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CAPITOLO III IL PADULE DI FUCECCHIO ATTRAVERSO I SECOLI

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CAPITOLO III

IL PADULE DI FUCECCHIO ATTRAVERSO I SECOLI

«Una generazione va e una generazione viene; eppure

la terra sta sempre ferma. Il sole sorge, il sole tramonta e si affretta al suo luogo. Il vento, nel suo cammino, non fa che girare: ritorna sempre sulle sue spire. Tutti i fiumi scorrono verso il mare e il mare non si empie mai; sempre i fiumi tornano a fluire verso il luogo dove vanno scorrendo…Ciò che è stato è ciò che sarà, ciò che è stato

fatto è ciò che si farà. Niente di nuovo sotto il sole» (Qoélet 1, 4-9) Libro sapienziale del Vecchio Testamento.

3.1 LE TRASFORMAZIONI TERRITORIALI DEL PADULE DI FUCECCHIO: UNA LUNGA STORIA DI CONTRADDIZIONI

Dal Medioevo al Quattrocento. «L’impaludamento della Valdinievole

fu probabilmente determinato dal graduale sollevarsi del letto dell’Arno e dal deposito di una coltre di materiali alluvionali, i quali impedirono alle acque dei torrenti della montagna pesciatina il libero deflusso »1. Si creò dunque, in

questa area, sicuramente a partire dalla fine dell’alto Medioevo, un ristagno di acque derivanti dal suo bacino idrografico, che stentava a defluire in Arno mediante il suo emissario, detto in quel periodo Gusciana, proprio a causa della scarsa pendenza della zona rispetto al corso del maggiore fiume della Toscana; in particolare, durante le piene di quest’ultimo, le acque della Gusciana tornavano a ritroso allagando ulteriori ambiti di pianura del territorio preso in esame2.

Le prime notizie certe relative all’esistenza di un’area paludosa, compresa tra la Valdinievole e il Valdarno Inferiore, risalgono all’XI secolo, sebbene i documenti medioevali non facciano riferimento tanto al Padule quanto ai corsi d’acqua che ne formano il bacino, tra cui, in particolare, il suo unico emissario, la Gusciana o Arme, considerato, nel Medioevo, un vero e proprio fiume, ricco di riserve ittiche e navigabile3. Gli altri corsi d’acqua citati

1 Giuseppe Barbieri, Toscana, cit., p. 252.

2 Danilo Barsanti - Leonardo Rombai, La «guerra delle acque» in Toscana. Storia delle bonifiche dai

Medici alla Riforma agraria, cit., pp. 39 e 81. Anche Giuseppe Barbieri afferma che l’impaludamento della Valdinievole è avvenuto nel Medioevo, considerato che nell’antichità non vi sono riferimenti all’esistenza in questa regione di una palude o lago. Cfr. Giuseppe Barbieri,

Toscana, cit., p. 252.

3 La Gusciana confluiva nell’Arno all’altezza di Montecalvoli ed era ricchissimo di pesce, anguille in

particolare. Nei secoli successivi tale emissario venne ridotto a canale: l’attuale Usciana. I documenti evidenziano le diverse tipologie di imbarcazione che navigavano lungo la Gusciana: tra queste la “nave”, di grandi dimensioni, necessaria per trasportare merci e carichi di svariati quintali; le “schafe”, le “piatte” e il “noccolello”, probabilmente simile al moderno barchino dei

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nelle fonti sono «i “rii” Barelli, Carboli, Canova, Cascareccia, Rivolta, e di Via Donica, di cui oggi non resta traccia o che sono stati ridotti a fossati; […] la fovea Ramonis e il fossus Grassete presso Cappiano, un fossus Schetti e il fosso Pisano, che dalla strada di Cappiano assicurava lo scolo delle acque in Arno; un’altra fovea era poi situata presso il Porto di Rosaio sul versante meridionale del Padule, in prossimità di Fucecchio ».4 Ai piedi del castello medioevale fucecchiese, presso l’attuale località Ferruzza, vi era un altro fossato, detto Forra, citato nello Statuto del 1308 e descritto come ampio e profondo5. Ma, come già affermato sopra, il corso d’acqua più importante era

la Gusciana, che rivestiva anche una rilevanza strategica poiché faceva parte di un «sistema viario»6 più ampio che collegava, tramite l’Arno, la Valdinievole

(e indirettamente Pistoia) alle città di Pisa e Firenze. Per questo motivo non dobbiamo meravigliarci se, nel Medioevo, l’appellativo più comune per indicare tali «terre padulinghe»7 fosse Palus Guiscianae, Padule di Gusciana: è lo storico fiorentino Giannozzo Manetti, vissuto tra il XIV e il XV secolo, a porre in rilievo tale denominazione con cui veniva identificato l’attuale Padule di Fucecchio nell’età di mezzo8; toponimo che scompare, a partire dal 1435, con

la costituzione del bacino lacustre, che si estendeva su gran parte dell’area paludosa9.

L’aspetto che caratterizzava questo territorio durante il basso Medioevo è desumibile da alcune fonti che descrivono il paesaggio palustre intorno alla Gusciana, nonché dalla toponomastica. Oltre ai corsi d’acqua che caratterizzavano l'area presa in esame, vi erano ampie zone lasciate a prato, la cui presenza è riscontrabile ancora oggi grazie all’esistenza di località i cui toponimi sono significativi: Prata, Alle Prata, Pratali. Così come significativi sono i toponimi ancora esistenti, Vetrice, Vetriceto, Ontaneto, Lamavetrice, Salicotto, Salice, da cui si può desumere quale fosse la vegetazione o le specie arboree che crescevano sulle sponde o sugli argini dei diversi co rsi d’acqua, formando dei boschi di sponda; esisteva inoltre un’area incolta che garantiva alla popolazione locale lo sfruttamento di risorse quali la raccolta di erbe spontanee, di legna e di selvaggina in particolare10. Tuttavia, in base alle fonti

pescatori. Cfr. Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e storia, cit., pp. 21-24. L’area palustre era comunque soggetta ad allagamenti anche prima dell’anno Mille, secondo lo studioso Amleto Spicciani. Cfr. Amleto Spicciani, Il Padule di Fucecchio nell’Alto Medioevo, in Incolti, fiumi, paludi. Utilizzazione delle risorse naturali nella Toscana medievale e moderna, a c. di Alberto Malvolti , Giuliano Pinto, Leo Olschki, Firenze, 2003, pp. 70-71.

4 Alberto Malvolti, Le risorse del padule di Fucecchio nel Basso Medioevo, in Il Padule di Fucecchio.

La lunga storia di un ambiente «naturale», a c. di Adriano Prosperi, p. 42.

5 Cfr. Ibid. Il termine Forra deriva dal longobardo e significa proprio fossato, solco pieno d’acqua

che segna il confine.

6 Cfr. Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla.

Natura e storia, cit., p. 22.

7Ibid.

8 Sui “nomi” del Padule cfr. Ezzelino Nelli, Le variazioni del Padule di Fucecchio, cit., pp. 20-27. 9 Cfr. Ibid., p. 24. Talvolta nei documenti dell’epoca troviamo scritto: Guissana, Guissiana,

Jussiana, Juscana, Visciana, ecc. Cfr. Ibid., p. 25.

10 Alberto Malvolti, Le risorse del padule di Fucecchio nel Basso Medioevo, in Il Padule di

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scritte disponibili e in assenza di qualsiasi riferimento iconografico precedente la formazione del Lago Nuovo, non è possibile risalire con precisone alla forma, alla delimitazione e quindi all’ampiezza «della vera e propria area palustre, soggetta a variazioni periodiche in relazione al clima e, ovviamente, ai mutamenti stagionali»11.

Gli interventi operati dall’uomo nell’ambito di tale territorio sono stati numerosi: in alcuni casi essi erano volti alla bonifica, mentre in altri la finalità era da ricercarsi in direzione totalmente opposta12. Tali scelte contraddittorie13,

responsabili dei cambiamenti degli assetti idrologici e vegetazionali del bacino, rispondevano alle esigenze connesse alle diverse attività economiche sviluppatesi nei tempi storici in questo comprensorio ed in particolare a due fattori: «tendenzialmente nei periodi di pace o quando apparivano impellenti le esigenze di approvvigionamento cerealicolo, l’abbassamento o la riduzione degli sbarramenti della foce del sistema davano impulso all'avanza ta della colonizzazione delle gronde del Padule attraverso il sist ema delle colmate. Al contrario […], nei periodi caratterizzati da tensioni politiche interne e internazionali, in cui apparivano meno sicuri […] gli approvvigionamenti di pesce per la Dominante, si cercava di sfruttare al massimo la pescosità del lago, rialzandolo artificialmente […]»14.

Qualsiasi intervento di trasformazione territoriale, infatti, non è mai fine a sé stesso15, ma costituisce la conseguenza o il presupposto di una più ampia azione politica (funzionale ai vari governi o ai gruppi di potere) o di significativi interessi economici16. La bonifica, in particolare, che ribalta

completamente un determinato assetto e una certa organizzazione del territorio, non può essere considerata solo come un’operazione tecnica, poiché sconvolge interessi economici consolidati al fine di crearne di nuovi17.

Le prime opere di bonifica attuate nel Padule sono riconducibili al basso Medioevo (XI-XII secolo), in conseguenza della generale ripresa economica e dell’incremento demografico18: sia quelle per colmata19 che quelle «per

11 Ibid., p. 43.

12 Danilo Barsanti - Leonardo Rombai, La «guerra delle acque» in Toscana. Storia delle bonifiche

dai Medici alla Riforma agraria, cit., pp. 80-81.

13 Giuseppe Barbieri parla, a tal proposito, di un alternarsi di opere contraddittorie. Cfr. Giuseppe

Barbieri, Toscana, cit., pp. 252-253.

14 Andrea Zagli, Le attività di pesca nel Padule di Fucecchio in epoca moderna, in Il territorio

pistoiese e i Lorena tra ‘700 e ‘800: viabilità e bonifiche, a c. di Ivan Tognarini, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1990, pp. 451- 452.

15 In questa sede si segue la regola “generale” di accentare anche quando sia seguito da stesso.

Cfr. Luca Serianni, (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi), Grammatica italiana, Italiano comune e lingua letteraria, UTET, Torino, 1991, p. 57.

16 Cfr. Danilo Barsanti, Il problema storico della bonifica maremmana, in Bollettino della Società

Storica Maremmana, 1982, p. 119.

17 Cfr. Danilo Barsanti - Leonardo Rombai, La «guerra delle acque» in Toscana. Storia delle

bonifiche dai Medici alla Riforma agraria, cit., p. 34.

18 I primi documenti che accennano ad interventi di bonifica risalgono alla seconda metà del XII

secolo, ma, secondo Alberto Malvolti, si possono collocare già nel secolo precedente. Cfr. Alberto Malvolti, Le risorse del Padule di Fucecchio nel Basso Medioevo, in Il Padule di Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., pp. 40-41.

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“essiccazione” (con eliminazione delle chiuse di Ponte a Cappiano, per abbassare il livello delle acque palustri) vennero effettuate a più riprese nei secoli XIII, XIV e XV da parte dei comuni della valle[…]»20, al fine di ottenere una maggiore distesa di terre da coltivare. Intorno al Padule, infatti, sin a partire dal Mille, si era affermato un processo di incastellamento del territorio, essenzialmente sulle colline circostanti, a dimostrazione di una significativa presenza di insediamenti umani, destinati ad aumentare nei secoli successivi: a Fucecchio, ad esempio, già nel Decimo secolo è documentata una sede fortificata realizzata dai Conti Cadolingi, che avevano notevoli possedimenti in quell’area21. Nel 1269, nella comunità fucecchiese si contavano circa tremila cento individui e, nei primi decenni del secolo successivo, la densità di popolazione superava la presunta media dell’Italia centrosettentrionale22. Le

ragguardevoli dimensioni raggiunte da questo castello entro il Duecento, sono testimoniate anche dall’estensione della cinta muraria che racchiudeva il centro storico23. Tale sviluppo demografico e urbano era dovuto al fatto che

Fucecchio si trovava all’incrocio tra Valdarno e Valdinievole e nel punto d’incontro tra alcune direttrici viarie d’importanza regionale: la strada verso Pistoia, che si collegava all’antica Cassia, la quale univa Lucca e Firenze; l’asse Firenze-Pisa lungo la riva sinistra dell’Arno e soprattutto la Via Francigena con i due ponti che consentivano l’attraversamento della Gusciana a Cappiano e dell’Arno a Fucecchio24. In quest’ultimo punto si sviluppò l’insediamento di Borgonovo, sempre legato alla potente famiglia comitale dei Cadolingi25.

19 La colmata consiste nel rialzamento del livello dei terreni paludosi con la sedimentazione o

decantazione di uno strato di materiale (detriti) in tale quantità che, alla fine dell’opera, i terreni acquisiscono una pendenza in grado di garantire lo scolo naturale. La bonifica per colmata si ottiene, dunque, nel deviare di proposito il corso dei fiumi, indirizzandoli verso i terreni da prosciugare, sui quali si depositano i numerosi detriti trasportati dalle acque limacciose dei corsi d’acqua dirottati artificialmente dall’uomo. Di conseguenza il livello dell’area palustre si alza gradualmente, grazie alla sedimentazione dei detriti, fino a superare il livello delle acque. I terreni sottratti alla palude o agli acquitrini, attraverso questo metodo, venivano poi destinati all’agricoltura. Cfr. Enciclopedia Agraria Italiana, voce Colmata, Roma, volume II, 1954, p. 856 e seguenti.

20 Leonardo Rombai, Il Lago- Padule di Fucecchio e la Valdinievole in età moderna: un ambiente

tra vocazioni acquatiche e colonizzazione agricola, in Nel Segno del Barocco Monsummano e la Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville e borghi, a c. di Giuseppina Carla Romby - Leonardo Rombai, Pacini Editore, Ospedaletto (Pisa), 1993, p. 15.

21 Cfr. La rocca di Fucecchio, (Documenti della Biblioteca comunale), a c. di Alberto Malvolti,

Tipo-Litografia Nuova Stampa, Vinci, 1982, p. 4; Alberto Malvolti, Le risorse del Padule di Fucecchio nel Basso Medioevo, in Il Padule di Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., p. 43; Alberto Malvolti, Aspetti del popolamento della Valdinievole meridionale nel Medioevo (secoli XI-XIV), in Atti del Convegno La popolazione della Valdinievole dal Medioevo ad oggi, Comune di Buggiano, 1999, pp. 55-56.

22 Ibid., pp. 64-65.

23 Cfr. Archeologia del territorio di Fucecchio, a c. di Andrea Vanni Desideri, Comune di Fucecchio –

Museo Civico, grafiche Nuova Bonafè, Fucecchio, 1985, pp. 68-69.

24 Cfr. La rocca di Fucecchio, (Documenti della Biblioteca comunale), cit., p. 4; Archeologia del

territorio di Fucecchio, cit., p. 68; Alberto Malvolti, Le risorse del Padule di Fucecchio nel Basso Medioevo, in Il Padule di Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., p. 43.

25 Cfr. Ibid.; Monografie delle strade provinciali fiorentine, SP 15 Lucchese Romana, in Le strade

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L’incremento dei prodotti agricoli, in virtù degli interventi di bonifica, contrastava con le necessità dettate dalla produzione ittica consistenti nell’aumento degli specchi d’acqua e della loro profondità. Dalla seconda metà del Duecento fino agli inizi del Quattrocento, infatti, si verificarono diversi contrasti tra le comunità locali del Padule, mossi dai sop ramenzionati opposti interessi: quelle del Valdarno Inferiore preferivano sfruttare al massimo le risorse ittiche dell’area paludosa, mentre quelle a monte della zona umida erano contrarie a vedersi sommergere le terre sottratte faticosamente alle acque mediante le operazioni di bonifica26. Significativa, a tal proposito, la

rimozione di ogni manufatto costruito sulla Gusciana, ordinato dalla Repubblica di Lucca nel 1279, per favorire il deflusso delle acque, senza dimenticare che, anche in altre circostanze, quest’ultima città, che aveva autorità sul Padule, intervenne in tal senso per far rimuovere ogni ostacolo alla navigazione nell’ambito dell’area palustre27. Fucecchio si impegnò ad esempio, dietro ordine dai lucchesi, a distruggere gli sbarramenti costru iti lungo la Gusciana dai comuni di Santa Croce, Castelfranco e Santa Maria a Monte, considerati dannosi per i centri ubicati a monte del Padule, sulle cui terre bonificate la città del Volto Santo rivendicava la propria giurisdizione. La Repubblica di Lucca aveva affermato il proprio dominio in questo territorio in seguito alla morte dell’Imperatore Federico II e alla crisi del sistema amministrativo costruito dagli Svevi tra Valdarno e Valdinievole, imperniato sulla presenza di alcune famiglie di nobili fedeli alla Curia imperiale, cui era stato confermato il diritto di esercitare una vera e propria signoria sulle terre appartenenti all’Impero28. Nel 1412, in uno scontro armato, le comunità valdinievoline

riuscirono addirittura a “conquistare” le catene usa te per azionare le chiuse sulla Gusciana a Cappiano29.

Tuttavia, a partire dal 1330 il controllo politico di Fucecchio e della valle passò progressivamente dalla Repubblica di Lucca a quella di Firenze: questo cambiamento degli equilibri politici ebbe dei riflessi sul Padule poiché i fiorentini preferirono favorire l’approvvigionamento ittico rispetto alle necessità delle comunità a monte della Valdinievole30. A coronamento di questo

26 Cfr. Danilo Barsanti - Leonardo Rombai, La «guerra delle acque» in Toscana. Storia delle

bonifiche dai Medici alla Riforma agraria, cit., pp. 81-82; Giorgio Galletti, Alberto Malvolti, Il Ponte mediceo di Cappiano. Storia e Restauro, Edizioni dell’Erba, Fucecchio, 1989, p. 12; Leonardo Rombai, Il Lago- Padule di Fucecchio e la Valdinievole in età moderna: un ambiente tra vocazioni acquatiche e colonizzazione agricola, in Nel Segno del Barocco Monsummano e la Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville e borghi, cit., pp. 15-16.

27 Cfr. Danilo Barsanti - Leonardo Rombai, La «guerra delle acque» in Toscana. Storia delle

bonifiche dai Medici alla Riforma agraria, cit., pp. 81-82; Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in

Il Padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e Storia, cit., p. 22.

28 Cfr. Alberto Malvolti, Le risorse del Padule di Fucecchio nel Basso Medioevo, in Il Padule di

Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., pp. 37-39.

29 Cfr. Giorgio Galletti, Alberto Malvolti, Il Ponte mediceo di Cappiano. Storia e Restauro, cit., p. 12. 30 Cfr. Ezzelino Nelli, Le variazioni del Padule di Fucecchio, cit., pp. 32-34; Natale Rauty, Le terre di

colmata in Valdinievole, in Atti del Convegno La Valdinievole nel periodo della civiltà agricola, 2, Comune di Buggiano, 1985, pp. 67-71. Nel 1330, l’alleanza tra Fucecchio e Firenze, stipulata nel secondo decennio del Trecento in funzione antilucchese, si trasforma in un formale vincolo di dipendenza. Fucecchio, insieme alle terre dell’ex Valdarno lucchese, viene sottomesso formalmente a Firenze Cfr. La rocca di Fucecchio, (Documenti della Biblioteca comunale), cit., pp. 5-10; Alberto

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processo si colloca il provvedimento del 1435, deliberato dai Priori delle Arti e dal Gonfaloniere di Giustizia di Firenze31, mediante il quale si ordinava la chiusura del fiume Gusciana attraverso la costruzione di una stabile pescaia di pietra presso il ponte di Cappiano e l’erezione di un argine lungo il suddetto emissario, da Cappiano in direzione delle alture di Cerreto32. Il fine era quello

di garantire a Firenze, «già ampiamente fornita di grano, olio e carni»33, anche una copiosa quantità di pesce. L’ampliamento degli specchi d’acqua, ottenuto mediante questi interventi tesi a «impedire il deflusso delle acque del Padule»34, dette luogo a un ristagno artificiale ribattezzato «Lago Nuovo»35 e,

più tardi, Lago di Fucecchio o Lago di Valdinievola: non conosciamo esattamente la data precisa in cui tale bacino lacustre fu indicato con queste ultime due denominazioni, ma sicuramente ciò avvenne a partire dalla metà del Quattrocento come risulta da diverse fonti iconografiche, in particolare da una copia di un disegno del 1450 rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina e di Valdinievola36; da un disegno-progetto di Leonardo da Vinci del 1503 in cui

quest’ultimo rappresentò il lago di Fucecchio al centro di una vasta area pianeggiante, priva di centri abitati ad eccezione di Altopascio, compresa tra le colline delle Cerbaie, il Montalbano e il fiume Arno37; da una Pianta di Simon

da Gagliano del XVI secolo;38 nonché dalla Carta del Dominio Vecchio

Fiorentino, dipinta nella Sala delle Carte geografiche della Galleria degli Uffizi, nel 1589, da Ludovico Buti, su disegno di Stefano Buonsignori, in cui compare

Malvolti, Quelli della Volta. Famiglie e fazioni a Fucecchio nel Medioevo, Edizioni dell’Erba, Fucecchio, 1998, p. 95.

31 I Priori delle Arti e il Gonfaloniere di Giustizia del Comune di Firenze esercitavano il dominio

sull’area del Padule di Fucecchio da circa un secolo. Cfr. Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e storia, cit., p. 25. Gli otto Priori e il Gonfaloniere costituivano la magistratura esecutiva della Repubblica di Firenze che veniva eletta estraendo a sorte dei nomi da borse riempite, di volta in volta, con elenchi di persone adatte all’incarico, che rappresentavano i quartieri e le arti in debite proporzioni. Tale magistratura restava in carica due mesi e aveva, in pratica, un potere illimitato che abbracciava tutte le sfere di governo. Cfr. L’autunno del Medioevo e la nascita del mondo moderno, volume VII di Storia del mondo medievale, Cambridge University press, edizione italiana a c. di Alberto Merola, Garzanti Editore, Milano, 1981, p. 753.

32 Cfr. Giovanni Targioni Tozzetti, Sopra le cause e sopra i rimedi dell’insalubrità dell’aria della Val

di Nievole, edito in Riccardo Cardellicchio, Attraverso i secoli nel Padule, in Fine di una terra, le Cerbaie e il Padule di Fucecchio, cit., p. 129.

33 Ibid. 34 Ibid.

35 La definizione di «Lago Nuovo» compare nel testo del provvedimento del 1435 con cui fu

stabilita la costituzione del bacino lacustre. Cfr. G. Grandi, Relazione seconda sopra gli affari di Bellavista, Lucca 28 marzo 1778, citata in Ezzelino Nelli, Le variazioni del Padule di Fucecchio, cit., p. 21.

36 Cfr. riproduzione di tale reperto iconografico in Giorgio Galletti, Alberto Malvolti, Il Ponte

mediceo di Cappiano. Storia e Restauro, cit., (senza pagina).

37 Cfr. riproduzione di tale reperto iconografico in Nel Segno del Barocco Monsummano e la

Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville, borghi, cit., repertorio iconografico I-4.

38 Tale Pianta, in cui compare la denominazione “Lago di Fucecchio”, è riprodotta in Giorgio

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la denominazione lago di Fucecchio39. Anche nell’opera Geographia di

Francesco Berlinghieri, pubblicata nel 1482 a Firenze, l’area umida fucecchiese venne denominata «Lago novo», all’incrocio tra la Valdinievole e il basso Valdarno, mentre nel secolo successivo Leandro Alberti, nella sua Descrittione di tutta l’Italia et isole pertinenti ad essa, confondeva il lago di Fucecchio con quello di Bientina40.

La realizzazione del bacino lacustre, deliberata dalla Repubblica Fiorentina nel 1435, fece venir meno la possibilità di coltivare i numerosi terreni invasi dalle acque, determinando le proteste e i ricorsi delle comunità limitrofe al lago41. Nel 1447, la pescaia del ponte di Cappiano fu abbassata di circa un braccio e mezzo, per ordine del governo di Firenze, evidentemente per accogliere, almeno parzialmente, le richieste delle popolazioni rivierasche; tuttavia, nel 1471 le autorità fiorentine preposte ordinar ono di ripristinare la situazione idraulica del bacino lacustre fucecchiese come nel 1435, allo scopo di ottenere una maggiore quantità di pesce42. Seguirono nuovi clamori e

proteste con conseguenti innalzamenti e abbassamenti del livello della pescaia di Cappiano e quindi del livello delle acque del lago: questa “politica idraulica” si rivelò fallimentare nella prospettiva di medio -lungo periodo, poiché il territorio si ricoprì, nel corso di alcuni decenni, di vaste zone pantanose, malsane e nebbiose; perfino la pesca divenne ben presto poco praticabile a causa delle cattive condizioni del pesce stesso43.

Dal Cinquecento al Seicento. Soltanto agli inizi del Cinquecento, in

sintonia con i mutati interessi medicei, si registrò un’inversione di tendenza. Nel 1515 lo Stato fiorentino deliberò la rimozione degli sbarramenti innalzati per realizzare il bacino lacustre, con l’obiettivo di eliminare il «Lagho nuovo»44,

realizzato nel 1435, divenuto un ostacolo allo sviluppo dell’agricoltura e un pericolo per la salute degli abitanti. Negli anni immediatamente successivi, Maria Alfonsina Orsini, vedova di Piero dei Medici e cognata di Papa Leone X, dette avvio al suo programma di bonifica, facendo abbattere la pescaia che sbarrava il corso dell’Usciana e prosciugando le terre (fino ad allora sommerse dalle acque del lago), di cui aveva acquistato i diritti di proprietà dai Comuni rivieraschi e dalla Repubblica fiorentina, per destinarli ad uso agricolo: tale progetto, tuttavia, non fu mai portato a compimento a causa della morte

39 Cfr. la riproduzione del particolare con il lago di Fucecchio in Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago

di Fucecchio, cit., p. 10. La denominazione lago di Fucecchio è presente anche nella iscrizione in latino (Phocensis Lacus) fatta murare, dal Granduca Cosimo I dei Medici, sotto il loggiato del Ponte di Cappiano, a conferma di quanto decretato il 27 febbraio 1550. Cfr. Ibid., p. 9.

40 Cfr. Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, Gl’avvenimenti del lago di Fucecchio e modo del suo

governo, a c. di Anna Corsi Prosperi, Adriano Prosperi, Istituto Storico per l’età moderna e contemporanea, Roma, 1988, p. 13.

41 Cfr. Riccardo Cardellicchio, Attraverso i secoli nel Padule, in Fine di una terra, le Cerbaie e il

Padule di Fucecchio, cit., p. 129.

42 Ibid., pp. 129-130.

43 Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e

storia, cit., p. 25.

44 Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, Gl’avvenimenti del lago di Fucecchio e modo del suo governo,

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inaspettata di Donna Alfonsina, avvenuta nel 151945. Inoltre, l’abbattimento

della pescaia non determinò il completo prosciugamento del lago, poiché il deflusso delle acque fu ostacolato dai mulini di Santa Croce sull’Arno46.

Negli anni successivi le sorti dell’area umida fucecchiese rimasero ancora una volta in sospeso e in continua alternanza a causa dei contrastanti interessi dei Medici: da un lato quello di favorire, attraverso interventi di bonifica, la costituzione di ampi latifondi da destinare ad uso agricolo; dall’altro la volontà di non rinunciare completamente alla produzione ittica47. Di conseguenza, il

livello delle acque del bacino continuò a oscillare per tutto il secolo, rivelando l’incoerenza della politica del territorio perseguita dalla dinastia medicea nell’ambito della Valdinievole48. Tra il 1516 e il 1549, in virtù della parziale

bonifica attuata da Donna Alfonsina, il letto del lago rimase quasi asciutto e nelle terre prosciugate si diffusero erbe e alberi peculia ri delle aree palustri come cannelle, biodi, giunchi, ontani e veltrici49. In particolare il bosco igrofilo (ontani, salici, pioppi) si estese dai margini fino all’interno del bacino, come risulta anche dall’ampio uso del legno di ontano nelle costruzioni l ocali50.

In direzione opposta si orientò, intorno alla metà del Cinquecento, la politica di Cosimo I dei Medici, il quale volle di nuovo ripristinare il bacino lacustre51. Il Bando per rassettare il lago di Fucecchio del 27 febbraio 1550

manifestava chiaramente la volontà del Duca52 di imprimere un assetto

45 Cfr. Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla.

Natura e storia, cit., pp. 25-26.

46 Cfr. Giuseppe Barbieri, Toscana, cit., p. 253; Riccardo Cardellicchio, Attraverso i secoli nel

Padule, in Fine di una terra, le Cerbaie e il Padule di Fucecchio, cit., p. 131.

47 È lo stesso Ceseri Frullani da Cerreto Guidi e fattore della fattoria medicea di Castelmartini, a

parlare delle continue variazioni del territorio del Lago-Padule, conseguenti alle «molteplici volontà degl’homini». Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, Gl’avvenimenti del lago di Fucecchio e modo del suo governo, cit., p. 186.

48 Cfr. Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, Discorsi di cose create et non venute alla luce intorno al

lago di Fucecchio e sua vicinanza, a c. di Giovanni Micheli, Adriano Prosperi, in Memorie sul Padule di Fucecchio (secoli XVI-XVII), Quaderni della Fondazione Montanelli-Bassi, Edizioni dell’Erba, Fucecchio, 1990, p. 28.

49 Cfr. Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, Gl’avvenimenti del lago di Fucecchio e modo del suo

governo, cit., p. 165.

50 Cfr. Alessio Bartolini - Alessandra Lucci, I cambiamenti degli assetti vegetazionali, faunistici e del

paesaggio agrario del padule di Fucecchio in relazione alle vicende storiche fra il XVI sec. e il XX sec., in Fra terra e acqua. La bonifica del padule di Fucecchio fra ‘800 e ‘900, cit., p. 119.

51 Cfr. Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla.

Natura e storia, cit., p. 27.

52 Cosimo I, figlio di Giovanni dalle Bande Nere, governò la Toscana dal 1537 al 1574, prima col

titolo di “Duca” e solo a partire dal 1569 col titolo di “Granduca” concessogli da Papa Pio V. Il titolo di “Duca” fu concesso al predecessore di Cosimo I, Alessandro dei Medici, dall’Imperatore Carlo V nel 1530, anno in cui i Medici tornarono a Firenze, grazie al sostegno delle forze militari imperiali, determinando la fine del regime repubblicano. La Signoria medicea si trasformava così in un principato dinastico. Cfr. Antonio Brancati, Civiltà nei secoli 1, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze), 1989, pp. 426 e 557-558. Il titolo di “Granduca” fu concesso ai Medici, da parte dell’Imperatore Massimiliano II d’Asburgo, soltanto dopo la morte di Cosimo I (1574), con decreto di Ratisbona del 2 novembre 1575, mediante il quale l’Imperatore sostituì la sua investitura a quella papale. La “consacrazione” finale per la dinastia dei Medici avvenne dunque all’inizio del governo effettivo della Toscana da parte di Francesco I, figlio e successore di Cosimo I. Fu il Papa Gregorio XIII

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idraulico definitivo a tutta l’area attraverso la ricostruzione dell’argine (in direzione di Cerreto) per delimitare l’alveo del lago; la realizzazione di una nuova pescaia presso Cappiano e l’erezione di un nuovo ponte «difeso da due torri»53, cui si affiancavano altre opere destinate a utilizzare proficuamente le

risorse della zona umida e a offrire anche ospitalità ai viandanti e ai pellegrini che «transitavano lungo l’antica Via Francigena»54. Una struttura architettonica complessa, lunga quasi cinquanta metri, frutto della ricostruzione di preesistenti edifici fortificati55, che assolveva dunque a svariate funzioni, tra

cui quella di «controllo del vasto latifondo agricolo che si sarebbe sviluppato nei decenni successivi»56. La conclusione dell’intervento fu suggellata da epigrafi in latino e in volgare poste sul ponte, che chiarivano il fine dell’impresa identificandolo nella speranza «d’acquistarne commodo al paese»57. La ricostituzione del lago, eseguita molto rapidamente, venne

ultimata nel 155158, ma i risultati non furono positivi: nonostante gli altissimi livelli di produttività raggiunti dalla pesca, la popolazione rivierasca subì notevoli danni a causa degli «esiti disastrosi sul piano ecologico e sanitario»59

del «rifacimento del lago»60, il quale abbracciò un esteso perimetro,

soffocando «campi, alberi, semente, ed ogni altra produzione di suolo; sicché corrompendosi l’acqua […] venne a infettare l’aria all’i ntorno e gli abitatori de’ luoghi circonvicini cominciarono a diventare gonfi e gialli et in pochi dì cadevano morti»61. La miseria e i numerosi decessi conseguenti al ripristino del lago non furono sufficienti a far comprendere alle autorità fiorentine la necessità di rimuovere la pescaia per eliminare «la cagione di tanto male»62.

(eletto nel 1572) a indurre Filippo II ad assumersi il compito di convincere l’Imperatore a riconoscere ai Medici il titolo di Granduca precedentemente concesso dalla Santa Sede. Cfr. Furio Diaz, Storia d’Italia. Il Granducato di Toscana – I Medici, volume XIII, tomo primo, UTET, Torino, 1976, pp. 190-191.

53 Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e

storia, cit., p. 27.

54 Ibid.

55 La prima notizia di un ponte in località Cappiano risale al 1019, mentre dal XIII secolo è

documentata la presenza di un ponte levatoio dotato di torre; alla fine del XIV secolo risultano presenti tre ponti levatoi, restaurati anche nel corso della prima metà del Cinqucento. Cfr. Alberto Malvolti, Il ponte e il borgo di Cappiano dal Medioevo all’età lorenese, in Giorgio Galletti, Alberto Malvolti, Il Ponte mediceo di Cappiano. Storia e Restauro, cit., pp. 14-20.

56 Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., p. 23.

57 Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e

storia, cit., p. 27.

58 Cfr. Alberto Malvolti, Il ponte e il borgo di Cappiano dal Medioevo all’età lorenese, in Giorgio

Galletti, Alberto Malvolti, Il Ponte mediceo di Cappiano. Storia e Restauro, cit., p. 29.

59 Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghettodi Sibolla. Natura e

storia, cit., p. 28.

60 Ibid. (Il ristagno delle acque, unitamente alla decomposizione della vegetazione e del legname,

causò l’insorgere di malattie infettive che, secondo le cronache dell’epoca, provocarono la morte dei due terzi delle popolazioni rivierasche).

61 Emanuele Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana contenente la descrizione

di tutti i luoghi del Granducato, voce Padule di Fucecchio, volume IV, Allegrini e Mazzoni, Firenze, 1841, p. 17. Edizione riprodotta anastaticamente stampata da Officine Grafiche Fratelli Stianti di Sancasciano, Firenze, 1972.

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«Per tutto il tempo decorso dalla costruzione delle Calle al Ponte di Cappiano ordinata dal Granduca Cosimo I all’estinzione della dinastia Medicea, i popoli della Val di Nievole non si stancarono di umiliar suppliche al governo nella speranza di ottenere qualche sollievo alle miserie nelle quali si trovavano immersi per lo spagliamento delle acque e l’infezione dell’aria »63. Morto

Cosimo I, infatti, i suoi successori ripresero inesorabilmente ad abbassare e innalzare il livello del lago senza riuscire a trovare una soluzione definitiva , mentre epidemie e pestilenze causavano danni e lutti alle popolazioni confinanti con il bacino lacustre64.

Possiamo affermare dunque che la ricostituzione del lago di Fucecchio, voluta da Cosimo I dei Medici, si configura come una delle più radicali trasformazioni verificatesi nella Valdinievole, in epoca storica, dal punto di vista ambientale, paesaggistico nonché per l’impatto che tale intervento eb be sull’uomo: vi fu innanzi tutto il «collasso dell’ecosistema […] a causa della enorme massa di sostanza vegetale improvvisamente sommersa dalle acque, la cui decomposizione determinò rapidamente il consumo di tutto l’ossigeno disponibile e proseguì lentamente per via anaerobica»65. In conseguenza di ciò

morirono gli organismi acquatici, tra cui i pesci; terminata tale fase degenerativa dell’ecosistema si innescò sicuramente un processo rigenerativo con la comparsa di nuove biocenosi nell’invaso lacustre e con la ricolonizzazione da parte della vegetazione preesistente verso le fasce più esterne, tra cui le zone già precedentemente colmate e coltivate. Nell’area ricoperta costantemente dalle acque si può ipotizzare la formazione di due fasce vegetazionali: il potameto ossia piante «completamente sommerse o di cui emergono brevi steli floreali»66 e il lamineto, cioè piante con foglie e talvolta steli galleggianti a «forma tipicamente laminare»67, «adatte alla vita di

frontiera fra acqua e aria, alcune radicate sul fondo […] ed altre natanti»68.

Gli interventi di bonifica, sia per essiccazione che per colmata, ripresero a partire dalla seconda metà del Cinquecento quando, nuove condizioni economiche, dettate anche da tragiche carestie69 e dall’aumento dei prezzi dei

cereali, spinsero i Granduchi Francesco I e Ferdinando I ad incrementare la superficie dei terreni coltivabili70. Significativa, a tal proposito, la dichiarazione di Francesco I per il quale «la soluzione più profittevole per gli antichi

63 Ibid.

64 Cfr. Ezzelino Nelli, Le variazioni del Padule di Fucecchio, cit., p. 39. Malattie e pestilenze si

susseguirono nelle aree limitrofe al lago a partire dalla seconda metà del Cinquecento fino alla prima metà del Settecento.

65 Alessio Bartolini - Alessandra Lucci, I cambiamenti degli assetti vegetazionali, faunistici e del

paesaggio agrario del padule di Fucecchio in relazione alle vicende storiche fra il XVI sec. e il XX sec., in Fra terra e acqua. La bonifica del padule di Fucecchio fra ‘800 e ‘900, cit., p. 120.

66 Ibid.

67 Ibid., 120, nota 10. 68 Ibid., pp. 120-121.

69 In particolare è il principato di Ferdinando I ad essere caratterizzato da drammatiche carestie tra

il 1590 e il 1602. Cfr. Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., p. 16.

70 Cfr. Leonardo Rombai, Il Lago- Padule di Fucecchio e la Valdinievole in età moderna: un

ambiente tra vocazioni acquatiche e colonizzazione agricola, in Nel Segno del Barocco Monsummano e la Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville e borghi, cit., p. 11.

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problemi»71 idraulici della Valdinievole consisteva «nel discostare il lago dai

monti, e ridurre abitabile e popolato il piano per farlo fruttifero non solo a benefizio degli stessi abitatori, ma ancora dei popoli circonvicini e della città nostra di Firenze»72. Negli anni Settanta si procedette al ridimensionamento

del lago a nord dell’area con il tracciamento del canale del Fossetto: le terre sottratte alle acque furono destinate alla coltivazione di miglio, saggina palustre ed altre erbe per il bestiame73. Negli anni 1583-1584 fu abbassata la pescaia di Ponte a Cappiano con il recupero a fini agricoli di ulteriori terreni meno depressi; furono realizzate arginature e canalizzazioni nonché nuove colmate, seppur senza un piano preordinato; interven ti che si intensificarono con Ferdinando I a partire dal 158874. Le terre sottratte alla superficie allagata

formarono dei latifondi, suddivisi in poderi secondo il sistema mezzadrile, con edifici colonici, reti viarie e scoli campestri: tale organizzazione territoriale si resse, a partire dalla prima metà del Seicento, su sette fattorie: Cappiano, Stabbia, Castelmartini, Montevettolini, Terzo, Bellavista, Altopascio75. La

bonifica medicea determinò dunque un cambiamento dell’assetto del territorio e del paesaggio con la netta contrazione degli specchi e dei ristagni d’acqua, nonché dei canneti, dei giuncheti e dei boschi caratterizzati da specie arboree tipiche delle zone umide quali ontani, frassini, salici, vetrici, farnie, olmi e pioppi, presenti intorno al Padule (poi lago) sin dal basso Medioevo, come attestato dalla presenza di alcuni toponimi locali usati per denominare i poderi recentemente costituiti: “Querciolaia”, “Cerro”, Cerbaia”, “Frassineto”76. Di

contro si ampliarono le fasce destinate a coltivazioni cerealicole e arboree, peculiari del nuovo assetto agrario77, con la presenza di capanne e abitazioni

71 Leonardo Rombai, Il territorio dei miracoli, in AA.VV. Il paesaggio dei miracoli. Devozione e

mecenatismo nella Toscana medicea da Ferdinando I a Cosimo II, cit., p 35.

72 Ibid.

73 Cfr. Alessio Bartolini - Alessandra Lucci, I cambiamenti degli assetti vegetazionali, faunistici e del

paesaggio agrario del padule di Fucecchio in relazione alle vicende storiche fra il XVI sec. e il XX sec., in Fra terra e acqua. La bonifica del padule di Fucecchio fra ‘800 e ‘900, cit., p. 121.

74 Cfr. Leonardo Rombai, Il territorio dei miracoli, in AA.VV. Il paesaggio dei miracoli. Devozione e

mecenatismo nella Toscana medicea da Ferdinando I a Cosimo II, cit., p 35.

75 Tale organizzazione del territorio, tipica del sistema mezzadrile, era assente nell’area intorno al

Padule fino alla metà del Cinquecento. Cfr. Leonardo Rombai, Il Lago- Padule di Fucecchio e la Valdinievole in età moderna: un ambiente tra vocazioni acquatiche e colonizzazione agricola, in Nel Segno del Barocco Monsummano e la Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville e borghi, cit., p. 11. Cfr. anche: Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e storia, cit., p. 28. Sulle sette fattorie, quali testimonianze materiali dell’intervento mediceo sul territorio intorno al Lago-Padule di Fucecchio cfr. anche: Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., pp. 21-54.

76 Tali toponimi attestano la passata esistenza in quelle aree di questo tipo di vegetazione, ancora

presente evidentemente nella memoria dei luoghi in cui si è insediato il nuovo assetto agrario. Cfr. Alessio Bartolini - Alessandra Lucci, I cambiamenti degli assetti vegetazionali, faunistici e del paesaggio agrario del padule di Fucecchio in relazione alle vicende storiche fra il XVI sec. e il XX sec., in Fra terra e acqua. La bonifica del padule di Fucecchio fra ‘800 e ‘900, cit., p. 121.

77 In ogni unità poderale, generalmente, vi era una parte coltivata a seminativo con campi

circondati dalla cosiddetta vite “maritata” al pioppo, all’acero, all’olmo. Si trovavano poi alberete, alberi da frutto e significativa era la presenza del gelso. I filari di alberi, principalmente ontani, pioppi, salici, si estendevano lungo i margini dei poderi, lungo i confini, lungo le strade e i canali, imprimendo una forma particolare al paesaggio agrario. Tali alberete svolgevano un ruolo

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adeguate ai contadini che avrebbero dovuto colonizzare e lavorare i terreni acquisiti grazie alla riduzione del lago: si trattava non di case murate, ma essenzialmente di edifici rurali costruiti in legno e ricoperti con vari tipi di vegetazione tipicamente palustre78. Questa zona, caratterizzata da colture e da

insediamenti umani, si estendeva nei terreni ormai sottratti definitivamente alle acque e formava l’anello più esterno concentrico al Lago-Padule, mentre nell’area più vicina all’invaso e quindi più soggetta a inondazioni si trovavano due fasce a forma di anello: quella più contigua al bacino lacustre era destinata a vegetazione spontanea, oltre che a piantate di ontani e pioppi volte consolidare gli argini; quella intermedia era destinata a cereali minori o lasciata a prato79. Nuovi insediamenti più stabili furono realizzati, a partire

dagli inizi del Seicento, prevalentemente intorno a edifici sa cri di recente costruzione o ristrutturati (Borgo a Buggiano, Castelmartini, Monsummano, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Chiesina Uzzanese), così come fu migliorato il sistema viario con la costruzione ex novo della via empolese80.

Particolarmente significativa, da questo punto di vista, la costruzione della chiesa-santuario della Madonna di Fontenuova di Monsummano che si inserì nel contesto dei lavori promossi, in quegli anni, nel vasto bacino fucecchiese dalla dinastia dei Medici, al fine di un rilanci o economico e demografico di tutto il comprensorio81: tale edificio religioso doveva rappresentare il polo di

attrazione del nuovo centro abitato di Monsummano Basso, per cui il santuario può essere considerato come un segno tangibile del governo delle acqu e e del territorio82. La nuova geografia mariana coincideva con la nuova geografia dei

luoghi abitati in cui si assisteva alla rapida trasformazione dell’economia lacustre in economia agricola, con la sostituzione di attività e mestieri e con la nascita di un nuovo sistema urbano grazie al trasferimento in piano della popolazione residente nei vetusti e fatiscenti castelli ubicati sulle colline circostanti83. Nella Toscana medicea la proliferazione dei centri della devozione importante nel consolidamento degli argini dei canali o dei torrenti e nell’ambito dell’economia rurale, essendo sottoposti periodicamente al taglio per fornire legna da ardere e legname da costruzione. Nei poderi, inoltre, vi erano – nelle zone a ridosso dell’area palustre – prati ricoperti di fieno, biada, biada minuta e vegetazione spontanea come il “falasco”, utilizzato per l’allevamento del bestiame. Risulta quindi una interdipendenza tra le zone coltivate e quelle incolte, caratterizzate da risorse naturali spontanee, nell’ambito del sistema mezzadrile dominato dalle fattorie granducali. Cfr. Ibid.,pp. 124-125.

78 Cfr. Ibid., pp. 121-122; Leonardo Rombai, Il Lago- Padule di Fucecchio e la Valdinievole in età

moderna: un ambiente tra vocazioni acquatiche e colonizzazione agricola, in Nel Segno del Barocco Monsummano e la Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville e borghi, cit., p. 11.

79 Cfr. Antonio Stopani, Il paesaggio agrario, in Giuseppina Romby, Leonardo Rombai, Nel segno

del Barocco. Monsummano e la Valdinievole nel XVII secolo: terre, paduli, ville, borghi, cit., p. 51.

80 Cfr. Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., pp. 17-18.

81 Cfr. Giuseppina Carla Romby, Santuari mariani, territorio, spazi urbani, in AA.VV. Il paesaggio

dei miracoli. Devozione e mecenatismo nella Toscana medicea da Ferdinando I a Cosimo II, cit., pp. 55-56.

82 Cfr. Leonardo Rombai, Il territorio dei miracoli, in AA.VV. Il paesaggio dei miracoli. Devozione e

mecenatismo nella Toscana medicea da Ferdinando I a Cosimo II, cit., p 34.

83 Cfr. Carla Giuseppina Romby, La geografia del sacro nel territorio di Monsummano, in I segni del

sacro. Produzione artistica e luoghi di culto nel territorio di Monsummano, a c. di Carla Giuseppina Romby, Pacini Editore, (Ospedaletto) Pisa, 1998, pp. 13-19.

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mariana, attraverso la realizzazione ex novo o la ricostruzione o l’ampliamento di chiese e santuari, si verificò proprio nel Seicento ed in particolare nei primi decenni del secolo sia per consolidare il potere politico (rendendo visibili gli interventi dell’opera granducale) sia per favorire il pop olamento delle campagne abbandonate o di aree comunque marginali o restituite da poco all’agricoltura: la disseminazione di questi luoghi di culto fu infatti più evidente nei territori investiti da un processo di riorganizzazione insediativa e produttiva, tra cui proprio la Valdinievole con il suo Lago-Padule84. Rimasero

comunque vaste boscaglie per il piacere della caccia dei Medici85. È in questo

contesto che prese avvio, in Valdinievole, quel significativo incremento demografico che, nonostante i numerosi morti causati dalla peste del 1631, proseguì anche nei secoli successivi, determinando il moltiplicarsi di strutture edilizie e architettoniche che contribuirono ad imprimere una nuova forma al paesaggio86.

Gli interventi di prosciugamento, tuttavia, non furono mai eseguiti in modo organico a causa essenzialmente di due motivi: l’interesse, mai del tutto sopito, verso la pesca, attività ritenuta ancora redditizia, e l’uso, talvolta, di «tecniche improvvisate»87 nella bonifica dell’area palustre, che dunque n on fu

attuata secondo un progetto unitario, ma «attraverso colmate funzionali alle esigenze delle singole fattorie che, alterando le pendenze dei terreni, avevano compromesso il precario equilibrio idrografico della zona »88. I terreni rimasti ad un livello inferiore rispetto a quelli rialzati per colmata, infatti, erano soggetti ad allagamenti89; di conseguenza i risultati raggiunti furono spesso

opposti a quelli auspicati: emblematico il caso della fattoria di Bellavista che, nell’arco di pochi decenni, perse «oltre la metà dei […] terreni prima coltivati»90 cadendo lentamente in stato di degrado. Nella seconda metà del

Seicento, infatti, lo scienziato e matematico Vincenzo Viviani descrisse un quadro delle condizioni ambientali dell’area palustre decisamente peggiorato rispetto agli inizi del XVII secolo, con l’ampliamento delle macchie di salici, veltrici, ontani, cannucce, giunchi e erbe palustri che facevano alzare, tra l’altro, il livello delle acque, le quali si dilatavano fino a occupare anche i terreni coltivati91. Il territorio in esame diventò «un’immensa distesa di

84 Cfr. Giuseppina Carla Romby, Santuari mariani, territorio, spazi urbani, in AA.VV. Il paesaggio

dei miracoli. Devozione e mecenatismo nella Toscana medicea da Ferdinando I a Cosimo II, cit., pp. 55-56.

85 Cfr. Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., p. 17. 86 Cfr. Ibid., pp. 17-18.

87 Alessandro Nucci, Politica territoriale e bonifica in padule fra il ‘700 e l’800 in Il Padule di

Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., p. 256.

88 Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., p. 18.

89 Cfr. Alberto Malvolti, Il Padule nella storia, in Il padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla.

Natura e storia, cit., p. 29.

90 I terreni coltivati in questione si ridussero gradualmente a specchi palustri, favorendo anche la

diffusione di malattie infettive. Cfr. Alessandro Nucci, Politica territoriale e bonifica in padule fra il ‘700 e l’800 in Il Padule di Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., p. 256.

91 Cfr. Vincenzo Viviani, Due relazioni sul lago di Fucecchio (1670-1678), a c. di Giuseppe La Tosa,

in Memorie sul Padule di Fucecchio (secoli XVI-XVII), cit., p. 104. Vincenzo Viviani fu incaricato di controllare alcuni emissari del lago di Fucecchio dal Granduca Cosimo III. Sugli studi compiuti da

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praterie, isole natanti, fittissima vegetazione e fondo limaccioso »92. Ciò fu

dovuto anche al Bando et Prohibizione intorno al Lago di Fucecchio, Beni del Fossetto,e fiume della Usciana. Per causa della Pesca, e altro del dì 5 di Luglio 162493 (più nota come Legge del divieto)94, mediante il quale i Medici intesero

tutelare i loro diritti esclusivi sul Lago di Fucecchio in relazione alla pesca, che continuava ad essere fonte di reddito, oltre ad ulteriori attività legate alle risorse del luogo. Si trattava della conclusione di un processo di consolidamento dell’influenza medicea sull’intera zona umida iniziato con Alfonsina dei Medici, cui le comunità locali, che avevano giurisdizione sull’invaso lacustre, avevano alienato i loro diritti di proprietà all’inizio del Cinquecento95. Con tale legge, che accentuava la normativa precedente, si

intendeva porre fine ai danni che subivano i beni e la rendita allora in possesso, per via ereditaria, del Principe Don Lorenzo dei Medici96, a causa

delle frodi delle gabelle commesse dai pescatori e dai mercanti nell’ambito del bacino lacustre97. Il Bando proibiva a chiunque di entrare nella zona del lago

senza aver ottenuto previamente la licenza, dietro pagamento, per pescare, cacciare, pascolare il bestiame, navigare e sostare nei porti dei canali, nonché raccogliere la vegetazione spontanea; era poi previsto un lungo periodo stagionale (da maggio a settembre) in cui era vietata quasi completamente qualsiasi attività98. Tali restrizioni causarono “l’impantanamento” dell’area

lacustre a cui avrebbe giovato il taglio periodico della vegetazione99. La Legge del divieto rappresentò dunque una delle cause principali del degrado ambientale della zona umida con conseguenze di carattere idraulico ed ecologico-sanitario per l’intera Valdinievole100.

Vincenzo Viviani (che fu allievo e “ultimo discepolo” di Galileo Galilei) e sulle sue competenze di matematico e scienziato cfr. Ibid., pp. 91-96.

92 Alessio Bartolini - Alessandra Lucci, I cambiamenti degli assetti vegetazionali, faunistici e del

paesaggio agrario del padule di Fucecchio in relazione alle vicende storiche fra il XVI sec. e il XX sec., in Fra terra e acqua. La bonifica del padule di Fucecchio fra ‘800 e ‘900, cit., p. 125.

93 Cfr. Lorenzo Cantini, Legislazione Toscana, Tomo XV, Firenze, 1804, pp. 306-341.

94 Sulla Legge del divieto cfr. La legge del “divieto” del 1624: attività di pesca e di controllo delle

risorse nel Lago di Fucecchio fra XVII e XVIII secolo, a c. di Andrea Zagli, in Memorie sul Padule di Fucecchio (secoli XVI-XVII),cit., pp. 75-88.

95 Cfr. Ibid., p. 75.

96 Alla morte del Granduca Francesco I, nel 1587, tutti i beni granducali dell’area della Valdinievole

furono ereditati dal fratello, il Granduca Ferdinando I (1549-1609). Egli stabilì che alla sua morte il Lago di Fucecchio e tutte le altre proprietà della zona passassero al figlio quartogenito, il Principe Don Lorenzo (1599-1648), che, alla morte del padre, aveva solo dieci anni: di conseguenza i beni ereditati furono amministrati da sua madre Cristina di Lorena. Cfr. Patrizia Vezzosi, I Medici e il Lago di Fucecchio, cit., p. 29.

97 Cfr. Cfr. La legge del “divieto” del 1624: attività di pesca e di controllo delle risorse nel Lago di

Fucecchio fra XVII e XVIII secolo, a c. di Andrea Zagli, in Memorie sul Padule di Fucecchio (secoli XVI-XVII), cit., pp. 76-77.

98 Cfr. Ibid., p. 77.

99 Cfr. Alberto Malvolti, Il ponte e il borgo di Cappiano dal Medioevo all’età lorenese, in Giorgio

Galletti, Alberto Malvolti, Il Ponte mediceo di Cappiano. Storia e Restauro, cit., p. 41.

100 Cfr. La legge del “divieto” del 1624: attività di pesca e di controllo delle risorse nel Lago di

Fucecchio fra XVII e XVIII secolo, a c. di Andrea Zagli, in Memorie sul Padule di Fucecchio (secoli XVI-XVII), cit., p. 75.

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A partire dalla fine del Cinquecento ed in particolare nel corso del secolo successivo si verificò, dunque, la graduale metamorfosi dell’area umida, che da bacino lacustre vero e proprio, con acque libere e permanenti, fu ridotto a “palude”, cioè ad una zona di specchi d’acqua più limitati e torbidi, spesso inadatti alla pesca, ma comunque utilizzati per fini venatori e alieutici101.

Conseguenza, dal punto di vista della fitocenosi, fu la rarefazione delle piante galleggianti e sommerse (presenti in modo consistente nel bacino lacustre) come le ninfee, il millefoglio d’acqua e i ranuncoli acquatici che trovarono rifugio nei canali. Si stava formando, poco a poco, il paesaggio moderno costituito da tre unità fondamentali: il canneto, esteso sulla maggior parte della superficie, che si interponeva tra i chiari e i canali costruiti dall’uomo102.

Contestualmente l’ambiente in esame “perse” il nome di lago e cominciò ad essere chiamato Padule poiché, come affermava Cesari Frullani da Cerreto Guidi,103 nel 1599, non vi era «rimasto vestigio alcuno di vero lago»104. Simile la descrizione redatta nel 1678, in seguito ad un sopralluogo nell’area palustre, da Vincenzo Viviani, il quale affermava che «quello che già era Lago, e Chiaro»105 era divenuto «quasi tutto Padule»106. Nel 1761 Giovanni Targioni

Tozzetti definiva l’intera area come «un ampio alveo o ricettacolo […] che anticamente si chiamava Gusciana, in oggi si addimanda […] più comunemente Padule di Fucecchio […]»107. Nella sua opera, edita in due volumi,

Ragionamenti sopra i rimedi dell’insalubrità dell’aria in Valdinievole , Targioni Tozzetti inserì anche una pianta in cui il bacino palustre veniva denominato chiaramente “Padule di Fucecchio”108. Tre anni dopo, anche un’altra pianta

delle pianure del Valdarno di Sotto e di Bientina faceva espressamente riferimento al “Padule di Fucecchio”109.

101 Cfr. Ibid., p. 77; Alessio Bartolini - Alessandra Lucci, I cambiamenti degli assetti vegetazionali,

faunistici e del paesaggio agrario del padule di Fucecchio in relazione alle vicende storiche fra il XVI sec. e il XX sec., in Fra terra e acqua. La bonifica del padule di Fucecchio fra ‘800 e ‘900, cit., pp. 125-126.

102 Cfr. Ibid., p. 126.

103 Ceseri Frullani da Cerreto Guidi (1535-1626?) trascorse la maggior parte della sua vita al

servizio della dinastia medicea come fattore delle “possessioni” della Valdinievole e fu autore di due opere sul Lago di Fucecchio (Gl’avvenimenti del lago di Fucecchio e modi del suo governo e i

Discorsi), destinate al Granduca Ferdinando I dei Medici, in cui egli affermava l’utilità economica di mantenere alto il livello del lago, di contro ai tentativi di prosciugamento del bacino lacustre sostenuti da una scelta politica ufficiale della dinastia medicea nella seconda metà del Cinquecento. Sulla figura di Ceseri Frullani cfr. Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, Gl’avvenimenti del Lago di Fucecchio e modo del suo governo, cit., pp. 9-16.

104Ibid., pp. 87-88.

105 Vincenzo Viviani, Due relazioni sul lago di Fucecchio (1670-1678), a c. di Giuseppe La Tosa, in

Memorie sul Padule di Fucecchio (secoli XVI-XVII),cit., p. 104.

106Ibid.

107 Tale descrizione del Padule è riportata in Riccardo Cardellicchio, Attraverso i secoli nel Padule,

in Fine di una terra, le Cerbaie e il Padule di Fucecchio, cit., p. 127. Giovanni Targioni Tozzetti aveva scritto: Ragionamenti sopra i rimedi dell’insalubrità dell’aria in Valdinievole, 2 volumi, Stamperia Imperiale, Firenze, 1761.

108 Cfr. Ibid. Tale Pianta del Padule di Fucecchio è stata riprodotta in Il Padule di Fucecchio. La

lunga storia di un ambiente «naturale», cit., (appendice documentaria – figura 19).

109 Cfr. Pianta delle pianure del Valdarno di Sotto e di Bientina con i loro rispettivi paduli di

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Il Settecento. Fino alla prima metà del Settecento, gli irrisolti problemi

idraulici del Padule «si riproposero nella loro originaria specificità»110: in particolare il «cattivo deflusso delle acque e i conseguenti fenomeni di larga esondazione nei periodi invernali e gli opposti ristagni nei mesi estivi; l’assoluta inadeguatezza dell’Usciana a ricevere tutte le acque dei vari emissari del padule»111 e la difficoltà di quest’ultima «a scaricare le proprie acque in Arno, dato che il fiume scorreva con quote di fondo alveo in molti casi superiori a quelle del canale e quindi, nell’eventualità di piene, era il fiume a riversarsi nel canale inondando il Padule di Fucecchio»112.

Dobbiamo attendere l’estinzione della dinastia medicea, avvenuta nel 1737, con la morte di Gian Gastone113, e la conseguente dominazione dei

Lorena (dinastia d’Asburgo-Lorena)114, per assistere ad un miglioramento delle

condizioni igienico-sanitarie dei territori contermini al Padule di Fucecchio. Sin dal 1740, infatti, l’obiettivo della nuova dinastia che governava la Toscana115

fu quello di «far cessare i danni provenienti nel Val d’Arno di sotto dalle acque dell’Arno e della Gusciana»116: a tal fine il Granduca Francesco II di Lorena117,

Bonelli Conenna, Attilio Brilli, Giuseppe Cantelli, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano), 2004, pp. 226-227. La pianta originale, riprodotta in tale libro, si trova presso l’Archivio di Stato di Siena.

110 Alessandro Nucci, Politica territoriale e bonifica in padule fra il ‘700 e l’800 in Il Padule di

Fucecchio. La lunga storia di un ambiente «naturale», cit., p. 255.

111Ibid.

112Ibid., pp. 255-256.

113 Cfr. Furio Diaz, Storia d’Italia. Il Granducato di Toscana – I Medici, cit., p. 524; Renato della

Torre, I Medici. Vita e vicende familiari, Lucio Pugliese editore, Firenze, 1980, p. 297; Harold Acton, Gli ultimi Medici, traduzione italiana di Adriana Castelnuovo Tedeschi, Einaudi, Torino, 1987, pp. 311-313.

114 Il 12 luglio 1737 ebbe inizio la dinastia dei Lorena, come allora venne chiamata e ancora oggi

viene chiamata in Toscana, nonostante in Europa si fosse imposta come dinastia d’Asburgo-Lorena, in virtù del matrimonio tra Francesco Stefano di Lorena e Maria Teresa d’Austria, figlia dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Cfr. Paolo Bellucci, I Lorena in Toscana. Gli uomini e le opere, Edizione Medicea, Firenze, 1984, pp. 11-12; Franz Pesendorfer, La Toscana dei Lorena. Un secolo di governo granducale, traduzione di Marco Nardi, Sansoni Editori, Firenze, 1987, p. 15.

115 «Con la scomparsa dei Medici dalla scena politica, si assiste a uno dei tanti baratti della storia:

scambio fra potenti che decidono le sorti dei più deboli. A causa della sistemazione europea dopo la guerra di successione polacca (1733-’38) combattuta soprattutto nel 1733-’35, il granducato di Toscana venne “assegnato” nel 1737 a Francesco Stefano di Lorena, in compenso del suo ducato di Lorenza-Bar, dato in permuta dalla Francia al re di Polonia […] fino alla morte di lui e senza diritti per il successore». Paolo Bellucci, I Lorena in Toscana. Gli uomini e le opere, cit., p. 9.

116 Riccardo Cardellicchio, Attraverso i secoli nel Padule, in Fine di una terra, le Cerbaie e il Padule

di Fucecchio, cit., p. 139.

117 Francesco Stefano d’Asburgo-Lorena regnò, come Granduca di Toscana, con il nome di

Francesco II (Francesco I, della dinastia dei Medici, aveva già governato, come Granduca di Toscana, dal 1574 al 1587). Il “primo” Granduca della nuova dinastia regnante in Toscana entrò a Firenze agli inizi del 1739, ma già nel 1737, dopo la morte di Gian Gastone, fu proclamato l’atto con il quale l’imperatore Carlo VI d’Asburgo lo aveva investito dell’eredità medicea. Cfr. Harold Acton, Gli ultimi Medici, cit., p. 314; Franz Pesendorfer, La Toscana dei Lorena. Un secolo di governo granducale, cit., p. 15.

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