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CAPITOLO 3-Resine a scambio ionico

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3-Resine a scambio ionico

Introduzione

Nell’ambito delle moderne tecnologie dell’industria chimica, recentemente è apparso l’utilizzo di resine chelanti per la rimozione ed il recupero di cationi di metalli pesanti da effluenti industriali. Tali tecnologie hanno permesso il rispetto delle norme che tutelano le acque dall’inquinamento provocato dalle sostanze pericolose.

3.1. Struttura delle resine a scambio ionico

Le resine a scambio ionico sono di natura sintetica, con struttura tridimensionale composta da molecole di polimeri in cui vengono “aggraffati” dei gruppi funzionali di vario tipo. I polimeri di base utilizzati per la produzione di resine sono copolimeri di stirene e divinilbenzene (DVB) con forma sferoidale, ottenuti grazie ad una polimerizzazione in sospensione.

Fig.3.1. Sezione di una particella di resina.

E’ stato osservato che una maggiore percentuale di DVB aggiunta durante la copolimerizzazione fa aumentare il crosslinkage1

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del prodotto. Un grado di crosslinking troppo elevato penalizza la diffusione degli ioni; generalmente il crosslinkage utilizzato è circa l’8% [3.12]. La funzionalizzazione della resina, una volta ottenuta la matrice polimerica, si realizza fissando i gruppi funzionali tramite reazione chimica.

La classificazione delle resine si basa sia sul tipo di ione scambiato (anione o catione) sia sul tipo d’azione che compie il gruppo funzionale. Nel caso delle resine cationiche, funzionalizzate con gruppi solfonici, si verifica uno scambio tra gli ioni in soluzione e quelli della resina, mentre per le resine chelanti si verifica una “cattura” degli ioni formando dei complessi (chelati).

Le resine prodotte possono essere di tipo gel oppure poroso. Il grado di porosità è regolato durante la polimerizzazione, realizzando macropori nella matrice i quali determinano superfici attive diverse dal tipo gel a quello molto poroso.

Fig.3.2. Struttura gel e porosa di una resina.

Un tipico fenomeno collegato alle resine è quello dello “swelling” o rigonfiamento che si verifica quando la resina è a contatto con acqua o altri tipi di solventi polari. Le resine, come detto prima, si ottengono da monomeri attivati da gruppi ionici che tendono a circondarsi di molecole di solventi polari. Tali unità monomeriche sono solubili in

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solventi polari e la loro polimerizzazione in prodotti lineari non influirebbe sulla solubilità. Il crosslinking delle resine invece ne impedisce la solubilizzazione; il passaggio del liquido polare induce le catene del polimero, inizialmente intrecciate, a liberarsi per cercare di raggiungere una forma lineare facilitando la solvatazione. La resina trattiene così una parte del liquido durante il suo passaggio attraverso il letto causandone l’espansione; il fenomeno ha una sua cinetica e si stabilizza quando si raggiunge l’equilibrio.

Fig.3.3.Fenomeni che generano la variazione di volume delle particelle di resina.

3.2. Tipologie e funzionamento di resine a scambio ionico

Le resine a scambio ionico, come detto precedentemente, sono di tipo sintetico e si ottengono introducendo dei gruppi funzionali all’interno di una matrice polimerica tridimensionale. La classificazione delle resine evidenzia l’esistenza di resine scambiatrici di ioni e di resine chelanti. Per mostrarne il diverso comportamento, s’illustrerà il funzionamento della resina cationica a scambio ionico e chelante.

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3.2.1. Resine scambiatrici cationiche

In questa categoria di resine, un gruppo scambiatore è l’acido solfonico (-SO3H) che per il grado di dissociazione le attribuisce la

denominazione di resina forte. La tendenza dell’acido a dissociarsi è elevata e questo consente di utilizzare il prodotto nell’intero intervallo di valori di pH,dove le tipiche reazioni sono:

R- SO3H + NaCl ↔ R- SO

)

3Na + HCl (3.1)

2 R- SO3H + CaCl2 ↔ (R- SO3 2Ca + 2HCl (3.2)

R- SO3H + NaOH → R- SO3Na + H2O (3.3)

Lo scambio ionico si protrarrà per il tempo necessario a saturare la resina che successivamente verrà rigenerata per essere nuovamente utilizzata. Come si osserva le reazioni 3.1 e 3.2 sono reversibili, quindi una rigenerazione totale realizzata in discontinuo (batch) sarebbe impossibile perché si interromperebbe una volta raggiunto l’equilibrio. In questo caso una rigenerazione continua dove lo scambio avviene solitamente in colonna attraversata dalla soluzione rigenerante si rivela efficace. La 3.3 non è reversibile consentendo di realizzare lo scambio ionico anche in un sistema discontinuo. Le reazioni relative alla rigenerazione nella forma Na+ sono:

R- SO3Na + HCl ↔ R- SO3H + NaCl (3.4)

2R- SO3Na + H2SO4↔ 2R- SO3H + Na2SO4 (3.5)

3.2.2. Resine chelanti cationiche

Una resina chelante di tipo cationico con gruppo funzionale imminodiacetico sottrae ioni positivi dalla soluzione agendo come si vede in Fig.3.4.

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Fig. 3.4.Azione della resina chelante.

L’azione delle “chele” nel legante consente di catturare il metallo durante il passaggio della soluzione, rimovendolo. La maggiore selettività per alcuni tipi di ioni dipende dalla stabilità del composto che si forma tra il gruppo funzionale e lo ione; tale caratteristica, in alcuni casi, ha portato ad utilizzare tali resine in settori che tipicamente utilizzavano le scambiatrici, sostituendole.

3.2.2.1. Proprietà generali

Le resine solitamente possiedono una forma sferoidale, con un diametro che può variare tra 0,5-1,3mm. Naturalmente la cinetica dello scambio è sfavorita dalle dimensioni elevate delle particelle, infatti, in quel caso, il moto degli ioni verso gruppi funzionali presenti entro la particella sarà più lento.

La resina possiede anche una certa densità, comunemente espressa come massa per unità di volume, che dipende dalla matrice polimerica, dal tipo di gruppo funzionale e dai legami presenti entro la resina.

La capacità d’adsorbimento della resina è un altro parametro

caratteristico che indica la sua capacità a sostituire gli ioni. Solitamente tale capacità è espressa come numero d’equivalenti che è possibile sostituire, per litro di resina. Tale capacità varia in funzione del tipo di soluzione da trattare; per ottimizzare le prestazioni della resina è necessario effettuare delle prove sperimentali. Utilizzando questo parametro e conoscendo la concentrazione della specie da rimuovere è possibile valutare la quantità teorica di resina da impiegare.

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Durante il funzionamento, la capacità della resina andrà gradualmente diminuendo, mentre crescerà la percentuale di metallo adsorbito. Il volume di resina utilizzata raggiunge asintoticamente un livello massimo d’adsorbimento del metallo. In queste condizioni si dice che la resina è stata portata ad esaurimento, oppure che è stato

raggiunto il breakthrough. Il tipico andamento delle curve di

adsorbimento delle resine, dove si vede anche il raggiungimento del punto di esaurimento, è visibile in Fig.3.5.

Fig.3.5. Curve di adsorbimento degli ioni.

L’applicazione della resina chelante per il recupero di uno specifico elemento sfrutta la sua selettività. Infatti per la resina, in determinate condizioni di esercizio (T, pH, velocità di eluizione), si definisce una scala in ordine decrescente degli ioni che possono essere più facilmente fissati alla resina, durante il passaggio della soluzione attraverso il letto. La scala è un parametro indicativo, che risente delle condizioni di lavoro e si valuta tramite prove sperimentali. Un’osservazione importante inerente alla loro scala di selettività è che la presenza di elementi trivalenti in soluzione ne causa una variazione, anteponendoli a quelli bivalenti.

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I sistemi più comuni d’utilizzo prevedono la presenza delle particelle in colonne alimentate da soluzioni da trattare. Le portate in ingresso possono essere espresse in termini di space velocity (abbreviata con la sigla SV) che rappresenta il numero di BV2 che fluiscono attraverso la

colonna in un’ora, ma anche come linear velocity (velocità superficiale) (abbreviata con la sigla LV) espressa in m/h e si calcola facendo il rapporto tra la portata oraria volumetrica e la sezione della colonna.

3.2.2.2. Ciclo di funzionamento

La sequenza d’utilizzo di una resina è caratterizzata da una serie di fasi principali:

9 esaurimento 9 lavaggio 9 rigenerazione 9 lavaggio finale

• esaurimento: tale fase corrisponde al funzionamento, durante

l’estrazione dello ione dalla soluzione. La forza motrice che genera tale scambio è data dalla differenza di concentrazione dello ione nel fluido e nei gruppi funzionali. Le prestazioni della resina possono essere valutate in funzione dell’efficacia della rimozione di ioni, della capacità operativa della resina (capacità di scambio, frequenza di rigenerazione) e dai costi. Per garantire uno scambio efficace si sceglie la resina più selettiva nei confronti della specie; la capacità operativa della resina si sfrutta al massimo assicurando una distribuzione uniforme del liquido sul letto.

2 BV(Bed Volume): volume della resina presente in colonna.; il BV diventa l’unità di misura per quantificare

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• lavaggio: provoca lo swelling che facilita la successiva fase di rigenerazione e consente di rimuovere eventuali impurezze depositatesi sul letto.

• rigenerazione: effettuata in più fasi. Un trattamento con acido

riporta la resina alla forma acida, il successivo lavaggio con acqua distillata rimuove l’acido in eccesso. Per riportare la resina in forma sodica si effettua un trattamento con NaOH con lavaggio finale con acqua demineralizzata.

La procedura può essere eseguita utilizzando una metodologia continua oppure discontinua. Nel primo caso i lavaggi sono realizzati in colonna; il dimensionamento dell’apparecchiatura è fondamentale per consentire le variazioni di volume del letto, secondo la forma ionica della resina. Nel caso in cui la rigenerazione è discontinua le diverse fasi della procedura si realizzano estraendo la resina dalla colonna ed utilizzando dei contenitori. Il contatto della resina con la soluzione, dopo opportuna agitazione, fa sì che questa si rigeneri, riportandola prima in forma acida e poi nella forma sodica.

Le resine sono disponibili sul mercato nella forma anidra, quindi per poterle utilizzare è necessario provvedere alla loro idratazione seguita da un trattamento per ripristinarne la funzionalità. La metodologia da seguire sarà spiegata nel Cap.4.

3.2.2.3. Applicazioni

Le applicazioni per questo tipo di resine chelanti sfruttano la selettività del prodotto per garantire il recupero o la rimozione di particolari ioni da soluzioni concentrate. Soprattutto nel settore minerario e della protezione ambientale, è possibile che l’elemento desiderato o nocivo costituisca una minima parte del totale. Il recupero o la rimozione dello ione con tecniche convenzionali risulterebbe complesso; con le resine

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chelanti è possibile rimuovere in maniera specifica l’elemento riducendo notevolmente il dispendio energetico e materiale.

Le applicazioni in ambito industriale sono numerose e molto diverse tra loro; un settore importante è quello della purificazione delle salamoie di NaCl, dove ioni bivalenti (Ca2+ e Mg2+) vengono rimossi dal

liquido e sostituiti con ioni monovalenti.

La Dowex recentemente ha sviluppato una nuova serie di resine utilizzate per il recupero del rame dai minerali. Una lisciviazione acida del minerale consente di ottenere delle soluzioni a pH 1-3, contenenti una bassa concentrazione del metallo che viene estratto in modo selettivo grazie a tali resine [3.4].

La possibilità di estrarre metalli in modo selettivo, ha anche sviluppato un settore di ricerca per il recupero di metalli preziosi da acqua di mare. In alcune nazioni dove scarseggiano metalli preziosi, sono stati lanciati progetti di ricerca per utilizzare le resine chelanti nel recupero d’uranio da acqua di mare. Attualmente l’estrazione del metallo risulta antieconomica ed il prezzo dell’ossido d’uranio ottenuto con questa tecnica supera quello del mercato internazionale. Sempre utilizzando acqua di mare sono stati fatti tentativi per il recupero dell’oro; anche questo settore non costituisce una realtà economicamente competitiva [3.4].

Migliori risultati sono stati ottenuti per l’estrazione dell’oro da soluzioni ottenute da trattamenti di minerali. In questo caso, utilizzando carbone oppure resine anioniche è stato possibile recuperare oro anche se in modo non selettivo, producendo una soluzione con impurezze. La soluzione ottenuta necessita di un ulteriore trattamento con resine chelanti di tipo anionico, che separano gli anioni complessi dell’oro da altri metalli non preziosi presenti[3.4].

Studi interessanti per applicazioni di resine chelanti si svolgono anche nell’ambito del settore nucleare. La rimozione di radionuclidi dalle

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acque reflue di impianti si effettua sfruttando la IRN 77, resina prodotta dalla Rohm & Haas. L’impiego di tale resina ha anche portato ad ulteriori sviluppi per l’uso della stessa nell’ambito della rimozione di elementi tossici da soluzioni acquose [3.1]. In Giappone una parte dell’energia nucleare prodotta utilizza dei reattori (BWR-Boiling Water Reactor, Fig.3.6) che sfruttano acqua come liquido per produrre vapore da mandare in turbina per poter produrre energia. Il vapore condensato contiene prodotti corrosivi e sali radioattivi che si recuperano sfruttando delle resine prodotte dalla Mitsubishi [3.12].

Fig 3.6.Schema di un impianto nucleare BWR.

In ambito analitico alcune soluzioni contengono elementi in concentrazioni talmente basse da non poterne rilevare la presenza tramite procedure standard; utilizzando le resine è possibile recuperare queste tracce per ottenere una soluzione finale più concentrata. La Chelex 100 ad esempio è stata utilizzata per recuperare tracce (0,5-4ppb) di elementi (Zn, Cd, Pb e Cu) da acqua di mare. Ulteriori applicazioni della resina hanno interessato il nichel [3.2].

L’industria galvanica rappresenta un altro settore dove si utilizzano resine chelanti; i trattamenti di finitura superficiale realizzati sui pezzi per prevenirne il deterioramento producono effluenti da trattare per

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prevenire l’inquinamento ambientale. In Fig.3.7 è rappresentato uno schema di un impianto di questo tipo; il recupero degli elementi inquinanti si compie tramite resine chelanti, rendendo possibile inviare gli effluenti direttamente allo scarico.

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Precedenti sperimentazioni hanno permesso di individuare gruppi funzionali che manifestano una maggiore affinità per determinati elementi; tale scoperta è utile per selezionare il tipo di resina da sfruttare nel recupero selettivo (Tab 3.1.).

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3.3. Selezione delle resine

Nell’ambito della ricerca di un processo economico di recupero del nichel tramite resine chelanti, sono state individuate delle resine disponibili sul mercato ad elevata selettività e costi limitati.

L’individuazione delle tipologie di resine da utilizzare è stata effettuata basandosi su studi realizzati con soluzioni contenenti nichel[3.5, 3.9, 3.10, 3.15] ma anche tramite l’assistenza delle ditte produttrici di resine nell’individuare le condizioni ottimali di esercizio.

Lewatit TP 207

La resina prodotta dalla Bayer è di tipo cationico, possiede gruppi funzionali imminodiacetici per il recupero selettivo di metalli pesanti in soluzioni concentrate di tipo acido o basico. La scala di selettività per il recupero di metalli bivalenti è:

Cu>VO>UO2>Pb>Ni>Zn>Cd>Fe2+>Be>Mn>Ca>Mg>Sr>Ba>Ca

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Tab. 3.2. Proprietà della resina TP 207.

Forma ionica Na+

Gruppo funzionale imminodiacetico

Tipo di matrice crosslinked polistirene-DVB

Struttura Particelle porose

Aspetto beige/opaco Dimensioni particelle(mm) 0,4-1,25

Densità (g/l) 755

Capacità totale (eq/l) 2,2 Ritensione acqua 53-58% Temperature di esercizio (°C) -20-80 pH di esercizio 0-14 Portate di esercizio(BV/h) 1-10 Prezzo (euro/l) 7 Applicazioni della TP 207

a) Rimozione di tracce di metalli in impianti continui o discontinui per le industrie di finiture metalliche (Fig.3.8.).

In questo settore gli effluenti contengono basse concentrazioni di metalli pesanti variabili tra 0,1-10ppm. E’ possibile impiegare la TP 207 per ridurre le concentrazioni dei metalli ai valori stabiliti dalle leggi anti-inquinamento. Gli effluenti inquinanti, trattati con tale resina, possono essere direttamente scaricati in fogna. Si osserva che per garantire una concentrazione uscente di metalli inferiore a 0,1ppm sono presenti nell’impianto due colonne in serie contenenti la resina. Per ottenere un funzionamento efficiente della resina è necessario assicurarsi che sostanze tipo EDTA o NTA non siano presenti, e che la concentrazione in ingresso di Ca2+ non ecceda i 20g/l.

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Fig 3.8.Impianto di decontaminazione in discontinuo.

b) Recupero di ioni metallici nocivi per l’ambiente in acque di lavaggio dell’industria dell’elettrodeposizione (Fig.3.9.)

L’idea innovativa da sfruttare per gli impianti di recupero è di mantenere separate le acque di lavaggio di differenti impianti di produzione. Le norme sempre più stringenti riguardanti le concentrazioni residue di elementi pesanti, la loro riduzione e recupero, implicano che le correnti degli effluenti dovranno essere trattate separatamente, ovvero ciascun metallo dovrà essere recuperato dalla sua sorgente. Un tipico esempio è il riciclaggio del rame nell’industria dell’elettrodeposizione. Si può utilizzare lo stesso principio per metalli come il nichel e zinco. Nel caso di recupero del rame, la forma ionica da preferire per la TP 207 è quella acida; il rame riesce a formare complessi stabili, diversamente dagli altri metalli che possono essere presenti. In tal caso il pH consigliato è 2-3.

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Fig.3.9.Trattamento acque lavaggio dell’industria galvanica.

c) Recupero di metalli pesanti in gas di scarico di inceneritori (Fig.3.10).

Il residuo solido presente nei gas di scarico di inceneritori può contenere tracce di mercurio ed altri elementi pesanti che devono essere recuperati; nell’impianto schematizzato in Fig.3.10 il recupero di metalli consente anche di produrre NaCl. La lisciviazione acida consente di solubilizzare gli elementi pesanti, mentre la basica rimuove

l’SO2. La soluzione finale contiene soprattutto NaCl con tracce di

elementi che possono essere rimossi grazie al sistema di colonne in serie contenenti resine chelanti.

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Fig.3.10. Trattamento di gas di scarico

S-930

La resina prodotta dalla Purolite è di tipo cationico, possiede gruppi funzionali imminodiacetici per il recupero selettivo di metalli pesanti in soluzioni di tipo acido o basico. La scala di selettività per il recupero di metalli bivalenti è:

Cu>Ni>Zn>Co>Cd>Fe2+>Be>Mn>Ca

Nel settore idrometallurgico tale resina è stata sperimentata per il recupero di nichel e cobalto [3.9].

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Alcune proprietà della resina sono riportate in Tab.3.3.

Tab. 3.3. Proprietà della resina S-930.

Forma ionica Na+

Gruppo funzionale imminodiacetico

Tipo di matrice crosslinked polistirene-DVB

Struttura particelle porose

Aspetto beige/opaco Dimensioni particelle(mm) 0,3-1,2

Densità (g/l) 710-745

Capacità totale (eq/l) 1,1 Ritensione acqua 45-50% Temperature di esercizio (°C) 70 pH di esercizio 8-11 H+ form 6-11 Na+ form Portate di esercizio(BV/h) 8-16 Prezzo (euro/l) 9,5 Amberlite IRC 748

Il prodotto, della società Rohm & Haas, è di tipo cationico e possiede gruppi funzionali imminodiacetici. Viene utilizzato per il recupero selettivo di metalli pesanti in soluzioni di tipo acido o basico. La scala di selettività per il recupero di metalli a pH 4 è:

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Tab 3.4. Proprietà della resina IRC 748.

Forma ionica Na+

Gruppo funzionale imminodiacetico

Tipo di matrice Crosslinked polistirene DVB

Struttura particelle porose

Aspetto beige/opaco Dimensioni particelle(mm) 0,5-0,65

Densità (g/l) 750g

Capacità totale (eq/l) 1,3 Ritensione acqua 60-65% Temperature di esercizio (°C) fino a 90 pH di esercizio 1,5-14 Portate di esercizio(BV/h) 6-32

Prezzo (euro/l) 14

Applicazioni della Amberlite IRC 748

Impianti di trattamento di soluzioni di lavaggio per rivestimenti metallici

a)

Come detto nel caso delle applicazioni della TP 207, gli impianti per la finitura metallica producono effluenti con tracce di metalli nocivi per l’ambiente. I seguenti sistemi consentono di trattare tali effluenti e ridurre la concentrazione uscente a 0,1ppm. Il sistema complessivo sfrutta diverse tipologie di resine che consentono di rimuovere più specie presenti in soluzione. L’impiego della Amberlite IRC 748 è particolarmente indicato nel caso di concentrazioni metalliche pari a 5-20ppm.

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Fig 3.11.Processo globale in un impianto di finiture metalliche.

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Riferimenti bibliografici Capitolo 3

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3.11 Diaion,Manual of Ion Exchange Resins and synthetic adsorbents, Vol 1 & 2,1995,Mitsubishi Chemical Corporation.

3.12 Sito Bayer: www.bayer.com. 3.13 Sito Purolite: www.purolite.com. 3.14 Sito Bayer: www.rohmhaas.com.

Figura

Fig 3.6.Schema di un impianto nucleare BWR.
Fig 3.7. Impianto recupero inquinanti dell’industria galvanica.
Tab. 3.2. Proprietà della resina TP 207.
Fig 3.8.Impianto di decontaminazione in discontinuo.
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Riferimenti

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