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Vol. 2 num. 3 (2021)

Ambienti sociali di apprendimento sostenuti dalle tecnologie digitali, sviluppo delle competenze e nuovi profili dei formatori

IUL Research | Open Journal of IUL University www.iulresearch.it www.iuline.it

CC BY-NC-ND 4.0 ISSN: 2723-9586

L’apprendimento collaborativo nei percorsi universitari online:

dalla conoscenza alla competenza nello sviluppo della

professionalità

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Collaborative learning in online university courses: from knowledge to competence in professional development

Sara Mori, IUL Giuseppe Baldi, IUL ABSTRACT

Within universities, collaborative learning has not found yet a consistent space with that which is dedicated to it by pedagogical research, which highlights its benefits in terms of learning and student motivation. In this paper, the methodological context and the objectives of experimental research on social and collaborative learning carried out within two courses of the Telematic University IUL are illustrated, and the results of the initial and final questionnaires of a course are presented. It is confirmed the high appreciation, by the students, of this modality, even in the recognition of a greater commitment required than individual study, and the effectiveness in terms of both motivation and learning.

SINTESI

All’interno delle università, la didattica collaborativa non ha ancora trovato uno spazio coerente con quello che a essa viene dedicato dalla ricerca pedagogica, la quale tende a evidenziarne i benefici, in termini di apprendimento e di motivazione degli studenti. In questo articolo, viene illustrato il contesto metodologico e gli obiettivi di una ricerca sull’apprendimento sociale e collaborativo, svolta nell’ambito di due insegnamenti dell’Università Telematica degli Studi IUL e vengono presentati i risultati relativamente ai questionari iniziale e finale di un insegnamento. Viene confermato l’alto gradimento, da parte degli studenti, di questa modalità, pur nel riconoscimento di un impegno maggiore richiesto rispetto allo studio individuale e l’efficacia sia in termini di motivazione che di apprendimento.

KEYWORDS: collaborative learning, deep learning, e-learning, university education

PAROLE CHIAVE: apprendimento collaborativo, apprendimento significativo,

e-learning, formazione universitaria

1 Il contributo è progettato in modo congiunto dai due autori. In particolare, sono da attribuire a

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Introduzione

L’università è rimasta, tranne eccezioni pur significative, singolarmente refrattaria a confrontarsi con modelli alternativi, o comunque integrativi, rispetto al tradizionale impianto didattico trasmissivo, che pone maggior enfasi sui contenuti e sulla componente teorica dell’apprendimento (Dipace & Tamborra, 2019). Se è vero che l’essere umano comincia a imparare per imitazione all’interno di un contesto sociale, a mano a mano che prosegue nel proprio percorso di sviluppo cognitivo è come se questa modalità naturale di apprendere venisse in qualche modo repressa, marginalizzata, per lasciare spazio a strategie di studio più autoreferenziali e individuali, che trovano molto spesso la loro forma più compiuta proprio all’interno delle aule universitarie. Non solo i docenti, dunque, ma anche gli studenti intraprendono i percorsi di istruzione superiore con aspettative e modelli mentali ancora legati a un tipo di didattica pressoché esclusivamente ex cathedra, indifferente e cieca rispetto al processo di costruzione di conoscenze e competenze, e che valuta i risultati dell’apprendimento soltanto in fase di esame (quando, cioè, non si può far altro se non sancire un successo o un fallimento).

In tempi recenti, le università telematiche hanno rappresentato una risposta alle esigenze di flessibilità e continuità formativa determinate dalla nuova realtà socio-economica; ma, al tempo stesso, esse rappresentano un contesto particolarmente fertile per sperimentare strategie didattiche innovative, sfruttando le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, come anche una piattaforma privilegiata per riflettere sui limiti e le criticità che queste stesse tecnologie hanno mostrato e mostrano, soprattutto quando vengono utilizzate per ripetere stancamente modelli trasmissivi mutuati dalla formazione in presenza. Gli alti tassi di drop out riscontrabili all’interno dei percorsi di formazione online sono un indizio di come molti studenti si sentano disconnessi e isolati a causa della distanza che si crea tra loro e gli altri studenti e tra loro e il formatore. La sfida è dunque quella di mettere a punto modelli sostenibili, scalabili, misurabili e applicabili a diversi contesti e obiettivi formativi; ma anche quella di misurarsi in maniera originale con i modelli partecipativi elaborati per la formazione in presenza e blended. Non è infatti scontato che le dinamiche virtuose che possono prodursi, in termini di presenza sociale, in un contesto fisico siano altrettanto efficaci, pur con le dovute differenze, nella formazione online o non sia invece opportuno sviluppare modelli di interazione e apprendimento collaborativo propri e specifici. Occorre, in una parola, capire chi siamo “noi” quando siamo online e in cosa siamo diversi dal “noi” che agisce nella dimensione della realtà fisica: in cosa cambia la nostra identità online e in che modo è possibile potenziare, all’interno di una piattaforma di apprendimento, la percezione dell’“altro” come un’entità reale.

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1. Dalle conoscenze alle competenze nello sviluppo della

professionalità

Stiamo di fatto assistendo a quanto anticipato dal World Economic Forum (2019), ossia al cambiamento delle competenze chiave richieste per svolgere la maggior parte dei lavori, in media del 42%, entro il 2022 (WEF, 2019, p. 1), contemporaneamente al superamento del concetto di percorso lineare di carriera (Purcell et al., 2013; Piazza & Rizzari, 2020). Alla luce di questo e in linea con le politiche europee, in particolare con il “Processo di Bologna” (1999) e con la strategia “Istruzione e formazione 2020” (ET, 2020), i modelli universitari sono chiamati ancora di più a tener conto alla complessità dei saperi e della loro mutazione continua, attivando strategie idonee a promuovere un apprendimento significativo e lo sviluppo di competenze trasversali (Mori et al., 2019; Sansone & Ritella, 2020). L’aggiornamento della raccomandazione del consiglio dell’Unione Europea in merito alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2018) valorizza le competenze imprenditoriali, sociali e civiche, dando al problem solving, al pensiero critico e alla capacità di collaborare un ruolo centrale per la trasformazione delle conoscenze in abilità spendibili nella realtà professionale. Anche i “Descrittori di Dublino”2 (2001) individuano cinque tipologie di

apprendimento atteso al termine dei diversi cicli di istruzione, le quali fanno riferimento a competenze trasversali, ossia la conoscenza e la capacità di comprensione, la conoscenza e capacità di comprensione applicate, l’autonomia di giudizio, le abilità comunicative, la capacità di apprendere, e invitano a declinare gli esiti anche in termini di abilità e competenze, oltre che di conoscenze apprese.

Le competenze trasversali di fatto riguardano i diversi saperi delle discipline, ma anche le molteplici abilità che le professioni richiedono; un insieme di qualità personali (soft/character skill), insomma, che possono essere coltivate e migliorate attraverso la formazione, anche a livello universitario (La Marca & Cappuccio, 2020). In tal senso, l’università diventa un luogo privilegiato in cui poter coltivare questi aspetti, attraverso la promozione della ricerca autonoma, della discussione e della rielaborazione dei significati (Ibidem, 2020).

La possibilità di sviluppare le competenze trasversali si lega dunque fortemente alla possibilità di elicitare un apprendimento significativo degli studenti (Ausubel, 1968; Novak, 2001), in grado di attivare processi cognitivi che generino ponti tra i nuovi, i vecchi saperi e la realtà applicata.

La necessità di innovare e cambiare i paradigmi psico-pedagogici entro cui si strutturano i percorsi di formazione, anche a livello universitario, è legata anche a una riflessione sulle nuove tecnologie e alla possibilità che queste ultime diventino strumenti di innovazione (Dipace & Tamborra, 2019). Questo è vero specialmente per un’università online che fa degli spazi virtuali il proprio ambiente di apprendimento.

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2. Potenzialità e criticità della didattica collaborativa online

John Hattie (2009) riconosce al Cooperative Learning una buona efficacia: se raffrontato all’apprendimento individuale, presenta un ES (Effect Size) di 0,59 (ricordiamo che per Hattie la Zone of desired effects parte da ES 0,4 in poi), che si abbassa allo 0,41 se il raffronto viene fatto con classi eterogenee3. Diversi studi ed

esperienze hanno inoltre mostrato come i risultati di apprendimento in situazioni collaborative siano significativamente migliori di quelli ottenuti in contesti di studio individuale e competitivo (Kreijns & Kirschner, 2004) e favoriscano l’impiego e lo sviluppo di abilità di ragionamento di alto livello. Dinamiche collaborative porterebbero dunque a una più efficace ritenzione a lungo termine di quanto appreso, un utilizzo maggiore di modelli di ragionamento critico e di pensiero metacognitivo, problem solving più accurato e creativo, una maggior volontà di impegnarsi in compiti difficili e di persistere fino al raggiungimento dell’obiettivo (Johnson, Johnson, & Smith, 2007; Kreijns & Kirschner, 2004). Inoltre, il gruppo genera senso di appartenenza, è uno strumento di inclusione, consapevolezza culturale, arricchimento personale e ha un valore di motivazione e di riduzione dell’isolamento sociale: tutti elementi che concorrono al successo di un percorso formativo in un senso ampio, non limitato alla sola valutazione sommativa.

Se la letteratura scientifica non è particolarmente ricca di esempi di gruppi “malfunzionanti”, esistono tuttavia ricerche che, pur non negando in assoluto l’efficacia dell’apprendimento collaborativo come pratica educativa, affrontano il tema con un approccio maggiormente critico, analizzando le evidenze empiriche rispetto ai fattori e i processi che determinano il successo o il fallimento del modello collaborativo, restituendo dunque un quadro decisamente più articolato e sfumato, che si interroga sul perché in alcune occasioni il lavoro collaborativo abbia mostrato una notevole efficacia in termini di apprendimento, mentre in altre non abbia evidenziato un’efficacia significativa o addirittura siano stati registrati risultati negativi. Alcuni studiosi in particolare hanno sottolineato come il lavoro di gruppo tenda a favorire gli studenti che in altri frangenti sono stati classificati come meno performanti: in gruppi eterogenei, gli studenti sotto la media hanno registrato nei test risultati migliori rispetto a quelli ottenuti lavorando individualmente, mentre gli studenti più dotati hanno ottenuto risultati buoni sia lavorando in gruppo che lavorando da soli, o addirittura, in alcuni casi, risultati peggiori (cfr. Webb et al., 1997; Azmitia, 1988; Dembo & McAuliffe, 1987; Hooper & Hannafin, 1998). Si può chiamare inibizione collaborativa (Basden et al., 1997) o process loss (Steiner, 1972) il fenomeno per cui un individuo ottiene risultati peggiori in gruppo che lavorando da solo. Se al contrario i suoi risultati

3 Il cooperative versus competitive learning ha un ES di 0,54. Va evidenziato il risultato molto

alto (0,74) del Reciprocal teaching, che, per quanto limitato, nella sua formula originale, alla comprensione di testi, è una forma di apprendimento di gruppo in cui i partecipanti assumono a turno il ruolo di insegnante (cfr. Palincsar & Brown, 1984). Del resto, uno dei princìpi fondamentali di Hattie è che gli studenti imparano meglio quando diventano gli insegnanti di se stessi e degli altri (2011).

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sono migliori in gruppo rispetto al lavorare individualmente, si può parlare di facilitazione collaborativa.

Salomon e Globerson, in particolare (1992), hanno analizzato alcuni effetti sociali e psicologici che possono minare le performance di un gruppo di apprendimento. Se potenzialmente il lavoro di gruppo consente l’esternalizzazione dei processi mentali, la comparazione di prospettive alternative, la facilitazione sociale e l’attenzione socialmente controllata al compito, non sempre questi effetti si verificano nella realtà: in alcuni casi, i gruppi nel loro complesso, o alcuni dei loro membri, mostrano un impegno mentale ridotto, una sorta di pigrizia intellettuale, una tendenza a evitare lo sforzo, che ha conseguenze negative sull’apprendimento. Gli studiosi elencano una serie di effetti che possono verificarsi nel corso di un progetto collaborativo e che sono più diffusi di quanto sia documentato in letteratura: Free Rider Effect (quando l’elemento più “debole” del gruppo diminuisce progressivamente il proprio impegno, ritenendo che non sia necessario), Sucker Effect (quando, al contrario, a ridurre il proprio impegno è il membro più capace del gruppo, per evitare di sentirsi sfruttato), Status Differential Effects (quando i membri con lo status più elevato dominano l’attività del gruppo e diventano il centro della comunicazione). Più di recente, Nokes-Malach et al. (2015), partendo anch’essi dall’osservazione che, in alcuni casi, gli individui mostrino performance migliori lavorando da soli piuttosto che collaborativamente e di come, in alcuni ambiti e contesti, i singoli falliscano anche se il gruppo di cui fanno parte ha successo, hanno evidenziato una serie di fattori che possono portare al successo o all’insuccesso di una strategia collaborativa, distinguendo tra aspetti cognitivi e aspetti sociali.

Fattori di successo del lavoro di gruppo

Dimensione cognitiva Cross-cueing I membri del gruppo possono sfruttare i vantaggi derivanti dalla conoscenza ed esperienza comune per risolvere un problema, mettendo a frutto idee, strategie e soluzioni condivise.

Complementary knowledge

I membri del gruppo possono contribuire a diverse parti della soluzione grazie alle loro conoscenze specifiche.

Increasing working memory resources

Il gruppo ha più risorse cognitive da impiegare per trovare possibili soluzioni.

Error correction I membri del gruppo possono analizzare le soluzioni dei compagni per individuare eventuali errori.

Reexposure I membri del gruppo hanno nuove

opportunità di imparare attraverso il lavoro espositivo dei compagni.

Relearning through

retrieval Il tentativo di richiamare alla memoria dati e informazioni può favorirne l’acquisizione

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individuale. Dimensione sociale Observational

learning Si l’osservazione. apprende attraverso

Increased engagement

Si apprende attraverso il coinvolgimento e la motivazione.

Joint management

of attention Si apprende attraverso la gestione condivisa dell’attenzione.

Construction of common ground

Si apprende attraverso la costruzione di un terreno di conoscenza comune tra i membri.

Negotiating multiple perpectives

La negoziazione di prospettive multiple può portare a un apprendimento di migliore qualità rispetto a quello che i membri del gruppo possono acquisire individualmente.

Fattori di insuccesso del lavoro di gruppo Dimensione cognitiva Memory

coordination costs

Eccessivo carico cognitivo.

Retrieval strategy

disruption Il prestare attenzione agli altri membri del gruppo può portare a perdere il filo del ragionamento; oppure le strategie di memorizzazione individuali interferiscono con le strategie degli altri.

Production blocking I membri del gruppo devono aspettare il proprio turno per parlare e questo potrebbe tradursi nella perdita di opportunità di recupero.

Dimensione sociale Social loafing, o

Diffusion of

responsibility

Alcuni membri del gruppo non si impegnano adeguatamente nel compito perché pensano che altri se ne faranno carico.

Fear of evaluation La paura di essere giudicati negativamente da parte degli altri membri del gruppo inibisce proposte e critiche.

TABELLA 1–FATTORI DI SUCCESSO E DI INSUCCESSO NELLE ATTIVITÀ DEI GRUPPI (ADATTATO DA NOKES-MALACH ET. AL. 2015)

Il tema in sintesi non è quello di stabilire se l’apprendimento collaborativo funzioni in termini assoluti, ma piuttosto come e in quali circostanze si rilevino risultati migliori rispetto a un apprendimento di tipo individuale (Kirschner et al., 2009), quale relazione esista tra le abilità e conoscenze pregresse e il successo di un’attività collaborativa, quali processi di tipo cognitivo e sociale siano da tenere in considerazione per massimizzarne l’efficacia, oltre al tipo di supporto necessario e all’ambiente tecnologico più opportuno da mettere a disposizione. Il design di un progetto collaborativo richiede dunque l’attenta orchestrazione di diversi elementi.

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3. Il contesto e gli obiettivi della ricerca

La ricerca, della quale questo contributo illustra una parte dei risultati, costituisce la prima fase di un progetto pluriennale e si è svolta nel secondo semestre dell’anno accademico 2019/2020, nell’ambito di due insegnamenti universitari online proposti dall’Università Telematica degli Studi IUL.

Il progetto ha sperimentato l’introduzione di attività interattive e collaborative nei percorsi universitari in essere, con l’obiettivo di favorire e osservare lo sviluppo di comunità in rete. L’assunto di base che ha guidato la sperimentazione è quello che l’introduzione di attività di tipo sociale all’interno di un percorso universitario online, e una maggiore enfasi sull’apprendimento collaborativo e di gruppo, possano avere effetti positivi sia in termini di engagement degli studenti, sia dal punto di vista dello sviluppo di un apprendimento significativo e di competenze trasversali.

Nello specifico, gli obiettivi che la ricerca si è posta e che saranno trattati in questo contributo sono i seguenti:

• valutare processi di co-costruzione della conoscenza in un ambiente virtuale, attraverso la proposta di attività collaborative all’interno di alcuni corsi online di Laurea triennale, con la prospettiva di trasferirli anche in altri insegnamenti;

• valutare la soddisfazione da parte degli studenti del percorso svolto;

• analizzare quale relazione esista tra lo svolgere o meno attività collaborative e le competenze apprese in termini di autovalutazione degli studenti e di valutazione del docente e del tutor, rispetto a indicatori relativi alle competenze trasversali e a indicatori che fanno riferimento ai processi caratterizzanti l’apprendimento significativo.

3.1. Il framework teorico di riferimento per la costruzione e l’analisi dell’ambiente di apprendimento: la Community of Inquiry

La ricerca ha adottato come framework per la strutturazione dell’ambiente di apprendimento, delle attività collaborative e l’analisi dei risultati il modello della Community of Inquiry (CoI) (Garrison et al., 2000). Le radici pedagogiche riportano alla filosofia educativa di Dewey, adattata a un contesto online, e fanno esplicito riferimento a una prospettiva pedagogica di tipo costruttivista e, in particolare, al costruttivismo sociale (Garrison, 2017), che enfatizza il ruolo fondamentale dell’interazione tra studenti e tra studenti e docenti per lo sviluppo di processi cognitivi e metacognitivi di alto livello, la motivazione ad apprendere, l’autostima e la crescita del senso di appartenenza sociale.

La CoI evidenzia come l’online learning possa essere un’esperienza pienamente sociale, sconfessando il pregiudizio che le tecnologie possano supportare prevalentemente forme di apprendimento trasmissivo e che la presenza

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fisica sia l’unico modo, o quantomeno il più efficace, per lavorare sulla dimensione sociale dell’apprendimento.

L’Inquiry che definisce questo tipo di comunità si riferisce a un problema o tema dato, spesso a carattere multidisciplinare, sul quale il gruppo lavora attraverso il discorso critico e con metodi di ricerca quali la raccolta di informazioni e la sintesi di idee. Alla base, la CoI ha l’obiettivo di creare un’esperienza di apprendimento profonda e significativa, tramite lo sviluppo armonico di tre “presenze” che interagiscono continuamente tra loro (cfr. Figura 1): Social Presence (dimensione sociale), Cognitive Presence (dimensione cognitiva) e Teaching Presence (dimensione dell’insegnamento). L’aspetto più interessante della CoI è quello di fornire strumenti per descrivere in maniera semplificata interazioni complesse, “riducendole” a dimensioni predefinite. Oltre al fornire indicazioni per attività di ricerca sull’online learning, la CoI mette inoltre a disposizione dei formatori linee guida e strumenti per il design di ambienti collaborativi online e per prendere decisioni educative fondate (Fiock, 2020; Sorensen & Baylen, 2009). Come per tutti i modelli collaborativi, il vincolo più stringente è quello della scalabilità: la CoI infatti può garantire la sua efficacia con gruppi di 30/40 persone al massimo.

FIGURA 1 – GLI ELEMENTI DI UN’ESPERIENZA EDUCATIVA SECONDO IL MODELLO COI (TRATTO DA HTTP://WWW.THECOMMUNITYOFINQUIRY.ORG/COI)

Esplorando più nel dettaglio le tre dimensioni che definiscono il modello CoI, la dimensione cognitiva ha come obiettivo lo sviluppo del pensiero critico e si riferisce alla misura in cui gli appartenenti al gruppo sono in grado di costruire

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conoscenza attraverso la riflessione e la comunicazione sullo sfondo di uno scenario strutturato (Garrison, Anderson & Archer, 2001).

La dimensione sociale rappresenta la capacità, da parte dei partecipanti di proiettare le proprie caratteristiche personali, sociali ed emozionali, vale a dire la propria personalità “reale”, all’interno del gruppo di apprendimento (Rourke et al., 2001). La dimensione sociale è legata alla soddisfazione degli studenti e alla percezione di apprendere, dunque deve essere considerata un presupposto necessario della presenza cognitiva. Il suo sviluppo è strettamente legato alle caratteristiche degli strumenti e dei media utilizzati nel processo educativo, vale a dire alla possibilità, attraverso gli strumenti messi a disposizione del gruppo, di restituire i membri come individui in senso pieno (Short et al., 1976).

La dimensione dell’insegnamento si riferisce alle attività di progettazione, facilitazione e guida dei processi cognitivi e sociali, allo scopo di ottenere risultati di apprendimento significativi dal punto di vista personale ed educativo in senso stretto (Anderson et al., 2001). Il presupposto è che il pensiero critico e la collaborazione non si sviluppano spontaneamente: ci vuole un terzo elemento per gestire le responsabilità, le quali vengono divise tra il formatore e tutor, con funzioni di facilitatori, e gli studenti coinvolti anche in attività di peer-to-peer learning (Castellanos-Reyes, 2020). È importante sottolineare come questa dimensione appartenga all’insegnamento (teaching presence) e non all’insegnante (teacher presence): i membri della community hanno una responsabilità diretta nel processo di insegnamento. A volte viene loro esplicitamente richiesto di farlo, a volte lo fanno in maniera informale e implicita; ma ciò che conta è che docente e studente devono avere responsabilità complementari (Mosa, 2005).

La Figura 1 evidenzia la stretta correlazione fra le tre dimensioni; come cioè esse si sovrappongano per creare, al centro, un’esperienza educativa di successo, soddisfacente dal punto di vista degli studenti, in termini di apprendimento percepito e sviluppo del senso di comunità. Con il tempo, il framework del CoI si è arricchito con la definizione di uno strumento costituito da 34 indicatori, i quali permettono di misurare in maniera efficace e affidabile le tre dimensioni, a partire dal flusso conversazionale che si sviluppa in un contesto collaborativo (Arbaugh et al., 2008).

3.2. Fattori e princìpi che favoriscono il successo di un approccio collaborativo nella didattica

La didattica collaborativa con l’ausilio delle tecnologie può essere considerata una triade che inizia con l’apprendimento (e quindi ha bisogno di una pedagogia), che avviene con gli altri (e quindi deve essere sociale) e che si svolge attraverso (è facilitata) dal computer (e quindi fa uso della tecnologia): il successo di un intervento collaborativo dipenderà dal prendere decisioni opportune in relazione a ciascuna di queste tre dimensioni. Di base, la didattica collaborativa presuppone abilità cognitive che non possono essere date per scontate: capacità di mettere in campo strategie di ragionamento di alto livello, di dare feedback motivanti e di trarre profitto da quelli degli altri, di insegnare e apprendere tra pari, oltre ad

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abilità sociali, interpersonali e tecnologiche che in una certa misura possono svilupparsi durante il processo, ma che debbono essere almeno in parte già in possesso dei partecipanti affinché possa innescarsi fin da subito un processo partecipativo efficace. La collaborazione è naturalmente diversa dalla comunicazione: la comunicazione è necessaria, ma non sufficiente per tradursi in apprendimento collaborativo.

Partendo dall’osservazione che l’impegno richiesto a insegnante e studente in attività di tipo collaborativo è maggiore rispetto ad attività di tipo content-driven, Guglielmo Trentin (2010) elenca le seguenti condizioni preliminari necessarie a ottenere i massimi benefici da una didattica di tipo collaborativo:

• adeguata formazione di docenti e tutor;

• verifica dell’appropriatezza dell’utilizzo di dinamiche collaborative in relazione agli specifici obiettivi didattici;

• gruppi di apprendimento ristretti (presenza di almeno un docente ogni 15/20 studenti);

• disponibilità di ambienti di apprendimento group-friendly, che permettano cioè a tutti i partecipanti di interagire fra loro;

• disponibilità da parte degli insegnanti a riprogettare le lezioni in presenza adattandole al nuovo modello a distanza.

Come si può vedere, si tratta non tanto di modelli, quanto di indicazioni di cui tenere conto nella fase di design dell’ambiente di apprendimento. L’ultimo punto, naturalmente, presuppone il passaggio da un tipo di lezione tradizionale, svolta in presenza, a strategie di insegnamento/apprendimento online (come è accaduto e sta accadendo in tutti i sistemi scolastici per le restrizioni dovute al COVID-19) e non può applicarsi nel caso di percorsi, per così dire, “nativi digitali”, pensati cioè fin dal principio in modalità a distanza: una situazione, quest’ultima, sicuramente ottimale dal punto di vista della progettazione, perché permette fin da subito di pensare gli obiettivi didattici in relazione a un contesto tecnologico specifico.

A loro volta, Clark e Mayer (2016) hanno elencato una serie di dimensioni da tenere in considerazione nella progettazione, che afferiscono alle estensioni del gruppo (cioè alla socialità), della pedagogia e della tecnologia. Di queste dimensioni si è tenuto conto per la progettazione dell’intervento formativo che si presenta in questo articolo.

Condizione Fattori Linee guida

Gruppo collaborativo Dimensioni Abbastanza piccole da ridurre l’impegno di gestione, ma abbastanza estese da raggiungere l’obiettivo prefissato. Nel caso della ricerca in oggetto è stato posto come limite massimo il numero di 10 membri per gruppo collaborativo (con una media di 7).

Composizione Abbastanza omogenea da permettere la condivisione di un

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modello mentale e abbastanza eterogenea da favorire l’emergere di prospettive diverse.

Competenze collaborative del gruppo

È opportuno garantire la formazione su specifici processi collaborativi, come per esempio la discussione produttiva.

Contesto pedagogico Struttura del compito assegnato

Sufficiente a garantire processi di squadra efficaci. Difficoltà del compito

assegnato lavoro di squadra. Sufficiente a garantire il Presenza sociale (coesione tra

gli studenti e tra studenti e docente)

Facilitatori che avviano e garantiscono la socialità e la connessione interpersonale. Tecnologia Sincrono vs asincrono Da utilizzare entrambe in base

allo specifico processo collaborativo.

Modalità di comunicazione (testo, audio, video, ecc.)

La comunicazione si è dimostrata efficace con tutte le modalità.

Supporto ai processi di gruppo Strumenti a supporto di un processo strutturato, repository di materiali utili, strumenti di annotazione, profili dei membri del team, visualizzazione delle conoscenze, analisi di equilibrio negli argomenti.

TABELLA 2 – CONDIZIONI CHE INFLUENZANO IL SUCCESSO DI INTERVENTI COLLABORATIVI (ADATTATO DA CLARK,2016)

3.3. Dimensione e composizione dei gruppi

Dal punto di vista cognitivo, i gruppi possono essere considerati sistemi di processamento delle informazioni nei quali, attraverso la comunicazione e il coordinamento di azioni, i membri possono fare uso delle reciproche capacità e competenze all’interno di uno spazio di lavoro collettivo (Kirschner, Kirschner & Jansenn, 2014).

Anche per quanto riguarda le dimensioni del gruppo, la letteratura non è omogenea né concorde. Si può parlare di apprendimento collaborativo anche con due sole persone e, se viene generalmente enfatizzata l’opportunità di impostare processi collaborativi con gruppi ristretti e meglio gestibili, un gruppo piccolo può essere composto da 5-6 soggetti o da un’intera classe di 20-30 persone. Generalmente, si può ritenere che gruppi composti da oltre 10 persone non solo impongano costi di processo eccessivi, ma favoriscano una partecipazione diseguale dei membri (Clark & Meyer, 2016): è difficile garantire che tutti siano convolti in maniera omogenea ed è dunque alta la probabilità che si inneschino effetti indesiderati come il Free-rider accennato in precedenza. Nella formazione a distanza, i gruppi possono essere e sono spesso più numerosi, ma non si superano solitamente i 20 individui. Anche per questa dimensione dunque non esiste una formula unica e valida per ogni situazione, ma occorre decidere in relazione al compito assegnato, avendo come requisito base che ciascun membro del gruppo possa e debba contribuire al lavoro comune. Nel caso della ricerca che

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qui si presenta, si è ritenuto opportuno porre un limite di 10 partecipanti per ciascun gruppo, con una media di 7 partecipanti. La dimensione del gruppo è stata gestita attraverso un’assegnazione di compiti e di ruoli differenziati e una chiara strutturazione del processo collaborativo.

La composizione dei gruppi (omogeneità o disomogeneità) è un altro elemento chiave che può determinare il successo o l’insuccesso di un processo collaborativo. In termini generali, gruppi omogenei mostrano risultati migliori nel caso di problemi standard, mentre gruppi disomogenei, caratterizzati da diversità cognitiva, funzionano meglio nel caso di problemi centrati sulla capacità di trasferire competenze precedenti a contesti nuovi, che richiedono flessibilità e creatività (Canham, Wiley & Mayer, 2012). Per Dillenbourg (1999), una situazione può essere definita collaborativa se caratterizzata da simmetria interna; quando cioè i membri di un gruppo sono più o meno allo stesso livello, possono svolgere le stesse azioni, hanno un obiettivo comune e lavorano insieme. La simmetria conoscitiva, ovvero la misura in cui i membri del gruppo possiedono lo stesso livello di conoscenze, non impedisce l’eterogeneità: due studenti possono avere lo stesso livello di esperienza, ma diverse opinioni e diversi punti di vista sullo stesso compito.

3.4. Apprendimento attraverso la discussione o attraverso la realizzazione di un progetto comune

Trentin (1998) distingue due approcci didattici che possono essere adottati per impostare modelli di cooperazione educativa:

1. apprendimento attraverso la discussione, il confronto e la condivisione di informazioni;

2. apprendimento attraverso la realizzazione collaborativa di un progetto comune (secondo l’assunto dell’“imparare-producendo”).

Gli elementi fondamentali del primo modello sono la costruzione attiva di conoscenza, l’insegnamento tra pari, lo sviluppo di abilità espositive e i feedback motivanti dagli altri membri del gruppo. La possibilità di avere una varietà di prospettive su un particolare tema e di dover esporre le proprie idee di fronte a propri pari favorisce lo sviluppo di abilità cognitive di alto livello. Tutto questo però, nota Trentin, può accadere solo se si innesca una reale interdipendenza tra i membri del gruppo nella realizzazione del compito assegnato, oltre a un senso di appartenenza e responsabilità comune: occorre cioè che le competenze cognitive siano supportate e favorite da adeguate competenze sociali.

Nel caso della ricerca illustrata in questo articolo si è scelto di seguire il secondo modello, che ha al centro la strutturazione del lavoro finalizzata alla produzione di un elaborato comune. L’opportunità di lavorare su un “prodotto” di gruppo rappresenta, almeno in teoria, una modalità più motivante e più favorevole all’innesco di dinamiche collaborative produttive, anche perché, solitamente, i due approcci coesistono, in quanto necessariamente la produzione di un elaborato deve passare da una fase di discussione comune: la presenza di queste due

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tipologie di azione è particolarmente favorevole allo sviluppo della presenza sociale.

4. Metodologia

Il disegno di ricerca ha previsto le fasi di svolgimento4 riportate di seguito.

• Predisposizione di attività didattiche collaborative da sperimentare all’interno di due corsi universitari online. L’adesione alla sperimentazione è stata impostata su base volontaria e questo ha portato alla creazione di due gruppi all’interno di ciascuno dei due corsi: coloro che hanno svolto tutte le attività curricolari in modalità individuale (secondo la modalità “standard”) e coloro che hanno svolto una parte delle attività in modalità collaborativa. • Erogazione di un questionario di profilazione iniziale degli studenti che

verrà descritto in questo contributo e di cui verranno analizzati i risultati congiuntamente a quello finale.

• Monitoraggio delle interazioni e del grado di partecipazione all’interno della piattaforma dei gruppi collaborativi, attraverso griglie di osservazione utilizzate dai ricercatori durante lo svolgimento degli incontri in sincrono e per l’analisi di diari di bordo.

• Erogazione di un questionario finale del corso, preliminare rispetto all’esame conclusivo.

• Analisi quantitativa delle attività e delle interazioni degli studenti attraverso i log di tracciamento della piattaforma Moodle.

• Valutazione in itinere e finale degli studenti, attraverso una griglia di valutazione predisposta dai ricercatori a uso del ricercatore, del docente e del tutor, per l’osservazione di indicatori relativi all’apprendimento significativo e alle dimensioni della Community of Inquiry.

Nel complesso, hanno partecipato alla ricerca 73 studenti iscritti a due insegnamenti di corsi di Laurea triennali della IUL: Psicologia generale (afferente al corso di laurea online in Scienze e tecniche psicologiche delle risorse umane – L24) e Attività sperimentali per la prima infanzia (afferente al corso di laurea online in Scienze e tecniche dell’educazione e dei servizi per l’infanzia – L19).

Questo contributo si concentra sull’analisi dei risultati del questionario iniziale e finale del corso relativamente al solo insegnamento di Psicologia generale.

4.1. I partecipanti

4 Il gruppo di ricerca, coordinato dalla prof.ssa Sara Mori, ha visto la partecipazione di

Giuseppe Baldi, Chiara Giunti, Serena Greco, Elena Mosa, Paola Nencioni, Valentina Pedani, Francesca Storai e Marco Tafi dell’Università Telematica degli Studi IUL.

(14)

94

Hanno partecipato alla ricerca 49 studenti di Psicologia generale: 36 (73,5%) femmine e 13 (26,5%) maschi. Il 38,8% del campione ha un’età compresa tra i 20-29 anni, il 20,4% tra i 30-39 anni, il 22,4% tra i 40-49 anni e il restante 18,4% oltre i 50 anni. L’87, 8 % è alla prima esperienza universitaria e presenta come titolo di studio il diploma, mentre 6 partecipanti (12,2%), hanno già ottenuto una precedente laurea; 9 individui (18,4%) studiano soltanto; gli altri studiano e lavorano.

Del totale degli iscritti, 24 (49%) hanno scelto di effettuare il corso in modalità individuale e 25 (51%) in modalità collaborativa. Gli studenti si sono dunque divisi in base alla scelta relativa a seguire il corso nelle due possibilità proposte.

Nello specifico, in questa sede approfondiremo i risultati di coloro che hanno risposto anche al questionario finale del corso. In tal caso, si confermano 25 rispondenti che hanno preso parte alla modalità collaborativa, ma soltanto 9 di coloro che hanno seguito il corso in modalità individuale hanno risposto al questionario finale. Questo, se vogliamo, fornisce già un’informazione sul diverso livello di coinvolgimento degli studenti che hanno partecipato al corso nelle due modalità.

I due gruppi (collaborativo vs individuale) non differiscono per genere (Figura 2) ed età, anche se, come si nota dalla Figura 3, sono mediamente i più giovani ad aver scelto di svolgere il corso in modalità collaborativa.

FIGURA 2 – PERCENTUALI DI MASCHI E FEMMINE NEI DUE GRUPPI (X2 (1, N= 34) = 0,654, P >.05)

66,7% 80,0% 76,5% 33,3% 20,0% 23,5% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Autonoma Collaborativa Femmina Maschio

(15)

95

FIGURA 3 – FASCE DI ETÀ NEI DUE GRUPPI (X2 (3, N= 34) = 1,302,P >.05)

Tra i due gruppi non ci sono differenze significative neppure in termini di chi “studia e lavora” o “lavora soltanto” (Figura 4): va notato in tal senso che complessivamente l’85,3% del campione è composto da studenti lavoratori e che la maggior parte di coloro che studiano solamente si sono orientati prevalentemente sulle attività collaborative.

FIGURA 4 – PERCENTUALI DI STUDENTI LAVORATORI O MENO NEI DUE GRUPPI (X2 (1, N= 34) =

0,126, P >.05)

All’interno del corso si sono creati quattro gruppi che hanno svolto le attività proposte in modo collaborativo: due composti da 7 studenti, uno da 8 e uno da 3.

88,9% 84,0% 85,3% 11,1% 16,0% 14,7% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Autonoma Collaborativa Totale Studia e lavora Studia soltanto

(16)

96

La formazione dei gruppi è stata fatta su adesione volontaria, in parte in modo autogestito, in parte su distribuzione casuale da parte del tutor.

4.2 Strumenti di ricerca

In questo contributo, si riportano i risultati provenienti dall’analisi del questionario inziale e finale degli studenti e l’associazione con le valutazioni in itinere e finale di docenti, tutor e ricercatori.

Il questionario iniziale degli studenti ha avuto l’obiettivo di identificare un profilo, attraverso domande finalizzate a indagare:

• dati di anagrafica;

• la competenza digitale percepita e la frequenza di utilizzo delle nuove tecnologie;

• le esperienze pregresse e l’opinione sulla formazione online;

• le motivazioni e le aspettative rispetto all’insegnamento, all’interno del contesto di studio;

• un bilancio delle proprie abilità in merito a indicatori che riguardano caratteristiche dell’apprendimento significativo e le dimensioni della Community of Inquiry.

Gli studenti si sono autovalutati su una scala da 1 (scarso) a 5 (molto buono), relativamente alle capacità di:

• definire i propri obiettivi di apprendimento in maniera autonoma; • ricercare informazioni su un argomento in maniera autonoma; • rispettare i tempi richiesti solitamente dalle consegne;

• gestire più impegni contemporaneamente;

• sintetizzare gli argomenti attraverso schemi e mappe; • autovalutare ciò che si impara e si fa;

• valutare il lavoro di altri pari;

• comunicare ad altri le proprie opinioni;

• proporre ad altri la propria soluzione per le attività proposte; • negoziare le soluzioni con gli altri;

• esprimere il disaccordo in modo assertivo.

• Inoltre, è stato richiesto di dichiarare quanto si ha l’abitudine a:

• collegare i contenuti di un insegnamento con le proprie conoscenze pregresse;

(17)

97

• chiedere aiuto a un compagno o al professore quando non si capisce qualcosa.

Questi indicatori sono stati ripresi anche nel questionario finale, dove si è chiesto agli studenti di autovalutarsi in relazione a quanto siano o meno migliorati su tali aspetti dopo lo svolgimento del corso.

Anche il questionario finale ha indagato variabili che fanno riferimento alle dimensioni della Community of Inquiry e alle competenze trasversali:

• la soddisfazione per aver lavorato in modalità collaborativa, l’impegno richiesto, le criticità e i punti di forza riscontrati;

• la soddisfazione in relazione agli strumenti tecnologici messi a disposizione dalla piattaforma;

• l’opinione rispetto ai punti di forza e le criticità dello studio online;

• il tempo dedicato all’insegnamento in termini di studio e attività da svolgere.

Il tutor, il docente e il ricercatore hanno compilato a loro volta una griglia di valutazione composta dagli indicatori sopra illustrati, esprimendo come hanno fatto gli studenti una valutazione da 1 a 5. Questo ha permesso di triangolare l’autovalutazione degli studenti con quella di valutatori esterni.

Nello specifico, il docente ha espresso il suo giudizio attraverso delle domande fatte in sede di esame, centrate su tre indicatori:

• abitudine a collegare i contenuti di un insegnamento con le conoscenze pregresse;

• abitudine ad applicare quanto appreso nell’ insegnamento a situazioni della realtà quotidiana;

• capacità di autovalutare quello che è stato appreso nel corso dell’insegnamento.

Il tutor, sulla base del percorso svolto dallo studente durante l’insegnamento, ha espresso un giudizio in merito ai seguenti indicatori:

• capacità di ricercare informazioni su un argomento in maniera autonoma; • capacità di rispettare i tempi richiesti;

• abilità di sintetizzare gli argomenti attraverso schemi e mappe.

Il ricercatore, osservando le interazioni all’interno del corso, ha espresso la propria valutazione rispetto agli studenti che hanno svolto le attività in modalità collaborativa anche considerando i seguenti indicatori:

• capacità di valutare il lavoro tra pari;

• capacità di comunicare ad altri le proprie opinioni;

(18)

98

• capacità di negoziare le soluzioni con gli altri;

• capacità di esprimere il disaccordo in modo assertivo.

4.3. Procedure e analisi dei dati5

I questionari sono stati somministrati agli studenti all’inizio e alla fine del corso.

La griglia di valutazione è stata completata da parte del ricercatore analizzando gli incontri svolti dagli studenti online e la partecipazione su piattaforma; da parte del tutor, sulla base delle etivity svolte, mentre, da parte del docente, in relazione all’andamento all’esame finale.

I risultati sono stati analizzati con SPSS 16. Sono state svolte analisi descrittive del questionario iniziale e finale, andando a indagare, in termini di profilo e di risultati, le differenze e le correlazioni tra coloro i quali hanno svolto il corso in modalità collaborativa da una parte e in modalità individuale dall’altra. Sono stati creati indici delle medie degli item ottenuti, sommando i punteggi degli svariati elementi che compongono le diverse domande, per sintetizzare in un’unica variabile il loro contenuto informativo. Gli indici tendono ad aumentare quanto più gli studenti hanno dato valori alti ai singoli item, da 1 = “scarso/mai” a 5 = “molto buono/sempre”.

5.

Risultati

Si riportano di seguito i risultati emersi dalle analisi del questionario iniziale, del questionario finale e delle differenze o delle correlazioni tra gli studenti che hanno risposto ai due questionari, triangolando le valutazioni espresse da docenti, tutor e ricercatore.

5.1. Il profilo iniziale degli studenti nei due gruppi

Analizzando le percentuali di risposta a domande che indagano l’interesse verso la materia dell’insegnamento e quanto quest’ultimo sia considerato rilevante per le proprie competenze professionali, non si rilevano differenze significative in termini di motivazione iniziale tra chi ha scelto di effettuare il corso in modalità individuale e chi in modalità collaborativa (Figura 5). Questo ha assicurato una certa omogeneità tra i gruppi.

5 Si ringraziano per il contributo nelle analisi il dott. Marco Vecchiotti e il dott. Giorgio Cecchi

(19)

99

FIGURA 5 – PERCENTUALI DI STUDENTI RISPETTO ALLA MOTIVAZIONE ESPRESSA VERSO LA MATERIA DELL’INSEGNAMENTO (X2 (2, N= 34) = 0,219, P >.05)

Non emergono differenze rilevanti neppure in relazione agli indicatori sopra illustrati, che fanno riferimento ad abilità trasversali ed elementi caratterizzanti le dimensioni della presenza sociale e cognitiva nella Community of Inquiry (Figura 6). Si riportano i risultati dell’indice composto dall’insieme delle risposte agli item che misuravano tali aspetti.

FIGURA 6 – DISTRIBUZIONE DELLE RISPOSTE RISPETTO ALL’INDICE CREATO SULLA PERCEZIONE DEGLI INDICATORI DESCRITTI NEL PARAGRAFO DEGLI STRUMENTI, TRA CHI HA SVOLTO LE ATTIVITÀ IN MODALITÀ COLLABORATIVA E CHI IN MODALITÀ INDIVIDUALE. (X2 (3, N= 34) = 2,319, P >.05)

12,0% 8,8% 44,4% 36,0% 38,2% 55,6% 52,0% 52,9% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Autonoma Collaborativa Totale Abbastanza Molto Moltissimo 4,0% 3,0% 16,0% 12,1% 75,0% 68,0% 69,7% 25,0% 12,0% 15,2% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Autonoma Collaborativa Totale Appena sufficiente Sufficiente Buona Molto buona

(20)

100

È interessante notare invece come l’unica differenza significativa riscontrata riguardi la percezione in relazione alle proprie competenze informatiche, che risulta essere significativamente maggiore in coloro che hanno scelto di svolgere le attività in modalità collaborativa (Figura 7).

FIGURA 7 – PERCENTUALI DI RISPOSTA IN MERITO ALL’AUTOVALUTAZIONE DELLE COMPETENZE INFORMATICHE (STRUMENTI E PROGRAMMI)(X2(3, N=34)=8,311, P =004)

5.2. La valutazione del lavoro in gruppo da parte degli studenti

All’interno del corso, 11 studenti hanno dichiarato di essersi aggregati al gruppo nel quale erano presenti persone che già conoscevano, mentre 9 si sono aggregati spontaneamente durante i momenti organizzativi previsti dal corso e 5 sono stati assegnati a un gruppo dal tutor.

Tutti hanno dato una valutazione complessiva molto buona del lavoro di gruppo, sia in termini di soddisfazione complessiva (Figura 8), sia di clima percepito (Figura 9). 4,0% 2,9% 77,8% 28,0% 41,2% 44,0% 32,4% 22,2% 24,0% 23,5% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Autonoma Collaborativa Totale Appena sufficiente Sufficiente Buona Molto buona 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% Abba stanz a Molto Moltis simo 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% Abba stanz a Molto Moltis simo

(21)

101

FIGURA 8 E 9 – PERCENTUALI DI RISPOSTA SUL LIVELLO DI SODDISFAZIONE PER IL LAVORO DI GRUPPO (8) E PER IL CLIMA CHE SI È CREATO (9)

Alcuni studenti hanno utilizzato lo spazio libero a disposizione previsto dal questionario per annotare osservazioni di questo tenore: «pur essendo in molte per il lavoro e non conoscendoci bene siamo riuscite a creare un bel progetto»; «un gruppo assortito con figure molto diverse tra loro e inevitabili confronti costruttivi»; «nonostante le distanze fisiche, abbiamo collaborato con affetto e stima»; «nonostante la differenza di età siamo riuscite a entrare abbastanza bene in sintonia».

Tra le criticità riscontrate, quella più marcata, se pur in modo moderato, ha riguardato il fatto di aver investito più tempo del previsto nelle attività del corso (Figura 10).

FIGURA 10 – PERCENTUALE DI RISPOSTA ALLA DOMANDA CHE CHIEDEVA SE FOSSE STATO INVESTITO PIÙ TEMPO RISPETTO A QUELLO PREVISTO

In relazione alla domanda in questione, alcuni studenti hanno riportato informazioni interessanti nello spazio libero previsto dal questionario: «anche se i tempi si allungano vale comunque la pena confrontarsi ed evolvere», «lavorare soli richiede meno tempo, ma lavorare in gruppo è arricchente».

Questa valutazione è confermata dalle risposte alla domanda “da solo avrei fatto un lavoro migliore?”, alla quale il 72% risponde in maniera negativa (Figura 11). Inoltre, tutti gli studenti hanno confermato che, alla luce dell’esperienza fatta, ripeterebbero la scelta di lavorare in gruppo.

0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00%

(22)

102

FIGURA 11 –PERCENTUALI DI RISPOSTA ALLA DOMANDA “DA SOLO AVREI FATTO UN LAVORO MIGLIORE?”

Infine, il 90% degli studenti ha dichiarato di ritenere gli strumenti offerti dalla piattaforma utili per lo svolgimento dell’attività collaborativa, pur affermando di aver utilizzato anche altri tool di tipo sincrono per la condivisione delle attività e gli incontri di coordinamento (principalmente WhatsApp e Skype).

5.3. Valutazione finale: differenze tra chi ha svolto attività collaborative o meno in termini di presenza sociale e cognitiva

Rispetto alle associazioni tra quanto dichiarato dagli studenti nel questionario inziale e finale, si confermano alcune ipotesi iniziali. Coloro che hanno svolto le attività in modalità collaborativa mostrano complessivamente di avere un’associazione maggiore e significativa tra le aspettative iniziali e le valutazioni finali rispetto all’investimento del tempo nelle diverse attività (r=0,46, p=0,028). In particolar modo, riportano di aver dedicato complessivamente più tempo al corso, per quanto riguarda le attività individuali (r= 0,44, p=0.034) e collaborative (r=0,403, p=0.056). Se analizziamo la differenza tra le medie pre e post, emergono i due profili riportati nella Tabella 3. Una differenza tra medie negativa indica un punteggio maggiore nella valutazione finale rispetto alle aspettative iniziali.

Differenza Modalità collaborativa Modalità individuale

tra medie T P Differenza tra medie T P

Vedere video o ascoltare podcast 0,344 1,512 0,245 0,444 1,512 0,169 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00%

(23)

103 Studiare in autonomia 0,063 -1,180 0,377 -0,444 -1,180 0,272 Svolgere attività online di tipo individuale -0,156 -4,400 0,228 -1,222 -4,400 0,002* Svolgere attività online di tipo collaborativo 0,000 2,828 0,208 0,667 2,828 0,022* Scambiare opinioni con gli altri studenti 0,250 4,000 0,648 0,667 4,000 0,004* Tempo complessivo dedicato a questo insegnamento -0,344 0,555 0,009 * 0,222 0,555 0,594

TABELLA 3 – DIFFERENZA NELLE MEDIE PRE E POST TRA COLORO CHE HANNO SVOLTO ATTIVITÀ IN MODALITÀ INDIVIDUALE E COLLABORATIVA, IN RELAZIONE AL TEMPO DEDICATO ALLE ATTIVITÀ DELL’INSEGNAMENTO (TEST T DI STUDENT PER CAMPIONE APPAIATI)

Coloro che hanno svolto le attività collaborative hanno impiegato un tempo complessivamente e significativamente maggiore rispetto alle aspettative; coloro che hanno scelto la modalità individuale, invece, hanno investito un tempo maggiore in attività individuali, anche se in questo gruppo vi è una coerenza complessiva maggiore tra le aspettative iniziali e le valutazioni finali, anche per le attività collaborative.

Gli studenti che hanno svolto le attività in modo collaborativo mostrano poi una maggiore associazione tra quello che si aspettavano di fare all’inizio del corso e la valutazione finale in termini di miglioramento di alcune abilità e competenze (r=0,355, p=0.097). Per quanto riguarda la differenza tra medie su aspetti che concernono la condivisione, è interessante notare che chi ha lavorato in gruppo ha espresso punteggi maggiori rispetto alle aspettative per ogni ambito della condivisione previsto nel corso (Tabella 4).

Differenza Modalità collaborativa Modalità individuale

tra medie T P Differenza tra medie T P Svolgere attività collaborative con altri studenti -1,130 -5,601 0,000 * 1,125 3,813 0,007* Condividere conoscenze con gli altri studenti attraverso strumenti asincroni -0,087 -0,385 0,704 0,375 1,426 0,197 Condividere conoscenze -0,174 -0,723 0,477 0,625 1,667 0,140

(24)

104

con gli altri studenti attraverso strumenti sincroni Condividere opinioni con gli altri studenti attraverso strumenti asincroni -0,043 -0,238 0,814 0,750 1,655 0,142 Condividere opinioni con gli altri studenti attraverso momenti sincroni -0,348 -1,447 0,162 0,750 3,000 0,020*

TABELLA 4 – DIFFERENZA TRA MEDIE PRE E POST TRA COLORO CHE HANNO SVOLTO ATTIVITÀ IN MODALITÀ INDIVIDUALE E COLLABORATIVA IN MERITO AI LIVELLI DI CONDIVISIONE (TEST T DI STUDENT PER CAMPIONE APPAIATI)

È interessante notare che i due gruppi si differenziano in modo significativo circa la valutazione di aver svolto attività collaborative con gli altri studenti, ma in senso contrario: coloro che hanno svolto attività collaborativa si aspettavano di interagire meno di quello che hanno fatto; coloro che non hanno lavorato in gruppo, invece, si aspettavano di interagire di più di quanto hanno fatto. I due percorsi proposti hanno probabilmente polarizzato la modalità di partecipazione in piattaforma, più di quanto non sarebbe avvenuto in un corso “standard”.

Per quanto riguarda le associazioni e le differenze tra le autovalutazioni degli studenti e quelle del docente, rispetto a coloro che hanno svolto il lavoro in modo collaborativo si riscontra una differenza significativa: il docente ha dato una valutazione maggiormente positiva circa quanto hanno fatto gli studenti su se stessi (differenza tra media =-0,375, t= -1,927 p=0.063).

Nel gruppo degli studenti dei gruppi collaborativi si assiste a una correlazione positiva tra la valutazione del docente e quella dello studente in merito alla “capacità di collegare le proprie conoscenze a quelle pregresse” (r= 0,383, p=0.065).

La stessa cosa accade per quanto riguarda la valutazione da parte del tutor: anche in questo caso, le differenze sono significative per il gruppo di chi ha svolto le attività in modo collaborativo, in senso positivo (differenza tra media =-0,611, t= -3,181 p=0.004). In relazione a questi ultimi, il tutor dà una valutazione maggiormente positiva sia per quanto riguarda il rispetto dei tempi e delle consegne (differenza tra media =-0,917, t= -1,219 p=0.000) che per quanto concerne la capacità di sintetizzare con schemi e mappe (differenza tra media =-0,667, t= -2,497 p=0.020).

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105 6. Discussioni

Dai risultati della ricerca emerge come la scelta di partecipare alle attività collaborative non sia stata determinata dalla motivazione né complessivamente dalla percezione delle competenze possedute in termini di autonomia, strategie di studio e di competenze trasversali percepite. Non sembrano essere particolarmente rilevanti neppure il genere e l’età, anche se in media hanno scelto la modalità collaborativa gli studenti più giovani, dei quali quasi la metà ha meno di 30 anni. Quasi tutti gli studenti studiano o lavorano; non c’è dunque differenza tra le due modalità da questo punto di vista, per quanto quelli che studiano soltanto abbiano scelto in misura maggiore la modalità collaborativa. L’unica differenza che emerge in modo significativo è la percezione delle competenze informatiche: chi ha scelto la modalità collaborativa valuta le proprie competenze più elevate rispetto agli altri, in relazione all’uso sia degli strumenti che dei programmi informatici.

Complessivamente, chi ha svolto il lavoro di gruppo si dichiara molto soddisfatto e sostiene che rifarebbe la stessa scelta tornando indietro: i punti di forza maggiore riguardano la percezione di aver imparato di più e di aver lavorato in un buon clima sociale; la criticità più grande è stata riscontrata nei tempi e nell’impegno, che è stato più intenso del previsto. Questo ultimo aspetto, però, non sembra aver diminuito la soddisfazione per la scelta fatta.

C’è una conferma nel pre e post riguardo alle aspettative. Chi ha lavorato in gruppo riporta livelli di condivisione maggiore in tutte le attività previste, a fronte di chi lo ha fatto in modo individuale. Complessivamente, chi ha svolto il corso in modalità collaborativa ha comunque investito più tempo anche in attività individuali dedicate al corso e all’insegnamento nel suo insieme. Questa evidenza è confermata anche dal fatto che molti tra coloro che hanno svolto le attività in modo individuale non hanno compilato il questionario finale.

Per quanto riguarda le valutazioni, il docente sembra stimare in modo positivo coloro che hanno scelto di collaborare, anche in misura maggiore rispetto alle autovalutazioni degli studenti. Questo non avviene per coloro i quali hanno svolto le attività individuali. Anche per quanto riguarda il tutor, le valutazioni sono migliori delle autovalutazioni per chi ha svolto attività collaborative, in particolar modo per quanto concerne la capacità di rispettare i tempi e sintetizzare quanto fatto. Non si può tuttavia escludere, per questo ambito, la presenza di un effetto “alone”, ossia che le valutazioni del docente e del tutor siano state almeno in parte influenzate positivamente dalla scelta stessa di svolgere le attività in modalità collaborativa.

Conclusioni

Come già accennato, in questo articolo viene discussa solo una parte dei dati emersi dalla ricerca sulla didattica collaborativa svolta in due insegnamenti dell’Università Telematica IUL: i dati completi verranno presentati in un volume di prossima pubblicazione. Già da questa parziale ricognizione, emergono tuttavia

(26)

106

alcuni elementi che a nostro parere vale la pena evidenziare. Il primo tema è quello delle competenze digitali degli studenti. La modalità collaborativa, compiuta in un contesto online, presuppone una familiarità con gli strumenti informatici e, in generale, con gli ambienti digitali superiore a quella richiesta da corsi online a carattere prevalentemente erogativo, non solo o non tanto in termini funzionali, ma anche in termini di “socialità digitale”, cioè di capacità di interagire con gli altri in contesti virtuali. Se la considerazione che un approccio collaborativo costituisce una modalità più “sfidante” di partecipazione a un corso online non sembra rappresentare un ostacolo per gli studenti (non si rileva cioè un pregiudizio negativo su questo: semmai il contrario), la percezione in merito alle proprie competenze digitali è invece un probabile fattore di scelta, come emerge dai dati del questionario, e non può essere considerato un caso che, pur in un quadro anagrafico sostanzialmente omogeneo, la modalità collaborativa sia stata scelta mediamente dagli studenti più giovani e con maggiore familiarità con strumenti di interazione sociale online. È giusta dunque una riflessione su quello che le università telematiche possono fare per ridurre il digital divide, non solo utilizzando strumenti di uso semplice e intuitivo, preferibilmente già diffusi per la comunicazione interpersonale anche al di fuori di contesti formativi e ben integrati nella piattaforma base del corso, ma anche implementando percorsi preliminari di familiarizzazione e consapevolezza, che permettano agli studenti di verificare le competenze richieste (in genere minori rispetto a quelle percepite) e di colmare eventuali deficit.

Un secondo tema riguarda il livello di impegno richiesto per svolgere attività di tipo collaborativo rispetto ad attività svolte individualmente. L’analisi dei questionari conferma ciò che già ci si aspettava: gli studenti che hanno scelto la modalità collaborativa hanno, nel complesso, dedicato al corso più tempo, a differenza dei colleghi che non hanno compiuto la stessa scelta. Non si tratta naturalmente di tempo “perso”. Tutti gli indicatori confermano alti livelli di soddisfazione, non solo in relazione agli apprendimenti, ma anche alla motivazione, al coinvolgimento, alla socialità sperimentata durante il percorso: in una parola, le attività collaborative hanno contribuito a far percepire il percorso svolto come “vivo” e gratificante sotto tutti gli aspetti, confermando un apporto molto positivo, sia in termini di presenza sociale che cognitiva (Anderson et al., 2001). Tuttavia, il dato del tempo è rilevante, perché può costituire a sua volta un limite nella scelta da parte dello studente (ricordiamo che, seppur di misura, ha scelto la modalità collaborativa in prevalenza chi studia soltanto). Se a questo si aggiunge il limite oggettivo relativo al numero di partecipanti coinvolgibili in un percorso collaborativo e, per contro, il tempo maggiore richiesto al docente e al tutor per la predisposizione e la gestione del percorso e la valutazione degli studenti, bisogna riconoscere che l’introduzione di modalità collaborative rappresenta per il progettista di percorsi online una scelta da fare con estrema consapevolezza del contesto e degli obiettivi (Kirschner et al., 2009), e non dovrebbe essere, quasi mai, una scelta univoca e integralmente sostituiva di altre modalità. Si assiste inoltre a una maggiore polarizzazione all’interno del corso tra coloro che vi hanno partecipato in modo collaborativo e coloro che non l’hanno

(27)

107

fatto: anche questa riflessione porta a utilizzare una certa cautela in termini di gestione del gruppo classe e delle percezioni finali degli studenti.

Lo studio riporta dei limiti, tra cui la scarsa numerosità delle risposte ai questionari finali di coloro che hanno svolto l’insegnamento in modalità individuale, ma comunque aggiunge informazioni rispetto alla dimensione della presenza sociale del corso. Nel volume in pubblicazione sarà possibile triangolare questi aspetti con quanto emerge nell’osservazione delle dinamiche negli incontri di gruppo. Inoltre, la stessa modalità di progettazione dell’insegnamento (collaborativo vs individuale) è stata riproposta nel corso del primo semestre dell’anno successivo per gli stessi studenti: alla fine anche di questo percorso sarà possibile analizzare lo sviluppo degli indicatori che fanno riferimento alla Community of Inquiry e all’apprendimento significativo nell’arco di un anno e verificare chi ha confermato davvero la volontà di lavorare in gruppo o meno alla luce dell’esperienza pregressa.

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