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4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

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4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

4.1. STUDIO METODOLOGICO

Lo studio preliminare condotto allo scopo di scegliere il metodo di campionamento più adatto da utilizzare per lo studio di distribuzione spaziale, ha mostrato delle differenze esistenti, per diversi aspetti, tra le due metodologie testate. Infatti sono stati rilevati valori di copertura degli organismi bentonici leggermente più alti con il metodo basato sul rilevamento in situ (PIT) rispetto a quello fotografico (photo-quadrats). Anche dallo studio condotto da Foster (1991) sul confronto del rilevamento in situ attraverso l’intersezione di punti con quello dei photo-quadrats, in ambiente intertidale, è risultato che i photo-quadrats producono una stima della copertura percentuale minore. Inoltre, Nandon e Stirling (2006), confrontando diversi metodi di campionamento visivo, hanno osservato che il metodo basato sui PIT era in grado di fornire valori più elevati di copertura. Contrariamente all’ andamento complessivo, le alghe filamentose o turf, risultano più abbondanti nei photo-quadrats rispetto ai PIT. Questo dato è di difficile interpretazione, tuttavia, una possibile spiegazione potrebbe risiedere in una involontaria tendenza dell’ operatore subacqueo a trascurare un sottile strato algale per rilevare piuttosto ciò che si può scorgere al di sotto.

Per quanto riguarda la precisione e la accuratezza dei due metodi, il metodo dei photo-quadrats risulta il migliore. Il campionamento fotografico sembra in grado di rilevare un maggior numero di organismi rispetto al rilevamento visivo lungo i transetti, per questo può essere considerato più accurato. Inoltre, i dati rilevati

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diverse stime è ben rappresentata dai valori di errore standard costantemente più bassi. Tale risultato è in disaccordo da quanto rilevato da Nandon e Stirling (2006), nel loro studio infatti il metodo dei PIT è risultato il più preciso tra i metodi visivi esaminati, soprattutto per transetti lunghi almeno 20m e con un rilevamento eseguito su 100 punti di intercetta. Gli stessi autori hanno però osservato che, al di sotto della soglia critica di circa il 15% di copertura degli organismi, il grado di precisione e accuratezza dei metodi visivi da loro analizzati diminuisce bruscamente, per cui suggeriscono che in tali casi è importante aumentare il livello di replicazione per mantenere un livello di affidabilità dei metodi necessario per giungere a conclusioni significative. Inoltre, sempre nello stesso studio, essi sono giunti alla conclusione che sono necessarie almeno 5 repliche di transetti per garantire un sufficiente livello di precisione e accuratezza in presenza sia di bassa che di alta copertura percentuale degli organismi, mentre hanno constatato che nella maggior parte dei lavori da essi consultati sono stati utilizzate meno di cinque repliche. Anche in questo studio, infatti, per motivi logistici, sono state utilizzate tre repliche per i PIT ed a questo motivo potrebbe essere dovuto il minor grado di precisione ed accuratezza riscontrato per il suddetto metodo. Considerando inoltre gli scarsi valori di copertura percentuale degli organismi, rilevati nei siti esaminati nel presente lavoro, risulta evidente come il buon livello di replicazione, che è stato possibile ottenere con il metodo fotografico grazie alla sua velocità di esecuzione e alla rapidità di esaminare le immagini digitali, sia in grado di descrivere meglio la comunità analizzata. La maggiore accuratezza dei photo-quadrats rispetto al metodo di rilevamento in situ, riscontrata in questo contesto è in accordo con Meese e Tomich (1992) che

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considerano il metodo di digitalizzazione delle immagini fotografiche non solo il più accurato rispetto ai metodi visivi da essi analizzati, ma anche il più ripetibile, e per le sue caratteristiche di minimizzare i tempi di campionamento e fornire una documentazione permanente, lo consigliano come metodo da impiegare.

Le procedure scelte per i campionamenti possono variare in base allo scopo dello studio, alla complessità dell’habitat da investigare, alla distribuzione spaziale degli organismi e ad altre caratteristiche dell’ambiente, ma anche considerazioni di carattere economico e logistico possono influire sulla scelta del metodo più opportuno. In realtà ogni metodo di campionamento presenta dei vantaggi e degli svantaggi e l’adeguatezza di ciascun metodo dovrebbe essere valutata in ogni particolare situazione (Benedetti-Cecchi et al., 1996).

Nel caso oggetto della presente tesi, per le considerazioni fatte e per i vantaggi che comporta, descritti anche nei capitoli precedenti, il metodo dei photo-quadrats è stato valutato come il più adeguato per studiare la distribuzione spaziale degli organismi bentonici della scogliera corallina nell’area oggetto di studio.

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4.2. LA COMUNITA’ BENTONICA

La comunità bentonica esaminata è risultata essere composta principalmente da madrepore, sono stati riconosciuti infatti 28 sui 70 generi presenti in tutto il Mar Rosso (Scheer e Pillai,1983) e i 45 presenti nel Mar Rosso settentrionale (Pilcher e Zaid, 2000). I generi più abbondanti sono risultati essere Porites, Goniastrea, Acropora e Pocillopora ma nessuno è risultato dominante in termini di copertura, in accordo con Sheppard e Sheppard (1991), che individuano una comunità tipica delle coste della penisola del Sinai e del golfo di Aqaba in zone con moderata esposizione al moto ondoso e a bassa profondità (compresa tra 5-15m), caratterizzata da una buona abbondanza di coralli molli e da un’elevata diversità di specie di madrepore, nessuna delle quali risulta però dominante. Gli organismi animali della comunità identificati appartengono al phylum Cnidaria (classe Hydrozoa, classe Anthozoa: ordine Madreporaria, Alcyonacea e Gorgonacea), Porifera e Mollusca, che sono solo pochi phyla se si pensa all’elevato numero di specie di invertebrati presenti in genere nelle scogliere coralline. Questo si può spiegare considerando che gli altri invertebrati sono nascosti a causa dell’ intensa pressione di predazione presente sulle scogliere coralline per cui un qualsiasi invertebrato a corpo molle esposto sarebbe velocemente predato (Nybakken, 1997). La maggior parte dei phyla di invertebrati delle scogliere coralline appartengono infatti alla criptofauna, termine usato per indicare gli invertebrati che vivono nascosti in buchi, crepe, sotto gli ammassi madreporici e le pietre (soprattutto crostacei e policheti), ma anche quelli in grado di perforare il carbonato di calcio e vivere quindi all’ interno delle madrepore (spugne, piccoli molluschi bivalvi, sipunculidi e alcuni policheti). Uno dei limiti del

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campionamento fotografico è proprio quello di non consentire l’analisi della componente criptica della comunità ed è per questo che gran parte dei phylum appartenenti alla fauna criptica sono sfuggiti all’identificazione.

Dai campionamenti effettuati inoltre risultano assenti nella zona esaminata i grossi echinodermi che spesso popolano le scogliere coralline, in particolare i ricci e le stelle marine che hanno entrambi un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio ecologico delle scogliere. I ricci (e.g. Diadema setosum) sono infatti erbivori e in moderate densità creano aree libere dalle alghe filamentose dove le planule si possono insediare, quindi favoriscono il mantenimento della scogliera; in genere hanno abitudini notturne e di giorno si riparano in anfratti al riparo dai pesci balestra che sono i loro principali predatori, questo potrebbe spiegare l’ assenza dei ricci nelle foto dei campionamenti. La stella marina Acanthaster planci rappresenta una delle principali minacce delle scogliere coralline quando la sua popolazione raggiunge densità elevate, si muove di notte per cibarsi dei polipi delle madrepore e di giorno rimane riparata. A. planci non è stata rilevata in nessun campionamento effettuato, solo un individuo è stato osservato nel Sito1 nel corso dello studio, quindi la zona, durante il periodo in cui è stata esaminata, non presentava il problema dell’invasione della cosiddetta “stella corona di spine”. Anche il gasteropode corallivoro Drupella spp. se presente in elevate densità può danneggiare ampie aree di scogliere coralline, come è successo nella zona dell’Indo-Pacifico occidentale (McClanahan, 1994). Gli autori Smith & McMellor (2005) hanno riportato osservazioni di questo gasteropode nella baia di Marsa Ghoslani, anche se in modeste quantità, principalmente sulle colonie di Acropora spp., mentre nei campionamenti

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realizzati nel presente studio non sono stati rilevati individui di Drupella spp., anche se, a causa delle modeste dimensioni di questi organismi, è plausibile che possano essere sfuggiti all’identificazione dai rilevamenti fotografici. I risultati mostrano comunque che il tratto di scogliera corallina analizzato non è minacciato da elevate densità delle popolazioni dei principali predatori bentonici dei coralli.

4.3. STUDIO DELLA VARIABILITA’ SPAZIALE

L’ analisi multivariata ha evidenziato differenze significative nella composizione della comunità bentonica sia tra i vari siti esaminati che tra le aree all’interno di ogni sito, quindi nel tratto di costa esaminato è presente una variabilità spaziale della distribuzione degli organismi che si verifica alla scala delle centinaia e delle decine di metri.

L’ analisi univariata eseguita sul numero di generi campionati, sulla copertura totale degli organismi e sulla copertura dei gruppi di organismi più abbondanti ha mostrato in tutti i casi, eccetto che per i coralli ramificati, differenze altamente significative a livello del fattore Area. Anche a livello del fattore Sito sono risultate differenze significative per la maggior parte delle variabili di risposta considerate, ad esclusione delle alghe filamentose, dei poriferi e del numero di generi.

Sono molte le variabili coinvolte nei processi ecologici che potrebbero aver generato le differenze di abbondanza degli organismi osservate tra siti e aree. La distribuzione e l’abbondanza delle specie marine bentoniche sono principalmente influenzate da 5 serie di fattori collegati tra loro: disponibilità di risorse (es. luce, nutrienti, substrato), fattori “supply-side” (fertilità, dispersione, insediamento e

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reclutamento), gradienti di stress fisico e regimi di disturbo (es. profondità, esposizione al moto ondoso e a cicloni, temperatura, acqua dolce, deposizione di sedimenti), interazione tra le specie (specialmente competizione ed erbvoria), effetti storici ed interazioni tra questi fattori (McCook,1999). Tutti questi fattori agiscono alle proprie scale spaziali e temporali ma possono essere influenzati dai principali agenti che stanno apportando un cambiamento su scala mondiale agli ecosistemi marini come i cambiamenti atmosferici globali, l’eutrofizzazione e l’overfishing (Valiela, 1995; Wittenberg e Hunte, 1992; Hunte e Wittenberg, 1992; Done, 1999).

Tra gli studi sulle scogliere coralline effettuati a diverse scale spaziali e temporali, anche lo studio di lungo periodo condotto da Connel et al. (1997) ha mostrato una variabilità elevata nella densità e percentuale di copertura della comunità bentonica alla scala spaziale che comprende punti di campionamento situati a 10-300 m di distanza, indicando che eventi di disturbo che causano la mortalità degli organismi della comunità, come il passaggio di cicloni sulla scogliera corallina, agiscono probabilmente a livello di piccola-media scala. Sempre sulla stessa scogliera corallina lo studio condotto da Connell et al. (2004) ha mostrato che anche la composizione in specie delle madrepore era significativamente diversa tra i siti esaminati alla stessa scala spaziale dello studio del 1997 e mostrava un dinamismo temporale attribuito a processi di dinamica di popolazione, caratteristiche ambientali e meccanismi di competizione interspecifica; in particolare, le variazioni delle diversità alfa e beta calcolate per le madrepore sono state attribuite dagli autori alle differenze degli effetti diretti delle tempeste sulla scogliera esaminata e nei meccanismi che ne influenzano il successivo recupero,

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principalmente legato al reclutamento. Quest’ultimo, considerato insieme alle variabili ad esso legate (dispersione delle larve, disponibilità di spazio, mortalità post-insediamento, etc..) è notoriamente variabile nello spazio e nel tempo e viene considerato un processo in grado di controllare in modo rilevante la distribuzione degli organismi bentonici delle scogliere coralline a scala spaziale grande e intermedia (Smith e Buddemeier, 1992; Connel et al.,1997). Quindi sia eventi di disturbo, sia i successivi processi di reclutamento, potrebbero spiegare le differenze significative della distribuzione degli organismi bentonici rilevate alle scale spaziali esaminate nel presente studio.

I risultati hanno mostrato un’elevata variabilità a livello del fattore Sito, in particolare il Sito 3 si distingue dagli altri, come risulta evidente dall’ordinamento nMDS, perché presenta i valori più elevati di copertura della maggior parte degli organismi e anche nel numero medio di generi individuati. L’abbondanza di organismi presente in questo sito si potrebbe spiegare considerando la sua posizione lungo il tratto di costa esaminato, esso si trova infatti sulla punta nord della baia di Marsa Ghoslani e dato che le correnti provengono prevalentemente da Nord, Nord- Est, il Sito 3 risulta essere in una zona particolarmente esposta, suggerendo quindi che differenze nel regime idrodinamico potrebbero essere responsabili della differenze di copertura riscontrate tra i diversi siti. Questa ipotesi spiegherebbe anche la presenza nel Sito1 dei valori più bassi di copertura per la maggior parte degli organismi, in quanto questo è l’unico sito che si trova all’interno della baia di Marsa Ghoslani, quindi in una zona più riparata e con minor idrodinamismo rispetto agli altri siti che sono situati sul tratto di costa esterno alla baia. Anche i valori di abbondanza delle alghe filamentose

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avvalorano questa ipotesi in quanto, pur non mostrando differenze significative a livello di Sito, mostrano comunque un andamento inverso rispetto alla copertura delle madrepore e dei coralli molli, presentando valori più bassi nel Sito3 e più alti nel Sito1. Inoltre le alghe filamentose o turf rappresentano la percentuale più alta di copertura di tutti gli organismi in tutti i siti esaminati, eccetto che nel Sito 3 dove gli organismi più abbondanti sono i coralli massivi.

L’elevata presenza di turf può essere legata alla presenza di un disturbo, probabilmente relativo ad un’elevata sedimentazione. Questo andamento è stato osservato in aree caratterizzate da elevati tassi di sedimentazione e in cui i livelli di erbivoria dei ricci e dei pesci erano bassi (Wittenberg e Hunte, 1992).

I sedimenti, sia sospesi nella colonna d’ acqua sia depositati sulle scogliere, hanno effetti negativi sui coralli. Molti coralli sono in grado di rimuovere limitate quantità di sedimenti intrappolandoli nel muco che viene allontanato dall’azione delle ciglia presenti sui tentacoli; la maggior parte dei coralli ermatipici tuttavia non è in grado di far fronte ad una elevata presenza di sedimenti che saturano il meccanismo di rimozione muco-cigliare, ostruiscono la cavità orale e abradono i tessuti (Nybakken, 1997). Nelle aree interessate da correnti, il movimento dell’acqua previene la deposizione delle particelle di sedimento sulla superficie delle colonie e i coralli possono spendere meno energia per i meccanismi di rimozione. Diversi studi hanno dimostrato che elevati livelli di sedimentazione sono legati a profondi cambiamenti nella struttura delle popolazioni di coralli, come la diminuzione della dimensione media delle colonie, cambiamenti nella forma di crescita e riduzione del tasso di crescita e di sopravvivenza. La tolleranza alla sedimentazione varia tra le varie specie di coralli, in base alla morfologia

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della colonia e dei calici e i danni che i sedimenti provocano alle colonie dipendono non solo dalla durata del disturbo, ma anche dal tipo di sedimenti (Fabricius, 2005; Rogers, 1990). Inoltre la sedimentazione ha effetti negativi sulla riproduzione dei coralli (Tomascik e Sander, 1987) in quanto inibisce l’insediamento delle larve e aumenta la mortalità post-reclutamento (Fabricius, 2005; Rogers, 1990). Le giovani colonie sono infatti particolarmente sensibili alla sedimentazione perché si innalzano di poco dalla superficie, perciò sono più soggette all’abrasione dei sedimenti rispetto alle colonie più grandi (Wittenberg e Hunte, 1992).

Negli ultimi 20 anni si sta verificando un aumento dell’ abbondanza del turf su scala mondiale che è stato correlato da molti autori ad incrementi nei livelli di disturbo presenti nelle aree costiere, come per esempio il tasso di sedimentazione (Airoldi, 1998). Diversi studi effettuati sia in Mediterraneo (Airoldi e Virgilio, 1998; Balata et al., 2005) sia nelle coste meridionali dell’Australia (Gorgula e Connel, 2004) hanno mostrato che le caratteristiche dell’ambiente sedimentario influenzano significativamente la biomassa algale e, sebbene le risposte variano a diverse scale spaziali e a vari stadi di sviluppo del turf, sembra che un’incremento nei livelli di sedimentazione provochi un aumento della copertura del turf. La capacità del turf di svilupparsi in ambienti con elevati livelli di stress (come nelle zone costiere densamente popolate) è legata alla rapida colonizzazione dello spazio realizzata grazie alla riproduzione vegetativa, che permette anche un veloce ripristino della popolazione dopo eventi di disturbo; inoltre la particolare morfologia del sottile strato algale determina l’accumulo di grosse quantità di sedimento al suo interno e questo può rappresentare un deterrente per i ricci e i

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pesci erbivori, aumentando così l’abilità competitiva del turf (Airoldi, 1998.; Gorgula e Connel, 2004.; Jompa e McCook, 2003). Le specie che si riproducono sessualmente, come le madrepore, possono essere danneggiate dalla mancanza di substrato disponibile per l’ insediamento delle larve a causa dello spazio già occupato dalla rapida colonizzazione del turf e questo meccanismo di competizione può essere favorito dalla presenza di sedimento intrappolato all’interno del sottile strato algale. La competizione tra madrepore e macroalghe è fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio dello stato delle scogliere coralline, specialmente in presenza di processi che provocano la degradazione delle scogliere, come l’overfishing o l’incremento del carico di nutrienti e sedimenti nella colonna d’ acqua (McCook et al., 2001). Il ruolo potenziale di alcuni fattori di disturbo è stato osservato nelle scogliere coralline dei Carabi, in cui l’elevata pressione di pesca, insieme alla devastazione degli uragani e alla mortalità di massa dei ricci, ha causato un “phase-shift” (cambiamento di fase) dalla comunità dominata dalle madrepore ad una comunità dominata dalle macroalghe (Hughes, 1994). Più in generale Done (1992) sostiene che in un “phase-shift” avviene una transizione da una comunità dominata numericamente e funzionalmente da organismi costruttori di scogliere (madrepore e alghe coralline) ad una dominata da organismi non costruttori (coralli molli e alghe). Inoltre, Ostrander et al., (2000) hanno mostrato che questa transizione nella struttura delle comunità delle scogliere può essere rapida e può vericarsi senza una modificazione rilevabile dell’attività degli erbivori o della disponibilità di nutrienti. In molte zone del mondo, dalla Grande Barriera Corallina australiana al Mar Rosso, i disturbi provocati dall’attività umana sulle scogliere coralline stanno

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superando la loro capacità rigenerativa, causando cambiamenti nella composizione di specie che si traducono spesso in una perdita economica (Bellwood et al.,2004; Hughes et al., 2003; Pandolfi et al., 2003; Riegl e Velimirov., 1991; McCook., 1999).

Secondo Hughes (1989) la storia degli eventi di disturbo che hanno interessato una scogliera corallina è fondamentale per capire la variazione spaziale esistente tra diverse aree e le differenze nella struttura delle comunità. Nel 1996 la zona di Marsa Ghoslani è stata particolarmente colpita da un’inondazione che ha trasportato un’enorme quantità di sedimenti in mare che si sono depositati sugli organismi bentonici provocando una considerevole diminuzione della copertura dei viventi. Lungo il tratto di costa considerato la corrente principale generata dal vento proviene da Nord-est, ma a volte, durante i mesi invernali, si verifica un’ inversione della direzione del vento che è spesso associata a tempeste, in questi casi il vento e le correnti provengono da Sud. Nel mese di marzo del 2002 una tempesta particolarmente forte si è abbattuta sull’area e le onde hanno raggiunto un’altezza di 3-4 metri; il forte moto ondoso ha avuto un effetto abrasivo sugli organismi delle scogliere oltre che aver provocato una moderata rottura degli scheletri delle madrepore (EEAA, dati non pubblicati). Eventi di questa portata sono rari nell’area considerata e si verificano a distanza di diversi anni ma, insieme alle occasionali tempeste invernali in cui si concentrano la maggior parte delle precipitazioni, provocano un elevato apporto di sedimenti al sistema marino concentrato in un breve periodo di tempo. Secondo Fabricius (2005) brevi esposizioni ai sedimenti (pochi giorni) possono causare effetti di lungo termine sulle popolazioni di madrepore, attraverso la rimozione di coorti di giovani

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colonie che si traduce quindi in un ritardo del recupero delle condizioni della scogliera corallina dopo l’evento di disturbo.

Quindi il tratto di costa esaminato in questo studio ha sofferto in passato di disturbi legati alla sedimentazione che potrebbero aver causato anche i grossi accumuli di sabbia presenti nella zona esaminata, infatti dai campionamenti effettuati risulta che in tutti i Siti, ad eccezione del Sito3, la percentuale di copertura della sabbia è compresa tra il 40 e il 50%.

Il disturbo legato alla sedimentazione è stato affiancato anche da un evento di

bleaching verificatosi in Mar Rosso tra il 1997 e il 1998, probabilmente dovuto

ad un anomalo innalzamento della temperatura dell’acqua superficiale che ha raggiunto i 35°C nei mesi estivi (PERSGA, 2003) e ad un’esplosione della popolazione di Acanthaster planci che ha interessato buona parte dell’ area del Parco di Ras Mohammed nel periodo compreso tra il 1998 e il 2001, durante il quale si è verificata una elevata mortalità dei coralli all’interno dell’area. Sebbene la zona di Marsa Ghoslani sia stata una delle aree meno colpite, è stata indirettamente danneggiata da questo evento, in quanto l’intera area ha sofferto di un basso potenziale di riproduzione sessuale delle madrepore a causa della massiccia eliminazione di queste da parte di A. planci. Solo tra il 1998 e il 1999 sono stati rimossi dai Rangers del Parco insieme con la collaborazione dei Diving Center locali più di 120.000 esemplari di questo predatore nel tentativo di arrestarne l’invasione (EEAA, dati non pubblicati).

Questi eventi di disturbo, in aggiunta alla considerazione che lo studio non è stato realizzato sulla scogliera corallina vera e propria ma sul fondo su cui essa si basa, caratterizzato da formazioni coralline sparse su un substrato duro (Kramer et al.,

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2005; Kramer e Lang, 2003), possono spiegare la bassa percentuale di copertura delle madrepore rilevata dai campionamenti, con valore medio tra tutti i siti analizzati di circa il 9%.

Bisogna comunque considerare che l’area di studio presenta generalmente un clima arido e secco e i campionamenti sul tasso di sedimentazione, effettuati nella zona esaminata posizionando trappole per sedimento alla profondità di circa 10m durante l’anno 2005, indicano un apporto di sedimenti inferiore a 100g/m2 al mese, inoltre dalle analisi condotte sul tipo di sedimento risulta che questo proviene soprattutto dal disfacimento del carbonato di calcio di origine organica (EEAA, dati non pubblicati). Secondo Rogers (1990) il tasso medio di sedimentazione per le scogliere coralline non soggette a disturbi di origine antropica varia tra 1 e 10 mg/cm2 (10-100g/m2) al giorno, perciò i livelli di sedimentazione registrati nell’area di studio risultano molto bassi e suggeriscono un possibile recupero dell’area dagli eventi di disturbo passati. Inoltre l’osservazione durante i campionamenti della presenza di numerose colonie di piccole dimensioni, che sono giovani coralli insediati solo da qualche anno, conferma l’ipotesi della ripresa dell’area, in accordo con Smith e McMellor (2005).

Le differenze di regime idrodinamico presenti tra i siti analizzati non solo possono spiegare le variazioni significative riscontrate nella struttura della comunità bentonica (Riegl e Velimirov, 1994), ma anche le differenti potenzialità di recupero dei vari siti, per cui una zona più esposta a correnti e con moderato moto ondoso ha probabilmente una maggiore resistenza e resilienza rispetto ad una zona più riparata (Fabricius, 2005), come nel caso del Sito 3 rispetto al Sito1.

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Il processo di recupero dopo un evento di disturbo è un evento comune nella storia dei sistemi ecologici: dopo essere stata ridotta da un disturbo, l’abbondanza degli organismi può ritornare ai livelli precedenti, senza che sia necessariamente mantenuta la stessa diversità e composizione in specie. La velocità di ripristino dell’abbondanza degli organismi dipende molto dal tipo e dall’intensità del disturbo che ha causato il declino e risulta essere maggiore se il disturbo è acuto (come tempeste eccezionalmente forti o esplosioni dell’abbondanza di predatori) rispetto ad un disturbo di tipo cronico (come la continua presenza di visite turistiche), in quanto in questo ultimo caso il recupero sarà costantemente interrotto (Connel et al.,1997). Inoltre la velocità di recupero delle scogliere coralline sembra essere negativamente correlata al grado di disturbo antropico presente, come un elevato numero di visite turistiche nell’area (Smith e McMellor, 2005; Jameson et al., 1999; Riegl e Velimirov, 1991). La principale minaccia alle scogliere coralline del Parco di Ras Mohammed è considerata il numero di subacquei e snorkellers che le visitano: la baia di Marsa Ghoslani è uno dei siti maggiormente visitati all’ interno del Parco, ha 5 boe di ancoraggio fisse che sono quasi sempre occupate da 2 o più imbarcazioni e riceve più di 30.000 visitatori all’ anno, che sono responsabili della presenza di rifiuti, come buste e bottiglie di plastica, soprattutto nelle aree della scogliera interne alla baia (PERSGA, 2005). Il Sito1, pur trovandosi nella parte più esterna della baia è sicuramente quello che risente maggiormente dei problemi legati a questo tipo impatto rispetto agli altri siti che si trovano in un versante di costa generalmente non utilizzato per le visite turistiche.

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Dai campionamenti effettuati nei vari siti risulta anche un’elevata presenza di substrato roccioso (dal 30 al 50% di copertura) che rappresenta una superficie disponibile per l’insediamento delle planule e questa disponibilità di spazio potrebbe portare ad un aumento della copertura delle madrepore e quindi ad una ripresa della zona. Il tasso di reclutamento, infatti, dipende oltre che da molte variabili legate al tipo di riproduzione (spawners o brooders), alla produzione dei gameti, alla loro capacità di dispersione e sopravvivenza nel plancton, anche alle condizioni del substrato disponibile. In particolare lo studio condotto da Connel et al., (1997) su un periodo di 30 anni ha mostrato un legame significativo tra la disponibilità di spazio libero per l’ insediamento delle larve e l’ incremento del tasso di reclutamento, inoltre gli autori sottolineano che diversi studi condotti nell’area Indo-Pacifica mostrano un recupero della percentuale di copertura delle madrepore dopo eventi di disturbo acuti.

I processi ecologici agiscono a diverse scale spaziali nello spazio e nel tempo, perciò per capire il ruolo di questi meccanismi è importante stimare queste scale. Uno studio a breve termine o su piccola scala potrebbe non rilevare gli effetti di eventi estremi che avvengono raramente o processi lenti che affliggono vaste aree, mentre osservazioni su ampia scala potrebbero non rilevare l’ eterogeneità spazio-temporale presente su piccola scala e nemmeno rilevare i meccanismi ecologici che producono questi andamenti. Le comunità bentoniche possono subire cicli di disturbo e recupero a livello di intere scogliere coralline, tratti di reef o piccole zone all’interno di essi ed a scale temporali di decadi o secoli (Done, 1999). Inoltre alcuni meccanismi ecologici agiscono su scale spaziali e temporali diverse rispetto agli andamenti che producono: eventi atmosferici o biologici

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relativamente brevi, come violente tempeste o esplosioni demografiche di predatori, possono generare effetti rilevabili a lungo termine (Ostrander et al., 2000).

Anche se ci può essere l’impressione che ogni sito e momento siano differenti e in continuo cambiamento, con poche regole generali come in una sorta di “anarchia ecologica”, è importante tener presente che ogni meccanismo opera ad una caratteristica scala di spazio e tempo (Connel et al., 1997). La grande variazione nell’abbondanza della comunità bentonica esaminata, e in generale delle scogliere coralline, sottolinea quindi la necessità di condurre studi descrittivi al maggior numero di scale possibili e sviluppare indagini sperimentali per cercare di capire i meccanismi che producono questa variabilità.

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4.4. MAPPA BIONOMICA E TOPOGRAFICA DEL SITO 1

Anche se lo studio sulla distribuzione spaziale degli organismi ha evidenziato la ricchezza di madrepore e coralli molli presente nel Sito 3 rispetto agli altri siti, il Sito 1 è risultato essere il più adatto al fine dell’insediamento dell’Osservatorio sottomarino in quanto la minore abbondanza di organismi, in particolare di coralli, può ridurre il possibile impatto che la realizzazione della struttura è in grado di provocare all’ambiente circostante. La costruzione dell’Osservatorio rappresenta infatti un disturbo antropico che si inserisce in un’area naturale, ed è in grado di modificare direttamente l’ambiente fisico, apportando alterazioni del substrato, cambiamenti nel regime idrodinamico e sedimentario, modificazioni della topografia locale, della penetrazione della luce etc.. Questi cambiamenti possono agire indirettamente sulla componente biologica del sistema e si vanno a sommare alla distruzione diretta di parte delle aggregazioni coralline che è inevitabile per l’insediamento della struttura. Per questo motivo si rende necessario uno studio di Valutazione di Impatto Ambientale, meglio se basato sul modello BACI (Before/After-Control/Impact), in quanto in grado di separare la naturale variabilità spaziale e temporale della comunità bentonica da quella legata ad un possibile impatto causato dalla realizzazione della struttura (Underwood, 1992). Il lavoro effettuato nella presente tesi rappresenta uno studio preliminare sulla componente bentonica del sistema che fornisce una base su cui impostare il disegno di campionamento per il BACI, inoltre l’elevata variabilità evidenziata dai risultati dà indicazioni su dove indirizzare il maggiore sforzo di campionamento in termini di repliche.

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Il fatto che il Sito 1 sia situato all’interno della baia di Marsa Ghoslani rappresenta un ulteriore vantaggio per quanto riguarda la collocazione dell’Osservatorio sottomarino, in quanto la struttura risulterebbe più riparata dal regime idrodinamico, inoltre si troverebbe molto vicino al Visitor Center del Parco di Ras Mohammed e quindi meglio integrato in un percorso turistico formativo sulla conservazione della biodiversità e dell’eredità culturale del Sud Sinai, sviluppato attraverso le due strutture.

La realizzazione della mappa bionomica e topografica del Sito1 ha permesso di individuare il percorso migliore per la progettazione dell’Osservatorio sottomarino, in modo da minimizzare i danni diretti provocati agli organismi bentonici. La mappa descrive infatti in modo dettagliato le caratteristiche del fondo marino, distinguendo le zone di substrato ricoperte di madrepore e coralli molli, dalle zone costituite da ciottoli, sabbia e roccia. Il progetto prevede quindi l’insediamento del tunnel sottomarino nelle aree costituite da substrato nudo in modo da minimizzare l’ impatto diretto della struttura sugli organismi bentonici, ma salvaguarda il grosso pinnacolo situato più o meno al centro del sito e descrive il percorso del tunnel attorno ad esso. Il pinnacolo infatti non solo è ricco di madrepore e coralli molli, ma è anche circondato da molte specie di pesci che per vari motivi sono attratti dalla sua ricchezza e rappresenta quindi un punto di grande interesse naturalistico.

In sintesi, lo studio effettuato ha permesso, attraverso l’esecuzione di opportune procedure di rilevamento, campionamento ed elaborazione di dati biologici, di suggerire agli enti committenti le migliori soluzioni per la realizzazione di un’opera in grado di coniugare sviluppo economico e salvaguardia dell’ambiente.

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il prof. Francesco Cinelli che mi ha dato l’opportunità di realizzare la tesi in ambiente tropicale e di partecipare alla stimolante esperienza in Mar Rosso, Stefano Acunto per l’aiuto prezioso sia sul campo che durante la fase di elaborazione dei dati, David Balata per il supporto e i consigli sulle analisi statistiche, Anna Proietti-Zolla per le splendide foto, Luigi Piazzi e Marco Pertusati per la fase dei campionamenti.

Ringrazio anche tutto il team degli egiziani dell’EEAA con il quale si è instaurata una buona collaborazione, in particolare Essam Saadalla per avermi pazientemente aiutato nel riconoscimento degli organismi marini e per l’utile materiale che ci ha fornito.

Grazie ai controrelatori prof.Alberto Castelli e prof.Lisandro Benedetti-Cecchi per i validi suggerimenti.

Voglio ringraziare tutte le persone che mi sono state vicino in questi anni di vita a Pisa e che hanno vissuto le varie fasi di realizzazione della tesi: Laura&Laura con gli aperitivi del mercoledì; Francesca,Laura e Anna tra mensa e serate in allegria insieme anche a Virgilio, Menego e Dixi; tutte le persone fantastiche che ho conosciuto e frequento grazie alla danza che mi rendono tanto felice; Francesca&Davide per avermi insegnato le basi della subacquea, i compagni di immersioni, gli amici del TAS; Matteo,Leo,feis e trik per aver condiviso tante sere a suon di dnb!

Infine ringrazio le persone che ho nel cuore anche se sono lontane: Vitto, Già, David, Lozzio, Ceci e soprattutto grazie ai miei genitori e ai miei familiari che mi hanno sempre sostenuta con amore in questi anni.

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