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UNIVERSITÀ DI PISA

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Academic year: 2021

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Scuola di Ingegneria

DESTeC

CdLM in Ingegneria Edile-Architettura

Tesi di laurea

IL COMPLESSO MONUMENTALE DELLA CERTOSA DI PISA:

valutazione della sicurezza statica della porzione sud-ovest e

proposte di consolidamento in vista della sua rifunzionalizzazione

A.A. 2018/2019

Relatori

Prof.ssa Ing. Anna DE FALCO

Prof. Ing. Marco Giorgio BEVILACQUA Ing. Francesco SPANDRE

Ing. Emanuele LORENZO

Candidato Lorenzo ROSSI

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INDICE

INDICE 1

1. INTRODUZIONE 3

1.1OBIETTIVI DELLO STUDIO E METODOLOGIA 3

1.1.1 Fase conoscitiva 4

1.1.2 Fase di diagnosi 5

1.1.3 La fase conclusiva 5

2. STORIA DELLA CERTOSA DI PISA A CALCI 7

2.1L’ARCHITETTURA DELLE CERTOSE 7

2.2FASI COSTRUTTIVE 10 2.2.1 XIV secolo 11 2.2.2 XV e XVI secolo 13 2.2.3XVII secolo 16 2.2.4XVIII secolo 19 2.2.5 XIX secolo 23 2.2.6 XX secolo 24 3. RILIEVO GEOEMTRICO-ARCHITETTONICO 27 3.1NOMENCLATURA 27

3.2COSTRUZIONE DEGLI ELABORATI 29

4. RILIEVO GEOMETRICO-STRUTTURALE 34

4.1COSTRUZIONE DELLE PIANTE STRUTTURALI 34

4.2RILIEVO STRUTTURALE DEGLI ORIZZONTAMENTI 35

4.2.1 Rilievo dei solai piani 39

4.2.2 Rilievo delle volte 40

4.3VALUTAZIONE DELLE STRUTTURE VERTICALI 42

4.4CARATTERIZZAZIONE DELLE TESSITURE MURARIE 44

4.5INDICE DI QUALITÀ MURARIA 45

4.5.1 Introduzione al metodo 45

4.5.2 La “regola dell’arte” 46

4.5.3 Criterio di giudizio dei parametri 47

4.5.4 Valutazione della categoria muraria 51

4.5.6 Determinazione delle caratteristiche meccaniche 53 4.5.7 Valutazione dell’ IQM per il caso in esame 56

4.6TERMOGRAFIA 58

5. CRITICITÀ E PROPOSTE PER IL RIUSO 61

5.1 CRITICITÀ E INTERVENTI 61

5.2CRITICITÀ SUGLI ORIZZONTAMENTI 62

5.2.1 Solaio in legno 62 5.2.2 Volta in muratura 64 5.2.3 Volta in cannicciato 64 5.2.4 Impermeabilizzazione 65 5.2.5 Catene 65 5.2.6 Muri in falso 65

5.3IL RIUSO DEGLI AMBIENTI 71

6. LA VOLTA DEL REFETTORIO 72

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6.2ANALISI GEOMETRICO-STRUTTURALE 84

6.2.1 Campagna saggi volta 84

6.2.2 Analisi della forma 88

6.2.3 Quadro fessurativo 91

6.3ANALISI SUI MODELLI 93

6.3.1 Materiali e analisi dei carichi 94

6.3.2 Modello con geometria deformata (modello I) 95 6.3.3 Modello con geometria regolarizzata (modello II ) 96

6.3.4 Vincoli 96

6.3.5 Analisi dei modelli 97

7. PROGETTO DI CONSOLIDAMENTO 105

7.1INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO 105

8. CONCLUSIONI 109

ABBREVIAZIONI E SIGLE 111

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1. INTRODUZIONE

Paesi, territori e città d’Italia custodiscono un immenso patrimonio artistico, culturale, paesaggistico ed ambientale, se esistesse una classifica della bellezza, l’Italia sarebbe probabilmente in vetta. Il giudizio non è soggettivo ma giustificato dal numero di siti Unesco presenti nel nostro paese.

Tanta abbondanza di ricchezza culturale, arrivata fino ai nostri giorni, comporta un impegno notevole per la salvaguardia di questo patrimonio da trasmettere alle generazioni future.

Purtroppo, proprio a causa dell’immenso numero dei capolavori, per motivi economici e per scarsa sensibilizzazione, molte di queste opere sono soggette all’abbandono e all’incuria.

Disastrosa conseguenza è l’avanzato degrado che colpisce molti degli edifici che fanno parte del nostro patrimonio storico artistico, compromettendone l’integrità. Tra questi, vi è anche il complesso monumentale della certosa di Pisa a Calci, oggetto di questa tesi, del quale molte parti risultano in stato di deterioramento.

Partendo da queste considerazioni, l’obiettivo della tesi è quello di evidenziare le criticità e le caratteristiche strutturali del complesso al fine di eseguire un processo di consolidamento e rifunzionalizzazione.

Nei grandi complessi architettonici come quello in esame, la funzionalità statica del fabbricato è frutto delle diverse fasi costruttive e stratificazioni che si sono susseguite nel tempo, rendendo spesso ardua l’interpretazione dei sintomi di dissesto.

Grazie ad un approccio di studio multidisciplinare, partendo dall’analisi delle fonti e dal rilievo architettonico, mediante l’analisi e le modellazioni strutturali, con l’ausilio della campagna saggi, si è giunti alla comprensione del funzionamento statico e alla conseguente scelta degli interventi di consolidamento più idonei.

1.1 Obiettivi dello studio e metodologia

Il Progetto di tesi si è concentrato sull‘area del cenobio denominata US2 identificabile con la zona meridionale del complesso monastico.

L’obiettivo è quello di una valutazione della sicurezza statica allo scopo di individuarne le principali criticità e proporre interventi di consolidamento.

Il percorso di conoscenza è partito dalla ricognizione delle tappe costruttive mediante un’analisi storica documentaria sia d’archivio che interpretativa delle fonti iconografiche, in secondo luogo, si è proceduto ad un rilievo dettagliato ed all’identificazione delle diverse tipologie costruttive, grazie anche alla campagna saggi eseguita nell’area. Per poi individuare le principali patologie e la conseguente valutazione del livello di sicurezza nei confronti delle azioni statiche. Infine, coerentemente con quanto indiato, si è individuato gli interventi di consolidamento e miglioramento sismico al fine di valorizzare gli ambienti dell’alla meridionale del monastero.

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- La fase conoscitiva finalizzata a riconoscere la storia, la morfologia e le

caratteristiche strutturali dell’edificio; - Analisi storica

- Rilievo dettagliato - Campagna di indagini

- organizzazione delle informazioni

- La fase di diagnosi attraverso le analisi dei quadri deformativi e fessurativi e le verifiche di sicurezza statica.

- La fase di sintesi con l’individuazione e interpretazione delle carenze strutturali e dei principali fenomeni di dissesto e di conseguenza i possibili criteri di intervento per il consolidamento e la conservazione.

1.1.1 Fase conoscitiva

Il percorso di conoscenza nelle costruzioni esistenti, e in particolar modo per quelle storiche in muratura, costituisce il presupposto fondamentale e imprescindibile per una corretta comprensione del comportamento della struttura, delle sue patologie intrinseche e di quelle indotte da fattori esterni o dovute al deterioramento del materiale. Un’esaustiva raccolta di dette informazioni permette infatti una più attendibile valutazione delle modalità di insorgenza e decorso delle patologie in essere e quindi l'individuazione e classificazione di tutte quelle criticità rilevanti nei confronti della sicurezza strutturale.

1. Analisi storica: Appartenente a questa fase è l’analisi storico documentaria che ci permette di analizzare le caratteristiche evolutive del Bene Culturale con le relative stratificazioni avvenute nel corso della sua vita.

Nel caso specifico è stato inquadrato il complesso dalla sua genesi avvenuta nel XIV secolo fino ad oggi, confrontandolo con realtà di simil fattezza nel contesto toscano. Il risultato di questa analisi ha fornito ulteriori indicazioni per indagare i possibili ammorsamenti fra le murature, oltre a fornire notizie utili per capire le ragioni delle modifiche strutturali e geometriche intervenute nel tempo, per motivarnee eventuali segni o notizie di dissesti.

2. Rilievo dettagliato: Fondamentale per questa prima fase è rilievo geometrico della costruzione nello stato attuale; grazie alla nuvola di punti realizzata nell’area studio è stato possibile riportare un dettagliato rilievo individuando le caratteristiche plano-altimetriche degli elementi costruttivi. Per ogni piano è stata rilevata la geometria di tutti gli elementi in muratura, delle volte (spessore e profilo), dei solai e della copertura (tipologia e orditura), delle scale (tipologia strutturale), delle eventuali nicchie, cavità, aperture richiuse e canne fumarie. La successiva restituzione grafica del rilievo, attraverso elaborati di pianta, sezioni e dettagli, ha costituito la base necessaria per le analisi della fase di indagine. 3. Campagna di indagini: nel caso di edifici storici risulta importante la conoscenza

delle caratteristiche delle murature per poter caratterizzare i materiali e determinarne il livello di sicurezza. Nell’aria di studio US2 è stata condotta una campagna saggi sia agli orizzontamenti che alle murature verticali potendo così realizzare una classificazione degli elementi strutturali dell’intera area, volti ad individuare gli elementi costituenti l’organismo resistente, nell’accezione materica

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e costruttiva, con una particolare attenzione rivolta alle tecniche di realizzazione, ai dettagli costruttivi ed alle connessioni tra gli elementi.

La campagna saggi è stata eseguita nel rispetto e tenendo in considerazione di tutte le numerose problematiche comuni a tutti gli edifici esistenti, si è dovuto tener di conto di tutte quelle esigenze legate alla tutela del bene, alla conservazione del suo patrimonio culturale e artistico e all’esigenza di mantenere in attività la struttura museale

1.1.2 Fase di diagnosi

Questa fase è costituita dallo studio e dall’analisi delle caratteristiche prestazionali dell’intera parte dell’edificio che occupa la porzione meridionale del complesso.

Fondamentale è l’individuazione dei fenomeni fessurativi e deformativi presenti, in modo tale da consentire l’individuazione delle cause e delle possibili evoluzioni delle problematiche strutturali dell’organismo. Le lesioni sono state classificate secondo la loro geometria (estensione, ampiezza) ed il loro cinematismo (distacco, rotazione, scorrimento, spostamento fuori dal piano).

L’analisi dei dissesti è stata finalizzata poi alla determinazione delle criticità dell’area e a definire la geometria del modello da utilizzare nel caso particolare della volta del refettorio.

1.1.3 La fase conclusiva

Sulla base dei risultati della fase di analisi si è proceduto alla fase finale di sintesi ed elaborazione dei risultati delle fasi precedenti e all’individuazione delle criticità rilevanti nei confronti della sicurezza strutturale e dei corrispondenti criteri d'intervento, al fine di garantire un'adeguata sicurezza nei confronti dei carichi statici permanenti e di esercizio. Gli interventi sulla struttura sono stati valutati nel quadro generale della conservazione della costruzione, l’obiettivo principale perseguito è stato quello della conservazione, sia da un punto di vista della materia sia a livello funzionamento strutturale, qualora questo non presenti carenze tali da poter comportare la perdita del bene o comprometterne l’utilizzo.

Quindi il progetto degli interventi è stato concepito con lo scopo di garantire la conservazione dell’architettura in tutte le sue declinazioni, in particolare valutando l’eventuale interferenza con gli apparati decorativi.

La scelta delle tecniche d’intervento è stata condotta su macro-scala per tutta l’US2 indicando gli interventi di consolidamento generali per le zone di maggiore criticità rilevate, dando la preferenza. Agli interventi meno invasivi, reversibili e maggiormente compatibili con i criteri della conservazione, tenendo conto dei requisiti di sicurezza e durabilità.

Infine, è stato delineato un programma di valorizzazione degli ambienti al fine di migliorarne l’aspetto distributivo, organizzativo e funzionale localizzandolo nelle zone strutturalmente più sane e caratterizzate dalla minor presenza di elementi artistici e architettonici di pregio, altrimenti soggetti ad un maggior degrado.

Lo studio si è concluso con l’analisi al dettaglio della volta del refettorio proponendo un progetto di intervento.

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Figura 1 Facciata della certosa con al centro la Chiesa

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2. STORIA DELLA CERTOSA DI PISA A CALCI

Quando ci confrontiamo con edifici storici è necessaria quanto utile un’accurata analisi delle caratteristiche dell’edificio, il processo implica la conoscenza dell’articolazioni storiche, architettoniche e funzionali, volte a permettere una comprensione delle modifiche strutturali e geometriche intervenute nel tempo giustificate dalle ragioni pratiche.

Nel caso in esame, tale risultato è garantito dalla combinazione dei dati quali, le fonti archivistiche, le cartografie storiche a noi pervenute, il rilievo dello stato attuale, i saggi conoscitivi degli orizzontamenti e delle murature e, per la natura del complesso, essendo un monastero fondato su precisi principi spirituali e architettonici, il confronto con fabbriche di simil fattezza.

Per comprendere a pieno il monastero certosino occorre analizzare quelle che sono le origini dell’ordine e i principi fondamentali su cui si basa, dato che, questi, si rispecchiano nelle architetture e nelle parti funzionali dei monasteri.

2.1 L’architettura delle certose

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“Solitaria vita coelestis doetrina schola est et dinarium artium disciplina”

I principi dell’ordine certosino fanno riferimento al ritorno della chiesa alle origini e trovano una diretta esegesi nelle figure di Mosè e di Elia, i primi eremiti che abbandonarono il mondo per rifugiarsi nel deserto.

L’idea del deserto è un concetto ricorrente nelle certose, ripetutamente invocato dalle fonti come luogo “ad solitudinum libertatem”, “porto di salvezza”, “angolo di paradiso”, “giardino”, che si interiorizza nello spazio chiuso della città monastica. Il monastero rappresenta quindi il recinto spirituale, il luogo santo che protegge gli “eletti”, individuato materialmente nella cinta muraria che separa la Certosa dal mondo.

La certosa è il riflesso terreno della Gerusalemme celeste; la sua struttura contiene il viatico spirituale del monaco verso la perfezione e l’immortalità, che si svela attraverso un sistema continuo di simmetrie tra spazi, decorazioni e simboli.1

Il primo monastero Certosino è stato fondato da Bruno di Colonia nel 1084 in una località vicina a Grenoble, chiamata Chartreuse da cui deriva il nome di tutte le case dell’ordine. L’anno Mille rappresenta un periodo di riforma per la chiesa cattolica che porta alla fondazione di nuovo ordini religiosi che affiancano il lavoro manuale con la solitudine e la contemplazione. La necessità della creazione dell’ordine, in questo contesto, deriva dalla volontà di San Bruno di voler dedicare la vita unicamente a Dio, allontanandosi dai disordini che coinvolgono l’alto clero. Si ha così la nascita dell’ordine certosino che riunisce l’ermetismo di ascendenza anacoretica orientale con forme di vita e di preghiera collettiva di matrice occidentale, il cosiddetto ‘eremitismo monastico’, che si sviluppa come forma di rinnovamento del cenobitismo tradizionale benedettino posto in crisi dalle nuove correnti spirituali che si affacciano nel XI secolo.

Nel XII nacquero numerose certose in tutta Europa, l’affermarsi dell’ordine portò alla necessaria stesura di una regola comune della vita eremitica, basata sugli insegnamenti di San Bruno; tra il 1121 e il 1127 il quinto priore della Grande Certosa, Guigo, redasse le “Consuetudines” dell’ordine che si imposero quasi come norma di legge per le altre comunità monastiche e ne costituirono la prima regola.

Il monastero certosino si sviluppa secondo una griglia geometrica che scandisce tre unità funzionali: il nucleo dei conversi, quello del cenobio, e quello dei Padri, distribuito secondo l’idea di un graduale distacco dal mondo che divide e protegge l’isolamento degli anacoreti. Questa scansione risponde a uno schema-tipo architettonico sul quale si modellano le certose che si costruiscono in Europa. La struttura monastica dei certosini, anche se non resa esplicita in norme o dettati come avviene per altri ordini, è deducibile dal messaggio delle fonti che comunicano i gradi dell’ascesi dal quale si deducono corrispondenze spaziali e figurative.

La tripartizione in nuclei ben distinti, ma connessi tra loro da una serie di collegamenti , riflette la scala spirituale della triplice via espressa con chiarezza nel trattato del certosino Ugo di Balma della fine del XIII secolo: “De Theologia mystica”. “la prima è la via purgativa, in cui la mente è disposta ad imparare la vera sapienza; la seconda è chiamata via illuminativa, in cui la mente, meditando, si accende alla fiamma di amore; la terza è la via unitiva, al di là di ogni conoscenza, considerazione e intelligenza, è elevata in alto direttamente da Dio soltanto”.

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È evidente quanto grade sia l’influenza di tale pensiero nella disciplina certosina, infatti ne troviamo diretta applicazione sia nella composizione architettonica, sia nella scelta del sito di fondazione del monastero.

I luoghi dove sorgono le certose hanno le stesse caratteristiche: sono isolati, impervi, di difficile accesso e la conformazione morfologica permette la costruzione del monastero su un lieve pendio.

La distinzione delle tre diverse vie, che conducono alla salvezza, trova la sua massima espressione nell’organizzazione funzionale e distributiva.

Gli spazi del monastero più vicini all’esterno sono destinati alla conduzione materiale ed economica del monastero alle foresterie comuni e ai conversi, rappresentano i luoghi di preparazione, di avvertimento, di accoglienza per tutti coloro che si accingono a intraprendere il viatico, ma anche per coloro che abbandonano solo temporaneamente il mondo disposti a rigenerare la propria anima.

La loro distribuzione, che solitamente avviene intorno al chiostro d’onore, non è sempre ordinata secondo criteri di rigore compositivo-architettonico. Sul cortile d’onore si affaccia la Chiesa e gli edifici del cenobio, con la sacrestia, il capitolo, le cappelle dei monaci, il refettorio, la biblioteca.

La chiesa ha un ruolo catartico e intermediario sottolineato dalla sua collocazione centrale e filtrante tra il nucleo dei conversi e quello dei padri; ruolo peraltro enfatizzato dal punto di vista architettonico e materico, dato che si distingue dalle altre costruzioni per essere costruita in pietra e marmo. La chiesa è uno spazio di collegamento tra i due nuclei che trova uniti, seppur in spazi distinti, fratelli e padri. Secondo le Consuetudines, infatti, ai padri e ai fratelli non era concessa alcuna possibilità di incontro e, di conseguenza, sorse la necessità di dotare la chiesa di due spazi con due ingressi separati, i padri entravano nella chiesa attraverso una porta sita nel chiostro grande, mentre i conversi vi accedevano dalla porta principale o da una porta secondaria nei pressi della facciata. Solitamente nelle vicinanze della chiesa sorgeva la sala capitolare destinata, cioè, ad accogliere il Capitolo, la riunione dei monaci con il Padre Procuratore.

Il vero cuore dell’anacoresi è rappresentato dal Chiostro grande allegoria del giardino-paradiso, grado supremo della scala salvifica. Qui il percorso salvifico penetra il segreto dell’estasi della solitudine dei monaci e si manifesta nell’ultima delle vie della purificazione.

Il chiostro si qualifica come un’architettura fondata sull’espressione della ragione divina, in cui trova compimento l’unione fra il mondo terreno, rappresentato dal quadriportico, e quello divino, allegoricamente identificato nella forma circolare della grande fontana posta al centro di esso.

La stessa composizione richiama la rappresentazione che viene fatta dell’Eden nel libro della Genesi; la forma quadrangolare del portico, ritmato dai nitidi colonnati che lo circoscrivono, richiama per la sua stessa costruzione e materialità a una forma non perfetta quale il quadrato e per cui terrena; per contro la fontana al centro richiama da un lato per forma la perfezione divina del cerchio dall’altro è un’allegoria del fiume che usciva da Eden per irrigare il giardino, poi da lì si divideva e formava quattro corsi2

Raccordo fra i due mondi è il basamento ottagonale della “sacra vasca”; figura che si pone tra il quadrato e il cerchio ma che allo stesso tempo richiama da un lato le “otto

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direzione, delle otto porte e degli otto venti”” ma allo stesso tempo anche gli “otto messaggeri di Dio, gli angeli che sostengono il trono divino.

Attorno al chiostro si sviluppano le abitazioni dei monaci, che vivevano ciascuno nella propria clausura nell’eremo della cella, la quale doveva essere nello stesso momento chiesa, chiostro, laboratorio, dormitorio, refettorio e cucina. L’unica variazione a questo schema si attuò a partire dal XIII secolo, quando in seguito alle modifiche apportate alle Consuetudines, la creazione del refettorio nel monastero portò all’eliminazione della cucina dalle celle.

L’architettura delle certose, caratterizzata da un forte simbolismo allegorico del mondo divino e della ascesa verso la purificazione, ha un impianto molto semplice, chiaro e così profondamente radicato da costituire uno schema-tipo; non ne è certo un’eccezione la Certosa di Pisa a Calci in cui l’itinerario simbolico della regola certosina si manifesta esplicitamente in tutto il suo impianto architettonico.

2.2 Fasi costruttive

Il complesso architettonico della Certosa di Pisa a Calci ha subito numerosi interventi di ampliamento, di rifacimento e di ristrutturazione prima di giungere allo stato attuale. Per un’accurata analisi dell’evoluzione storica si è ricorso alla consultazione di fonti archivistiche e iconografiche. Occorre, però, sottolineare che non sempre le informazioni derivate da tali documenti possono essere assunte come assoluta verità, proprio a causa delle interpretazioni degli stessi autori o di alcune lacune che presenta il documento. Per sopperire, in parte, a queste mancanze, parallelamente ad un analisi diretta delle fonti, è stato condotto uno studio di tipo comparativo con realtà simili nel contesto pisano e nel panorama toscano, per esempio relazionando le coperture voltate della certosa con coperture analoghe dello stesso periodo presenti nei palazzi storici o confrontando le varie certose presenti sul territorio.

Sulla base di queste considerazioni, per quanto attentamente e giustificatamente, ci limitiamo a dare delle ipotesi ragionate e consapevoli sullo sviluppo del monastero.

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2.2.1 XIV secolo

Nel XIV secolo, in poco meno di 50 anni, sul territorio toscano sorsero ben sei certose: 2 in lucchesia (1316 a Maggiano e 1344 a Farneta), 2 nel senese (1341 a Pontignano e 1348 a Belniguardo), 1 nel fiorentino (1341 a Galluzzo) e 1 nel pisano (1366 a Calci). La certosa di Pisa a Calci venne eretta al margine dell’omonimo borgo a circa dieci chilometri dalla città marinara, in una valle dalla grande valenza paesaggistica dapprima denominata valle buia poi rinominata Valgraziosa.

La costruzione del monastero, autorizzata dall’arcivescovo di Pisa Francesco Moricotti nel 1366 e dedicata alla Vergine Maria e a S. Giovanni evangelista, è stata possibile grazie all’eredità di un ricco mercante pisano, Pietro di Mirante della Vergine.

I lavori iniziarono ufficialmente il 30 maggio 1367, quando lo stesso Arcivescovo Morricotti benedì la prima pietra, alla presenza del fondatore, dei priori di Lucca e Maggiano, di qualche signore pisano e alcuni cittadini accorsi dai paesi vicini.

Durante i primi anni grazie al sostegno economico di alcune famiglie pisane e ai lasciti dei benefattori i lavori procedettero con una certa continuità fino alla formazione di un primo nucleo monastico, che seppur di modeste dimensioni, disponeva delle parti principali per garantire la vita monastica.

Figura 4 San Bruno offre la Certosa di Pisa alla Madonna

La costruzione monastica procedeva secondo i principi dell’anacoresi e della solitudine basati sulla Regola certosina, il complesso cresceva secondo l’addizione progressiva di nuclei unitari lungo i due assi principali, il primo in direzione est-ovest che conduce dal vecchio ingresso dell’eremo (dove ora vi è la farmacia) alle celle dei padri, il secondo in direzione ortogonale corre lungo le celle dei fratelli conversi.

Le Memorie attestano che nel 1370 lo stesso arcivescovo pisano Morricotti fece costruire a proprie spese il muro di clausura che delimitava lo spazio necessario per accogliere i padri anacoreti, l’edificazione avvenne in contemporanea alla fabbricazione delle celle.

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La cella del priore fu la prima cella ad essere costruita in cui possiamo trovare ancora oggi la lapide marmorea con scritto “Hanc Cellam Fecit Fieri Bartholomeus Iohannis De Bracis Pro Salute Anime Sue Et Suorum A. D. MCCCLXXV compresa di portico anteriore, funzionalmente autosufficiente, doveva collegarsi alle altre porzioni di portico del chiostro grande e alle celle successive. Le altre celle dovevano essere concepite con il medesimo modulo (cella+portico), viste come ripetizione funzionale e strutturale della cella priorale, cosicché una volta terminate, sebbene costruite da maestranze diverse, dovevano costituire un singolo organismo unitario e pienamente regolare.

Tra il 1375 e il 1417, grazie alle donazioni dei benefattori, il chiostro grande con le celle era terminato, la centralità di questo luogo, sia a livello spirituale sia a livello organizzativo, venne sottolineata dall’inserimento nel 1384 della fontana centrale che andava ad individuare un altro asse principale del monastero.

Parallelamente ai lavori del primordiale chiostro dei padri iniziarono i lavori strutturali della chiesa grazie alla generosità di Lorenzo Ciampolini e alle offerte di Rosso Buzzaccherini. Nel 1392 viene realizzata la facciata della chiesa; si può supporre che già nel 1396 la fabbrica del tempio fosse compiuta. Numerosi lavori si susseguirono prima di arrivare alla delineazione della prima facciata, ne è testimonianza un documento3 che

attesta un accordo stipulato tra un magistri lapidum, Piero di Giovanni da Como, ed i Fratelli della certosa. La fonte ci permette di collocare la chiesa nella planimetria del monastero inoltre si intuisce che vi era un ulteriore corte dove si affacciava la chiesa e altre stanze come le foresterie e il refettorio presumendo che a quel tempo erano già edificate.

Per quanto riguarda il refettorio la prima notizia certa si ha nel 1378, quando Piramo, della famiglia Gambacorti “ non contento di havere fabricato in chiostro una cella, volse anco edificare il refettorio”4 .

Nel 1383 vengono realizzati una serie di ambienti utili per il collegamento dei luoghi principale del monastero, viene realizzato il corridoio di accesso al chiostro chiamato la ‘tomba grande’, una serie di stanze che collegano la cella del priore con tale corridoio e, sempre al primo piano, viene realizzata la foresteria della madonna sopra l’antica procura che presumibilmente doveva già esistere.

Nel 1386 viene realizzata la cappella del capitolo, di fianco al campanile, che nel 1392, grazie alle donazioni di Andrea Buonconti verrà ricostruita.

Per quanto riguarda l’antico campanile possiamo presumere che sia stato costruito contestualmente alla chiesa, a confermare questa ipotesi, oltre che alle fonti archivistiche che collocano un muro dell’antico campanile “appoggiato sul muro perimetrale della sottostante volta dell’abside”5, vi sono ancora tracce delle possibili fondazioni nel

Sottochiesa.

3 Qui a presso iscriveremo i pattidel lavoro ch’ o preso a fare dà frati di Certosa io maestro Piero

da Chomo di detto […];ed inoltre aggiungeva “lo muro della chiesa di Certosa soprascritta, cioè la faccia dellachiesa soprascritta dinanti, e la faccia della dicta chiesa di verso la foresteria, e la faccia della dicta chiesa di verso lo rifectorio”

4 ACCa, Memorie dei fondatori benefattori e altre cose notabili detta Certosa di Pisa, 1365-1829,

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Figura 5 foto storica datata 1911 del chiostro grande della Certosa, http://artesalva.isti.cnr.it. Originariamente il chiostro Capitolare non aveva le sembianze che possiamo notare oggi, al piano terra possiamo facilmente percepire che lo spazio non fosse originariamente coperto dall’odierna pavimentazione, ma doveva presentarsi come un ambulacro voltato a crociera sormontato da un verone anch’esso voltato a crociera.

La parte più consistente del patrimonio della certosa si andò formando tra gli anni ottanta del Trecento e gli inizi del secolo successivo, durante i quali i lavori proseguivano sempre sostenuti dalle numerose donazioni dei nobili pisani e dalla volontà di personalità ecclesiastiche favorevoli allo sviluppo della Certosa. Possiamo dire però che nonostante la Certosa rimarrà ancora per molto tempo un cantiere aperto, agli inizi del 1400 presentava già uno schema delineato, tipico delle case certosine, che rimarrà invariato nonostante i numerosi interventi, fino alla fine del 1700 quado per opera del priore Maggi subì una radicale trasformazione.

2.2.2 XV e XVI secolo

Il XV secolo è caratterizzato da una serie di eventi storici che non possono non coinvolgere l’eremo di Calci, in questi anni il territorio pisano è profondamente segnato dalle continue guerre contro Firenze che nell’ottobre del 1406 prevalse sulla repubblica marinara e venne sottomessa alla signoria medicea. Nonostante i documenti di archivio testimoniano numerosi pagamenti e donazioni in favore del monastero, a seguito della lotta, si vide costretto a cedere molti dei suoi possedimenti.

Altro fatto rilevante nelle vicende della certosa è stato l’aggregazione al monastero della Gorgona, l’isola era stata abbandonata definitivamente dai monaci a causa dell’insicurezza dei luoghi e della difficile gestione dei territori. Tale annessione, pur attraverso varie vicende politico amministrative, è suggellata con la traslazione simbolica di San Gorgonio che viene evocato nella cappella posta nel cuore della Certosa, della quale diviene compatrono.

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L’acquisizione dei possedimenti, che dalla Gorgona si estendevano fino in Corsica, da parte della comunità Pisana ha un riscontro economico e organizzativo visto il notevole incremento economico.

Tali circostanze storico-politiche ebbero un’influenza anche sulla costruzione del complesso della Certosa la prima metà del secolo è caratterizzata da pochissimi interventi negli spazi anacoretici dei quali mancano quasi interamente notizie.

Nella seconda metà del XV, invece, viste le migliori condizioni economiche, la costruzione della Certosa ebbe un nuovo notevole impulso.

I lavori in questa fase si concentrano principalmente nel nucleo del cenobio, nel 1456 venne realizzata una scala marmorea sul fronte della chiesa che andò a sostituire la precedente in laterizio e si eseguirono alcuni lavori nel ‘ciostrino’ e nella ‘ciostra di sopra’6 di cui oggi rimangono poche tracce. Il ‘ciostrino’ corrisponde al chiostro del capitolo, mentre il ‘ciostro di sopra’ corrisponde al piano superiore del portico del chiostro Granducale e, coerentemente con la realizzazione del secondo livello del chiostro granducale, possiamo ritenere eseguite le celle che in seguito ai lavori del XVII saranno adibite ad uso di foresteria nobile; nel 1483 si costruì la “lozzeta del priore”, un portico interno alla cella priorale7 e si organizzano gli spazi verdi degli orti e dei giardini

tracciando recinti e vie d’acqua. Nella Chiesa invece, che rappresentava il maggior centro di interesse, venne ornata di marmi, di arredi e completata con una scala esterna. Il Quattrocento si conclude il consolidamento del campanile del tempio, a questi anni infatti risalgono i segnali dei primi cedimenti strutturali della torre campanaria, la cui lunga e complessa vicenda di interventi di consolidamento si esaurisce soltanto alla fine del XVIII secolo con l’edificazione del nuovo campanile, mai completato, affiancato alla vecchia costruzione, che viene demolita alla metà del XIX secolo.8

L’inizio del Cinquecento è caratterizzato da un periodo di stasi dei lavori, come lasciano intendere le memorie, che riprendono nella seconda metà del XVI secolo dando il via ad opere di abbellimento.

L’interventi riguardano principalmente il nucleo degli eremiti, le “lozzete” delle celle, arricchite con colonne in pietra serena, il chiostro grande, che viene risanato abbassando il piano di calpestio per consentire il deflusso delle acque provenienti dal portico, e la ricostruzione della fontana al centro chiostro.

Questi ultimi lavori strutturali concludono gli interventi e alla fine del XVI secolo viene avviata una fase di decorazione degli ambienti principali.

Nel 1597 viene incaricato il pittore Bernardo Poccetti di affrescare il refettorio e la chiesa conventuale e di realizzare alcuni quadri per gli altari, inaugurando così una fase di abbellimento della fabbrica.

Fino a questo momento la Certosa mantiene la sua forma originaria, semplice e severa, risultato della Regola che contraddistingue le costruzioni certosine. Nell’interventi fino a questo momento eseguiti

6 Aspi, inverntario 14, Corp rel. Sopp., libro mastro segnato di lettera E, n.88 1460-1483; 26

maggio 1470, contratto stipulato tra i certosini e Lorenzo di Salvatore da Settignano scalpellatore per la costruzione delle colonne del ciostrino e la ciostra di sopra.

7 Aspi, inverntario 14, Corp rel. Sopp., libro mastro segnato di lettera E, n.88 1460-1483 8 Aspi, Corp. Rel. Sopp.,87, libro mastro C, 1457-1483

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si trova un chiaro riferimento stilistico riscontrabile nell’architettura delle altre case certosine toscane e manifestazione dei continui e costanti influssi reciproci, che stimolano lo sviluppo architettonico dell’eremo calcesano.

Figura 6 secondo livello del chiostro del capitolo

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2.2.3XVII secolo

La semplicità monastica viene meno a partire dal Seicento, con la richiesta nel 1601 del priore Teofilo Caucchi, di “reformare, restaurare, accrescere e ridurre a miglior forma e perfezione le fabbriche antiche”9 , un ambizioso progetto che troverà compimento solo

alla fine del secolo successivo.

Nel 1603, ottenuto il permesso dal Capitolo generale, iniziano così una serie di opere di ammodernamento che modificarono notevolmente gli edifici, allontanandosi dall’idea di pura semplicità e austerità monastica che caratterizzava il complesso.

Il programma segue una scansione rigorosa che, partendo dal nucleo eremitico, procede verso gli spazi del cenobio per concludersi con la sistemazione della zona dei conversi. L’esteso programma di riforma viene inaugurato con la costruzione della “foresteria grande sopra l’orto, il chiostrino con la cisterna, le nuove stanze per li Procuratori, e forno.10

Il chiostro capitolare al piano terra viene chiuso con un sistema di volte a crociera irregolari creando un secondo ambulacro interno che avvolge il pozzo centrale e si unisce alle circostanti volte con una volta a vela impostata su quattro pilastri in mattoni che si conclude con un oculo centrale, sede del soprastante pozzo marmoreo.

Figura 8 sotto chiostro del Capitolo Figura 9 chiostro del capitolo con il pozzo marmoreo Il progetto di ammodernamento del chiostro Granducale, che originariamente doveva configurarsi – analogamente a quello capitolare – come un porticato al piano terreno sormontato da un verone al piano superiore, prevede la costruzione di una “foresteria nuova”, di nuove celle per i procuratori e di una cisterna su una passerella aerea che

9 ACCa, Supplicationes Conventuales, 1601, vedi Manghi, 1911, p. 88 10Ibidem an.1608, vedi Manghi, 1911, p. 91

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doveva permettere l’approvvigionamento di acqua per gli appartamenti nobili senza creare promiscuità con gli ambienti di servizio, oltre che l’esecuzione di restauri dell’ordine superiore del porticato del chiostro.

I rifacimenti del chiostro interessano anche il piano terra dove viene tamponato l’ambulacro per permettere l’accesso alla speciaria nuova (farmacia, sottostante alla foresteria granducale) dalla scala principale, senza necessariamente passare da altre stanze, come per altro supportato sia dalla continuità dei sistemi voltati che dalla diversa tipologia del paramento murario dei tamponamenti – probabilmente quei macigni cui si fa riferimento nei giornali delle fabbriche.

Altro fatto rilevante è che il corridoio interno al piano terra sul lato della foresteria dei frati, presenti uno setto murario dello spessore paragonabile a quello della facciata che fa presumere che un tempo doveva essere un paramento esterno. Nonostante la mancata chiarezza delle fonti, vi sono dei documenti attraverso i quali possiamo trasparire proprio l’individuazione di questo intervento e che permettono di ipotizzarlo intorno al 161411.

Un intervento che ha influenzato profondamente l’aspetto della fabbrica è stata l’edificazione della Foresteria Grande sopra l’orto (si tratta della foresteria nobile) e della foresteria nuova. Dai documenti pervenuti non abbiamo informazioni precise su dove fossero collocati questi due ambienti, ma dal giornale delle fabbriche, redatto a fine Settecento dal priore Maggi, possiamo dedurre sia la locazione che il periodo di costruzione. Il Maggi nei giornali attesta l’edificazione della foresteria Granducale, sopra l’orto e della foresteria nuova, costruita in parte sopra il refettorio in parte sopra la foresteria dei conversi (l’attuale galleria dei quadri). Questi interventi sono da considerare una vera e propria sopraelevazione, tant’è che a questi interventi conseguì la costruzione di una nuova scala di accesso. Uno degli ultimi interventi seicenteschi fu la realizzazione in marmo del chiostro dei padri sostituendo in sostituzione di quello più antico in laterizio.

Infine, iniziarono gli interventi di decorazione del tempio, intenti ad eliminare la severità tipica della fabbrica certosina, si cancellano gli antichi stucchi per dare risalto alle tipiche decorazioni di epoca barocca che occulteranno i segni dell’architettura passata.

Il XVII secolo si caratterizza come un periodo ricco di modifiche, base dei successivi rifacimenti, che non guardano più ai caratteri originari della Regola Certosina ma aspirano verso ideali di bellezza e ricchezza.

Una testimonianza di quello che era l’aspetto del complesso è riscontrabile nell’opera di S. Cassiani, conservata nella Galleria dei quadri della grande Chartreuse di Grenoble, che raffigura una prospettiva a volo di uccello della Certosa di Pisa alla fine del XVII secolo.

11 ASPI, Inventario 14, Corp. Rel. Sopp., libro di Cassa segnato di lettera H, n.146, 1606-1617, “

e più di detto lire dugento ottanta pagate a M. Paulo Cambi scalpellino per pietre mandate delli scaglioni torno al chiostrino…”

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Figura 10 primo livello del chiostro del granduca lato ovest

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2.2.4XVIII secolo

Nella prima metà del XVIII secolo prosegue il periodo di fiorente ammodernamento del monastero, il quale vide crescere i propri possedimenti e i propri beni grazie al recupero del patrimonio della Gorgona e grazie alla nuova amministrazione economica condotta dal nuovo priore Alessandro Fedeli eletto nel 1701 che continuò le opere di decorazione cominciate nel secolo precedente.

In particolare, fin dai primi del secolo si proseguì con i lavori all’interno della chiesa, dove venne dapprima portata a termine la decorazione delle pareti e successivamente vennero risistemati gli stalli corali in legno, opera di Jacopo di Marco da Villa, che furono addossati alle pareti andando a tagliare le paraste al di sopra dei pancali. Negli stessi anni vennero rivestiti di marmo i portali laterali della Chiesa e del vestibolo secondo il disegno di Jacopo Antonioli.

Un’altra opera di ammodernamento riguardò la pavimentazione della chiesa che era ancora in laterizi al contrario dell’abside rivestita di marmo. Nel 1709 si proseguivano opere di ristrutturazione come l’allungamento della sacrestia, ampliamento del capitolo e la risistemazione aa miglior forma di tutte le celle, evitando però di eseguire modifiche rilevanti circa la struttura delle fabbriche.

Nel 1711 il nuovo priore D.Bona dedicò principalmente la sua attenzione all’esterno della chiesa iniziandone il rivestimento marmoreo della facciata, che sarà terminato solo sessant’anni più tardi, e facendo realizzare da uno scalpellino fiorentino, su progetto di Carlo Zola, la nuova gradinata di accesso al tempio.

Tra le principali rifunzionalizzazioni che investirono gli ambienti della certosa in questa prima metà del secolo, si annovera tra gli altri lo spostamento della farmacia e della relativa officina, al posto della quale meno di un anno dopo venne trasferito l’archivio, in alcuni ambienti delle case basse in corrispondenza del vecchio ingresso del monastero12.

Tuttavia, fu solo pochi anni dopo sotto il priorato di Giuseppe Alfonso Maggi dal 1764 al 1797, che la Certosa raggiunse il suo massimo apice.

Figura 12 dipinto del priore Maggi che osserva il progetto della facciata

12ACCa, “Memorie de Fondatori, benefattori e altre cose notabili della Certosa di Pisa”, 1365 –

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Nel momento di suo massimo splendore, il priore si rese artefice di un profondo programma di ammodernamento, ampliamento e rinnovamento del complesso che lo porterà ad assumere l’aspetto che possiamo ammirare oggi. La storia di tali interventi è stata scritta dallo stesso Maggi in una serie di memorie divenuto ora prezioso materiale storico.

Il Maggi comincia a scrivere i suoi diari in occasione dell’invito a presenziare al Capitolo generale dell’Ordine Certosino nel 1768. È importate osservare come in occasione di questa convocazione abbia avuto modo di visitare le numerose Certose Presenti lungo il tragitto; rimanendo particolarmente colpito dalle Certose di Torino e Pavia delle quali fece un’attenta analisi descrivendone e annotandosi ogni ambiente.

Questo viaggio rappresenta per lui una presa di coscienza di quanto occorreva fare per ammodernare la sede pisana e renderla di pari livello se non superiore alle grandiose ed eleganti opere che aveva avuto l’occasione di visitare.

Gli intenti del Priore Maggi non possono prescindere da quella che era la politica dell’allora Granduca di Toscana, Leopoldo primo, uomo di grande cultura e spirito moderno, che vide nel Priore e nei monaci della certosa di Pisa dei potenziali soci in affari. Tale sinergia si coronò con la cessione dell’isola di Gorgona ancora in mano ai certosini che non riuscivano però a garantirne un’adeguata gestione a causa della lontananza, al Granducato di Toscana in cambio di denaro utile A finanziare i lavori di restauro e ammodernamento auspicati dal Maggi.

La intenzione del priore Maggi era quella di trasformare le celle dei monaci e dei conversi in veri e propri salotti tipici dei palazzi nobili, in grado di accogliere le eminenti personalità dell’epoca, oltre ai consueti pellegrinaggi, il primo intervento prevedeva di riorganizzare tutta l’ala destra del complesso del primo piano, ossia il piano nobile.

Nel 1769, sotto la direzione dell’architetto Nicola Stassi, Decise di realizzare la foresteria granducale facendo demolire i muri che dividevano una sala e una camera così da formare un ambiente più consono costituito da tre grandi sale. Su consiglio dell’architetto si decise anche di “alzare le volte di tutta quell’ala di fabbricato due braccia e otto soldi di più quel che era affinché restasse sfogata la sala e le celle dei frati che dovevano esser di sopra”13.

Al piano terra sotto la foresteria granducale furono restaurate tutte le stanze dell’archivio e venne realizzato l’accesso a queste stanze direttamente dall’appartamento priorale, tramite un corridoio che partiva dalla “lozzetta del priore” e scendeva al piano degli archivi.

Sopra a tale corridoio fu costruito un terrazzo con l’accesso direttamente dalla camera da letto dell’appartamento granducale.

Questo intervento si configura come un vero e proprio ampliamento della parte meridionale della fabbrica sprovvista fino a questo momento della componente angolare andando a riempire il vuoto tra il blocco meridionale e il giardino del priore. Come si nota dalle testimonianze costruttive, questa parte di edificio nel corso degli anni ha subito vari rifacimenti.

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Figura 13 foresteria Granducale

Nel 1770 fu ampliata l’ala destra del monastero con la costruzione del terrazzo coperto, completato nel 1772, il nuovo terrazzo occupa l’angolo a sud della facciata del monastero tra la corte e l’orto, colmando il precedente vuoto architettonico come si nota dal dipinto del Cassiani. Questo intervento è visto anche come un elemento di raccordo per gli ambienti del piano nobile. Il terrazzo assume anche un ruolo rilevante anche dal punto di vista strutturale, costruito successivamente rispetto alle altre parti di edificio contigue, fa da “perno” opponendosi alla spinta delle strutture voltate nelle stanze limitrofe. Un’altra importante opera riguardò nel 1771 la demolizione e ricostruzione della scala monumentale che collega i tre piani del grande edificio cenobitico, venne realizzata la scala alla milanese su progetto dell’ingegnere lucchese Michele Flossi, realizzata in pietra serena con scalini a sbalzo a sezione a semiarco ribassato nell’intradosso permettendo l’attivazione del meccanismo dell’arco di scarico. Pur essendo un intervento di grande pregio ingegneristico ha contribuito a modificare lo stato tensionale nei maschi murari. Vari interventi interessarono anche i corridoi di collegamento dei vani, tra questi, quello sicuramente di maggior pregio fu la realizzazione dell’apertura ovoidale sulla volta a botte in corrispondenza della scala di accesso ai vani sopra il refettorio.

Gli spazi distributivi assunsero così un duplice significato: da un lato i corridoi rimanevano lo spazio adibito “al percorso terreno dei monaci” dall’altro – in seguito alla nuova scala e all’apertura ovoidale – andavano a simboleggiare “l’ascensione al cielo delle anime”. Nel 1773, come vedremo più dettagliatamente nello specifico paragrafo § La volta del refettorio, vennero eseguiti una serie di interventi sul refettorio e sulle zone limitrofe, in particolare si intervenne sulla volta dove a causa dell’eccessivo carico del muro di separazione di due celle soprastanti si rischiava la rovina, vennero, inoltre, aperte cinque nuove finestre abbassando e raccordando il muro del chiostro del Capitolo e furono modificate le lunette perimetrali lungo il padiglione.

L’anno successivo, 1774, sempre sotto la direzione dell’ingegnere Stassi cominciarono i lavori all’adiacente cappella del capitolo, che fu allargata iniziando a “buttar giù la volta

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del capitolo, per rifarla più bassa e alla moderna” 14 cioè a vela, sormontata da un arco

con lo scopo di alleggerire la volta stessa dal peso della copertura, vennero inoltre demoliti i vecchi pilastri che reggevano la volta gotica e furono accostati i sedili in legno al muro per ottenere più spazio15.

Figura 14 Refettorio della Certosa di Pisa

Oltre alle opere di ristrutturazione e rifunzionalizzazione del complesso monastico, il Maggi contribuì a quel profondo processo di trasformazione iconografica e decorativa dei paramenti murari che dalla semplice austerità monastica divennero “tele” bianche che richiamarono al monastero calcesano artisti da tutto il territorio toscano. Fra questi, nel decennio che va dal 1770 al 1780 vi lavorò Pietro Giarrè, autore delle decorazioni della foresteria nobile, del chiostro del priore, dello scalone monumentale dei corridoi del piano nobile, del refettorio, del capitolo e delle prospettive nei corridoi dei conversi.

All’esterno uno degli interventi di maggiore rilevanza riguardò la facciata del monastero, che subì una completa trasformazione. Il Maggi aveva in mente di realizzare un organismo di facciata dalla forte accentuazione simmetrica: si decise quindi di regolarizzare le aperture presenti sull’ala meridionale del complesso e si procedette, sempre su disegno dello Stassi, a realizzare una nuova ala del monastero sul fronte sinistro della facciata. I lavori iniziarono nel 1772 e si conclusero nel 178516 e portarono

alla definizione della facciata del chiostro d’onore come la possiamo ammirare oggi. Lateralmente, erano iniziati i lavori del colonnato situato nel lato settentrionale nel chiostro d’onore, in posizione contrapposta alle grottesche, tale struttura trova il suo compimento nel 1786.

L’ultimo problema di cui si occupò il Maggi prima della sua morte fu, nel 1794, quello della torre campanaria che era troppo alta ed esile e quindi fragile anche sotto la vibrazione dovuta al rintocco delle sue campane, e che in parte gravava con il suo peso sul muro esterno della chiesa andando a minacciare le volte del tempio. La soluzione che

14 ACCa, Giornale delle fabbriche A, 1769-74, p. 3. 15 ACCa, “Giornali delle Fabbriche A”, 1769-1775, p.332 16 Manghi, 1911, p.174

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adottò fu quella di demolire la vecchia torre campanaria e ricostruirne una nuova distaccata dalla chiesa; opera purtroppo rimasta inconclusa come si può osservare dal tozzo campanile odierno.

Nel 1794, con la morte del priore Maggi si concluse anche questo periodo di grande sviluppo e radicale modifica della struttura monastica, che nell’arco di cinquant’anni si plasmò, dando origine allo straordinario complesso giunto ai nostri giorni.

2.2.5 XIX secolo

Una serie di eventi storici fecero si che i monaci non poterono godersi a lungo lo splendore della fabbrica.

Nel 1808 poco dopo l’emanazione del Decreto Imperiale con il quale Napoleone Bonaparte aveva sancito l’abolizione di tutti i monasteri e conventi, la certosa di calci fu soppressa e i monaci si videro costretti ad abbandonarla. La chiusura del monastero dura poco, caduto Napoleone nel 1814, vennero subito ripristinati gli ordini religiosa e la certosa di Calci torna a vivere; tuttavia ciò non impedì che gli oggetti sacri, le opere d’arte e i libri furono confiscati dai francesi per essere venduti e dispersi.

Il nuovo priore Lessi cercò di sopprimere alle mancanze causate dai diversi saccheggi con stucchi e nuovi arredi sacri occupandosi anche di un restauro generale del monastero.

Il nuovo periodo di splendore venne nuovamente troncato nel 1866 quando fu emanato il R.D del 7 luglio 1866 che sanciva la soppressione delle corporazioni religiose l’incameramento dei loro beni al demanio, in meno di cinquant’anni la Certosa fu soppressa per la seconda volta. Fortunatamente ad alcuni complessi monastici, tra cui anche la Certosa di Pisa, furono dichiarati di monumentale importanza, fatto importate che preservo l’eremo dall‘alienazione di privati.

Nel frattempo, la comunità dei certosini si era sciolta, solo ad alcuni frati fu concesso di rimanere in qualità di custodi dell’edificio, dove si videro costretti a convivere con le istituzioni di passaggio.

Nel 1870 una porzione del complesso monastico venne concessa a titolo gratuito e temporaneo, al R. Conservatorio di S. Anna per uso di soggiorno autunnale, a questo periodo risalgono alcuni interventi, nell’ala destra del complesso, Che per adattare i locali alle nuove funzioni andarono a snaturarne in parte l’impianto claustrale. Le celle dell’ultimo piano vennero sistemate per accogliere le educande e furono aperte nuove porte mettendo in collegamento tutte le celle fra di loro. In corrispondenza delle cucine e della dispensa viene realizzata una nuova scala che dal piano terra conduce all’attuale aula magna, infine venne demolita la cappella della compassione del chiostro capitolare, che addossata al refettorio costituiva una quinta del chiostro e viene sostituita con colonne composite analoghe a quelle che si trovano sugli altri lati del portico.

Un altro grande stravolgimento della regola certosina, diretta conseguenza dell’espropriazione dei monumenti come strumento di preservazione del patrimonio culturale da parte dello stato, fu l’imposizione di aprire il complesso al pubblico rendendo un luogo di clausura un “museo da visitare per il suo valore storico-artistico”.

Le visite inizialmente erano libere, poi furono vincolate e fu stabilita una tassa d’ingresso, i cui proventi dovevano essere devoluti agli Asili Infantili di Carità per una quota fissa annuale, mentre l’eventuale avanzo era destinato alla manutenzione del complesso. La

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visita del complesso assunse un ruolo importante nella formazione dato che i principali fruitori erano studiosi e alunni di vario livello scolastico accompagnati dall’insegnate. Questa prima forma di musealizzazione del monumento, che rappresentava una soluzione per la sua valorizzazione economica, si era trovata a convivere con altre realtà presenti nel monastero, con i pochi monaci presenti, con le botteghe che si affacciavano sulla corte d’onore, e con il conservatorio di S’Anna che occupava l’ala meridionale.

Figura 15 pianta della certosa di Pisa a Calci realizzata nel 1905 2.2.6 XX secolo

L’inizio del XX secolo, con lo scoppio della Grande Guerra, portò ad una radicale trasformazione di tutto il territorio nazionale, dove improvvisamente proliferarono le strutture di supporto alle diverse unità militari interessate nel conflitto. La stessa Certosa, vista anche la sua naturale propensione ad accogliere pellegrini e frati, venne segnalata come luogo adatto ad accogliere le truppe e del fin dal 1914 venne in parte trasformata in una caserma per il 32° Reggimento Artiglieria. Solo la ferma volontà dell’allora Soprintendente permise di limitare l’accasermamento del monumento alle porzioni di minor pregio, fermo restando che in caso di “assoluta necessità” avrebbe consegnato anche alcune stanze di carattere monumentale.

I granai, le stalle e il fienile vengono occupati dai militari per ricovero di armi e di animali. Il terrazzo delle lavandaie, al primo piano della Loggia che delimita la corte a nord, viene chiuso, tamponando le 9 arcate che affacciano sulla corte del fienile. L’ala a destra del monastero viene occupata dagli ufficiali e dal comandante.

Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra alla Germania e all’Impero Austro-Ungarico e mobilitato il 32° Reggimento.

il soprindentende Bacci acconsentì a Nuovamente a una profonda rifunzionalizzazione trasformando la Certosa in un ospedale, nell’occasione venne redatta una dettagliata

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relazione con piante allegate con indicati gli ambienti concessi e le parti monumentali da non occupare.

La certosa fu chiusa al pubblico e alla fine del 1915 fu ufficialmente aperto l’ospedale, anche in questo caso non pochi furono gli interventi che interessano il complesso: il granaio viene suddiviso in una serie di ambienti, il terrazzo viene completamente chiuso trasformandolo in sala operatoria, infine la casetta colonica in fondo al loggione viene suddivisa anch’essa con pareti.

Nel gennaio del 1917 la certosa da ospedale di riserva viene convertita in ospedale per prigionieri di guerra, durante questa fase furono sostituiti i cancelli lignei, posti per dividere la parte monumentale dall’Ospedale, con tamponamenti in muratura negando anche agli stessi monaci di usufruire di alcuni ambienti cenobitici della regola certosina fondamentali per la conduzione della vita monastica. I certosini pur continuando a vivere nel monastero, ma si trovano a condurre una vita diversa, sacrificata in zone limitate della Certosa.

Con la fine della guerra e dopo un temporaneo aumento di prigionieri mandati lì per un controllo prima del rimpatrio nel novembre del 1919 la certosa era completamente sgombrata degli infermi degenti e che iniziarono i lavori di disinfezione e lo smontaggio degli impianti.

Venne richiesta una perizia specifica dello stato dei locali e dei lavori necessari di restauro necessari per cancellare i danni subiti durante la Grande Guerra.

Iniziò così il ripristino che prevedeva generali sistemazioni dei locali con raschiature di intonaco, stuccature e ripristino di pavimenti, per passare poi alla demolizione dei tramezzi divisori e la riapertura di porte precedentemente tamponate.

Nel 1923 tutte le parti della certosa vengono dichiarate monumentali e di conseguenza i diritti di proprietà sui beni immobili vengono interamente trasferiti al soprintendente di Pisa.

Nonostante gli aiuti economici che arrivavano dall’ordine generale di Grenoble per dare vigore alla famiglia Certosina, nel 1969 l’ordine decreta la chiusura della comunità monastica calcesana. Gli ultimi due monaci lasciano definitivamente il monastero tre anni dopo. Il ministero dei Beni Culturali ne assunse direttamente la gestione istituendo il Museo Nazionale della certosa Monumentale di Calci. Gli ambienti artisticamente rilevanti vengono collegate attraverso un percorso che dalla chiesa si snoda tra le cappelle, i chiostri, il refettorio, le foresterie, la biblioteca e in fine la spezieria.

Gli spazi rimanenti vennero affidati all’università di Pisa che li adibì a sede del Museo di Storia naturale trasferendovi le collezioni del museo di via Roma.

Oggi parte del complesso ospita spazi espositivi e passeggiando tra i vecchi granai, le stalle e le officine si possono ammirare le fattezze di animali esotici ed autoctoni. Al piano terra del corpo centrale prende vita l’acquario dei pesci di acqua dolce e nel loggione si possono ammirare gli scheletri dei giganti del mare.

Gli ultimi anni del Novecento sono segnati da numerosi interventi di recupero e restauro che tutt’oggi stanno proseguendo con lo scopo di valorizzare un complesso di importantissima rilevanza storica, artistica e culturale sia a livello locale che a livello nazionale

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Figura 16 Carri militari nella corte d’onore

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3. RILIEVO GEOEMTRICO-ARCHITETTONICO

La campagna di rilievo nella sua globalità è stata svolta dagli studenti del secondo anno del corso di Disegno dell’ Architettura 2 e Metodi di Rilievo dell’architettura sotto la supervisione dell’Ing. Marco Giorgio Bevilacqua docente del corso presso il dipartimento DESTEC dell’Università di Pisa, e dai membri del Laboratorio A.S.T.R.O. – Applicazioni Scientifiche e Topografiche per il Rilievo Operativo presso il dipartimento DICI dell’Università di Pisa: Ing. Gabriella Caroti, Ing. Andrea Piemonte e dott.ssa Ing. Arch. Isabel Martinez-Espejo Zaragoza, con la collaborazione di Alpharobotix srl per l’acquisizione fotogrammetrica da drone.

Inoltre, L’US2 è stata oggetto dell’attività del laboratorio di Restauro Architettonico condotta da alcuni studenti di Ingegneria Edile-Architettura, insegnamento tenuto dal Prof. Arch. P. Ruschi.

Queste attività hanno fornito i seguenti elaborati:

- Planimetrie generali dell’intero complesso in scala 1:100

- Piante del piano terra, piano primo, piano secondo in scala 1:50 - 6 sezioni verticali in scala 1:100

- Porzioni della nuvola di punti georeferenziata dell’US2

Gli elaborati geometrico-architettonico eseguiti in questa tesi si sono basati essenzialmente sulla nuvola di punti, avvalendosi delle piante generali in scala 1:50 per le operazioni di controllo e verificare di tutti quegli ambienti nei quali non è stato effettuato il rilievo laser scanner; il tutto completatato, nelle situazioni necessarie, con un rilievo tradizionale condotto in sito.

Il rilievo basato sulla nuvola ha permesso un livello di precisione molto alto, di notevole utilità per la campagna di studi condotta.

3.1 Nomenclatura

Il complesso monastico della certosa è molto esteso e di notevole dimensione, per cui per una più semplice gestione della grande mole di dati che interessa il complesso è stato suddiviso in più unità, attribuendo a ciascuna di essa una sigla identificativa. Per ogni dato appartenente alla relativa unità di rispetto è stata stabilita una particolare nomenclatura che permette di localizzarlo.

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Figura 18 Piano terra con nomenclatura delle stanze

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Figura 20 pianta piano secondo con nomenclatura delle stanze

Le informazioni individuate per l’unità di studio 2 (US2), quindi, sono state classificate con tale metodologia.

3.2 Costruzione degli elaborati

L’attività si è concentrata su due fasi: la prima quello di raccolta dei dati base realizzati attraverso una metodologia di rilievo delle misure tramite laser scanner e una seconda fase di rielaborazione e restituzione grafica degli elaborati.

Durante la prima fase sono stati fornite dal laboratorio A.S.T.R.O. le seguenti porzioni separate di nuvola di punti dell’US2:

- Certosa_liv_0_1_2_ext_tetti - Cappella del capitolo

- Cappella del colloquio - Chiostro del capitolo - P0 capitolo e Chiesa - Refettorio

- Celle sopra il refettorio - Stanza 2_2.39

- Zona campanile

Attraverso il software Recap sono state assemblate, uniformando il sistema di riferimento globale e successivamente uniti in un unico file, è stato quindi ricreato il modello digitale tridimensionale a nuvola di punti relativo all’intera US2.

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Una volta importata in ambiente CAD la nuvola di punti, essendo un’entità perfettamente misurabile, è stata utilizzata per la costruzione di piante e sezioni.

Operativamente, attraverso la creazione di piani sezioni che possono essere sia verticali che orizzontali, si è potuto tagliare la nuvola nei punti necessari, costituendo così un piano di nuvola tagliato con dimensioni in vera grandezza costituendo così la base per il ricalco.

Questa metodologia è stata utilizzata per la realizzazione delle planimetrie: sono stati quindi creati dei piani di taglio orizzontali e posizionati ai vari livelli per poter ricalcare dallo spazio carta di CAD i punti della nuvola sezionata.

I piani totali della zona meridionale del monastero sono tre: P1,P2,P3, ma all’interno dello stesso piano si trovano delle stanze rialzate o ribassate rispetto al piano di calpestio medio, quindi, per ogni livello, si è reso necessario utilizzare più piani sezione a varie quote in modo da rappresentare al meglio le planimetria dell’US2.

Per il piano terra sono stati utilizzati 3 piani sezioni alle altezze, rispetto al sistema di riferimento globale, di 14500 per il pts01 (piano terra sezione 01) per ricalcare la zona della facciata e i chiostri del capitolo e del granduca, di 16000 per il pts02 e di 17100 per il pts03 utilizzati per ricalcare la zona della cella del priore con il relativo giardino. Per il piano primo sono stati utilizzati 2 piani sezione con altezza di 19000 per il p1s01 e di 21000 per il p1s02. Infine, per il piano secondo è stato utilizzato il p2s01 all’altezza di 24500 e il p2s02 all’altezza di 26500.

Per la complessità architettonica dell’edificio in esame non è stato possibile eseguire il rilievo laser-scanner su tutti gli ambienti, per cui alcune parti della nuvola risultavano mancanti. Quindi, per eliminare il problema, si è reso necessario integrare il lavoro con il rilievo diretto e con l’integrazione degli elaborati grafici eseguiti dagli studenti del corso di Restauro architettonico (di cui tuttavia si è ritenuto opportuno effettuare la verifica dato che non sono stati eseguiti sulla base della nuvola georeferenziata).

Conseguentemente a quanto esposto, si è proceduto al prelievo delle misure con una metodologia più flessibile quale quella diretta-tradizionale per tutti quegli spazi residui dove la presenza di mobilio diffuso o l’eccessiva frammentazione degli spazi avrebbe reso assai lungo e difficoltoso procedere diversamente. Le operazioni di rilievo sono state quindi organizzate in due livelli operativi:

- misure in pianta, - misure in elevato.

Si è eseguito quindi il rilievo dei profili di pianta degli spazi con il metodo della trilaterazione, procedimento che ha permesso una prima restituzione parziale delle piante dei singoli spazi già in sito o comunque realizzata nell’immediato, che ha permesso di verificare la qualità delle operazioni effettuate. Gli spazi secondari sono stati riferiti al sistema topografico della nuvola mediante collimazione di almeno due punti del profilo planimetrico alla quota del piano orizzontale di riferimento e di punti significativi per definirne la stereometria sommaria. Questo ha permesso, in fase di elaborazione, di avere comunque un controllo affidabile sulla propagazione degli errori di orientamento dei singoli spazi non presenti nella nuvola.

Il rilievo degli elevati, rivolto alla lettura delle altezze dei vani con soffitti piani e alla ricostruzione della geometria delle volte di copertura e delle arcate è avvenuta per mezzo di distanziometro laser di tipo Suaoki D60.

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Si è infine adempito alla misura diretta di tutti gli spessori murari in corrispondenza delle aperture, vani porte e finestre.

Contestualmente alle operazioni di prelievo delle misure, si è proceduto ad un rilievo fotografico generale e di dettaglio per tutta l’unità, per le foto d’insieme e per quelle di dettaglio delle superfici e degli elementi posti a quote elevate o comunque difficilmente fotografabili da terra si è ricorsi all’uso dei trabattelli. Tutte le foto sono state catalogate secondo lo schema generale di classificazione delle informazioni come descritto del paragrafo precedente e poi inserite nella banca dati dell’US2_foto.

Le stanze di cui è stata necessario il rilievo manuale sono le seguenti: 2_0.23, 2_0.24, 2_0.28i, 2_0.28, 2_0.30, 2_1.28, 2_1.31, 2_1.42, 2_1.43, 2_1.44, 2_1.45, 2_1.46, 2_1.51, 2_1.53, 2_1.55, 2_1.56,2_1.57, 2_1.58, 2_1.59, 2_1.61, 2_1.62, 2_2.44, 2_2.44i, 2_2.45.

Il lavoro ha portato alla realizzazione dei seguenti elaborati: - Pianta del piano terra

- Pianta del piano primo - Pianta del piano secondo - Pianta dei sottotetti

Tutti realizzati sulla base della nuvola georeferenziata, quindi perfettamente sovrapponibili in funzione del sistema di riferimento globale.

Un approfondimento necessario occorre dedicare al rilievo della pianta dei sottotetti che è stato condizionato dalle possibilità di accesso e dalle esigenze di effettuare sopralluoghi, rilievi e indagini operando in quota con la dovuta sicurezza.

In particolare, in seguito ad un’analisi preliminare degli accessi e dello stato di conservazione delle strutture è stato possibile unicamente concentrarsi sulle coperture a vista e raggiungibili tramite scale o ispezionabili tramite botole.

Riguardo le operazioni di misura data le difficoltà dovute all’accesso o alla presenza di ingombri diffusi e dato il numeroso numero di elementi da rilevare si è scelto di procedere con metodologia tradizionale diretta per il prelievo delle dimensioni delle sezioni delle membrature e dello sviluppo degli elementi lignei o in acciaio e di ricorrere al rilievo strumentale per la descrizione generale dello spazio in funzione della posizione delle strutture portanti. A seguito dei sopralluoghi dei sottotetti dell’Area del Cenobio (US2) accessibili solo tramite botole e ispezionabili solo parzialmente avvalendosi della presenza di alcune passerelle lignee disposte a ridosso dei muri perimetrali, è stato possibile solo ricostruirne sommariamente i volumi deducendoli dal rilievo a vista e dall’estensione della struttura portante del piano secondo ricavata dalla nuvola.

In definitiva Il lavoro ha fornito una descrizione generale dell’edificio, attraverso la realizzazione di piante sulle quali sono state riportate le successive indagini specialistiche di diversa natura (storica, strutturale, ecc.) e mirate ad una conoscenza approfondita dello stato attuale.

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Figura 21 nuvola di punti dell'area US2

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Figura 23 piano sezione della nuvola di punti del piano primo

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