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I medici dell’Auckland Hospital, in Nuova Zelanda, sono riusciti a formulare la diagnosi che ha salvato la vita ad un paziente settantenne grazie all’uso di un programma che analizza la scansione di una tomografia a risonanza magnetica nucleare. Il software in questione misura il movimento del cuore del paziente e lo confronta con quello di un cuore virtuale “sano” formato non di sangue e tessuti, ma di equazioni matematiche. Le analisi informatiche hanno evidenziato un malfunzionamento dell’organo dovuto ad una valvola parzialmente bloccata.
Per diagnosticare questa malattia i chirurghi avrebbero normalmente dovuto aprire il petto del paziente; il software invece ha identificato accuratamente il problema in circa 15 minuti.
Il programma di analisi MRI fa parte del crescente numero di applicazioni mediche legate al tentativo di realizzare un cuore artificiale: un modello computerizzato che descrive accuratamente tutto, dalla singola cellula cardiaca all’intero organo, dalle attività elettrochimiche interconnesse di milioni di cellule, al pompaggio sincronizzato del sangue.
I ricercatori medici stanno lavorando ai modelli computerizzati da decenni e i dati raccolti con il progetto di cuore virtuale stanno favorendo nuovi approcci alla diagnostica, alla chirurgia e alla scoperta dei farmaci, con la prospettiva potenziale di migliorare o addirittura salvare la vita a numerosi individui.
Il cuore virtuale è un lavoro in continuo sviluppo che ancora non simula gran parte dei processi genetici, cellulari e meccanici che si susseguono nei cuori reali. Tuttavia, i progressi nei modelli computerizzati potranno, nei prossimi anni, rivoluzionare la diagnosi e la cura delle malattie cardiache, portando nuova luce sul complesso funzionamento dell’organo e offrendosi come strumenti per sperimentare rapidamente ed economicamente farmaci, apparecchi diagnostici e terapie chirurgiche ancora troppo rischiose da provare sull’uomo.
Lo stadio più avanzato di tale modellazione cardiaca è rappresentato dal Progetto Cardioma, nato quando Noble, nel 1960, elaborò una serie di equazioni che descrivono come l’attività elettrica delle cellule cardiache sia in gran parte controllata dal flusso degli ioni potassio attraverso le loro membrane.
La modellazione della singola cellula cardiaca non basta: si richiede infatti un modello completo dell’intero organo. L’obiettivo è la realizzazione di un modello che unisca la scienza cardiaca a livello cellulare alla struttura e alla funzione dell’intero organo. I risultati raggiunti mostrano modelli il cui comportamento riflette le attività calcolate indipendentemente di circa 12 milioni di cellule cardiache virtuali.
La complessità di questi modelli non tiene però conto di un elemento centrale: i geni. È evidente che i geni giocano un ruolo decisivo nelle malattie cardiache: l’eredità di un singolo gene modificato può far diventare certezza la probabilità di una morte prematura. Anche i geni che normalmente non causano problemi cardiaci possono farlo se vengono attivati o disattivati o danneggiati da fattori ambientali, come lo stress. A rendere le cose ancora più complicate, la stessa cardiopatia può influenzare i geni cardiaci in modo da accelerare la malattia o provocare nuove complicazioni.
Per avere un modello accurato dei disturbi cardiaci, i ricercatori devono quindi tener conto anche dei fattori genetici. Le informazioni necessarie per ingegnerizzare geneticamente animali da esperimento, e identificare quindi quei geni che esercitano un ruolo di primo piano nelle cardiopatie, derivano dalla conoscenza del patrimonio genico degli organismi.
Prima di entrare nel vivo della metodologia sperimentale per la caratterizzazione meccanica del cuore di feto, si descrive, a grandi linee, il percorso attraverso il quale sono state raggiunte le attuali conoscenze sul funzionamento del cuore e che hanno portato alla realizzazione di modelli computazionali completi (Progetto Genoma, Progetto Fisioma e Progetto Cardioma).
4.1:
MODELLAZIONE
CARDIACA:
4.1: MODELLAZIONE CARDIACA:
STATO
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STATO DELL’ARTE
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Il Progetto Genoma Umano (“The Human Genome Project (HGP)”) è un progetto
internazionale di ricerca che si pone come obiettivo la mappatura del patrimonio genetico umano (genoma), ovvero la descrizione della struttura, della posizione e della funzione dei 100.000 geni che caratterizzano la specie umana. Lo studio del genoma implica il sequenziamento del DNA, cioè l’identificazione dell’esatta sequenza dei 3 miliardi di coppie di basi azotate che compongono la molecola e, in un secondo tempo, la mappatura dello stesso, ovvero la determinazione della posizione occupata da ciascun gene rispetto agli altri. La comprensione delle funzioni dei geni e di quali malattie possano derivare da eventuali loro alterazioni costituisce l’obiettivo finale della ricerca.
Il Progetto Genoma Umano fu avviato nell’ottobre del 1990 con il coinvolgimento di istituti di ricerca pubblici coordinati dal National Institutes of Health (NIH), e dal Dipartimento dell’Energia (DOE) degli Stati Uniti. La sua conclusione, prevista inizialmente nel 2005, fu in seguito anticipata al 2003.
Nell’ambito del Progetto, il primo risultato eclatante è stato la decifrazione del cromosoma numero 22, che fu annunciata il 22 dicembre 1999 dai ricercatori inglesi del Sanger Center di Cambridge insieme a scienziati statunitensi della Oklahoma University e a giapponesi della Keio University di Tokyo. Il cromosoma 22, che rappresenta il più piccolo cromosoma umano, contiene numerosi geni implicati sia nella risposta immunitaria, che in patologie come le disfunzioni cardiache congenite, la leucemia, il ritardo mentale, la schizofrenia e la trisomia del cromosoma 22, una delle principali cause di aborto spontaneo.
Il 6 aprile 2000 Craig Venter ha dichiarato raggiunta la prima fondamentale tappa per la mappatura del genoma umano: nei laboratori della Celera Genomics è stato sequenziato l’intero DNA di un essere umano, cioè è stata definita la sequenza delle coppie di basi azotate presenti nelle molecole dell’acido nucleico di un individuo.
Il 15 aprile dello stesso anno Bill Richardson, segretario del DOE, ha dichiarato che l’Istituto del genoma di Walnut Creek, in California, ha mappato i cromosomi numero 5, 16 e 19.
La ricerca genetica della Celera Genomics è stata completata con l’annuncio del 26 giugno 2000, quando è stato ultimato il sequenziamento del genoma di cinque esseri umani di diverso sesso ed etnia.
Nonostante siano stati raggiunti risultati importanti nello studio del genoma umano, non è semplice mettere in relazione sequenze di DNA con le varie funzioni degli organismi viventi. A questo scopo diventa fondamentale associare le conoscenze acquisite con il Progetto Genoma con quelle derivanti dallo studio del Fisioma umano.
Il Fisioma è la descrizione quantitativa ed integrata del comportamento funzionale dello stato fisiologico di un individuo o di una specie, pertanto descrive le dinamiche fisiologiche dell’organismo normale ed è basato su informazioni relative alla struttura e alla funzione umana (genoma, proteoma1 e morfoma2). Esso definisce le relazioni che
intercorrono tra il genoma e l’organismo.
Nel 1997 nasce a San Pietroburgo il Progetto Fisioma Umano, il quale include al suo interno modelli integrati di organi, sistemi cellulari, sistemi biochimici o endocrini.
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Il Progetto Fisioma è un programma internazionale nato con lo scopo di definire il fisioma di un organismo tramite lo sviluppo di database e di modelli che faciliteranno la comprensione della funzione integrata di cellule, organi e interi organismi.
La finalità principale del Progetto riguarda il coordinamento, all’interno di un database accessibile a tutti, di informazioni di natura molecolare, cellulare e fisiologica relativa ad organismi viventi. La possibilità di comprendere e descrivere in maniera quantitativa l’organismo umano, la sua fisiologia e il suo stato fisiopatologico, può rappresentare un valido aiuto per migliorare lo stato di salute dell’uomo.
1
Proteoma: l'insieme delle proteine di un organismo o di un sistema biologico, ovvero le proteine prodotte dal genoma.
2
Morfomica: l’insieme delle strutture anatomiche, chimiche e biochimiche unite alle proprietà di un organismo
FIGURA 1: STRUTTURA DI BASE DEL PROGETTO FISIOMA
Tra gli obiettivi più importanti del Progetto si ricorda: 9 produzione di farmaci dedicati;
9 terapie genetiche finalizzate alla cura e alla prevenzione delle malattie; 9 modelli matematici per spiegare il funzionamento dell’organismo; 9 migliore comprensione dei processi vitali.
Nell’ambito di questo studio sono coinvolti diversi gruppi di lavoro scientifico che, individuate aree particolarmente interessanti della fisiologia umana o di altri organismi, focalizzano la loro attenzione sulla creazione di modelli sperimentali, computazionali e integrativi atti a spiegare il comportamento funzionale di molecole, cellule, tessuti, organi e organismi interi.
I gruppi di lavoro attualmente attivi riguardano:
¾ cuore: contrazione, meccanismi ed elettrofisiologia cardiaca; ¾ microcircolazione;
¾ polmone;
¾ sistema endocrino; o; ¾ apparato uditivo; ¾ sangue; ¾ intestino; ¾ cervello; ¾ metabolism ¾ trasporto.
FIGURA 2: ORGANIZZAZIONE INTERNA DEL PROGETTO: SUDDIVISIONE IN GRUPPI DI LAVORO.
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La parte del Progetto Fisioma dedicata allo studio della struttura cardiaca viene indicat
e di un modello integra
a con il nome di Progetto Cardioma (“Cardiome Project” ).
La finalità principale di questo Progetto prevede la realizzazion
to del cuore umano. Il lavoro finale deve simulare, al suo interno, l’attivazione elettrica, la contrazione meccanica, il rifornimento e l’utilizzo dell’energia, lo scambio di
segnali cellulari e molti altri processi biochimici necessari per il corretto funzionamento cardiaco.
Il Progetto prevede lo sviluppo di un modello matematico del cuore basato su conoscenze anatomiche associate a particolari biofisici significativi. Lo scopo finale di tale lavoro è quello di fornire materiale da utilizzare come base per la ricerca medica, per il training e la pratica clinica.
Tre sono i gruppi di ricerca che hanno contribuito alla realizzazione del modello cardiaco attualmente disponibile in database elettronici di accesso pubblico:
9 istituto di bioingegneria dell’Università di Auckland; 9 laboratorio di fisiologia dell’Università di Oxford;
9 gruppo di meccanica cardiaca dell’Università della California (San Diego). Il modello cardiaco realizzato, che si basa sugli standard “CellML” 3e “FieldML” 3, è dotato di una particolare struttura a più stadi, (Figura 3), unendo funzioni subcellulari, come ad esempio le correnti ioniche, a strutture e funzioni cellulari, tissutali e di interi organi.
FIGURA 3: STRUTTURA TISSUTALE CARDIACA.
A livello cellulare, il modello include i canali ionici, le pompe e gli scambi cellulari responsabili della generazione e del trasporto del potenziale d’azione cardiaco, le proteine responsabili del trasporto di ioni calcio all’interno della cellula e della generazione delle forze di attivazione, le pompe di membrana necessarie per il mantenimento del pH cellulare, ed, infine, tutti i segnali di traduzione che regolano il sottosistema cellulare e la loro risposta agli stimoli esterni.
3 Standard CellML e FieldML: generalmente, quando si pubblicano modelli, si spiegano tutte quelle equazioni che saranno poi utilizzate nella compilazione di pacchetti informatici necessari per la simulazione del processo. Dal momento che la compilazione di tali programmi può essere difficoltosa e spesso può richiedere molto tempo, l’istituto di bioingegneria dell’Università di Auckland ha sviluppato dei linguaggi di marcatura basati sullo standard XML e capaci di descrivere i processi biologici in una forma elettronica corretta [Hunter et al. 2006].
A livello tissutale, invece, il modello cardiaco (Figura 4) include le equazioni che governano l’elettrofisiologia, il meccanismo di deformazione del muscolo, i processi metabolici ed i meccanismi fluidici coronari (Figura 4e) e ventricolari (Figura 5), le relazioni costitutive descriventi le proprietà meccaniche ed elettriche del cuore, l’attivazione miocardica e l’interazione fisiochimica tra le cellule.
FIGURA 4: MODELLO CARDIACO A LIVELLO DEI TESSUTI E DELL’INTERO ORGANO.(A)GEOMETRIA DEL MIOCARDIO VENTRICOLARE MOSTRATO CON UN MODELLO 3D AGLI ELEMENTI FINITI.LA SUPERFICIE INTERNA DEI DUE VENTRICOLI APPARE IN COLORE ROSSO ATTRAVERSO L’EPICARDIO CARDIACO, CHE NELL’IMMAGINE APPARE TRASPARENTE.(B)ORIENTAMENTO DELLE FIBRE DISPOSTE SULLA SUPERFICIE DELL’EPICARDIO.(C)L’ONDA ARANCIONE RAPPRESENTA LA DEPOLARIZZAZIONE ELETTRICA DURANTE I PRIMI STADI DELL’ATTIVAZIONE DEL MIOCARDIO.(D)DEPOLARIZZAZIONE ELETTRICA NELLE FASI FINALI DELL’ATTIVAZIONE.(E)MODELLO DELLE ARTERIE CORONARIE COSTRUITO SU DATI PROVENIENTI DA STUDI
CONDOTTI SU MAIALI [HUNTER, ET AL.]
FIGURA 5: ANALISI AGLI ELEMENTI FINITI PER LA RAPPRERSENTAZIONE DEL CICLO CARDIACO DURANTE
(A) LA FASE INIZIALE (PRESSIONE NULLA),(B) FINE DIASTOLE,(C) METÀ SISTOLE,(D) FINE SISTOLE. È DA NOTARE SIA L’ACCORCIAMENTO DELL’ASSE APICE-BASE, CHE LA ROTAZIONE LUNGO LO STESSO ASSE
Per poter utilizzare questo modello come base per la comprensione delle malformazioni o dei difetti cardiaci, sarà necessario unire le informazioni relative a valvole, atri, pericardio e soprattutto al sistema neurale di controllo alle conoscenze già acquisite a livello cellulare.
A livello cellulare, lo sforzo maggiore dovrà coinvolgere l’insieme dei segnali di trasduzione, con particolare attenzione alla compartimentalizzazione del processo di generazione dei segnali e la regolarizzazione dell’espressione genica.
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Il cuore virtuale ha fatto la sua comparsa negli ultimi 12 anni, ma la strada da fare è ancora lunga. Un problema è che, anche se centinaia di ricercatori in tutto il mondo stanno decifrando in modo esaustivo il funzionamento del cuore, gran parte dei biologi non ha la formazione adeguata per raccogliere e presentare i dati in una forma rigorosa da inserire nelle formule matematiche utilizzate per creare i modelli computerizzati.
In ogni caso, il Progetto Cardioma sta contribuendo in modo significativo allo sviluppo della medicina, in particolare si propone come strumento per aiutare i ricercatori a scoprire farmaci sempre più efficaci e a sviluppare nuove terapie chirurgiche.
Per quanto siano già molto importanti queste prime applicazioni, la speranza dei biologi e dei medici è che la ricerca su tali modelli dia vita a un paziente completamente virtuale. Ciò consentirebbe di studiare come un farmaco sperimentale per il cuore incida sugli altri organi, o di identificare gli effetti a lungo termine di un’alimentazione ad alto contenuto di grassi in poche settimane, invece di seguire volontari umani per anni.
Nell’ambito della ricerca finalizzata allo studio di procedure chirurgiche attuabili sul feto durante il periodo gestazionale, è sufficiente determinare le proprietà meccaniche del tessuto cardiaco fetale ed estrarre parametri utili alla modellazione cardiaca. In questo campo di ricerca diventa infatti di fondamentale importanza il contributo che la micro-ingegneria fornisce alla medicina. Le conoscenze acquisite per mezzo di ricerche complementari
permettono di realizzare strumenti chirurgici dedicati e garantiscono al medico informazioni importanti per la buona riuscita dell’intervento. Per esempio, ricavare le proprietà meccaniche dei campioni tessutali coinvolti nella patologia permette di conoscere la loro risposta a stimoli meccanici esterni e, quindi, la modellazione diventa un valido aiuto per il training chirurgico e per la sperimentazione clinica dei nuovi strumenti operatori.
La tradizionale caratterizzazione meccanica di un materiale si basa sulla determinazione delle equazioni costitutive, ovvero quelle relazioni che legano la tensione applicata al materiale e la deformazione causata. Questo legame lineare si ritrova nella seguente equazione:
ε
σ
=
E
*
dove σ rappresenta la tensione applicata [Pa], ε la deformazione a cui è soggetto il materiale [adimensionale] ed E il modulo di elasticità [N/mm^2=Pa].
Dato che esistono tre diversi tipi di tensione applicabili ad un materiale, si hanno tre distinti moduli di elasticità:
9 trazione: sollecitazione a cui è sottoposto un corpo soggetto a un sistema di forze divergenti. Data una forza (F) di trazione, applicata ad una sezione generica di area A, si definisce tensione di trazione la grandezza σ, data da:
A
F
=
σ
e modulo di elasticità longitudinale a trazione, o modulo di Young, il valore
ε
σ
=
E
9 compressione: un corpo è soggetto a compressione quando su di esso agisce un sistema di forze convergenti. In una generica sezione soggetta a compressione, la tensione unitaria si calcola con la relazione
A
N
=
σ
in cui: • σ è la sollecitazione unitaria (N/mm2);• N è lo sforzo di compressione (N);
• A è l'area della sezione trasversale in esame (mm2).
Il modulo di comprimibilità viene calcolato, nel caso di analisi condotte su materiali dotati di comportamento lineare, proprio come il modulo di Young, ovvero:
ε
σ
=
E
Nel caso di tessuti non lineari la cosa si complica notevolmente e il modulo di comprimibilità si ottiene dal rapporto tra la pressione idrostatica e la corrispondente variazione unitaria di volume.
9 taglio: su di una superficie, lo sforzo di taglio puro può essere rappresentato con due forze verticali dotate di stesso modulo e con punti di applicazione molto vicini tra loro. La flessione è pressoché annullata dal fatto che il braccio di leva tra le due forze è quasi nullo. La deformazione di tipo tagliante, se non adeguatamente contrastata, tende a far assumere alla struttura una forma a "Z", che provoca un'alterazione locale lungo l'asse principale della sezione in esame. La sezione a cui è applicata lo sforzo di taglio è soggetta ad uno scorrimento trasversale. Il modulo di elasticità tangenziale (G) [N/mm^2=Pa], o di
scorrimento, è calcolato come il rapporto tra le tensioni tangenziali (τ) [Pa] e la
deformazione relativa (γ):
γ
τ
=
G
Nel caso di analisi relative a campioni biologici, la caratterizzazione richiesta per conoscere e valutare il comportamento meccanico di tessuti sottoposti a forze esterne non rientra nella casistica tradizionale.
Tutti i tessuti biologici sono strutture composite che spesso mostrano un comportamento anisotropo e viscoelastico. Questi sono quasi sempre costituiti da diversi
componenti, i quali, interagendo sinergicamente fra di loro, conferiscono al tessuto le proprietà necessarie a svolgere importanti funzioni vitali.
Nella chirurgia fetale, così come durante interventi endoluminali o di chirurgia mini invasiva, l’interpretazione del comportamento tissutale è reso ancor più difficoltoso a causa di condizioni di lavoro molto complesse. Inoltre, nel caso particolare della chirurgia fetale, le dimensioni del target operatorio risultano veramente molto ridotte.
Quanto detto induce alla ricerca di tecniche innovative per la determinazione delle proprietà meccaniche dei tessuti biologici e richiede, in un secondo momento, lo sviluppo e la validazione di nuove procedure dedicate.
L’esperienza trattata in queste pagine ha come obiettivo principale l’analisi delle proprietà meccaniche dei tessuti cardiaci fetali. A tale scopo, la metodologia descritta propone l’utilizzo di un banco di prova, sviluppato presso il laboratorio CRIM della Scuola Superiore Sant’Anna, specificamente progettato per la caratterizzazione dei tessuti molli del colon ed atto a ricavare informazioni sperimentali da prove meccaniche multiple [Izzo, et al.].
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La modellazione meccanica di materiali a comportamento lineare non implica necessariamente l’uso di prove di trazione, compressione e taglio. Come già descritto nelle pagine precedenti, la sola prova di trazione fornisce informazioni relative al comportamento del materiale sufficienti per quantificare la deformazione subita e per implementare un modello meccanico che ne replichi l’andamento. La determinazione del modulo di elasticità (E) caratterizza, infatti, sia il comportamento tissutale per le prove di trazione, che per quelle di compressione. Questo implica che, una volta portate a termine le prove di trazione, non sia necessario sottoporre lo steso provino a compressione. In alcuni casi, per veridicità di informazione e per completezza, vengono effettuate entrambe le prove, eventualmente in contemporanea (prove bi-assiali). Dal momento che per i materiali a comportamento lineare esistono relazioni che legano il modulo di elasticità tangenziale (G) a quello di trazione (E), la conoscenza dell’uno implica la determinazione dell’altro e, quindi, la valutazione globale del comportamento meccanico del materiale in esame.
Nel caso di modellazione meccanica dei tessuti molli, come ad esempio il tessuto cardiaco o il colon, la complessità anatomica della struttura rende particolarmente difficoltosa l’analisi meccanica del loro comportamento. Per completare un‘analisi corretta sarà quindi
necessario ricorrere alla teoria dei materiali iperelastici4, secondo la quale è possibile determinare il comportamento meccanico di un tessuto molle solo dopo averlo sottoposto a prove di trazione, compressione e taglio.
La letteratura riporta diversi studi pilota [Izzo, et al.], i quali dimostrano che,
aumentando la quantità e la qualità dei dati ricavabili dai test condotti sul campione tissutale, cresce in modo significativo anche l’accuratezza di identificazione dei parametri che costituiscono il modello meccanico. È stato dimostrato [Izzo, et al.] che l’uso di soli test
uni-assiali fornisce dati con indice di accuratezza minimo, circa 43.2%, e che il valore sale a circa il 99.5% se il tessuto in esame viene sottoposto ad un set completo di test meccanici, ovvero a prove di trazione bi-assiale, compressione e taglio monoassiale.
La stazione sperimentale utilizzata per la caratterizzazione meccanica di tessuti cardiaci fetali è stata progettata e costruita con lo scopo di applicare solo forze uni-assiali al provino e in modo tale da garantire la possibilità di portare a termine prove di
¾ trazione; ¾ compressione; ¾ taglio.
L’accuratezza raggiunta con questa tipologia di analisi è pari al 92.4% circa [Izzo, et
al.].
Altra peculiarità rilevante del banco di prova utilizzato è la possibilità di eseguire le prove di caratterizzazione in regime quasi statico. Dalle pagine precedenti si evince il particolare comportamento viscoelastico, che distingue la totalità dei tessuti biologici da qualunque altro tipo di materiale. Una caratterizzazione viscoelastica complica notevolmente l’estrazione dei dati e comporta una modellazione molto complessa al fine di estrarre parametri, che sarebbero altrimenti difficilmente calcolabili in regime statico.
La velocità di esecuzione del test gioca un ruolo fondamentale nella modellazione meccanica del tessuto cardiaco: prove eseguite a basse velocità garantiscono quelle condizioni al contorno che permettono di ipotizzare un comportamento non viscoelastico del tessuto cardiaco. In questo modo risulta più facile estrarre i parametri da utilizzare nell’implementazione del modello meccanico del cuore fetale.
4
Materiale iperelastico:materiale di qualunque natura capace di sopportare grandi deformazioni elastiche, quasi completamente reversibili. Caratteristica fondamentale di questa tipologia di materiali è la forte non linearità che ne caratterizza il comportamento meccanico.
4.2.1.1:
TESSUTO
BIOLOGICO
4.2.1.1:
TESSUTO BIOLOGICO
Il tessuto biologico sottoposto a prove di caratterizzazione meccanica proviene da cuore di feto di pecora (Figura 6). Numerosi sono gli studi pilota (vedi Capitolo 3) in cui si è esaminata la fattibilità di esecuzione della cardiochirurgia fetale utilizzando pecore a gravidanza programmata. Per garantire, dunque, dei risultati utili alla pratica chirurgica e per fornire informazioni aggiuntive, che potessero affiancare le già note considerazioni al riguardo, sono stati utilizzati tre cuori di feto di pecora con età gestazionale media di circa 125 giorni.
FIGURA 6: CUORE DI UN FETO DI PECORA DI ETÀ GESTAZIONALE PARI A 125 GIORNI.
I tessuti cardiaci fetali utilizzati provengono da gravidanze programmate e sono stati forniti dall’istituto di Fisiologia Clinica (CNR) di Pisa. Gli agnelli, dopo il loro concepimento, vengono fatti nascere in periodi particolari di gestazione per poterli utilizzare in esperimenti di diverso genere. In questo modo si è evitato di sottoporre l’animale ad un intervento finalizzato esclusivamente a questo lavoro. Inoltre ogni operazione su di esso è stata condotta, secondo le normative vigenti, da personale qualificato, con l’attenzione, fra l’altro, a limitare il più possibile lo stress per l’animale.
Tale tipo di sperimentazione ha permesso di avviare un programma di sperimentazione mirato all’utilizzo dei dati finali in applicazioni rivolte all’uomo. Si ricorda, infatti, che la scelta di utilizzare tessuti fetali di pecora con età gestazionale compresa tra i 125 e i 135
giorni ( dall’ 88% del tempo totale gestazione al termine della gravidanza) permette di replicare le condizioni in cui si trova un feto umano nei primi quattro mesi di gestazione, momento questo più opportuno per praticare un intervento chirurgico correttivo. La ricerca medica degli ultimi anni focalizza l’attenzione sulla possibilità di abbassare l’età gestazionale di intervento al 60% o 70% del tempo totale di gestazione, ovvero dopo aver raggiunto i 105-109 giorni di sviluppo.
L’uso di materiale biologico fetale comporta una serie di difficoltà che hanno influenzato gran parte della sperimentazione, in particolar modo i risultati finali.
Date le ridotte dimensioni della struttura cardiaca a disposizione (Figura 7), non è stato possibile analizzare separatamente i tre strati di cui è composta la parete del cuore (il pericardio nello strato più esterno, l'endocardio nella zona più interna e, tra questi due, il miocardio o muscolo cardiaco, cui è dovuta la contrattilità del cuore (Figura 9)). L’analisi sperimentale ha coinvolto indistintamente il pericardio e parte del miocardio interno, eliminando manualmente la sola struttura endocardica a cui sono connesse le valvole cardiache.
FIGURA 7: IMMAGINE DI UN CUORE DI FETO DI PECORA DI 135 GIORNI DI GESTAZIONE.
Dall’analisi anatomica del cuore, risulta evidente la presenza di una doppia famiglia di fibre localizzate entrambe all’interno del miocardio, ma dotate di funzioni e caratteristiche totalmente diverse.
¾ il miocardio comune, o muscolo cardiaco, risulta costituito da quattro famiglie di fibre muscolari, il cui spessore varia fra 5 e 15 mm (maggiore in corrispondenza dei ventricoli). L’orientamento delle fibre replica un andamento a spirale tale da permettere la corretta contrazione del cuore.
Come illustrato in Figura 8, due gruppi di fibre avvolgono esternamente entrambi i ventricoli; nella zona sottostante un terzo gruppo mostra andamento diverso, ma stessa zona di copertura; infine, la quarta famiglia di fibre circonda unicamente il ventricolo sinistro.
FIGURA 8: VISIONE SCHEMATICA DELL’ORIENTAMENTO DELLE FIBRE CHE COMPONGONO LA PARETE DEL MIOCARDIO.
¾ Il miocardio specifico è una differenziazione del miocardio comune, cioè un sistema di particolari cellule muscolari riunite in gruppi (nodi) o in fasci. Queste cellule hanno il compito specifico di generare gli impulsi elettrici per la contrazione e di propagarli collegando e coordinando funzionalmente la muscolatura atriale e quella ventricolare. Il miocardio specifico costituisce, quindi, il sistema di conduzione del cuore5
.
5Sistema di conduzione del cuore: parte del miocardio costituita da sistema seno-atriale e il sistema
atrio-ventricolare. Il sistema seno-atriale è formato da un addensamento di cellule specifiche che abbraccia a ferro di cavallo l’orifizio di sbocco della vena cava superiore nell’atrio destro. Dal seno-atriale partono fibre specifiche che si diramano nella muscolatura della parete seno-atriale. Il nodo del seno è il luogo di generazione e il punto di partenza degli impulsi che portano alla contrazione del
La presenza di fibre all’interno del tessuto cardiaco rende necessario disaccoppiare il comportamento delle fibre dalla matrice corrispondente. Per far ciò, diventa fondamentale conoscere con precisione la direzione delle fibre. Se tale aspetto anatomico è noto, risulta possibile ricavare due differenti campioni di tessuto (detti “provini” nel seguito) in cui la dimensione principale è, rispettivamente, parallela e perpendicolare all’orientamento delle fibre. Con tali campioni si potranno eseguire dunque due sessioni di prove distinte, che daranno informazioni riguardo al comportamento del tessuto lungo la direzione principale delle fibre (prova longitudinali) e nella direzione perpendicolare (prova trasversale o circonferenziale).
Nel caso di tessuti dotati di più famiglie di fibre, il disaccoppiamento necessario per la corretta esecuzione della prova richiederebbe la realizzazione di provini fuori dal piano delle fibre, perché sono in questo modo sarebbe possibile disaccoppiare la matrice esterna da qualunque famiglia di fibre. Un’analisi di questo tipo richiede conoscenze più approfondite e implica uno studio accurato della fisiologia del campione biologico. Per evitare questa ulteriore complicazione, lo studio affrontato in questo capitolo si basa sull’assunzione di miocardio monofibrato, ossia un tessuto trasversalmente isotropo costituito dalle sole fibre muscolari.
Infine, il miocardio, che rappresenta la parte più spessa e da cui sostanzialmente dipende il volume delle pareti del cuore, non presenta consistenza uniforme. Esso è infatti più rigido nella porzione pompante, corrispondente ai ventricoli, dove il tessuto muscolare è più spesso e robusto, mentre è più compliante nella parte atriale.
Sulla base di queste informazioni anatomiche e strutturali relative alla parete del cuore, si è reso necessario utilizzare stampini con profondità ben definita e dotati della forma più adatta alla prova in atto (Figura 10) al fine di avere provini con spessore pressoché uniforme.
La scelta delle forme dei provini deriva da uno studio preliminare [Izzo, et al.], che ha
riconosciuto nelle geometrie proposte quelle più adatte a garantire la stessa deformazione su tutto il campione. L’ipotesi di stato di deformazione omogenea garantisce la possibilità di utilizzare i valori estratti durante l’analisi in una corretta caratterizzazione meccanica del tessuto.
miocardio atriale e ventricolare (sistole). Il sistema atrio-ventricolare è costituito da una seconda formazione nodale e da un fascio di fibre specifiche. Il nodo atrio-ventricolare è un rigonfiamento ovalare di miocardio specifico posto nel setto interatriale. Da esso si diparte il fascio di His, che entra nel setto interventricolare dove si divide in due rami, uno per ventricolo. E' interessante notare che nei ventricoli l'onda di contrazione si propaga dalla base del cuore verso la punte.
FIGURA 9: STRUTTURA INTERNA DELLA PARETE DEL CUORE, IN CUI SONO FACILMENTE OSSERVABILI I TRE STRATI CHE LA COMPONGONO: PERICARDIO, MIOCARDIO ED ENDOCARDIO.
Prova a trazione Prova a taglio
Prova a compressione
FIGURA 10: STAMPINI PROGETTATI E FABBRICATI PER LA REALIZZAZIONE DI PROVINI DI TESSUTO CARDIACO DA SOTTOPORRE A PROVE DI TRAZIONE, COMPRESSIONE E TAGLIO.
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Lo schema generale dell’apparato sperimentale utilizzato nella caratterizzazione meccanica è mostrato schematicamente in figura 11.
FIGURA 11: RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DELL’APPARATO STRUMENTALE UTILIZZATO.
Le sue parti fondamentali sono:
9 MOTORE AC applica le forze esterne al provino. Il motore è montato su di una struttura scorrevole monoassiale, fissata al basamento della struttura per mezzo di una cella di carico (Figura 12), ed è comandato manualmente dall’esterno attraverso un’interfaccia LabView (Figura 13). L’interfaccia è programmata in modo tale da adattare, di volta in volta, il meccanismo interno del banco di prova alle dimensioni e alla forma del provino in esame.
FIGURA 12: PARTICOLARE DEL BANCO DI PROVA IN CUI SI VEDE IL MOTORE UTILIZZATO PER LA TRASMISSIONE DELLE FORZE.
9 CELLA DI CARICO (Figura 12), ovvero sensore di forza monoassiale usato per misurare la forza applicata dal motore. Il segnale misurato dalla cella di carico è acquisito per mezzo di una scheda di acquisizione esterna, la quale è montata sullo stesso computer sul quale è stato implementato il programma LabView per il controllo del motore.
9 DUE FILI DI CARBONIO RIVESTITI IN TEFLON6 di 0.1 mm di
diametro. I fili sono avvolti, da un lato, attorno ad una puleggia integrata con il motore, mentre, all’altra estremità, sono fissati meccanicamente su due agganci costretti a muoversi su due guide lineari giacenti sulla stessa linea retta su cui è posizionata la slitta del motore (Figura 14).
Grazie alle 4 guide trasversali posizionate lungo il piano di trazione del provino, i fili trasferiscono la forza generata dal motore ai due morsetti interni, tra i quali è bloccato il tessuto. Per garantire la corretta tensione sui fili, questi vengono fatti passare attorno ad alcune pulegge esterne.
I questo modo, il provino di tessuto fissato tra gli agganci subisce una deformazione proporzionale alla forza applicata. Il valore di resistenza meccanica opposta dal tessuto allo stimolo del motore viene trasferito alla cella di carico attraverso l’intera catena cinematica.
Il valore della forza letto sulla cella di carico durante la prova non corrisponde, però, al valore che realmente viene trasferito al tessuto. La forza risulta influenzata sia dall’attrito dei fili metallici che scorrono lungo le pulegge, sia dal doppio percorso dei fili, necessario per garantire che ad entrambe le estremità del campione sia applicata la stessa forza.
La forza corretta, fondamentale per la costruzione di diagrammi sforzo-deformazione, viene calcolata dividendo quella letta dalla cella di carico per un opportuno coefficiente, che tenga conto della correzione dovuta sia all’attrito, che alla doppia corsa dei fili. Questo coefficiente è stato calcolato sperimentalmente e vale 2.087.
6 La scelta di ricoprire i fili di carbonio con il teflon deriva dalle ottime proprietà chimiche mostrate da questo polimero. Il teflon o politetrafluoroetilene è una materia plastica liscia al tatto dotata di totale inerzia chimica, completa insolubilità in acqua, ottime qualità di scorrevolezza superficiale e molto resistente alle alte
temperature. Queste caratteristiche assumono ulteriore importanza se si considera che si mantengono praticamente inalterate in un campo di temperature comprese tra i -80°C e i 250°C
FIGURA 14: PARTICOLARE DELL’APPARATO SPERIMENTALE DEDICATO AI FILI METALLICI UTILIZZATI.
9 TERMOCOPPIA E TERMOSTATO tipo CAREL 438-8405 (Figura 15) fissato nella zona centrale della base del banco di prova.
La parte centrale della stazione di prova è riempita di soluzione fisiologica per l’intera durata dei test. Ciò è necessario sia per preservare il tono muscolare del campione, sia per garantire condizioni al contorno il più omeostatiche possibile. Uno degli aspetti fondamentali di una prova meccanica in cui si analizzano campioni di tessuti biologici ex vivo è la temperatura di lavoro. Il modulo elastico longitudinale dei tessuti biologici cambia notevolmente con il variare della temperatura. Per ripristinare il corretto ambiente di lavoro e simulare le condizioni fisiologiche da cui il tessuto cardiaco è stato prelevato, il termostato è stato programmato in modo da mantenere la temperatura della soluzione a 36.5~37.0°C per tutta la durata della prova.
FIGURA 15: TERMOSTATO DEL TIPO CAREL438-8405.
9 MICROSCOPIO OTTICO (Power Hiscope KH-2700, Hirox). La presenza del microscopio è fondamentale per monitorare e registrare la geometria e la deformazione strutturale a cui il campione è soggetto durante la prova. Per facilitare l’interpretazione della deformazioni, data la presenza di una superficie tissutale difficilmente interpretabile, sul campione sono stati creati artificialmente dei marker. Questi sono ottenuti utilizzando colorante acrilico di colore bianco, fissato sul tessuto per mezzo di cianoacrilato.
FIGURA 16: PARTICOLARE DEI CAMPIONI TISSUTALI CHE EVIDENZIA LA PRESENZA DEI MARKER SULLA SUPERFICIE PIÙ ESTERNA .
L’acquisizione video delle prove avviene per mezzo di un frame grabber (MODELLO E MARCA) installato sul PC. Lo streaming video è sincronizzato con i dati di forza estratti dalla cella di carico per mezzo di un trigger esterno, ottenuto con uno switch digitale. I dati video e i valori di forza estratti dalla cella di carico sono acquisiti utilizzando una frequenza di campionamento di 10 Hz.
FIGURA 17: BANCO DI PROVA
9 MECCANISMO PER IL FISSAGGIO DEL CAMPIONE ALLA STRUTTURA DI BASE. Come già accennato in precedenza, l’apparecchiatura riportata in figura 14 è stata progettata in modo da garantire prove di trazione, compressione e taglio. Le modifiche necessarie per adattare la struttura alle diverse esigenze di lavoro riguardano esclusivamente il meccanismo di fissaggio dei campioni.
Il campione tessutale viene sezionato nella forma adatta sovrapponendo gli stampini metallici (Figura 10) alla parte di pericardio disponibile (Figura 17). Fatto questo, il campione viene incollato su dei tip in poliuretano progettati e fabbricati in forme diverse per ciascuna prova (Figura 18 e Figura 19).
FIGURA 18: PER CREARE I CAMPIONI DI TESSUTO DA SOTTOPORRE A PROVA DI TRAZIONE SI SOVRAPPONE LO STAMPINO CORRISPONDENTE AL TESSUTO BIOLOGICO E SI PREME FINCHÈ LA PARTE INTERNA ALLO
STAMPO NON SI DIVIDE DAL RESTO.
Stampini in derlin
Campioni tessutali
Tip in poliuretano
FIGURA 19: TIP IN POLIURETANO SU CUI SI INCOLLANO I CAMPIONI TESSUTALI OTTENUTI DA STAMPINI METALLICI. I TIP HANNO FORMA DIVERSA IN BASE ALLA PROVA MECCANICA DA ESEGUIRE.
(C) (A) (B)
FIGURA 20: ESEMPI DI COME SI UNISCONO I TIP IN POLIURETANO CON I CAMPIONI DI TESSUTO CREATI PER LE PROVE DI (A): COMPRESSIONE,(B) TRAZIONE,(C)TAGLIO.
L’insieme del tessuto biologico incollato ai tip, viene incastrato all’interno di ganci di supporto che fungono da interfacciamento meccanico con i morsetti del banco di prova.
(A) (B)
FIGURA 21: GANCI DI SUPPORTO PER L’INTERFACCIAMENTO MECCANICO TRA I TIP E LE SLITTE DEL BANCO DI PROVA NEL CASO DI PROVE A (A) COMPRESSIONE,(B) TRAZIONE E TAGLIO.
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2
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2
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P
P
R
R
O
O
V
V
E
E
Realizzati i campioni tessutali, incollati sui tip corrispondenti, la nuova struttura, formata da tessuto e tip, viene montata sui morsetti interni al banco di prova. Per fissare il tutto e quindi evitare di introdurre artefatti da movimento durante l’acquisizione dei video, il
contatto morsetti-struttura è garantito per mezzo di supporti in acrilico di dimensioni e forme opportune (Figura 22).
Tessuto incollato ai tip in poliuretano
Aggancio in acrilico
Morsetto
FIGURA 22: PARTICOLARE DEL BANCO DI PROVA SPERIMENTALE IN CUI SI METTE IN PRIMO PIANO IL MECCANISMO DI BLOCCAGGIO DEL TESSUTO.
Preparato l’ambiente di lavoro, il passo successivo prevede la realizzazione vera e propria di prove a trazione, compressione e taglio.
A livello statistico e per affrontare una corretta analisi sperimentale, si riportano nelle tabelle sottostanti tutti i dati necessari per la classificazione dei feti da cui è stato prelevato il cuore. L’età gestazionale rappresenta il dato fondamentale per validare la procedura a livello umano, mentre peso e sesso sono utilizzati per la semplice classificazione dei campioni fetali e come base per delle possibili conclusioni.
Infine, per quanto riguarda l’analisi e il commento dei risultati si rimanda al capitolo successivo (Capitolo 5).