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Mediante foglio elettronico vengono archiviate le foto dei soggetti, tramite la descrizione dei

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Academic year: 2021

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3.7 Fotoidentificazione

Lo scopo della fotoidentificazione, di cui i primi tentativi furono attuati da Caldwell negli anni ’50 (Wursig e Jefferson, 1990) e da Wursing negli anni ’70 (Wursig e Wursig, 1977), è individuare una sorta di impronta digitale mediante la fotografia nelle caratteristiche della pinna dorsale: la forma, la dimensione e soprattutto il profilo che risulta essere la parte più significativa in quanto, negli adulti, riporta segni di interazioni intra-specifiche. Segni che rappresentano marchi naturali indelebili che possono quindi essere univocamente associati ad un solo individuo. La foto identificazione è una valida alternativa alla tradizionale marcatura degli animali, in sintesi si fotografa da ambo i lati la pinna dorsale dei delfini per poi confrontare le foto scattate con quelle esistenti all’interno dell’archivio della popolazione interessata al cui interno sono presenti tutti i soggetti conosciuti con le rispettive fotografie della pinna dorsale applicando la capture-mark-recapture. Questa tecnica prevede il “matching fotografico” cioè il confronto che permette di capire se durante un avvistamento gli individui fotografati sono già conosciuti registrando quindi delle “ricatture” o riportando “nuove catture” con nuovi codici se sono individui sconosciuti cioè nuovi all’interno dell’area o appartenenti alla popolazione ma non ancora fotografati, ciò dipenderà da futuri episodi o meno di ricattura. Tali dati permetteranno successivamente tramite i numeri di catture e ricatture di stimare il numero cioè l’abbondanza della popolazione tramite estimatori statistici.

Mediante foglio elettronico vengono archiviate le foto dei soggetti, tramite la descrizione dei

caratteri osservati è possibile attraverso un sistema di filtri automatici richiamare le foto desiderate

(fig. 44).

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Fig. 44: Archivio delle foto.

All’interno del CE.TU.S è stato elaborato un codice, detto “Codice CE.TU.S.”, che identifica dei parametri standard da prendere in considerazione per la classificazione delle pinne dorsali. Si andranno così a studiare:

 tacche o notches (fig. 45), introflessioni rispetto al profilo immaginario (ipotetica linea netta che scorrerebbe dalla punta alla base se non fossero presenti tacche o gobbe) del margine della pinna. Vengono quindi indicate con F (fin) se sul margine posteriore della pinna dorsale, Ft (fin topside) se alla punta della pinna dorsale, Ff (fin frontside) se sul margine anteriore, Fq se son quadrati);

 gobbe (stesso sistema identificativo) (fig. 46), estroflessioni del profilo immaginario;

 cicatrici o scares (fig. 47), profonde con lacerazione o scarificazione oppure un graffio

profondo e indelebile di colore bianco o grigio;

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 macchie o spots (fig. 48), presenti sulla pinna dorsale e sul corpo dell’animale, indicate con B, sono strutture bidimensionali colorate di bianco, grigio o nocciola di varia forma da tonda a poligonale.

Le lettere identificative della posizione sono seguite dal numero di segni individuati e vengono riportati a partire dalla punta della pinna dorsale verso la base.

Ft1+F2q+F1

Fig. 45: Tacche.

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F2

Fig. 46: Gobbe.

Fig. 47: Cicatrici (Scares).

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Fig. 48: Macchie (Spots).

Le foto devono essere salvate indicando il nome degli esemplari, sempre che non risultino anonimi

e quindi identificati con la sigla “aa”, oppure piccoli (“picc”) o cuccioli (“calf”) e la data di

inserimento. Il riconoscimento viene effettuato per convenzione da sinistra a destra e dal più vicino

al più lontano.

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