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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE

Il presente lavoro ha avuto diverse finalità. In particolare: acquisire le competenze di base nell’applicazione della metodologia GPR (Ground Penetrating Radar o Georadar), verificare l’efficacia della sua applicazione ai depositi glaciali del sito di Campocatino, nelle Alpi Apuane, infine usare i dati ottenuti per ricostruire ed interpretare gli ambienti ed i processi post glaciali, aggiungendo elementi al quadro dell’evoluzione geomorfologica già conosciuto per il geosito in questione.

Figura 1.1; Visione panoramica dell’area di Campocatino.

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La scelta del sito di Campocatino è dovuta alla sua rilevanza dal punto di vista geomorfologico. Si tratta, infatti, dell’area occupata, in epoca Pleistocenica, dal ghiacciaio di Roccandagia che ne ha modellato il paesaggio, lasciando sia forme di erosione (circo glaciale), che forme di accumulo (morene) talmente evidenti da averne fatto un’area di particolare interesse dal punto di vista didattico.

Il presente studio è stato svolto con l’obiettivo di ampliare le conoscenze su quest’area, fornendo informazioni riguardo ai processi di deposizione che si sono verificati durante le ultime fasi del ritiro del ghiacciaio e nell’immediato post-glaciale. In particolare, mira ad individuare eventuali strutture interne alla morena non decifrabili in superficie (ad esempio sovrapposizioni di materiale riferibile a diverse pulsazioni del ghiacciaio) e a fornire dati sulla stratificazione della piana fluvioglaciale. La griglia di acquisizione dati GPR, realizzata nella Piana di Campocatino al fine di ottenere immagini 2D e 3D del sottosuolo, ha come fine l’individuazione delle strutture interne tipiche dei depositi fluvioglaciali (ad esempio canali e zone a stratificazione subparallela di tipo palustre) e la loro esatta localizzazione, utile come base per ulteriori studi, ad esempio carotaggi dei livelli palustri alla ricerca di materiale organico databile radiometricamente.

Ad oggi non sono noti studi di questo tipo svolti nell’area apuana; il presente lavoro è, quindi, il primo ad aver previsto l’applicazione della metodologia GPR ad un sito di questa catena montuosa e a riportarne i risultati ottenuti. Solo una Tesi di Laurea svolta in precedenza ha dedicato un capitolo all’analisi di una piccola porzione di dati appartenenti alla presente campagna di rilevamento (Bagagli, 2010).

Per fornire una lettura attendibile dei radargrammi elaborati, si è realizzato

un inquadramento geomorfologico della zona oggetto dello studio,

utilizzando ricerche precedentemente effettuate (Federici, 2005; e Bini,

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2005; Baroni et al. 2013), l’osservazione diretta delle forme del terreno e l’analisi delle fotografie aeree dell’area.

Il Ground Penetrating Radar, tecnologia utilizzata per il presente lavoro, è uno strumento impiegato originariamente per studi di tipo geofisico, che si avvale dell’emissione di onde elettromagnetiche per investigare i primi metri di sottosuolo.

Dagli anni ’80 del secolo scorso, tale tecnica è stata applicata anche alla geomorfologia.

Per la stesura della presente tesi sono stati consultati testi ed articoli scientifici riguardanti l’uso del Georadar.

Attualmente il testo di riferimento per l’applicazione della tecnologia GPR alla geomorfologia è “Ground Penetrating Radar: Theory and applications” di Harry M. Jol, un vero e proprio manuale per la comprensione degli aspetti teorici e delle sequenze applicative di questo metodo. Articoli interessanti, scritti al fine di fornire indicazioni di carattere teorico, più sintetiche rispetto al testo già citato, sono: Ground- penetrating radar and its use in sedimentology: principles, problems and progress di Neal (2004), An introduction to Ground Penetrating Radar (GPR) in sediments di Bristow C.S. & Jol H.M. (2003) e GPR in sediments: advice on data collection, basic processing and interpretation, a good practice guide di Jol H.M. & Bristow C.S. (2003).

Nella pubblicazione di Woodward et al. (2003), che riguarda l’applicazione del GPR in ambiente fluviale, si sintetizzano efficacemente i vari passaggi da compiere prima del rilevamento, durante l’elaborazione dei dati ed in fase interpretativa, al fine di rendere i risultati ottenuti fruibili all’intera comunità scientifica e confrontabili con quelli di ricerche diverse condotte in condizioni affini.

Tra i lavori analizzati, diversi presentano un carattere metodologico e

forniscono utili informazioni sull’uso del Georadar nei diversi contesti

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geomorfologici. In particolare si è scelto di focalizzare l’attenzione su ricerche che riguardassero l’applicazione di tale tecnologia a forme di tipo glaciale, fluviale e fluvioglaciale, per affinità con i depositi di Campocatino.

Nell’articolo di Slowik M. (2011) si è scelto di comparare i dati ottenuti con metodi tradizionali (lo studio di carte storiche del XVIII e del XIX secolo, l’osservazione diretta di carotaggi e sezioni naturali) con quelli rilevati con il GPR, al fine di testarne l’efficacia nello studio delle migrazioni dei meandri fluviali in una pianura della Polonia.

Nella raccolta di lavori: Ground Penetrating Radar in sediments (2003) (redatta da Bristow C.S. & Jol H.M.) oltre al già citato lavoro di Woodward sono consultabili pubblicazioni di vari ricercatori relative a studi condotti in diversi ambienti di sedimentazione, oltre ad articoli a carattere esclusivamente teorico. Molto interessante è il lavoro di Heinz J.& Aigner T. (2003) che ha portato alla realizzazione di modelli tridimensionali dei sedimenti ghiaiosi di origine fluvioglaciale, deposti durante il ritiro del ghiacciaio Würmiano di Rhine nella Germania Sud-Occidentale. Tale lavoro ha mostrato che il GPR è una tecnica adeguata a mostrare l’architettura sedimentaria di vari tipi di corpi ghiaiosi, permettendo una dettagliata ricostruzione tridimensionale degli elementi deposizionali e dell’andamento delle stratificazioni subsuperficiali.

Il lavoro di Ekes C. & Fiele P. (2003) è stato svolto con l’obiettivo di

individuare la struttura interna e l’evoluzione post-glaciale di un cono di

origine paraglaciale nella British Columbia, Canada. La ricerca di Bakker

M. & Van Der Meer J.J.M. (2003), applicando il GPR allo studio di una

morena frontale in Olanda, ne ha chiarito meglio l’architettura

sedimentaria. Cassidy et al. (2003) hanno rilevato un totale di oltre 10 km

di lunghezza di profili GPR nella pianura di Skeiđarársandur in Islanda, la

piana proglaciale attiva, attualmente più estesa al mondo. Combinando i

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dati ottenuti con l’ausilio del Georadar (relativi ai depositi della frana del 1996) con i rilevamenti diretti, la fotointerpretazione e le osservazioni di affioramenti e sezioni naturali, i ricercatori hanno aperto una nuova prospettiva nello studio di singoli eventi ad elevata energia.

Il GPR viene utilizzato anche per lo studio di morfologie di tipo periglaciale. Un esempio è rappresentato dallo studio di Degenhardt J.J. et al. (2003) che riporta i risultati delle ricerche condotte con l’uso di tale tecnologia su un rock glacier localizzato sulla San Juan Mountains nel Sud Ovest del Colorado (Usa).

Come si evince anche dagli esempi sopra riportati, negli ultimi decenni, si è compreso che l’applicazione della tecnologia del Ground Penetrating Radar alla geomorfologia poteva aggiungere elementi conoscitivi, scientificamente rilevanti, ai dati ottenibili con altre forme di indagine.

Pertanto, nel pianificare la presente tesi di laurea specialistica si è pensato

potesse essere interessante incentrarla sull’utilizzo di tale metodologia.

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