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Caratteristiche geomorfologiche dell'area della riserva naturale Monterano (Lazio Settentrionale)

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Academic year: 2022

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CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE DELL’AREA

DELLA RISERVA NATURALE MONTERANO (LAZIO SETTENTRIONALE) Marta Della Seta*, Maurizio Del Monte*, Roberta Marini*

*Dipartimento di Scienze della Terra - Università degli Studi di Roma “La Sapienza” - P.le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma e-mail: marta.dellaseta@uniroma1.it

RIASSUNTO - Una serie di ricerche condotte negli ultimi anni ha portato alla realizzazione di una carta geo- morfologica alla scala 1:10 000 della porzione di territorio compresa all’interno della Riserva Naturale Regionale Monterano (Della Seta et al., 2005).

L’area della Riserva si colloca nella regione tolfetano-sabatina, in prossimità del limite amministrativo fra le province di Roma e di Viterbo, e offre una considerevole varietà del paesaggio. Le più antiche rocce affioranti (Lias medio - Paleogene) appartengono al basamento carbonatico. Sopra di esso giace, in contatto tettonico, la col- tre di depositi fortemente “alloctoni” (serie della “Pietraforte” e serie del “Flysch tolfetano”). I depositi marini plio-pleistocenici, che hanno colmato il sistema di graben peri-tirrenico ad andamento NO-SE, sono ricoperti dalla coltre dei prodotti del vulcanismo associato alla tettonica estensionale (Complesso Tolfa-Cerite e Manziate, Complesso Sabatino e Complesso Vicano).

I risultati del rilevamento geomorfologico hanno evidenziato la presenza di numerosi versanti interessati da fenomeni franosi, anche di notevole entità. Il forte approfondimento fluviale recente, unito alla natura litoide e alla giacitura suborizzontale degli affioramenti vulcanici, conferisce ai versanti un’acclività notevole, a tratti subver- ticale, che favorisce il verificarsi di fenomeni di crollo e di scorrimento, specialmente lungo la valle principale. I movimenti in massa rilevati sono rappresentati anche da colamenti, da creep e da soliflusso.

Gli effetti dei processi legati all’azione delle acque correnti superficiali sono riconoscibili in tutta l’area protet- ta; oltre all’azione di approfondimento lineare compiuta dai collettori principali, tuttora attiva, il ruscellamento diffuso e concentrato produce sui versanti una serie di forme di denudazione e di deposizione che caratterizza il paesaggio fisico dell’area. Quest’ultimo è contrassegnato, specialmente dove affiorano litotipi vulcanici, anche da vaste superfici strutturali e da numerose scarpate poligeniche, poste a quote diverse, che nell’insieme conferisco- no ai versanti un aspetto a gradinata.

Sviluppatesi lungo un ampio intervallo di tempo, le forme legate all’azione antropica sono riconoscibili quasi ovunque; la loro tipologia e la loro diffusione dipendono dalla diversa gestione del territorio dai tempi degli etru- schi ai giorni nostri. La complessa storia umana dona all’area della Riserva Naturale un discreto interesse archi- tettonico, che ben si coniuga al patrimonio naturalistico e alla presenza di diversi geomorfositi, seppure in uno spa- zio piuttosto limitato.

PAROLECHIAVE: Geomorfologia, Riserva Naturale Monterano, Parchi del Lazio, Geomorfositi.

ABSTRACT - The Geomorphology group from the Earth Science Department of “La Sapienza” University of Rome has been studying for twenty years the Fiume Mignone drainage basin. Within this frame, a series of long- lasting field surveys, supported and completed by aerial photo interpretation and information by local archives, led to the achievement of the 1:10 000 geomorphological map of the Monterano Nature Reserve territory (Della Seta et al., 2005).

The Reserve area, which is located within the “tolfetano-sabatina” region (close to the boundary between Rome and Viterbo provinces), even if just 10 km2wide, offers very varied landscapes.

The most ancient rocks outcropping in the area (Middle Lias - Paleogene) belong to the carbonatic basement.

“Allochtonous” deposits belonging to the “Pietraforte” and “Flysch tolfetano” series tectonically overlie this base- ment. A series of marine deposits filled the NO-SE oriented Tyrrhenian graben system during the Plio-Pleistocene and are overlain by the volcanic products emplaced as a response of the extensional tectonics affecting the region (Tolfa-Cerite and Manziate Volcanic Complex, Sabatini Volcanic Complex and Vico Volcanic Complex).

On the left side of the Fiume Mignone valley, the volcanic plateau gives rise to tabular relief. The structural sum- mit surface slightly dips towards the west and is interrupted by deep gorges. On the right side, the strong denuda- tional processes left remnants of this surface at the top of wide marly-calcareuos bedrock outcrops. The highest relief of the western sector, made out of marine deposits, are smoother and less vegetated than the volcanic ones.

Results of the geomorphological surveys evidenced strong landsliding at most slopes. Powerful fluvial deepen- ing increased the steepness of slopes, which is favored also by the strength and the sub-horizontal arrangement of the volcanic rocks. High steepness of slopes often leads to rock falls and rock slides, particularly along the main valley. Among mass movements, flows, creeping and solifluction contribute as well to slope denudation.

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INTRODUZIONE

Nel corso degli ultimi 20 anni è stato effettuato un rile- vamento geomorfologico di dettaglio dell’area compresa all’interno della Riserva Naturale Monterano, che ha por- tato alla realizzazione della Carta geomorfologica allega- ta (Della Seta et al., 2005). Queste attività si inquadrano in un più ampio contesto di ricerche, condotte dal Dipartimento di Scienze della Terra e dalla Facoltà di Scienze M.F.N. dell’Università “La Sapienza” di Roma, nel bacino idrografico del Fiume Mignone e in aree limi- trofe ( Blasi et al., 1993; Conti & Corda, 1985; Ciccacci et al., 1985; 1986; 1992; Ciccacci & Fredi, 1994; Del Monte et al., 2002; De Rita et al., 1993; Di Filippo &

Toro, 1993; Marini, 1995).

L’analisi di foto aeree di diversi voli effettuati negli ultimi 50 anni, nonché le informazioni scaturite dagli archivi di Enti locali e da testimonianze dirette, hanno arricchito e integrato i dati e i risultati del rilevamento pluriennale sul terreno.

L’area della Riserva, nonostante sia estesa poco più di 10 km2, presenta una notevole varietà del paesaggio.

Sulla sinistra idrografica del Fiume Mignone, corrispon- dente al settore orientale dell’area in esame, prevalgono rilievi tabulari, la cui superficie sommitale, debolmente inclinata verso Ovest, è interrotta da valli profondamen- te incise, con versanti ripidi, a tratti subverticali.

Sulla destra idrografica del Mignone la presenza di rilievi vulcanici tabulari è assai meno continua; gli affio- ramenti vulcanici sovrastano ampie porzioni del substra- to calcareo-marnoso e argilloso, messe a giorno dai pro- cessi di denudazione. Porzioni ancora più ampie del sub- strato si osservano nelle zone più elevate, e precisamen- te a Nord (area della Bandita, dove si superano i 400 m s.l.m.) e a Sud, sulle cupole di Monte Angiano e di Monte Angianello. Questi rilievi emergono da superfici subpianeggianti che si sviluppano a quote comprese tra 230 e 300 m s.l.m..

I rilievi più elevati del settore occidentale, costituiti da litotipi sedimentari marini, sono meno accidentati e meno vegetati rispetto a quelli vulcanici; i versanti pre- sentano, in sezione, profili rettilinei o debolmente con- vessi, in quanto, in corrispondenza delle sommità, soli- tamente le pendenze decrescono. Il campo di variazione dell’inclinazione dei versanti è più ristretto rispetto alle zone di affioramento delle vulcaniti, mancando sia gli ampi tratti suborizzontali sia le alte scarpate che contrad- distinguono il rilievo vulcanico.

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E ASSETTO GEOLOGICO DELL’AREA DELLA RISERVA

NATURALE

Il territorio della Riserva Naturale Monterano si esten- de per 1085 ettari all’interno della porzione sud-orienta- le del bacino idrografico del Fiume Mignone (fig. 1).

Questo importante fiume del Lazio ha origine in corri- spondenza dei modesti rilievi della porzione nord-occi- dentale dei Monti Sabatini, situata tra il Lago di Bracciano e il Lago di Vico, e percorre circa 65 km prima di sfociare nel Mar Tirreno, a NO dei Monti della Tolfa. Il tratto di corso d’acqua compreso all’interno della Riserva scorre da N a S nella parte più a monte, per poi curvare verso destra fino a dirigersi verso NNO, in corrispondenza del limite occidentale della Riserva stes- sa; esso aggira, poi, l’apparato vulcanico tolfetano e pro- segue verso la costa, sfociando nel Mare Tirreno alcuni chilometri a Nord di Civitavecchia.

L’area su cui si sviluppa il bacino del Fiume Mignone si presenta generalmente caratterizzata da rilievi di tipo col- linare, con pendenze dei versanti notevolmente variabili da zona a zona. Le precipitazioni medie annue sono pari a 1035 mm, leggermente superiori alla media del territo- rio italiano nonostante le modeste quote del bacino.

La vegetazione è rappresentata da complessi boschivi con dominanza di cerreti, da boschi misti e da castagne- ti, lecceti e faggeti, che ricoprono complessivamente circa un terzo della superficie totale. Le coperture erba- cee sono molto diffuse e testimoniano la profonda antro- pizzazione del bacino; si tratta, infatti, per la maggior parte, di settori a coltivazioni specializzate e di aree destinate a pascolo.

La genesi e le caratteristiche delle rocce affioranti all’interno della riserva sono da inquadrare nell’ambito del complesso assetto geologico-strutturale della regione tolfetano-sabatina (Conti & Corda, 1985). Le rocce più antiche riconosciute in questa regione affiorano solo sporadicamente e rappresentano il basamento carbonati- co “autoctono” (Maxia & Romagnoli, 1959), o più pro- babilmente scollato a livello crostale profondo (Di Filippo & Toro, 1993), di età compresa fra il Lias medio e il Paleogene. Al di sopra del basamento carbonatico giace, in contatto tettonico, una coltre di depositi forte- mente “alloctoni” (Merla, 1951; Scarsella, 1953;

Civitelli & Corda, 1993), che affiora estesamente in cor- rispondenza dei Monti della Tolfa, dalla costa fino alle pendici dei rilievi vulcanici del Distretto Sabatino (Fig.

Surface running waters contribute to landscape shaping by fluvial deepening as well as by sheet and rill ero- sion. The resulting denudated landscape is marked, especially where volcanic rocks crop out, by wide structural surfaces and several polygenic scarps at different elevation that give rise to step-like slopes.

Man-made landforms have been developing for long time and are widespread in the area. Their typology and their distribution depend on the evolution of the regional management from Etruscan time to nowadays. The intri- cate human history lead the Monterano Nature Reserve to be of great interest from the architectonic point of view, which well combines with naturalistic heritage and with the presence of several geomorphosites despite the small extent of the area.

KEYWORDS: Geomorphology, Monterano Nature Reserve, Parks of Latium, Geomorphosites.

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1). La successione del complesso “alloctono” è rappre- sentata da facies argillitiche ed arenacee (serie della

“Pietraforte”) intercalate a facies calcareo-marnose e calcaree (serie del “Flysch tolfetano”), che, secondo Fazzini et al. (1972), corrispondono a due distinte unità tettoniche, l’una sovrascorsa sull’altra durante le fasi ini- ziali dell’orogenesi appennnica (Oligocene superiore- Miocene inferiore; Principi & Treves, 1984). Civitelli &

Corda (1993) riconoscono invece una serie stratigrafica, localmente interrotta da contatti tettonici ed eteropie laterali, che va da termini argilloso-calcarei e argillitici alla base (in cui è inglobata la lente della Pietraforte) a termini calcarei, calcareo-marnosi e arenacei, verso l’al- to. Per effetto della tettonica estensionale, in migrazione verso E assieme al fronte compressivo, lungo il margine tirrenico si sono impostati dei sistemi di graben, con asse ad andamento NO-SE, colmati da un ciclo di sedi- menti marini plio-pleistocenici, costituiti da argille, sab- bie e calcareniti (Conato & Dai Pra, 1980), che verso l’alto passano a facies continentali generalmente conglo- meratiche. I depositi appartenenti a questo ciclo sono stati, infine, ricoperti dalla coltre dei prodotti del vulca- nismo associato ai processi di estensione. I prodotti vul- canici più antichi (4,2 - 2,3 Ma), rappresentati da termi- ni decisamente acidi che costituiscono domi e associate ignimbriti da attività fissurale, sono attribuiti al Complesso Tolfa-Cerite e Manziate, la cui attività è stata connessa alla risalita masse magmatiche (Innocenti et al., 1992). All’attività del Complesso Sabatino è associa-

ta invece la maggior parte dei prodotti vulcanici alcali- no-potassici affioranti in questa regione, la cui età non supera 0,45 Ma (De Rita et al., 1993; Karner et al., 2001), costituiti da potenti piroclastiti e subordinatamen- te da lave. Infine le vulcaniti più recenti, che affiorano solo marginalmente all’interno del bacino idrografico del Mignone, sono piroclastiti attribuite all’attività vica- na datate 0,18 - 0,15 Ma (Borghetti et al., 1981).

RILEVAMENTO GEOMORFOLOGICO

L’analisi dei processi morfogenetici, delle forme e dei depositi superficiali nell’area in esame è stata condotta mediante un dettagliato rilevamento geomorfologico di campagna, iniziato nel 1986 e protratto fino al 2005, che ha portato alla realizzazione di una Carta geomorfologi- ca in scala 1:10.000; alcuni controlli puntuali sono stati eseguiti nella prima metà del 2006. Il rilevamento, con- dotto in modo sistematico per circa venti anni, ha per- messo di ottenere informazioni sulla dinamica morfolo- gica attuale, evidenziando come l’area sia sottoposta a modifiche morfologiche anche a breve termine.

Per ricavare ulteriori informazioni sulle variazioni morfologiche in un intervallo di tempo più lungo, il rile- vamento di campagna è stato integrato da un’analisi aerofotointerperetativa delle immagini di diversi voli aerei, effettuati negli ultimi 50 anni. Altre informazioni sono scaturite dagli archivi dell’Ufficio Tecnico del

Fig. 1 - Schema geologico del Lazio.

- Lithological sketch of Latium.

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Comune di Canale Monterano, dal Direttore della Riserva Naturale Monterano e dai custodi dell’invaso artificiale ubicato sul corso del Fiume Mignone.

I criteri adottati per interpretare le varie forme di modellamento derivano da quelli proposti da diversi Autori (Panizza, 1972, 1973; Pellegrini, 1976; Dramis et al., 1979; Gruppo Nazionale di Geografia fisica e Geomorfologia, 1987, 1994). Gli elementi morfologici presenti nel bacino esaminato sono stati raggruppati secondo criteri genetici, per cui ogni forma è stata clas- sificata in base al tipo di processo giudicato come prin- cipale responsabile del fenomeno.

L’area della Riserva Naturale è caratterizzata da forme derivanti dai processi connessi all’azione delle acque correnti superficiali, da forme poligeniche a influenza strutturale e da forme legate all’azione della gravità;

sono frequenti anche le forme legate alle attività umane, in gran parte risalenti a periodi precedenti l’istituzione della Riserva.

Forme influenzate dalla struttura

Come già accennato in precedenza, uno degli elemen- ti morfologici peculiari del paesaggio del territorio in esame è costituito da ampie superfici suborizzontali che si estendono alla sommità degli affioramenti vulcanici, in corrispondenza del top deposizionale dell’apparato sabatino, qui rappresentato dalla facies scarsamente liti- ficata, a matrice pomicea, della “Colata piroclastica di Bracciano”, di età compresa fra 90.000 e 177.000 anni (De Rita et al., 1993). Tali superfici sono state disgiunte e ridotte arealmente dai processi di denudazione, che hanno modellato valli profonde più di 100 m rispetto alla quota delle superfici stesse.

I lembi del tetto deposizionale dell’apparato vulcanico sabatino divengono meno estesi e meno elevati proce- dendo da Est verso Ovest, ossia allontanandosi dai cen- tri di emissione. Questi lembi, che un tempo formavano, evidentemente, una morfostruttura continua, sono stati interpretati quali superfici strutturali o - assai più spesso - substrutturali, laddove mostrano ondulazioni e irrego- larità ascrivibili a processi areali, che ne complicano la geometria originale. Inoltre, i litotipi vulcanici affioranti sono stati sottoposti, specialmente nelle zone meno acclivi, a processi pedogenetici.

Le superfici strutturali e substrutturali sono delimitate, spesso, da scarpate alte diversi metri, scolpite da diversi tipi di processi di degradazione meteorica e di denuda- zione. Molte di queste scarpate sono localizzate in corri- spondenza dei limiti tra litotipi vulcanici diversi per età e soprattutto per erodibilità. Lungo uno stesso pendio è possibile osservarne in serie, poste a quote differenti, fino a conferire al versante, nell’insieme, un aspetto a gradinata (vedasi immagine A su Carta allegata).

Tra le forme poligeniche condizionate dalla struttura, vanno segnalate le creste rocciose - sovente rettilinee - il cui andamento è quasi parallelo a quello di diversi seg- menti fluviali vicini, condizionati probabilmente da ele- menti tettonici lineari. Alcune creste si presentano affila-

te, laddove i processi sui versanti hanno ridotto le vulca- niti ad affioramenti stretti e sottili, allungati in corrispon- denza degli interfluvi.

Forme connesse all’azione delle acque correnti super- ficiali

Il modellamento operato dalle acque dilavanti e inca- nalate è riconoscibile praticamente in tutta l’area della Riserva, come d’altra parte in tutto il bacino fluviale del Fiume Mignone (Ciccacci et al., 1985; Del Monte et al., 2002).

Gran parte della rete idrografica risente attualmente di fenomeni di incisione lineare, tanto i collettori minori quanto i maggiori (Fosso della Bandita, Fosso Valle dell’Acquarella, Fosso Rafanello, Fosso della Palomba- ra, Fosso Biscione). Anche il collettore fluviale principa- le mostra evidenti effetti di approfondimento e, nei trat- ti sinuosi, di erosione laterale. Lungo tutto il loro percor- so nel territorio della Riserva, le acque del Mignone inci- dono il substrato calcareo-marnoso e, nel tratto interme- dio, una copertura alluvionale recente; soltanto lungo il breve tratto compreso tra la confluenza con il Fosso Rafanello e l’invaso artificiale sito in località Lasco del Falegname si osserva, attualmente, una progressiva deposizione dei materiali trasportati; ma tale tendenza è indotta dall’uomo, che, a monte dell’invaso, ha costruito una serie di briglie.

Scarpate di erosione fluviale di altezza notevole, talu- ne più di 10 metri, si sviluppano lungo i fondovalle prin- cipali; scarpate inattive, poste a quote più elevate, fre- quenti soprattutto nel settore orientale, testimoniano una storia evolutiva del rilievo piuttosto complessa. A ripro- va di ciò, nella valle del Mignone, a monte dell’unico ponte stradale presente nell’area della Riserva, si osser- vano alcuni ripiani di erosione fluviale a quota di circa 30 m superiore a quella del fondovalle attuale.

Anche i canali minori esercitano un’azione di appro- fondimento che conduce, specialmente nel settore orien- tale, allo sviluppo di una serie di vallecole strette e pro- fonde. Percorrendo queste vallecole verso monte, si può notare che in prossimità della sommità dei rilievi, laddo- ve le pendenze decrementano, la loro sezione assume in alcuni casi un aspetto a conca, in altri tende a una forma a fondo piatto. Qui le acque incanalate, dotate di minore potenza rispetto ai tratti vallivi inferiori, non riescono a trasportare tutti i detriti derivanti dai processi di denuda- zione sui versanti, né a svolgere un’efficace azione ero- siva nei confronti dei materiali deposti alla base dei ver- santi dal dilavamento e dal soliflusso. Nell’ipotesi che il contesto morfoclimatico attuale non cambi in un prossi- mo futuro, si può supporre che questi tratti vallivi som- mitali, a fondo piatto e a conca, siano destinati a subire un incremento della pendenza longitudinale, a causa del- l’erosione regressiva dei corsi d’acqua, e a mutare grada- tamente la propria sezione conseguentemente all’aumen- to della potenza fluviale locale.

Tra le forme più appariscenti connesse all’azione delle acque correnti superficiali va citata la cascata ubicata in

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corrispondenza dell’ingresso principale della Riserva, a pochi passi dal parcheggio, lungo il Fosso Biscione.

Essa è legata alla maggior resistenza all’erosione del

“Tufo Rosso a Scorie Nere”, affiorante lungo la parete verticale, rispetto alla colata piroclastica sottostante.

Il dilavamento svolge un ruolo morfogenetico impor- tante nelle zone dove la copertura vegetale è assente o scarsa. Ceteris paribus, nell’ambito degli affioramenti di vulcaniti la sua intensità è maggiore sulle formazioni meno litoidi (“Tufo di Bracciano”), mentre sugli affiora- menti e sui suoli argillosi l’azione delle acque dilavanti è particolarmente efficace, perfino al cospetto di penden- ze modeste.

Dove la geometria dei versanti è tale da favorire la concentrazione delle acque dilavanti, queste, convergen- do verso il basso, tendono, dopo un percorso di alcune decine di metri, a dar vita a solchi di erosione; più fre- quentemente, si osservano soltanto gli effetti del ruscel- lamento diffuso. I processi del dilavamento non hanno scolpito forme spettacolari nel territorio della Riserva, ma i loro effetti sono riconoscibili su quasi tutti i versan- ti, e la loro efficacia è testimoniata da diverse coltri col- luviali che ricoprono, sovente, il piede dei versanti, o comunque le fasce meno ripide di questi.

L’azione delle acque dilavanti è favorita dall’azione dell’uomo, tesa in passato a diboscare vaste aree per ampliare gli spazi destinabili a pascolo e seminativo; va segnalato che un forte incremento dell’efficacia dei pro- cessi di dilavamento è stato osservato in seguito a incen- di che hanno interessato il versante destro della valle del Biscione nell’estate del 2003, a riprova dell’importanza rivestita dalla copertura vegetale nel limitare l’azione

delle acque selvagge e quindi l’erosione del suolo (Fig.

2, a sinistra).

Da segnalare, infine, la presenza di due depositi dovu- ti a fenomeni da trasporto in massa presenti nell’area:

uno in prossimità del limite occidentale della Riserva, in località Quinzone, lungo un corso d’acqua che attraver- sa una zona priva di vie di comunicazione e di altri manufatti; l’altro è ubicato alla confluenza tra il Fosso della Palombara e il Fosso Biscione, in prossimità di una sorgente termominerale perenne (T = 26 °C, q = 0,2 l/s, residuo secco = 4 g/l) ad alto tenore in gas.

Quest’ultimo deposito si estende sia a monte sia a valle della principale via di comunicazione che si snoda all’interno della Riserva, percorsa quotidianamente da diversi veicoli e da molti pedoni. I grossi blocchi vulca- nici, smussati e arrotondati dagli urti reciproci e dallo sfregamento sul substrato durante il loro breve ma vio- lento viaggio verso valle, superano il metro di diametro e testimoniano la potenza del flusso che è stato capace di trasportarli per centinaia di metri. Il deposito, privo di qualsiasi gradazione, si estende dal punto in cui la valle del Fosso della Palombara si svasa repentinamente fino al corso del Biscione, allargandosi progressivamente (Fig. 2). Esso rende l’idea del rischio che si assume per- correndo questo tratto di strada durante o a seguito di precipitazioni intense e prolungate.

Forme legate all’azione della gravità

I processi gravitativi esercitano la loro azione morfo- genetica in tutta l’area in esame, ma con intensità e modalità differenti in dipendenza delle diverse caratteri-

Fig. 2 - Depositi per fenomeni da trasporto in massa allo sbocco del Fosso della Palombara (di fronte) nella valle del Fosso Biscione.

- Mass movement deposits at the mouth of Fosso della Palombara (facing) flooding into the Fosso Biscione.

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stiche orografiche e strutturali.

Deformazioni gravitative indotte da movimenti lenti nel regolite della tipologia del creep si riconoscono su superfici a bassa pendenza, rimodellate dall’uomo per attività agricole, impostate sia su litotipi vulcanici che calcareo-marnosi, questi ultimi solitamente ricoperti da più modesti spessori di suolo. Sui versanti interessati da questi processi si osservano piccole terrazze (alte pochi cm), tronchi falciformi e pali inclinati verso valle. Dove affiorano litotipi ad alta componente argillosa, invece, è il soliflusso a modellare, con le caratteristiche ondula- zioni superficiali e lobature, le esigue coperture superfi- ciali di alterazione eventualmente presenti.

Tra i fenomeni franosi, frequente è la tipologia da scorrimento; corpi di frana di notevole estensione si osservano su versanti interessati da affioramenti di lito- tipi calcareo-marnosi, in particolare nella parte setten- trionale della Riserva (località “Bandita”) e, con minori estensioni, lungo la valle del Mignone.

Numericamente più consistente è l’insieme delle frane di crollo, che sono quasi tutte localizzate in corrispon- denza di ripide pareti scolpite in rocce vulcaniche.

L’elevata acclività dei versanti, con lunghi tratti subver- ticali, rappresenta una causa predisponente fondamenta- le per il manifestarsi di questi fenomeni.

Anche se in molti casi i corpi di frana di crollo rileva- ti occupano zone di affioramento del substrato calcareo- marnoso, le superfici di distacco sono ubicate quasi sem- pre su litotipi vulcanici (vedasi Carta allegata). Parti- colarmente colpite sono le scarpate laviche o tufacee strapiombanti sulla valle principale, in particolare lungo il versante sinistro della parte a monte (parte nordorien- tale della Riserva) e su entrambi i versanti del tratto val- livo intermedio (località “Freddara” e “Lasco del Falegname”). In corrispondenza di quest’ultima località, sul versante destro, piuttosto spoglio, i depositi gravita-

tivi si estendono interamente sul substrato calcareo-mar- noso. Le frane che interessano il versante sinistro spicca- no nettamente tra le folta vegetazione, interrompendone la continuità (vedasi immagine B su Carta allegata).

Una di queste frane, la cui superficie di distacco è osservabile sulla sinistra del Mignone, in località “Lasco del Falegname”, ha depositato alla base del versante una serie di blocchi ciclopici, alcuni del diametro di una decina di metri. Molti giacciono nell’alveo fluviale, mentre altri si ritrovano sul versante destro.

Scendendo da qui lungo il fondovalle del Mignone per circa 1,5 km, si possono osservare gli effetti di alcune frane di colamento, i cui depositi si estendono per circa 200 metri dalla sponda sinistra verso monte. Esse hanno la particolarità di essersi verificate in materiali di risulta dell’estrazione, oggi cessata, del “Tufo Rosso a Scorie Nere”, affiorante sulla sommità del versante.

Il versante sinistro della valle del Fiume Mignone, nella parte più a monte dell’area in esame, ospita sia delle frane da scorrimento rotazionale e traslativo, origi- natesi in corrispondenza dell’affioramento di piroclastiti a contatto con il substrato calcareo-marnoso (località Casa Mola della Cava), sia un grande corpo di frana da crollo in prossimità del limite nord-orientale della Riserva. Nei primi mesi del 2006 è avvenuta le riattiva- zione del più meridionale dei corpi di frana cartografati;

il movimento traslativo del manto regolitico ha coinvol- to anche diversi alberi di castagno.

Proseguendo da qui verso Nord, si osserva una parete strapiombante verso il Fiume Mignone, alla base della quale si snoda una pista forestale. Questa costeggia alla base una scarpata poligenica per tutta la sua lunghezza.

La scarpata, di altezza progressivamente crescente pro- cedendo verso Nord, è caratterizzata dall’affioramento di piroclastiti e lave intensamente fratturate, il cui con- tatto col substrato calcareo-marnoso coincide per un trat-

Fig. 3 - Profilo morfologico lungo il versante sinistro della valle del Fiume Mignone (settore nordorientale dell’area della Riserva Naturale Monterano).

- Morphological section across the left slope of the Fiume Mignone valley (northeastern sector of the Monterano Nature Reserve).

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to con la sede della pista stessa. Il piede di tale scarpata in alcuni tratti si trova a pochissima distanza dal bordo della pista, mentre in altri ne è separato di alcuni metri da un tratto di versante meno acclive, con copertura boschiva. I rilievi di dettaglio hanno evidenziato la pre- senza di diversi materiali di frana deposti recentemente, che si aggiungono e talora si sovrappongono a quelli osservati negli anni precedenti. Si nota, in particolare, una serie di blocchi da crollo che in alcuni casi, a causa dell’elevata energia cinetica acquisita per iniziale caduta libera, hanno oltrepassato la sede stradale, invadendo la porzione più bassa del versante.

Tali fenomeni di crollo sono stati senza dubbio favori- ti dalla fratturazione diffusa che interessa gli affioramen- ti piroclastici e lavici della scarpata, lungo tutto lo svi- luppo della stessa. Accanto ai massi crollati, è possibile distinguere grossi blocchi rocciosi facilmente rimobiliz- zabili, provvisoriamente frenati dalla vegetazione d’alto fusto. Quest’ultima, in altri casi, sembra invece contri- buire all’allargamento delle fratture di origine primaria (litoclasi, fratture da raffreddamento) attraverso l’azione bioclastica esercitata dall’apparato radicale.

Risalendo lungo la parete rocciosa in questione si osservano, inoltre, numerosi frammenti rocciosi (di volume spesso superiore al metro cubo) in precario equi- librio statico, lungo tratti di versante subverticali. Tali frammenti, isolati o a gruppi, si presentano già quasi del

tutto distaccati dal substrato, per il progressivo sviluppo di una rete di fratture secondarie o per l’allargamento delle fratture primarie, a causa di processi clastici attivi.

La fratturazione prismatica delle lave ha favorito, localmente, la formazione di guglie di notevoli dimen- sioni (fino a 10 m circa di altezza), che in molti casi sono già del tutto isolate dalla parete rocciosa vicina. Queste guglie, simili a chimney rocks, potranno essere soggette, anche in tempi brevi, a fenomeni di ribaltamento, con la conseguenza di investire ed oltrepassare l’attuale sede della pista.

In ultimo, ma non certo per importanza, va segnalato che, in corrispondenza della sommità della scarpata strutturale che borda la pista, all’interno del bosco e a pochi metri dal ciglio della scarpata stessa, sono state riconosciute delle trincee di profondità metrica, ad anda- mento parallelo a quello dell’orlo della scarpata princi- pale (Fig. 3). Queste rappresentano degli indizi premoni- tori di un prossimo, possibile manifestarsi di movimenti in massa di volume assai consistente lungo il tratto inter- medio della pista, in corrispondenza del quale la base della scarpata è a pochissima distanza dal bordo della pista stessa. Tali movimenti potrebbero essere volume- tricamente paragonabili a quello che ha dato luogo alla messa in posto, più a Nord, del grande corpo di frana dicrollo cartografato nella carta geomorfologica alla scala 1:10.000 allegata, che ha determinato, tra l’altro,

Fig. 4 - Schema raffigurante l’ubicazione e l’estensione, in pianta (a) e in sezione (b, con scala esagerata), della frana che interessa l’abitato di Canale Monterano. La stratigrafia di un sondaggio eseguito attraverso il corpo di frana, in prossimità della strada provinciale Montevirginio, è la seguente (Ercoli, 1991): 0 m - 3 m: materiali di riporto e argille limose in parte rimaneggiate con clasti calcarei e blocchi lavici immersi nell’argilla; 3 m - 7 m: argilla grigia plastica; 7 m - 15 m: argilla grigia compatta con tracce organiche.

- Location and extent (plan (a) and cross section (b) of the landslide affecting Canale Monterano town. The stratigraphy of a drilling performed across the landslide body, close to the Montevirginio road, is (Ercoli, 1991): 0 m - 3 m: filling material and silty calys, partly reworked, with calca- reous and lava blocks; 3 m - 7 m: grey plastic clay; 7 m - 15 m: compact grey clay with organic traks.

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un notevole spostamento verso monte della scarpata, allontanandone la sommità di diverse decine di metri rispetto al collettore fluviale.

Alla luce dei rilievi effettuati e delle caratteristiche geomorfologiche d’insieme del versante esaminato, risulta evidente che la pista forestale si snoda lungo un percorso ad elevatissimo rischio di frana. Le evidenze geomorfologiche suggeriscono il possibile manifestarsi a breve termine di fenomeni di crollo o di ribaltamento, in grado di mettere in movimento un ampio intervallo volumetrico di roccia, a velocità anche molto elevate. Va sottolineato, a tal proposito, che anche l’eventuale mobi- lizzazione di blocchi più piccoli coinvolgerebbe in modo rischioso la pista in questione (ed eventuali utenti), tanto più laddove questa è situata a poca distanza dal piede della parete rocciosa.

A completamento di questa breve descrizione riguar- dante le caratteristiche dei movimenti in massa rilevati, si riportano di seguito alcune notizie relative a una frana che ricade appena fuori dell’area della Riserva Naturale, ma che interessa il centro abitato di Canale Monterano e rive- ste perciò un’importanza evidente in termini di rischio.

In corrispondenza di un piccolo affioramento di argil- le plio-pleistoceniche nei pressi dell’abitato di Canale Monterano (Fig. 4) una grande frana affligge il versante a monte e a valle della Strada Provinciale Montevirginio (Fig. 5). Già dal 1978 il versante fu interessato da movi- menti gravitativi di modesta entità (Ercoli, 1991). Un primo cedimento della carreggiata nel lato a valle si veri- ficò nell’aprile del 1991, ma da rilievi effettuati la frana risultò molto più ampia rispetto alla sede stradale, svi- luppandosi con lunghezza di circa 200 m e larghezza massima superiore a 100 metri (Marini, 1995). Fra le cause preparatorie del movimento franoso, oltre quelle naturali rivestono di particolare importanza alcune cause antropiche, quali:

- attività estrattiva di argilla, in epoca storica, a valle della Strada Provinciale;

- la presenza di una zona urbanizzata recentemente, a monte della frana, con assenza di rete fognaria e cattivo funzionamento di fosse biologiche.

Il movimento franoso, oltre ad avere interessato la sede stradale, lesionò - in alcuni casi irrimediabilmente - alcune abitazioni, sia nella zona di distacco che nella zona di accumulo, e contemporaneamente danneggiò l’acquedotto comunale.

Durante rilievi effettuati nel 1994-96, diversi ed evi- denti indizi premonitori preludevano a un’incipiente ripresa di movimenti in massa (Fig. 6a). La frana in que- stione si è riattivata nel gennaio 1997; la causa scatenan- te una forte imbibizione delle argille affioranti, per fusio- ne di una discreta copertura nevosa, a seguito di un bru- sco innalzamento di temperatura. Ciò ha comportato ulteriori danni a manufatti (Fig. 6b) e ha indotto le Autorità preposte a effettuare interventi di risanamento più efficaci, volti in particolare a favorire il drenaggio delle acque superficiali e sottocutanee, ostacolandone l’infiltrazione.

Lungo il tratto di strada dissestato, tuttavia, si osserva- no tuttora indizi di instabilità del versante, quali fratture da trazione, deformazioni plano-altimetriche, rotazione di pali e di tronchi.

Forme antropiche

Il territorio della Riserva Naturale Monterano è stato interessato da insediamenti umani antichissimi, e fino ai giorni nostri è stato oggetto di svariate attività, i cui segni si sovrappongono a quelli impressi dal modella- mento naturale del rilievo.

Fin dal periodo etrusco l’area fu sede di insediamenti stabili e di attività estrattive; sul versante meridionale della dorsale su cui sorgono le rovine dell’antico centro di Monterano sono stati riconosciuti alcuni tratti di anti- che vie di comunicazione (c.d. “tagliate” etrusche).

La sommità subpianeggiante dell’antico centro abitato

Fig. 5 - Corpo di frana a valle della strada provinciale Montevirginio (1997).

- Landslide body downslope of the Montevirginio road (1997).

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rappresenta oggi un’area di interesse archeologico e di attrazione turistica; si osservano diversi manufatti anco- ra ben conservati, tra i quali spiccano la nota fontana e il leone del Bernini (i cui originali si trovano a Canale Monterano) e un acquedotto antico. Questa zona è stata interessata per secoli da modellamento antropico; l’anti- co centro fu definitivamente abbandonato nel 1799 a seguito di saccheggio da parte delle truppe napoleoniche (AA. VV., 2005).

Oggi completamente cessata, l’attività estrattiva ha scolpito numerose cavità all’interno delle formazioni vulcaniche; le più forti modifiche alla superficie topo-

grafica sono imputabili alle coltivazioni a cielo aperto.

Alla base del versante sinistro del Biscione, alla con- fluenza con il Fosso della Palombara, si osserva una serie di gallerie suborizzontali che si sviluppano per diverse decine di metri, percorribili anche senza attrez- zatura specifica. Ben maggiore è l’impatto sul paesaggio lasciato dall’estrazione di materiale vulcanico in superfi- cie (in particolare, lave e “Tufo Rosso a Scorie Nere”), attività cessata soltanto da alcuni anni.

Le cave a cielo aperto sono riconoscibili da diversi fronti di scavo subrettilinei, già parzialmente ricoperti dalla vegetazione, al piede dei quali si sviluppano super-

Fig. 6 - a) indizi premonitori del prossimo manifestarsi di movimenti in massa lungo la strada provinciale Montevirginio (febbraio 1994); b) conse- guenze del fenomeno franoso avvenuto nel gennaio del 1997. Sullo sfondo, in entrambe le immagini è indicato un edificio fungente da riferimento fisso.

- a) premonitory clues of the incipient landsliding along the Montevirginio road (February 1994); b) consequences of landsliding occurred on January 1997. In the background of both images a building is indicated as pin point.

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fici suborizzontali che rappresentano la base del volume roccioso asportato.

Particolarmente intensa è stata l’estrazione di “Tufo Rosso a Scorie Nere” sul versante sinistro della valle del Mignone, in corrispondenza del limite occidentale della Riserva. Alla sommità il rilievo mostra ampie superfici poco inclinate, ove affiorano vulcaniti, che qui non supe- rano i 230 m di quota. Tali litotipi sono stati per lungo tempo oggetto di coltivazione da parte dell’uomo; si possono riconoscere facilmente i fronti di cava più recenti a 800÷900 m a NO di Monte Angiano.

L’abbassamento della superficie topografica per l’attivi- tà estrattiva è valutabile in circa 15 metri. I processi di denudazione hanno agito sulla notevole quantita di materiale di risulta ammassato sul versante sinistro del Mignone, dando luogo a fenomeni di colamento i cui depositi giungono a lambire il collettore fluviale. Questa zona rappresenta oggi un esempio di rinaturalizzazione spontanea di una cava a cielo aperto.

Attività umane recenti hanno prodotto, inoltre, superfi- ci di sbancamento orizzontali - operate principalmente per fini insediativi - e terrazzamenti a muretti, oggi in avanzato stato di degradazione, lungo ampie porzioni di versanti. Vaste superfici sommitali a bassa pendenza sono tuttora interessate da rimodellamento antropico per attivi- tà agricole, specialmente laddove i processi pedogenetici hanno sviluppato suoli di discreto spessore; altrettanto ampie, ma con pendenze a luoghi decisamente più eleva- te, sono le superfici degradate per eccessivo pascolamen- to, attività che ha visto negli ultimi anni un incremento dei capi di bovini a scapito dei tradizionali ovini.

Da sottolineare, infine, la presenza di opere di sbarra- mento fluviale lungo il medio tratto della valle principale.

L’invaso artificiale ubicato in località “Lasco del Falegname”, al limite tra le alluvioni fluviali (a monte) e il substrato calcareo-marnoso (a valle dell’opera), è in funzione dal 1971 ed è stato soggetto a rapido interrimen- to, tanto da richiedere interventi di dragaggio già negli anni ’80. Per diminuire la rapidità dell’interrimento, sono state costruite alcune briglie a monte dell’invaso. Queste opere, parte in calcestruzzo e parte in legno, hanno rallen- tato il flusso idrico e hanno favorito la deposizione fluvia- le a monte dell’invaso. Va sottolineato, a questo riguardo, che ricerche precedenti, condotte sull’intero bacino flu- viale del Fiume Mignone, hanno permesso di valutare in 639 t/km2/a l’entità del trasporto torbido unitario medio annuo, traducibile in un tasso di denudazione medio di 0,0256 cm/a (Del Monte et al., 2002).

CONCLUSIONI

Il rilevamento geomorfologico condotto per molti anni nel territorio della Riserva Naturale Monterano ha con- sentito di ricostruire dettagliatamente l’evoluzione mor- fologica recente e di individuare i processi morfogeneti- ci responsabili delle forme del rilievo. Tra queste ultime, alcune appaiono di particolare pregio paesaggistico e di notevole interesse naturalistico. Pertanto, a conclusione

di queste brevi note illustrative delle caratteristiche geo- morfologiche dell’area, si suggeriscono alcuni possibili itinerari naturalistici volti alla fruizione del patrimonio geografico-fisico presente, con particolare attenzione ai luoghi ove si trovano i morfotipi più caratteristici (“geo- morfositi”). Questi possono rappresentare un richiamo turistico per i visitatori che intendano osservare e com- prendere l’evoluzione del paesaggio fisico oltre che quella del paesaggio umano.

Il percorso inizia in prossimità dell’ingresso principale alla Riserva Naturale, ubicato presso il limite sudorientale della Riserva stessa, raggiungibile a piedi o in auto da Canale Monterano. La cascata si trova a pochi passi dal parcheggio.

Geomorfosito 1 - Cascata “Diosilla”

Dall’ingresso principale, percorrendo in discesa la car- rozzabile che si addentra nel territorio della Riserva, sulla sinistra si può osservare una parete verticale di 15 metri circa, superata fragorosamente dalle acque del Biscione, ove affiora la colata piroclastica litoide nota come “Tufo Rosso a Scorie Nere”. Poco oltre, un ripido sentiero dalla strada carrozzabile porta alla base della parete, dove affiora una colata piroclastica più antica e meno litoide di quella sovrastante.

Risaliti alla carrozzabile, si prosegua in discesa, costeggiando il Fosso Biscione, fino alla confluenza tra questo e il Fosso della Palombara. Sulla destra, un’area recintata protegge una piccola sorgente termominerale ad alto contenuto di gas.

Geomorfosito 2 - Versante a gradinata

Dal ponticello che attraversa il Fosso della Palombara, circondato da enormi blocchi, disseminati su un’area di circa 1 hm2, si sollevi lo sguardo e si osservi, verso Ovest, il profilo della valle del Biscione, il cui aspetto a gradinata è legato a vulcaniti a differente grado di erodi- bilità (immagine A su Carta allegata).

Percorrendo qualche centinaio di metri verso Ovest, si nota, in corrispondenza delle spoglie scarpate subverticali del versante destro, la presenza di una “crosta” di alterazione del “Tufo Rosso a Scorie Nere”, sul quale sembrano impressi dei fori.

Questi sono dovuti alla maggior efficacia dei processi di alte- razione chimica e del termoclastismo nei confronti delle scorie nere, degradate e poi asportate dalla massa litoide affiorante.

A questo punto, si torni indietro per la carrozzabile e si pren- da, sulla sinistra, poco prima del ponticello, un sentiero che risale dapprima dolcemente la base del versante (interessata da colluvium) e poi diviene più ripido in corrispondenza degli affioramenti di rocce vulcaniche. Superata una “tagliata” etru- sca, si raggiunge il ripiano sommitale. Attraversando l’area archeologica, si raggiunga la chiesa diroccata, soffermandosi in prossimità della fontana (copia dell’originale fontana del Bernini).

Geomorfosito 3 - Valle del Mignone

Dirigendo dalla fontana lo sguardo verso NNO, si nota, al di là della depressione ove scorrono le acque del Mignone, una superficie tabulare posta all’incirca alla medesima quota della superficie pianeggiante ove ci si trova. Si percepisce la continuità - oggi perduta - di que-

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sta superficie di deposizione vulcanica, ormai ridotta a lembi isolati dall’approfondimento delle valli fluviali, sul cui fondo le acque incanalate hanno riportato a gior- no il substrato calcareo-marnoso sepolto dalle coltri piroclastiche quaternarie. A quote superiori a 300 m s.l.m., dalla piatta superficie strutturale emergono, verso NO, rilievi carbonatici tondeggianti, che i flussi pirocla- stici - tendenti a percorrere e a colmare le depressioni esistenti - non hanno ricoperto (Fig. 7).

Si può ora ridiscendere al fondovalle del Biscione e percorre- re la carrozzabile verso Ovest, fino alla confluenza tra il Fiume Mignone e il Fosso Biscione, oppure raggiungere lo stesso punto dirigendosi direttamente verso Ovest, mantenen- dosi sul crinale e facendo attenzione al tratto più ripido, ricco di fratture beanti dissecanti le vulcaniti. Raggiunto il sotto- stante affioramento calcareo-marnoso, la pendenza diviene ben più modesta.

Si attraversi il ponte sul Fiume Mignone e, a sinistra, si rag- giunga un’area attrezzata per pranzare all’aperto.

Attraversando anche il Fosso Rafanello, si giunge in località

“Lasco del Falegname”.

Geomorfosito 4 - Frana di crollo

Subito dopo la confluenza con il Fosso Rafanello, il letto del Mignone è occupato da blocchi vulcanici ciclo- pici, tra i quali le acque del fiume scorrono lentamente.

Sul versante di fronte la vegetazione è fittissima. Si sol- levi lo sguardo e si cerchi, alla sommità del versante, una scarpata in roccia; essa rappresenta la nicchia di distac- co del materiale, crollato fino a raggiungere e oltrepassa- re l’alveo fluviale.

Per raggiungere il successivo geomorfosito si consiglia di ritornare all’ingresso principale e dirigersi verso Casale

Palombara, superato il quale si svolta a destra, verso Nord (allo stesso incrocio vi sono indicazioni per un altro ingresso alla Riserva, verso Sud (sinistra)). Si prosegue verso Nord per circa 1 km fino a raggiungere un altro incrocio. Da qui si scen- de sulla sinistra, percorrendo una pista forestale che inizia con un cancello in legno. Dopo pochi passi, sulla sinistra incombe una parete rocciosa in piroclastiti piuttosto fratturate, alla cui base sono presenti livelli di cineriti e pomici con granulome- tria millimetrica. Poco più avanti, con uno stretto tornante la Pista piega verso Nord, sviluppandosi al piede di una scarpa- ta poligenica con altezza progressivamente crescente verso Nord, caratterizzata dall’affioramento di piroclastiti e lave intensamente fratturate (vedasi Carta allegata).

Geomorfosito 5 - Scarpata poligenica

La scarpata poligenica (Fig. 3) ubicata all’estremità settentrionale della Riserva Naturale è costeggiata, alla base, da una pista forestale, percorendo la quale si nota- no diversi blocchi di crollo, alcuni dei quali giacciono a valle della sede stradale. I fenomeni di crollo sono favo- riti dalla fratturazione diffusa che interessa gli affiora- menti piroclastici e lavici della scarpata, lungo tutto lo sviluppo della stessa.

La fratturazione prismatica delle lave ha favorito, localmente, la formazione di vere e proprie guglie di notevoli dimensioni (fino a 10 m circa di altezza), che in molti casi sono già del tutto isolate dalla scarpata princi- pale. Queste guglie, alcune vere e proprie chimney rocks, sono considerabili quali geomorfotipi di elevato interes- se turistico-ambientale per la loro peculiarità nel conte- sto morfologico dell’Italia centrale.

Fig. 7 - Profilo morfologico attraverso la valle del Mignone, nel settore centrosettentrionale della Riserva.

- Morphological section across the Fiume Mignone valley, in the central-northern sector of the Reserve.

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Accettato per la stampa: Ottobre 2006

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