliminare, sono analoghe.

Le valutazioni paleobatimetriche effettuate da MA TTEUCCI (1979) sulla base del confronto con la distribuzione delle spongiofaune silicee attuali, indicanti una ambientazione circalitorale o epi- batiale della associazione di Tornimparte, rite- nuta sostanzialmente autoctona, trova conferma

nel recente lavoro di On D'EsTEvou, TERMIER G. & H. ( 1981) sulla assai simile spongiofauna di Sorbas, la quale è associata a coralli hermatipici come Balanophyllia e Lophosmilia, la cui distri- buzione batimetrica è compresa tra 183 e 366 m.

I corpi scheletrici, sia frammentari che subin- tegri, e gli ammassi spicolari sono ben conservati a Tornimparte, mentre a Guadagnalo si hanno frequentemente frammenti diagenizzati, fino alla obliterazione dei caratteri diagnostici; tuttavia la morfologia di alcuni arnioni di selce (fig. 7) ricorda quella della coppa massiccia di Laocaetis.

Dissoluzione e precipitazione in situ sono osser- vabili a livello spicolare (Tav. l, fig. 7); la preci- pitazione della selce mobilizzata è testimoniata

FIG. 6 - Spicole di spugne e radio- lari al SEM; «spongolitico» di Tor-

nimparte, x 80.

- Sponge spicules and radiola- rians, SEM. x 80; «spongolitico»

from Tornimparte.

FIG. 7 - Arnione di selce nella serie di Guadagnalo; la forma ricorda la coppa svasata di Laocaetis, x 112.

- Chert nodule from the Guadagnalo sequence; the shape is like the wide cup of Laocaetis, x 1/2.

(15)

SEDIMENTI SPONGOLITICI DEL MIOCENE 537

anche dalla silicizzazione talora incompleta di gusci e frammenti calcarei (Foraminiferi e Mollu- schi). Talora, soprattutto a Guadagnolo, in alcuni livelli, le spicole sono più o meno completamente sostituite da ossidi di ferro e/o pirite.

La distribuzione spaziale delle spicole silicee è, per quanto osservato, del tutto casuale (Tav. l, fig. 4); ammassi e concentrazioni spicolari pos- sono derivare dall'accumulo in situ di spicole non saldate in vivo (Tav. l, fig. 5); sono inoltre fre- quenti gli arrangiamenti spicolari (Tav. l, fig. 6) legati all'attività bioturbante degli organismi dell'infauna.

Le intercalazioni calcarenitiche nelle marne, in particolare a Tornimparte, contengono sia spicole silicee che corpi scheletrici, con preferenza per quelli di Laocaetis crassipes; lo sPettro spicolare appare invece del tutto confrontabile con quello delle marne intercalate. Le intercalazioni calcare- nitiche a Briozoi nella zona di Guadagnolo appa- iono invece povere o prive di spicole silicee.

I minerali pesanti

Nella tab. l sono riportati i risultati di una indagine preliminare effettuata sulla frazione pe- sante del residuo insolubile di alcuni campioni marnosi dell'intervallo spongolitico della serie di Guadagnolo (campioni 21-27, strada Guada- gnolo-Capranica; campione 31, Scandriglia; cam- pioni 32-35, strada Rocca Sinibalda-Longone) e di due campioni (38, 39) riferibili alla «Forma- zione del Bisciaro», prelevati nei pressi di Colle- baccaro e di Poggio Fidoni, a ovest di Rieti.

L'associazione mineralogica dei campioni pro- venienti dalle marne spongolitiche di Guada- gnolo (e anche di Tornimparte, di cui per ora sono state effettuate solo stime qualitative) è del tutto comparabile con quella rinvenuta nei due cam- pioni di «Bisciaro». Essa è costituita prevalente- mente da minerali vulcanici a bassa persistenza come i pirosseni monoclini accompagnati da mi- nerali persistenti quali i granati, che sono presenti in tutti i sedimenti terrigeni cenozoici. L'abbon- danza di pirosseni, che in alcuni campioni costi- tuiscono la totalità della frazione pesante, insieme alla notevole freschezza degli individui cristallini, inducono ad ipotizzarne l'origine in episodi vul- canici sinsedimentari o di poco anteriori. A con- ferma di tale ipotesi può essere ricordato che tali minerali poco persistenti risultano del tutto as- senti o assai rari nei depositi terrigeni tortoniani dell'Italia centrale (OviTELLI et alii, 1979); essi sono invece comuni nei sedimenti plio-pleistoce- mcL

Il ruolo che i depositi vulcanoclastici, per lo più costituiti da vetro e dai suoi prodotti di altera- zione, giocano nella sedimentogenesi del «Bi- sciare» è stato messo in evidenza in alcuni lavori recenti (ARDANESE & GRANDI, 1977; GuERRERA, 1977; BoRSETTI et alii, 1979). La deposizione del Bisciaro, secondo ARDANESE & GRANDI (1977) av- veniva in un mare aperto, alimentata periodica-

mente dai prodotti provenienti da una attività vulcanica esplosiva i cui centri, secondo GuER- RERA ( 1977) dovevano essere multipli e distribuiti in una fascia areale molto ampia; il fatto che lo spessore dei livelli vulcanoclastici intercalati nelle sequenze marnose oligo-mioceniche dell'Appennino Centrale e Settentrionale, au- menti verso Nord, induce infine BoRSETTI et alii ( 1979) ad ubicarne la zona di provenienza nel Mar Tirreno settentrionale e nel Mar Ligure.

Discussione

La successione spongolitica dell'Appennino Centrale mostra una notevole variabilità nello spessore (da più di 1000 m a 40 m circa) e nella litologia, soprattutto in relazione alla incidenza delle intercalazioni calcarenitiche e della compo- nente terrigena; elemento costante appare invece la presenza di spicole silicee in percentuale rile- vante, fino a costituire veri e propri livelli spico- litici. Altro elemento caratterizzante è la localiz- zazione nelle aree di transizione, facendo sempre seguito ai livelli neritici o di scarpata a macrofo- raminiferi del Paleogene e basso Miocene, i quali.

rappresentano i depositi del bordo costiero della piattaforma mesozoica, supposta emersa alla fine del Cretacico. Le relazioni con le formazioni baci- nali sono invece meno chiare; secondo BoNo et alii (1979) il «Flysch sabino» 1 rappresenta in- sieme a «Schlier» e «Marne con cerrogna» una delle facies distali della «Formazione Marnoso- Arenacea», costituendo, secondo CASTELLARIN et alii (1978), un deposito peribacinale rappresen- tato da marne e argille marnose emipelagiche e da flussoturbiditi carbonatiche.

Poiché nella serie di Tornimparte le prime abbondanti spicole silicee si rinvengono già nell'intervallo inferiore carbonatico insieme ad una associazione a macroforaminiferi (Miogyp- sina globulina e Lepidocyclina (Nephrolepidina) tournoueri), che individua l' Aquitaniano sup.- Burdigaliano inf., il complesso spongolitico deve essere considerato eteropico, almeno in parte, alla

«Formazione del Bisciaro» la cui distribuzione stratigrafica, secondo la letteratura più recente, è in larga accezione compresa tra l' Aquitaniano p.p. e il Serravalliano p.p. (zone N 6 - N lO di Bww. in GuERRERA, 1977).

Anche la calibrazione di alcune serie effettuata recentemente (CATI et al., eds., 1981, «In search of the Paleogene-Neogen'e boundary stratotype») mostra che il «Bisciaro» marchigiano copre per lo meno le zone N 4 p. p. -N 7 di Bww (Aquitaniano- Burdigaliano ).

(l) I presenti autori preferiscono alla denominazione di

«Flysch sabino» quella, sia pure non formalizzata, di «Forma- zione di Guadagnolo» (PAROTTO & PRATURLON, 1975), per- ché, essendo ancora meglio della prima ancorata ad una pre- cisa località di affioramento, non è legata ad una caratterizza- zione genetica connessa con il termine «Flysch».

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