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Cenni di matematica ed esercizi per lo studio della microeconomia

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO

Facoltà di Economia

Cenni di matematica ed esercizi

per lo studio della microeconomia

Paolo Coccorese

(2)

________________________________________________________________________________________________

INDICE

INTRODUZIONE... 3

PARTE PRIMA – RICHIAMI DI ANALISI MATEMATICA ... 3

1.1 FUNZIONI... 3

1.2 TASSI DI VARIAZIONE... 6

1.3 DERIVATA... 7

1.4 REGOLE DI DERIVAZIONE... 8

1.5 MASSIMI E MINIMI... 10

1.6 FUNZIONI CONCAVE E CONVESSE... 12

1.7 OTTIMIZZAZIONE CON UN VINCOLO LINEARE... 15

1.8 DERIVATE PARZIALI... 16

PARTE SECONDA – ESERCIZI SVOLTI DI MICROECONOMIA ... 17

2.1 EQUILIBRIO DI UN MERCATO CONCORRENZIALE... 17

2.2 EQUILIBRIO DEL CONSUMATORE... 19

2.3 COMBINAZIONE OTTIMA DEI FATTORI PRODUTTIVI... 24

2.4 OFFERTA INDIVIDUALE DI LAVORO... 25

2.5 IMPRESE IN CONCORRENZA PERFETTA... 27

2.6 MONOPOLIO... 29

2.7 IMPRESE IN CONCORRENZA MONOPOLISTICA... 30

2.8 DUOPOLIO... 32

(3)

________________________________________________________________________________________________

INTRODUZIONE

In queste brevi note vengono presentate alcune nozioni matematiche di base, utili per la soluzione di quesiti di ottimizzazione (essenzialmente ad una variabile). Infatti, in economia il principale strumento cui si ricorre per trattare e risolvere i problemi fondamentali è proprio la matematica. Ovviamente, tali concetti sono finalizzati esclusivamente allo studio dell’economia, e costituiscono quindi soltanto un rapido cenno ad argomenti che trovano la naturale sede di studio e di approfondimento all’interno di un corso istituzionale di Metodi Matematici per l’Economia.

Segue poi un gruppo di esercizi svolti di microeconomia, in cui viene mostrato come le precedenti nozioni possono essere utilizzate.

PARTE PRIMA – RICHIAMI DI ANALISI MATEMATICA

1.1 Funzioni

Dato un numero x, la funzione y= f(x) associa a x un altro numero y secondo una certa regola. Dunque, la funzione y= f(x) definisce un insieme di coppie ordinate di numeri (x, y) tali che ogni x determina in maniera univoca un valore f (x).

Il numero x è spesso chiamato variabile indipendente, mentre y rappresenta la variabile

dipendente.

Un semplice esempio di funzione è y 2= x: dato un qualsiasi numero x, il corrispondente valore

y è subito individuabile calcolando il doppio del valore di x.

Una funzione f (x) può essere rappresentata con un grafico, i cui punti hanno coordinate (x, y). In genere, la variabile x è posta sull’asse orizzontale, quella y sull’asse verticale. Talvolta però in economia i riferimenti sugli assi sono invertiti: ad esempio, quando abbiamo a che fare con curve di domanda e offerta (di beni, di lavoro, di capitali, ecc.), il prezzo – che, come si sa, è la variabile indipendente – viene posto sull’asse verticale, mentre le quantità vengono misurate sull’asse orizzontale.

Si possono ovviamente riscrivere tali funzioni in modo che la grandezza sull’asse y compaia a sinistra del segno di uguaglianza e la grandezza sull’asse x a destra: in tale caso, le nuove espressioni algebriche rappresentano le funzioni inverse (di domanda o di offerta).

(4)

________________________________________________________________________________________________ • Lineare: f(x)=a+bx • Quadratica: f(x)=a+bx+cx2 • Cubica: f(x)=a+bx+cx2 +dx3 • Iperbole: x a x f( )= • Potenza: f(x)=xa • Esponenziale: f(x)=ax • Logaritmica: f(x)=a+blnx

Di seguito, sono riportati i grafici delle funzioni sopra citate (Figure 1÷7).

FIGURA 1 Funzione lineare

FIGURA 2

(5)

________________________________________________________________________________________________ FIGURA 3 Funzione cubica FIGURA 4 Funzione iperbole FIGURA 5 Funzione potenza

(6)

________________________________________________________________________________________________ FIGURA 6 Funzione esponenziale FIGURA 7 Funzione logaritmica 1.2 Tassi di variazione

Se al tempo t una certa variabile era pari a xt, mentre al tempo t+1 essa risulta pari a xt+1, allora t

t x x x= −

+1 rappresenta la variazione assoluta,

t x x la variazione relativa, e ∆ ⋅100 t x x la variazione percentuale.

Un tasso di variazione è un rapporto fra due variazioni assolute. Ad esempio, se si ha la funzione )y= f(x , e il valore x passa da xt a xt+1, allora il tasso di variazione è:

x x f x x f x x f x f x x y y x y t t t t t t t t ∆ − ∆ + = ∆ − = − − = ∆ ∆ + + + ( 1) ( ) ( ) ( ) 1 1 .

(7)

________________________________________________________________________________________________ A titolo di esempio, consideriamo la funzione di domanda di un certo bene:

p

Q=2500. Se nell’anno t il prezzo del bene era 8 €, mentre nell’anno t+1 il prezzo si è portato a 10 €, allora:

25 . 31 2 5 . 312 250 8 10 8 2500 10 2500 1 1 == − − = − − = ∆ ∆ + + t t t t p p Q Q p Q .

Dunque, in media un aumento del prezzo di 1 € comporta una riduzione di domanda pari a 31.25 unità.

L’elasticità, invece, è un rapporto tra due variazioni relative. Nell’esempio precedente, l’elasticità della domanda rispetto al prezzo è:

8 . 0 25 . 0 2 . 0 8 8 10312.5 5 . 312 250 1 1 − = + − = − − = − − = ∆ ∆ = + + t t t t t t p p p Q Q Q p p Q Q ε

Qui, a fronte di un aumento del prezzo del 25%, si è registrata una diminuzione della quantità domandata percentualmente minore (pari al 20%): la domanda è inelastica (infatti ε = –0.8).

In analisi, quando si considerano variazioni tra punti diversi (oltre che nel tempo), la frazione

x y

∆ ∆

viene definita rapporto incrementale.

Consideriamo la funzione lineare y=30−4x. Su di essa giacciono i seguenti punti: A (3,18), B (4,14) e C (5,10). Calcoliamo il tasso di variazione di y quando ci muoviamo da A a B, e quello conseguente allo spostamento da B a C:

da A a B: 4 3 4 18 14 = − − = − − = ∆ ∆ A B A B x x y y x y ; da B a C: 4 4 5 14 10 = − − = − − = ∆ ∆ B C B C x x y y x y .

Dunque, per una funzione lineare il tasso di variazione di y (o rapporto incrementale) è costante. Ciò non accade per altre funzioni, come ad esempio quella quadratica. Infatti, data la funzione

2

3 10 x x

y = − + e i punti D (3,10), E (4,14) e F (5,20), che giacciono su di essa, i tassi di variazione da D a E, e da E a F, sono rispettivamente: da D a E: 4 3 4 10 14 + = − − = − − = ∆ ∆ D E D E x x y y x y ; da E a F: 6 4 5 14 20 + = − − = − − = ∆ ∆ E F E F x x y y x y . 1.3 Derivata

La derivata di f (x) in un punto x, che si indica con f ’(x) o con

dx dy

(8)

________________________________________________________________________________________________ x x f x x f x f x ∆ − ∆ + = → ∆ ) ( ) ( lim ) ( ' 0 .

Perciò, la derivata è il tasso di variazione di f (x) rispetto a x per piccolissime variazioni di x. E’ importante notare che la derivata ha una interessante interpretazione geometrica. Il valore

f ’(x) è infatti la pendenza della retta tangente a f (x) in x (Figura 8).

FIGURA 8

Significato geometrico della derivata

Al ridursi di ∆x, il triangolo i cui cateti sono ∆x e ∆y tende a ridursi sempre più, fino ad annullarsi in A, dove appunto coincide con il limite di

x y

per x→0, ovvero con

dx dy

. Perciò, la derivata misura il tasso di crescita istantaneo di y al variare di x.

1.4 Regole di derivazione

Per calcolare le derivate, non è necessario ricorrere ogni volta al calcolo del limite. Esistono infatti diverse regole di derivazione che consentono di arrivare direttamente alla soluzione.

Tra le principali, qui ricordiamo:

ƒ f(x)=k (k = costante) f'(x)=0 ƒ f(x)=xn f'(x)=nxn−1 ƒ f(x)=ex f'(x)=ex ƒ f(x)=lnx x x f'( )= 1 Vediamo tre esempi:

(9)

________________________________________________________________________________________________ b) f(x)=2x f'(x)= x2 0 =2

c) f(x)= x4 f'(x)=4x3

Ci sono tre regole che riguardano le funzioni di funzioni e che spesso si rivelano utili.

1) Regola del prodotto:

date le funzioni g(x) e h(x), se definiamo f(x)=g(x)⋅h(x), allora: ) ( ' ) ( ) ( ) ( ' ) ( ' x g x h x g x h x f = ⋅ + ⋅ .

2) Regola del quoziente:

date le funzioni g(x) e h(x), se definiamo

) ( ) ( ) ( x h x g x f = , allora:

[

]

2 ) ( ) ( ' ) ( ) ( ) ( ' ) ( ' x h x h x g x h x g x f = ⋅ − ⋅ .

3) Regola della funzione composta:

date le funzioni g(x) e y =h(x), se definiamo f(x)=g(h(x))=g(y), allora: ) ( ' ) ( ' ) ( ' x g y h x f = ⋅ .

Nell’ultima regola, l’espressione f(x)=g(h(x))=g(y) significa che, per un dato x, il valore )

(x

h

y = rappresenta l’input per la funzione g(). Potremmo anche scrivere quella derivata come:

dx x dh dy y dg dx x df x f'( )= ( ) = ( ) ( ). Vediamo ora qualche esempio. a) f(x)=lnx2 x x x x f'( )= 12 2 =2 b) )f(x)=g(x)h(x)=(x2 3x)(2x3 1 3 2 24 10 ) 3 ( 6 ) 1 2 )( 3 2 ( ) ( ' ) ( ) ( ) ( ' ) ( ' x =g xh x +g xh x = xx3 − + x2 x2 − x = x4 − x3 − x+ f c) f(x)=(3x2 +2x+1)2 f'(x)=2(3x2+2x+1)(6x+2) d) 1 2 ) ( ) ( ) ( 2 − = = x x x h x g x f

[

]

2 2 2 2 2 (2 1) 2 2 ) 1 2 ( 2 ) 1 2 ( 2 ) ( ) ( ' ) ( ) ( ) ( ' ) ( ' − − = − − − = ⋅ − ⋅ = x x x x x x x x h x h x g x h x g x f e) 2 2 3 ) ( ) ( ) ( x x x h x g x f = = −

[

]

4 3 2 2 2 6 ) 3 ( 2 ) ( 2 ) ( ) ( ' ) ( ) ( ) ( ' ) ( ' x x x x x x x h x h x g x h x g x f = ⋅ − ⋅ = − − =

(10)

________________________________________________________________________________________________ f) f(x)=g(x)h(x)=2x2(3x4 2) x x x x x x x h x g x h x g x f'( )= '( ) ( )+ ( ) '( )=4 (3 4 2)+12 3(2 2)=36 5 8 g) f(x)=3ln(x21)3 (ovvero f(x)=3lny;y=w3 ;w=(x2 1)) 1 18 ) 1 ( )] 2 ( ) 1 ( 3 [ 3 ) 2 ( 3 3 ) ( ' 2 3 2 2 2 2 − = − − = = x x x x x x w y x f h) f(x)=(x2 +1)3(x3−1)2 (ovvero f(x)=uv;u=w3;w= x2 +1;v=z2;z=x31) 2 3 3 2 2 2 2 3 2 3 22 ) (2 ) 6( 1) ( 1) 6( 1) ( 1) 3 ( ) ( ' x v w x u z x x x x x x x f = + = − + + + − 1.5 Massimi e minimi

Si parla di ottimizzazione quando siamo interessati a trovare i punti di stazionarietà f* (i) (massimi e/o minimi) di una funzione all’interno di un set di valori f (i) (i = 1,2,...,n). A tale fine, partendo dal primo valore, dovremmo effettuare una ricerca all’interno dell’insieme nel modo seguente:

Step 1: Il primo elemento è maggiore (minore) del secondo?

Se sì, il primo elemento è il massimo (minimo) temporaneo. Se no, il secondo elemento è il massimo (minimo) temporaneo.

Step 2: L’elemento successivo è maggiore (minore) del massimo temporaneo?

Se sì, l’elemento successivo diventa il massimo (minimo) temporaneo.

Se no, il massimo (minimo) temporaneo resta quello individuato in precedenza.

Step 3: Si ripete lo step 2 fino a quando è stato valutato l’n-simo elemento del set.

Al termine dell’indagine, il massimo (o il minimo) ricercato, cioè f* (i), sarà pari al massimo (minimo) temporaneo.

Si noti che, in base alla procedura sopra esposta, in un set discreto di valori f (x) la ricerca del massimo richiede l’esame di ogni elemento dell’insieme. La stessa cosa, però, diventa praticamente impossibile per la funzioni continue, in cui il numero di valori f (x) è infinito.

In generale, possiamo dire che:

• x* è un massimo locale di f (x) in un intorno di x* se f (x*) ≥ f (x) per tutti i valori dell’intorno considerato;

• x* è un minimo locale di f (x) in un intorno di x* se f (x*) ≤ f (x) per tutti i valori dell’intorno considerato.

(11)

________________________________________________________________________________________________ Le definizioni precedenti non forniscono un modo semplice per trovare i punti di stazionarietà relativi, perché ci costringono a esaminare un numero infinito di punti nei quali verificare cosa accade.

E’ invece possibile individuare una condizione necessaria che ci consenta di restringere la ricerca di massimi e minimi. Esaminiamo il grafico della funzione f(x) che segue (Figura 9):

FIGURA 9

Punti di massimo, di minimo, di flesso

Dalla figura si vede che, ad esempio, al punto di massimo relativo x1 la tangente a f (x) è

parallela all’asse x, ovvero la sua pendenza in x1 è uguale a zero. Poiché si è già visto che la

pendenza della curva in un punto è pari alla derivata f ’(x) della funzione in quel punto, una

condizione necessaria perché un punto x* sia un massimo relativo è che f ’(x*) = 0.

Dunque, tale condizione può essere usata per l’individuazione dei punti di stazionarietà di una data funzione (quindi anche per punti di minimo e di flesso), secondo il seguente schema:

Step 1: Determinare f ’(x) .

Step 2: Porre f ’(x) = 0 e risolvere tale equazione per x, ottenendo x* .

Consideriamo i due casi seguenti: a) f(x)=1+2xx2

b) f(x)=1−2x+x2

Applicando la procedura appena mostrata, si ha:

a) f'(x)=2−2x f'(x)=2−2x=0 x* = 1

b) f'(x)=−2+2x f'(x)=−2+2x=0 x* = 1

Se diamo un’occhiata al grafico delle due funzioni riportato qui sotto (Figura 10), osserviamo che la prima delle due derivate individua un massimo relativo, e la seconda un minimo relativo.

(12)

________________________________________________________________________________________________ FIGURA 10

Individuazione di un massimo e di un minimo relativo

In altri termini, la condizione f ’(x*) = 0 ci consente di individuare indifferentemente massimi relativi e minimi relativi (come pure i punti di flesso), senza darci altre indicazioni utili a chiarire in quale circostanza ci troviamo (come emerge dalla Figura 9). Occorre dunque una ulteriore condizione per separare i tre casi citati.

1.6 Funzioni concave e convesse

La funzione f (x) si dice concava se, dati due punti qualsiasi x1 = a e x2 = b, vale la relazione:

[

(1 c)x1 cx2

]

(1 c)f(x1) cf(x2)

f − + ≥ − + 0 < c < 1 .

La funzione f (x) si dice invece convessa se, dati due punti qualsiasi x1 = a e x2 = b, è:

[

(1 c)x1 cx2

]

(1 c)f(x1) cf(x2)

f − + ≤ − + 0 < c < 1 .

Nel primo caso, la disuguaglianza afferma che tra a e b la funzione f (x) giace al di sopra della retta passante per f (a) e f (b); nel secondo caso, invece, f (x) è situata sotto tale retta.

Strettamente concava: f (x) giace sempre sopra la linea

che passa per f (a) e f (b)

Strettamente convessa: f (x) giace sempre sotto la linea

che passa per f (a) e f (b)

Lineare:

f (x) coincide con la linea

che passa per f (a) e f (b) FIGURA 11 – Concavità e convessità

(13)

________________________________________________________________________________________________ Nella Figura 11 sono riportate rispettivamente una funzione concava (per la quale nella relazione precedente vale il segno >, ovvero è strettamente concava), una funzione convessa (segno <, ovvero strettamente convessa) e una funzione lineare (segno =).

Lo studio della concavità fornisce una condizione sufficiente per l’individuazione dei punti di stazionarietà (massimi e minimi). Infatti:

- se f ’(x*) = 0, e inoltre la funzione è strettamente concava, allora x* è un punto di massimo; - se f ’(x*) = 0, e inoltre la funzione è strettamente convessa, allora x* è un punto di minimo. Si noti che, se f (x) è strettamente concava (strettamente convessa), allora il punto di massimo (minimo) è unico (Figura 12, secondo grafico). Se invece f (x) non è strettamente concava (convessa), il punto di massimo (minimo) non è necessariamente unico (Figura 12, primo grafico).

FIGURA 12 Concavità e stretta concavità

La concavità e la convessità di una funzione sono misurabili grazie al calcolo della derivata

seconda della funzione considerata (ovvero la derivata della derivata prima). Essa misura il tasso di crescita istantaneo di ∆y al variare di x; in altri termini, misura la variazione della pendenza della

funzione considerata.

Se la derivata seconda in un certo punto è negativa, vuol dire che la pendenza della curva in un

intorno di quel punto sta diminuendo, e perciò che la funzione è concava nell’intorno di quel punto

(Figura 9, punto x1).

Se al contrario la derivata seconda in un certo punto è positiva, ciò significa che la pendenza

della curva in intorno di quel punto sta aumentando, e perciò che la funzione è convessa

nell’intorno di quel punto (Figura 9, punto x2).

Se infine la derivata seconda in un certo punto è nulla, ciò significa che in un intorno di quel punto la curva è piatta, ed inoltre che nell’intorno di quel punto la funzione è sempre crescente oppure sempre decrescente (Figura 9, punto x3).

Consideriamo due esempi.

(14)

________________________________________________________________________________________________ Imponendo f ’(x) = 0 si ha che 1 4 3 25 . 0 = x , ovvero 0.75 25 . 0 = x .

Ricordando che xnxm =xn+m e che (xn)m =xnm, possiamo elevare ogni membro della precedente espressione alla potenza 4, per cui si ottiene:

4 4 25 . 0 ) (0.75) (x = , da cui x* = (0.75)4 = 0.3164.

Per stabilire se x* è un punto di massimo o di minimo, bisogna verificare cosa succede alla derivata seconda in quel punto. Si ha che:

25 . 1 1875 . 0 ) ( '' x =− xf ,

per cui f ’’(x*) = -0.79 < 0 (funzione concava in x*). Dunque, in x* = 0.3164 vi è un punto di massimo. b) y= f x = x3 −x 4 ) ( 1 3 4 ) ( ' ' 3 1 − = = f x x y

Si ha che y’ = 0 per 1 3

4 31 =

x , da cui, operando come nell’esempio precedente, si ottiene: 421875 . 0 4 3 * 3 =       = x .

Calcoliamo la derivata seconda: 3 2

9 4 ''= x

y . Siccome y ’’(x*) = f ’’(x*) = +0.79 > 0, la funzione è convessa in x*, e perciò in x* = 0.421875 vi è un punto di minimo.

I grafici delle due funzioni precedenti sono di seguito riportati (Figura 13).

x x x f( )= 0.75− y= f x = x3 x 4 ) (

(15)

________________________________________________________________________________________________ Considerato che, per ogni punto x0 di una funzione continua, sono calcolabili i valori di derivata

prima e derivata seconda, siamo in grado di costruire una tavola che considera le possibili combinazioni di tali valori e quindi l’andamento grafico della funzione in quel dato punto.

f ’’(x0) > 0 f ’’(x0) = 0 f ’’(x0) < 0

f ’(x0) > 0

In x0 la funzione è

crescente, e cresce a tassi via via maggiori

In x0 la funzione è

crescente e presenta un flesso

In x0 la funzione è

crescente, ma cresce a tassi via via minori f ’(x0) = 0 presenta un minimo In x0 la funzione

Occorrono ulteriori verifiche sulle derivate

di ordine superiore In x0 la funzione presenta un massimo f ’(x0) < 0 In x0 la funzione è de-crescente, ma decresce a tassi via via minori

In x0 la funzione è

decrescente e presenta

un flesso

In x0 la funzione è

de-crescente, e decresce a tassi via via maggiori

f ’’(x0) > 0 f ’’(x0) = 0 f ’’(x0) < 0

f ’(x0) > 0

f ’(x0) = 0 ?

f ’(x0) < 0

1.7 Ottimizzazione con un vincolo lineare

Si consideri il seguente problema di ottimizzazione: trovare la coppia di valori (x*, y*) che massimizza la funzione f (x , y) sotto il vincolo x + y = 1.

Uno dei modi possibili per risolvere questo problema è quello per sostituzione, metodo che consente di ridurlo a una dimensione. In questo caso, dal vincolo si ricava che y = 1 – x, espressione che va sostituita nella funzione f, ottenendosi una nuova funzione g(x) = f (x ,1 – x).

Siamo ora in grado di trovare l’ottimo valore x* di g(x), e di conseguenza anche y* = 1 – x*. Consideriamo anche qui due semplici esempi.

a) 2

1 2 1

(16)

________________________________________________________________________________________________ Dal vincolo otteniamo y = 1 – x, per cui la nuova funzione da massimizzare diventa

2 1 2 1 ) 1 ( ) (x x x g = − .

Calcoliamone la derivata e poniamola uguale a zero: 0 ) 1 ( 2 1 ) 1 ( 2 1 ) ( ' 2 1 2 1 2 1 2 1 = − − − = xx x xx g , da cui 2 1 2 1 2 1 2 1 ) 1 ( 2 2 ) 1 ( x x x x − = − .

Effettuando la moltiplicazione incrociata di numeratori e denominatori, otteniamo: 2(1 – x) = 2x , per cui 2 1 2 1 1 * ; 2 1 *= y = − = x .

b) maxz=x0.5 +y0.5 sotto il vincolo x + y = 3 . Siccome dal vincolo si ricava che y = 3 – x, si avrà

g(x) = x0.5 + (3 – x)0.5 , e dunque si può scrivere:

0 ) 3 ( 2 1 2 1 ) ( ' 0.5 0.5 = − + = x x x g , da cui x0.5 = (3 – x)0.5 .

Elevando al quadrato entrambi i membri, si ha:

x = 3 – x , e quindi 2 3 * ; 2 3 *= y = x . 1.8 Derivate parziali

Se una grandezza y dipende sia da una variabile x1 che da una variabile x2, la funzione potrà

essere scritta allora come y = f (x1 , x2). La derivata parziale di y rispetto a una delle due variabili,

ad esempio x1, è semplicemente la derivata della funzione rispetto a x1, mantenendo fissa x2.

Le derivate parziali hanno le stesse proprietà delle derivate ordinarie. Cambia il simbolo per identificarle: infatti, al posto della d viene generalmente posto ∂.

(17)

________________________________________________________________________________________________ A titolo di esempio, si consideri la funzione y = 3x12 + x1x2 + 4x22. Le due derivate parziali

rispetto a x1 e x2 saranno rispettivamente 1 2 1 6x x x y + = ∂ ∂ e 1 2 2 8x x x y + = ∂ ∂ .

PARTE SECONDA – ESERCIZI SVOLTI DI MICROECONOMIA

2.1 Equilibrio di un mercato concorrenziale

Si supponga che QD = 80 – 5p e QO = –20 + 20p siano rispettivamente le funzioni di domanda e offerta di pomodori (in kg), scambiati su un mercato perfettamente concorrenziale.

a) Calcolare il prezzo e la quantità di equilibrio di tale mercato di pomodori. Tracciare il grafico. b) Calcolare l’elasticità dell’offerta di pomodori nel punto di equilibrio e spiegarne il significato. c) Si supponga ora che, a seguito di uno spostamento di preferenze verso l’insalata verde, la

domanda di pomodori si riduca di 25 kg per ogni livello di prezzo. Dopo aver scritto la nuova funzione di domanda, calcolare e individuare su un grafico il nuovo equilibrio del mercato. d) Spiegare con chiarezza perché il nuovo prezzo è diverso da quello precedente.

a) Quando un mercato è in equilibrio, le scelte dei consumatori (domanda) sono compatibili con quelle dei produttori (offerta). Dunque dovrà essere QD = QO. Ciò implica (uguagliando i secondi

membri delle funzioni di domanda e offerta) che 80 – 5p = –20 + 20p, da cui p* = 4 € e (sostituendo p* indifferentemente in QD o QO) Q* = 60 kg.

Il grafico che rappresenta tale equilibrio è ottenuto tracciando le due funzioni lineari. Siccome però il diagramma cartesiano riporta p sull’asse verticale e Q su quello orizzontale, bisogna riscrivere le due funzioni in modo da avere p in funzione di Q (funzioni inverse di domanda e offerta). Esse sono rispettivamente p QD

5 1 16− = e p QO 20 1 1+ = .

(18)

________________________________________________________________________________________________ Come si vede, i due coefficienti angolari (

5 1 − e

20 1

+ ) determinano il fatto che la domanda sia decrescente (inclinata negativamente) e l’offerta crescente (inclinata positivamente).

b) Si ricordi che in un intervallo discreto l’elasticità è pari a

Q p p Q p p Q Q p p Q Q ∆ ∆ = ∆ ∆ = ∆ ∆ = ε . In un

punto, invece, sia ha che ∆p tende a zero, per cui il rapporto

p Q ∆ ∆ diventa dp dQ , ovvero la derivata di Q rispetto a p. Dunque l’elasticità dell’offerta è calcolabile come

O O Q p dp dQ = ε , dove dp dQO è la pendenza della funzione diretta di offerta. Nel caso in questione si ha che

20 ) 20 20 ( + = + − = dp p d dp dQO , per cui 1.33 60 4 20 =+ + =

ε . Nel punto di equilibrio, pertanto, l’offerta è elastica, e dunque la quantità offerta di pomodori reagisce più che proporzionalmente a variazioni del loro prezzo: ad esempio, un aumento del prezzo pari all’1% causerebbe un incremento di offerta (e quindi di produzione) pari all’1.33%.

In generale, in un dato punto di una funzione lineare (di domanda o di offerta), l’elasticità è data dal prodotto tra la pendenza della funzione diretta e il rapporto tra il prezzo e la quantità che costituiscono le coordinate del punto.

c) Se la domanda si riduce di 25 kg per ogni livello di prezzo, ciò vuol dire che si ha uno shock negativo sulla domanda di pomodori, e che la funzione lineare di domanda si sposta indietro (verso sinistra) di un ammontare (misurato sull’asse delle ascisse, ovvero quello delle quantità) pari a 25. In termini analitici, Q’D = QD – 25 = 80 – 5p – 25 = 55 – 5p. Il nuovo equilibrio è

quello per il quale Q’D = QO, ovvero 55 – 5p = –20 + 20p. Consegue che p’ = 3 € e Q’ = 40 kg.

Graficamente, la nuova funzione (inversa) di domanda è p QD

5 1 11

'= − , per cui il nuovo grafico (che considera anche il vecchio equilibrio) è il seguente:

(19)

________________________________________________________________________________________________ d) Nel nuovo punto di equilibrio, sia il prezzo sia la quantità scambiata sono minori. Infatti, lo

shock dal lato della domanda riduce le richieste dei consumatori di 25 kg per ogni livello di prezzo; perciò, al vecchio prezzo p* = 4 € si ha un eccesso di offerta (60 kg prodotti contro 35 domandati).

Perché l’equilibrio sia ripristinato, il prezzo dei pomodori dovrà ridursi: ciò determinerà un calo di offerta (a prezzi più bassi i produttori non sono più disposti ad offrire l’ammontare di pomodori precedente) e un aumento di domanda (i pomodori sono più convenienti, e dunque le richieste dei consumatori crescono), processo che andrà avanti finché non si raggiungerà un nuovo prezzo (qui corrispondente a p’ = 3 €) per il quale le scelte di domandanti e offerenti sono di nuovo compatibili. Tuttavia, la nuova quantità scambiata (Q’ = 40 kg) sarà minore a causa dello shock esogeno.

2.2 Equilibrio del consumatore

Quando la sera esce con gli amici, Antonio consuma esclusivamente arancini (A) e calzoni (C). Il prezzo unitario di tali beni è rispettivamente pari a 0.3 € e 0.75 €, e Antonio destina ogni mese 21 € a questo tipo di spesa. La sua funzione di utilità U è quantificabile come segue: U =A0.75C0.25, dove A e C rappresentano le unità consumate di arancini e calzoni, rispettivamente.

a) Individuare il consumo mensile ottimale di arancini e calzoni per Antonio, e l’utilità totale che egli trae da tale consumo.

b) A parità dei prezzi dei beni, si ipotizzi che Antonio incrementi a 30 € il reddito da destinare alle uscite con gli amici. Calcolare la nuova combinazione ottima di consumo e l’utilità da essa derivante.

c) Si ipotizzi ora che, acquisito il tetto di spesa a 30 €, il prezzo dei calzoni scenda a 0.5 €. Trovare il paniere ottimale di consumo in tale nuova eventualità, l’utilità connessa al suo consumo, e le variazioni nel consumo di ciascuno dei due beni derivanti dall’effetto reddito e dal’effetto sostituzione legati alla riduzione del prezzo dei calzoni.

a) Innanzi tutto, possiamo scrivere il vincolo di bilancio iniziale di Antonio: 21=0.3A+0.75C. Per calcolare la combinazione ottimale di beni da consumare, si può far ricorso a tre diversi procedimenti.

1) Uguaglianza delle utilità marginali ponderate

E’ noto che in equilibrio per un consumatore si dovrà verificare l’uguaglianza tra le utilità marginali ponderate (rapporto tra le utilità marginali fisiche del bene e il prezzo dello stesso

(20)

________________________________________________________________________________________________ bene). Esse rappresentano infatti l’utilità aggiuntiva recata dalla spesa di un euro in più destinata all’acquisto del prodotto considerato, e dunque, perché si abbia equilibrio, il consumatore non dovrà avere incentivo a spostare somme di denaro da un bene a un altro.

E’ noto che l’utilità marginale di un bene è l’incremento di utilità conseguente a un incremento unitario di consumo di quella stessa merce. In termini analitici, è la derivata parziale della funzione di utilità rispetto al bene. Nel nostro caso, si avrà che

25 . 0 25 . 0 25 . 0 25 . 0 0.75 75 . 0 ' A C C A A U UA = = ∂ ∂ = − e 75 . 0 75 . 0 75 . 0 75 . 0 0.25 25 . 0 ' C A C A C U UC = = ∂ ∂ = − .

Pertanto, in equilibrio dovrà essere

C C A A p U p U ' ' = , ovvero 75 . 0 25 . 0 3 . 0 75 . 0 0.75 75 . 0 25 . 0 25 . 0 C A A C = . Moltiplicando

primo e secondo membro di tale uguaglianza per 0.25

25 . 0 C A si ottiene 75 . 0 25 . 0 3 . 0 75 . 0 C A = , da cui C

A=7.5 . Questo è il rapporto di scambio ottimale tra arancini e calzoni per Antonio: in equilibrio, egli è disposto a sacrificare un calzone in cambio di 7.5 arancini.

E’ sufficiente ora sostituire tale condizione nel vincolo di bilancio, ottenendo perciò

C C) 0.75 5 . 7 ( 3 . 0

21= + , da cui consegue che C* = 7, A* = 52.5 e U*=52.50.7570.25 =31.72.

2) Uguaglianza tra saggio marginale di sostituzione e rapporto tra i prezzi dei beni

Dal punto di vista economico, questa condizione sancisce che in equilibrio vi deve essere uguaglianza tra come il consumatore scambia i beni tra di loro e come li scambia il mercato. Il saggio marginale di sostituzione è la pendenza della curva di indifferenza

dA dC

per un dato livello di utilità U° (in questo caso, abbiamo posto A sull’asse x e C sull’asse y). Dunque, ci dobbiamo dapprima ricavare C in funzione di A e di un valore U° (che in effetti è un numero, non una variabile). Sarà allora U°= A0.75C0.25, da cui 0.25 0.75

A U C = ° e dunque 3 4 A U C = ° . Questa è l’equazione della curva di indifferenza per un dato livello di utilità U°. La sua pendenza (ovvero il saggio marginale di sostituzione) sarà allora

4 4 4 4 3 4 3 3 ) ( A U A U dA A U d dA

dC = ° − = °= ° . Come ci si attendeva, la pendenza è negativa, e

quindi la curva di indifferenza è decresecente.

Sostituendo in U° il generico valore dell’utilità (ovvero l’espressione analitica della funzione di utilità di Antonio), ricaviamo

A C A C A A C A dA dC 3 3 ) ( 3 4 3 4 4 25 . 0 75 . 0 − = − = −

(21)

________________________________________________________________________________________________ l’uguaglienza di questa espressione (in valore assoluto) con il rapporto

C A p p (anch’esso in valore assoluto), ottenendo 75 . 0 3 . 0 3 = A C

, cioè A=7.5C, che è quanto abbiamo trovato già prima. Da qui, ovviamente, l’individuazione della soluzione segue un procedimento identico a quello descritto più sopra.

3) Sostituzione del vincolo di bilancio nella funzione di utilità

Con questo procedimento applichiamo quanto illustrato nel paragrafo 1.7. Va detto, però, che la valenza economica di questa modalità di soluzione è sicuramente minore.

Dal vincolo di bilancio ricaviamo C, scrivendocene dunque l’espressione in forma di funzione lineare: C A 28 0.4A 75 . 0 3 . 0 75 . 0 21 − = −

= . Sostituiamo questa relazione nella funzione di utilità:

25 . 0 75 . 0 (28 0.4A) A

U = − . Il massimo di tale funzione di utilità si ha quando la sua derivata prima è uguale a zero (e solo se la derivata seconda in equilibrio è negativa). Perciò dobbiamo imporre che =0 dA dU . Sarà: =(0.75A−0.25)(28−0.4A)0.25 −0.25A0.75[0.4(28−0.4A)−0.75]=0 dA dU . Attraverso una serie di semplici passaggi analitici, si arriva alla soluzione già trovata, ovvero

A* = 52.5 e quindi C* = 7.

b) Se il reddito destinato alla spesa cresce a 30 €, il vincolo di bilancio di Antonio diventa

C A 0.75 3

. 0

30= + . Poiché né la funzione di utilità di Antonio né i prezzi dei beni sono variati, il rapporto di scambio ottimale tra arancini e calzoni non si è modificato (dovendo essere sempre uguale al rapporto tra i prezzi di mercato dei due beni), e resta A=7.5C. Pertanto, la nuova combinazione che massimizza l’utilità di Antonio si ottiene sostituendo tale condizione nel nuovo vincolo di bilancio: 30=0.3(7.5C)+0.75C, da cui discende che C** = 10, A** = 75 e

U** = 45.32. E’ evidente che l’aumento del reddito ha comportato un aumento del consumo di

entrambi i beni.

(22)

________________________________________________________________________________________________ c) Dato il reddito di 30 €, se il prezzo dei calzoni scende a 0.5 €, la linea di bilancio avrà equazione

C A 0.5 3

. 0

30= + . Essa è diventata più ripida, e varieranno le scelte di Antonio. Per trovare la nuova combinazione che massimizza la sua utilità, ricorriamo al primo metodo visto (quello dell’uguaglianza delle utilità marginali ponderate).

In equilibrio dovrà ancora essere

C C A A p U p U ' '

= , ma ora tale condizione dovrà essere scritta come

5 . 0 25 . 0 3 . 0 75 . 0 0.75 75 . 0 25 . 0 25 . 0 C A A C

= . Moltiplicando ancora primo e secondo membro della precedente

uguaglianza per 0.25 25 . 0 C A si ottiene 5 . 0 25 . 0 3 . 0 75 . 0 C A

= , da cui A 5= C. Dunque, essendosi ridotto il prezzo dei calzoni, Antonio è ora disposto a sacrificare un calzone in cambio di un numero minore di arancini, ovvero 5. In altri termini, per lui i calzoni valgono relativamente di meno (ne dà via uno per una quantità più bassa di arancini), o – analogamente – gli arancini valgono relativamente di più (per rinunciare a uno di essi, chiede in cambio un quinto di calzone, a fronte del precedente minore rapporto di 1:7.5).

Sostituiamo la nuova condizione nel vincolo di bilancio: 30=0.3(5C)+0.5C, da cui consegue che C’ = 15, A’ = 75 e U’ = 50.16. Data la riduzione del costo di un singolo calzone, Antonio consumerà più calzoni mentre non varierà il consumo di arancini. Di conseguenza la sua utilità aumenterà.

La rappresentazione grafica della nuova situazione è quella che segue:

Come è noto, le variazioni nel consumo dei due beni sono riconducibili a due effetti che a loro volta discendono dalla variazione del prezzo di uno dei beni consumati: l’effetto reddito e l’effetto sostituzione.

(23)

________________________________________________________________________________________________ Nel nostro esempio, la riduzione del prezzo dei calzoni li ha resi relativamente (cioè rispetto agli arancini) meno costosi, mentre ora gli arancini sono relativamente (cioè rispetto ai calzoni) più costosi. Dunque Antonio sarà portato a consumare meno arancini e più calzoni. Questo è l’effetto sostituzione.

Vi è poi da considerare che la riduzione del prezzo dei calzoni ha liberato reddito: Antonio può acquistare la vecchia combinazione e spendere di meno, per cui ha ulteriore reddito da spendere. Se i due beni considerati (arancini e calzoni) sono beni normali (o superiori), tale reddito aggiuntivo verrà speso per incrementare il consumo di entrambi. Questo è l’effetto reddito.

L’effetto totale della riduzione di prezzo dei calzoni è la somma algebrica dei due effetti per ciascuno dei beni considerati, ed è sintetizzato nella tabella seguente:

Effetto sostituzione

(ES) Effetto reddito (ER) Effetto totale (ET) Variazione consumo arancini (∆A) < 0 > 0 ?

Variazione consumo calzoni (∆C) > 0 > 0 > 0

Dati dunque due beni normali, l’effetto totale derivante dalla riduzione del prezzo di uno di essi sarà certamente positivo sulla quantità consumata di quello stesso bene, ma di incerto impatto sul consumo dell’altro bene.

Nel nostro esempio, possiamo quantificare i due effetti nel modo seguente.

Per isolare l’effetto sostituzione, immaginiamo che a fronte della variazione del prezzo dei calzoni il reddito non si sia modificato. Quindi la spesa deve rimanere la stessa di prima, e perciò la nuova linea di bilancio (che già considera il nuovo rapporto tra i prezzi) deve passare per il vecchio equilibrio. Ai nuovi prezzi, il reddito necessario per acquistare la vecchia combinazione sarà: 0.3 (75) + 0.5 (10) = 27.5. Dunque, possiamo scrivere un vincolo di bilancio corrispondente a tale reddito e ai nuovi prezzi: 27.5=0.3A+0.5C. Sostiuendo in esso il nuovo rapporto di scambio tra i beni per Antonio, si avrà che 27.5=0.3(5C)+0.5C, da cui C’’ = 13.75 (∆C = +3.75), A’’ = 68.75 (∆A = –6.25) e U’’ = 45.98 (∆U = +0.66).

Come si vede (e come ci si attendeva), cresce il consumo dei calzoni e si riduce quello degli arancini. L’utilità è cresciuta, visto che questa situazione “intermedia” è caratterizzata da una curva di indifferenza che è tangente al nuovo vincolo di bilancio e che giace più in alto della precedente (che invece taglia questo nuovo vincolo nel vecchio punto di equilibrio).

Per isolare l’effetto reddito, basta adesso considerare che il reddito in effetti è pari a 30 €, e non a 27.5 €. Pertanto, resta da allocare una somma ∆R = +2.5 € fra i due beni secondo il rapporto di scambio (ottimale per Antonio) A 5= C. Possiamo allora scrivere il vincolo di bilancio

(24)

________________________________________________________________________________________________ C A 0.5 3 . 0 5 .

2 = + e sostituirvi la condizione A 5= C. Si ottiene 2.5=0.3(5C)+0.5C, che fornisce come soluzioni ∆C’ = +1.25, ∆A’ = +6.25 e ∆U’ = +4.18.

Tutte le variazioni nel consumo dei beni sono riassunte nella tabella sottostante, che ricalca lo schema già impiegato precedentemente per isolare l’effetto reddito e l’effetto sostituzione:

Effetto sostituzione

(ES) Effetto reddito (ER) Effetto totale (ET)

Variazione consumo arancini (∆A) –6.25 +6.25 0

Variazione consumo calzoni (∆C) +3.75 +1.25 +5

Variazione utilità totale (∆U) +0.66 +4.18 +4.84

E’ evidente come le variazioni totali elencate nell’ultima colonna siano quelle effettivamente registrate confrontando la situazione precedente e successiva alla riduzione del prezzi dei calzoni.

2.3 Combinazione ottima dei fattori produttivi

Tommaso gestisce una troticoltura. Egli alleva trote utilizzando due fattori produttivi variabili: gli avannotti, il cui prezzo al kg è di 32 €, e il mangime, che costa 2 € al kg. Relativamente a tali fattori, la funzione di produzione è la seguente: y=4q10.5q20.5, dove y è il livello di output finale (le trote), q1 è la quantità di avannotti e q2 è la quantità di mangime (il prodotto finale ed entrambi i fattori sono espressi in kg mensili). Vi sono poi spese fisse pari a 400 € mensili. Tommaso ha fissato una spesa massima (comprensiva dei costi fissi) pari a 2000 € mensili, e sa che potrà vendere su un mercato concorrenziale le trote allevate a un prezzo di 7 € al kg.

Quale sarà il massimo profitto mensile ottenibile da Tommaso?

Al netto delle spese fisse, Tommaso deve dunque destinare 1600 € all’acquisto dei due fattori variabili. Possiamo allora scrivere l’equazione dell’isocosto mensile: 1600=32q1+2q2.

Poiché il problema della combinazione ottima dei fattori produttivi presenta molti aspetti in comune con quello della combinazione ottima dei beni da consumare, questo esercizio può essere risolto seguendo una delle tre modalità illustrate in quello precedente (uguaglianza tra le produttività marginali ponderate, uguaglianza tra saggio marginale di sostituzione e rapporto tra i prezzi dei fattori, sostituzione dell’isocosto nella funzione di produzione).

Noi qui utilizziamo soltanto il criterio dell’uguaglianza delle produttività marginali ponderate, che indicheremo con

1 1 ' p y e 2 2 ' p y

(25)

________________________________________________________________________________________________ conseguente all’incremento di una unità di ciascuno dei due input) sono calcolabili come le derivate parziali della funzione di produzione rispetto alle quantità di fattori (avannotti e mangime): 5 . 0 1 2 5 . 0 1 5 . 0 2 1 1 4 (0.5 ) 2 '       = = ∂ ∂ = − q q q q q y y e 5 . 0 2 1 5 . 0 2 5 . 0 1 2 2 4 (0.5 ) 2 '       = = ∂ ∂ = − q q q q q y y .

In equilibrio dovrà essere

2 2 1 1 ' ' p y p y = , cioè 5 . 0 2 1 5 . 0 1 2 2 2 32 2       =       q q q q . Semplificando ed elevando al quadrato primo e secondo membro, si ha

2 1 1 2 256 1 q q q

q = , che si può scrivere come 2 1 2

2 256q

q = .

Pertanto, il rapporto ottimale al quale Tommaso può scambiare i due fattori è q2 =16q1, cioè 1 kg di avannotti per 16 kg di mangime.

Si può adesso sostituire questa condizione nell’isocosto: 1600=32q +1 2(16q1). I risultati sono

q1* = 25 kg di avannotti e q2* = 400 kg di mangime. Questi valori garantiscono a Tommaso la

massima produzione mensile di trote sotto il vincolo di costo che egli ha fissato. Il livello di produzione sarà: y*=4(25)0.5(400)0.5 =400 kg di trote.

I suoi profitti mensili saranno allora i seguenti: π = RT – CT = (7)(400) – (1600 + 400) = 800 €.

2.4 Offerta individuale di lavoro

Dario ha la vocazione dell’editore e vuole avviare una sua piccola casa editrice. Deve però decidere quante ore al giorno dedicare a tale occupazione. La sua funzione di utilità è 5

2 5 3 L C U = , dove C sono le unità giornaliere di consumo composito (ovvero comprendente i vari beni utili al soddisfacimento dei suoi bisogni) che questo lavoro gli garantirebbe e che hanno un prezzo p = 6 €, mentre L sono le ore quotidiane di tempo libero. Il salario orario normalmente previsto per tale tipo di attività è w = 5 €. Le ore giornaliere totali T che Dario deve distribuire tra tempo di lavoro e tempo libero ammontano a 16, e va infine considerato che egli percepisce un reddito R0 da un altro impiego, pari a 70 € al giorno. Determinare l’impegno orario quotidiano che Dario deciderà di dedicare alla sua futura casa editrice, il reddito totale su cui potrà contare ogni giorno e l’utilità che trae da questa scelta.

Innanzi tutto scriviamo il vincolo di bilancio di Dario: pC =w(TL)+R0. Esso sancisce che l’acquisto giornaliero di unità di consumo non può eccedere il reddito totale di Dario. Sostituendo i valori, si ha: 6C=5(16−L)+70, da cui 6C+ L5 =150. Questo è il vincolo di

(26)

________________________________________________________________________________________________ bilancio di Dario in un sistema di assi cartesiani in cui L è sull’asse orizzontale e C su quello verticale. Esso sancisce che Dario può allocare 150 € su consumo (ogni unità del quale costa 6 €) e tempo libero (il cui costo, ovvero il mancato guadagno derivante dal non dedicarsi alla casa editrice, è di 5 € all’ora).

Possiamo risolvere questo quesito allo stesso modo in cui vengono risolti i problemi di ottima allocazione del reddito tra due beni di consumo. Qui ricorriamo al metodo dell’uguaglianza tra saggio marginale di sostituzione (SMS) e rapporto tra i prezzi dei beni. Ci ricaviamo dapprima l’espressione di una generica curva di indifferenza: possiamo scrivere la funzione di utilità come

5 2 5 3 L U C = , da cui 3 2 3 5 3 2 3 5 − = = U L L U

C . La pendenza di tale curva di indifferenza (ovvero il SMS) è

3 5 3 5 3 5 3 2 3 2       − =         − = − L U L U dL dC

, che, sostituendo ad U l’espressione della funzione di utilità,

diventa: L C L L C dL dC 3 2 3 2 3 5 5 2 5 3 − =           −

= . In equilibrio, il valore assoluto del SMS deve essere

uguale al rapporto tra i prezzi dei due beni L e C:

p w dL dC = . Sostituendo, la precedente uguaglianza diventa 6 5 3 2 = L C , da cui C L 1.25L 4 5 =

= . Dunque, in equilibrio Dario scambia un’ora di tempo libero con 1.25 unità di consumo.

Sostituiamo questa relazione nel vincolo di bilancio: 6

(

1.25L

)

+ L5 =150; quindi, le soluzioni sono L* = 12 e C* = 15. Perciò, per massimizzare la propria utilità Dario dovrà dedicare 12 ore al tempo libero e 4 ore (cioè le 16 ore totali disponibili meno le 12 di tempo libero) all’attività editoriale, ottenendo da essa un salario totale di 20 €; quest’ultimo, unito ai 70 € di cui già gode, porta 90 € il reddito totale da destinare al consumo, con il quale potrà acquistare giornalmente 15 unità di bene di consumo composito. La sua utilità totale sarà pertanto 15 125 13.72

2 5 3 = = U .

Il grafico che segue visualizza la scelta ottimale di Dario nell’allocazione del proprio tempo tra il consumo (e quindi indirettamente il tempo di lavoro) e il tempo libero.

(27)

________________________________________________________________________________________________ 2.5 Imprese in concorrenza perfetta

Piero è un compositore di brani musicali, che poi vende ai suoi committenti. Egli partecipa a un mercato di concorrenza perfetta, le cui attuali curve di domanda e offerta sono rappresentate rispettivamente da QD = 80000 – 200p e QO = 5000 + 50p. In tali funzioni, Q indica il numero totale di brani musicali domandati e offerti in un mese, mentre p è il prezzo in euro di tali brani. Ciascuno dei compositori attivi in tale mercato è caratterizzato da una funzione di costo totale pari a CT = 10q2 – 100q + 1000, dove q misura il numero di brani composti da ogni singolo musicista. a) Individuare prezzo e quantità di equilibrio di tale mercato.

b) Determinare la quantità ottimale di composizioni musicali che Piero offrirà ogni mese, il suo profitto e il numero di compositori globalmente presenti nel mercato.

c) Sulla base del livello attuale del profitto, descrivere dapprima come probabilmente evolverà tale mercato nel lungo periodo, in termini di quantità di brani offerti e di numero di compositori operanti. Calcolare poi il prezzo di mercato e il numero di brani che a Piero converrà scrivere e vendere mensilmente nel lungo periodo.

a) Per trovare il prezzo di equilibrio vigente sul mercato, basta imporre l’uguaglianza tra quantità domandata e quantità offerta. Sarà perciò 80000 – 200p = 5000 + 50p, e quindi p* = 300 € e

Q* = 20000 composizioni.

b) Il livello ottimale di produzione per un’impresa perfettamente concorrenziale è quello per il quale il costo marginale coincide con il prezzo. Siccome qui è '= =20q−100

dq dCT

C , sarà

20q − 100 = 300. Da ciò discende che, al prezzo di 300 € per brano composto, Piero troverà ottimale scrivere q* = 20 composizioni ogni mese, che gli garantiranno un profitto di

(28)

________________________________________________________________________________________________ π* = 3000 €. Il numero di compositori che operano attualmente nell’industria musicale qui configurata è 1000 20 20000 = = = q Q n .

c) Poiché i compositori attivi nel mercato realizzano extraprofitti positivi, e dato che in un mercato perfettamente concorrenziale vi è assenza di barriere all’entrata, nuovi musicisti entreranno nell’industria, aggiungendo la propria produzione di brani a quella dei compositori già esistenti. Ciò comporterà uno spostamento verso destra (aumento) dell’offerta, e dunque una riduzione del prezzo unitario di vendita della singola composizione e perciò dei profitti di tutti i musicisti, vecchi e nuovi.

Il processo di entrata si fermerà nel momento in cui gli extraprofitti si saranno annullati, il che accade quando il prezzo dei brani musicali è tangente al punto di minimo del loro costo medio totale (equilibrio di lungo periodo). Dunque, per individuare il livello del prezzo nel lungo periodo occorre trovare il livello del costo medio totale minimo. Per fare ciò, basta calcolarsi la derivata della funzione di costo medio totale rispetto alla quantità, e quindi porla uguale a zero. Se CT = 10q2 – 100q + 1000, allora q q q CT Cmt = =10 −100+1000. Dovrà essere: 0 1000 10− 2 = = q dq dCmt

, da cui discende che alla quantità q’ = 10 corrisponde il minimo della funzione di costo medio totale: essa è dunque quella che caratterizza l’equilibrio di lungo periodo in tale mercato perfettamente concorrenziale, e sarà anche il numero di brani che Piero troverà ottimale vendere. Per tale produzione, il costo medio è uguale a 100, e dunque il prezzo di equilibrio di lungo periodo è pari a 100 €. Chiaramente, gli extraprofitti si saranno annullati, e a Piero (come a tutti gli altri compositori) resteranno soltanti i profitti normali.

(29)

________________________________________________________________________________________________ 2.6 Monopolio

Francesco ha il monopolio della vendita di panini all’interno dell’Università, e ha affidato a Luigi il compito di svolgere tale attività. Quest’ultimo riceve da Francesco una quota dei ricavi totali (fatturato) come compenso per il proprio lavoro. Il numero giornaliero di panini che gli studenti richiedono è derivato dalla funzione di domanda Q = 250 – 50p, dove p è il prezzo in euro. La produzione dei panini è caratterizzata dalla funzione di costo CT = 0.01Q2 + 2Q.

a) Determinare la produzione di panini che massimizza il profitto di Francesco, il loro prezzo e il profitto di Francesco.

b) Determinare la produzione di panini che massimizza il compenso di Luigi, il loro prezzo e il profitto di Francesco.

c) Determinare la produzione di panini che massimizza il compenso di Luigi nell’ipotesi in cui Francesco gli richieda un profitto minimo garantito di 60 € al giorno, nonché il loro prezzo. d) Si supponga ora che il Rettore intervenga per regolamentare il monopolio di panini detenuto da

Francesco e Luigi, e imponga un livello produttivo che massimizzi il benessere sociale di tutti i soggetti coinvolti in questo mercato. Determinare la produzione di panini che soddisfa tale requisito, il loro prezzo e il profitto di Francesco.

a) Se la funzione di domanda è Q = 250 – 50p, per determinare il massimo profitto bisogna scrivere quella inversa; essa è p = 5 – 0.02Q. Da ciò consegue che il ricavo totale (sul quale verrà calcolato il compenso di Luigi) è pari a RT = pQ = 5Q – 0.02Q2, e quindi il ricavo marginale è

pari a Q

dQ dRT

R'= =5−0.04 . Dalla funzione di costo, desumiamo che il costo marginale è uguale a '= =0.02Q+2

dQ dCT

C .

Il massimo profitto è quello per il quale R’ = C’, e quindi bisogna imporre 5 − 0.04Q = 0.02Q + 2. Si ha che Q* = 50 panini al giorno, e p* = 4 €. Siccome RT = 200 € e

CT = 125 €, sarà π* = 75 €.

b) Poiché Luigi riceve un compenso direttamente proporzionale al ricavo totale, egli avrà interesse a massimizzare tale valore. Dunque per Luigi l’obiettivo è trovare quel livello di produzione per il quale =0

dQ dRT

, ovvero coincidente con R’ = 0. Dunque, dovrà essere 5 – 0.04Q = 0, da cui

Q’ = 125 panini, p’ = 2.5 € e π’ = –93.75 €.

c) Se Francesco non può direttamente gestire l’attività di produzione e vendita dei panini, né monitorare le scelte di produzione di Luigi (che ha interesse a massimizzare il fatturato, e non il

(30)

________________________________________________________________________________________________ profitto), è chiaro che non può nemmeno accettare un profitto negativo. In quest’ottica, egli può richiedere un profitto minimo, vincolando così le scelte di Luigi.

Se allora Francesco fissa l’obiettivo minimo di profitto a 60 €, Luigi dovrà trovare quella Q che garantisce π = RT – CT = 60. Dovremo allora imporre (5Q – 0.02Q2) – (0.01Q2 + 2Q) = 60.

Questa equazione di secondo grado può essere riscritta come 0.03Q2 – 3Q + 60 = 0. Le soluzioni

sono Q1’’ = 27.64 e Q2’’ = 72.36 panini, rispettivamente. Tra i due livelli di produzione, Luigi

sceglierà il secondo, poiché gli garantisce maggiore fatturato e perciò reddito più elevato. Dunque, sarà Q’’ = 72 panini, per cui p’’ = 3.56 € e π’’ = 60.48 €.

d) L’intervento del Rettore è simile a quello di un’autorità regolamentatrice che impone l’uguaglianza tra prezzo e costo marginale, la stessa che caratterizza l’equilibrio concorrenziale e di conseguenza il massimo benessere sociale.

Se deve essere p = C’, si scriverà 5 – 0.02Q = 0.02Q + 2. Da ciò consegue che Q° = 75 panini,

p° = 3.5 € e π° = 56.25 €.

In sintesi, la massimizzazione del profitto da parte del monopolista è la situazione peggiore per i consumatori, mentre l’intervento di un’autorità governativa rende il prezzo dei beni più basso e garantisce maggiore offerta sul mercato (ovviamente, nel secondo caso il profitto del monopolista si riduce).

I diversi equilibri individuati sono visualizzati nella figura seguente.

2.7 Imprese in concorrenza monopolistica

Anna Paola è un’esperta di diritto e perciò offre lezioni private (di tre ore ognuna) finalizzate al superamento degli esami. Il mercato in cui opera è assimilabile alla concorrenza monopolistica (ogni docente ha il suo metodo, sebbene il servizio offerto sia lo stesso, e le barriere all’entrata sono praticamente assenti), e la funzione di domanda che Anna Paola fronteggia è q = 150 – p; in

(31)

________________________________________________________________________________________________ essa, q è il numero di lezioni private mensili e p è il prezzo unitario di ciascuna lezione. La sua funzione di costo totale è invece pari a CT = 0.1q3 – 4q2 + 150q.

a) Individuare il numero di lezioni di diritto che Anna Paola offrirà in un mese, il loro prezzo unitario e il profitto conseguito.

b) Sulla base dei risultati ottenuti, valutare come evolverà la situazione del mercato in esame, e, ipotizzando che eventuali processi di entrata e uscita di docenti non modifichino la pendenza delle singole curve di domanda, calcolare la quantità di lezioni, il loro prezzo e i profitti di equilibrio di lungo periodo per Anna Paola.

a) La funzione inversa di domanda è p = 150 – q, per cui il ricavo marginale di Anna Paola è

R’ = 150 – 2q. Il costo marginale è '= =0.3q2 8q+150

dq dCT

C , mentre il costo medio totale è 150 4 1 . 0 2 + = = q q q CT

Cmt . Dunque, siccome il massimo profitto è ottenuto in corrispondenza dell’uguaglianza R’ = C’, dovremo imporre che 150 – 2q = 0.3q2 – 8q + 150. Risolvendo, si ha che q* = 20 lezioni, p* = 130 € e π* = 400 €.

b) Poiché Anna Paola (e dunque anche gli altri suoi colleghi che già offrono ripetizioni) realizza un profitto positivo, vi sarà l’entrata di altri docenti nel mercato delle lezioni private, stante l’assenza di barriere all’entrata. Questo comporterà lo spostamento della curva di domanda di Anna Paola verso il basso (sinistra), in questo caso a parità di pendenza; dunque, l’intercetta con l’asse verticale si riduce dall’originario valore di 150. E’ noto che l’equilibrio di lungo periodo in un mercato di concorrenza monopolistica prevede un livello di produzione q° in cui si verifichi contemporaneamente l’uguaglianza di ricavo marginale e costo marginale e la tangenza della curva di domanda con la funzione del costo medio totale (e quindi la coincidenza dei due valori). A questa produzione, avremo una nuova intercetta k della funzione di domanda con l’asse verticale. Essa è ora la nostra seconda incognita.

Per trovare q° e k, possiamo allora costruire un sistema di due equazioni in cui imponiamo le due precedenti condizioni:     + ° − ° = ° − + ° − ° = ° − ⇒    = = 150 4 1 . 0 150 8 3 . 0 2 ' ' 2 2 q q q k q q q k C p C R mt

Risolvendo questo sistema, otteniamo q° = 15 e k = 127.5. Perciò, la curva di domanda di lungo periodo per Anna Paola è p = 127.5 – q. L’equilibrio è caratterizzato da una produzione di 15 lezioni al mese, che saranno vendute al prezzo di 112.5 € ognuna, e Anna Paola non realizzerà più alcun extraprofitto.

(32)

________________________________________________________________________________________________ Un altro modo per risolvere questo quesito è quello di ricorrere alla condizione di tangenza fra prezzo e costo medio totale in corrispondenza dell’equilibrio di lungo periodo. Tangenza significa che le due funzioni in quel punto hanno uguale pendenza. Siccome la pendenza della funzione (inversa) di domanda è =−1

dq dp

, mentre quella del costo medio totale è 4 2 . 0 − = q dq dCmt

, basta imporre che –1 = 0.2q – 4, da cui q° = 15. Sostituendo questo valore nel costo medio totale, otteniamo il livello del prezzo (che è proprio coincidente con il livello del costo medio): sarà p° = Cmt° = 112.5. Ne segue che, se p = k – q, allora k = p + q = 127.5.

Entrambi gli equilibri (di breve e di lungo periodo, rispettivamente A e B) sono individuabili nella figura che segue.

2.8 Duopolio

In una piccola città, Ilaria e Serena sono le uniche produttrici di crostate di frutta, la cui funzione di domanda del mercato è Q = 600 – 50p, dove Q rappresenta il numero di crostate vendute ogni settimana e p è il prezzo in euro. Tutte e due le ragazze adottano la medesima tecnologia di produzione, per cui la funzione di costo è per entrambe pari a C = 0.01q2 + 100, in cui q rappresenta il livello di produzione settimanale di crostate di frutta.

a) Determinare la produzione di equilibrio di Ilaria e Serena nell’ipotesi che si instauri un duopolio alla Cournot, il prezzo di equilibrio, e il livello di profitto di ciascuna.

b) Si supponga che Ilaria e Serena si accordino per colludere ai danni dei consumatori. Quale sarà la loro produzione, il prezzo di vendita delle crostate e il loro profitto in questo caso?

c) Dato l’equilibrio collusivo, Ilaria sta prendendo in considerazione l’ipotesi di deviare dall’accordo cooperativo stretto con Serena, tornando a produrre la quantità connessa

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