• Non ci sono risultati.

CARE costi dell’assistenza e risorse economiche 5

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CARE costi dell’assistenza e risorse economiche 5 "

Copied!
31
0
0

Testo completo

(1)

CARE costi dell’assistenza e risorse economiche 5

n Dalla letteratura

internazionale 4

n Dossier MELANOMA:

LA PREVENZIONE ENTRA

IN CLASSE 11

n Confronti

LA GRANDE SCOMMESSA DELL’INNOVAZIONE

FARMACEUTICA 18

EPATITE C: NUOVE TERAPIE E DIRITTI DEI PAZIENTI 20 n Parole chiave

GLOBALIZZAZIONE

E SALUTE 22

n L’angolo della SIF 25 n L’angolo della SITeCS 28 n L’angolo dell’ANMDO 30

rale - Poste Italiane SpA - Spedizione Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma di mancato recapito inviare a CRP di Roma Romanina Stampe per la restituzione al mittente previo pagamento resi 1128 5524 - CORP-1165465-0000-MSD-NL-10/2018

S

i è parlato molto negli ultimi tempi di sprechi nella ricerca bio- medica, tanto che il Lancet ha dedicato nel corso del 2014 una serie di articoli proprio a questo argomento e alle iniziative per ridurli e per produrre studi più utili e corretti. È quindi lecito chie- dersi quale sia la ricerca utile?

Questa domanda nasce dalla considerazione che, insieme agli enormi progressi che ha fatto la medicina insieme alla ricerca, sono documentati anche molti sprechi. Ci sono sprechi perché spesso gli studi pongono domande poco rile- vanti, ci sono studi con disegni non abbastanza validi, ci sono studi che non vengono mai pubblicati, altri che vengono pubblicati ma non sono mai citati.

Tutto questo ha portato a ritenere che non più del 15 per cento della ricerca che viene avviata è veramente utile. Allora viene da chiedersi: è proprio così? E, se è così, è normale nel senso che dobbiamo accettare questo livello di spreco nella ricerca?

A queste osservazioni si possono aggiungere altre critiche. Pensiamo, per esem- pio, al fatto che nella ricerca indipendente, non tanto in quella sponsorizzata dalle aziende farmaceutiche, ci sono molti ritardi. Alcuni studi impiegano anche 10 anni per venire conclusi oppure, una volta conclusi, vengono citati molto poco.

segue a pag 2

Anno 17 Settembre-Ottobre

2015

Care nasce per offrire a medici, ammi- nistratori e operatori sanitari un’oppor- tunità in più di riflessione sulle prospet- tive dell’assistenza al cittadino, nel ten- tativo di coniugare – entro severi limiti economici ed etici – autonomia decisio- nale di chi opera in Sanità, responsabi- lità collettiva e dignità della persona.

ALCUNE RIFLESSIONI SULLA RICERCA CLINICA E SULLA MEDICINA BASATA SULLE EVIDENZE

A colloquio con Giuseppe Traversa

Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità

(2)

Incontri

Laureatosi in Medicina

e specializzatosi in Igiene a Torino, Giuseppe Traversa ha iniziato a lavorare presso il Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Superiore di Sanità a Roma alla fine degli anni ottanta.

Dal 1998 è diventato primo ricercatore presso lo stesso laboratorio e, a parte una parentesi di comando all’AIFA dalla fine del 2005 all’estate del 2009 per seguire il programma appena avviato di finanziamento della ricerca indipendente sui farmaci, si è sempre occupato di farmacoepidemiologia, rimanendo nello stesso settore dell’Istituto Superiore di Sanità.

radosso che quello che è vietato alle aziende farmaceutiche, quando sponsorizzano una spe- rimentazione clinica, è consentito invece a un organismo pubblico.

È chiaro che in queste condizioni le attività di ricerca divengono più complicate. Se invece ci concentrassimo per rendere più semplice la ri- cerca – dal disegno dello studio fino alla pub- blicazione dei risultati – le cose potrebbero funzionare bene e il livello di spreco negli studi clinici potrebbe essere veramente ridotto.

Un altro aspetto di cui si è discusso molto ultimamente è quello della produzione di una eccessiva mole di dati, spesso anche troppo poco consultati. Cosa ne pensa?

Non credo che i dati disponibili siano mai trop- pi. Sicuramente ci sono delle difficoltà a utiliz- zarli e ancora oggi ci sono alcuni vincoli, anche ragionevoli. È ragionevole fare attenzione alla privacy, è ragionevole che prima di avere ac- cesso ai dati ci sia un protocollo di studio e che questo protocollo sia stato anche rivisto da ter- zi. Detto questo, i dati vanno utilizzati e tutto quello che ostacola il loro utilizzo va considera- to non etico per una ragione semplice: per fare certi studi bisognerebbe raccogliere gli stessi dati una seconda volta. Questo è uno spreco.

Oggi sarebbero disponibili i dati che consenti- rebbero di avere più conoscenze per fare tera- pie migliori per i pazienti. Non poter compiere questi studi va considerato non etico. Bisogna quindi favorire l’accesso ai dati, soprattutto a quelli di proprietà pubblica e non solo a quelli delle aziende farmaceutiche.

Secondo me dobbiamo piuttosto chiederci se sia davvero utile concentrarci così tanto sugli esiti della ricerca, documentandone un ennesi- mo aspetto negativo, oppure non sia meglio porre la nostra attenzione su come funzioni tutto il processo della ricerca.

Questo vuol dire coinvolgere non solo i ricerca- tori, ma anche chi finanzia e chi supervisiona lo studio (mi riferisco ai comitati etici) perché ognuno dia il suo contributo affinché uno stu- dio ponga una domanda rilevante a cui rispon- dere e abbia un disegno adeguato.

Pensando poi all’ultimo anello della catena, quello della pubblicazione e citazione di uno studio, va detta una cosa: non ho mai conosciu- to nella mia vita un ricercatore che – avendo la possibilità di pubblicare un articolo su Nature, Science o sul New England Journal of Medici- ne – non lo abbia fatto. Se non lo fa, è perché qualcuno glielo impedisce.

Secondo me quindi bisogna solo creare le con- dizioni per cui le persone possano fare il me- glio. Cosa vuol dire questo? Vuol dire togliere gli ostacoli burocratici. Cito qualche esempio: tutti gli studi sperimentali sui farmaci hanno comun- que l’obbligo di avere un’assicurazione per i pa- zienti. Queste assicurazioni sono totalmente inutili per gli studi di fase IV e molto probabil- mente inutili per gli studi di fase III, ma provo- cano un aggravio di spese che rende difficoltosa la ricerca. Ci sono poi problemi sui rimborsi dei farmaci fuori indicazione, ma il caso limite è rappresentato dal fatto che alcune istituzioni pubbliche, il Ministero della Salute in particola- re, per alcune convenzioni fanno controfirmare un obbligo alla richiesta di un parere prima di una pubblicazione. Siamo quindi arrivati al pa-

CARE

Costi dell’assistenza e risorse economiche Direttore Responsabile Giovanni Luca De Fiore Redazione

Antonio Federici (editor in chief) Cesare Albanese, Giancarlo Bausano Mara Losi, Maurizio Marceca Stampa

Arti Grafiche TRIS - Roma Progetto grafico ed impaginazione Doppiosegno - Roma

Fotografie: ©2015Photos.com

©2015Dreamstime.com Disegni: Daniela Violi

Registrazione del Tribunale di Roma n. 00472/99 del 19 ottobre 1999 Periodicità bimestrale.

Finito di stampare novembre 2015 Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma

E-mail: info@careonline.it Internet://www.careonline.it

Abbonamenti 2015 Individuale: euro 90,00 Istituzionale: euro 120,00

L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati relativi agli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a:

Il Pensiero Scientifico Editore Ufficio Promozione Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma

(legge 675/96 tutela dati personali)

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

La violazione di tali diritti è perseguibile a norma di legge per quanto previsto

dal Codice penale.

(3)

Il discorso sugli sprechi nella ricerca si a c c o m p a g n a a q u e l l o s u l l a c r i s i d e l l a medicina basata sulle evidenze. Secondo lei questo tipo di approccio alla pratica clinica è veramente in crisi?

A me non sembra che sia in crisi, purché ci mettiamo d’accordo su che cosa si intenda per medicina basata sulle evidenze (EBM). Se la si identifica con una sorta di algoritmo astratto, che non tiene conto delle persone in carne e ossa e che pretende di applicare fredde medie statistiche a pazienti con caratteristiche diver- se, risponderei che sicuramente questo modo di intendere l’EBM è in crisi.

La medicina basata sulle evidenze scientifiche non è secondo me in crisi nel senso che rap- presenta l’unico modo di fare la medicina. E

questo non significa che un medico non debba applicare anche la propria esperienza persona- le. Non esiste un modo diverso di fare medicina se non quello di basarsi sulle conoscenze scien- tifiche.

Credo che il punto essenziale per rendere più credibile l’EBM sia di rendere sempre più speci- fiche le domande degli studi clinici perché si adattino meglio ai pazienti. Un secondo aspetto molto importante è quello del rigore nella con- duzione degli studi, perché alla fine si devono produrre risultati credibili. Un terzo ambito non ha a che vedere con le modalità della ri- cerca, ma con l’applicazione dell’EBM. Bisogna dare sempre più importanza alla presa in carico delle persone: bisogna applicare al meglio i dati, ma tenendo conto delle persone in carne e ossa che abbiamo davanti. nML

Incontri

Ce la puoi fare?

Una guida tascabile a cura di Tom Jefferson (Honorary Fellow, Centre for Evidence-based Medicine, Oxford, e Acute Respiratory Infections Group, Cochrane).

Una copia €10,00.

(4)

DALLA LETTERATURA INTERNAZIONALE

Abst

ract

Criteri chiari per decidere le priorità in sanità:

una revisione sistematica della letteratura

Cromwell I, Peacock SJ, Mitton C

‘Real-world’ health care priority setting using explicit decision criteria: a systematic review of the literature BMC Health Services Research 2015, 15:64

INTRODUZIONE

Il processo decisionale in sanità richiede il bi- lanciamento fra domanda di programmi, servi- zi, tecnologie in grado di migliorare la salute e il vincolo di bilancio, che impone un tetto all’u- tilizzo delle risorse. Poiché le risorse sono, in molti Paesi, finanziate con denaro pubblico, i decisori hanno l’obbligo morale di allocarle nel miglior modo possibile, trasparente ed equo.

Non solo, le decisioni dovrebbero essere prese anche tenendo in considerazione aspetti come l’efficacia, il rapporto costo-efficacia, l’equità, la convenienza e la fattibilità. Infine, non pos- sono essere ignorati temi come il contesto in cui le decisioni vengono prese nonché la strut- tura organizzativa. I metodi maggiormente uti- lizzati per definire le priorità nell’utilizzazione delle risorse sono il Programme Budgeting and Marginal Analysis (PBMA) e il Multi Criteria De-

cision Analysis (MCDA). Il primo elenca le atti- vità da intraprendere e il relativo budget e, tra- mite la valutazione dell’efficacia basata su cri- teri espliciti, applica tale valutazione al budget.

Il secondo assegna dei valori numerici alle scel- te che vengono fatte sulla base di criteri tra- sparenti: gli obiettivi sono quindi i principi che definiscono le politiche (ad esempio, incremen- tare la salute pubblica), mentre i criteri sono gli standard in base ai quali vengono valutate le alternative (ad esempio, esiti in termini di salu- te per differenti trattamenti).

METODI

La revisione sistematica della letteratura, effet- tuata in MEDLINE, ECONLit e PAIS, ha incluso articoli in lingua inglese, nel periodo 1 gennaio 2000-31 luglio 2013, che riportano i termini PBMA e MCDA e una descrizione del metodo decisionale realizzato su criteri espliciti.

RISULTATI

Complessivamente sono stati considerati eleg- gibili 33 lavori. Gli studi sono stati condotti in Nord America ed Europa (principalmente in Ca- nada e Regno Unito). I criteri maggiormente utilizzati sono:

(5)

Abstract

l l’efficacia del programma,

l la fattibilità,

l la riduzione delle ineguaglianze,

l il numero di persone che possono avere be- nefici dal trattamento,

l l’accessibilità al trattamento,

l l’analisi costo-efficacia o altre evidenze di economia sanitaria,

l la qualità dell’evidenza disponibile.

Tali criteri sono stati classificati in dieci catego- rie che identificano ambiti e competenze diver- si: esiti di salute e benefici, tipologia di servizio sanitario, carico della malattia, contesto tera- peutico, impatto economico, impatto ambien- tale, qualità/incertezza dell’evidenza, comples- sità nell’implementazione, imparzialità, conte- sto in generale.

L’impatto economico è l’ambito più studiato (18%), seguito dagli esiti di salute (15%), dal con- testo generale (13%) e dal carico della malattia (11%). I dati mostrano un pari utilizzo di PBMA e MCDA e, anche suddividendo i Paesi in due gruppi (Canada, Germania, Francia, Italia, Re- gno Unito e Usa da una parte e i rimanenti dal- l’altra), non si rilevano particolari differenze se non per un’attenzione maggiore verso il carico della malattia nei Paesi non industrializzati.

CONCLUSIONI

La revisione mostra che mentre il modello deci- sionale tiene in grande considerazione gli aspetti legati in maniera specifica alla salute, non fa altrettanto per quanto concerne gli aspetti organizzativi e sociopolitici. Non solo, anche dove vengono considerati rilevanti i temi legati all’efficacia e alla costo-efficacia, il costo incrementale dei programmi non sempre appa- re. Questo suggerisce che gli economisti sanita- ri e i decisori politici devono continuare a lavo- rare insieme per far sì che i migliori risultati in termini di economia sanitaria vengano utilizzati ancora di più con finalità politiche. Infine, gli esiti principali degli studi sono quelli di fornire una scala delle priorità fra alternative ma non è sempre chiaro se le priorità che vengono identificate diventano poi una vera e propria norma o rimangono solo delle semplici racco- mandazioni. nML

Le incertezze decisionali

sui farmaci orfani e ultraorfani:

un’opportunità rara?

Menon D, Stafinski T, Dunn A et al

Involving patients in reducing decision uncertainties around orphan e ultra-orphan drugs: a rare

opportunity?

In Patient 2015; 8: 29-39

INTRODUZIONE

Per i farmaci orfani e ultraorfani, come per tut- te le altre tecnologie, le incertezze (sul benefi- cio clinico, sulle possibilità di finanziamento, sulla sua diffusione e adozione, sul rapporto tra valore e costo e sulle possibilità di finanzia- mento disponibili, etc) sono molte e presenti in ogni fase del ciclo di vita. Per minimizzare que- ste incertezze si è introdotto il principio della revisione delle evidenze in ogni fase del ciclo di vita delle tecnologie, ma per i farmaci orfani e ultraorfani spesso non ci sono informazioni ed evidenze di qualità che permettano di ridurre dubbi e incertezze.

Come gli altri farmaci, anche i farmaci orfani e ultraorfani sono costosi. In Canada, per esem- pio, si può raggiungere un costo annuale per paziente pari a un milione di dollari. L’impatto economico potrebbe essere modesto se si trat- tasse di una sola malattia rara, poiché la sua prevalenza è per definizione molto bassa. D’al- tra parte esistono oltre 7000 malattie rare, per cui una stima di prevalenza combinata può rag- giungere circa il 10% dell’intera popolazione.

Dunque, date le incertezze sul beneficio clinico e gli alti costi dei farmaci, il rischio e le implica- zioni di una decisione sbagliata diventano con- sistenti: risultati di salute assenti per molti pa- zienti e spreco di risorse già scarse.

Sempre in Canada è stato stabilito che le deci- sioni rispetto alle nuove terapie, in particolare quelle per le malattie rare, devono essere pre- se in base all’approccio del ‘ciclo di vita’ della tecnologia. Questo approccio prevede la rac- colta di evidenze per ogni stadio del ciclo di vita di una tecnologia, con l’obiettivo di ridurre le incertezze decisionali. Ciò richiede una cono- scenza delle malattie rare che manca nella maggior parte dei sistemi sanitari, ma che può

(6)

essere acquisita rivolgendosi alla comunità dei pazienti. In questo quadro l’obiettivo del lavoro di Menon è appunto quello di individuare, tra- mite un’accurata revisione sistematica della letteratura e di altri documenti, le modalità di coinvolgimento dei pazienti con malattie rare.

METODI

Gli autori hanno ricercato articoli su MEDLINE, PUBMED, CRD, Embase, Web of Science ed Econlit senza limiti di lingua e nell’arco tempo- rale 2000-2014, con parole chiave collegate alla partecipazione dei pazienti e delle loro associa- zioni nella valutazione dei farmaci e delle tec- nologie. Hanno poi ricercato sia letteratura gri- gia che informazioni relative a esperienze di coinvolgimento sui siti web delle associazioni

‘ombrello’ di pazienti in Australia, Canada, Eu- ropa e Stati Uniti e su quelli degli enti regolato- ri dei primi ventidue Paesi OCSE.

Gli articoli reperiti sono stati esaminati in ma- niera indipendente da due revisori, sulla base di criteri di inclusione predefiniti. Tra i circa 4300 record identificati, i revisori ne hanno se-

lezionati per la lettura integrale 133, e inclusi 27 per l’analisi finale.

Dagli studi e dai documenti selezionati è stata estratta una serie di informazioni, tra cui la ti- pologia di pazienti coinvolti, i metodi e gli ap- procci utilizzati per ottenere il punto di vista dei pazienti e i risultati finali ottenuti. Le infor- mazioni provenienti dai siti web delle associa- zioni dei pazienti e degli enti regolatori sono state estratte a parte, focalizzandosi su moda- lità di coinvolgimento e raccolta degli input dei pazienti. Per ogni esperienza di coinvolgimento individuata, gli autori hanno poi evidenziato la fase del ciclo di vita della tecnologia e i dubbi e le incertezze (sul beneficio clinico, sul rapporto qualità/prezzo, etc) che si intendeva andare a colmare tramite l’ascolto dei pazienti.

RISULTATI

Nei Paesi presi in considerazione i pazienti par- tecipano soprattutto in due delle fasi del ciclo di vita del farmaco orfano e ultraorfano: il pro- cesso di approvazione e autorizzazione all’im- missione sul mercato e il processo che porta Abstract

Flow-chart dei risultati della ricerca nella letteratura e della selezione degli studi per valutare i ruoli dei pazienti con malattie rare nel ciclo di vita dei farmaci orfani e ultraorfani.

Record identificati attraverso la ricerca su database

(n = 4204)

Record ulteriori identificati attraverso altre fonti

(n = 155)

Abstract (n = 2779)

Record esclusi

Articoli letti in full text per valutarne la rilevanza

qualitativa (n = 27) del full text (n = 101) Criteri di esclusione

Editoriali, coinvolgimento non di pazienti ma di cittadini e pubblico in generale;

input dei pazienti su tecnologie diverse dal farmaco;

agenda setting di aree di ricerca non collegate alle malattie rare;

strumenti per le decisioni del paziente;

riferimento elettronico di sintomi;

report relativi allo stesso studio.

Numero di record dopo la rimozione dei duplicati (n = 2779)

(7)

alla decisione del rimborso. Gli autori hanno identificato, per esempio, la possibilità per i pazienti di inoltrare il loro punto di vista agli enti regolatori prima che una terapia inizi il percorso per ottenere l’approvazione. Inoltre le Agenzie del farmaco in Europa, Usa, Austra- lia, Canada e Nuova Zelanda ricercano l’input delle organizzazioni dei pazienti, coinvolgendo- li nella discussione su quali siano gli outcome più rilevanti, per dare ai produttori indicazioni relative ai protocolli dei trial.

La revisione sistematica ha permesso poi agli autori di evidenziare esempi concreti di coin- volgimento dei pazienti con malattie rare. La loro partecipazione ha diversi obiettivi, tra cui il sostegno alla scoperta di nuovi farmaci, il supporto alla ricerca in generale, la partecipa- zione nella strutturazione e nella conduzione dei trial clinici, lo sviluppo di linee guida, la partecipazione o la creazione di registri, la defi- nizione delle priorità nella ricerca, etc.

Il contributo dei pazienti è presente soprattut- to nella strutturazione e conduzione dei trial clinici e nella valutazione delle evidenze per il rimborso o meno del farmaco. Gli autori sotto- lineano come ai pazienti venga richiesto un in- put per risolvere dubbi sui benefici clinici di farmaci orfani e ultraorfani, mentre è raro che siano coinvolti per esprimere la loro opinione in relazione a tutte le altre aree di incertezza, come l’adozione e la diffusione del farmaco, cioè negli stadi più avanzati del ciclo di vita della tecnologia.

CONCLUSIONE

Secondo gli autori la revisione effettuata evi- denzia come la partecipazione dei pazienti con malattie rare nelle varie fasi di sviluppo dei far- maci orfani e ultraorfani sia abbastanza diffusa.

D’altro canto, l’input dei pazienti viene ricerca- to soprattutto per avere informazioni che ridu- cano i dubbi relativi ai benefici clinici, mentre è molto più raro nelle altre fasi, come le decisio- ni che riguardano l’adozione e la diffusione del f a r m a c o o l a v a l u t a z i o n e d e l r a p p o r t o qualità/prezzo. È dunque necessario sviluppare modalità di consultazione dei pazienti anche ri- guardo a questi ultimi aspetti e in ogni stadio del ciclo di vita di questo tipo di farmaci. nALS

Screening mammografico:

la posizione dello IARC

Lauby-Secretan B, Scoccianti C, Loomis D et al for the International Agency for Research on Cancer Handbook Working Group

Breast-cancer screening: viewpoint of the IARC Working Group

N Engl J Med 2015; 372 (24): 2353-2358

I

l tumore al seno rappresenta la seconda causa di morte per cancro nelle donne nei Paesi indu- strializzati1,2e la prima in quelli a medio e basso reddito, dove la malattia viene diagnosticata in stadio avanzato, con conseguente prognosi in- fausta, in un’alta percentuale di donne3. Lo screening per il tumore al seno si pone l’obiet- tivo di ridurre la mortalità e la morbosità asso- ciata agli stadi più avanzati della malattia, at- traverso la diagnosi precoce nelle donne asin- tomatiche.

La chiave per raggiungere i migliori effetti po- tenziali da un test di screening sta nel fornire successivamente un accesso tempestivo a pro- cedure diagnostiche e terapeutiche di compro- vata efficacia, tenendo conto anche del bilancio tra benefici e danni apportati dal test stesso4. La metodologia più comune per effettuare lo screening per il tumore al seno è rappresentata dalla mammografia, che viene offerta sia con programmi organizzati che attraverso lo scree- ning opportunistico. Lo screening mammografi- co è stato implementato su larga scala nella maggior parte dei Paesi, in particolare nei Paesi ad alto reddito5, forte dei dati soddisfacenti, provenienti da studi clinici randomizzati e con- trollati (RCT), che già da alcuni decenni riporta- vano un’importante riduzione della mortalità per tumore al seno nelle donne sottoposte al test.

Nel 2002 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) concludeva che le prove di efficacia dello screening mammografico, prove- nienti principalmente dagli RCT, erano ‘suffi- cienti’ nelle donne tra 50 e 69 anni, ‘limitate’

per le donne tra i 40 e i 49 anni, ‘inadeguate’

per le donne di età <40 anni e >69 anni5. Tali conclusioni, basate su risultati di RCT con- dotti più di 20 anni fa, alla luce dei migliora- menti sia delle tecnologie diagnostiche sia del- Abstract

(8)

le nuove strategie terapeutiche, sono state re- centemente aggiornate dallo IARC, tenendo conto della letteratura scientifica più recente, in particolare degli studi osservazionali di alta qualità, in grado di contribuire con dati molto robusti alla valutazione dell’efficacia della mammografia, in particolare studi di coorte con periodi di follow-up lunghi. Per questo aggior- namento sono stati presi in esame anche studi caso-controllo, soprattutto nella valutazione degli screening opportunistici, per i quali non erano presenti dati di studi di coorte.

Nel complesso sono stati considerati 20 studi di coorte e 20 studi caso-controllo, tutti condotti in Paesi industrializzati (Australia, Canada, Eu- ropa e Stati Uniti). La maggior parte degli studi di coorte riportava una evidente riduzione del- la mortalità raggiunta con lo screening mam- mografico nelle donne di età 50-69 anni: pari al 23% per le donne invitate al programma di screening e al 40% per coloro che hanno effet- tuato la mammografia. Gli studi caso-controllo presentavano in generale risultati in linea con quelli provenienti dagli studi di coorte. Una ri- duzione sostanziale della mortalità è stata ri- scontrata anche nelle donne di età 70-74 anni, mentre per le fasce di età più giovane, 40-45 anni e 45-49 anni, la riduzione del rischio è ri- sultata meno evidente.

Nonostante la mammografia sembri il metodo

più efficace per una diagnosi precoce del tumo- re al seno, esiste un dibattito che assume un'entità significativa sull'equilibrio tra benefi- ci e danni dello screening mediante questo strumento. Tra i potenziali danni associati allo screening mammografico, i più importanti sono rappresentati dal riscontro di falsi positivi e dalla sovradiagnosi.

L’identificazione di un ‘falso positivo’ rappre- senta il riscontro di un’anomalia sospetta che non viene confermata dai successivi esami di approfondimento. Stime sul rischio di risultati falsi positivi differiscono a seconda della tipo- logia di screening e si aggirano sul 20% per una donna che ha effettuato 10 mammografie tra i 50 e i 70 anni6. Meno del 5% di questi casi viene poi sottoposto ad una procedura invasiva. Le conseguenze psicologiche negative legate a questo percorso di accertamento sono state studiate e descrivono solo un impatto nel bre- ve periodo, riconducibile all’ansia.

Le sovradiagnosi sono dovute alla rilevazione da parte dei programmi di screening di neopla- sie istologicamente maligne, che tuttavia non diventeranno clinicamente evidenti per il resto della vita della paziente. Alla luce delle cono- scenze attuali è difficile distinguere tra i tumori che diventeranno aggressivi e quelli che non costituiscono una minaccia per la vita. Un ten- tativo di misurare il tasso di sovradiagnosi è Abstract

(9)

Abstract

VALUTAZIONE DELL’EVIDENZA SUI BENEFICI E SUGLI EFFETTI AVVERSI DI METODI DIVERSI DI SCREENING PER TUMORE AL SENO NELLA POPOLAZIONE GENERALE E NELLE DONNE AD ALTO RISCHIO SECONDO LO IARC

Metodo Forza dell’evidenza

Mammografia

Riduce la mortalità per tumore al seno nelle donne di 50-69 anni Sufficiente

Riduce la mortalità per tumore al seno nelle donne di 70-74 anni Sufficiente

Riduce la mortalità per tumore al seno nelle donne di 40-44 anni Limitata

Riduce la mortalità per tumore al seno nelle donne di 45-49 anni Limitata

Individua tumori al seno che non sarebbero mai stati individuati o non avrebbero mai provocato danni

alla salute se le donne non si fossero sottoposte a screening (sovradiagnosi) Sufficiente Riduce la mortalità per cancro al seno nelle donne di 50-74 anni in una misura per la quale i suoi benefici

sostanzialmente superano il rischio di cancro indotto da radiazioni da mammografia Sufficiente Causa conseguenze psicologiche negative a breve termine quando il risultato è un falso positivo Sufficiente Ha un beneficio netto per le donne di 50-69 anni invitate a partecipare a programmi di screening mammografico

organizzato Sufficiente

Può essere costo-efficace tra le donne di 50-69 anni nei Paesi con un’alta incidenza di tumore al seno Sufficiente

Può essere costo-efficace nei Paesi a reddito basso e medio Limitata

Ecografia in aggiunta alla mammografia in donne con mammella densa e risultati negativi alla mammografia

Riduce la mortalità per tumore al seno Inadeguata

Aumenta il tasso di individuazione diagnostica di tumore al seno Limitata

Riduce il tasso del cancro di intervallo Inadeguata

Aumenta la percentuale di risultati falsi positivi allo screening Sufficiente

Mammografia con tomosintesi versus mammografia da sola

Riduce la mortalità per tumore al seno Inadeguata

Aumenta il tasso di individuazione diagnostica di tumori in situ e invasivi Sufficiente

Aumenta preferenzialmente l’individuazione di tumori invasivi Limitata

Riduce il tasso del cancro di intervallo Inadeguata

Riduce la percentuale di risultati falsi positivi dallo screening Limitata

Esame clinico del seno

Riduce la mortalità per tumore al seno Inadeguata

Sposta la distribuzione dei tumori individuati a uno stadio inferiore Sufficiente

Autopalpazione

Riduce la mortalità per cancro al seno quando insegnata Inadeguata

Riduce il tasso del cancro di intervallo quando insegnata Inadeguata

Riduce la mortalità per cancro al seno quando eseguita con competenza e regolarità Inadeguata Risonanza unita alla mammografia nelle donne ad alto rischio

Riduce la mortalità per cancro al seno nelle donne con mutazione BRCA1 o BRCA2 Inadeguata Aumenta il tasso di individuazione di tumore al seno nelle donne con carcinoma lobulare in situ

o proliferazioni cellulari atipiche Inadeguata

Esame clinico del seno dopo risonanza e mammografia nelle donne ad alto rischio

Aumenta il tasso di individuazione di tumore al seno nelle donne con rischio familiare alto Inadeguata Ecografia in aggiunta alla mammografia nelle donne ad alto rischio

Aumenta il tasso di individuazione di tumore al seno nelle donne con storia personale di tumore al seno Inadeguata Aumenta la percentuale di risultati falsi positivi allo screening in donne con storia personale di tumore al seno

rispetto a quelle senza tale precedente Inadeguata

Risonanza in aggiunta a mammografia più ecografia nelle donne ad alto rischio

Aumenta la percentuale di risultati falsi positivi allo screening in donne con storia personale di tumore al seno

rispetto a quelle senza tale precedente Inadeguata

Risonanza in aggiunta a mammografia versus mammografia da sola nelle donne ad alto rischio Aumenta il tasso di individuazione di tumore al seno nelle donne con carcinoma lobulare in situ

o proliferazioni cellulari atipiche Inadeguata

(10)

Abstract

stato effettuato partendo dai dati provenienti dagli studi osservazionali condotti nell’ambito dei programmi di screening organizzato. Il gruppo di lavoro Euroscreen, sulla base di dati provenienti da studi europei, ha stimato un tas- so di sovradiagnosi pari al 6,5% (range 1-10%)7,8. Studi simili condotti in altre regioni hanno rile- vato tassi più elevati, suggerendo l’importanza di considerare prioritaria la ricerca volta all’i- dentificazione di indicatori e alla definizione di protocolli in grado di ridurre l'impatto del trat- tamento del tumore al seno.

I danni sovraelencati non devono sminuire il valore della mammografia quale arma impor- tante nella lotta contro il tumore al seno. Dopo attenta analisi della letteratura scientifica più recente, lo IARC conclude come le evidenze scientifiche continuino ad essere a favore dello screening mammografico per le donne della fa- scia di età 50-69 anni, per le quali sono rivolti, in Italia come in molti altri Paesi, programmi organizzati di prevenzione secondaria del tu- more al seno.

Eliana Ferroni

Servizio Epidemiologico Regionale (SER) Regione Veneto

BIBLIOGRAFIA

1. Ferlay J, Soerjomataram I, Ervik M et al. GLOBOCAN 2012, vol 1.0. Estimated cancer incidence, mortality, and prevalence worldwide in 2012. Lyon, France: IARC Press, 2014 (http://globocan .iarc.fr/default.aspx).

2. Ferlay J, Bray F, Steliarova-Foucher E, Forman D.

CI5 I-X: cancer incidence in five continents, vol I-X.

Lyon, France: IARC Press, 2014 (http://ci5.iarc.fr/cI5I-x/default.aspx).

3. Sankaranarayanan R, Swaminathan R, Brenner H et al.

Cancer survival in Africa, Asia, and Central America:

a population-based study. Lancet Oncol 2010; 11:

165-173.

4. von Karsa L, Dean P, Arrossi S, Sankaranarayanan R.

Screening: principles. In: Stewart BW, Wild CP (eds), World cancer report. Lyon, France: IARC Press, 2014:

322-329.

5. International Agency for Research on Cancer. IARC handbooks of cancer prevention, vol 7. Breast cancer screening. Lyon, France: IARC Press, 2002.

6. Hofvind S, Ponti A, Patnick J, et al. False-positive results in mammographic screening for breast cancer in Europe: a literature review and survey of service screening programmes. J Med Screen 2012; 19 (Suppl 1): 57-66.

7. Puliti D, Duffy SW, Miccinesi G, et al. Overdiagnosis in mammographic screening for breast cancer in Europe:

a literature review. J Med Screen 2012; 19 (Suppl 1):

42-56.

8. Paci E. Summary of the evidence of breast cancer service screening outcomes in Europe and first estimate of the benefit and harm balance sheet.

J Med Screen 2012; 19 (Suppl 1): 5-13.

(11)

Dossier

Il melanoma è il più aggressivo e temuto tumo- re della pelle, con un’incidenza più che raddop- piata negli ultimi 30 anni: in Italia sono oltre 100.000 le persone colpite e 10.000 i nuovi casi ogni anno. L’esposizione ai raggi UV del sole e delle fonti artificiali è il principale fattore di ri- schio.

I bambini sono la fascia di popolazione più a ri- schio: le scottature prese nell’infanzia sono un importante fattore di rischio perché la pelle

‘memorizza’ il danno ricevuto e può innescare il processo patologico anche a diversi anni di distanza. La scuola primaria è quindi il canale privilegiato per insegnare ai più piccoli il modo giusto di prendere il sole.

Per raggiungere questo obiettivo è partita la campagna nazionale di prevenzione primaria del melanoma Il sole per amico, promossa da IMI - Intergruppo Melanoma Italiano, con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione e il patrocinio del Ministero della Salute e dell’As- s o c i a z i o n e I t a l i a n a d i O n c o l o g i a M e d i c a

(AIOM), resa possibile grazie ad un’erogazione di Merck & Co, per il tramite della sua conso- ciata italiana MSD; un progetto educazionale che coinvolge 130 scuole primarie di sette Re- gioni italiane (Lombardia, Liguria, Emilia-Roma- gna, Toscana, Lazio, Puglia e Sardegna).

La campagna si articola in attività di classe te- nute dagli insegnanti con il supporto di risorse cartacee come opuscoli e poster per i bambini, ma soprattutto multimediali con la creazione di un sito web, di pillole educazionali in animazio- ne e di un cartoon che ha per protagonisti l’a- lieno Rey e i due fratellini, Geo e Gea.

Il progetto pilota coinvolge alcune migliaia di adulti e almeno 40.000 bambini delle scuole elementari; nell’ambito di questa iniziativa verrà realizzato uno studio epidemiologico sul- la consapevolezza della popolazione nei con- fronti del melanoma e della corretta esposizio- ne al sole.

Una parte importante del progetto educaziona- le è dedicata a incontri tra bambini, insegnanti e dermatologi. Un centinaio di specialisti del GIPMe (Gruppo Italiano Polidisciplinare sul Melanoma) sarà coinvolto nelle scuole aderenti all’iniziativa e prima della fine dell’anno scola- stico ai bambini e alle famiglie verrà sommini- strato un questionario di valutazione per misu- rare la rispettiva consapevolezza sui comporta- menti corretti di prevenzione. Sempre sui temi della campagna si articoleranno due concorsi che metteranno in competizione le scuole coin- volte.

Fondamentale il ruolo dei media e della scuola nel diffondere e comunicare le informazioni ri- guardanti la salute e il benessere, in particolare su tematiche come il melanoma. Se apprese da piccoli, le regole che servono ad esporsi con giudizio al sole e a difendere la pelle, riducono il rischio di tumori cutanei per tutta la vita, quindi sensibilizzare e proteggere la fascia pe- diatrica della popolazione è fondamentale e per diverse ragioni.

Le risorse e gli strumenti educazionali del- la campagna per le scuole primarie sono liberamente accessibili attraverso il sito www.ilsoleperamico.it

MELANOMA: LA PREVENZIONE ENTRA IN CLASSE

(12)

Dossier

Melanoma: incidenza e strategie terapeutiche

A colloquio con Paola Queirolo

Responsabile Oncologia Medica dell’IRCCS-AOU San Martino-IST di Genova e Presidente IMI, Intergruppo Melanoma Italiano

Perché il melanoma è considerato uno dei tumori più aggressivi e temuti? Qual è la sua incidenza, in partico- lare nella popolazione giovanile?

Il melanoma è un tumore dallo sviluppo subdolo, che ne fa ap- punto una tra le neoplasie più temute. Si tratta di un tumore del- la pelle molto grave che origina dai melanociti, le cellule dello strato basale dell’epidermide che si rinvengono anche in certe mucose e nell’occhio e che sono deputate a difendere la cute. La storia naturale del melanoma, se non trattato, ha un’evoluzione fatale. Sebbene sia meno frequente rispetto ai tumori cutanei, quali il carcinoma squamocellulare e il carcinoma basocellulare, il melanoma è molto più pericoloso e colpisce le fasce d’età gio- vanili con un tasso di mortalità assai elevato: oltre un terzo dei soggetti colpiti ha meno di 50 anni, mentre il 20% dei pazienti de- cede. Inoltre, è un tumore altamente metastatico anche in stadio iniziale di malattia. L’incidenza del melanoma è più che raddop- piata negli ultimi trent’anni ovunque nel mondo; in Australia e Nuova Zelanda si trova la percentuale più alta di nuovi casi, do- vuta in parte al fototipo chiaro dei residenti. In Italia tra il 2003 e il 2005 il melanoma cutaneo ha rappresentato il 2,1% di tutti i tumori diagnosticati negli uomini e il 2,6% di tutti i tumori dia- gnosticati nelle donne. Attualmente nel nostro Paese almeno 100.000 persone convivono con una diagnosi di melanoma, men- tre sono circa 10.000 le nuove diagnosi ogni anno. Nel mondo i nuovi casi sono 232.000 l’anno, con oltre 70.000 decessi.

Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti sul fronte della diagnosi e delle terapie. Quali sono oggi le principali novità terapeutiche nel trattamento di questa patologia?

In anni molto recenti le possibilità di trattamento del melanoma sono molto cambiate. Abbiamo farmaci che, rispetto ai tradizio- nali chemioterapici, sono in grado di prolungare la sopravviven- za in modo significativo. Mi riferisco alle terapie a bersaglio mo- lecolare che inibiscono specifiche mutazioni geniche del tumo- re, come la mutazione BRAF che si trova nel 50% dei melanomi in stadio avanzato. Da qualche anno la ricerca oncologica si è orientata verso la cosiddetta immunoterapia oncologica che

sfrutta le difese immunitarie dell’organismo per combattere le cellule tumorali. La novità più importante è rappresentata da una nuova molecola, pembrolizumab, un anticorpo immunomo- dulante, anti-PD-1, in fase avanzata di sperimentazione in diver- si trial clinici, che ha dimostrato un’efficacia superiore ai prece- denti in termini di sopravvivenza ma anche nelle risposte obiet- tive e nella progressione free survival e rappresenta il futuro per il melanoma ma anche per altre importanti forme tumorali quali il tumore del polmone e il mesotelioma. Questo immuno- terapico agisce sul sistema immunitario rinforzando e sbloccan- do i check point immunologici, veri e propri freni sulle cellule linfocitarie che impediscono al linfocita di svolgere la sua atti- vità difensiva.

Nell’ambito della campagna ‘Il Sole per amico’ l’IMI pro- muove adesso un importante progetto nazionale di pre- venzione primaria del melanoma rivolto alle scuole ele- mentari. Perché l’IMI ha deciso di dispiegare un impegno di informazione e sensibilizzazione di questa portata?

Pochi altri tumori possono essere contrastati efficacemente come il melanoma attraverso la prevenzione primaria, basata sulla corretta esposizione al sole, e la prevenzione secondaria, con l’autoesame della pelle per diagnosticare precocemente la malattia. L’informazione e la consapevolezza dei cittadini non sono cresciute di pari passo con i numeri del melanoma: per questo motivo l’IMI ha deciso di promuovere questa campagna.

L’obiettivo è far crescere l’attenzione dell’opinione pubblica sul melanoma e sui rischi legati ad una non corretta esposizione, coinvolgendo in particolare i bambini in età scolare e le loro fa- miglie. Secondo le evidenze di uno studio condotto nel 2000- 2002 in Italia, i nostri bambini sono molto esposti al sole e sono anche poco protetti, con la conseguenza che spesso riportano scottature. Dopo aver coinvolto nel corso dell’estate la popola- zione attraverso il web, nelle stazioni, sulle spiagge, adesso la campagna ‘Il Sole per amico’ entra nelle scuole elementari di sette Regioni italiane con un progetto educazionale che vede coinvolti insegnanti, psicologi, dermatologi e avrà come prota- gonisti i bambini e le loro famiglie: in un linguaggio semplice e diretto, con l’aiuto di materiali cartacei e multimediali, spieghia- mo ai ragazzi come esporsi al sole proteggendo la pelle e a non mettere a rischio la salute e la vita. Questa campagna, oltre che sui contenuti scientifici, punta molto sul linguaggio e la creati- vità: ci siamo inventati dei personaggi di fantasia come l’alieno Rey e i ragazzi Geo e Gea, abbiamo studiato lo stile più efficace, diretto e attuale per coinvolgere i ragazzi, veicolare in modo du- raturo i messaggi, fare di questa iniziativa un vero e proprio punto di svolta nella consapevolezza sulla prevenzione del me- lanoma. nML

(13)

Dossier

Prevenire il melanoma:

dieci regole per ridurre il rischio

A colloquio con Ignazio Stanganelli Referente per la Dermatologia di IMI - Intergruppo Melanoma Italia e Responsabile Centro

clinico-sperimentale di Oncologia dermatologica dell’IRCCS IRST di Meldola (Forlì-Cesena)

Professore Associato Università degli Studi di Parma

Almeno 100.000 italiani convivono con una diagnosi di me- lanoma, la forma di tumore della pelle più temuta e ag- gressiva: esistono delle tipologie di persone più a rischio?

I fattori di rischio per melanoma più significativi sono: familia- rità e anamnesi personale per melanoma; esposizioni solari di tipo intermittente con eritemi (scottature) durante l’infanzia e l’adolescenza; esposizione frequente a radiazioni ultraviolette artificiali (lampade abbronzanti); pelle fotosensibile che si arros- sa facilmente e si abbronza poco (capelli rossi); pelle con segni di invecchiamento solare e storia di carcinomi cutanei (anche definiti epiteliomi); soggetti con molti nevi (nei) melanocitici (+40). In particolare per quest’ultimo sottogruppo di popolazione il rischio relativo di sviluppare il melanoma è direttamente colle- gato al numero di nevi e in particolare alla presenza di numerosi nevi atipici (>5 mm di diametro).

Quali sono i cardini della prevenzione primaria del me- lanoma? Quali le regole più importanti da seguire?

La prevenzione primaria è finalizzata all’adozione di comporta- menti virtuosi in grado di evitare o ridurre l’insorgenza e lo svi- luppo di una malattia. Parte integrante della prevenzione pri- maria è conoscere le norme comportamentali da seguire per ri- durre i fattori di rischio ambientali. Il principale fattore di ri- schio ambientale per il melanoma è sicuramente rappresentato dall’esposizione a raggi ultravioletti (di tipo UVA e UVB) che de- rivano principalmente dal sole, ma anche da lettini e lampade ultraviolette presenti nei centri di abbronzatura artificiale.

Le radiazioni ultraviolette sono considerate dei carcinogeni completi dall’Agenzia IARC, braccio operativo dell’Organizzazio- ne Mondiale della Sanità, al pari del fumo di sigarette.

L’analisi dei punti fondamentali della prevenzione primaria dei tumori cutanei è presente nel decalogo per una corretta esposi- zione solare indicato anche dalle Linee guida italiane del mela- noma di Alleanza contro il Cancro, promosse dall’Istituto Supe- riore di Sanità (2012).

1. Evita le esposizioni eccessive e le conseguenti scottature so- prattutto se hai un fototipo 1 o 2.

2. Esponiti gradualmente per consentire alla tua pelle di svilup- pare la naturale abbronzatura.

3. Proteggi soprattutto i bambini, quelli al di sotto di un anno non devono essere esposti al sole.

4. Evita di esporti al sole nelle ore centrali della giornata (11.00- 15.00 ora legale).

(14)

Dossier

5. Utilizza indumenti quali cappello con visiera, camicia o ma- glietta e occhiali da sole.

6. Approfitta dell’ombra naturale o di ombrelloni, tettoie, etc.

7. Usa creme solari adeguate al tuo fototipo, con filtri per i rag- gi UVA e UVB; in caso di allergia o intolleranza al sole consul- ta il dermatologo.

8. Le creme solari devono essere applicate in dosi adeguate e più volte durante l’esposizione.

9. Alcune sedi sono da proteggere in modo particolare: naso, orecchie, petto, spalle, cuoio capelluto se calvi.

10. Evita l’utilizzo delle lampade abbronzanti, che invecchiano ancor più precocemente la pelle e sono vietate ai minori.

La campagna di prevenzione promossa dall’IMI si ri- volge in modo particolare ai bambini delle scuole pri- marie e alle loro famiglie: perché è particolarmente importante sensibilizzare e proteggere questa fascia di popolazione?

Le ragioni che spingono maggiormente ad iniziare la prevenzio- ne primaria nella fascia di età della scuola primaria sono legate a vari fattori.

La prima è di ordine fisiologico: la pelle di un bambino è meno protetta di quella di un adulto e si ustiona al sole più facilmen- te; la seconda è di carattere epidemiologico: è noto dai dati del- la letteratura che le ustioni solari, in particolare in età pediatri-

ca e giovanile, rappresentano un fattore di rischio per melano- ma e determinano l’insorgenza di lentiggini e nuovi nevi mela- nocitici. Inoltre prima dei 20 anni si può assorbire fino all’80%

della dose cumulativa solare (la quantità di radiazione che un soggetto assorbe in tutta una vita): è pertanto importante limi- tare questa dose e evitare le cattive abitudini o gli eccessi du- rante l'esposizione solare.

In generale i programmi sanitari in ambito scolastico sono l’i- deale per insegnare comportamenti salutari ai bambini, in quanto questi insegnamenti persistono facilmente anche in età adulta. I programmi educativi nella prevenzione primaria del melanoma hanno maggiore efficacia proprio se vengono effet- tuati nelle scuole elementari rispetto alle scuole medie e medie superiori, dove i ragazzi sono meno recettivi all’applicazione delle regole educazionali. L’insegnamento di strategie di prote- zione dal sole e dalle cattive abitudini di esposizione sono rela- tivamente facili da acquisire e da fare proprie come comporta- menti quotidiani.

Sapere come prevenire le scottature solari ed essere in grado di attuare comportamenti protettivi al sole può fornire ai bambini un senso di autocontrollo rispetto al loro benessere e un aiuto a mettere in pratica degli accorgimenti che hanno un effetto sia immediato (minori scottature e minore incidenza di eritemi) che tardivo (minore incidenza in età adulta di tumori cutanei). L’e- ducazione dei bambini può inoltre tradursi in un messaggio che può influenzare positivamente anche il comportamento degli adulti nell’ambito familiare. nML

(15)

Dossier

Melanoma: il perché di una campagna

in 130 scuole primarie

A colloquio con Luigi Naldi

Presidente Centro Studi GISED - Gruppo Italiano Studi Epidemiologici in Dermatologia

Dermatologo presso l’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII (già Ospedali Riuniti), Bergamo

Il melanoma è uno dei tumori a maggiore crescita nelle società occidentali, con un’incidenza più che raddop- piata negli ultimi 30 anni, eppure è ancora una patolo- gia troppo sottovalutata e non se ne parla ancora abba- stanza. In quest’ottica qual è il ruolo della campagna di prevenzione primaria avviata in 130 scuole di sette Re- gioni italiane? Quale impatto hanno queste iniziative, anche sulla base di esperienze condotte in altri Paesi?

La campagna di prevenzione primaria sul melanoma Il Sole per amico ha una valenza molto importante perché i suoi risultati potranno essere considerati come rappresentativi e generalizza- bili alle scuole primarie dell'intero Paese. La campagna avrà, in altre parole, un significato di ‘progetto pilota’ che, se efficace, potrà essere esteso a tutte le scuole italiane.

Sappiamo, sulla base di esperienze condotte in passato, che le

campagne educazionali sul melanoma funzionano meglio se con- tinuative nel tempo, se il target da raggiungere è rappresentato da genitori e bambini, come in questo caso, e se le strategie co- municative passano attraverso canali diversificati. Il loro impat- to andrà valutato confrontando il ‘prima’ e il ‘dopo’: misurando quanto si riduce il tasso di ustioni nei bambini (sappiamo che i bambini italiani sono molto esposti al sole e spesso riportano scottature perché non protetti) e di quanto aumenta la consape- volezza sulle procedure da attuare per proteggere la pelle dal sole. Com’è intuibile, si tratta di un processo complesso costitui- to da vari stadi che includono la presa di coscienza da parte del- l’adulto, la consapevolezza che proteggere la pelle è un’azione importante per sé e per gli altri, la decisione di mettere in atto specifici comportamenti e il mantenimento nel tempo del com- portamento adeguato.

Nell’ambito del progetto educazionale nelle scuole pri- marie verrà realizzato un importante studio epidemiolo- gico sulla consapevolezza di questa patologia. Quante persone coinvolgerete e con quali obiettivi? Quanto è ri- levante oggi avere questi dati?

Nell’ambito della campagna Il Sole per amico abbiamo progetta- to di coinvolgere un campione rappresentativo della popolazio- ne adulta italiana (alcune migliaia) attraverso contatti telefonici e svariate decine di migliaia (circa 40.000) di bambini, tanto nel- le scuole che partecipano al programma educativo che in scuole di controllo. Nel complesso si tratta di uno degli studi più ampi mai condotti e con la proiezione temporale più lunga: i risultati verranno confrontati con una fase di studio precedente, denomi- nata SoleSi-SoleNo, condotta nel biennio 2000-2002 dal GISED.

Sarà possibile ottenere dati sul trend di esposizione al sole e sul- le modalità di protezione nei bambini in un lungo arco di tempo e si potrà valutare se esiste una correlazione tra conoscenza e comportamenti. Questi dati saranno importanti per dare un va- lore a quanto si sta facendo, misurando gli effetti ottenuti e orientando interventi futuri.

Com’è organizzato e quali obiettivi si pone il GISED?

Il GISED è una rete di oltre 50 centri dermatologici in grado di collaborare a progetti di studio anche complessi, grazie a un for- te coordinamento centrale e alla presenza di ricercatori formati nei centri partecipanti. Il GISED rappresenta un modello a livello internazionale per quanto riguarda l’organizzazione della ricerca epidemiologica in dermatologia. Tra i principali obiettivi del GI- SED vi è quello di comprendere i fattori di rischio e pianificare gli opportuni interventi per ridurre l'insorgenza e l’impatto delle malattie dermatologiche. nML

(16)

Dossier

Il sole per amico: il contributo dei dermatologi del GIPMe

A colloquio con Marco Simonacci Coordinatore Nazionale GIPMe - Gruppo Italiano Polidisciplinare sul Melanoma

Qual è l’impegno del GIPMe nel progetto ‘Il sole per amico’?

In coerenza con la storia della nostra Associazione, GIPMe si im- pegna nella realizzazione di questo importante progetto educa- zionale di prevenzione primaria in maniera molto pratica. Sono i nostri dermatologi a recarsi presso le scuole selezionate e a en- trare in contatto diretto con i bambini. L’obiettivo principale è quello di costruire un dialogo attraverso il quale spiegare e far conoscere ai piccoli il sole, i suoi benefici sull’organismo, ma an- che gli effetti nocivi legati ad una cattiva esposizione ai raggi so- lari. Niente è lasciato al caso: circa cento specialisti entrano nel- le classi dopo aver studiato – è proprio il caso di dirlo – il pro- gramma da svolgere mettendo in atto tutti gli strumenti necessa- ri per comunicare con una audience così particolare.

Tutta l’attività educazionale è gestita secondo un linguaggio sem- plice, chiaro e comprensibile, a misura di bambino. I messaggi di salute e di prevenzione primaria promossi e diffusi nella scuola elementare sono stati studiati e vagliati prima da un team di psi- cologi e insegnanti; solo così sarà possibile procedere a distanza di un anno ad un confronto e ad una valutazione di come e quanto sono state recepite le informazioni e, soprattutto, capire se i comportamenti di genitori e bambini sono effettivamente cambiati.

Quali sono i principali obiettivi che l’Associazione inten- de perseguire?

Al GIPMe aderiscono in forma volontaristica diverse figure specialistiche che vanno dai dermatologi ai chirurghi plastici, dagli oncologi e radiologi fino agli epidemiologi e psicologi.

L’Associazione, nata nel 1991 e considerata una pioniera nel campo del melanoma e della cancerogenesi, si pone diverse fi- nalità tra cui lo scambio di informazioni scientifiche tra i culto- ri del melanoma, la compilazione e l’aggiornamento periodico dei percorsi diagnostico-terapeutici, l’aggiornamento dei me- dici sulle ultime novità in campo assistenziale e terapeutico, l’educazione sanitaria della popolazione attraverso campagne di informazione sui media e, infine, la promozione di studi scientifici multicentrici. nML

Melanoma: l’importanza di educare e informare

A colloquio con Chiara Puri Purini Fondatrice Melanoma Italia Onlus

‘Il Sole per amico’ è una campagna nazionale di preven- zione primaria del melanoma. Perché l’Associazione Me- lanoma Italia Onlus ha deciso di sostenere questa cam- pagna?

Il melanoma sta diventando un cancro sempre più diffuso ma, per fortuna, contrariamente ad altri tumori, si può fare molto per prevenirlo. Secondo le ultime statistiche nel 2020, cioè tra appena 5 anni, i casi di melanoma negli Stati Uniti aumenteranno del 50%. E nel 2030 – secondo il Moffit, istituto di ricerca sul can- cro americano – sarà il quinto cancro più comune, dietro a quelli del seno, della prostata, del polmone e della tiroide. Sono nume- ri che fanno impressione, anche perché troppe volte si sentono raccontare “meravigliose giornate al mare, sdraiati al sole dalla mattina alla sera”.

Ora, senza demonizzare il sole che – se preso bene – fissa il cal- cio nelle ossa e fa comunque bene, è molto importante educare i bambini a prenderlo nel modo giusto. Qualsiasi dermatologo competente sconsiglierà di esporsi al sole nelle ore più calde, quelle in cui le radiazioni ultraviolette letteralmente bruciano la pelle. E le buone abitudini si prendono da bambini: per questo motivo Melanoma Italia Onlus ha voluto sostenere l’importante

(17)

CRISTINA DA ROLD

SOTTO CONTROLLO La salute ai tempi dell’e-health

Presentazione di FEDERICO GUERRINI

Cos’è l’e-health? Cosa si intende per telemedicina? Se uso una app come dispositivo medico, posso fare a meno di rivolgermi al dottore? Esiste un sito affidabile sul quale trovare informazioni sul disturbo che mi affligge? Se la sanità diventa elettronica che rischi corro?

Nella convinzione che sia essenziale conoscere e imparare il linguaggio della rete a cui affidiamo i nostri dati, con questo lavoro – frutto di mesi di ricer- ca, di indagini sul campo e di interviste ai massimi esperti italiani – Cristina Da Rold fa chiarezza sulle terminologie, distingue il punto di vista del pa- ziente da quello del sistema sanitario e analizza meccanismi, potenzialità e rischi dell’e-health, fornendoci un prezioso strumento per essere protagoni- sti informati e consapevoli della sanità nell’era di internet.

Dossier

book, e tutti i giorni rispondiamo ai messaggi più disparati. Da che tipo di diritti ha un paziente, in relazione per esempio all’in- validità, o se ci sono studi clinici, superato un certo stadio, ai quali si può partecipare, o informazioni sulle terapie chemiotera- piche somministrate in ospedale piuttosto che alcuni nuovi far- maci sperimentali che possono essere assunti nella propria casa.

Nel nostro piccolo cerchiamo di fare quello che possiamo per aiutare proprio nella pratica quotidiana chi vive un momento emotivamente difficile.

Anche indirizzare i pazienti è fondamentale. Non tutti i dermato- logi sono specializzati per curare il melanoma, un cancro che può essere difficile da individuare. Non tutti i centri sono ferrati, per esempio, sull’immunoterapia, che adesso si sta affermando per la cura di questa patologia. Sul nostro sito abbiamo una mappa dei centri che si occupano di melanoma, messo a punto con la preziosa collaborazione di esperti, come la professoressa Paola Queirolo dell’IMI di Genova, il professor Michele Maio del Nibit di Siena, il dottor Paolo Ascierto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli.

Un altro campo dove c’è molto da fare in campo istituzionale è senz’altro quello dei tempi di approvazione. Un farmaco già ap- provato negli Stati Uniti deve essere approvato prima a livello europeo, poi italiano, quindi regionale. Il che significa che pos- sono passare anche due anni tra l’arrivo sul mercato statuniten- se e la disponibilità per un paziente italiano. E due anni, per le forme di melanoma più aggressive, possono essere un tempo che un paziente non si può permettere.nML

Dossier

campagna promossa dall’IMI, che coinvolge anche le scuole pri- marie. Già al liceo potrebbe essere troppo tardi per insegnare la prevenzione e a quell’età è facile che molti ragazzi si siano già esposti al sole in modo non corretto danneggiando la propria pelle.

Melanoma Italia Onlus è nata all’inizio di quest’anno in collaborazione con l’organizzazione americana AIM at Melanoma: quali sono gli obiettivi? E come è possibile tutelare i pazienti nel percorso di diagnosi e cura?

La nostra associazione è molto giovane e le cose da fare sono tantissime. Il nostro obiettivo primario, per ora, è costituire una valida piattaforma informativa per tutti i malati di melanoma e per le loro famiglie. Quando ci si ammala, è molto difficile capire a chi rivolgersi, dove curarsi, che tipo di percorso seguire e che risultati aspettarsi. Una volta intrapresa una strada, in qualche modo si procede, ma la scelta del percorso può risultare molto difficile, proprio perché spesso non si conosce il melanoma. Noi cerchiamo di informare sui Centri specializzati, sugli studi clinici in corso, su cosa si può fare per prevenire. Io non sono un medi- co, quindi non ho le competenze per dare alcun tipo di consiglio medico, nasco come giornalista. Informare è parte del mio DNA, quindi insieme ai miei collaboratori cerco di sapere quello che succede nell’universo melanoma, per poterlo condividere con i pazienti. Ad esempio, al nostro sito è collegata una pagina Face-

www.pensiero.it Numero verde 800-259620

Riferimenti

Documenti correlati

Il progetto di formalizzazione della Rete reumatologica provin- ciale dell’ASP 7 nasce dalla consapevolezza e dalla necessità del miglioramento organizzativo dei

n’attenta e approfondita analisi della correla- zione tra aderenza nell’assunzione dei farmaci, riduzione della spesa sanitaria e miglioramento delle cure per una patologia

Si tratta quindi di un processo che in termini di finanza pubblica è volto al miglioramento della qualità della spesa in un momento, come quello odierno, che vive in maniera più

Long ed i coautori, della Yale School of Management di New Haven (CT, USA), che pos- siedono un rilevante background scientifico e culturale nella formulazione di

Una ricerca rivolta sempre più alle donne, la destinazione di fondi pubblici e pri- vati per l’assistenza, la cura e la prevenzione e la sensibilizzazione-informazione della

I costi elevati di una non corret- ta strategia per il controllo dei fattori di ri- schio cardiovascolare, e quindi di una minore efficacia nella prevenzione della

Una rassegna si può consultare dal sito Internet del Ministero della salute: http://www.ministerosalute.it/programmazione/Liste/sezGestione.jsp?label=p_reg In generale, si può

● I costi della Sanità sono però molto elevati e la maggior parte della popolazione rischia di essere sprovvista di copertura assicurativa in una o più fasi della propria