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Q UESTIONI APERTE

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Academic year: 2022

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Riciclaggio La decisione

Riciclaggio – Archivio Unico Informatico – Elemento psicologico del reato – Omissioni e tardive registrazioni – Impianto sanzionatorio (C.p. art. 648-bis, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 artt. 15, 36, 55).

Qualora le informazioni oggetto delle registrazioni di cui all’art. 36, co. 2 e 3, D.Lgs. 231 del 2007 riguardino operazioni a irrilevante o basso rischio di rici- claggio, tale da non permettere l’individuazione di alcun interesse a favorire qualcuno eludendo norme antiriciclaggio, e qualora le medesime registrazio- ni, seppur tardive, siano recuperate prima dei controlli ispettivi, non è integra- ta la fattispecie criminosa di cui all’art. 55, co. 4 del citato decreto, non sussi- stendo né un pericolo concreto e non astratto, né, quale elemento psicologico del reato, il dolo.

TRIBUNALE DI TRAPANI, 10 aprile 2015 (10 febbraio 2015) – MESSINA,Giu- dice – ADAMO, V.P.O.

Archivio Unico Informatico e reato di riciclaggio:

un caso di “asincronia normativa”

SOMMARIO: 1. L’Archivio Unico Informatico. – 2. Svolgimento del processo. – 3. L’elemento psicolo- gico del reato. – 4. L’omissione e la tardiva registrazione delle operazioni. – 5. La natura delle opera- zioni. – 6. Conclusioni.

1. La sentenza oggetto della presente trattazione assume particolare rilevanza soprattutto, ma non solo, per gli operatori del settore, in quanto rappresenta un primo e notevole precedente riguardante la tenuta dell’Archivio Unico Informatico (AUI) ai fini degli adempimenti in materia della prevenzione del riciclaggio.

In argomento giova ricordare che gli intermediari finanziari hanno l’obbligo di conservare i documenti e registrare le informazioni che hanno acquisito in fase di identificazione della clientela per adempiere agli obblighi di adeguata verifica previsti dagli artt. 15 ss. D.lgs. 231 del 27 novembre 20071. La finalità

1 Con la delibera n. 895 del 23 dicembre 2009, la Banca d’Italia ha pubblicato le «Disposizioni attuative per la tenuta dell’archivio unico informatico e per le modalità semplificate di registrazione di cui all’art.

37, co. 7 e 8, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231». Altro fondamentale provvedimento in materia è stato quello del 3 aprile 2013 concernente le disposizioni attuative per la tenuta dell’AUI e per le modalità di registrazione semplificata. Per un approfondimento delle norme del provvedimento si rimanda a RAZZANTE, Analisi delle nuove istruzioni per la tenuta dell’Archivio Unico Informatico in

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di tali adempimenti è quella di utilizzare tali dati e informazioni nell’eventualità di indagini su operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo ovvero per analisi effettuate dalla UIF o da altre autorità compe- tenti.

Nello specifico, gli intermediari hanno l’obbligo: in riferimento all’adeguata verifica della clientela e del titolare effettivo, di conservare la copia dei docu- menti richiesti per un periodo di 10 anni a partire dalla conclusione del rap- porto continuativo; con riferimento alle operazioni e ai rapporti continuativi, di conservare le scritture e le registrazioni, siano essi documenti originali o copie con la stessa efficacia probatoria nei procedimenti giudiziari, per un pe- riodo di 10 anni a partire dall’esecuzione dell’operazione o dalla conclusione del rapporto continuativo.

Sono fissate anche le tipologie di informazioni che devono essere oggetto di registrazione: in relazione ai rapporti continuativi, vanno registrate la data di instaurazione, i dati identificativi del cliente e del titolare effettivo, le generali- tà dei soggetti che sono delegati ad operare per conto del titolare del rapporto ed il codice del rapporto stesso, qualora fosse previsto; in relazione a tutte le operazioni di importo pari o superiore a euro 15.000, sia che si tratti di un’unica operazione o di operazioni che appaiono tra di loro collegate per realizzare un’operazione frazionata, la data, la causale, l’importo, la tipologia dell’operazione, i mezzi di pagamento e i dati identificativi del soggetto che opera effettua l’operazione e del soggetto per conto del quale esso viene effet- tuata2.

Dati e informazioni confluiscono, appunto, in un archivio unico informatico (AUI). Per i soggetti non intermediari finanziari, invece, è prevista anche la possibilità della forma del “Registro cartaceo”.

La corretta gestione dell’AUI - la cui tenuta, si rammenta, è obbligatoria solo se si è in presenza di dati o informazioni da registrare - assicura la completez- za, la chiarezza e l’immediatezza delle informazioni, la conservazione di que- ste secondo criteri uniformi, il mantenimento della loro storicità, la possibilità di dedurre evidenze integrate e la facilità di consultazione. I dati e le informa- zioni registrate devono essere rese disponibili entro tre giorni dalla richiesta da parte delle Autorità.

In ipotesi di necessità di modificazione dei dati identificativi e delle altre in- formazioni contenute nell’archivio unico, l’intermediario procederà alla cor- rezione entro trenta giorni dal momento in cui viene a conoscenza delle va- riazioni; in tal caso sarà comunque obbligatoria la conservazione

2 In argomento si veda RAZZANTE, La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, Milano, 2011, 88 ss.

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dell’informazione registrata in precedenza.

Inoltre, è sancito l’obbligo di inoltrare mensilmente alla UIF i dati aggregati, utili per lo studio delle realtà territoriali, al fine di far emergere elementi validi alla individuazione di fenomeni che possono essere indice di attività di rici- claggio o di finanziamento del terrorismo. La UIF individua, altresì, le tipolo- gie di dati da trasmettere e definisce le modalità con cui tali dati sono aggrega- ti e trasmessi. Infine, verifica il rispetto dell’obbligo anche mediante accesso diretto all’archivio unico informatico 3.

2. Tanto premesso circa gli obblighi, complementari, di registrazione e di cor- retta tenuta dell’archivio unico informatico a cui sono tenuti, tra gli altri, gli intermediari finanziari, appare necessario ora ricostruire la vicenda che è alla base della decisione in commento. Orbene, a seguito di controllo ispettivo della Banca d’Italia, venivano rilevati nei confronti di una banca di credito cooperativo – o meglio, dei suoi dipendenti: il direttore della filiale, il legale rappresentante dell’istituto di credito e i responsabili dell’ufficio controlli in- terni – talune irregolarità sostanziatesi nella carenza di opportuni controlli da parte degli organi di vigilanza. Dette irregolarità, secondo quanto si legge nella relazione di contestazione dell’autorità procedente, si traducevano nell’annotazione di alcune operazioni nell’archivio unico provvisorio per oltre un biennio, per essere successivamente cancellate, senza quindi riversarle nell’AUI definitivo; di queste estinzioni l’istituto di credito non avrebbe tenu- to traccia e, pertanto, non sarebbe stato possibile risalire ai nominativi interes- sati. Altre operazioni, tenute sin dal 2007 in sospeso per incompletezza di anagrafica, sarebbero state regolarizzate e registrate in AUI solo nel 20104. Dunque, secondo l’accusa, i fatti addebitabili alla banca consisterebbero, da una lato, nella violazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela (art.

15 D.lgs. n. 231 del 2007), e, dall’altro, nell’omesso o tardivo adempimento degli obblighi di registrazione AUI (art. 36 del già citato Decreto n. 231)5. Al fine di dirimere la presente questione, il Tribunale di Trapani si sofferma, da un lato, sul comportamento posto in essere dall’istituto di credito e, dall’altro, sulla natura delle operazioni oggetto di contestazione. Entrambe le

3 Si rimanda alla relazione di CASTALDI, L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) e la centralizzazione delle informazioni per il contrasto al riciclaggio, consultabile sul sito www.bancaditalia.it.

4 Va precisato che l’Archivio in commento è composto, in estrema sintesi, di un “provvisorio”, dove confluiscono i dati sulle operazioni, e da un “definitivo”, nel quale si aggregano i dati del provvisorio nei casi in cui se ne verifichino le condizioni previste dalle citate Istruzioni della Banca d’Italia.

5 Per un commento degli articoli citati si veda RAZZANTE, Codice della Normativa antiriciclaggio”, San- tarcangelo di Romagna, 2013.

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letture, come sì vedrà, sono strettamente collegate all’accertamento del dolo, quale elemento psicologico del reato; ed è proprio questo, ad avviso di chi scrive, l’aspetto che rende la decisione in esame di particolare interesse.

3. I reati dei quali sono stati chiamati a rispondere i soggetti di cui sopra rien- trano, secondo quanto dettato dall’impianto sanzionatorio del decreto antiri- ciclaggio, nell’ambito dei delitti, tenuto conto che risultano puniti con la pena della reclusione e della multa6. La norma di riferimento è l’art. 55, co. 4, il quale così recita “Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la registrazione di cui all'articolo 36, ovvero la effettua in modo tardivo o incompleto è punito con la multa da 2.600 a 13.000 euro”.

Ne discende che per la loro sussistenza occorrerà, quale elemento psicologi- co, il dolo. L’indagine si incentra quindi interamente sul contenuto del dolo, che pacificamente deve ricomprendere la coscienza e volontà di porre in es- sere operazioni idonee ad ostacolare la tracciabilità del bene.

Come è noto, l’atto tipico del riciclaggio è qualsiasi operazione purché posta in essere in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene riciclato. Merita di essere segnalato che proprio quest’ultima previ- sione ha indotto parte della dottrina a presumere la sussistenza di un dolo specifico di ostacolo caratterizzante la condotta dell’agente7. Tuttavia, tale in- terpretazione è stata smentita dalla giurisprudenza di legittimità, laddove ha sancito che “per il reato di riciclaggio è sufficiente il dolo generico”8.

La medesima Corte ha altresì precisato che “la norma non contiene alcun riferimento a scopo di profitto o di lucro e la formula in modo da ostacolare”, contenuta nel testo della disposizione incriminatrice, non può essere interpre- tata come indicatrice di specifiche finalità, per cui l’elemento soggettivo deve ritenersi integrato dalla coscienza e volontà di ostacolare l’accertamento della provenienza dei beni, del denaro o di altre utilità”9.

Per quanto concerne l’accertamento del dolo, la consapevolezza di eseguire condotte di riciclaggio può desumersi dalle caratteristiche intrinseche del de- naro, dal modo di presentazione, nonché dalle caratteristiche del soggetto o dell’operazione. La finalità di lucro, anche se non richiesta come elemento costitutivo della fattispecie, potrebbe rappresentare un indice per la dimostra-

6 Per un quadro delle norme incriminatrici e sanzionatorie si consenta il rinvio a RAZZANTE, ARENA, IMBERGAMO, Manuale operativo delle sanzioni nella legislazione antiriciclaggio italiana, Torino, 2011.

7 Per una ricostruzione circa l’elemento soggettivo nel riciclaggio si veda su tutti MANNA, Riciclaggio e reati connessi all’intermediazione mobiliare, Torino, 2000, 164, con la dottrina ivi citata.

8 Cass., Sez. IV, 30 gennaio 2007, Cazzella, in Guida al dir., 2007, 14.

9 Cass., Sez. VI, 24 aprile 2008, Gocini, in Guida al dir., 2008, 14.

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zione della sussistenza del dolo10.

Ciò detto, ai fini che qui interessano, bisognerà comprendere se le condotte poste in essere fossero volte concretamente ad eludere la normativa antirici- claggio, ovvero indirizzate a favorire taluno nell’elusione della stessa, non es- sendo di per sé sufficiente per la condanna il mero comportamento omissivo o tardivo nella registrazione.

4. Orbene, il Tribunale investito della questione ha operato un’osservazione preliminare, che ha condotto a sostenere che nel caso di specie non dovrà discutersi di omissioni, bensì di tardive registrazioni.

Quest’ultimo rilievo, a parere del giudicante, è desumibile dal comportamen- to tenuto dalla banca, la quale si è adoperata, in un momento antecedente all’inizio dell’attività ispettiva, per il recupero delle operazioni non registrate in precedenza. Tale atteggiamento ha deposto per l’assoluta assenza della vo- lontà di ostacolare l’analisi delle operazioni e dei soggetti che le hanno poste in essere. Pertanto, la fattispecie delittuosa eventualmente ravvisabile non sa- rebbe riconducibile ad un comportamento omissivo, ma “solo” tardivo.

Tuttavia, dalla lettura del dato normativo emerge con chiarezza che entrambi i modus operandi non sono differenziati in riferimento all’aspetto sanzionato- rio. Infatti, il ripetuto art. 55, co. 4, D.lgs. n. 231 del 2007 sanziona con la multa da 2.600 a 13.000 euro sia i soggetti che essendovi tenuti non ottempe- rano l’obbligo di registrazione delle informazioni che hanno acquisito per as- solvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela, sia coloro i quali vi adempiano in maniera tardiva o incompleta. In altri termini, detto articolo punisce, da un lato, la condotta omissiva e, dall’altro, l’effettuazione della re- gistrazione intempestiva. Il termine entro il quale compiere la registrazione de quo è di 30 giorni dal compimento dell’operazione ovvero dalla apertu- ra/chiusura di un rapporto continuativo, così come prevede l’art. 36, co. 3, della legge antiriciclaggio.

Spetterà poi al giudicante di volta in volta investito della specifica questione quantificare la pena, che potrà oscillare dai 2.600 ai 13.000 euro evidente- mente a seconda dell’omissione o meno della registrazione.

Ciò che comunque appare manifesto è che per la violazione degli obblighi di registrazione vigono le stesse responsabilità e le stesse sanzioni previste per la violazione dell’obbligo di identificazione e di rilevazione dei rapporti: respon-

10 Per una lettura della giurisprudenza sul punto si veda RAZZANTE, Il riciclaggio nella giurisprudenza.

Normativa e prassi applicative, Milano, 2011, 75 ss, con la dottrina ivi citata.

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sabilità penale, quindi, a carico del personale incaricato della registrazione11. 5. Muovendo dall’assunto secondo il quale “le incolpazioni che vengono con- testate attengono alla categoria dei reati di pericolo, a consumazione anticipa- ta, ma per la loro sussistenza è necessario che il pericolo sia pur sempre con- creto e non astratto”, appare chiaro che il secondo elemento di lettura preso in considerazione dal giudicante concerne la natura dei rapporti posti in esse- re e oggetto di contestazione da parte dell’autorità di vigilanza.

Ciò detto, il percorso logico seguito dal Tribunale, per giungere ad affermare che il rischio di riciclaggio nel caso di specie è del tutto nullo, sembrerebbe fondarsi su una valutazione sia quantitativa che qualitativa delle operazioni tardivamente registrate.

Su tali basi il giudice ha innanzitutto rilevato che il numero delle operazioni censurate dalla Banca d’Italia, per l’omessa adeguata vigilanza, ammontano a circa un centinaio, e quindi una percentuale infinitesimale rispetto a quelle poste in essere dall’istituto di credito (appena sopra allo zero).

Andando oltre il rilievo meramente quantitativo, il giudicante ha analizzato l’aspetto qualitativo delle operazioni, giungendo addirittura a formulare una

“sorta” di elencazioni di operazioni che sarebbero prive di rischio.

In tal senso, sono state rinvenute operazioni riconducibili alla curatela falli- mentare, dove ad operare come è noto è il curatore, sotto la diretta vigilanza del giudice delegato al fallimento, oltre che di tutti gli organi della procedura concorsuale. Il rischio insito in operazioni di tal genere è nullo. Allo stesso modo è irrilevante il rischio di un’operazione di apertura di credito in conto corrente per l’accredito della pensione o dello stipendio del correntista. Lo stesso è da dirsi per il mutuo cointestato padre e figlio, oppure per l’apertura di altro conto corrente da parte di soggetto titolare di un rapporto di mutuo debitamente istruito.

La ratio seguita dal Tribunale, e pienamente condivisa dallo scrivente, si fon- da sulla circostanza che nelle operazioni di cui sopra un quadro esauriente dei soggetti interessati e del relativo scopo era offerto già al momento del primo contatto tra cliente e istituto di credito. Dunque, in ipotesi di tal specie la tardiva registrazione non ha fatto venire meno la possibilità da parte degli operatori del settore di presidiare in maniera conforme al dettato i rischi di cui al decreto antiriciclaggio.

Sulla scorta delle analisi di cui sopra, il giudice di prime cure è giunto alla conclusione che “non si riscontra un disegno che avrebbe potuto essere mes-

11 SCIALOJA,LEMBO, Antiriciclaggio, Santarcangelo di Romagna, 2011, 179.

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so in atto. Anzi, le tardive registrazioni appaiono chiaramente, per i soggetti coinvolti, per il basso rischio dei medesimi, per i bassi importi movimentati e per la tipologia dei mezzi di pagamento utilizzati, frutto di una casualità”.

Dunque, la pronuncia in commento rappresenta un precedente di fondamen- tale rilevanza in materia. Infatti, aderendo alla tesi difensiva, il giudicante ha posto l’accento non solo sul comportamento “formale” della banca, ma so- prattutto sull’intenzionalità o meno della stessa di eludere la normativa antiri- ciclaggio.

6. Sul delicato tema appena trattato il Tribunale di Trapani appare avallare quanto, ormai già da tempo, si è evidenzia da parte degli operatori del settore, vale a dire che la sanzione penale per l’omessa o tardiva registrazione appare sproporzionata rispetto alla gravità della violazione. Infatti, a far data dal D.lgs. n. 231 del 2007, tale fattispecie, a parere di scrive in maniera “sproposi- tata”, rientra nella categoria dei delitti di natura omissiva.

La scelta sanzionatoria del legislatore italiano sembra particolarmente gravosa in relazione ad un obbligo avente ad oggetto un adempimento meramente formale e, peraltro, non condivisa a livello europeo. Infatti la IV Direttiva an- tiriciclaggio, la 2015/849, così come la Terza, non stabilisce alcun obbligo di registrazione, ma si limita ad imporre ai soggetti obbligati la conservazione dei documenti e delle informazioni, in conformità al diritto nazionale, al fine di prevenire, individuare e indagare da parte della FIU o di altra autorità compe- tente su eventuali attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Allo stesso modo, l’impianto sanzionatorio emergente dalla nuova direttiva comu- nitaria non racchiude le fattispecie di omissione o tardiva registrazione.

In conclusione, si auspica che il legislatore nazionale, in occasione del rece- pimento della IV Direttiva, si convinca a depenalizzare quegli illeciti che, in virtù del carattere tecnico- formale che li contraddistingue, possano essere più proporzionatamente sanzionati come illeciti amministrativi, limitando l’applicazione delle sanzioni penali alle violazioni oggettivamente connotate dall’utilizzo di dati o documenti falsi12.

12 In argomento si veda la proposta ministeriale della Commissione Greco che suggerisce: a) limitare la previsione di sanzioni penali a talune rilevanti violazioni degli obblighi di adeguata verifica e di registra- zione in quanto connotate, sul piano oggettivo, dall’utilizzo di dati o documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti; b) prevedere sanzioni amministrative per le altre violazioni degli obblighi oggetto di depena- lizzazione; c) prevedere sanzioni di importo proporzionato e dissuasivo per le violazioni amministrative;

d) rivedere e snellire il procedimento sanzionatorio; e) stabilire che le omesse segnalazioni di operazio- ni sospette siano contestate alla persona giuridica, con diritto di regresso verso il responsabile effettivo, e che il massimo e il minimo edittale della sanzione siano determinati in misura fissa e non in relazione al valore delle operazioni non segnalate.

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Senza dire degli inevitabili effetti negativi che una mancata depenalizzazione potrebbe avere ai sensi dell’applicazione del decreto 231 del 2001, recante norme sulla responsabilità penale della persone giuridiche, soprattutto in termini di accertamento, da parte del giudice a quo, della configurabilità del riciclaggio13 e della qualificazione dell’interesse o vantaggio dell’ente.

RANIERI RAZZANTE

13 Sul rapporto tra i due decreti 231, si veda RAZZANTE,ARENA, Normativa antiriciclaggio e Responsabi- lità da Reato delle Società, Verona, 2009, 2013.

Riferimenti

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