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Credo di non poter dire a parole le sensazioni che ho provato traducendo Les Hommes qui me parlent.

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Academic year: 2021

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Conclusione

La presente conclusione non sarà il tipico riepilogo dei temi trattati in questo lavoro, ma qualcosa di più personale.

Credo di non poter dire a parole le sensazioni che ho provato traducendo Les Hommes qui me parlent.

Quando ho scelto di tradurre Ananda Devi, non sapevo nemmeno chi fosse.

Spinta da una particolare ammirazione per il genere autobiografico, mi sono messa a cercare un romanzo. Volevo qualcosa di poco conosciuto.

Sul sito della nota casa editrice francese Gallimard, e tra tutti i romanzi della collection Blanche sono rimasta colpita da un titolo: Les Hommes qui me parlent.

Facendo ricerche sull’autrice, tra le voci di google c’erano le immagini. «Questa donna ha un volto triste, sembra ne abbia passate tante», mi sono detta. E così ho scelto lei. Ero curiosa di sapere il perché di quello sguardo e, dopo aver letto qualcosa sulla sua vita, ho iniziato a leggere il libro.

Una cascata di domande senza risposte, paure, risentimenti, rancori. In un attimo sono piombata nel mondo di questa persona a me sconosciuta. Ho letto tutto d’un fiato, fino a quando il testo non iniziava a diventare più difficile: era fitto di riferimenti ad altri suoi romanzi e i nomi dei personaggi passati spuntavano qua e là. Io non sapevo niente. Non li avevo mai letti, ma Les Hommes qui me parlent mi ha spinto a farlo.

Un viaggio a ritroso, potremmo dire: ho conosciuto l’opera di Ananda Devi grazie alla lettura di questo testo.

Tradurre il libro è stata un’esperienza ineffabile. Il finale è particolare: un pronome personale Nous, e poi un punto fermo.

Dopo il lavoro di traduzione, per scrivere questo elaborato, ho dovuto studiare

tanto, visto che non conoscevo nulla sulla letteratura mauriziana. Ho imparato

cose nuove e capito a fondo alcune caratteristiche del racconto in questione molto

più complesse, che si acquisiscono solo grazie agli studi critici. Da queste letture è

nata la prima parte della tesi, il primo capitolo con la biografia e alcune notizie

sull’autrice, fondamentali per capire l’opera. Poi il secondo capitolo con l’analisi

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più approfondita di tutti i temi racchiusi in Les Hommes qui me parlent; la traduzione e il commento traduttologico. E per quanto possa pensare che sia difficile fare un commento sulle strategie traduttive quando si tratta di un’opera letteraria, ancor di più se si tratta di un racconto così personale, mi sono sforzata di elencare quelle che, a mio avviso, vengono alla luce solo dopo che sono state usate inconsciamente: la magia della lingua.

Proprio per questo, ci tengo a concludere questo lavoro con una bellissima riflessione di Georges Mounin, tratta da Les problèmes théoriques de la tradction, riguardo «all’inesauribile diatriba tra l’impossibilità della traduzione, da un lato, e la constatazione, d’altra parte, che la nostra cultura è in larga misura nutrita proprio dalla pratica del tradurre»

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Au lieu de dire, comme les anciens praticiens de la traduction, que la traduction est toujours possible ou toujours impossible, toujours totale ou toujours incomplète, la linguistique contemporaine aboutit à définir la traduction comme une opération, relative dans son succès, variable dans les niveaux de la communication qu’elle atteint. […] La traduction peut toujours commencer, par le situations les plus claires, les messages les plus concrets, les universaux les plus élémentaires. Mais s’il s’agit d’une langue considérée dans son ensemble – y compris ses messages les plus subjectifs – à travers la recherche de situations communes et la multiplication des contacts susceptibles d’éclairer, sans doute la communication par la traduction n’est-elle jamais vraiment finie, ce qui signifie en même temps qu’elle n’est jamais inexorablement impossible.

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1 M. Geat, Lingua e senso. Problemi di traduzione letteraria dal francese all’italiano, Rubbettino Università, Catanzaro, 2009, p. 5.

2 G., Mounin, Les problèmes théoriques de la traduction, Gallimard, Paris, 1963, pp. 278-279.

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