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Costo del Lavoro - Prospetto Annuale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA

Fondazione universitaria Marco Biagi

Dottorato di ricerca in Diritto del Lavoro, Sviluppo e Innovazione

Ciclo XXX

Lavoro occasionale e dumping sociale

Candidato dott.ssa Michela Pistoni

Relatore: Chiar.mo Prof. Francesco Basenghi

Correlatore: Dott. Alberto Russo

Coordinatore del Corso di Dottorato: Chiar.ma Prof.ssa Tindara Addabbo

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Ai miei figli, a mio padre ed a mio marito, fervidi sostenitori di ogni mio impegno

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INDICE Abstract (ITA)

Abstract (ENG)

CAPITOLO I Il lavoro occasionale 1. Premessa

2. Il lavoro occasionale autonomo 3. Il lavoro occasionale accessorio

3.1 Disciplina e determinazione del compenso

3.2 Percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito 3.3 Il lavoro accessorio in agricoltura

3.4 Il lavoro accessorio nella pubblica amministrazione 3.5 Il lavoro accessorio ed il permesso di soggiorno 3.6 Il lavoro accessorio negli appalti

3.7 Coordinamento informativo a fini previdenziali 3.8 Riflessioni in merito alla natura del lavoro accessorio 4. Le nuove prestazioni occasionali

4.1 Premessa

4.2 Le parti del lavoro occasionale 4.3 Le famiglie

4.4 Gli altri utilizzatori

4.5 Limite economico annuale 4.6 Erogazione del compenso

4.7 Superamento del limite economico annuale 4.8 Prestazioni previdenziali ed assistenziali

4.9 Nuove prestazioni occasionali e lavoro autonomo di tipo occasionale 5. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il contratto a progetto 5.1 Inquadramento generale

5.2 Disciplina attuale

5.3 Istituti estesi ai rapporti di lavoro para-subordinato

5.4 Stabilizzazione dei collaboratori e dei titolari di partita IVA 6. Contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro 6.1 Differenze col rapporto di lavoro subordinato

6.2 Aspetti previdenziali ed assicurativi

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6.3 Aspetti fiscali

6.4 Schema riepilogativo

7. Il contratto di lavoro a chiamata. Inquadramento generale 7.1 Tipologie

7.2 Disciplina 7.3 Divieti

CAPITOLO II Il social dumping

1. Inquadramento socio-economico del dumping in ambito comunitario ed internazionale 2. Delocalizzazione all’estero come strumento di riduzione dei costi del lavoro

3. Il fenomeno del dumping sociale

4. Il fenomeno del social dumping dal punto di vista economico 5. Social dumping e responsabilità sociale di impresa

6. Relazioni industriali transnazionali 7. Social dumping e hard law

8. Relazioni sociali in Europa

9. La strategia europea per l’occupazione

10. Il social dumping nella più recente giurisprudenza comunitaria

CAPITOLO III Analisi empirica

1. Analisi e raffronto tra CCNL e compensi da prestazioni occasionali

Valutazioni conclusive Bibliografia

Appendice normativa Allegati:

1. Tabelle Costo del Lavoro CCNL Commercio

2. Tabelle Costo del Lavoro CCNL Metalmeccanica Industria

3. Tabelle Costo del Lavoro CCNL Metalmeccanico Pubblici Esercizi

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ABSTRACT

Il mercato del lavoro, caratterizzato storicamente dal duopolio rapporto di lavoro subordinato/rapporto di lavoro autonomo, ha subito negli ultimi decenni profonde modifiche per via della diffusione di rapporti di lavoro atipici.

Il contratto di lavoro risulta “atipico” se è connotato da caratteristiche diverse rispetto al contratto di lavoro subordinato e al lavoro autonomo, quali la maggiore flessibilità e non abitualità, pur non lasciando il prestatore così libero di gestirsi come il lavoratore autonomo.

La normativa quadro di riferimento della materia viene introdotta dal legislatore con la legge

“Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro” del 14 febbraio 2003 (meglio nota come “Legge Biagi”) che regolamenta le modalità di attuazione di contratti di lavoro non standard (lavoro atipico), con il chiaro obiettivo di rendere più flessibile il mercato del lavoro, migliorandone l’efficienza e sostenendo politiche attive per il lavoro, favorendo al contempo la diminuzione del tasso di disoccupazione.

All’interno della eterogenea macro categoria “lavoro atipico” il lavoro occasionale ha senz’altro un ruolo predominante, evidenziato negli ultimi anni dal suo crescente utilizzo, soprattutto con la modalità “lavoro accessorio di tipo occasionale”, modificata più volte sotto il profilo formale e sostanziale.

La crescita esponenziale del suo utilizzo è stata indotta da diverse circostanze, quali la possibilità di usufruire di lavoratori dotati di una minima copertura assicurativa e previdenziale senza dover ricorrere ad una vera e propria assunzione (vale a dire, senza dover sostenere il costo di consulenti del lavoro ed associazioni di categoria per le comunicazioni di assunzione, redazione di buste paga, e tutto ciò che ne consegue), la facilità di acquistare i buoni lavoro (c.d. voucher) con cui pagare i prestatori, ma anche – inutile nasconderlo – la facile elusione della normativa contributiva, previdenziale e fiscale nell’utilizzo di tale modalità lavorativa, come verrà meglio dettagliato nel prosieguo del presente elaborato.

Sul punto, anche a livello europeo vi è il chiaro intento di tutelare i lavoratori degli stati membri, in un’ottica di tutela della concorrenza.

Infatti, la nozione di dumping sociale copre un’ampia gamma di pratiche intenzionalmente abusive ed elusive della legislazione europea e nazionale mediante le quali, riducendo illegalmente i costi operativi e legati alla manodopera, viene sviluppata una concorrenza sleale.

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Le conseguenze di tali pratiche hanno impatto sotto tre profili:

- economico, poiché arrecano distorsioni al mercato, a danno delle imprese che lavorano onestamente;

– sociale, poiché il dumping sociale può dare origine a una situazione di discriminazione e disparità di trattamento tra i lavoratori dell’UE anche sotto il profilo retributivo e previdenziale;

– finanziario e di bilancio, poiché il mancato pagamento dei contributi previdenziali e delle imposte in conseguenza del dumping sociale è una evidente minaccia per la sostenibilità finanziaria dei sistemi di previdenza sociale e le finanze pubbliche degli Stati membri.

La presente ricerca ha lo scopo di analizzare il lavoro occasionale, anche sotto il profilo dell’impatto sociale che crea il suo utilizzo, e di compararlo ad analoga prestazione lavorativa resa in esecuzione di un contratto di lavoro subordinato.

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ABSTRACT (ENG)

The labour market, characterized historically by the duopoly self-employed/employed workers, has undergone profound changes in recent decades because of the spread of atypical employment relationships.

The employment contract is “atypical” if characterized by different characteristics compared to the contract of employment and self-employment, such as greater flexibility and do not practice, while not letting the lender as well free to run as an independent.

The legislation framework of the subject is introduced by the legislature with the law

“delegation to the Government in employment and the labour market” of 14 February 2003 (better known as the “Biagi Law”), which regulates the arrangements for implementing non- standard employment contracts (atypical work), with the clear goal of making the labour market more flexible, improving efficiency and supporting active labour policies, favouring, at the same time, the decrease in the unemployment rate.

Within the heterogeneous macro category “atypical work”, the casual work definitely has a predominant role, highlighted in recent years by its increasing use, especially with how

“occasional type accessory work”, modified several times in formal and substantial.

The exponential growth of its use was induced by various circumstances, such as:

-the possibility of workers with insurance coverage and pensions (to avoid incurring the penalties resulting from the work “black”) without the need for a genuine assumption (that is, without having to incur the cost of labour consultants and associations for recruitment communications, preparation of salary slips, and everything that goes with it);

- ease of purchase coupons work (c.d. voucher) with which to pay lenders;

- the easy circumvention of contribution, social security and tax laws in using this working mode.

On this point, also at European level there is a clear intent to protect workers, with a view to the protection of competition.

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In fact, the concept of social dumping covers a wide range of intentionally abusive practices and the circumvention of existing European and national legislation through which, by reducing labor and operational costs related to illegally, is developed in unfair competition.

The consequences of these practices and situations can have an impact as regards three main dimensions:

- the economic aspect, because cause distortions to the market, to the detriment of companies who work honestly;

– the social aspect, social dumping could lead to a situation of discrimination and unfair treatment between workers in the EU and deprive them of the effective exercise of their social and labour rights, including in respect of pay and social protection;

– the financial and budgetary aspect, because the non-payment of due social security contributions and taxes as a result of social dumping represents a threat to the financial sustainability of social security systems and the public finances of the Member States.

This research aims to analyse the casual work, also in terms of the social impact that creates its use, and compare it to similar work made in execution of a contract of employment.

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CAPITOLO I Il lavoro occasionale

1. Premessa

Ogni attività lavorativa può essere svolta in modo autonomo, subordinato od occasionale, a seconda delle sue concrete modalità di esecuzione.

Nello specifico, l’espressione “lavoro occasionale” è utilizzata per identificare tre distinte tipologie contrattuali: il lavoro autonomo occasionale, il lavoro accessorio occasionale e le collaborazioni occasionali.

Negli ultimi anni, queste forme contrattuali sono state oggetto di interventi legislativi che hanno profondamente modificato il mercato del lavoro.

In particolare, le collaborazioni occasionali (cd. Mini co.co.co) sono state abolite dal nostro ordinamento in seguito all’emanazione del d.lgs. n. 81/2015: l’unica eccezione è costituita dai contratti già in atto alla data del 25 giugno 2015, ai quali continuerà ad applicarsi la disciplina previgente fino alla loro naturale scadenza.

Gli elementi caratterizzanti la collaborazione occasionale sono:

durata: non superiore a 30 giorni con lo stesso committente in un anno;

compenso: non superiore a 5 mila euro da ogni committente;

coordinamento: con il committente.

Fiscalmente e sotto il profilo previdenziale prevedono:

- l’esonero della forma scritta del contratto e previsione di un progetto o di un lavoro;

- il compenso assimilato a reddito di lavoro dipendente ex art. 50, comma 1, del TUIR;

- l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps;

- l’iscrizione ai fini Inail qualora esista un rischio.

In estrema sintesi, con l’entrata in vigore del c.d. “Jobs Act”, in materia di riordino dei contratti di lavoro, vale a dire dal 25 giugno 2015, non sono più attivabili i contratti a progetto, le collaborazioni coordinate e continuative con i pensionati di vecchiaia, le cosiddette “mini-

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co.co.co”, più note come prestazioni occasionali (al di sotto dei 30 giorni lavorativi e dei 5.000 euro di compenso nell’anno solare) e le associazioni in partecipazione con apporto di lavoro.

Dal 1° gennaio 2016 possono infatti essere instaurate solo le seguenti tipologie contrattuali:

- lavoro autonomo occasionale;

- lavoro accessorio (voucher).

Il lavoro autonomo occasionale, invece, rimane disciplinato dagli artt. 2222 e ss. del codice civile, nonché dalle disposizioni della Legge n. 81/2017 ad esso compatibili.

Viceversa, il lavoro accessorio occasionale è stato abrogato dal Decreto Legge del 17 marzo 2017, n. 25, conv. Legge. 20 aprile 2017, n. 49 e sostituito dal nuovo contratto di prestazione occasionale, disciplinato dal Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 giugno 2017, n. 96.

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2. Il lavoro occasionale autonomo

Il lavoro autonomo occasionale consiste in qualsiasi attività di lavoro caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e coordinazione.

Non è obbligatoria la stipulazione scritta di un contratto, ma è comunque consigliabile sottoscriverne uno che contenga tutte le caratteristiche della prestazione ed il compenso spettante.

La disciplina del lavoro autonomo occasionale è prevista nell’articolo 2222 del codice civile (riguardante il contratto d’opera), in base al quale il lavoratore autonomo occasionale è colui che si obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio senza vincolo di subordinazione, senza potere di coordinamento del committente ed in via del tutto occasionale.

A differenza del lavoratore subordinato, il lavoratore autonomo assume una “obbligazione di risultato” e non di mezzi: egli cioè non si obbliga a mettere direttamente a disposizione la propria forza lavoro per un determinato tempo in un determinato luogo, ma garantisce al committente del lavoro il raggiungimento di determinati risultati entro una certa scadenza temporale.

Conseguenza di tale diversa natura è che il lavoratore autonomo svolge la propria attività con mezzi prevalentemente propri e non del committente, e con piena discrezionalità circa il tempo, il luogo e le modalità della prestazione.

Non ha dunque vincoli di subordinazione nei confronti del committente, il quale non ha i poteri direttivi, di controllo e disciplinari tipici del datore di lavoro subordinato.

Sul punto, il prestatore di lavoro autonomo può tuttavia essere obbligato al rispetto dei limiti e delle condizioni contenute nel contratto di servizio stipulato col committente.

Il concetto di mancanza di subordinazione si comprende meglio se si pensa a quelle categorie di lavoratori autonomi che, per definizione, non hanno committenti ma, più propriamente, clienti, come i commercianti.

Affinché un’attività di lavoro autonomo possa rientrare tra quelle di tipo occasionale è necessario che rispetti determinati parametri:

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a) Mancanza di continuità e abitualità della prestazione di lavoro autonomo – La definizione di abitualità, non essendo stata chiaramente definita né dal legislatore né dal Ministero, può essere intesa come un’attività duratura nel tempo, che possa fare presumere non una attività sporadica, ma prolungata nel tempo. In ogni caso, occorre fare una valutazione ad hoc caso per caso;

b) Mancanza di coordinamento della prestazione – Affinché vi sia coordinamento occorre che l’attività sia svolta all’interno dell’azienda o nell’ambito del ciclo produttivo del committente. È pertanto autonomo quel lavoratore che agisce discrezionalmente e in auto- direzione;

c) Oggetto della prestazione – tradizionalmente è sempre stato ritenuto il risultato finale dell’attività del prestatore, configurandosi come una obbligazione di risultato;

d) Rischio connesso all’esercizio dell’attività lavorativa – nel lavoro autonomo, ricade sul lavoratore;

e) Corrispettivo – è stabilito dalle parti in relazione al risultato finale, e non è pagato in modo periodico.

Nell’ipotesi in cui la prestazione occasionale perda i sopra citati indispensabili requisiti, la disciplina applicabile potrà essere o quella del lavoratore subordinato, se c’è l’elemento della coordinazione, o quella del lavoro autonomo (con partita Iva), in caso di più prestazioni autonome abituali.

Ai fini previdenziali, in base all’articolo 44 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla Legge n.

326/2003, a decorrere dal 1° gennaio 2004, i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, se il reddito annuo derivante da detta attività è superiore a €. 5.000 (intesi come compenso lordo considerando la somma dei compensi corrisposti da tutti i committenti occasionali), sono obbligati all’iscrizione alla Gestione Separata INPS e al versamento di contributi previdenziali dovuti.

I contributi devono essere versati solamente sulla quota di reddito eccedente la soglia dei €.

5.000.

L’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata è a carico del datore di lavoro e nasce nell’anno in cui il lavoratore supera il predetto limite di compensi, pertanto, i lavoratori autonomi occasionali con compensi fino a €. 5.000 nell’anno solare non sono obbligati né all’iscrizione alla Gestione Separata né al versamento di contributi previdenziali.

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Per i soggetti che superano la soglia di esenzione, l’imponibile previdenziale è costituito dal compenso lordo erogato al lavoratore, che supera la soglia annua di €. 5.000, dedotte eventuali spese poste a carico del committente e risultanti dalla fattura.

I lavoratori interessati devono comunicare tempestivamente ai propri committenti il superamento della soglia di esenzione e, solo per la prima volta, iscriversi alla Gestione, a meno che non si tratti di collaboratori o soggetti assimilati già iscritti.

Nella ricevuta il lavoratore si vedrà applicare la ritenuta previdenziale pari ad 1/3 del contributo dovuto, in quanto i restanti 2/3 di contributo sono direttamente a carico del datore di lavoro.

Sotto il profilo fiscale, il lavoratore autonomo occasionale è tenuto a rilasciare al soggetto committente della prestazione una ricevuta “non fiscale”, nella quale è tenuto ad indicare i seguenti elementi obbligatori:

I propri dati personali;

Le generalità del committente;

La data e il numero progressivo d’ordine della ricevuta;

Il corrispettivo lordo concordato;

La ritenuta d’acconto (pari al 20% dei compenso lordo);

L’importo netto che verrà corrisposto dal committente.

La ritenuta d’acconto del 20% deve essere applicata a riduzione del compenso lordo dovuto per la prestazione.

In pratica, si tratta di un acconto sulle imposte che il committente è tenuto a trattenere e versare all’Amministrazione finanziaria per conto del soggetto che presta la propria attività professionale, ma solamente nel caso in cui la prestazione di lavoro autonomo occasionale sia svolta nei confronti di imprese individuali, società ed enti di ogni tipo, professionisti o amministratori di condominio (ovvero se il committente è un sostituto d’imposta, ai sensi del DPR n. 600/73).

Trattandosi di una ricevuta “non fiscale”, il legislatore ha previsto l’apposizione sulla ricevuta di una marca da bollo da €. 2,00, nel caso in cui l’importo della prestazione superi la soglia di

€. 77,47.

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Alla luce di quanto sopra esposto, le prestazioni di lavoro autonomo occasionale possono diventare un’opportunità per i soggetti che si trovano ad effettuare un’attività di lavoro autonomo, del tutto saltuaria, non abituale o periodica.

Come sopra precisato, infatti, il lavoratore è tenuto solo a rilasciare una ricevuta al momento dell’incasso del compenso.

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3. Il lavoro occasionale accessorio 3.1 Premessa

Mutuato da esperienze molto diffuse soprattutto in Francia dove è utilizzato prettamente nei servizi alla persona1, le prestazioni di lavoro accessorio vengono introdotte nel nostro ordinamento dagli artt. 70-73 del d. lgs. n. 276/2003 in attuazione della legge delega n. 30/2003 (c.d. Legge Biagi).

L’art. 5, comma 1, lett. d, del d. lgs. n. 81/2015 abroga la normativa precedente e ridisegna la disciplina del lavoro svolto “con modalità accessoria” senza i delimitanti paletti soggettivi e oggettivi della previgente normativa, confermando altresì il superamento del requisito dell’occasionalità, “eliminato” dal Decreto Lavoro del 2013.

Nel nostro ordinamento il lavoro occasionale accessorio è stato introdotto per favorire l’emersione di fasce di lavoratori irregolari e offrire opportunità di piccoli lavori per loro natura saltuari (agricoltura, lavoro domestico, manifestazioni sportive) a soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro (studenti, pensionati, casalinghe), garantendo ai prestatori un minimo di tutela sia sotto il profilo contributivo sia sotto quello assicurativo, unitamente all’esenzione da tasse da lavoro.

Nel suo archetipo originario questa modalità lavorativa veniva ricondotta dal comma 2 dell’art. 70 del D. Lgs. 276/2003 a quei “rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare e che, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro sempre nel corso di un anno solare”.

Sue caratteristiche imprescindibili erano pertanto l’occasionalità e l’accessorietà.

Sul punto, si ricorda come l’occasionalità caratterizzi in realtà varie figure, prima fra tutte quella del lavoro occasionale autonomo sopra trattata, in cui il temine “occasionale” viene utilizzato come sinonimo di “non professionale” (art. 67, comma 1, lett. l) del Tuir).

1 Lo sviluppo dei servizi alla persona e il lavoro accessorio. Ipotesi e prospettive, Italia Lavoro.

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Nell’alveo della categoria del lavoro subordinato, invece, è la tipologia contrattuale del lavoro a chiamata (c.d. job on call) ad essere caratterizzata da prestazioni episodiche e saltuarie, come sarà nel prosieguo dettagliato.

Ancora, l’occasionalità viene altresì menzionata dall’art. 1 comma 4 del D.Lgs. n. 368/2001 per prestazioni lavorative di tipo subordinato non superiori ai 12 giorni, per le quali non è nemmeno necessaria la forma scritta (“La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni”).

Viceversa, l’aspetto dell’accessorietà sembrava fare riferimento a quei settori marginali del mercato del lavoro cui originariamente era rivolto il lavoro occasionale accessorio.

Nel 2008-2009 l’ambito applicativo del lavoro occasionale accessorio è stato esteso a tutti i lavoratori occupati, disoccupati e anche percettori di sostegni al reddito.

La legge n. 92/2012 (c.d. riforma “Fornero”) ha esteso poi l’utilizzo di questa figura lavorativa ad ogni settore produttivo – compresi gli enti locali – pur continuando a caratterizzarla con l’occasionalità della prestazione, che diventava il suo unico elemento distintivo e identificativo.

Scomparivano i limiti relativi alla tipologia lavorativa e ai requisiti dei lavoratori, ma veniva introdotto un vincolo più severo dal punto di vista quantitativo: il lavoro accessorio era consentito fino a un reddito massimo di 5.000 euro annui netti, riferito non più al singolo committente ma all’insieme delle prestazioni svolte nell’anno dal lavoratore. In caso in cui il committente fosse stato un professionista o un imprenditore, oltre al tetto di 5.000 euro annui ne veniva aggiunto uno ulteriore di 2.000 euro annui per committente.

Nel 2013 il Decreto Lavoro confermava l’utilizzo dei voucher in ogni settore produttivo, per qualsiasi categoria di prestatori, eliminando però ogni riferimento all’occasionalità della prestazione.

Infatti, la legge 99/2013 (che ha convertito il D.L. 76/2013, a conferma di un’interpretazione già formulata in tal senso dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 4 del 18 gennaio 2013), definiva il “lavoro accessorio” (non più occasionale) come l’insieme delle prestazioni lavorative “che non danno luogo, con riferimento alla titolarità dei committenti, a compensi superiori a 5.000,00 euro nel corso di un anno solare” per ogni prestatore.

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Raggiunti i limiti economici stabiliti dalla legge (per percettori della cassa integrazione salariale o delle misure di sostegno del reddito il tetto era e rimane complessivamente di 3.000 Euro), nell’anno solare in questione il lavoratore non poteva più svolgere alcuna attività in regime di lavoro accessorio.

Con il c.d. Jobs Act, le prestazioni lavorative venivano considerate “accessorie” se non davano luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro netti – contro i 5.000 euro netti previsti dalla disciplina precedente – nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati (c.d. Indice FOI)2.

Fermo restando tale limite complessivo nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative potevano (e possono tutt’ora) essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente3.

Inaspettatamente, la legge n. 49 del 20 aprile 2017 ha abrogato tout court il lavoro accessorio, reintrodotto dopo poco con la legge n. 96/2017, di conversione del Decreto Legge n. 50/2017, con disposizioni urgenti in materia finanziaria, entrata in vigore il 23 giugno scorso.

In particolare, l’art. 54-bis della l. n. 96/2017 ha introdotte le “prestazioni occasionali”, che sostituiscono il pregresso lavoro accessorio (c.d. voucher), nel frattempo abrogato.

3.2 Disciplina e determinazione del compenso

Il pagamento delle prestazioni avviene tramite la consegna al lavoratore di buoni lavoro (c.d.

voucher) da parte del committente/utilizzatore, acquistabili con tre modalità distinte: buoni cartacei (da richiedere e prenotare presso le sedi territoriali di interesse dell’Inps), buoni telematici (richiesti sul sito Inps) o acquisto dei buoni presso le poste, banche o tabaccherie convenzionate.

Il lavoratore percepisce dall’utilizzatore i buoni lavoro dopo l’espletamento della sua prestazione lavorativa a titolo di pagamento. Il valore nominale lordo di ogni voucher ammonta a 10 Euro, comprensivi di contribuzione devoluta in una gestione separata dell’INPS (13%) e

2 Vademecum Lavoro accessorio. V. Lippolis, G. Anastasio, Supplemento La Circolare di Lavoro e Previdenza n.

36/2009; Lavoro occasionale di tipo accessorio, Inserto di Diritto & Pratica del Lavoro n. 8/2012.

3 A titolo esemplificativo, per l’anno 2015 l’importo netto rivalutato ammonta a 2.020 euro, per un lordo di 2.693 euro.

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del premio INAIL (7%) a copertura di eventuali infortuni sul lavoro. Il lavoratore poi dovrà rivolgersi ai rivenditori autorizzati, gli unici in grado di scambiare il valore dei voucher in moneta corrente.

Prima della “Riforma Fornero” la determinazione del compenso era lasciata all’autonomia delle parti, che potevano dunque correlarlo o ad una unità temporale o al raggiungimento di un risultato.

Dal 18 luglio 2012 invece il valore di ogni singolo buono è connesso ad un parametro orario, ed il suo valore nominale di 10 Euro (importo netto 7,50 Euro) corrisponde al valore di un’ora lavorativa, parametro confermato altresì dal D. Lgs. n. 81/2015, nell’attesa dell’attribuzione con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di un nuovo valore nominale ad ogni singolo voucher.

Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.

Le modalità di acquisto dei voucher rimangono immutate per i committenti non imprenditori o non professionisti, che continuano a poterli acquistare con tre modalità distinte:

buoni cartacei (da richiedere e prenotare presso le sedi territoriali di interesse dell’Inps), buoni telematici (richiesti sul sito Inps) o acquisto dei buoni presso le poste, banche o tabaccherie convenzionate.

Viceversa, i committenti imprenditori o professionisti sono obbligati ad acquistare uno o più carnet di buoni lavoro esclusivamente attraverso modalità telematiche, numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro accessorio.

I committenti imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipo accessorio devono comunicare prima dell’inizio della prestazione lavorativa alla Direzione territoriale del lavoro competente, attraverso modalità telematiche, ivi compresi sms o posta elettronica, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.

In ogni caso, fino al 31 dicembre 2015 era applicabile la disciplina previgente per l’utilizzo dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio già richiesti alla data di entrata in vigore del decreto.

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Inoltre, il Ministero del Lavoro con nota n. 3337 del 25 giugno 2015 precisava che “Al fine dei necessari approfondimenti in ordine alle attuazioni dell’obbligo di legge e nelle more dell’attivazione delle relative procedure telematiche” la comunicazione di prestazione di lavoro accessorio doveva continuare ad essere effettuata agli Istituti previdenziali secondo le attuali procedure.

3.3 Percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito

L’art. 48 comma 2 del d. lgs. 81/2015 conferma che le prestazioni “accessorie” possono essere altresì rese in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, nel limite complessivo di 3.000 euro netti (4.000 euro lordi) di compenso per anno civile (rivalutati sulla base dell’Indice FOI). In questo caso, l’Inps sottrae dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio4.

Per eventuali compensi superiori a 3.000 euro, il prestatore percettore di misure di sostegno al reddito ha l’obbligo di presentare preventiva comunicazione alle Sedi provinciali dell’Istituto.

Nel caso di più contratti di lavoro accessorio stipulati nel corso dell’anno e retribuiti singolarmente per meno di 3.000 euro per anno solare, la comunicazione andrà resa prima che il compenso determini il superamento del predetto limite dei 3.000 euro se sommato agli altri redditi per lavoro accessorio.

La circolare Inps 29 luglio 2015 n. 142 è intervenuta in merito all’interrelazione della nuova disciplina del lavoro accessorio con la altrettanto recente normativa in materia di c.d. Naspi (vale a dire “Nuova assicurazione sociale per l’impiego), ex artt. 1 e s.s. del d. lgs. 22/2015.

L’Istituto previdenziale ha precisato la cumulabilità dei trattamenti Naspi con i compensi derivanti dal lavoro accessorio nei limiti di 3.000 euro annui. Per i compensi superiori, a fino

4 In attesa di indicazioni contrarie, deve ritenersi tutt’ora operante la circolare Inps n. 17/2010, che consente l’esercizio di lavoro accessorio (ed all’epoca) occasionale a percettori di trattamenti di integrazione salariale nonché di prestazioni connesse con lo stato di disoccupazione (disoccupazione ordinaria, mobilità, trattamenti speciali di disoccupazione edili, cui oggi aggiungiamo la Naspi). Analogamente, possono ritenersi tutt’ora operanti le indicazioni fornite dalla circolare Inps 130/2010 riguardo la compatibilità e cumulabilità delle integrazioni salariali con le prestazioni di lavoro accessorio.

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al tetto di 7.000 euro annui, è prevista la riduzione della prestazione naspi di un importo percentuale del compenso percepito5.

3.4 Il lavoro accessorio in agricoltura

Questa particolare modalità lavorativa continua poi a poter essere utilizzata anche nel settore dell’agricoltura, caratterizzato da una disciplina particolarissima ex art. 48 commi 3 e 4 del “Jobs Act”, sostanzialmente coincidente con la previgente normativa.

Per l’agricoltura, si conferma infatti l’utilizzo dei buoni lavoro alle seguenti condizioni:

a) le prestazioni occasionali devono essere rese nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;

b) le attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

Per le imprese del settore agricolo, fatto salvo il limite di non più di cinque dipendenti, è possibile il ricorso al contratto di prestazione occasionale esclusivamente per le attività lavorative rese da lavoratori appartenenti alle seguenti categorie:

a) titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità;

b) giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado ovvero a un ciclo di studi presso l’università;

5 La Circolare Inps n. 142/2015 prevede nello specifico come effetto del lavoro accessorio sull’indennità Naspi che “Alla luce della disciplina sopra esposta e delle disposizioni di cui al D.lgs. n.22 del 2015 che prevedono la cumulabilità della prestazione NASpI con i redditi derivanti da attività lavorativa, si precisa che l’indennità NASpI è interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di 3.000 per anno civile. Per i compensi che superano detto limite e fino a 7.000 euro per anno civile la prestazione NASpI sarà ridotta di un importo pari all’80 per cento del compenso rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. Il beneficiario dell’indennità NASpI è tenuto a comunicare all’INPS entro un mese rispettivamente dall’inizio dell’attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di NASpI, il

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c) persone disoccupate, ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n.

150;

d) percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI o SIA, che costituisce la prestazione di sostegno all’inclusione attualmente vigente e destinata ad essere sostituita dal REI), ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, laddove prevista, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni occasionali di cui al presente articolo.

I suddetti lavoratori non devono risultare iscritti in uno degli elenchi anagrafici comunali degli Operai a Tempo Determinato – OTD di più recente pubblicazione.

Nel settore agricolo il compenso minimo orario è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In particolare, sono previsti tre importi orari differenti, a seconda dell’Area di appartenenza del lavoratore.

L’importo del compenso giornaliero non può essere inferiore alla misura minima fissata per la remunerazione di quattro ore lavorative, anche qualora la durata effettiva della prestazione lavorativa giornaliera sia inferiore a quattro ore.

La misura del compenso delle ore successive è liberamente fissata dalle parti, purché nel rispetto della misura minima di retribuzione oraria sopra indicata.

L’utilizzatore, almeno sessanta minuti prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa, deve indicare a mezzo della piattaforma informatica INPS o avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dal medesimo istituto i seguenti dati:

- i dati identificativi del prestatore;

- la misura del compenso pattuita;

- il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;

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- la durata della prestazione lavorativa collocata entro un periodo massimo di tre giorni consecutivi;

- altre informazioni per la gestione del rapporto di lavoro.

Trattandosi di comunicazione da fornire prima dello svolgimento della prestazione lavorativa, laddove, per evenienza di carattere straordinario (per es., indisponibilità sopravvenuta del prestatore, condizioni climatiche non idonee allo svolgimento della prestazione lavorativa), la prestazione medesima non dovesse essere resa, l’utilizzatore effettua, sempre avvalendosi della procedura telematica INPS, la revoca della dichiarazione inoltrata, purché ciò avvenga entro le ore 24.00 del terzo giorno successivo alla data conclusiva dell’arco temporale originariamente previsto per lo svolgimento della prestazione (non superiore a tre giorni consecutivi).

Una volta decorso il terzo giorno successivo alla data conclusiva dell’arco temporale originariamente previsto per lo svolgimento della prestazione, l’INPS procede ad integrare il compenso pattuito dalle parti nell’ambito del primo prospetto paga da formare, nonché a valorizzare la posizione assicurativa del lavoratore ai fini IVS e INAIL, trattenendo altresì le somme destinate al finanziamento degli oneri gestionali.

In considerazione dell’analogia tra la vecchia e nuova normativa, non possono sottacersi i dubbi sulla effettiva portata della nuova disciplina in chiave di contrasto al lavoro nero. Tanto più che il rischio di condotte strumentali elusive della normativa protettiva prevista per il lavoro subordinato sembra essere tenuto in considerazione anche dallo stesso legislatore, che determina – per il solo settore agricolo – il valore nominale del buono orario in misura pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal CCNL.

3.5 Il lavoro accessorio nella pubblica amministrazione

Il d. lgs. 81/2015 prevedeva la possibilità di poter ricorrere al lavoro accessorio anche nella pubblica amministrazione, confermando la previgente disciplina prevista dall’art. 70 comma 3 del d. lgs. n. 276/2003.

Nel settore pubblico, ovviamente, l’utilizzo di lavoratori mediante il sistema dei buoni lavoro doveva rispettare i vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento

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delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno, come esplicitato dall’art.

48 comma 4 del d. lgs. 81/2015.

La possibilità di ricorrere al lavoro occasionale da parte delle pubbliche amministrazioni è confermato anche dalla vigente l. 96/2017.

Sul punto, le Pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono fare ricorso al contratto di prestazione occasionale, nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e fermo restando il limite di durata di cui al comma 20, dell’art. 54-bis, del d.lgs. n. 50/2017 (cfr. par. 9), del citato articolo 54-bis, esclusivamente per esigenze temporanee o eccezionali:

a) nell’ambito di progetti speciali rivolti a specifiche categorie di soggetti in stato di povertà, di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali;

b) per lo svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi;

c) per attività di solidarietà, in collaborazione con altri enti pubblici e/o associazioni di volontariato;

d) per l’organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli.

Alle Pubbliche amministrazioni non si applica il divieto di utilizzo del contratto di prestazione occasionale previsto per i datori di lavoro con più di cinque dipendenti in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

3.6 Il lavoro accessorio ed il permesso di soggiorno

Il comma 4 dell’art. 54-bis della vigente l. 96/2017 consente di computare tra i redditi necessari per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno anche i compensi ricevuti mediante buoni lavoro, in continuità al previgente art. 48 comma 5 del d. lgs. 81/2015.

In linea teorica, in assenza di una normativa specifica, anche prima della sua entrata in vigore sarebbe stato possibile computare i compensi da prestazione occasionale ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, ma stante il limite massimo di 5.000 Euro annui al percettore non era sufficiente per poter continuare a vivere regolarmente in Italia.

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L’Inps d’altro canto negava la comparabilità dei redditi da lavoro accessorio a quelli da lavoro subordinato, ma mancava una normativa in tal senso6.

Viceversa, con i recenti interventi legislativi sopra citati il lavoratore straniero occupato esclusivamente a mezzo voucher sembra possa ottenere il permesso o il rinnovo esclusivamente rendendo prestazioni di lavoro di natura accessoria – purché percepisca un compenso annuale superiore ai 5.824,91 euro di reddito lordo annui.

A partire dal 1° gennaio 2017, l’importo mensile dell’assegno sociale è fissato dall’Inps7 a 448,07 euro, quello lordo annuale a 5.824,91, considerato che sono previste 13 mensilità. Tale importo non interessa solamente coloro che hanno i requisiti per ricevere l’assegno sociale, ma anche tutti gli stranieri lavoratori in Italia, poiché è il parametro più usato dalla legge per valutare la loro capacità economica in molte pratiche che li riguardano8.

Nonostante il chiaro tenore dell’art. 48 comma 5, la norma de qua apre una serie di difficoltà operative sul come far risultare nella pratica il reddito da prestazioni occasionali.

Infatti, l’Inps non rilascia un estratto conto delle prestazioni occasionali9.

Inoltre, l’importo lordo dei buoni lavoro non prevede trattenute IRPEF.

Il voucher infatti è esente a fini IRPEF, e pertanto non esistendo a fini reddituali non si comprende come nella pratica possa essere computato come reddito ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.

Si auspica che intervenga de jure condendo una normativa più chiara sotto il profilo previdenziale, in grado di armonizzare la teoria normativa con la pratica quotidiana dell’Istituto previdenziale.

6 Ad esempio, la circolare n. 44/2009 precisava che le attività di lavoro accessorio non dessero titolo ai fini dell’accesso alle prestazioni di malattia, maternità, disoccupazione ed assegni familiari, ma non rilevavano nemmeno in ordine al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

7 Circolare Inps n. 1 del 09 Gennaio 2015.

8 I cittadini extracomunitari che quest'anno vorranno rinnovare il permesso di soggiorno o chiedere il permesso per lungosoggiornanti (la cosiddetta carta di soggiorno), ad esempio, dovranno dimostrare di avere un reddito almeno pari all'importo dell'assegno sociale: 5830,76 euro. A quelli che vorranno fare arrivare in Italia la moglie o il, marito con un ricongiungimento, servirà invece un reddito pari ad almeno 1,5 volte l'assegno, 8746,14.

9 Non è disponibile un estratto conto Inps, esiste solo un estratto prestazioni che non è in diponibilità del

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3.7 Il lavoro accessorio negli appalti

Il nuovo art. 54-bis della l. 96/2017 chiarisce definitivamente il ruolo del lavoro accessorio negli appalti, vietandolo, in continuità con il decreto attuativo del Jobs Act, a tenore del quale le attività lavorative di natura meramente occasionale dovevano essere svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione, e se ne vietava il ricorso nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi10.

Il comma 1 del nuovo art. 54-bis, infatti, prevede che “E’ vietato il ricorso al contratto di prestazione occasionale: a) da parte degli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato; b) da parte delle imprese del settore agricolo, salvo che per le attività lavorative rese dai soggetti di cui al comma 8 purché non iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli; c) da parte delle imprese dell’edilizia e di settori affini, delle imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo, delle imprese del settore delle miniere, cave e torbiere; d) nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi”.

Si colma pertanto definitivamente una pregressa lacuna legislativa che aveva indotto parte della giurisprudenza, nel silenzio della legge, ad ammettere l’utilizzo dei voucher anche nei rapporti di appalto o di somministrazione, prima vietato solo dalla prassi amministrativa.

A titolo esemplificativo, il Tribunale di Milano con sentenza n. 318 del 1° Aprile 2014 rilevava che “… non si rinvengono nella normativa vigente indicazioni che confinino, come sostiene il ricorrente, la liceità del lavoro accessorio nell’ambito della utilizzazione diretta dei lavoratori da parte dell’utilizzatore con esclusione dei rapporti di appalto o di somministrazione”.

Sul punto, si ricorda che nella pratica i problemi operativi che ostacolavano l’utilizzo dei buoni lavoro nel settore degli appalti erano relativi soprattutto alla responsabilità solidale del committente. Veniva inoltre “escluso che un’impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi come nel caso dell’appalto e della somministrazione”

(Circ. INPS n. 88/2009, Circ. INPS n. 17/10, Circ. MLPS 34/2010 Circolare MLPS n. 4/2013), anche per evitare l’impiego di prestatori “saltuari” in attività coincidenti con l’oggetto sociale della ditta, in grado di soddisfare le esigenze ordinarie del committente con una tutela deteriore rispetto a quella accordata dall’ordinamento al lavoratore assunto con altre tipologie

10 Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, può individuare con decreto da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del d. lgs. 81/2015 specifiche ipotesi d utilizzo del lavoro accessorio anche nell’ambito degli appalti.

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contrattuali. Tanto è che l’uso dei buoni era fin dall’origine ammesso per quelle attività con carattere marginale “non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o autonomo” (Circ. INPS 88/2009).

In caso di lavoro subordinato, da un punto di vista operativo l’imputazione della contribuzione al committente non è problematica, poiché la contribuzione dovuta viene comunicata all’istituto previdenziale DOPO l’espletamento della prestazione lavorativa (la ditta deve dichiarare la retribuzione lorda di ogni lavoratore entro la fine del mese successivo a quello lavorato). A maggior ragione in caso di lavoro nero, in cui non viene comunicato alcunché.

Anche per i contratti parasubordinati (ad es. il lavoro a progetto) il versamento della contribuzione nella gestione separata INPS avviene dopo l’esecuzione della prestazione lavorativa.

Nel caso dei buoni lavoro invece la questione è diversa, poiché il versamento dei contributi e dei premi avviene PRIMA dell’esecuzione della prestazione. Il datore di lavoro infatti acquista i voucher, e solo in seguito può registrare la prestazione del lavoratore sul sito dell’INPS, inserendo un codice apposto proprio sui voucher già in suo possesso.

È ovvio che la quota premio e la quota contributi viene già versata agli istituti di competenza con l’acquisto dei buoni lavoro. Il committente non deve nemmeno fare comunicazioni successive all’espletamento del lavoro accessorio, che peraltro non viene nemmeno registrato sul Libro Unico del Lavoro.

Nel caso poi del settore edile, la disciplina del lavoro accessorio avrebbe dovuto armonizzarsi con quella specifica dell’art. 29 del Decreto Legge n. 244/95 (convertito con legge n. 341/95). La normativa sopra citata infatti prevede per i lavoratori subordinati il pagamento dei contributi INPS sulla base di un minimale retributivo (c.d. retribuzione virtuale) non inferiore a 40 ore settimanali, con esclusione delle sole assenze giustificate o giustificabili (vale a dire assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione di attività per intervento della CIGS) ed una quota di contribuzione da versare alla cassa edile. Quindi l’utilizzo dei buoni lavoro negli appalti in edilizia avrebbe dovuto essere correlato anche alla disciplina della contribuzione c.d. virtuale.

Pertanto, le caratteristiche peculiari della modalità lavorativa in argomento ne rendevano oggettivamente difficile l’utilizzo negli appalti, anche nel silenzio della precedente normativa.

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4. Le nuove prestazioni occasionali 4.1 Premessa

In data 23 giugno scorso è entrata in vigore la Legge n. 96/2017, di conversione del Decreto Legge n. 50/2017, con disposizioni urgenti in materia finanziaria.

La norma ha apportato novità anche in materia di Lavoro, tra cui la reintroduzione delle prestazioni occasionali (art. 54-bis), che sostituiscono il lavoro accessorio (c.d. voucher) abrogato dalla legge n. 49 del 20 aprile 2017.

Questo intervento legislativo è solo l’ultimo di una lunga serie volto a disciplinare una modalità lavorativa atipica introdotta nel nostro ordinamento col la Legge 30/2003 (c.d. Legge Biagi) al fine di rendere più flessibile il mercato del lavoro, migliorandone l’efficienza e sostenendo politiche attive per il lavoro, favorendo al contempo la diminuzione del tasso di disoccupazione e di inoccupati.

La nuova disposizione normativa consente ai datori di lavoro di acquisire prestazioni di lavoro occasionali, nei limiti previsti dalla norma, secondo due distinte modalità di utilizzo: il Libretto Famiglia ed il Contratto di Prestazione Occasionale.

Le tipologie di utilizzo sopra citate si riferiscono a categorie diverse di datori di lavoro, ma presentano entrambe specificità in termini di oggetto del contratto, misura minima (oraria) e massima (annuale) dei compensi nonché modalità di assolvimento degli adempimenti informativi verso l’INPS.

Al fine di comprenderne al meglio la ratio e l’ambito di applicazione, è indispensabile procedere all’inquadramento storico dell’istituto in questione, anche in considerazione del fatto che una medesima tipologia lavorativa può essere espletata sia in esecuzione di un contratto di lavoro subordinato, sia in esecuzione di un contratto di lavoro autonomo, sia in esecuzione di un contratto atipico o parasubordinato, quale è la prestazione occasionale.

Quest’ultima in particolare deve essere distinta dalle prestazioni autonome occasionali disciplinate dall’art. 2222 del c.c., per le quali continua ad applicarsi la normativa di riferimento.

La differenza tra le due modalità lavorative (contratto autonomo occasionale e lavoro occasionale) attiene essenzialmente alla professionalità prevista in capo al collaboratore autonomo occasionale, che svolge la propria attività lavorativa in completa autonomia

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gestionale, senza nessun coordinamento con il committente e senza nessuna continuità nella esecuzione della prestazione, mentre nel lavoro occasionale queste caratteristiche sono o assenti o comunque non così marcate.

Il legislatore in passato, ma ormai è storia, era intervenuto in materia di lavoro accessorio con il decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, che, nell’ottica di un riordino complessivo delle tipologie contrattuali di lavoro, all’art. 48 e s.s. ridisegnava il lavoro accessorio modificandone in parte la disciplina precedente.

Come esplicitato dal legislatore in sede di delega, tale disciplina aveva l’obiettivo di far entrare nel mondo del lavoro persone in cerca di occupazione, di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli più attuali al contesto occupazionale e di rendere infine più efficiente l’attività ispettiva ma altresì di far “emergere” prestazioni lavorative di carattere discontinuo.

Le novità più rilevanti di tale oramai desueta disciplina riguardavano l’innalzamento del limite annuale della no-tax area fino a 7.000 euro netti dei compensi (2.000 euro netti annui, con riferimento al singolo committente, se svolte a favore di imprenditori commerciali o di professionisti), la modalità di acquisto dei buoni lavoro (che diventa esclusivamente telematica per i committenti imprenditori o professionisti) e l’obbligo di comunicazione preventiva dell’inizio della prestazione di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro competente, con indicazione dei dati anagrafici, del codice fiscale del lavoratore nonché del luogo della prestazione.

Le modifiche sopra indicate, unitamente alle semplificazioni di “ingaggio” dei prestatori ed alle modalità di pagamento della loro prestazione lavorativa, all’intervento restrittivo del Jobs Act sul lavoro autonomo e sulle collaborazioni a progetto nonché all’abolizione dell’associazione in partecipazione, lo rendevano un valido sostituto a forme di lavoro

“flessibile”, con bassi costi di gestione, con la conseguenza di un aumento esponenziale del suo utilizzo anche all’interno delle imprese e degli studi professionali11.

I vantaggi dell’utilizzo del sistema dei buoni lavoro era infatti evidente: l’instaurazione di un lavoro subordinato vero e proprio comporta costi ed oneri più gravosi, dovuti all’obbligatorietà della comunicazione di assunzione al competente Centro per l’Impiego, alla consegna della

11 Prima lettura del d. lgs. n. 81/2015 recante disciplina organica dei contratti di lavoro, M. Tiraboschi, Adapt Labour Studies, e-book series, n. 45; Commento al d. Lgs. 15 giugno 2015 n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus

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lettera di assunzione al lavoratore ed alla redazione mensile dei prospetti paga, oltre alle comunicazioni da effettuarsi almeno il giorno precedente in cui si adibisce al lavoro il prestatore intermittente12.

Come noto, l’utilizzo “elusivo” delle prestazioni occasionali ha indotto il legislatore dapprima ad abrogarne in toto la disciplina, salvo poi reintrodurla in settori che più di altri avrebbero riempito “il vuoto” causato dalla sua abrogazione mediante utilizzo di prestatori in nero (soprattutto in ambito domestico).

Da ultimo, si evidenzia come il nome di tale modalità lavorativa atipica sia stata nel tempo più volte modificata: nata con il nomen di “prestazioni occasionali di tipo accessorio”, nel tempo vari interventi normativi hanno eliso il riferimento all’occasionalità.

Come precisato nei paragrafi precedenti, l’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017 ha viceversa caratterizzato le prestazioni in parola per la sola occasionalità, e non più per l’accessorietà, rese nel rispetto delle previsioni e nei limiti economici ivi contenuti.

4.2 Le parti del lavoro occasionale

La disciplina attualmente vigente prevede possano ricorrere alle prestazioni occasionali le seguenti categorie di utilizzatori:

a) Persone fisiche (per prestazioni occasionali mediante il Libretto Famiglia);

b) Altri utilizzatori (prestazioni di lavoro mediante il contratto di prestazione occasionale);

c) Pubbliche amministrazioni (prestazioni di lavoro mediante il contratto di prestazione occasionale).

Si precisa altresì che l’utilizzatore non potrà usufruire di prestazioni occasionali da parte di soggetti con i quali ha in corso o ha cessato negli ultimi 6 mesi, un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.).

Il lavoratore ha diritto:

a) All’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, con iscrizione alla Gestione separata;

12 Tutti gli adempimenti indicati sono effettuati da un consulente del lavoro o da un’Associazione di categoria, che ovviamente dovrà essere retribuita per la propria attività.

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b) All’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

c) Al riposo giornaliero (articolo 7 – Decreto Legislativo n. 66/2003);

d) Alle pause (articolo 8 – Decreto Legislativo n. 66/2003);

e) Ai riposi settimanali (articolo 9 – Decreto Legislativo n. 66/2003).

Indipendentemente da chi usufruisce della prestazione, sia esso una famiglia o una impresa, gli utilizzatori e i prestatori devono previamente registrarsi alla «piattaforma informatica INPS», anche tramite un intermediario tra quelli previsti dal comma 1, dell’articolo 1, della Legge n.

12/1979.

Le famiglie utilizzatrici possono altresì avvalersi di un patronato, per quanto riguarda la registrazione ed i relativi adempimenti.

Anche tutti i successivi adempimenti devono essere fatti tramite la piattaforma INPS.

Esclusivamente per gli utilizzatori diversi dalle famiglie, in caso di mancata comunicazione anticipata (almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione) è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.500 euro per ogni prestazione lavorativa giornaliera, per cui risulta accertata la violazione.

La sanzione non si applica alle famiglie in caso di mancata comunicazione prevista entro il 3 del mese successivo alle prestazioni.

4.3 Le famiglie

Le famiglie, vale a dire persone fisiche, non esercenti attività professionale o d’impresa, possono utilizzare prestatori occasionali esclusivamente per le seguenti attività:

a) Piccoli lavori domestici;

b) Lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione;

c) Assistenza domiciliare a bambini, persone anziane, ammalate o con disabilità;

d) Insegnamento privato supplementare.

La famiglia acquista, tramite la «piattaforma informatica INPS» o presso un Ufficio Postale, un libretto nominativo prefinanziato, denominato «Libretto Famiglia», per il pagamento delle prestazioni occasionali, nel quale vi sono titoli di pagamento, il cui valore nominale è di 10 euro (almeno un voucher per ora di lavoro, pertanto a 10 euro corrisponde un’ora di lavoro).

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L’importo di 10 euro è lordo, vale a dire che con il suo acquisto la famiglia paga già i contributi (1,65 euro di contribuzione alla Gestione separata INPS), i premi assicurativi all’INAIL (nella misura di 0,25 euro) nonché 0,10 euro di oneri gestionali. Il restante importo netto è ciò che verrà effettivamente corrisposto al lavoratore per la sua prestazione lavorativa.

L’utilizzatore ha l’onere di comunicare, tramite la «piattaforma informatica INPS» o il contact center dell’Inps, entro il 3 del mese successivo alle prestazioni, i dati identificativi del prestatore, il compenso pattuito, il luogo di svolgimento della prestazione, la durata della prestazione nonché ogni altra informazione utile per la gestione del rapporto. Una volta effettuata la comunicazione, il prestatore riceve una notifica automatica tramite SMS o e-mail.

Mediante il «Libretto Famiglia» è erogato dall’INPS il contributo, per l’acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.

5.3 Altri utilizzatori

Nel caso in cui gli utilizzatori non siano famiglie, le prestazioni di lavoro occasionale possono avvenire esclusivamente mediante il «contratto di prestazione occasionale», con il quale un utilizzatore acquisisce, con modalità semplificate, prestazioni di lavoro occasionali o saltuarie di ridotta entità.

Per usufruire delle prestazioni occasionali, l’utilizzatore deve avere alle proprie dipendenze un massimo di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato (tranne le Pubbliche Amministrazioni, escluse da quest’ultimo requisito).

La nuova normativa è piuttosto stringente anche per quanto riguarda le imprese che, seppur occupanti fino a 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato, non possono ugualmente utilizzare il «contratto di prestazione occasionale», vale a dire:

a) Le imprese agricole, salvo che per le attività lavorative occasionali effettuate da (purché non iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli):

- titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità;

- studenti con meno di 25 anni di età;

- persone disoccupate;

- percettori di prestazioni di sostegno del reddito;

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b) Imprese edili e settori affini;

c) Imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione materiale lapideo, miniere, cave e torbiere;

d) Imprese nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi.

L’utilizzatore diverso dalle famiglie può attivare un contratto di prestazione occasionale versando, attraverso la «piattaforma informatica INPS», le seguenti somme minime per ogni ora di lavoro:

• 9,00 euro, che diventa il compenso minimo orario in tutti i settori tranne quello agricolo, per il quale il compenso minimo è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro;

• 2,97 euro, vale a dire il 33% per la contribuzione alla Gestione separata;

• 0,32 euro, vale a dire il 3,5% per il premio dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

• 0,09 euro, vale a dire l’1% a titolo di finanziamento degli oneri gestionali.

Alla luce di quanto sopra esposto, il costo minimo complessivo orario è in tal caso pari a 12,38 euro.

Nel caso in cui l’utilizzatore non sia una famiglia, diverge anche la modalità con cui comunicare all’INPS la prestazione occasionale.

Sul punto, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, l’utilizzatore deve comunicare tramite «piattaforma informatica INPS» o contact center INPS, una dichiarazione contenente:

a) i dati anagrafici e identificativi del prestatore;

b) il luogo di svolgimento della prestazione;

c) l’oggetto della prestazione;

d) la data e ora di inizio e di termine della prestazione.

(33)

Se l’imprenditore è agricolo, la durata della prestazione con riferimento a un arco temporale non superiore a 3 giorni;

5) il compenso, in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a 4 ore continuative nell’arco della giornata (tranne che per il settore agricolo).

Una volta avvenuta la comunicazione, il prestatore riceve una notifica automatica tramite SMS o email.

Nel caso poi la prestazione non si realizza, l’utilizzatore deve comunicare, con le stesse modalità di avvio, la revoca entro i 3 giorni successivi al giorno programmato di svolgimento della prestazione.

In mancanza della revoca, l’INPS provvede al pagamento delle prestazioni e all’accredito dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.

4.5 Limite economico annuale

Le prestazioni occasionali possono essere utilizzate solamente se contenute entro i seguenti limiti economici annui, riferiti all’anno civile di svolgimento della prestazione lavorativa:

• Per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità di utilizzatori, per compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro;

• Per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità di prestatori, per compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro;

• per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore, per compensi di importo complessivamente non superiore a 2.500 euro.

Gli importi sopra indicati, ridotti a 5.000 euro dai 7.000 euro previsti dal c.d. Jobs Act, sono riferiti ai compensi percepiti dal prestatore, ossia al netto di contributi, premi assicurati e costi di gestione.

Sono altresì esenti da imposizione fiscale, non incidono sullo stato di disoccupato del Prestatore e sono computabili nel reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

(34)

Sono computati al 75% del loro importo, i compensi per prestazioni di lavoro occasionali da titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani con meno di 25 anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi, persone disoccupate: soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego, percettori di prestazioni di sostegno del reddito.

4.6 Erogazione del compenso e contributi

L’erogazione del compenso al lavoratore avviene entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione a cura dell’INPS, che provvede a conteggiare tutti i compensi relativi a prestazioni di lavoro occasione rese nell’ambito del mese e ad erogarli, nel loro importo totale, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione, attraverso accredito delle somme sul conto corrente bancario fornito dal prestatore all’atto della registrazione o a seguito di successive variazioni dei dati anagrafici.

Nel caso in cui non siano stati indicati i dati bancari, il compenso che può essere riscosso presso uno degli uffici territoriali della rete di Poste Italiane S.p.A..

Per quanto concerne i contributi previdenziali, l’INPS provvederà al loro accreditamento sulla posizione contributiva del Prestatore ed al trasferimento all’INAIL, il 30 giugno e il 31 dicembre di ciascun anno, dei premi Assicurativi.

4.7 Superamento del limite economico annuale

In caso di superamento, da parte dell’Utilizzatore, del limite economico in capo al singolo prestatore (2.500 euro annui) o comunque del limite di durata della prestazione pari a 280 ore nell’arco dell’anno civile (2.500/9 euro), il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, dall’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa in modalità occasionale.

Nel settore agricolo, il suddetto limite di durata è pari al rapporto tra i 2.500 euro annui e la retribuzione oraria individuata dal Ccnl.

La sanzione non si applica alle Pubbliche Amministrazioni.

(35)

Non sono al momento previste sanzioni in caso di superamento del massimale annuo dei compensi in capo al prestatore (5.000 euro) ed il superamento del massimale annuo di utilizzo di prestazioni occasionali da parte dell’utilizzatore (5.000 euro).

4.8 Prestazioni previdenziali e assistenziali

Il lavoratore non ha diritto alle prestazioni INPS di malattia, maternità, disoccupazione, né all’erogazione degli assegni familiari.

In caso di infortunio sul lavoro l’indennità di inabilità temporanea è determinata dall’Istituto sull’imponibile giornaliero (minimale di rendita/300). Il datore di lavoro non ha alcun obbligo di anticipare l’indennità per l’inabilità temporanea ma ha l’obbligo di inviare la denuncia di infortunio con l’accortezza di evidenziare, nella denuncia stessa, che trattasi di lavoratore accessorio.

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